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Allegato B
Seduta n. 143 del 12/4/2007
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta scritta:
CAPEZZONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, recante «Codice delle comunicazioni elettroniche», emanato sulla base della norma di delega di cui all'articolo 41, comma 1, della legge 1o agosto 2002, n. 166, è stato recepito a livello nazionale il pacchetto di direttive europee sulle cosiddette «comunicazioni elettroniche» (direttiva «quadro» 2002/21; direttiva sull'accesso 2002/19; direttiva «autorizzazioni» 2002/20; direttiva sul servizio universale 2002/22);
tale «pacchetto» di direttive mirava ad introdurre una maggiore armonizzazione dei mercati nel settore, a definire un quadro normativo unitario per l'intero comparto della comunicazione elettronica (comprensivo delle telecomunicazioni, della radiotelevisione e delle nuove tecnologie dell'informazione) nella prospettiva della convergenza tecnologica tra i vari mezzi, nonché a definire una piattaforma di regole comuni per le Autorità di regolazione nazionali;
tra le principali innovazioni introdotte con il decreto legislativo n. 259 del 2003 si ricorda l'unificazione dei regimi giuridici relativi al titolo che legittima lo svolgimento dell'attività: il sistema della «autorizzazione generale», che assorbe il sistema dualista precedente, articolato in licenze individuali e autorizzazioni generali;
in generale, la disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica contenuta nel codice è tesa a tutelare diritti di rango costituzionale quali la libertà di comunicazione, la libertà di iniziativa economica privata e la segretezza delle comunicazioni. A tal fine, gli obblighi per le imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica sono imposti secondo principi di trasparenza, non distorsione della concorrenza, non discriminazione e proporzionalità;
il comma 6 dell'articolo 25 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 («Codice delle Comunicazioni elettroniche»), prevedeva che le autorizzazioni generali alle licenze per le reti e i servizi di comunicazione elettronica avessero durata non superiore a venti anni e fossero rinnovabili;
l'articolo 1-bis («Misure per il mercato delle telecomunicazioni») del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 («Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese») è intervenuto apportando modifiche al succitato articolo 25 del Codice delle comunicazioni elettroniche:
«Art. 1-bis. - (Misure per il mercato delle telecomunicazioni). - 1. All'articolo 25, comma 6, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le autorizzazioni possono essere prorogate, nel corso della loro durata, per un periodo non superiore a quindici anni, previa presentazione di un dettagliato piano tecnico finanziario da parte degli operatori. La congruità del piano viene valutata d'intesa dal Ministero delle comunicazioni e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in relazione anche alle vigenti disposizioni comunitarie e all'esigenza di garantire l'omogeneità dei regimi autorizzatori»;
di fatto quindi, le licenze UMTS assegnate agli operatori di telefonia mobile possono venir prorogate dagli attuali 20 anni fino a 35 anni, fatta salva la possibilità di rinnovo;
tale modifica, introdotta in sede di conversione del decreto legge, estenderebbe
ulteriormente la concentrazione di frequenze in capo a pochi operatori e consentirebbe a questi ultimi di ammortizzare per un periodo temporale decisamente più lungo i costi sostenuti per l'acquisto delle licenze, disattendendo così quanto già evidenziato dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nella Delibera n. 544/00/CONS («Condizioni regolamentari relative all'ingresso di nuovi operatori nel mercato dei sistemi radiomobili») che stima il tempo necessario per il recupero degli investimenti «pari a 8-10 anni dal rilascio della licenza e 7-9 anni dall'avvio delle attività commerciali»;
l'estensione ulteriore delle licenze rappresenta, sostanzialmente, una non giustificata chiusura del mercato e sopraggiunge nonostante i ripetuti moniti dell'Antitrust, che ha ravvisato nel mercato dei servizi di telefonia mobile il pericoloso formarsi di un vero e proprio cartello tra gli operatori finalizzato ad impedire l'ingresso di nuovi operatori concorrenti e - di fatto - la diminuzione dei prezzi dei servizi mobili che rimangono - non a caso - i più alti d'Europa -:
se non ritenga che la possibilità di proroga delle licenze UMTS rappresenti quanto meno un elemento «di disturbo» nel faticoso raggiungimento di un modello di competizione sostenibile fra operatori e vada proprio nella direzione opposta a quella auspicata di una maggiore concorrenza nel mercato discriminando gli operatori concorrenti e le altre licenze su frequenze in concessione;
se sia in grado di quantificare i tassi di redditività che in questo modo sono stati garantiti ai pochi operatori licenziatari che, ad avviso dell'interrogante, non hanno eguali in altri settori produttivi del Paese;
se non ritenga necessario, a questo punto, assumere iniziative di concerto con le istituzioni competenti finalizzate a ripristinare, per quanto possibile, le condizioni di mercato - attraverso, per esempio, la previsione - tra le condizioni per l'estensione della durata delle licenze UMTS - della sottoscrizione di accordi volti a promuovere l'operatore mobile virtuale (il cosiddetto MNVO) e favorire davvero la concorrenza, unico elemento - ad avviso dell'interrogante - in grado di incidere efficacemente sulle tariffe a beneficio - reale - dei consumatori e degli utenti.
(4-03271)