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Allegato B
Seduta n. 171 del 18/6/2007
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AFFARI ESTERI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro per le politiche per la famiglia, per sapere - premesso che:
sempre più numerosi appaiono i casi di difficoltà in ordine alle adozioni di bambini stranieri da parte di genitori italiani, per ragioni relative alle diverse legislazioni in materia, per cause interne ai paesi interessati dalle richieste di adozioni, per problemi nei rapporti bilaterali fra l'Italia e questi paesi;
fra i paesi che hanno fatto registrare le maggiori difficoltà vi è il Nepal;
a tale proposito i coniugi Gertraud Heiss e Bernhard Thaler, residenti a Bressanone, in data 28 maggio 2007 hanno inviato una lettera al Ministro delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, denunciando le gravi difficoltà incontrate personalmente per l'adozione di un bambino nepalese, che di seguito riportiamo:
«Le scrivono due genitori disperati. Stiamo adottando un bambino nepalese e come Lei forse sa ci sono dei problemi con questo paese. Da quando si è insediato il nuovo governo di transizione il ministero nepalese (Ministry for Woman, Children and Social Welfare) presieduto dal signor Khadgha Bahadur Bishwokarma ha bloccato tutte le pratiche riguardanti le adozioni internazionali. Ci vuole una nuova legge, devono essere revisionate da capo tutte le pratiche ferme al ministero...
Le vogliamo raccontare in parole brevi e povere la nostra storia per farle capire la nostra situazione: Abbiamo intrapreso il cammino dell'adozione nell'anno 2001, abbiamo ricevuto il decreto d'idoneità nel 2002 e abbiamo fatto la scelta dell'organizzazione e del paese. Per suggerimento della nostra organizzazione ci siamo indirizzati verso la Bulgaria. Fatti tutti i documenti, aspettato, rifatto i documenti, aspettato. Per motivi che qui non vogliamo esporre per esteso, con la Bulgaria non ha funzionato. Nell'aprile del 2006 ci è stato permesso (e come a noi a tutti i genitori indirizzati verso la Bulgaria) direttamente dalla CAI di scegliere un altro paese.
Sempre su suggerimento della nostra organizzazione ci siamo indirizzati verso il Nepal. La scelta del paese non era una scelta nostra, per noi allora era indipendente da dove dovevano arrivare i nostri bambini (eravamo sempre disponibili ad adottare più di un bambino). Abbiamo rifatto tutti i documenti (e qui dobbiamo fare un elogio a tutte le parti coinvolte [tranne una]: comune, tribunale, servizi sanitari... quasi tutti molto disponibili), il nostro ente ha tradotto questi documenti e li ha spediti in Nepal. Noi eravamo preparati ad aspettare di nuovo per lungo tempo. Invece dopo pochi mesi, nel settembre dell'anno scorso, siamo stati chiamati dall'organizzazione in sede e ci hanno detto che un bambino nepalese ci sta aspettando. Ci hanno fatto vedere un foglio in formato DIN A4 con una piccolissima foto e qualche riga di descrizione. Non era un orfano, ma un "abandon", trovato dalla polizia per strada. Questo era il nostro bambino. Da questo momento era il nostro bambino, nessun dubbio, nessuna ulteriore domanda, niente. Senza conoscerlo, Bishal da questo momento faceva parte della nostra famiglia.
Pochissimi giorni dopo siamo andati a Kathmandu per chiedere l'adozione alle autorità locali, e abbiamo incontrato il nostro piccolo in orfanotrofio (potevamo fargli visita solo qualche ora al giorno). Di nuovo lo stesso sentimento: è nostro figlio!
Potremo provare a descrivere tutti i nostri sentimenti, le ore trascorse con lui, ma non sappiamo se riusciremo e neanche Le vogliamo rubare del tempo prezioso.
Dopo circa una settimana dovevamo ritornare in Italia ed aspettare finché al ministero nepalese le pratiche fossero controllate ed apposta la firma del ministro. Sapevamo che ci sarebbero voluti 5-6 mesi. I mesi sono trascorsi lentamente, la "nostra" data si è avvicinata e ... niente. A adesso tutta la situazione è diventata molto critica. In Nepal dicono che vogliono rifare tutta la legge sulle adozioni, che non dovrebbe toccare solo le nuove adozioni, ma anche le adozioni già in corso e non danno nessuna indicazione in merito al tempo che ci vorrà per farle.
Noi ci chiediamo per quanto tempo questo bambino dovrà ancora aspettare per essere riunito con la sua nuova famiglia. Non ci lamentiamo per noi, ma chiediamo che sia aiutato il bambino.
E vogliamo mettere in chiaro anche un'altra cosa: noi genitori adottivi spesso ci sentiamo visti come genitori di seconda classe. Genitori che non possono avere bambini biologici e che hanno intrapreso la strada dell'adozione come una via di fuga. Genitori ai quali non importa chi sia il loro bambino, basta che avranno un bambino. Spesso ci si sente visti e trattati in questo senso. Ma non è così! Noi siamo genitori veri. Noi genitori che abbiamo conosciuto il nostro bambino, ci sentiamo genitori a tutti gli effetti. Per il momento siamo ancora una famiglia non riunita, ma siamo una famiglia. Siamo genitori che ci sentiamo responsabili per il nostro figlio. Siamo genitori che ormai non rinunceranno più al loro figlio, che non lo cambieranno per un altro figlio. Siamo genitori che in questo periodo di incertezza si sentono come se ci avessero rapito il proprio figlio.
Cosa si può fare? Intervenire direttamente in Nepal per noi è difficile e molto probabilmente sarà anche molto controproducente. Azioni legali non sono possibili.
Per questo Le chiediamo di aiutarci. Di informarsi (se non l'ha già fatto) sulla situazione e di intraprendere qualche mossa diplomatica, di mettersi in contatto con altri paesi come per esempio la Spagna, gli Stati Uniti... di far capire al governo nepalese che con questo blocco non si aiuta nessuno. I primi a subire gli effetti negativi di questo stallo sono i bambini che sono negli istituti nepalesi e che aspettano come noi di unirsi con la loro famiglia.
Non parliamo delle conseguenze economiche che questo blocco ha per gli istituti, per i bambini. I bambini nepalesi negli istituti (almeno per quello che abbiamo potuto constatare noi di persona) sono trattati con molto amore, ma vivono anche in povertà assoluta. Hanno da mangiare abbastanza, ma è una dieta povera,
mancano le vitamine, l'assistenza medica è quella che è, la situazione igienica è catastrofica, manca l'acqua potabile...
E a considerare che i bambini che vivono negli istituti sono ancora fortunati. Sono tantissimi i bambini che vivono per strada perché sono orfani o perché la loro famiglia li ha cacciati, sono tantissimi gli orfani e semi-orfani che vivono da parenti o in altre famiglie in una forma di semi-schiavitù. Ogni bambino adottato fa posto negli orfanotrofi ad un altro bambino che sta ancora peggio. Non siamo gli unici in questa situazione. Sappiamo che ci sono tanti genitori italiani nella nostra stessa situazione. Le chiediamo ancora: per favore aiutateci, noi e i nostri bambini!» -:
quali siano le valutazioni del Governo in ordine ai problemi che nel caso dei coniugi Gertraud Heiss e Bernhard Thaler e in molti casi analoghi allo stato dei fatti impediscono una conclusione positiva delle pratiche di adozione intraprese e possono determinare situazioni di crisi fra l'Italia e i paesi interessati dalle richieste di adozione;
quali iniziative il Governo intenda porre in essere, presso gli organismi internazionali e nella elaborazione di accordi bilaterali, affinché tali gravi difficoltà, frequentemente del tutto ostative, siano risolte in coerenza con i sentimenti di umanità, affetto e di accoglienza che hanno ispirato le politiche e le scelte italiane in ordine a tale materia.
(2-00611) «Boato».
Interrogazioni a risposta scritta:
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo scambio di studi all'estero costituisce, per gli studenti universitari italiani, una grande opportunità, anche in vista del difficile inserimento nel mondo del lavoro;
sembrerebbe che alcuni studenti universitari italiani abbiano vinto una borsa di studio (Summer students) al Fermi National Laboratory Accelerator di Chicago (USA);
tuttavia, tutti gli studenti vincitori lamentano, oltre alla lentezze burocratiche, la necessità, imposta dalle procedure, di dover fissare un appuntamento al Consolato statunitense tramite la chiamata di un numero a pagamento «899» -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga utile stabilire degli accordi con il Governo statunitense al fine di istituire dei numeri verdi o nazionali per effettuare le chiamate al Consolato statunitense e prevedere delle procedure semplificate nel caso di soggiorni legati allo studio.
(4-04054)
ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dall'occupazione del Tibet del 1950 da parte della Cina, le difficoltà per la realizzazione di una pacifica convivenza sono state da subito evidenti vista la sistematica repressione e sottomissione adottata da Pechino nei confronti del popolo tibetano che, con il passare degli anni, è stato privato del diritto all'auto-determinazione, della libertà di espressione, della libertà religiosa, della libertà di circolazione;
in 48 anni di governo cinese ci sono stati 1.200.000 tibetani uccisi; il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD) organizzazione internazionale che ha base in India, ha accertato che, dal 1987 ad ora, settanta prigionieri sono morti a causa delle torture subite; al momento i detenuti politici sono 700, ma non tutti sono registrati ufficialmente e il numero dei rifugiati supera le 135.000 unità;
la repressione cinese ha, inoltre, significato il completo smantellamento delle istituzioni locali, la distruzione del 90 per cento del patrimonio artistico ed architettonico, compresi 6.000 monumenti tra
templi, monasteri e «stupa» e il divieto dell'insegnamento della lingua tibetana nelle scuole;
la violazione dei diritti umani in Tibet ha da subito destato evidente preoccupazione nella comunità internazionale: solo dal 1959 al 1965, le Nazioni Unite hanno approvato tre risoluzioni per «la cessazione di tutto ciò che priva il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e delle libertà» e molti altri appelli e denunce sono seguiti nel corso degli anni con altrettante risoluzioni elaborate dai governi nazionali, dal Congresso degli Stati Uniti e dal Parlamento europeo;
è del 17 febbraio 2007 l'ultima risoluzione del Parlamento europeo sul dialogo tra il governo cinese e gli inviati del Dalai Lama, nella quale si ribadisce tra l'altro che «l'identità comune etnica, linguistica, religiosa e culturale del popolo tibetano deve essere rispettata e che le sue aspirazioni ad un sistema amministrativo unificato devono essere sostenute»;
recentemente la repressione cinese ha assunto un nuovo volto: secondo quanto riportato dall'organizzazione Human Right Watch, Pechino obbliga da anni migliaia di famiglie insediate nella regione dell'altopiano del Tibet a lasciare la propria casa e trasferirsi nelle grandi città;
l'obiettivo dichiarato da Pechino nel 2000 del programma di sviluppo «Verso Ovest» è quello di rendere partecipe il Tibet del nuovo corso dell'economia cinese, inserendo le famiglie nei programmi di «civilizzazione» e scolarizzazione;
la necessità di integrazione nei programmi di assistenza sanitaria e di educazione primaria per le aree rurali del paese e, in particolar modo per l'ovest più povero, sarebbero associate anche ad una esigenza di tutela ambientale: questo esodo forzato, che coinvolge un'area che va fino alle prefetture delle quattro Province (Gansu, Qinghai, Sichuan, e Yunnan), sarebbe, secondo Pechino, il modo migliore per difendere l'altopiano tibetano, salvandolo dal degrado ambientale, come affermato anche dal responsabile dell'ufficio per lo sviluppo nell'ovest cinese, Du Ping;
dal 2000, grazie a questo programma, gli «shengtai yimin» o migranti ecologici, come definiti dallo stesso Du Ping, hanno raggiunto il milione di persone;
i trasferimenti forzati dei contadini e pastori tibetani, in nuove zone facilmente controllabili sono parte integrante del progetto, inserito nell'11o Piano Quinquennale, denominato «Namdrang Rangdrik» (Programma fai-da-te) e avviato nel 2005 che consiste nello spostamento delle popolazioni, stanziate ora lungo le strade principali della regione, nei cosiddetti «villaggi socialisti» dai blocchi di casette tutte uguali e con la bandiera rossa sul tetto;
queste abitazioni per la maggior parte non hanno né luce né acqua ed inoltre nessuna è provvista del cortile per allevamento degli animali, attività primaria e fonte di reddito e di sostentamento per migliaia di persone;
l'acquisto della nuova casa è a carico dei nuovi arrivati e in media il costo si aggira sui 4.200 euro, dei quali solo 1.200 sono dati dal Governo, mentre per la restante somma si deve ricorrere ad un mutuo che è proibitivo per una popolazione il cui reddito pro capite è di 200 euro l'anno; sono, inoltre, denunciati dalla stampa internazionale, il McClatchy Newspaper, fenomeni di corruzione dei funzionari del governo cinese che intascherebbero le sovvenzioni statali;
espropriati dei loro diritti sulla terra che sono obbligati a lasciare insieme ai loro animali e alle loro tradizioni, sradicati dal loro mondo, gli emigranti forzati dell'altopiano non sanno più come vivere;
l'operazione coinvolge ad oggi un decimo della popolazione complessiva, che non può opporsi se non vuole correre il rischio dell'immediata distruzione delle vecchie abitazioni -:
se il Governo sia al corrente della situazione di grave e diffusa violazione dei diritti umani nell'altopiano del Tibet su esposta;
quali siano le valutazioni del Ministro degli affari esteri in merito a questa nuova forma di sistematica violazione dei diritti umani, perpetrata ai danni del popolo tibetano;
quali iniziative concrete intenda assumere il Governo nei colloqui bilaterali fra Italia e Cina e in sede europea, al fine di sostenere il tema dei diritti umani quale questione fondamentale nei rapporti economici e politici con la Cina, per non restare indifferente di fronte alle terribili testimonianze che giungono da questo popolo.
(4-04057)