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Allegato B
Seduta n. 171 del 18/6/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALESSANDRI e GRIMOLDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 3 febbraio 2007, nel Comune di Mirandola, un gazebo allestito dai Giovani Padani di Modena e Provincia di fronte alla sede dell'Istituto Galileo Galilei è stato assaltato da una ventina di studenti di origine extracomunitaria;
nella circostanza, prima che la Polizia intervenisse, alcuni militanti leghisti sono stati insultati e minacciati, mentre le loro automobili erano fatte oggetto di pugni e calci;
un episodio simile si era già verificato nel marzo del 2006, determinando anche in quella circostanza l'intervento delle forze dell'Ordine -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire a Mirandola la manifestazione della libertà di pensiero e di associazione, difendendola dalle intimidazioni e dalla violenza.
(4-02589)
Risposta. - Nella mattinata del 3 febbraio 2007, alcuni militanti della Lega Nord Padania hanno allestito un «gazebo» nei pressi dell'istituto scolastico Galileo Galilei di Mirandola (Modena), frequentato da numerosi studenti di origine straniera (144 su di un totale di 1.202).
Sempre nella stessa mattina veniva chiesto al «113» il pronto intervento della Polizia di Stato per un diverbio insorto tra attivisti del citato partito ed alcuni giovani extracomunitari.
Alla pattuglia degli operatori di pubblica sicurezza prontamente intervenuta, il responsabile circoscrizionale della Lega Nord per la «Bassa Modenese» ha riferito che, poco prima, alcuni studenti stranieri avevano rovesciato i tavolini sui quali erano posti volantini di propaganda e che i medesimi si erano poi dati alla fuga.
Poiché gli autori del fatto, all'arrivo della pattuglia, si erano già dileguati, non è stato possibile procedere alla loro identificazione. Peraltro, i militanti leghisti non hanno sporto alcuna denuncia.
Ciò premesso, si assicura che nessun episodio, che incida negativamente sull'esercizio della libertà di opinione da parte di tutte le componenti politiche, viene sottovalutato dalle Autorità di pubblica sicurezza, neppure se originato in ambito giovanile e studentesco.
Quanto all'attività finalizzata alla prevenzione, essa viene condotta prevalentemente nell'ambito dei servizi di controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, che dispongono e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, le misure per assicurare un più capillare controllo del territorio, con priorità dei servizi di sorveglianza degli obiettivi più esposti a rischio.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CIRO ALFANO. - Al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel 2004 il Corpo Forestale dello Stato, bandiva un concorso pubblico per ricoprire complessivamente n. 119 posti di Commissario forestale, suddivisi nei seguenti quattro distinti profili professionali:
1. Agrario - forestale n. 33 posti;
2. Giuridico - economico n. 65 posti;
3. Ingegnere n. 18 posti;
4. Informatico n. 3 posti.
l'interrogante, con precedente interrogazione a risposta scritta 4-01301 del 17 ottobre 2006 aveva chiesto chiarimenti in merito alla sospensione delle procedure del suddetto concorso pubblico;
la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, (Pres. Claudio Varone) nella Camera di Consiglio del 20 marzo 2007, ha emesso l'ordinanza 1443/07 con cui viene evidenziata la mancanza di un interesse pubblico, specifico ed attuale, nell'atto di annullamento impugnato, ed ha accolto un'istanza cautelare;
l'autorevole parere, a cui si faceva riferimento nella precedente risposta, fornita dal Ministro che si interroga, sembra sia quindi smentita dai fatti e dall'Ordinanza del Consiglio di Stato, emessa a seguito di uno specifico appello proposto, che ha ritenuto, fra l'altro, non sufficientemente tutelato l'interesse di chi ha superato le prove preselettive;
si ritiene opportuno evidenziare che la graduatoria unica, a cui si faceva riferimento nella precedente risposta, erroneamente riferita alla graduatoria concorsuale, è in realtà relativa alla graduatoria che viene stilata solo al termine dei due anni di corso di formazione riservato ai vincitori. Pertanto il rischio di avere una disparità, nel metro di valutazione tra diversi profili, è infondato e comunque del tutto ininfluente sulle procedure in atto;
tale modalità di gestione dei concorsi, non solo ha causato enormi ritardi nell'espletamento delle procedure concorsuali, con grave pregiudizio alla funzionalità del Corpo Forestale dello Stato, ma ha provocato un «vulnus» al principio della separatezza delle funzioni di indirizzo politico, (proprie del Ministro), da quelle di esclusiva gestione come sono le prove concorsuali, avvenuta tra l'altro in assenza di impugnative amministrative e di ricorsi in atto, ma solo su alcune segnalazioni e generiche informative, facendo spingere il diritto/dovere all'autotutela dell'Amministrazione ben ogni comprensibile limite -:
se, accertato quanto sopra esposto, non si ritenga urgente e necessario ripristinare il normale svolgimento del concorso, fatto annullare, facendo effettuare le prove scritte in tempi brevissimi ai soli candidati che hanno superato le prove preselettive;
se non si ritenga improcrastinabile riavviare tutte le procedure concorsuali sospese, al fine di evitare il rischio del ripetersi di pesanti sconfitte giudiziarie.
(4-03359)
Risposta. - L'interrogazione in esame fa riferimento al concorso pubblico per esami per la nomina di 119 Commissari forestali del Corpo forestale dello Stato.
Al riguardo, si ricorda che la richiesta di sospendere le procedure concorsuali ed il successivo annullamento, in via di autotutela, dei decreti del Capo del Corpo forestale dello Stato del 4 e 14 febbraio 2005 rappresentano solo l'atto finale di una istruttoria che ha avuto inizio con la richiesta di chiarimenti al Corpo forestale dello Stato in ordine alle ragioni per le quali si era ritenuto di nominare quattro autonome e distinte commissioni esaminatrici per i diversi profili professionali, individuati all'interno della qualifica di Commissario forestale.
Ciò in quanto l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 prevede, al comma 2, lettera a), la presenza di un unico presidente e di due esperti nelle
materie oggetto del concorso, ove si tratti - come nella specie - di concorso unico.
Anche il bando prevedeva la nomina di una sola commissione.
L'Amministrazione, pertanto, acquisita la risposta, in data 26 ottobre 2006, ha annullato d'ufficio i precedenti decreti del Capo del Corpo forestale dello Stato del 4 e 14 febbraio 2005 di costituzione delle distinte commissioni esaminatrici del concorso pubblico per esami, per la nomina di 119 commissari forestali del ruolo direttivo dei funzionari del Corpo forestale dello Stato, suddivisi nei profili professionali agrarioforestale, giuridico-economico, ingegnere ed informatico, nonché tutti gli atti posti in essere da dette commissioni, a decorrere dall'inizio dell'effettuazione delle prove preselettive, ivi compresi gli atti propedeutici all'espletamento di detta prova, salva restando ogni precedente determinazione in ordine all'ammissione ed alla partecipazione dei candidati.
Avverso il provvedimento di annullamento della procedura concorsuale è stato proposto ricorso, da parte degli interessati, innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con istanza incidentale di sospensione.
Il giudice adito, con ordinanza n. 55/07 dell'8 gennaio 2007, ha respinto la predetta istanza.
Successivamente, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale sezione sesta - con ordinanza n. 1443/2007, ha accolto l'appello proposto avverso l'ordinanza n. 55/07 del Tribunale amministrativo regionale Lazio.
Nelle more della decisione del Consiglio di Stato, l'Amministrazione ha rinnovato la procedura concorsuale, provvedendo ad inoltrare le richieste al Consiglio di Stato per la designazione del Presidente della nuova ed unica commissione d'esame, nonché all'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» per la designazione dei membri esperti nelle materie oggetto di esame.
Nel contempo, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, è stato comunicato a tutti i 3.075 candidati, ritualmente presentatisi a sostenere la prova preselettiva, l'annullamento della procedura in oggetto, la sua rinnovazione e la loro ammissione alle prove scritte, secondo il calendario che sarebbe stato successivamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 27 febbraio 2007, successivamente rinviata al 27 aprile 2007 e, allo stato, rinviata al 4 settembre 2007.
Stante la complicata situazione determinatasi, l'Amministrazione, in data 26 aprile 2007, ha formalmente invitato l'Avvocatura generale dello Stato a presentare domanda di prelievo, in modo da poter pervenire, in tempi rapidi, alla definizione del contenzioso in esame.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
BONELLI e FRANCESCATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il monastero delle oblate agostiniane di via Garibaldi 27, a Roma, costruito a partire dal 1642 su progetto di Francesco Borromini a Trastevere da un anno circa è interessato da «lavori di manutenzione straordinaria», come si legge sul cartello appeso sulla facciata della chiesa, che dovrebbero terminare nel dicembre 2007;
il convento in passato ha ospitato pellegrini nelle stanze rimaste vuote a causa del calo delle vocazioni religiose che s'accomodano alla meglio, e per pochi euro, nelle celle delle monache;
gli interventi per l'ammodernamento rischiano di snaturare completamente «la missione» del monastero trasformando l'ospitalità in un business: «Hotel Borromini», oppure «Hotel Santa Maria dei Sette Dolori» sono due possibili nomi della struttura che potrebbe sorgere con decine di stanze e, probabilmente, bagni in camera, aria condizionata, ristorante alle pendici del Gianicolo;
condotti dalla Diana costruzioni srl, i lavori del complesso borrominiano, di proprietà dell'Ordine agostiniano, stanno interessando la facciata ma, soprattutto, il chiostro e l'interno del convento/casa compreso
nell'area delimitata dalla curva di via Garibaldi, da vicolo del Cedro e da via dei Panieri;
la bellissima chiesa borrominiana si può vedere invece ogni giorno, ma solo alle sette e un quarto quando il sacerdote celebra la messa per le suore del convento;
con una missiva inviata al sindaco di Roma, al primo Municipio del comune di Roma, alla Soprintendenza statale e alla Sovrintendenza comunale, Giuseppe Rebecchini, ordinario di progettazione architettonica alla Sapienza, ha chiesto di valutare se gli interventi di «manutenzione straordinaria» in questione siano compatibili con la struttura originaria di questo importantissimo monumento dell'arte barocca fondato nel 1642 e lasciato incompleto nel 1655 dal Borromini (sue sono la pianta, la facciata, la chiesa e il vestibolo ottagonale ispirato ad ambienti di Villa Adriana), il monastero fu proseguito da Francesco Contini e da Antonio del Grande -:
se, ai sensi dell'articolo 21 del Codice dei beni culturali, gli interventi di «ristrutturazione» in questione di «manutenzione straordinaria» siano stati autorizzati e, in caso affermativo, se, data l'importanza del sito, siano in corso dei sopralluoghi e una puntuale vigilanza sul cantiere;
quali urgenti misure si intendano prendere per evitare che un'opera di tale rilievo venga irrimediabilmente snaturata;
se non si reputi, inoltre, opportuno assumere iniziative per garantire in futuro la fruibilità della Chiesa e del Chiostro di Santa Maria dei Sette Dolori da parte dei visitatori creando i presupposti per delle visite in orari diversi dalla messa del mattino.
(4-02733)
Risposta. - La Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Roma nel 2005 ha rilasciato parere favorevole con prescrizioni alla richiesta di nulla osta per i lavori di riqualificazione e ammodernamento del convento delle Oblate agostiniane, considerando le opere compatibili con la tutela dell'immobile.
Il progetto di adeguamento alle prescrizioni è stato approvato dalla Soprintendenza nel gennaio 2005. Successivamente, è stato presentato un ulteriore progetto, contenente varianti non essenziali anch'esso approvato nel dicembre 2005.
In occasione del sopralluogo al cantiere in data 19 marzo 2007, la Soprintendenza ha chiesto che venisse lasciato libero il prospetto della chiesa e l'area antistante, dislocando le strutture di ponteggio di servizio nella zona di via dei Panieri e vicolo del Cedro.
La Soprintendenza ha insistito per l'inserimento in un apposito progetto di restauro dell'atrio di ingresso con il relativo apparato decorativo, dello scalone monumentale, della fontana del chiostro e della fontana interna ubicata nella zona d'angolo tra via dei Panieri e il vicolo del Cedro.
I lavori in corso sono risultati conformi alle autorizzazioni mentre sono state rilevate alcune imprecisioni e incongruità per quelli ancora da eseguire. In particolare, il progetto di variante del gennaio 2005 riproponeva l'apertura ubicata su vicolo del Cedro nonostante fosse stato prescritto di eliminarla. Anche per quanto riguarda le tramezzature del terzo piano si riproponeva la stessa soluzione del progetto originario malgrado il parere contrario della Soprintendenza.
Pertanto, è stato chiesto ai professionisti incaricati dei lavori di recepire le indicazioni richiamate in un nuovo progetto di variante.
In merito alla questione relativa alla fruibilità da parte dei visitatori della chiesa e del chiostro di S. Maria dei Sette Dolori, la Soprintendenza ha dichiarato di voler assumere opportune iniziative al fine di promuovere un ampliamento della possibilità di visita, anche ad orari diversi da quelli della funzione religiosa del mattino, concordandone le modalità con la Congregazione proprietaria dell'immobile.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
tra le priorità infrastrutturali della regione del Veneto è inserita la «Superstrada Pedemontana Veneta»;
l'intervento è inserito in Legge obiettivo con finanziamenti approvati dal CIPE per un costo stimato di 1.989,69 milioni di euro con risorse interamente assegnate;
la società Pedemontana Veneta, in data 31 dicembre 2003, in qualità di promotore ai sensi dell'articolo 37-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, ha presentato alla Regione Veneto la proposta di costruzione e gestione della superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta;
in data 1 aprile 2005 la società ha formalizzato una versione aggiornata della bozza di convenzione approvata con deliberazione della Giunta Regionale n. 1838 del 19 luglio 2005;
il CIPE in data 29 marzo 2006 ha approvato il progetto preliminare dichiarando la compatibilità ambientale dell'opera;
in data 1 agosto 2006 la società Pedemontana Veneta S.p.A. ha inviato alla Regione l'adeguamento del Piano Economico Finanziario e dello schema di convenzione in base ai maggiori costi derivanti dalle prescrizioni CIPE;
la convenzione prevede all'articolo 7 un automatico adeguamento delle tariffe in base al tasso di inflazione, incrementato del 10 per cento nel primo quinquennio, e che potrebbe continuare indefinitamente qualora non fosse raggiunto un accordo con il concedente su un diverso indicatore di qualità per l'adeguamento medesimo;
la convenzione prevede all'articolo 8 la revisione del Piano Economico Finanziario per numerose circostanze tra le quali «modifiche alle condizioni di mercato avuto riguardo ai volumi di traffico assunti a base del piano economico finanziario»;
allo stesso articolo il concedente si obbliga ad assicurare il mantenimento dell'equilibrio economico finanziario applicando misure di compensazione quali la rideterminazione delle tariffe, la ridefinizione dei conti pubblici, la proroga della concessione;
all'articolo 14 il concedente si obbliga a corrispondere al concessionario un contributo in conto costruzione, un contributo in conto esercizio e un conguaglio annuale sulla base della differenza tra i pedaggi incassati e quelli previsti dal Piano Economico Finanziario;
ne consegue che il concedente risulterebbe privo di qualunque rischio d'impresa stante il meccanismo di salvaguardia operato dalla convenzione medesima -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritengano che sia contrario ai principi di mercato e di concorrenza cofinanziare con fondi statali operazioni prive di rischio d'impresa per il concessionario e che di fatto addossino tale rischio al concedente ed in definitiva, stante il meccanismo di equilibrio previsto, all'utente del servizio autostradale;
se non ritengano che un tale meccanismo privi di qualunque responsabilità il proponente che potrebbe ipotizzare nel piano economico finanziario un traffico autostradale non verosimile e tale da giustificare l'opera al di là di ogni riferimento alla realtà, nella considerazione che comunque la convenzione lo libera dal rischio conseguente ad un traffico di gran lunga inferiore e quindi a una conseguente riduzione dei pedaggi rispetto alle previsioni;
che cosa intendano fare affinché i concessionari di servizi autostradali o di superstrada a pedaggio, siano comunque soggetti alle regole del mercato.
(4-03362)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si fa presente che la realizzazione del collegamento tra l'autostrada A31 Valdastico (Dueville) e
l'autostrada A27 Mestre-Belluno (Spresiano) è in corso da parte della Regione Veneto trattandosi attualmente di Superstrada a pedaggio di competenza regionale. Le disposizioni di carattere procedurale e tariffario rientrano nella responsabilità della Regione che sta provvedendo alla procedura di affidamento.
Le eventuali possibilità di intervento del Ministero delle infrastrutture non possono, pertanto, prescindere dalle vigenti norme costituzionali in materia di competenze degli organi centrali e territoriali.
Per quanto di competenza del Ministero delle infrastrutture, si informa che una prima tratta dell'intervento - Pedemontana Veneta Ovest - era stata affidata direttamente, con convenzione del 7 dicembre 1999, in concessione alla società Brescia-Padova per un importo di 279 milioni di euro; sull'affidamento senza gara è tuttavia stata aperta la procedura di infrazione comunitaria che ha portato alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 27 ottobre 2005 con la quale l'Italia è stata condannata per aver violato le disposizioni della direttiva 93/37/CE.
In attuazione di tale sentenza, l'intervento è stato stralciato dalla convenzione con la società Brescia-Padova e la sua realizzazione è stata curata dalla Regione Veneto congiuntamente all'ulteriore tratta Pedemontana Veneta Est. Detto intervento è ricompreso nell'elenco delle infrastrutture strategiche previsto dalla delibera CIPE n. 121/2001.
Il progetto preliminare proposto dal promotore individuato dalla Regione Veneto, ossia la Pedemontana Veneta S.p.A., è stato approvato, con prescrizioni, dalla deliberazione n. 96 del 29 marzo 2006 del CIPE per l'importo di 1.989,7 milioni di euro.
All'intervento è attribuito un finanziamento statale assegnato, ai sensi dell'articolo 50, lettera g) della legge n. 449 del 1998, per un limite di impegno quindicennale di 40 miliardi di lire a decorrere dal 2000, in grado di sviluppare un volume di investimenti di circa 243 milioni di euro messo a disposizione da parte della Regione Veneto del futuro concessionario.
La Regione Veneto ha quindi approvato il progetto presentato, nell'agosto 2006, dal promotore Pedemontana Veneta S.p.A., aggiornato alle prescrizioni CIPE, accompagnato da piano finanziario e bozza di convenzione anche essi aggiornati avviando contestualmente le procedure di gara per l'aggiudicazione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BUEMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Annalisa Dessalvi, impiegata cagliaritana, single, ha ospitato nel 1977 N., una bambina bielorussa che aveva allora 6 anni;
tra la bambina e la donna si è instaurato un forte legame affettivo e si è stabilito un naturale rapporto madre-figlia;
dopo un iter durato 8 anni, la Corte Costituzionale ha annullato un'interpretazione restrittiva da parte dei giudici della legge sulle adozioni stabilendo la liceità per una single di adottare un minore straniero;
dopo un lungo periodo di tensione tra l'Europa e il governo bielorusso, il 12 dicembre 2005, è stato stilato un protocollo di collaborazione tra il Ministero dell'istruzione della Repubblica di Belarus e la Commissione per le adozioni internazionali della Presidenza del Consiglio in materia di minori bielorussi da parte di cittadini italiani in possesso del decreto di idoneità;
la signora Dessalvi è la prima donna single in Italia in possesso di decreto di idoneità all'adozione internazionale rilasciatole dal Tribunale per i minori di Cagliari così come richiesto dalle autorità bielorusse per procedere all'adozione;
nonostante ciò, la pratica della signora Dessalvi non figura tra le 150 rimaste sospese a partire dal mese di ottobre
2004, in seguito alle tensioni tra Europa e la Repubblica di Belarus, ed ora all'esame dell'apposita Commissione in quanto la via legale e il riconoscimento della liceità dell'adozione internazionale per una single italiana ha seguito un iter differente;
secondo quanto riferito dalla Presidente della Commissione per le adozioni internazionali solo una delle 150 pratiche in sospeso è stata esperita alla data del 21 febbraio 2006;
da aprile ad oggi sono state completate due pratiche di adozione relative a persone single;
in entrambi i casi la Commissione per le adozioni internazionali avrebbe violato due criteri stabiliti e ribaditi in precedenza: quello della necessità del decreto di idoneità e quello del rigoroso rispetto dell'ordine cronologico del completamento delle pratiche;
tale comportamento costituirebbe un incomprensibile atto discriminatorio nei confronti della signora Dessalvi e di N.;
la signora Dessalvi e N. non hanno mai chiesto un trattamento di favore ma una soluzione valida anche per altri casi particolari basata su criteri di equità, sul preminente interesse dei minori e nel rigoroso rispetto della legalità;
di questa vicenda si erano interessati il Governo, il Parlamento e la Presidenza della Repubblica, anche per ottenere un'adozione provvisoria, garante il Console della Bielorussia in Italia e vi era stato un pronunciamento favorevole da parte del direttore dell'istituto dove vive la ragazza e che rappresenta il suo tutore pubblico;
il «caso Dessalvi» ha scosso l'opinione pubblica sarda come dimostrano le numerose manifestazioni di solidarietà e le oltre 5.000 firme raccolte;
a rendere ancora più problematica l'intera vicenda, si aggiunge il fatto che tra un anno N. compirà 16 anni e non potrà più essere ospitata dall'Istituto dove attualmente vive, rischiando di avere un destino estremamente incerto -:
se risulti al Governo che vi siano stata eventuali irregolarità compiute dalla Commissione per le adozioni internazionali, affinché si ristabiliscano principi di equità e giustizia nell'esame delle pratiche di adozione nel preminente interesse dei minori e delle loro future famiglie;
come si intenda intervenire, nel caso specifico della signora Dessalvi e di sua figlia N., affinché possano finalmente vedere realizzato il loro sogno e si ponga fine a questa interminabile attesa che ha creato ad entrambe una profonda sofferenza psichica.
(4-00340)
Risposta. - La signora Dessalvi, single, alcuni anni fa ha chiesto al tribunale per i minorenni di Cagliari che venisse dichiarata la sua idoneità all'adozione di una bambina bielorussa che aveva ospitato nell'ambito dei cosiddetti soggiorni terapeutici e che si trovava in stato di abbandono in un orfanotrofio della Repubblica di Belarus.
Nel corso del procedimento, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale in relazione ad alcuni articoli della legge sull'adozione, con espresso riferimento alla possibilità per le persone singole di ottenere il decreto di idoneità all'adozione internazionale. Nel luglio 2005 la Corte si è pronunciata (con ordinanza n. 347 del 15 luglio 2005), dichiarando la manifesta infondatezza della questione e osservando che l'adozione in casi particolari non presenta aspetti di peculiarità tali da impedirne l'estensione agli stranieri e che, dunque, dalla normativa vigente non si evince alcun divieto di rilascio del certificato di idoneità all'adozione di stranieri in casi particolari (l'adozione in casi particolari è consentita dall'articolo 44 della legge n. 184 del 1983, proprio in ragione della specificità dei suoi presupposti, non solo alle coppie di coniugi ma anche ai singoli).
L'iter lungo e complesso è stato motivato dal fatto che prima del chiarimento interpretativo da parte della Corte costituzionale, i tribunali per i minorenni interpretavano
restrittivamente l'articolo 44 della legge n. 184 del 1983 ritenendolo applicabile solo all'adozione nazionale, e dunque non consentivano l'adozione internazionale ai singoli.
Alla stregua di questa decisione, in data 10 novembre 2005 il tribunale per i minorenni di Cagliari ha rilasciato alla Dessalvi - prima donna single in Italia, come esattamente osserva l'interrogante - il decreto di idoneità all'adozione internazionale. La procedura avrebbe dovuto proseguire, pertanto, secondo le regole generali, con il conferimento dell'incarico ad un ente autorizzato, per lo svolgimento delle pratiche all'estero finalizzate all'adozione.
Per comprendere il quadro della situazione e per rispondere compiutamente ai quesiti posti, occorre tuttavia precisare che, nello stesso periodo in cui la signora Dessalvi avanzava la propria richiesta, alcuni Tribunali per i minorenni - tra cui quello di Cagliari - e alcune Corti di appello, avevano ritenuto possibile la pronuncia, in Italia, di una sentenza di adozione in casi particolari ex articolo 44 lettera d) della legge n. 184 del 1983 nei confronti di minori stranieri accolti nei cosiddetti programmi di risanamento, a favore di persone non coniugate.
Queste sentenze furono fortemente osteggiate da parte delle autorità bielorusse, che non ritenevano ammissibile che decisioni emesse dalle autorità giudiziarie di un altro Paese potessero modificare lo status di minori bielorussi. Le autorità bielorusse, pertanto, pretesero ed ottennero che i minori destinatari di tali sentenze facessero, comunque, ritorno in Bielorussia.
A complicare la vicenda è intervenuta la circostanza che alcune di queste sentenze sono divenute definitive per la mancata impugnazione da parte del rappresentante consolare bielorusso in Italia e sono state successivamente trascritte nel registro degli atti dello stato civile italiano determinando, in tal modo, per il minore bielorusso l'acquisto della cittadinanza italiana.
Anche con riferimento a questi casi particolari, le autorità bielorusse hanno sempre ribadito con fermezza che la procedura adottiva doveva essere definita con una sentenza di adozione pronunciata dai competenti Tribunali bielorussi e che, in ogni caso, la domanda di adozione doveva seguire l'iter di tutte le altre domande, non determinando alcuna differenza procedurale il fatto che i richiedenti fossero persone non coniugate e che avessero già ottenuto una sentenza di adozione dai tribunali italiani.
La Commissione adozioni internazionali intervenne ripetutamente per concordare con le autorità bielorusse una soluzione che potesse soddisfare entrambe le parti.
Per comprendere la situazione, inoltre, si ricorda che nel mese di ottobre del 2004, a seguito dell'entrata in vigore di una nuova normativa interna in materia, la Bielorussia ha bloccato le adozioni di minori da parte di cittadini stranieri.
Di fronte alla nuova situazione politica bielorussa, la C.A.I. ritenne opportuno un immediato e forte intervento nei confronti del ministero dell'istruzione e svolse una missione, nel corso della quale chiese che fossero almeno definite le procedure adottive pendenti che avevano ricevuto una preliminare positiva valutazione da parte dei due Paesi. In tale missione fu anche affrontata la situazione delle persone non coniugate e fu concordata la possibilità di riconoscere la sentenza di adozione pronunciata ex articolo 44 come equipollente al decreto di idoneità mancante.
Da quel momento, la Commissione, man mano che veniva a conoscenza della pronuncia di sentenze di adozione in casi particolari ex articolo 44 in favore di persone non coniugate, su richiesta di queste ultime, informava il Console bielorusso in Italia.
Anche la signora Dessalvi (nelle more del giudizio di legittimità costituzionale) chiese ed ottenne - in data 30 dicembre 2004 - una sentenza italiana di adozione in casi particolari. Di conseguenza, con nota del mese di febbraio 2005, la Commissione comunicò al Console bielorusso anche l'avvenuta pronuncia da parte del Tribunale per i minorenni di Cagliari della sentenza di adozione a favore della Dessalvi, affinché la stessa potesse depositare i documenti presso l'Ambasciata della Repubblica di Belarus in
Italia (dovendosi ritenere - come detto - la sentenza di adozione equipollente al decreto di idoneità).
Nel mese di marzo del 2005 venne poi trasmesso al Console bielorusso l'elenco delle cinque persone non coniugate che avevano ottenuto una sentenza di adozione di minori bielorussi ex articolo 44.
A queste note non faceva, tuttavia, seguito alcun riscontro da parte bielorussa (presumibilmente in quanto nel frattempo era intervenuto il blocco delle adozioni da parte di quel Paese).
Dopo una serie di consultazioni con la parte bielorussa per sbloccare la situazione, il 12 dicembre 2005 veniva firmato un nuovo protocollo in materia di adozioni internazionali.
Nel corso del negoziato, le autorità politiche ed amministrative bielorusse avevano ripetutamente evidenziato l'irregolarità compiuta da parte italiana nel pronunciare sentenze di adozione di minori bielorussi in casi particolari, in difformità alla normativa vigente in Italia ed all'estero.
Nel corso del negoziato e anche successivamente alla sottoscrizione del nuovo protocollo, la Commissione ha più volte fatto presente alle autorità bielorusse la necessità di ricercare una soluzione condivisa per la situazione dei minori adottati da parte di persone non coniugate, evidenziando gli aspetti umanitari che avevano determinato tale situazione e chiedeva la conferma di quanto era stato concordato nel 2004, circa l'equipollenza tra sentenza di adozione e decreto di idoneità.
Con nota del 30 dicembre 2005 la direttrice del Centro adozioni di Minsk replicava ad un preciso quesito formulato dalla Commissione, comunicando che sia il tribunale cittadino di Minsk che la Corte Suprema della Repubblica di Belarus avevano ritenuto che non potevano esserci eccezioni nella procedura di adozione internazionale tra persone coniugate e non coniugate e che, pertanto, anche i cittadini italiani non coniugati dovevano allegare alla domanda di adozione i decreti di idoneità emessi dai competenti Tribunali per i minorenni italiani.
Di questo nuovo orientamento delle autorità bielorusse questa Commissione ha dato immediata comunicazione a tutte le persone non coniugate interessate fra le quali era compresa la signora Dessalvi; quest'ultima, peraltro, era già in possesso del decreto di idoneità emesso dal Tribunale per i minorenni di Cagliari nel mese di settembre del 2005, dopo la pronuncia dell'ordinanza interpretativa da parte della Corte costituzionale.
Come è noto, la vicenda relativa ai rapporti dell'Italia con la Bielorussia in materia di soggiorni e adozioni è stata nuovamente aperta, dopo la sottoscrizione del protocollo del 2005, e nel marzo di quest'anno è stato sottoscritto un nuovo accordo, di modifica del protocollo precedente. Sono ancora all'esame delle autorità bielorusse sia alcune delle pratiche respinte (che la Bielorussia si è impegnata a riesaminare) che quelle giacenti presso il Centro adozioni.
Con riferimento a quanto segnalato dall'interrogante in merito alle pratiche di adozione relative a persone singole fino ad oggi completate, va precisato che vi è stato un unico caso di ingresso di minore bielorusso adottato da persona non coniugata, per il quale tuttavia la Commissione adozioni non ha emesso alcun atto né interlocutorio né conclusivo della procedura adottiva: si trattava infatti di un minore destinatario di una sentenza (italiana) di adozione pronunciata in Italia il 3 marzo 2004 (trascritta nel registro degli atti dello stato civile italiano) e divenuto cittadino italiano dal 22 maggio 2004. Dopo la pronuncia della sentenza di adozione anche da parte del tribunale bielorusso il minore ha fatto ingresso in Italia, previo rilascio di un nulla osta all'ingresso per cittadino italiano, emesso dalla Ambasciata italiana a Minsk.
Nessuna discriminazione è stata pertanto compiuta in danno delle altre persone non coniugate.
Va invece rimarcato che dopo la sottoscrizione del protocollo del 12 dicembre 2005 le autorità bielorusse hanno più volte precisato con riferimento alle nuove pratiche di adozioni - tra le quali rientrava
quella della signora Dessalvi - che ne sarebbe stato autorizzato il deposito solo dopo aver definito l'esame delle pratiche giacenti alla data della firma del protocollo, che anche le persone non coniugate dovranno avere il decreto di idoneità all'adozione internazionale e che nessuna delle nuove domande di adozione potrà essere esaminata se non è stato conferito incarico ad un ente autorizzato per la Bielorussia.
Risulta che, dopo aver preso contatti con la C.A.I. per conoscere come proseguire la procedura adottiva, il 22 aprile 2006 la signora Dessalvi ha conferito incarico all'ente «Ariete»; l'ente non ha potuto effettuare il deposito della domanda di adozione della signora Dessalvi in quanto era considerata «domanda nuova» (perché successiva al blocco delle adozioni dell'ottobre 2004) che si poteva depositare solo dopo l'esaurimento delle pratiche giacenti. Solo nel mese di novembre del 2006 le autorità Bielorusse hanno comunicato l'esito dell'istruttoria delle vecchie 150 domande, ma nel frattempo hanno vietato il deposito di nuove domande.
Nel nuovo protocollo di collaborazione (sottoscritto il 22 marzo 2007) è stata prevista una particolare procedura per l'istruttoria delle domande «nuove»: gli aspiranti all'adozione possono inoltrare agli organi provinciali di tutela e curatela dei minori che desiderano adottare, sempre e in ogni caso con l'assistenza di un ente autorizzato, una domanda per chiedere l'iscrizione del minore nell'elenco dei minori disponibili per l'adozione internazionale. È questo, dunque, l'iter che anche la pratica adottiva della signora Dessalvi deve seguire.
La Commissione adozioni internazionali, peraltro, di recente (17 maggio 2007) ha appreso dall'ente Ariete la circostanza che la signora Dessalvi avrebbe autonomamente depositato in Bielorussia la propria pratica, senza avvalersi della collaborazione dell'ente e in ciò contravvenendo alle norme procedurali concordate e a quelle derivanti dalla Convenzione dell'Aja del 1993. L'ente Ariete ha espressamente richiesto un intervento della C.A.I. in merito. Se la circostanza fosse vera, si tratterebbe di un comportamento contra legem anche se, per ipotesi, fosse stato in qualsiasi modo avallato dalle autorità bielorusse.
Occorre, da ultimo, precisare che non appare percorribile la via, ipotizzata dall'onorevole interrogante, di una adozione «provvisoria»: si tratterebbe, infatti, di un istituto giuridico non contemplato né dal nostro diritto interno né dal diritto internazionale, per la cui applicazione non può ritenersi sufficiente la disponibilità del Console bielorusso in Italia a rendersi «garante» del corretto comportamento delle parti.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
CAMPA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Finanziaria 2007 con un'opera di «armonizzazione», ha revisionato le tabelle di applicazione del sistema degli assegni familiari con l'intento di ridurre gli intervalli fra i diversi scaglioni, per evitare che un aumento anche minimo delle entrate familiari provocasse la riduzione o la perdita della prestazione;
ai tecnici del ministero, tuttavia, pare sia sfuggito che, in questa nuova formulazione, soltanto le tabelle relative agli assegni a favore di famiglie con figli «abili» sono state sensibilmente elevate sia nei limiti di reddito che negli importi erogabili;
le tabelle, invece, riservate alle famiglie con figli portatori di disabilità, sono state semplicemente aggiornate negli importi, senza che il sistema fosse rivisto, con conseguenze paradossali. Con le nuove regole, infatti, si verifica che una famiglia di quattro persone (due genitori e due figli), con un reddito complessivo di circa 40 mila euro, ottiene un assegno di circa 71 euro; a parità di condizioni, ma con un figlio disabile, l'assegno sarebbe invece di 46 euro!;
in pratica, numerose famiglie, drammaticamente impegnate a fronteggiare i molteplici problemi e spese che la cura di
un disabile comportano, non solo non vengano aiutate dallo Stato ma addirittura risultano penalizzate rispetto alle famiglie che non affrontano le loro difficoltà. Ciò in violazione dei più naturali principi morali e costituzionali -:
quali iniziative intenda adottare per correggere tempestivamente questa inaccettabile sperequazione, per cui in moltissimi casi gli assegni percepiti dalle famiglie con disabili sono più bassi rispetto alle famiglie in cui non vi sono disabili.
(4-02911)
Risposta. - Nella interrogazione in esame si segnala una situazione di squilibrio, in materia di corresponsione di assegni familiari, che si sarebbe venuta a creare tra le famiglie con figli disabili rispetto alle famiglie con figli non disabili.
In particolare, poiché gli importi degli assegni familiari in cui sia presente almeno un minore e non vi siano componenti disabili diminuiscono per ogni cento euro di aumento del reddito, mentre nelle famiglie dove c'è un figlio disabile si applicano le norme finora vigenti, secondo le quali gli importi sono rivalutati del quindici per cento, fermi restando i livelli di reddito familiare, l'interrogante desidera conoscere quali provvedimenti il Ministro delle politiche per la famiglia intenda adottare per correggere tale disallineamento.
In proposito va osservato, in linea di principio, che la legge finanziaria si è preoccupata di prevedere che i livelli di reddito e gli importi degli assegni possano essere ulteriormente rimodulati con un semplice decreto interministeriale del Ministro delle politiche della famiglia e di quello del lavoro, anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi disponibili delle famiglie risultanti dagli assegni familiari e dalle detrazioni ai fini Irpef.
Poiché, com'è naturale e come ricordato dall'interrogante, la ratio della normativa in materia è quella di valutare maggiormente i nuclei familiari più bisognosi di sostegno economico, quali quelli che includono disabili, si è ritenuto, d'accordo con il Ministro del lavoro, di adottare tale regolamento con il quale si è stabilito che, a decorrere dal 1o gennaio 2007, l'assegno per il nucleo familiare per i nuclei con entrambi i genitori o con un solo genitore e con almeno un figlio minore, che includono soggetti inabili, non può essere inferiore, a parità di reddito e di posizione numerica, a quello corrisposto agli equivalenti nuclei che non includono soggetti inabili.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
CIOCCHETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 23 novembre 2006 il sig. Enzo De Santis, abitante a Roma, ha richiesto all'URP del Ministero per i Beni e le Attività culturali, a mezzo e-mail all'indirizzo urp\@beniculturali.it, notizie circa l'applicazione della norma che regola l'ingresso alle strutture museali per i portatori di handicap e per i loro accompagnatori correttamente provvisti dei requisiti di legge;
da quella data il sig. De Santis non ha ricevuto ancora alcuna risposta;
nel frattempo, lo stesso sig. De Santis ha avuto modo di verificare in molteplici e diverse occasioni che il comportamento delle singole Sovrintendenze in merito all'ingresso dei portatori di handicap varia notevolmente da museo a museo -:
se non ritenga opportuno intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per effettuare un monitoraggio dell'operato delle singole Sovrintendenze ai Beni culturali;
se, conseguentemente, non intenda inoltrare una circolare alle Sovrintendenze e alle strutture museali dipendenti dal proprio Ministero per la corretta ed univoca interpretazione e applicazione della norma che regola le agevolazioni per l'ingresso nelle rispettive strutture ai portatori di handicap e ai loro accompagnatori.
(4-03011)
Risposta. - L'articolo 4, comma 3, lettera i) del decreto ministeriale 11 dicembre 1997, recante «norme per l'istituzione del biglietto d'ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi d'antichità, parchi e giardini monumentali», così come riformulato dall'articolo 1 del decreto ministeriale 20 aprile 2006, dispone che «è consentito l'ingresso gratuito (ai musei, alle aree e ai parchi archeologici ed ai complessi monumentali) ai cittadini dell'Unione europea portatori di handicap e ad un loro familiare o altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria».
Il decreto è attualmente vigente.
A seguito della segnalazione contenuta nell'interrogazione il Ministero ha provveduto a richiamare i propri uffici all'applicazione uniforme delle disposizioni sopra indicate.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CODURELLI. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
il Governo Berlusconi come risaputo a dicembre del 2005 comunicava attraverso lettere indirizzate a tutti, tutti i bimbi nati nel 2005, che il Governo metteva a disposizione un bonus di mille euro, il ritiro doveva avvenire con autocertificazione presso l'ufficio postale;
la lettera come si sa è stata inviata a tutte le famiglie sia italiane che straniere residente e tuttora continua ad arrivare anche a chi non ne «avrebbe diritto»;
l'autocertificazione prevede di rispondere ad una serie di informazioni, fra queste, scritto molto in piccolo, anche l'affermazione di «essere cittadini italiani» (sappiamo che molti stranieri l'italiano non lo leggono);
ora da informazioni che si evincono dai giornali, sappiamo che il bonus è stato ritirato da un buon numero di stranieri che secondo le disposizioni non ne hanno diritto, ma sappiamo anche che le modalità usate dal Presidente del Consiglio sono state, secondo l'interrogante, scorrette e propagandistiche illudendo soprattutto queste famiglie;
proprio queste famiglie considerate di serie B, con problemi economici non indifferenti, dovrebbero restituire attraverso c/c i mille euro, ma rimarrebbe, secondo alcune agenzie di stampa, la questione di aver dichiarato il falso, anche con rilevanza penale;
inoltre alcune amministrazioni fra queste anche il Comune di Barzago in provincia di Lecco, aveva deciso, pur in presenza di risorse finanziarie sempre più scarse, di erogare il contributo pari a mille euro agli stranieri ma purtroppo parecchi lo avevano già ritirato -:
come il Governo stia affrontando il tema, se si intenda procedere a chiedere la restituzione, oppure attivarsi per modificare quanto era previsto;
nell'ipotesi di restituzione, entro quanto deve essere restituito il bonus e come verrà affrontato l'aspetto giuridico;
perché ancora non si è rivisto il meccanismo di invio generalizzato che ancora oggi è in essere; soprattutto come si intende affrontare questa misura che è stata dalle forze politiche dell'Ulivo definita contraddittoria in quanto non risponde alle esigenze vere.
(4-00360)
Risposta. - L'interrogazione in esame concernente la problematica relativa alla restituzione dei bonus di mille euro da destinare ai nuovi nati, da parte dei cittadini stranieri.
Il Governo è intervenuto al riguardo, e la legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi 1287-1289) ha disposto la non ripetibilità del bonus.
Ciò significa che le somme percepite indebitamente da cittadini stranieri non devono essere restituite. Inoltre, le predette disposizioni dispongono che le ordinanze-ingiunzioni
già emesse dall'autorità giudiziaria per il recupero coattivo debbano essere considerate inefficaci. Ne consegue che anche i procedimenti di opposizione attivati dai soggetti che abbiano indebitamente percepito tali somme, devono essere estinti.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
D'AGRÒ. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
negli anni settanta è stata aperta l'autostrada A31 «Valdastico», troncata all'altezza di Piovene Rocchette, con un casello privo di qualsiasi raccordo con la viabilità ordinaria;
a distanza di oltre trent'anni, il moltiplicato traffico è costretto a passare per il centro abitato di Piovene Rocchette, con grave disagio e pericoloso inquinamento per l'intera comunità;
tale traffico è costituito da flussi turistici sia estivi che invernali verso le note località montane di Lavarone, Tonezza, Asiago, Folgaria e da una serie continua di autosnodati che trasportano materiali inerti provenienti dalle cave della Valdastico o prodotti forgiati nelle fonderie di Seghe di Velo d'Astico, nonché da numerosi pendolari che dalla vallata devono raggiungere le zone industriali di Schio e di Thiene;
la popolazione di Piovene Rocchette è ormai esasperata sia per le difficoltà e pericolosità nell'attraversamento viario, sia per l'inquinamento acustico ed atmosferico, causa, per alcuni, del triste primato del più alto tasso di malattie tumorali del Veneto;
a tutt'ora esistono dispute fra gli enti su come affrontare il problema: mentre l'amministrazione provinciale considera utile la realizzazione di una rotaia a due corsie intorno al cimitero vecchio, buona parte dell'amministrazione comunale e della popolazione residente ritiene aver individuato la soluzione nella costruzione di una bretella di collegamento fra il casello autostradale della A31 e la piana di Seghe di Velo d'Astico; peraltro anche i comuni confinanti hanno pareri non sempre convergenti sul percorso della bretella;
in una nota della Società Autostrade, datata 2 marzo 2000, veniva confermato che «per quanto attiene al casello di Piovene Rocchette è previsto un intervento di lire 32,4 miliardi a partire dall'anno 2007 che prevede, a livello di progetto preliminare, un collegamento diretto con la SS350 oltre a quello esistente con la SS349. Questa nuova realizzazione consentirà principalmente di risolvere i problemi di congestione del traffico locale presso l'abitato di Piovene Rocchette e, tuttavia, il sedime del nuovo collegamento stradale è pensato logicamente da poter essere utilizzato in futuro per il primo tratto di completamento verso nord dell'A31»;
anche la parziale costruzione della bretella fino ad oltre il Ponte Sant'Agata rappresenterebbe un sollievo per la popolazione -:
se sia stato predisposto il progetto preliminare della bretella;
se il medesimo sia stato finanziato dalla Società autostrade Brescia-Padova;
quando potranno avere inizio i lavori.
(4-03065)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il completamento della autostrada A31 «Valdastico» è previsto nello schema di convenzione sottoscritto in data 8 maggio 2007 con la società Brescia-Padova nell'ambito del processo di revisione delle convenzioni autostradali. Su tale schema è stato già avviato il procedimento di approvazione previsto dalla nuova normativa di settore (legge n. 286 del 2006, come modificata ed integrata dalla legge n. 296 del 2006) che prevede, dopo il passaggio al CIPE ed alle competenti Commissioni parlamentari,
l'emanazione di un decreto interministeriale di approvazione del testo finale.
In particolare, il piano finanziario allegato al detto schema di convenzione comprende rilevanti investimenti per circa 2.687 milioni di euro, tra i quali il completamento dei lavori già in corso per la Valdastico Sud (tratta Vicenza-Rovigo) per 933 milioni di euro e la realizzazione della Valdastico Nord, con la prosecuzione dell'Autostrada a Nord di Piovene Rocchetta fino a Rovereto (Trento-collegamento A22 del Brennero) per 1.357 milioni di euro, portando a compimento un disegno strategico avviato molti anni fa e garantendo i necessari collegamenti alla viabilità locale.
Tra le varie difficoltà che si sono dovute superare si rileva, da ultimo, la procedura di infrazione avviata dai Servizi della Commissione europea per il maggior tempo da riconoscere al concessionario per il ritorno dei rilevanti investimenti predetti; questo tempo è stato opportunamente contenuto entro il 2026 di intesa con i detti Servizi e con la concessionaria.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
DE ANGELIS. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
nel vigente ordinamento scolastico, i docenti incaricati della direzione di sede coordinata presso gli istituti professionali di Stato sono giuridicamente equiparati ai docenti che, sulla base di specifico incarico di primo collaboratore del dirigente scolastico (ex vicepreside), svolgono anche funzioni vicarie;
i sopraindicati docenti fruiscono di una serie di importanti vantaggi ai fini della carriera (per esempio, di titoli valutabili per i concorsi dirigenziali, per speciali graduatorie, ecc.);
in altri istituti d'istruzione secondaria di secondo grado, segnatamente negli istituti tecnici statali, la direzione di sedi giuridicamente definite «associate» è parimenti affidata alla responsabilità di docenti con la qualifica di «coordinatore di sede»;
questi ultimi non fruiscono della pienezza dei vantaggi (titoli, ecc.), riconosciuti invece per i colleghi degli istituti professionali di Stato, nonostante svolgano esattamente le stesse mansioni, con pari responsabilità;
le procedure ed i meccanismi per la individuazione e la designazione degli uni e degli altri, sono esattamente le stesse, consistendo nell'elezione in seno e da parte del Collegio dei docenti della istituzione scolastica interessata;
la razionalizzazione della rete scolastica nazionale ha equiparato le varie istituzioni scolastiche -:
se, nell'ambito delle proprie competenze, non ritenga opportuno adoperarsi affinché in relazione ed in armonia con la progressiva trasformazione delle istituzioni di secondo grado in Istituti di Istruzione Superiore, sia riconosciuto anche ai coordinatori di sede degli Istituti Tecnici Statali lo status di «direttore di sede» con ogni conseguenza ed effetto in materia di titoli riconoscibili ai fini di carriera.
(4-02045)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede che sia riconosciuto ai coordinatori di sede degli istituti tecnici statali, anche ai fini della carriera, lo status di direttore di sede, come avviene per i colleghi degli istituti professionali.
Al riguardo si fa presente che i titoli valutabili ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici e le relative tabelle di valutazione, così come previsto dall'articolo 416 del decreto legislativo n. 297 del 1994, testo unico delle leggi sull'istruzione, sono stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione e informate le organizzazioni sindacali, le cui proposte vengono esaminate ed eventualmente recepite.
Si forniscono, comunque, assicurazioni che la richiesta dell'interrogante verrà debitamente valutata in sede di predisposizione del regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1998, n. 400, secondo i principi stabiliti dall'articolo 1, comma 618, della legge n. 296 del 2006, legge finanziaria per l'anno 2007, che, com'è noto, prevede nuove procedure per il reclutamento dei dirigenti scolastici.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
DE SIMONE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
una laurea in lettere o in matematica vale per una maestra elementare soltanto tre punti, tanto quanto quelli ottenuti insegnando 46 giorni in una scuola statale o parificata;
l'esame previsto in quinta elementare è stato abolito per unificare un percorso scolastico formato dalla scuola primaria e quella media inferiore fondato sugli stessi princìpi pedagogici d didattici in nome della continuità di insegnamento e della didattica;
ciononostante per gli insegnanti in possesso di una laurea e in servizio presso la scuola primaria non è possibile far valere il servizio prestato nelle graduatorie permanenti delle scuole medie inferiori e superiori; in questo modo vengono vanificati i precedenti anni di esperienza lavorativa -:
come intenda risolvere questa ambiguità visto che ai suddetti insegnanti, nei doveri e negli adempimenti, viene richiesta la stessa professionalità, gli stessi risultati e lo stesso impegno che agli altri.
(4-02016)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede che il servizio prestato nella scuola primaria venga valutato nelle graduatorie della scuola secondaria.
Si comunica che è la stessa legge n. 143 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, a prevedere la non valutabilità dei servizi prestati dai docenti nella scuola primaria ai fini dell'insegnamento nella scuola secondaria e viceversa.
Il decreto ministeriale 15 marzo 2007, n. 27, «Tabella di valutazione dei titoli per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado inserito nella terza fascia», finalizzato all'aggiornamento e all'integrazione delle graduatorie ad esaurimento (già permanenti) del personale docente ed educativo per il biennio 2007-2009, prevede che sia valutabile in 2 punti per ogni mese o frazione di almeno 16 giorni, fino ad un massimo di 12 punti per ciascun anno scolastico, soltanto il servizio di insegnamento prestato con il possesso del titolo di studio prescritto dalla normativa vigente all'epoca delle nomina e relativo alla classe di concorso o posto per il quale si chiede l'inserimento in graduatoria.
Tanto premesso questa Amministrazione si riserva di valutare nelle competenti sedi tecniche la possibilità di far valere il servizio di insegnamento prestato nella scuola primaria, anche nella formazione delle graduatorie permanenti della scuola secondaria.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
DI GIOIA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
è da moltissimi anni che lo svincolo sulla strada statale 17, che collega l'anello di Lucera, è rimasto totalmente incompiuto;
tale ritardo nel completamento dei lavori stradali ha causato una serie di problematiche, tra cui le più gravi sono rappresentate dai frequenti incidenti stradali che interessano tratto in questione -:
se siano stati stanziati fondi per il completamento dell'anello di Lucera e, in
caso positivo, se questi siano già stati cantierizzati.
(4-03107)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'ANAS s.p.a fa conoscere che l'intervento di completamento dell'area di svincolo al km 323+200 della strada statale n. 17 nei pressi del comune di Lucera (Foggia) è stato inserito nella Bozza di Piano quinquennale 2007-2011 il cui iter approvativo previsto dalla legge è attualmente in corso.
L'ANAS ha predisposto il progetto definitivo dei lavori di completamento dello svincolo al km 323+200 e della viabilità di servizio dell'ingresso Ovest del comune di Lucera per l'importo stimato di circa 2,6 milioni di euro.
Successivamente all'approvazione del Piano Quinquennale si potrà procedere all'appalto sulla base delle disponibilità finanziarie.
Per quanto riguarda, infine, l'anello viario intorno al comune di Lucera, un tratto del quale è stato di recente trasferito al Comune stesso, l'ANAS riferisce che non sono previsti ulteriori interventi.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
FABRIS. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è stata fissata, per i giorni di domenica 27 e lunedì 28 maggio 2007, la data di svolgimento per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali nonché per l'elezione dei consigli circoscrizionali da parte dei cittadini comunitari residenti in Italia;
la cittadinanza dell'Unione è stata introdotta dal Trattato di Maastricht il 7 febbraio 1992 il cui articolo 17 testualmente recita: «È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro». L'attribuzione della cittadinanza europea viene di conseguenza fatta dipendere dal possesso della cittadinanza di uno stato dell'Unione;
la cittadinanza dell'Unione attribuisce il diritto di votare e di farsi eleggere al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza e di partecipare alle elezioni amministrative;
alle elezioni amministrative, la partecipazione dei cittadini comunitari è da sempre molto bassa e il diritto scarsamente esercitato in tutta l'Unione nonostante sia aumentata considerevolmente la presenza di cittadini non nazionali in ogni stato membro dopo l'adesione dei nuovi paesi, da ultimi Romania e Bulgaria;
in Italia, la legge n. 52 del 6 febbraio 1996 e il decreto legislativo n. 197 del 12 aprile 1996, che ha dato attuazione alla Direttiva 94/80/CE del Consiglio dell'Unione europea, prevedono il diritto per i cittadini comunitari di partecipare alle elezioni amministrative, con diritto di elettorato attivo e passivo;
i cittadini dell'Unione europea, i cittadini bulgari e romeni, che intendano partecipare alle sopra citate elezioni, devono presentare domanda di iscrizione nell'apposita lista elettorale aggiunta presso il Comune di residenza entro il quinto giorno successivo a quello dell'affissione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali, cioè, in questo caso, entro martedì 17 aprile 2007;
i cittadini romeni, con più di 300.000 residenti in Italia, costituiscono la più numerosa comunità immigrata in Italia e hanno lamentato una forte carenza informativa sia sulla carta stampata che in televisione in merito alle norme che regolano l'iscrizione dei cittadini comunitari nelle liste elettorali aggiunte per le elezioni comunali del 27 e 28 maggio 2007 -:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di informare le migliaia di cittadini comunitari residenti in Italia sulle modalità relative all'esercizio del loro diritto costituzionale all'elettorato attivo e passivo.
(4-03273)
Risposta. - Il decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197, nel dare attuazione alla direttiva 94/80/CE del Consiglio dell'Unione europea del 19 dicembre 1994, ha previsto l'attribuzione dell'elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e circoscrizionali ai cittadini dell'Unione residenti in Italia, equiparandoli, per tale verso, a tutti gli effetti, ai cittadini italiani.
Tale direttiva è stata adeguata, da ultimo, con direttiva 2006/106/CE proprio a motivo dell'adesione, dal 1o gennaio 2007, della Bulgaria e della Romania all'Unione europea. Nel contempo, con legge 9 gennaio 2006, n. 16, è stato ratificato anche nel nostro Paese il Trattato di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania all'Unione europea.
In base a tale normativa, l'esercizio del relativo diritto non opera d'ufficio, diversamente che per il corpo elettorale italiano, bensì trova un proprio presupposto nell'iniziativa degli interessati che devono, a tal fine, presentare al sindaco del comune di residenza domanda di iscrizione nella lista elettorale aggiunta, istituita presso lo stesso ente, entro il quinto giorno successivo a quello di affissione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali.
Con riferimento alle prossime elezioni amministrative del 27 e 28 maggio 2007 e all'eventuale ballottaggio del 10 e 11 giugno prossimo, questa Amministrazione, con circolare del 21 marzo 2007, ha, tramite le Prefetture-Uffici territoriali del Governo, sensibilizzato i sindaci dei comuni affinché provvedano alla massima pubblicizzazione delle disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 197 del 1996, in considerazione dell'adesione della Bulgaria e della Romania.
Nella medesima circolare, in un'ottica di maggiore elasticità interpretativa, sono stati sollecitati i Comuni ad accogliere le domande presentate dai cittadini comunitari anche oltre il termine previsto dalla legge (17 aprile 2007), invitando i sindaci, una volta esperiti i necessari accertamenti a rilasciare l'apposita attestazione di ammissione al voto, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.
Tale indirizzo ha consentito di assicurare la più ampia partecipazione alle elezioni, nel rispetto del principio di parità di trattamento tra cittadini italiani e cittadini comunitari, tanto è vero che a tutt'oggi continuano a pervenire, in numero sempre crescente, domande volte ad ottenere l'ammissione al voto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
FABRIS e CAPOTOSTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'annuncio della riorganizzazione societaria del gruppo Endesa Italia che, dopo la dismissione da parte dell'Enel di alcuni impianti produttivi avvenuta nel 1999, ha acquisito, oltre ad altre centrali sparse per il Paese, il nucleo idroelettrico di Terni, sta destando forti preoccupazioni tra gli addetti degli impianti poiché paventa il rischio di una disarticolazione degli impianti presenti in Umbria ed in particolar modo nella provincia di Terni;
l'OPA lanciata dall'Enel sul Gruppo Endesa sembra, ormai, in dirittura d'arrivo così come il confronto per la spartizione del gruppo sia in ambito europeo che italiano: E.On e ASM di Brescia, attuale partner al 20 per cento in «Endesa Italia», sembrano, infatti, ormai in procinto di dividersi gli asset di quello che resta di Endesa Italia;
ciò avrebbe come conseguenza l'acquisizione, da parte della ASM di Brescia, della centrale a carbone di Fiume Santo in Sardegna e degli impianti idroelettrici di Terni in Umbria;
la presente situazione reca, ovviamente, il grave rischio di produrre quale conseguenza il venir meno della tenuta del sistema produttivo presente in Umbria e del mantenimento dei presidi tecnico-decisionali ad iniziare dalla Borsa elettrica di Villa Valle, con inevitabili ripercussioni soprattutto sotto il profilo occupazionale;
inoltre è possibile che l'acquisizione di Villa Valle da parte di E.ON possa contribuire all'abbattimento dei costi energetici, particolarmente per il sistema industriale locale -:
quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere, al fine di garantire, sia sul versante industriale che su quello della garanzia degli investimenti, la stabilità degli insediamenti produttivi presenti in provincia di Terni, salvaguardando le prospettive sul versante delle energie rinnovabili, i livelli occupazionali e gli accordi sottoscritti con le Istituzioni locali, anche alla luce del piano investimenti Endesa Italia per Terni.
(4-03621)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in oggetto, si rappresenta quanto segue.
L'assetto attuale del mercato elettrico italiano è ispirato ai principi di liberalizzazione del settore fissati nel decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, il quale stabilisce che: «Le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico contenuti nelle disposizioni del presente decreto» (articolo 1).
Al fine di promuovere la concorrenza nel settore elettrico, viene, tra l'altro, stabilito che: «A decorrere dal 1o gennaio 2003 a nessun soggetto è consentito produrre o importare, direttamente o indirettamente, più del 50 per cento del totale dell'energia elettrica prodotta e importata in Italia (articolo 8).
A tali disposizioni si aggiungono gli esiti dell'accordo tra Enel, Acciona ed E.On. in basa al quale, qualora la prevista offerta pubblica di acquista di azioni (Opa), - tuttora al vaglio delle competenti Autorità - si prefezionasse, si darebbe luogo anche alla vendita di alcuni rami d'azienda di Endesu Europa.
In tale ambito l'ASM di Brescia, attuale partner al 20 per cento in Endesa Italia, ha avanzato la proposta, anche sulla base dei vigenti patti parasociali, di subentrare nella disponibilità di alcuni impianti di produzione di energia elettrica localizzati sul territorio nazionale.
La ripartizione di tali impianti è tuttavia ancora molto aleatoria, nonché subordinata all'esito dell'Opa in corsa e, pertanto, potrebbe non necessariamente corrispondere a quella prefigurata dagli interroganti.
Ad ogni modo, qualora la società ASM Brescia, come paventato nel testo dell'interrogazione, entrasse in possesso degli impianti idroelettrici della zona di Terni, si impegna a fare quanto possibile, nel rispetto del sistema industriale locale, per salvaguardare le prospettive sul versante delle energie rinnovabili, i livelli occupazionali e gli accordi sottoscritti con le Istituzioni locali, anche alla luce del piano di investimenti di Endesa Italia per Termi.
Si assicura, infine, che il Ministero dello sviluppo economico provvederà a vigilare affinché l'eventuale trasferimento di proprietà degli impianti menzionati dagli interroganti non determini negative ripercussioni in ordine alle aspettative del territorio interessato.
Il Ministro dello sviluppo economico: Pier Luigi Bersani.
GIANNI FARINA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
vive preoccupazioni sono state espresse dagli enti locali della provincia di Cuneo, dalle associazioni di categoria, dalle organizzazione sindacali, dalle aziende produttive in merito ai gravi ritardi che caratterizzano la realizzazione dell'autostrada Asti-Cuneo e dall'ulteriore procrastinarsi del suo completamento;
con il Protocollo di Intesa/Accordo di Programma sottoscritto nel luglio 2000 dal Governo Amato, dalla regione Piemonte (con l'assenso delle province di Cuneo e di Asti e di tutti gli enti locali interessati) che prevede anche un cronoprogramma dettagliato per la realizzazione di tutti i lotti in capo all'ANAS (circa 40km.) e, all'articolo 2, le opzioni per il completamento dell'infrastruttura (o a carico dello Stato tramite
Anas o attraverso una gara di costruzione e gestione; anche sotto la forma di ricerca da parte dell'Anas, attraverso gara, di un socio privato);
l'Anas sia con il Commissario Speciale, Ing. Bartoli, sia tramite il Compartimento di Torino ha, tutto sommato, rispettato i tempi per la realizzazione dei primi sette lotti dei quali due sono già stati aperti al traffico nel 2005 e cinque saranno aperti nei primi mesi del 2007;
la gara per la ricerca di un socio privato indetta dell'Anas - ex articolo 19 della legge n. 109 del 1994 - è stata bandita nel luglio del 2003 ed aggiudicata nel dicembre del 2004, la ATI Salt-Grassetto-Itinera ha presentato le cauzioni richieste e successivamente vi è stata l'assegnazione definitiva; nel marzo 2006 l'Anas ha sottoscritto la convenzione con la nuova Società della AT/CN;
che attraverso il PRUSST (Piano di recupero urbano e di sviluppo sostenibile del territorio) denominato «il Piemonte meridionale: una porta per l'Europa», promosso dalla provincia di Cuneo in collaborazione con le province di Asti e Alessandria, con numerosi comuni, comunità montane, ferrovie dello Stato, Magistrato del Po, Anas, Enti Parco, e numerosissimi soggetti privati, sono state inserite nuove tratte (che avrebbero dovuto altrimenti essere totalmente a carico dell'Anas) nella AT/CN e segnatamente la circonvallazione di Cuneo (lotto 1/6);
tali procedure sono state giudicate regolari e ormai espletate;
si è a conoscenza delle obiezioni sollevate dal Ministero delle infrastrutture in merito al rapporto di - «controllato»-«controllore» dell'Anas in quanto partecipe della nuova società AT/CN, circostanza che quantomeno avrebbe dovuto essere verificata a monte anche se quando il problema venne posto nel 2003 dall'Amministrazione Provinciale di Cuneo venne risposto che l'Anas non era più un Ente di Stato, presieduto dal Ministro, ma una SpA e quindi in grado di assolvere al dettato dell'articolo 2 dell'Accordo di Programma sottoscritto dal Governo Amato e dalla Regione Piemonte;
va preso atto di quanto disposto dall'articolo 12 del decreto-legge n. 262 del 26 ottobre 2006, già convertito dalla Camera dei Deputati ed oggi all'esame del Senato-:
se non ritenga opportuno procedere immediatamente alla sottoscrizione della convenzione tra Anas e società dell'autostrada AT/CN, rinviando ad una fase successiva (poiché tutte le procedure sono state espletate prima dell'articolo 12 del citato decreto n. 262 del 2006, l'adeguamento anche di questa convenzione all'articolo 12 del predetto decreto;
se non ritenga opportuno far si che si proceda rapidamente alle gare di appalto dei lotti restanti della AT/CN da parte del concessionario poiché altrimenti si allungherebbe di ulteriori anni la realizzazione di una infrastruttura vitale per tutto il Piemonte, per le relazioni con la Liguria e la Francia, nonché per la sicurezza degli utenti;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, come molti suoi predecessori (Ministri: onorevole Costa, onorevole Bordon, onorevole Nesi; Presidente del Consiglio onorevole D'Alema), concordare una sua visita presso la Provincia di Cuneo al fine di chiarire, ulteriormente, in rapporto diretto con i rappresentanti delle popolazioni e delle categorie produttive del Piemonte Sud, che la realizzazione della Asti-Cuneo non subirà nessun ulteriore rinvio o ritardo giacché tale disponibilità gioverebbe enormemente a rassicurare tutti i soggetti interessati secondo una pratica, democratica, che sino ad oggi ha avuto successo.
(4-01526)
Risposta. - In riferimento all'atto ispettivo indicato in esame si riferisce quanto segue.
Le azioni del Governo sull'intero settore delle concessioni autostradali hanno riguardato in modo incisivo l'universo della
viabilità di interesse nazionale che, inserita nell'ambito dei corridoi europei e nella programmazione delle piattaforme produttive nazionali, deve anche essere opportunamente gestita per costituire un reale elemento di sviluppo.
Si è agito su più livelli: in primo luogo, con la legge finanziaria 2007, si è previsto di stipulare con l'ANAS S.p.A. una nuova «convenzione unica», attualmente in corso di definizione, che rafforza i poteri di indirizzo pubblici nelle azioni della società; essa sarà accompagnata da un piano economico finanziario di lungo periodo, che definisca obiettivi e strategie aziendali e con una programmazione di breve periodo, (5 anni, contro i 3 precedenti) che consenta una ragionevole articolazione temporale di tali strategie.
È stata data particolare importanza al settore autostradale che, come noto, è in grado di realizzare notevoli investimenti extra bilancio dello Stato in infrastrutture strategiche grazie alle tariffe riscosse dagli utenti.
Anche in questo caso le nuove normative introdotte dal Governo mirano a rafforzare gli aspetti di pubblico interesse dell'istituto concessorio per garantire sia l'effettiva realizzazione delle infrastrutture previste nei piani finanziari, che sono risultate sistematicamente in ritardo, che a riequilibrare a vantaggio degli utenti le regole tariffarie del settore, evitando ingiustificati profitti nel caso di mancata realizzazione degli investimenti.
Un primo intervento normativo sul settore, comprendente anche regole assicuranti una migliore trasparenza nelle gestioni ed una maggiore concorrenza nell'esercizio delle attività concesse, è intervenuto con il decreto-legge n. 262 del 2006, convertito nella legge n. 286 del 2006 introducendo l'obbligo di inserire tali nuove regole in una nuova convenzione unica da stipularsi tra ANAS e tutte le concessionarie autostradali.
La manovra è stata perfezionata con la legge finanziaria, precisando ulteriormente tali nuove regole e i derivanti aspetti operativi.
I criteri di tali norme sono stati recepiti sotto il profilo tecnico dalla Delibera CIPE n. 1 del 26 gennaio 2007.
Delineato il quadro normativo, si è passati al piano operativo applicativo, pervenendo rapidamente alla definizione concordata della «convenzione unica» con sei concessionari autostradali.
Altresì, in occasione della definizione delle tariffe annuali 2007 dei concessionari autostradali, si è superato l'aggiornamento automatico, determinando il livello tariffario in funzione degli investimenti realizzati.
In particolare tra i mesi di marzo ed i primi giorni di maggio si è pervenuti a concordare l'intesa sulle nuove regole convenzionali con sei concessionari (BREBEMI 26 marzo 2007; Pedemontana Lombarda 20 aprile 2007; Asti-Cuneo 7 maggio 2007; Brescia-Padova, Venezia-Padova, Autocamionale Cisa 8 maggio 2007); i testi concordati con le concessionarie hanno iniziato l'iter approvativo previsto dall'articolo 2 comma 84 delle legge n. 286 del 2006, come modificato dal comma 1030 della finanziaria 2007.
Complessivamente le convenzioni uniche in parola, consentono di avviare investimenti per circa complessivamente 11.471 milioni di euro, a prevalente carico di risorse extra bilancio dello Stato, con effetti positivi sul PIL e con l'avvio a soluzione di alcune delle più grandi criticità infrastrutturali presenti nelle zone più produttive e congestionate del Paese, ma con benefici effetti sull'intero sistema Paese.
Tra le opere più rilevanti oggetto delle convenzioni così rinnovate, è incluso il completamento del collegamento autostradale tra Asti e Cuneo, che risolve un sentito problema locale di isolamento dalle grandi vie di comunicazione.
Il 7 maggio 2007 è stato difatti siglato a Torino lo schema di convenzione tra ANAS e la società concessionaria per la realizzazione degli ultimi 8 lotti di completamento dell'autostrada e per la gestione dell'intera tratta autostradale.
Lo schema di convenzione, elaborato in conformità alla recente normativa sulle concessioni autostradali, seguirà l'iter approvativo
disposto dalla legge, che prevede la trasmissione al CIPE, il parere del NARS e delle competenti Commissioni parlamentari, e l'emanazione del decreto interministeriale di approvazione del testo finale della convenzione.
All'esito, la Società Concessionaria potrà avviare i cantieri sui rimanenti 53 Km di autostrada, i cui tempi di realizzazione sono previsti in quattro anni, con ultimazione dei lavori tra il 2010 e il 2011.
Lo schema di convenzione ha anche fissato il cronoprogramma dei lavori. ANAS vigilerà sul rispetto dei tempi e sulla qualità dei progetti e dei lavori.
A seguito della risoluzione delle problematiche insorte con il sequestro da parte dell'Autorità giudiziaria, il Lotto II/2 tra Isola d'Asti e Motta di Castigliole è stato quindi inaugurato ed aperto al traffico il 16 aprile 2007 contestualmente agli altri lotti II/3 (Motta-Covone) e II 3/b/4 (Covone Neive Giuarene).
Ciò ha consentito, come detto, di aprire al traffico, nei tempi previsti, 18 nuovi Km dell'autostrada Asti-Cuneo, tra Isola d'Asti e Alba, nonché la nuova variante di Isola d'Asti.
I tre lotti aperti consentono un collegamento-diretto tra Isola d'Asti e Alba decongestionando la viabilità, nei centri di Castigliole, Covone, Magliano Alfieri, Castagneto e Guarente.
Per quanto riguarda i lotti di diretta competenza ANAS, entro giugno 2007 saranno aperti al traffico gli ultimi due lotti ANAS e cioè il Lotto 7 (Diga ENEL-Cherasco) e il Lotto 8 (Cherasco-Marene) in concomitanza con l'ultimazione dei lavori di costruzione del casello di Cherasco.
Pertanto, entro tale data saranno aperti al traffico 37,5 Km di autostrada su un totale di 90,5 Km, pari a quasi il 42 per cento dell'intera opera.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
GIANNI FARINA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
il Comitato attività scolastiche e culturali italiane detto (CASCI) è un ente privato che opera nel rispetto del Codice Civile Svizzero (articolo 60 e seguenti) con sede a Berna (Svizzera);
il CASCI ha competenza, per la sua attività, nella giurisdizione del Consolato italiano in Berna e si propone, in particolare, di promuovere l'istituzione e curare la gestione di iniziative scolastiche, educative e culturali, di cui all'articolo 636 del decreto-legge n. 297 del 16 aprile 1994;
il Comitato trae i mezzi finanziari per l'attuazione delle sue finalità:
a) dai contributi erogati dal Ministero degli affari esteri ai sensi dell'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967; tali mezzi finanziari non possono essere devoluti ad altri enti o persone fisiche giuridiche per la realizzazione di iniziative proprie del CASCI;
b) da donazioni e contribuzioni di privati, di enti pubblici ed altri, e dal ricavato di manifestazioni organizzate a tale scopo;
c) da una quota annua di ogni membro dell'Assemblea non superiore a Franchi 100. Un eventuale obbligo supplementare viene fissato ad un massimo di Franchi 50 per membro;
organi del Comitato sono:
1) l'Assemblea;
2) il Consiglio Direttivo;
3) il Presidente;
4) il collegio del revisori dei conti;
è necessario attirare l'attenzione del Ministro degli esteri e del Ministro dell'istruzione sulla gestione di tale ente ove si assisterebbe ad una sistematica violazione di diversi articoli dello statuto, emersa anche all'ultima assemblea generale del 10 maggio 2006, violazioni sistematiche riguardanti le remunerazioni e gli
indennizzi del Presidente e dei membri del Consiglio Direttivo, la loro eleggibilità ed altro -:
se non si ritenga necessaria una visita ispettiva al CASCI di Berna per verificare la veridicità dei gravi fatti denunciati, far luce sulle eventuali irregolarità, vincolare i finanziamenti al rispetto dello statuto, per ridare credibilità all'ente al cospetto della comunità italiana di Berna.
(4-02625)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Consolato d'Italia in Berna, competente in materia, ha precisato che dai controlli sul bilancio consuntivo dell'ente gestore CASCI (Comitato attività scolastiche e culturali italiane) relativo all'anno 2005 non è stata rilevata alcuna irregolarità in merito alla corrispondenza dei saldi di bilancio con la reale situazione di cassa, la regolare tenuta dei registri contabili e la conformità delle spese con quanto previsto dalla normativa.
Il bilancio consuntivo 2005 è stato trasmessa al Consolato accompagnato dalla relazione firmata dai tre membri del collegio dei revisori dei conti. Tale relazione confermava la corretta tenuta della contabilità e la regolarità delle registrazioni e non conteneva alcuna riserva. Solo successivamente, un unico revisore dei conti avrebbe formulato delle osservazioni su alcune spese effettuate dal Presidente dell'ente CASCI. Tali osservazioni sono state oggetto di discussione nel corso dell'assemblea dell'ente stesso, che si è svolta il 6 maggio 2006. In tale sede il bilancio consuntivo 2005 è stato approvato a maggioranza con due soli voti contrari ed un astenuto.
Il Consolato in Berna ha anche relazionato su talune lettere inviate al presidente dell'ente gestore successivamente allo svolgimento dell'assemblea di cui sopra, nelle quali si contestano alcune spese (approvate dall'assemblea stessa) e la procedura seguita per l'approvazione e trasmissione del bilancio al Consolato. In particolare, quest'ultimo ritiene che tali osservazioni non presentino elementi di preoccupazione, anche in considerazione del fatto che la cifra attribuita al presidente appare, per la sua consistenza, del tutto corrispondente alla natura di un rimborso spese.
Con riguardo all'utilizzo dei fondi ricevuti nell'anno 2006, si fa presente che il CASCI, in base alla normativa vigente, è tenuto a presentare all'Autorità consolare il proprio bilancio consuntivo entro il 31 marzo.
Si fa inoltre presente che si intende inserire l'ente CASCI di Berna nel programma di visite ispettive che sarà realizzato nel corso dell'anno 2007.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
FEDELE. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito dei lavori di modernizzazione e rifacimento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria sarà soppressa nel tratto Palmi-Scilla l'uscita di S. Eufemia d'Aspromonte che serviva una zona di 15 mila abitanti che in tal modo rischia di essere riportata in una condizione di isolamento rispetto a questa grande arteria;
da più di un anno si susseguono incontri tecnici e tecnico politici presso il Comune di S. Eufemia d'Aspromonte, la Provincia, la Prefettura di Reggio Calabria e il Ministero delle Infrastrutture per risolvere i problemi tecnici che di volta in volta si sono presentati;
la cancellazione del predetto svincolo, la cui realizzazione è stata perorata, sia dai comuni interessati (S. Eufemia d'Aspromonte, Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Delianova, Santa Cristina), sia dalla provincia di Reggio Calabria, sia dal Prefetto di Reggio Calabria Dr. De Sena, è stata motivata dall'ANAS con la necessità di sottoporre il progetto dell'opera alla
valutazione di impatto ambientale il che, a loro dire, avrebbe rallentato di oltre 6 mesi i lavori -:
se sia effettivamente indispensabile una nuova valutazione di impatto ambientale per poter realizzare l'uscita di S. Eufemia d'Aspromonte;
se non si ritenga assolutamente doveroso rivedere la decisione della cancellazione dell'uscita di S. Eufemia d'Aspromonte sostituita con una rabberciata ed approssimativa e attivare tutte le procedure necessarie per la sua celere realizzazione tenendo conto della volontà unanime dei Comuni interessati della provincia di Reggio Calabria e della constatata disponibilità delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dell'opera;
se rispettino, a questo punto, le prescrizioni di tutela ambientale i lavori in via di esecuzione da parte delle ditte appaltatrici nel tratto Palmi-Scilla e se non siano effettuati facendo obiettivamente scempio di colline e montagne in misura maggiore di quello che sarebbe strettamente indispensabile per realizzare il tratto autostradale medesimo;
se siano rispettate le misure di sicurezza per chi percorre il suddetto tratto di autostrada con i lavori in corso;
se il Piano di viabilità provvisorio previsto per dopo Pasqua e per il periodo di effettuazione dei lavori e cioè per i prossimi 2 anni, sia adeguato a consentire lo smaltimento dei volumi di traffico sia automobilistico, sia dei mezzi pesanti e se non si corra il rischio di un blocco completo dell'autostrada, e quindi dei collega menti anche con la Sicilia, in occasione anche di un lieve incidente.
(4-03157)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, la società ANAS informa che il progetto definitivo del 5o Macrolotto sulla autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, appaltato ed attualmente in corso di esecuzione, prevede un nuovo svincolo a servizio delle aree comunali di Bagnara e Sant'Eufemia d'Aspromonte in un sito diverso da quello attualmente in esercizio, la cui posizione non è compatibile con la nuova configurazione geometrica dell'arteria da ammodernare e va conseguentemente soppresso.
L'ulteriore svincolo richiesto non è previsto nel progetto approvato e determinerebbe la demolizione di opere già eseguite comportando il fermo del cantiere nelle more di una nuova conferenza dei servizi ed una nuova procedura di valutazione impatto ambientale.
Al fine di tenere in debito conto le richieste avanzate dalle amministrazioni locali, l'ANAS ha proposto una alternativa mediata che prevede il mantenimento in esercizio dello «svincolo di Bagnara» sull'attuale percorso autostradale da declassare e far interagire con il nuovo tracciato ammodernato senza aggravio di percorrenza per l'utenza gravitante sulle aree dei comuni di Bagnara e Sant'Eufemia d'Aspromonte.
Tale soluzione presenta i seguenti vantaggi:
non impatta con le opere relative al 5o Macrolotto;
non apporta un eccessivo aggravio di costi di realizzazione di ammodernamento dell'autostrada, al contrario dello svincolo proposto per la cui realizzazione si valuta, di massima, necessario un ulteriore importo pari a circa 4/5 milioni di euro, importo suppletivo, difficilmente recuperabile dal quadro economico d'appalto;
non necessita di specialistica progettazione, sia definitiva che esecutiva;
non necessita di ulteriori autorizzazioni, né di una nuova valutazione di impatto ambientale;
non comporta la sospensione dei lavori in corso, sospensione che, interrompendo un percorso critico di cantiere, apporterebbe danni al Contraente generale con conseguenti richieste ad ANAS.
La soluzione proposta, che ha incontrato il favore dell'Amministrazione provinciale di Reggio Calabria, consentirebbe, per un
tratto non breve, di conservare una viabilità alternativa in caso di blocco del nuovo tracciato della stessa.
La società stradale informa che le opere in corso procedono regolarmente secondo le prescrizioni del decreto VIA e sotto controllo di ANAS stessa la quale assicura il contenimento, per quanto possibile, degli eventuali temporanei disagi al traffico derivanti dallo svolgimento dei lavori.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
CINZIA MARIA FONTANA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la sede del distaccamento permanente dei Vigili del Fuoco di Crema (Cremona) soffre da tempo di pesanti problemi strutturali e non è più ormai adeguata agli attuali standard operativi sia in merito all'alloggiamento del personale che agli spazi di ricovero dei mezzi di soccorso;
al fine di trovare una soluzione ai problemi evidenziati e verificata maggiormente percorribile la proposta di realizzazione di una nuova caserma anziché di ristrutturazione e ampliamento della caserma esistente, il comune di Crema, individuata l'area, si è attivato di concerto con il Comando provinciale di Vigili del Fuoco per sviluppare un progetto di massima in base alle caratteristiche generali fornite dal Ministero dell'interno;
tale progetto preliminare è stato presentato nello scorso mese di ottobre a codesto Ministero;
con altrettanta importante attenzione, oltre ai problemi strutturali della sede, è da considerare la cronica carenza di organico che sta diventando sempre meno sostenibile in presenza di una crescita continua degli interventi effettuati dal distaccamento di Crema (ben 1.100 interventi nel corso dell'anno 2006 con un organico pari a 6 unità);
il territorio cremasco, infatti, comprende 50 comuni e quasi la metà della popolazione provinciale ed è caratterizzato, oltre che da una costante crescita demografica, da un rilevante tessuto artigianale ed industriale a rischio urbano ed in forte espansione;
per tutti questi motivi si ritiene non più rinviabile un potenziamento dell'organico esistente, così come si ritiene necessario promuovere il passaggio del distaccamento di Crema in classe D2, considerato anche che la collocazione strategica della città (che dista circa 40 chilometri da Cremona, Brescia, Milano, Bergamo e circa 20 chilometri da Lodi) potrebbe far assumere al distaccamento di Crema una funzione interprovinciale -:
quali iniziative ed azioni intenda adottare il Ministero al fine di trovare risposte positive per superare la pesante situazione di carenze di struttura e di organico non adeguate alle esigenze dei territorio, alle quali oggi si riesce comunque a far fronte con serietà grazie alla dedizione e all'impegno dei personale addetto.
(4-02419)
Risposta. - La problematica relativa alla caserma dei vigili del fuoco di Crema è tenuta in grande considerazione dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, favorevole alla realizzazione di una nuova sede, di cui è già stato esaminato il progetto preliminare inviato dal Comando provinciale di Cremona nel mese di novembre 2006.
Il successivo 18 gennaio 2007, il Dipartimento ha espresso il proprio parere favorevole al progetto, pur vincolandolo alla condizione che, sul terreno individuato per l'esecuzione dei lavori, fossero adottate tutte le necessarie cautele sotto il profilo idrogeologico.
Nel mese di febbraio 2007 il progetto, opportunamente integrato alla luce dei rilievi e delle osservazioni formulate, è stato nuovamente inviato dal Comando provinciale al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile e si auspica di addivenire, in tempi ragionevoli, ad una definitiva soluzione del problema.
Di ampia considerazione gode, altresì, la questione generale degli organici del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco di cui, come è noto, con un'inversione di tendenza sostanziale rispetto alle finanziarie precedenti, si è occupata la legge finanziaria per il 2007, volta a consentire 600 nuove assunzioni e con cui si è avviato un importante processo che porterà alla stabilizzazione, nel prossimo triennio, di una parte dei vigili del fuoco selezionati tra coloro che prestano servizio volontario nel Corpo nazionale.
Si è certamente consapevoli delle carenze di organici operativi del Comando Provinciale dei vigili del fuoco di Cremona; carenze che peraltro, non differiscono dalla media nazionale e che potranno, comunque, essere, almeno in parte, ripianate proprio in virtù delle previsioni contenute nella legge finanziaria per l'anno 2007.
In tale contesto, si confida di risolvere, compatibilmente con le priorità nazionali, la situazione dell'organico relativo al distaccamento dei vigili del fuoco di Crema, il cui incremento costituisce il presupposto necessario per il passaggio alla superiore categoria D2 come auspicato dall'interrogante.
Si soggiunge che nell'ambito del progetto «Soccorso Italia in 20 minuti», teso alla riduzione dei tempi di intervento attraverso una più capillare distribuzione dei presidi vigilfuoco sul territorio, in provincia di Cremona sono stati individuati i comuni di Casalmaggiore, Soresina e Piadena quali sedi di nuovi distaccamenti volontari, la cui istituzione, non appena le Amministrazioni locali avranno provveduto a reperire, come già richiesto, le necessarie risorse umane e logistiche, potrà di certo contribuire a far fronte alle relative esigenze di soccorso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
GALANTE. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che ad un poliziotto, per motivi di privacy e sicurezza anonimo, di servizio presso un Aeroporto italiano, è stato diagnosticato il linfoma Hodgkin, spesso provocato da esposizione ad uranio impoverito;
il militare spesso era impiegato in operazioni di ispezione presso le stive degli aerei civili;
l'uomo non ha mai prestato servizio all'estero e sembra aver stazionato, in passato, sul luogo di schianto di un elicottero da carico del Corpo Forestale dello Stato;
l'uranio impoverito è altamente piroforo e sviluppa, se impatta temperature che vanno oltre i tremila gradi, la polvere sottilissima di ossido di uranio, la cui pericolosità è nota;
il metallo è pericoloso anche a freddo per via della patina d'ossido che si forma sulla sua superficie;
le prime norme di sicurezza emanate nel 1984 e conosciute anche in Italia (che prevedono l'uso di guanti, occhiali, maschere, tute speciali) si riferiscono infatti al maneggio a freddo delle barre di uranio impoverito;
il pericolo negli aeroporti è costituito dal fatto che in alcuni aeromobili vengono usate barre di uranio impoverito nei timoni di direzione dei velivoli;
sono già 48 le vittime accertate di militari che, in missioni all'estero, sono stati esposti all'uranio impoverito e ai quali è stato diagnosticato il linfoma Hodgkin;
questo ultimo caso, del tutto unico rispetto ai precedenti, crea particolare allarme per la salute pubblica dei nostri cittadini -:
se non ritengano opportuno intervenire al fine di predisporre i necessari rilievi per accertare se ed in quale misura siano presenti nei nostri aeroporti tracce di uranio impoverito.
(4-01670)
Risposta. - L'uranio impoverito, come tutti gli elementi che emettono prevalentemente radiazioni debolmente penetranti, ha una rilevanza sanitaria solo nel caso
d'esposizione interna, attraverso inalazione, ingestione o incorporazione a causa di ferite.
Allo stato attuale delle conoscenze non è stato dimostrato un eventuale legame tra l'esposizione interna e la malattia di Hodgkin.
L'uranio impoverito viene utilizzato in veri campi dell'industria civile, ma due sono gli usi prevalenti: nel campo della schermatura delle radiazioni (anche in campo medico) e come contrappeso in applicazioni aerospaziali.
Ad esclusione di casi accidentali, una contaminazione che possa portare a ingestione o inalazione di questo metallo è potenzialmente realizzabile solo nelle attività di manutenzione dei contrappesi di cui sopra.
Non è ipotizzabile la presenza di uranio impoverito, proveniente dai contrappesi all'interno degli aeromobili o nelle loro stive, e ovviamente queste considerazioni si possono estendere agli aeroporti.
Per questo, in termini di prevenzione e sanità pubblica non si ritiene che possa avere alcun significato la predisposizione di rilievi per accertare trecce di uranio impoverito negli aeroporti.
In ogni caso il personale dei vigili dei fuoco che presta servizio negli aeroporti è abilitato a tale funzione a seguito della partecipazione ad un corso che prevede, fra le materie trattate, il soccorso in caso di incidente ad aerei che presentino, nella loro struttura, uranio impoverito.
Di recente, infatti, ai distaccamenti aeroportuali dei vigili del fuoco sono stati assegnati appositi mezzi NBCR (nucleare, batteriologico, chimico, radiologico) in grado di poter rilevare e circoscrivere qualsiasi evento di natura radioattiva, ivi comprese, quindi, ipotesi di coinvolgimento della sostanza in questione.
In caso di incidente che pregiudichi l'integrità degli involucri di protezione delle barre di uranio impoverito installate sugli aerei, vengono effettuate le necessarie misurazioni a salvaguardia dei passeggeri e degli addetti al soccorso.
Il personale dei vigili del fuoco in servizio presso gli aeroporti partecipa, inoltre, ad un corso denominato «NBCR» di primo livello, che consente agli stessi operatori di accedere ad informazioni in materia di uranio impoverito. Parte di detto personale ha ricevuto anche una formazione di livello superiore ed è, pertanto, in grado di utilizzare la complessa strumentazione installata a bordo dei già citati mezzi NBCR.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
GRECO. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 18 Tirrena Inferiore (SS 18) nel tratto Salerno-Reggio Calabria è sicuramente la più importante arteria di collegamento tra la Campania e la Calabria ed è anche una delle più importanti ed estese dell'Italia meridionale;
il completo ammodernamento della strada statale n. 18 nella zona sud della provincia di Salerno con realizzazione di nuovi tratti di varianti costituisce opera strategica, quale viabilità integrativa della A3 Salerno-Reggio Calabria per il sinergico e più sicuro collegamento fra Campania, Basilicata e Calabria, specie al cospetto della generale rivalutazione dell'asse viario tirrenico in atto anche in altre regioni;
tale necessità è avvertita anche in conseguenza del flusso di traffico superiore, in sede locale, a quello interessante il parallelo tratto A3, soprattutto nei pressi di centri con rilevanti interessi economici e turistici (Salerno, Pontecagnano, Battipaglia ed i relativi aeroporto ed interporto, l'area della piana del Sele e, più a sud, la zona industriale di Acropoli, la costiera Cilentana da Paestum a Palinuro, fino ad arrivare a Sapri, Maratea ed alla costa calabrese);
lo scorso 19 dicembre a causa della caduta di massi di notevoli dimensioni è stata chiusa la strada statale 18 nei pressi della località Castrocucco di Maratea, in provincia di Potenza;
l'Anas, immediatamente dopo la frana, ha provveduto ad installare sbarramenti fissi ai due estremi del tratto stradale interessato dal fenomeno ed alla sistemazione di un'adeguata segnaletica al fine di fornire agli utenti tutte le indicazioni per effettuare un percorso alternativo;
l'Anas non può tuttavia intervenire per mettere in sicurezza l'area da frane o crolli di massi che, in base alle verifiche eseguite, sono nuovamente possibili;
il codice della strada (articolo n. 14 e 31) stabilisce infatti che l'Anas provveda alla manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale e delle pertinenze, ma tale obbligo non si estende alle zone fuori dalle competenze stradali, gravando sui proprietari delle ripe sovrastanti o sottostanti l'asse stradale l'obbligo di mantenerle in modo tale da impedire fenomeni di caduta massi o altro materiale sulla strada;
l'Anas ha pertanto informato in una nota che, pur consapevole dei notevoli disagi provocati dalla chiusura al traffico del tratto in questione della strada statale 18 e della deviazione lunga circa 30 km, non può procedere alla riapertura fino a quando gli Enti competenti non effettueranno la messa in sicurezza del costone roccioso interessato dalla frana ed ha stimato che i danni subiti dal patrimonio stradale ammontano, ad oggi, a circa 750,000 euro -:
se, dal momento che sono trascorsi ormai tre mesi dall'evento franoso, non pensi, che sia opportuno dichiarare al più presto lo stato di emergenza della zona interessata dalla frana;
quali urgenti iniziative, visto l'approssimarsi della stagione estiva, si intenda adottare per risolvere il problema della messa in sicurezza della strada statale 18 nei pressi della località Castrocucco di Maratea e procedere alla riapertura del tratto in questione, la cui interruzione provoca enormi disagi ai residenti e non, con ripercussioni considerevoli nei riguardi delle attività economiche locali, soprattutto quelle del settore ricettivo.
(4-03148)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'evento franoso verificatosi il 19 dicembre 2006 sulla strada statale n. 18 «Tirrena Inferiore» - località «Castrocucco» di Maratea - ha mobilitato centinaia di metri cubi di roccia calcarea distaccatasi dalle ripe sovrastanti la statale provocando ingenti danni anche al patrimonio stradale. La società ANAS ha provveduto pertanto all'immediata chiusura al transito anche pedonale della statale stessa tra i Km. 241 + 650 e 241 + 850.
In data 26 dicembre 2006 un ulteriore distacco di materiale dalla medesima parete ha provocato danni più rilevanti alle opere d'arte, alle sovrastrutture e al corpo stradale valutati a una prima stima per oltre 750.000,00 euro.
La società ANAS ha più volte rappresentato, anche nelle riunioni tenutesi presso la Prefettura di Potenza, che in virtù delle vigenti normative non può effettuare alcun intervento di «difesa del suolo» su parti di territorio a notevole distanza dal corpo stradale ribadendo l'esclusiva competenza della Regione Basilicata in ordine ai necessari interventi di spesa e consolidamento delle ripe sovrastanti la statale 18. Il disposto delle norme di cui agli articoli 14 e 31 del decreto legislativo n. 352 del 1992 prevede, infatti, che la competenza per gli interventi di consolidamento dei versanti spetti all'ente proprietario dei medesimi.
In particolare, ai sensi dell'articolo 14 del succitato decreto legislativo, l'ente proprietario della strada ha l'obbligo di provvedere alla manutenzione e alla pulizia della sede stradale e delle sue pertinenze per assicurare la sicurezza degli utenti della strada ma tale obbligo non si estende alle zone estranee ad esse e circostanti. Ai sensi dell'articolo 31 della medesima normativa, i proprietari delle ripe dei fondi laterali alle strade hanno invece l'obbligo di mantenerle in modo da impedire e prevenire situazioni
di pericolo connesse a franamenti, a caduta massi o altro materiale sulla strada.
In merito alla specifica fattispecie l'ANAS ha immediatamente attivato gli enti competenti sollecitandoli ad adottare le determinazioni in merito alla bonifica del costone roccioso, bonifica propedeutica a qualsiasi intervento sull'infrastruttura stradale, per l'evidente rischio di caduta massi.
Al riparto di competenze definito dalla legge summenzionata non opera alcuna deroga la convenzione ANAS-Regione Basilicata del 4 settembre 2000 in base alla quale l'ANAS è stata individuata quale «soggetto attuatore» esclusivamente delle indagini e dello studio degli interventi necessari per la messa in sicurezza dei versanti lungo la S.S. n. 18, rimanendo inalterata la competenza stabilita dalla legge per l'esecuzione degli interventi medesimi. Tale incarico è stato assolto dall'ANAS mediante la redazione di elaborati progettuali trasmessi alla Regione Basilicata.
In data 19 gennaio 2007 su convocazione del Dipartimento della Protezione Civile è stato tenuto un nuovo sopralluogo per valutare il dissesto idrogeologico in oggetto alla presenza della Commissione Grandi Rischi.
In data 7 febbraio 2007 si è riunito un tavolo tecnico finalizzato al reperimento delle risorse finanziarie per la messa in sicurezza della zona in seguito al quale il Dipartimento della protezione civile ha stanziato una prima tranche di finanziamenti di 1,3 milioni di euro.
Il Presidente della Regione Basilicata è stato nominato commissario delegato al superamento delle criticità e messa in sicurezza del tratto di strada interessato dalla frana individuando nel Comune di Maratea l'ente attuatore dei primi interventi di messa in sicurezza del costone roccioso interessato dai fenomeni di distacco.
L'ANAS fa presente che, fino a quando l'amministrazione locale competente non procederà alla messa in sicurezza del costone roccioso interessato dai fenomeni di distacco, non può procedere ad effettuare alcun intervento di ripristino teso alla riapertura al transito del tratto di statale danneggiato. La società stradale, per quanto di propria competenza, ha tuttavia proceduto ad installare la segnaletica di deviazione lungo l'itinerario alternativo oltre a trasmettere agli organi di comunicazione l'ordinanza di chiusura al transito per l'opportuna informativa agli utenti stradali.
L'ANAS, infine, consapevole dei notevoli disagi provocati dal percorso alternativo a seguito della chiusura al traffico tra il Km. 241 + 650 e 241 + 850 della statale n. 18 garantisce la propria disponibilità a collaborare con gli enti territoriali nell'ambito delle rispettive competenze al fine di limitare il disagio e individuare una possibile soluzione efficace e definitiva.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
GRIMOLDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo un articolo pubblicato sul quotidiano Il Sole 24 ore del giorno 10 gennaio 2007, sarebbe imminente da parte del Ministero della giustizia la presentazione del disegno di legge che modifica definitivamente la disciplina dell'accesso e della progressione in carriera dei magistrati, a seguito dell'approvazione della legge n. 269 del 2006 sulla sospensione del decreto legislativo n. 160 del 2006;
in base a quanto anticipato dal quotidiano, unitamente al concorso tradizionale necessario per accedere in magistratura, verrebbe introdotta una nuova modalità di reclutamento dei giudici, denominata «corso-concorso», che riguarderebbe soprattutto i laureati in giurisprudenza con meno di 35 anni ed una media complessiva non inferiore a 28/30 negli esami universitari sostenuti;
nonostante sia prevista una selezione finale per accedere in magistratura al termine dei due anni del «corso-concorso», il mancato superamento della prova lascerà tuttavia impregiudicata la garanzia
occupazionale nell'ambito della pubblica amministrazione -:
quali siano i reali intendimenti del Ministro sulla questione in oggetto e se in particolare, non ritenga che la scelta di garantire l'accesso a tale «corso-concorso» solamente ai laureati provvisti di una media complessiva negli esami superati all'interno del relativo corso di studi pari o superiore a 28/30, finisca di fatto con limitare l'accesso al «corso-concorso» e conseguentemente alla carriera giudiziaria ai soli laureati di quelle università dove le medie dei punteggi sono più elevate, in ragione della disomogeneità esistente fra le tipologie dei corsi e i parametri di valutazione dei diversi atenei italiani;
se il Ministro non valuti che il «corso-concorso», come prospettato, finisca con l'accentuareuna concezione statalistica e burocratica della magistratura, abbinando la formazione dei magistrati con quella dei dipendenti della pubblica amministrazione la cui formazione è, a giudizio dell'interrogante, del tutto estranea ed anzi culturalmente antitetica al mondo della giustizia.
(4-02147)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, occorre precisare che rispetto alle notizie di stampa riportate dall'interrogante il testo del disegno di legge in materia di riforma dell'ordinamento giudiziario, approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 7 marzo 2007, prevede una sola tipologia di concorso per l'accesso in magistratura: il concorso per esami.
Nell'attuale sistema è previsto quale requisito di partecipazione alle prove concorsuali il solo conseguimento della laurea in giurisprudenza. Nel nuovo sistema, come delineato dall'articolo 1 del disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, al contrario, si è configurata una tipologia di accesso tendenzialmente di secondo grado, in parte omogenea a quella prevista per le altre magistrature, richiedendosi, quale requisito per l'ammissione al concorso per esami, l'aver maturato già specifica esperienza come procuratori dello Stato, giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari.
È stato, inoltre, riconosciuto valore di ammissione al concorso anche ad esperienze lavorative specifiche, quale quella dei funzionari della carriera direttiva della pubblica amministrazione e dei docenti di ruolo delle università, a condizione del possesso di una qualificata anzianità di servizio.
È stato, poi, previsto che potranno partecipare al concorso anche gli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all'albo professionale ed i laureati che abbiano conseguito la specializzazione nelle professioni forensi, frequentando le apposite scuole.
I nuovi requisiti per l'ammissione al concorso, se consentono di selezionare soggetti che abbiano già maturato competenze specifiche, potrebbero pregiudicare la possibilità di aver accesso in magistratura per i laureati più meritevoli, ma meno abbienti, dato il considerevole aumento dei tempi per il conseguimento dei titoli abilitanti. Per questo motivo è stato previsto che possano essere ammessi al concorso in magistratura anche «i laureati che hanno conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata complessivamente non inferiore a cinque anni o la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso di studi non inferiore a quattro anni, con una votazione inedia, calcolata sulla votazione riportata in tutti gli esami sostenuti nell'intero corso di studi universitari necessario per il conseguimento della laurea magistrale o della laurea, in caso di corso quadriennale, pari almeno a 28 trentesimi ed un punteggio della sola laurea magistrale o di laurea, nel caso di laureati all'esito di un corso quadriennale, non inferiore a 107 centodecimi» (articolo 2, comma 1, lettera h) del decreto legislativo n. 160 del 2006 come modificato dall'articolo 1, comma 3, del disegno di legge in materie di riforma dell'ordinamento giudiziario).
Pertanto, non è stata prevista una duplice modalità di accesso, ma uno specifico requisito che consenta ai laureati più meritevoli di poter partecipare direttamente al concorso per l'ingresso in magistratura.
Quanto alla prima osservazione mossa dall'interrogante, che rileva che tale scelta potrebbe agevolare i laureati di quelle università dove le medie dei punteggi sono più elevate, deve rilevarsi che era necessario individuare dei criteri di selezione dei candidati per evitare la presenza di laureati, che, pur non essendo in possesso di idonee conoscenze tecniche, partecipino al concorso per l'accesso in magistratura, rendendo più lunghe e costose le procedure di selezione. In ordine alla difficoltà di conseguimento della media richiesta, per i laureati che abbiano frequentato università asseritamente più selettive, deve rilevarsi come anche per costoro, se in possesso delle necessarie competenze, vi sarà comunque la possibilità di accedere alla magistratura previa proficua frequentazione delle scuole di specializzazione nelle professioni legali o previo conseguimento di uno degli altri requisiti richiesti per l'ammissione al concorso per esami.
Non si comprende, infine, perché le nuove modalità di partecipazione al concorso e di accesso alla magistratura dovrebbero accentuare spinte e concezioni stataliste e burocratiche della magistratura.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
GRIMOLDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli organici del Corpo dei Vigili del Fuoco sono sottoposti ad una crescente pressione, come risultato dei 1.200 pensionamenti perfezionatisi nel 2006, cui seguiranno i 1.500 programmati per il 2007 ed i 2.000 previsti per il 2008, ai quali va aggiunta la perdita del gettito di 4.000 reclute ausiliarie conseguente alla sospensione della leva in tempo di pace;
non risulta attualmente raggiunta neppure la dotazione organica prevista nel lontano 1997, rispetto alla quale mancano tuttora ottocento unità;
a fronte delle gravi lacune citate, il comma 514 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevede l'assunzione di seicento unità soltanto a partire dal 1 luglio prossimo, a parziale reintegrazione dei 1.200 pensionamenti dello scorso anno, oltre ad alcune disposizioni dall'impatto attualmente non quantificabile;
la crisi ha già determinato la decisione di procedere alla chiusura di alcuni distaccamenti permanenti del Corpo, come quelli di Piazza Armerina (Enna), Menaggio (Como) e Saronno (Varese);
le risorse stanziate per il perfezionamento della riforma del Corpo dei Vigili del Fuoco - che prevede la trasformazione da privatistico in pubblicistico del rapporto d'impiego che regola il servizio prestato dai Vigili - sono stimate insufficienti dalle rappresentanze del personale, che chiedono lo stanziamento di almeno ulteriori trenta milioni di euro -:
quale sia l'opinione del Governo in merito alle misure che si ritiene di dover adottare per arrestare la crisi degli organici del Corpo dei Vigili del Fuoco ed assicurare il completamento della sua riforma.
(4-03010)
Risposta. - La questione degli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è tenuta in grande considerazione da questo Governo.
Si è infatti pienamente consapevoli dell'importanza di un organismo che, per compiti istituzionali, provvede in maniera diretta e con l'immediatezza necessaria, alla tutela della vita umana e alla salvaguardia dei beni e dell'ambiente dai danni, o dai pericoli di danni, causati da incendi o da altre situazioni accidentali.
I numerosi obblighi di legge, legati anche all'assolvimento di servizi antincendio in ambito portuale ed aeroportuale, nonché quelli legati al contrasto dei pericoli della radioattività, alla risposta alle emergenze NBCR (Nucleare-Biologico-Chimico Radiologico) ed a quella in caso di calamità, rendono il Corpo nazionale la struttura di riferimento per la cittadinanza in caso di pericolo e richiedono risposte sempre più adeguate alle necessità operative.
Al riguardo, come si è già avuto modo di sottolineare in risposta a precedenti interrogazioni sull'argomento, l'attuale situazione degli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è la conseguenza della mancata autorizzazione, negli ultimi anni, alla copertura dei vuoti in organici (turn-over), che ha prodotto così una progressiva riduzione delle capacità operative del Corpo e della sua presenza sul territorio, a fronte di documentati incrementi delle situazioni potenzialmente pericolose.
È quindi evidente che, l'attuale situazione in cui versa il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è frutto di una disattenzione alle esigenze dell'organico del Corpo stesso perpetuata nelle ultime leggi finanziarie dove, a fronte di sporadici interventi di aumento di organico, non si è provveduto ad una reale copertura dei pensionamenti.
Sotto questo profilo, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) si è avviato un percorso che porterà nel prossimo triennio ad una reale inversione di tendenza sostanziale.
Infatti, con la legge finanziaria, oltre ad allocare le risorse per un'immediata assunzione, entro il 1o luglio 2007, di 600 vigili del fuoco, cui si aggiungeranno ulteriori unità dal fondo appositamente istituito per le assunzioni, è stato avviato un'importante processo che porterà alla stabilizzazione, nel prossimo triennio, di una parte dei vigili del fuoco selezionati tra quei soggetti che prestano servizio volontario nel Corpo nazionale stesso.
Tale importante scelta, oltre ad avviare un processo di stabilizzazione di giovani che prestavano servizio discontinuo nel Corpo nazionale, assicurerà allo Stato l'immissione di personale già altamente qualificato e che quindi potrà immediatamente dare un proprio contributo al fondamentale ruolo del Corpo nazionale preordinato ad assicurare la salvaguardia della vita delle persone.
Inoltre, le cessazioni derivanti dai pensionamenti per limiti di età o su base volontaria in programma tra il 2006 e il 2008, cui si aggiungono quelle derivanti dalla mancata utilizzazione degli ausiliari (ex militari di leva), potranno essere parzialmente bilanciate anche da una maggiore utilizzazione del personale cosiddetto «discontinuo» in forza delle maggiori risorse utilizzabili per il corrente anno.
A ciò va aggiunto che per effetto della legge finanziaria per l'anno corrente, ulteriori unità di personale risulteranno dalla proroga al 30 aprile 2007 delle assunzioni autorizzate per l'anno 2006.
In particolare, è prevista l'assunzione di n. 52 volontari in ferma breve già arruolati dal Ministero della difesa da destinare alla qualifica di vigile del fuoco nonché, da ultimo, l'indizione di un pubblico concorso per la copertura di 814 posti di vigile del fuoco permanente, per il quale è già intervenuta l'autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Nel quadro generale della situazione segnalata dall'interrogante, non risulta a questa Amministrazione la chiusura definitiva di sedi permanenti dei vigili del fuoco ed, in particolare, dei distaccamenti di Piazza Armerina (Enna), Menaggio (Como) e Saronno (Varese), al di là di specifiche situazioni contingenti suscettibili di determinare, in alcuni casi, la sospensione temporanea dal servizio.
In merito alla riforma del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si è certamente consapevoli della necessità di completare il processo avviato con la legge di delega 30 settembre 2004, n. 252, che ha sancito il passaggio del rapporto di impiego del personale dal regime privatistico a quello di diritto pubblico.
Sotto questo profilo, si ricorda e il suddetto personale gode attualmente del trattamento economico previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto delle Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo sottoscritto in data 26 maggio 2004, relativo al quadriennio normativo 2002/2005 e al biennio economico 2002/2003, e dal Contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto in data 7 dicembre 2005, relativo al biennio economico 2004/2005.
Il processo di adeguamento degli aspetti economici e retributivi conseguente al rinnovato assetto ordinamentale introdotto
dal decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 che, per gli aspetti contrattuali, prevede degli autonomi comparti di negoziazione denominati «vigili del fuoco e soccorso pubblico», non ha trovato ancora compiuta attuazione.
In un siffatto quadro normativo, si ricorda che la precedente legge finanziaria, non avendo destinato risorse per il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro non ha consentito l'avvio dell'attività contrattuale con le organizzazioni sindacali. Procedura che, invece, grazie alla legge finanziaria 2007, che ha invece allocato a tal fine le necessarie coperture, è stato possibile avviare proprio nei giorni scorsi.
In tale occasione si valuteranno anche le prospettive di un graduale allineamento retributivo con le altre componenti dello Stato, ad ordinamento civile, anch'esse chiamate ad assicurare la sicurezza della collettività, per il quale si renderanno necessarie ulteriori risorse che, in relazione alla situazione economica del Paese, potranno essere appositamente destinate.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
HOLZMANN. - Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. - Per sapere - premesso che:
lo Statuto di autonomia della provincia autonoma di Bolzano prevede l'obbligo del bilinguismo nella toponomastica;
in una risposta ad una recente interrogazione dell'interrogante il Ministero ha ribadito quest'obbligo;
il quotidiano Alto Adige del 9 agosto 2006 riporta la notizia, a pagina 29, che nel territorio del Parco Nazionale dello Stelvio sarebbe stata apposta una segnaletica monolingue riportante soltanto i toponimi in lingua tedesca -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro per garantire il rispetto dello Statuto in materia di toponomastica bilingue in provincia di Bolzano.
(4-00930)
Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare di sindacato ispettivo in esame sulla base degli elementi forniti dal consorzio Parco nazionale dello Stelvio si rappresenta quanto segue.
Il Consiglio direttivo del suddetto Parco ha articolato la segnaletica nel territorio del parco prevedendo quattro livelli informativi che vanno dal tabellone panoramico (primo livello) al segnavia (quarto livello).
Negli ultimi anni sono iniziate la sostituzione ed il completamento della segnaletica esistente nei tre settori del parco, apportando sui diversi livelli della segnaletica, tra l'altro, il nuovo emblema del Parco Nazionale dello Stelvio ed altre indicazioni ed informazioni. Tutte le indicazioni apportate nei diversi livelli di segnaletica nella Provincia di Bolzano sono bilingui, tranne i segnavia nell'Alta Val d'Ultimo. Infatti, per un mero disguido, la società incaricata dalla competente Amministrazione provinciale di rilevare la rete sentieristica della Provincia di Bolzano per vallate ha confezionato e montato nella citata Val d'Ultimo dei segnavia monolingui.
Accortasi dell'inconveniente, la direzione del Parco ha bloccato la messa in opera degli altri segnavia e, nel contempo, ha affidato la fornitura dei nuovi segnavia bilingui ad una falegnameria costituita da persone portatrici di handicap e gestita dai servizi sociali del comprensorio della Val Venosta.
È ovvio che la produzione giornaliera del laboratorio dei disabili è più bassa rispetto a quella di una ditta specializzata, per cui i tempi di intervento si sono allungati notevolmente.
Tuttavia il dirigente coordinatore del Parco nazionale dello Stelvio ha assunto un formale impegno di portare a termine la sostituzione dei segnavia monolingui nell'Alta Val d'Ultimo, ottemperando all'obbligo del bilinguismo nella materia e non tralasciando gli aspetti della sicurezza in montagna.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali: Linda Lanzillotta.
IANNARILLI. - Al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
la legge 5 febbraio 1992, n. 104 «Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» detta i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata;
l'articolo 3 della legge in esame individua «I soggetti aventi diritto»; nel particolare, rispettivamente il comma 1 individua la «persona handicappata», ed il comma 3 individua quelle «situazioni riconosciute di gravità» le quali determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici;
la differenziazione operata tra persona handicappata e persona handicappata in situazione di gravità si rende necessaria al fine della fruizione delle agevolazioni previste dalla legge de qua;
nel particolare, l'articolo 10 della legge in esame detta norme riguardanti «interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità», mentre l'articolo 12 estende la garanzia del «diritto all'educazione e all'istruzione» «al bambino da 0 a 3 anni handicappato» non necessariamente «in situazione di gravità»;
così anche devono leggersi le prescrizioni dettate dall'articolo 21 «precedenza nell'assegnazione della sede» laddove, in senso estensivo rispetto alla situazione di «gravità» riserva alla persona «handicappata» (non menzionando la situazione di gravità) il diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili;
così come il comma 5 dell'articolo 23 prevede delle sanzioni penali per chi «...omissis discrimina persone handicappate... omissis»;
anche l'articolo 28 riguarda, in senso estensivo, «facilitazioni per i veicoli delle persone handicappate»;
l'articolo 31, al comma 1, riguardo «la riserva di alloggi» differenzia gli interventi in riferimento al fatto se l'acquirente sia handicappato o handicappato in situazione di gravità;
la differenziazione tra handicappato e handicappato in situazione di gravità opera anche nelle norme dettate dall'articolo 33, dove ai commi 1, 3 e 6 le agevolazioni previste per legge vengono operate per le persone con handicap in situazione di gravità;
mentre il comma 5 dell'articolo 33 specificamente individua i destinatari delle agevolazioni «il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente entro il terzo grado handicappato... omissis» non indicando la situazione di gravità come conditio sine qua non per la concessione del beneficio;
ilprincipio generale usato dal legislatore in fase di redazione della legge in fase di interpretazione letterale risponde alla nota massima Ubi voluit dixit...;
risulta invece allo scrivente, che alcune amministrazioni dello Stato riformano autonomamente in pejus il comma 5 dell'articolo 33 della legge in esame riservando «l'agevolazione» solamente «alle situazioni di gravità» -:
se il ministro interrogato ritenga di predisporre un intervento, a mezzo di idonea circolare ministeriale, al fine di ribadire che, al fine della concessione della agevolazione prevista dall'articolo 33, comma 5, legge n. 104 del 1992, fermi restando gli altri requisiti previsti, il requisito dell'assistenza è da riferirsi a persona handicappata e non handicappata in situazione di gravità, così come indicato dalla legge.
(4-02616)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame relativa al diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, diritto riconosciuto al lavoratore, pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado, si rappresenta quanto segue.
La legge 5 febbraio 1992 n. 104, ed in particolare la disposizione dell'articolo 33 hanno esteso alcuni benefici previsti dalla normativa di tutela della lavoratrice madre a coloro che assistono persone handicappate, in specie bambini: in tali casi, per poter attribuire i relativi benefici, occorre preliminarmente accertare che la persona handicappata da assistere sia qualificabile tale anche giuridicamente.
La definizione di persona handicappata è data nell'articolo 3, comma 1, della legge citata, secondo cui «È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».
Tuttavia, occorre aggiungere che la maggior parte dei benefici previsti per l'assistenza delle persone portatrici di handicap sono attribuiti al lavoratore dipendente, a condizione che l'handicap rivesta la situazione di gravità, ossia qualora, secondo quel che precisa l'articolo 3, comma 3: «la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
Tanto rilevato, dal combinato disposto delle norme citate, si evince la distinzione che il legislatore ha voluto effettuare tra situazione di handicap, che non prevede la necessità di assistenza continuativa, globale e permanente, e situazione di handicap grave, che - per le sue caratteristiche - richiede un intervento assistenziale con carattere di continuità nei confronti del soggetto interessato.
In particolare l'articolo 33, comma 5 attribuisce al genitore o familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, sia il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio che quello di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Anche se la disposizione in parola non contempla espressamente il requisito della gravità dell'handicap, tuttavia, non sembra potersi dubitare che la sottintenda. Infatti, il citato articolo 33 nel suo complesso disciplina i benefici relativi all'assistenza prestata a favore di persone con handicap grave, ciò induce a ritenere - secondo un'interpretazione sistematica della disposizione - che anche la disciplina sui trasferimenti riguardi quei lavoratori dipendenti chiamati ad assistere handicappati in situazioni di gravità.
Si rileva altresì che, a rafforzare tale interpretazione della norma, appare dirimente la formulazione del comma 7 dello stesso articolo 33, il quale - nell'estendere agli affidatari le disposizioni contenute nei precedenti commi - fa espressamente riferimento agli «affidatari di persone handicappate in situazione di gravità». Non potendosi, quindi, ritenere che, in proposito, sussista una discriminazione del regime applicabile agli affidatari, pare corretto interpretare il comma 5 del medesimo articolo nel senso che - sebbene la specificazione non sia espressamente prevista - lo stesso faccia riferimento a coloro che assistono una persona handicappata in situazione di gravità.
Per le suddette ragioni si intende confermare l'interpretazione restrittiva fino ad ora fornita della norma in questione. Tuttavia, considerato che la disciplina della citata legge n. 104 del 1992, considerata nel suo complesso, riguarda tanto il settore del lavoro pubblico che quello del lavoro privato, materia quest'ultima di competenza del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, si rinvia ad una eventuale diversa valutazione della questione da parte del medesimo Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel senso auspicato dall'Onorevole interrogante.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
LEONI e RUGGHIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel territorio laziale che comprende Anzio, Nettuno, Ardea e Pomezia operano diverse e agguerrite consorterie mafiose, tra le quali spiccano per pericolosità il clan Gallace-Novella, gruppi legati alla 'ndrangheta calabrese e l'associazione criminale guidata dal trafficante internazionale di stupefacenti Franco D'Agapiti, personaggio di notevole spessore criminale che è stato al centro di un'importante inchiesta coordinata dalla procura di Velletri;
la presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso sul territorio è stata inoltre dimostrata dalle infiltrazioni che hanno condotto allo scioglimento del consiglio comunale di Nettuno;
anche nella vicina Ardea da tempo opera una commissione d'accesso con il compito di verificare l'esistenza di infiltrazioni mafiose;
recentemente i quotidiani Il Messaggero e Cinque giorni hanno pubblicato una dettagliata lettera dell'Associazione coordinamento antimafia Anzio-Nettuno indirizzata al Presidente della Repubblica e al guardasigilli, che denuncia la grave situazione degli organici della procura e del tribunale di Velletri;
il tribunale di Velletri, infatti, è competente per un territorio ove, secondo il censimento del 2001, risultano residenti 497.383 persone;
si tratta di un territorio che rappresenta il primo bacino di utenza in ordine di consistenza dopo quelli di Roma e Firenze, e nel quale, nel giro di pochi anni, il numero dei procedimenti penali si è quadruplicato;
attualmente risultano scoperti circa il 12 per cento dei posti relativi alla pianta organica del personale amministrativo del tribunale, che prevederebbe l'impiego di circa cinquanta persone;
per quanto concerne l'organico della procura risulta invece vacante un posto di sostituto procuratore e uno di procuratore aggiunto;
ad oggi, dunque, solo 40 posti dell'intera pianta organica risultano coperti, ma si stima che nei prossimi mesi, per un cumularsi di pensionamenti e maternità, il personale si ridurrà ulteriormente;
in tale contesto risultano inoltre estremamente diminuite le risorse finanziarie a disposizione del tribunale e della procura in questione, e il rapporto tra magistrati in servizio e personale amministrativo appare decisamente insufficiente a coprire le esigenze di un territorio così vasto ed impegnativo;
il 13 giugno 2006 era prevista, presso il tribunale di Velletri, la prima udienza del processo a carico di Agazio Gallace ed altri imputati per associazione a delinquere di tipo mafioso e per altri gravi reati;
appare strategico, sia dal punto di vista dell'efficacia processuale che dal punto di vista dell'economicità, che si possano celebrare processi di questo tipo utilizzando lo strumento della video conferenza;
in tali condizioni di carenza di organico e di scarsità di fondi, con la conseguente ridotta funzionalità del tribunale e della procura, questo importante procedimento (così come altri significativi processi inerenti al traffico di stupefacenti e a reati contro la pubblica amministrazione) rischia di incontrare serie difficoltà -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti, e quali iniziative intenda adottare per rafforzare gli organici del personale amministrativo della procura e del tribunale di Velletri;
se non ritenga urgente, al fine di contrastare l'aggressione da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso al territorio laziale riconducibile alla procura di Velletri, di dover dotare
gli uffici in questione di adeguate risorse finanziarie.
(4-00294)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che dall'analisi degli organici del personale amministrativo del Tribunale e della Procura della Repubblica di Velletri emerge che nel primo, a fronte delle 105 unità previste in pianta organica, le risorse umane attualmente presenti sono 92, tenuto conto di 1 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili, 2 centralinisti non vedenti ed 8 unità in soprannumero (1 operatore giudiziario B2, 3 operatori giudiziari B1 e 4 ausiliari A1). Lo scorso mese di dicembre, infatti, hanno assunto servizio 4 cancellieri C1 attinti dagli idonei del concorso per ufficiale giudiziario bandito nel 2002 e per i quali era stata autorizzata l'assunzione come cancellieri, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 96, lettera c), della legge n. 311 del 2004.
Inoltre, si fa presente che un ulteriore posto di cancelliere C1 potrà essere coperto con il trasferimento di un dipendente che ha partecipato all'interpello straordinario pubblicato nel settembre 2006 ai sensi dell'articolo 19 dell'accordo del 28 luglio 1998, in previsione delle suindicate assunzioni.
Nella locale Procura, il cui organico è di 50 unità, prestano servizio 39 risorse umane, considerati 1 centralinista non vedente ed un cancelliere C1 in soprannumero.
Dei posti complessivamente vacanti, una parte è stata istituita o aumentata con il decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria in funzione delle procedure di riqualificazione (si tratta, nello specifico, di 6 posti di cancelliere C2, 3 di cancelliere B3, 5 di operatore giudiziario B3 ed 1 di contabile B3 nel Tribunale nonché 4 di cancelliere C2 e 3 di operatore giudiziario B3 nella Procura).
In relazione alle problematiche connesse con le procedure di riqualificazione, occorre rilevare che le numerose decisioni emanate sia dai giudici del lavoro sia da quelli amministrativi hanno determinato un blocco nelle procedure di copertura di tutti i posti vacanti.
Tale situazione ha reso impossibile, in particolare, provvedere alla copertura dei posti relativi alle figure professionali e posizioni economiche introdotte ex novo (nel caso specifico si tratta dei posti di operatore giudiziario B3, 5 al Tribunale e 3 alla Procura), in quanto allo stato non esiste personale in servizio.
Il blocco delle procedure di riqualificazione ha determinato, pertanto, uno slittamento dei tempi previsti per la copertura della vacanze esistenti, al quale non è possibile ovviare neppure con il ricorso a nuove assunzioni, poiché continuano a persistere le limitazioni al reclutamento di personale previste dalle normative vigenti.
Negli ultimi due anni, in particolare, questa Amministrazione è stata autorizzata ad assumere un limitato numero di unità che peraltro, nel 2005 sono state riservate dalla legge 311 del 2004 esclusivamente ai vincitori ed idonei del concorso a 443 posti di ufficiale giudiziario C1, bandito nel 2002. Per il 2006 è stata autorizzata l'assunzione di sole 99 unità complessive, a fronte di oltre 5.000 vacanze.
Tenuto conto dei limiti di operabilità sopra descritti, non appare opportuno attivare procedure di interpello nazionale per la copertura dei posti vacanti, in quanto ne conseguirebbe solo uno spostamento geografico delle scoperture, senza risolvere il problema generale della carenza di personale.
In tale contesto, per assicurare la funzionalità dei servizi negli uffici in esame, con particolare riferimento a quelle figure professionali la cui carenza determina maggiori criticità, assume particolare rilievo lo strumento dell'applicazione di personale in ambito distrettuale, ai sensi dell'articolo 18 dell'accordo sulla mobilità interna del personale, sottoscritto con le organizzazioni sindacali il 28 luglio 1998.
Tale istituto, infatti, consentendo al Presidente della Corte di Appello ed al Procuratore generale, nell'ambito del potere di vigilanza che compete loro, di disporre
applicazioni di personale sulla base della comparazione delle diverse esigenze rappresentate dagli uffici sottordinati, costituisce di fatto lo strumento più rapido di redistribuzione delle risorse umane esistenti.
Peraltro, proprio in considerazione della rilevanza di tale istituto è stata emanata la circolare n. 2/5-S-448 del 7 aprile 2000 dell'allora Direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali, in cui si chiarisce che il ricorso all'applicazione, in quanto connesso alle esigenze di copertura delle vacanze degli organici, è ammesso anche per periodi di tempo particolarmente lunghi.
Si rappresenta che per venire incontro alle esigenze prospettate si fornisce la massima disponibilità a valutare favorevolmente eventuali richieste di comando da parte di personale che provenga da amministrazioni del Comparto Ministeri (allo stato non risultano pervenute istanze in tal senso).
Relativamente ai fondi per la dotazione agli uffici giudiziari di apparati di videoconferenza, si evidenzia che la medesima è subordinata alla richiesta da parte della Corte di Appello competente o da parte dello stesso ufficio interessato, recante in allegato parere favorevole del Presidente della Corte di Appello.
Allo stato, non risulta pervenuta alla competente Direzione generale alcuna richiesta di dotazione di apparati di videoconferenza per il Tribunale di Velletri.
Per quanto riguarda, invece, la diminuzione di fondi sui capitoli gestiti dalla Direzione generale delle risorse, si specifica che gli stanziamenti sui rispettivi capitoli per l'anno 2006 sono stati ridotti, mediamente, del 50 per cento circa e per alcuni capitoli anche in una percentuale superiore e, pertanto, è stato necessario apportare una corrispondente riduzione nella distribuzione dei fondi ad ogni singolo funzionario delegato.
Va, peraltro, sottolineato che grazie anche ai fondi resi disponibili in fase di assestamento di bilancio alla fine dell'anno passato, per l'assistenza e l'acquisto di materiale per il funzionamento delle fotocopiatrici e delle apparecchiature fax di proprietà dell'Amministrazione (sul capitolo 1468 nel 2006) è stato possibile accreditare alla Corte di appello di Roma l'importo complessivo di 684.950 euro, di cui 50.000 euro per soddisfare debiti contratti nell'anno 2005. Relativamente alle spese di ufficio (cap. 1469), nel 2006 è stato accreditato alla Corte di appello di Roma l'importo complessivo di 455.000 euro, di cui 172.314,77 euro per soddisfare i debiti contratti nell'anno 2005.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
LISI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i ricercatori precari sono soggetti che forniscono a titolo precario attività di ricerca e didattica negli atenei e negli Enti di Ricerca, suddivisi in una variegata galassia: assegnisti di ricerca, borsisti post-laurea, borsisti post-dottorato, collaboratori coordinati e continuativi, a progetto ed occasionali, professori a contratto, ricercatori a tempo determinato;
nelle Università italiane i ricercatori precari sono circa cinquantamila (dottorandi esclusi) e costituiscono oltre il quaranta per cento del personale complessivo che si dedica alla ricerca e alla didattica, fornendo circa il cinquanta per cento dell'attività scientifica;
senza l'apporto dei ricercatori precari - che spesso includono persone di elevata professionalità che hanno alle spalle anche più di dieci anni di esperienza - l'Università pubblica italiana non potrebbe espletare i suoi compiti istituzionali, dal momento che il personale ricercatore e docente strutturato è numericamente carente;
da sempre i ricercatori precari si battono per ottenere il riconoscimento effettivo di alcuni diritti fondamentali quali un'adeguata retribuzione, la copertura dei periodi di assenza per malattia, la sicurezza sui luoghi di lavoro, il rimborso delle spese per missioni, il diritto di rappresentanza
e di voto negli organi degli atenei, e la possibilità di fruire di servizi quali le mense, i buoni pasto, o le convenzioni per asili;
a giudizio dell'interrogante, i fondi destinati al reclutamento straordinari previsti nella Finanziaria attualmente all'esame del Parlamento - per la copertura di circa 2.000 posti in tre anni - sono del tutto insoddisfacenti ed inadeguati -:
quali iniziative intenda assumere al fine di realizzare, da un lato una progressiva diminuzione delle figure e delle tipologie di impieghi precari nel settore, e, dall'altro la stabilizzazione di questi lavoratori, affinché sia garantito ai ricercatori precari il soddisfacimento dei più elementari diritti, quali sono quelli citati in premessa.
(4-01874)
Risposta. - In relazione alle problematiche sollevate dall'interrogante, si riferisce che le disposizioni contenute nelle «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», per quanto riguarda le previsioni relative ai ricercatori universitari, sono state formulate sulla base delle risorse messe a disposizione dal Ministero dell'economia e finanze, in relazione alle disponibilità di bilancio.
Pertanto l'articolo 1, ai commi 648 e 650, della legge finanziaria 2007, al fine di consentire il reclutamento straordinario di ricercatori definisce un numero aggiuntivo di posti da assegnare alle università e da coprire con concorsi da bandire entro il 30 giugno 2008. L'onere viene assicurato nel limite di 20 milioni di euro per l'anno 2007, 40 milioni per l'anno 2008 e 80 milioni per l'anno 2009.
Ulteriori disposizioni a favore degli atenei potranno essere introdotte nella prossima legge finanziaria, dopo che il Ministero dell'economia e delle finanze avrà assegnato le risorse necessarie per l'assunzione di un maggior numero di ricercatori.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
LOCATELLI e ZIPPONI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la direttrice 17 Milano-Treviglio-Brescia è una delle principali linee della rete ferroviaria in quanto posta a collegamento di un territorio contrassegnato da una fortissima domanda dì mobilità;
lo stato delle infrastrutture e dei servizi della suddetta linea ferroviaria in base a numerosissime segnalazioni e proteste di lavoratori ed utenti, risulta inadeguato e carente in relazione alla domanda di trasporto in essere. In particolare i problemi riguardano l'obsolescenza e la carenza di manutenzione del materiale rotabile IR e Intercity (vagoni vecchi e sporchi, carrozze non climatizzate, eccetera), carrozze insufficienti e strapiene, locomotori inaffidabili, treni che viaggiano a rilento, fasce orarie scoperte;
in presenza di continuo aumento del traffico e della mobilità che insiste sul territorio diviene quanto mai necessario andare ad un rafforzamento della competitività del trasporto ferroviario con particolare riferimento al trasporto pendolare. In particolare per l'effettivo potenziamento sulla linea ferroviaria esistente le richieste delle associazioni dei pendolari vanno nel senso di una conclusione dei lavori di quadruplicamento del tratto Piotello-Treviglio e del raddoppio del tratto Treviglio-Brescia -:
quali iniziative si intenda intraprendere per andare alla soluzione dei problemi che intaccano l'affidabilità e ostacolano lo sviluppo della direttrice 17;
quale sia lo stato di avanzamento dei lavori di quadruplicamento Piotello-Treviglio e se non si intenda operare per il raddoppio del tratto Treviglio-Brescia al fine di rispondere alla domanda di potenziamento delle rete ferroviaria esistente.
(4-01627)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei
Ministri pervenuta il 17 gennaio 2007, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il quadruplicamento della linea ferroviaria fra Milano Lambrate e Pioltello Limito è da tempo aperto all'esercizio.
Per quanto riguarda il quadruplicamento della tratta Pioltello-Treviglio, si comunica che nel prossimo mese di giugno verrà attivata la «prima fase minima funzionale» che consentirà un parziale utilizzo della tratta, mentre il completamento dell'intervento dovrà essere realizzato entro il primo trimestre del 2008.
Relativamente alla tratta Treviglio-Brescia, Ferrovie dello Stato riferisce che, nel dicembre 2003 e nell'ambito dell'iter autorizzativo previsto per i progetti di Legge Obiettivo, il CIPE ha approvato, con prescrizioni e raccomandazioni, la progettazione preliminare della nuova linea AV/AC Milano-Verona che include il quadruplicamento della tratta Treviglio-Brescia comprensivo delle interconnessioni di Brescia Est e Brescia Ovest; allo stato la progettazione definitiva delle opere è in via di completamento.
A seguito della richiesta effettuata da parte del Ministero delle infrastrutture di una rielaborazione del progetto definitivo della tratta Treviglio-Brescia, questo sarà ripresentato per l'avvio dell'iter approvativo ai sensi dell'articolo 166 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (già articolo 4 del decreto legislativo n. 190 del 2002) entro il prossimo mese di luglio e farà seguito apposita conferenza di Servizi. Qualora non insorgano difficoltà o ritardi negli iter autorizzativi e di finanziamento, l'attivazione è programmata per il dicembre 2013.
Per quanto riguarda le condizioni di pulizia e di manutenzione del materiale rotabile, si fa presente quanto segue.
In merito al comfort ed al decoro dei treni interregionali in servizio sulla Direttrice 17 Lombardia Milano-Treviglio-Brescia, la società Ferrovie dello Stato fa presente che i vagoni vengono sottoposti normalmente ad interventi manutentivi ogni quattro giorni solari.
In particolare il programma di intervento prevede:
il controllo degli organi di sicurezza;
la verifica del corretto funzionamento dei componenti di bordo, quali porte interne ed esterne, luci, climatizzazione/riscaldamento, eccetera;
il ripristino delle avarie segnalate.
Va altresì sottolineato che sono previsti accurati interventi manutentivi ogni due giorni per i nuovi treni Vivalto - specializzati per il trasporto pendolari - ed ogni tre giorni per le carrozze a doppio piano recentemente ristrutturate, trainati entrambi locomotive E 464. Per le carrozze a doppio piano tradizionali e per i complessi Ale 582, invece, vengono programmati interventi di manutenzione, rispettivamente, ogni tre ed ogni quattro giorni.
Al fine di migliorare il servizio ed ottenere apprezzabili risultati in tempi brevi, Ferrovie dello Stato provvede a coinvolgere attivamente le imprese affidatarie dei servizi di pulizia attraverso incisivi interventi sul materiale rotabile, nel rispetto degli standard di qualità determinati nel contratto ed in linea con le aspettative della clientela.
In particolare, il materiale rotabile in composizione ai treni interregionali in servizio sulla linea Milano-Treviglio-Brescia, viene sottoposto giornalmente ad un intervento di pulizia che consiste nella completa pulitura e lavaggio dei pavimenti, cestini porta rifiuti, toilette ed alla aspirazione e pulitura dei sedili; con cadenza settimanale, inoltre, lo stesso materiale viene sottoposto ad un intervento di pulizia più radicale durante il quale sono previste anche la pulitura delle pareti interne, delle foderine dei sedili ed il lavaggio esterno cassa. La società Ferrovie dello Stato comunica che per il materiale in composizione agli altri convogli regionali - quali i nuovi treni Vivalto - vengono effettuati interventi di pulizia quotidiani, mentre per le carrozze a doppio piano, sia quelle ristrutturate che tradizionali, e per i complessi Ale 582 sono previsti interventi di pulizia a cadenza bi-giornaliera.
In merito alle fasce orarie non coperte dal servizio dei collegamenti ferroviari, si evidenzia che la programmazione dei servizi regionali è di competenza delle singole
Regioni essendo, difatti, i rapporti tra la società ferroviaria e l'ente locale disciplinati da un apposito Contratto di Servizio.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LOCATELLI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia e la provincia di Varese hanno presentato un progetto per la realizzazione del collegamento ferroviario Arcisate-Stabio «Ticino- CH» sulla base della considerazione che saremmo in presenza di una infrastruttura che porterà grandi benefici alla Valceresio;
la tratta ferroviaria Arcisate «Va»- Stabio «Ticino-CH» rappresenterebbe un'opera di raccordo a due binari di circa 3,6 chilometri, in parte in galleria e in parte in viadotto, che dovrebbe consentire di connettere le linea ferroviaria Varese- Porto Ceresio all'altezza di Arcisate, con il tronco ferroviario Stabio-Mandrisio, attualmente non in funzione e non adeguato per il traffico per un totale dell'opera di circa 7 chilometri con un costo della stessa di 203 milioni di euro;
tale opera dovrebbe attraversare due centri densamente abitati: comune di Arcisate e quello di Induco Olona;
il traffico previsto è per un totale di sedici ore al giorno, circa un treno ogni sette minuti, non essendo al contempo chiari, la destinazione e se si tratti di trasporto passeggeri o merci;
dal punto di vista ambientale ed ecologico la tratta attraverserebbe la valle della «Bevera» con dei piloni in altezza e in profondità notevoli, tenuto conto che siamo in presenza di un ambiente naturale di notevole pregio, oasi ecologica da tutelare per la presenza della falda acquifera che alimenta in parte l'acquedotto di Varese;
resta da chiarire, in relazione all'intera linea attuale Varese-Porto Ceserio, la destinazione del tronco da Arcisate a Porto Ceserio;
negli anni sono stati sollevati, da parte di cittadini, partiti e associazioni, molti dubbi circa la necessità di realizzare tale opera, in particolare evidenziando delle possibili contraddizioni sull'impatto urbanistico e sui rischi e benefici dell'opera;
tali dubbi e perplessità nascono anche dalla considerazione che la linea ferroviaria Varese-Porto Ceresio, che svolge un importante ruolo di trasporto passeggeri da e per la Valceresio, negli ultimi anni non è stata oggetto di interventi diretti alla sua riqualificazione e potenziamento. Al contrario la tendenza è quella di un progressivo abbandono delle infrastrutture a partire dalle eliminazioni delle stazioni, con gravi disagi per gli utenti la maggior parte studenti e pendolari -:
se il Ministro intenda, per quanto di sua competenza, provvedere ad una sospensione dell'iter procedurale relativo alla realizzazione del collegamento ferroviario Arcisate - Stabio al fine di permettere una reale consultazione delle popolazioni locali e una scelta condivisa, effettuando anche una valutazione ambientale strategica sul suo impatto in sede locale;
se il Ministro non ritenga più utile alla comunità della Valceresio il potenziamento e la riqualificazione della linea linea ferroviaria Varese-Porto Ceresio -:
quale sia l'effettivo utilizzo della tratta Arcisate-Stabio in relazione al traffico merci o passeggeri;
(4-02916)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il nuovo collegamento ferroviario transfrontaliero Arcisate-Stabio tratta Arcisate-Confine, fa conoscere la società Ferrovie dello Stato, è parte del più ampio e completo programma di collegamento ferroviario transfrontaliero, dedicato al trasporto passeggeri, tra Lugano-Mendrisio in territorio svizzero e Varese-Gallarate-Aeroporto della Malpensa.
Tale programma è individuato nell'Accordo Quadro tra la Repubblica Italiana, il Cantone del Ticino e la Regione Lombardia del 25 luglio 2000 e sviluppato in forza della Convenzione Operativa del 2 ottobre 2000, con la quale è stata estesa alle rispettive ferrovie la partecipazione a detta iniziativa all'interno di un apposito comitato di coordinamento all'uopo costituitosi (Italia e Cantone del Ticino, Regione Lombardia, Ferrovie Federali Svizzere e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.).
Il progetto è coerente con la programmazione regionale e risulta in particolare incluso nel Piano Straordinario per lo Sviluppo delle Infrastrutture Lombarde 2002/2010 nonché nel Programma Regionale di Sviluppo della VII Legislatura, approvato con deliberazione del Consiglio regionale del 10 ottobre 2000.
Il progetto risulta parimenti inserito nei seguenti documenti:
«Accordo di Programma Quadro in materia di trasporti - Realizzazione di un sistema integrato di accessibilità ferroviaria e stradale all'aeroporto di Malpensa 2000» stipulato in data 1o settembre 1999 tra il Governo della Repubblica e la Giunta della Regione Lombardia;
«Protocollo di intesa per la definizione degli interventi di sviluppo del sistema ferroviario lombardo e della sua integrazione nella rete europea», sottoscritto in data 4 luglio 2002 dalla Regione Lombardia e dalla Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.;
I Programma delle infrastrutture strategiche approvato dal CIPE nella seduta del 21 dicembre 2001 e nell'«Intesa Generale Quadro», sottoscritta l'11 aprile 2003 tra Governo e Regione Lombardia, in attuazione della Legge n. 443 del 2001 (Legge Obiettivo).
La decisione di promuovere la progettazione e realizzazione del nuovo collegamento ferroviario risponde ai diversi obiettivi di creare un efficiente servizio di trasporto locale e regionale fra i poli di Varese, Como e Lugano, garantire la possibilità di un collegamento tra le linee del Gottardo e del Sempione, via Gallarate e consentire un collegamento con l'aeroporto di Milano Malpensa da nord (area varesina e Cantone del Ticino).
Il progetto riveste pertanto una valenza strategica esclusivamente per il traffico viaggiatori e non rappresenta quindi una linea a valenza di trasporto delle merci, anche in relazione alla pendenza massima della linea pari al 23 per cento circa, di molto superiore rispetto allo standard massimo ammesso per linee merci (12 per cento). Tale servizio viaggiatori da e per Mendrisio/Lugano, si completerà con relazioni sempre viaggiatori, già in essere, da e per Porto Ceresio.
La linea è stata sottoposta a Valutazione di Impatto Ambientale e ha conseguito parere positivo con prescrizioni da parte della Regione Lombardia nell'ambito dell'iter approvativo del progetto preliminare. Dal punto di vista del tracciato, il CIPE, nella suddetta fase di approvazione, ha prescritto che il progetto definitivo preveda l'abbassamento del piano del ferro tra i Comuni di Induno Olona e Arcisate; in tali ambiti urbani, quindi, il tracciato risulta in trincea profonda o galleria artificiale, con evidenti risvolti positivi dal punto di vista acustico e ambientale.
Relativamente all'aspetto «partecipativo» della fase propedeutica all'avvio della progettazione, si segnalano le principali attività/iniziative messe in campo da Regione Lombardia, RFI, Cantone Ticino e FFS per una trasparente comunicazione e informazione sul progetto e sui suoi obiettivi:
14 dicembre 2000 presso la Provincia di Varese: Giornata d'informazione di tutti gli enti Svizzeri ed Italiani interessati al progetto (Comuni di Varese, Arcisate, Besano, Bisuschio, Cantello, Clivio, Induno Olona, Porto Ceresio, Viggiù, Mendrisio, Rancate, Ligometto, Genestrerio, Stabio; Province di Varese e di Como, Comunità Montana Valceresio, Commissione regionale dei trasporti del Mendrisiotto e Regio Insubrica);
16 giugno 2001 ad Arcisate: Incontro con la Comunità Montana Valceresio;
16 giugno 2001 a Cantello: Incontro con il Comune;
17 giugno 2001 a Induno Olona: Incontro con il Comune;
18 giugno 2001 a Arcisate: Incontro con il Comune;
19 giugno 2001 a Varese: Incontro con la Provincia di Varese;
27 marzo 2002 presentazione a Varese agli enti italiani della prima fase di progetto (in particolare scelta tracciato). Enti coinvolti: Comuni di Varese, Arcisate, Besano, Bisuschio, Cantello, Clivio, Induno Olona, Porto Ceresio, Viggiù, Province di Varese e di Como, Comunità Montana Valceresio.
Marzo-giugno 2002: Procedura di consultazione sulla prima fase di progetto: sul lato italiano oltre agli enti invitati alla presentazione, la consultazione ha coinvolto anche i Comuni di Gallarate e Busto Arsizio.
Maggio 2002: Conferenza stampa a Mendrisio.
Dicembre 2002: Trasmissione del rapporto sulla consultazione a tutti gli enti coinvolti.
Marzo 2003: Trasmissione del progetto preliminare ai Comuni e Soggetti coinvolti.
A valle della trasmissione del progetto preliminare, è stata condotta dalla Regione Lombardia l'istruttoria finalizzata all'espressione del proprio parere sul progetto, ai sensi del decreto legislativo n. 90 del 2002 che ha visto il coinvolgimento ufficiale di tutti i Comuni e soggetti interessati, anche attraverso espressioni formali dì parere (Delibere Comunali).
Le osservazioni dei Comuni hanno trovato recepimento nella Delibera regionale (DGR VII/13425 del 20 giugno 2003) e nella Delibera CIPE di approvazione del progetto preliminare, avvenuta il 20 dicembre 2004 (pubblicata su GU dell'11 maggio 2005).
Ad aprile 2007, RFI ha completato la progettazione definitiva, ora in corso di esame per la successiva trasmissione al Ministero delle infrastrutture e, a seguire, al CIPE.
Da ultimo si segnala che, parallelamente, sono in corso da parte di FFS le attività progettuali relative alla parte di tracciato ricadente in territorio svizzero. L'Ufficio federale dei trasporti ha già approvato il piano di reperimento dei fondi per la realizzazione del tratto in territorio svizzero.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LONGHI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le Ferrovie dello Stato hanno costruito e messo in esercizio un passante-bretella che collega il bacino portuale di Genova-Pra-Voltri con linee ferroviarie diverse da quella costiera e direttamente collegate con la pianura padana;
tale opera, giustamente ritenuta di fondamentale importanza, sia per contenere il trasporto su gomma dei container movimentati in misura sempre crescente nel citato bacino portuale sia per evitare intasamenti sulla linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, è costata alcune centinaia di milioni di (si parla di 450 miliardi di vecchie lire);
di fatto essa appare inutilizzata in quanto vi transitano poche unità di treni al giorno;
in conseguenza di ciò, il traffico veicolare sulla Via Aurelia e sul corrispondente tratto dell'autostrada presenta sin d'ora non sopportabili aspetti di congestione, tali comunque da impedire un pur auspicato aumento dei traffici marittimi;
in definitiva, la costruzione e la messa in esercizio del passante ferroviario in questione in rapporto a tanto esiguo utilizzo sembra costituire un vero spreco del pubblico denaro;
nella precedente legislatura, gli onorevoli Acquarone, Burlando e Mazzarello avevano presentato un'interrogazione dal contenuto identico alla presente -:
quali azioni il Ministero delle Infrastrutture e il ministro dei Trasporti intenda
intraprendere con urgenza per porre fine alla descritta situazione che le popolazioni interessate giudicano a dir poco scandalosa e far sì che una delle poche opere ferroviarie progettate ed ultimate in Liguria possa assolvere alla funzione del pubblico interesse posta a base della sua realizzazione;
quali atti - sulla base di quanto risulti dagli atti depositati presso i ministeri - abbia fatto il precedente governo e quali azioni intenda intraprendere l'attuale governo.
(4-02424)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ferrovie dello Stato s.p.a. fa conoscere che l'esecuzione dei potenziamenti infrastrutturali connessi con la realizzazione della linea Voltri-Borzoli-Ovada trova il suo fondamento tecnico-funzionale nello sviluppo previsto del traffico merci proveniente dal Porto di Voltri e, in particolare, per quello da istradare sulla direttrice Genova-Alessandria-Domodossola-Friburgo, apprendo così un corridoio modale dedicato alle relazioni tra il Porto di Voltri con l'Italia Nord Occidentale, la Svizzera e la Germania meridionale, permettendo altresì l'inoltro di container High Cube.
I dati attuali evidenziano che:
la crescita dei volumi del porto di Voltri non registra incrementi significativi nel corso degli ultimi 7 anni;
il traffico merci verso l'Italia nord-occidentale ed il Centro Europa rappresenta una parte marginale del volume movimentato nel porto di Genova;
l'80 per cento del traffico risulta orientato verso la Lombardia, l'Emilia ed il Triveneto, destinazioni che impegnano altre direttrici;
la percentuale di High Cube utilizzati nel trasporto intermodale, pur essendo in aumento, si attesta ancora su valori relativamente contenuti.
Solo di recente, con l'ampliamento della capacità del Porto di Voltri (6o modulo) e l'acquisizione da parte dello stesso di nuove linee di navigazione e relativi servizi, si sono registrate percentuali d'incremento significative.
A fronte di ciò si registra una proporzionale crescita della quota modale ferroviaria, che oggi prevede una programmazione di circa 130 treni settimanali in arrivo partenza dallo scalo di Voltri, con un incremento del 30 per cento rispetto ai volumi 2006.
Questo risultato è stato raggiunto utilizzando maggiormente la linea Ovada-Alessandria, che vede oggi programmati 68 treni/settimana: di questi, 56/settimana hanno come origine/destino il Porto di Genova, mentre i treni da/per Voltri, (cioè quelli "visibili" sulla bretella Voltri-Borzoli), sono 52/settimana (4 hanno origine/destino nel porto storico di Genova) ossia il 40 per cento del totale.
Ulteriori incrementi potranno essere conseguiti con il completamento degli interventi infrastrutturali previsti per il Nodo di Genova (in particolare lo spostamento a mare della linea tra Voltri e Pegli, l'ampliamento della stazione di Voltri-Mare, la realizzazione del by pass di via Borzoli) ed il completamento del raddoppio della linea Genova-Ventimiglia, permettendo, da un lato, l'utilizzo della bretella in questione per l'inoltro dei treni provenienti da Savona e dalla Francia, dall'altro di alleggerire il nodo genovese, liberando capacità per il traffico metropolitano e merci originato dal Porto Storico.
La prevista realizzazione del retroporto ad Alessandria, trova infine naturale collegamento con lo scalo portuale, nella linea ferroviaria in oggetto.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LONGHI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 novembre 1995, n. 481, ha istituito le Autorità di regolazione dei
servizi di pubblica utilità stabilendone i principi generali (articolo 2, comma 2) e disciplinando in particolare il settore dell'energia elettrica ed il gas (articolo 3);
lo stesso articolo 2 nel fissare detti principi generali prevede che:
comma 3 (testualmente) «Al fine di consentire una equilibrata distribuzione sul territorio italiano degli organismi pubblici che svolgono funzioni di carattere nazionale, più Autorità per i servizi pubblici non possono avere sede nella medesima città». Coerentemente con tale disposizione il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 1996 ha fissato a Milano la sede dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas;
comma 7 (testualmente) «Ciascuna Autorità è organo collegiale costituito dal presidente e da due membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente...» (attualmente Ministro dello sviluppo economico);
comma 11 (testualmente) «Le indennità spettanti ai componenti le Autorità sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del tesoro» (ora Ministro dell'economia e delle finanze);
il comma 38, lettera b), che fissa i criteri di finanziamento dell'Autorità prevede che: «A decorrere dal 1996, mediante contributo di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio, versato dai soggetti esercenti il servizio stesso...». Il successivo comma 40 prevede che «le somme di cui al comma 38, lettera b), afferenti all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas sono versate direttamente ai predetti enti»;
la prima terna di componenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (nel seguito definita AEEG), secondo quanto si legge sul sito web dell'Autorità, esercitò le funzioni nel periodo 4 dicembre 2003-luglio 2004. La terna successiva fu nominata senza soluzione di continuità con la precedente, ma, nel luglio del 2004, uno dei membri dette le dimissioni;
la legge n.239 del 2004 ha previsto di portare il numero dei membri del collegio dell'Autorità da tre a cinque, ma, la norma non ha trovato applicazione ed, attualmente, il collegio dell'Autorità è composto da soli due componenti non essendo stato sostituito il membro a suo tempo dimissionario;
nella vicenda si inserisce il disegno di legge n. 691 «Delega del Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell'energia elettrica e del gas naturale...» che, tra l'altro, è volto a riportare il numero dei membri dell'Autorità da cinque a tre;
esaminando i dati gestionali dell'Autorità nei vari anni si rileva che:
il rendiconto della gestione 2003 segnala per il collegio dell'Autorità (tre membri) una spesa globale di 1.038.000 euro (compensi) e di 600.000 euro (oneri previdenziali ed assicurativi) per una media pro capite rispettivamente di 346.000 e 200.000 euro (si usa il valore medio per semplificazione, ma, in realtà l'emolumento del presidente supera l'emolumento dei membri);
il rendiconto della gestione 2004 segnala per il collegio dell'Autorità una spesa globale di 1.070.000 euro (compensi) e di 690.000 euro (oneri previdenziali ed assicurativi). Sembrerebbe quindi che l'aumento dei compensi del collegio sia limitato a soli 32.000 euro. In realtà come si è detto in precedenza uno dei membri del collegio, ha lasciato la carica dopo il primo semestre 2004 e quindi facendo una media, sia pure approssimata, il compenso pro capite sale a 428.000 euro/anno (compensi) e 276.000 (oneri previdenziali ed assicurativi);
il rendiconto della gestione 2005 vede, per il collegio dell'Autorità (che per effetto del membro dimissionario si compone di sole due unità) un compenso di 875.000 euro oltre a 220.000 per gli oneri
previdenziali con una media pro capite rispettivamente di 437.500 e 110.000 euro/anno;
il bilancio di previsione 2006 prevede un aumento delle spese per il collegio dell'Autorità di 990.000 euro per il compenso e di 60.000 euro per gli oneri previdenziali portando la cifra globale rispettivamente a 2.282.000 euro e 280.000 euro. In questo caso l'aumento è motivato dall'aumento del numero dei membri da tre a cinque secondo quanto previsto dalla legge 239/2004. La previsione definitiva per l'anno 2005 è di 875.000 euro e di 220.000 euro rispettivamente per compensi ed oneri previdenziali come del resto evidenziato nel rendiconto 2005;
il bilancio di previsione 2007 propone un aumento dei compensi per i membri dell'Autorità di 355.000 euro per tenere conto, si ritiene, del disegno di legge n. 691 che riporta il numero dei membri da cinque a tre. Sempre per lo stesso motivo, si ritiene, le spese previdenziali sono aumentate di 70.000 euro. Tuttavia nello stesso bilancio di previsione si legge che la previsione definitiva per l'anno 2006 è di 895.000 euro per compensi e di 130.000 euro per oneri previdenziali. In pratica pur non essendo stati nominati i tre membri del collegio dell'Autorità, i due membri in carica hanno potuto beneficiare di altri 20.000 euro;
in definitiva a partire dal 2003 gli emolumenti del Collegio dell'Autorità sono passati dalla non disprezzabile cifra di 346.000 euro/pro capite del 2003 a 447.500 euro/pro capite del 2006 realizzando in tal modo un incremento del 29,3 per cento;
non è tutto. La relazione al bilancio di previsione per l'esercizio 1 gennaio 2006-31 dicembre 2006 approvata con delibera 29 dicembre 2005, n. 295/05 fornisce altri spunti interessanti. Il paragrafo 1.5) penultimo ed ultimo capoverso recita testualmente: «L'importo iscritto quale previsione di entrata, pari a 23 milioni di euro, è stato determinato sulla base di quanto già riscosso nel corso dell'esercizio 2005 ed ipotizzando il mantenimento anche per l'anno 2006 della medesima aliquota contributiva (0,3 per mille) da applicarsi sui ricavi conseguiti dai soggetti regolati, ancorché la legge istitutiva preveda che tale aliquota possa essere incrementata fino all'uno per mille dei ricavi di cui sopra;
giova, al riguardo, rilevare la rilevanza e la peculiarità, ad oggi, di tale sistema di finanziamento dell'Autorità che, com'è noto, per gli oneri connessi al proprio funzionamento non percepisce alcun contributo dello Stato»;
tali affermazioni, nel riferirsi a valori percentuali, omettono di dire che, essendo il prezzo dell'energia elettrica correlato al prezzo del greggio, lo 0,3 per mille dei ricavi assume una diversa valenza se traguardato in valore assoluto, prova ne sia il fatto che rispetto al valore della previsione di bilancio (23 milioni di euro), nel bilancio preventivo per l'anno 2007 il valore del contributo dei soggetti regolati è stato di 29.150.000 euro. In pratica con tale sistema l'Autorità risulta veramente «indipendente» dal sistema paese posto che ogni penalizzazione in termini di maggiori costi energetici si trasforma per l'Autorità in una fonte di maggiori entrate. Ma, comunque, il problema non sussiste in quanto, come recita il secondo capoverso, l'Autorità non costa nulla allo Stato ed, in effetti, l'onere per il mantenimento dell'Autorità è traslato sulla bolletta elettrica degli italiani;
non v'è dubbio che, compensi del collegio a parte, tali maggiori entrate trovino una idonea collocazione. Sempre nella relazione al bilancio preventivo 2006, par. 1.6, si legge che la sede dell'ufficio di Roma dell'Autorità, ubicata in un intero immobile in Via dei Crociferi, ed occupata in passato con un contratto di comodato d'uso con il Commissario liquidatore dell'Ente nazionale per la cellulosa e carta, dovrebbe essere alienata ad una eventuale acquisizione, da parte dell'Autorità stessa, comporterebbe un onere di 7.050.000 euro (secondo una stima dell'Agenzia del Territorio);
vale ricordare che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 1996, nel fissare la sede dell'Autorità
a Milano non prevede alcuna altra sede, tanto più se si considera che l'ufficio di Roma è divenuto in realtà la sede principale dove, secondo l'interrogante, in dispregio del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, siedono stabilmente i membri dell'Autorità, con relativi uffici, costringendo i dipendenti della sede di Milano a continui spostamenti;
sempre grazie al fatto che l'Autorità «...per gli oneri connessi al proprio funzionamento non percepisce alcun contributo da parte dello Stato» anche tutta una serie di altri costi è lievitata in misura rilevantissima;
va considerato che l'Autorità per l'Energia non può essere vista come un'entità avulsa dal contesto reale e che l'adagio secondo cui l'Autorità «...non percepisce alcun contributo da parte dello Stato» non significa avere un diritto di prelievo incontrollato dalle tasche degli italiani -:
quali criteri abbia seguito la Presidenza del Consiglio nel determinare le indennità spettanti ai componenti dell'Autorità. Quali criteri contabili e normativi giustifichino la voce definita «Oneri previdenziali ed assicurativi a carico dell'Autorità» che sembrerebbe confinare i compensi percepiti ad uno stipendio di personale dipendente piuttosto che non ad una indennità;
come si concilia l'aumento delle indennità (secondo l'interrogante smisurato) con l'attuale situazione dei conti pubblici ed in particolare con il comma 593 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 «contenimento e pubblicità delle retribuzioni per i dirigenti ed i titolari di incarichi pubblici»;
se l'aumento delle indennità non sia antitetico con il comma 575 della legge finanziaria 2007 che ha decurtato del 30 per cento il trattamento economico di Ministri e Sottosegretari che siano membri del Parlamento nazionale;
quali siano le retribuzioni delle fasce apicali dell'Autorità comprendendo sia lo stipendio gabellare sia le indennità a vario titolo corrisposte;
se per coerenza e per risparmio di risorse finanziarie non sarebbe il caso di annullare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 1996 accettando la situazione di fatto e trasferendo la sede dell'Autorità da Milano a Roma, come attualmente avviene, secondo l'interrogante, in dispregio del decreto citato;
se infine alla luce degli elevati oneri, peraltro connessi con un'ampia autonomia organizzativa, nell'amministrazione di denaro sempre pubblico, ancorché definito in maniera ambigua non proveniente dalle casse dello Stato, non sia opportuno ripensare all'assetto generale dell'Autorità.
(4-02928)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
In attuazione di una specifica norma della legge istitutiva della Autorità, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 16 maggio 1998, stabilisce che: «le indennità, spettanti al Presidente e ai Componenti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas sono equiparate al trattamento economico complessivo previsto dalla legge 12 marzo 1953, n. 87 e successive modificazioni ed integrazioni per il Presidente ed i Giudici della Corte costituzionale». Si tratta di una formula identica a quella che stabilisce le modalità di fissazione dei compensi di Presidenti e componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; formula che determina, ovviamente, compensi altrettanto identici.
Più in dettaglio, i compensi erogati al Presidente e ai componenti del collegio dell'Autorità per l'energia sono sempre stati corrispondenti unicamente agli importi contenuti nei decreti della Corte costituzionale che fissano, e periodicamente aggiornano, i trattamenti economici. Tali trattamenti sono stati pari, nel 2003, a 388.264 euro per il Presidente e 323.554 euro per ogni commissario. Per l'anno 2006, invece, le indennità sono state fissate, con decreto della Corte costituzionale del 7 giugno 2006
n. 15780, in 465.722,92 euro per il Presidente e 388.102,36 euro per i componenti.
Gli incrementi intervenuti nel triennio 2003-2006 (peraltro unicamente per effetto dei decreti della Corte costituzionale succedutisi nel tempo) sono pari al 19,95 per cento e non al 29,3 per cento come erroneamente indicato nell'interrogazione.
Non è stato e non viene corrisposto al Presidente e ai componenti del collegio dell'Autorità, ad alcun titolo, nessun altro compenso comunque denominato.
Inoltre, gli oneri previdenziali ed assistenziali, per gli stessi componenti e per il Presidente, sono calcolati con esclusivo riferimento agli obblighi di legge e non è previsto alcun benefit o servizio aggiuntivo dedicato (autoveicolo ad uso esclusivo compreso, a seguito di una volontaria rinuncia ad uno specifico diritto pur normativamente previsto per il Presidente).
Si ricorda, poi, che il trattamento economico dei componenti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha carattere di compenso omnicomprensivo e tiene conto del particolare regime di incompatibilità assoluta (espressamente prevista dalla legge istitutiva) con altro incarico o impiego in costanza di mandato e della ulteriore incompatibilità per i 4 anni successivi alla scadenza del mandato stesso.
Per quanto riguarda il 2007, i compensi individuali restano e resteranno quelli definiti con decreto della Corte costituzionale; attualmente, essi sono fermi ai valori di giugno 2006. Pertanto l'Autorità per l'energia stanzia per il 2007, in termini puramente previsionali, una cifra in aumento perché deve tenere prudenzialmerite conto di un'eventuale crescita dei componenti, decisa da Governo e Parlamento.
Da ultimo, si precisa che gli oneri di funzionamento dell'Autorità non gravano in alcun modo sul bilancio dello Stato e che per la loro copertura si provvede secondo una modalità in uso in altri paesi europei ed estesa dalla legge 23 dicembre 2006, n. 266 anche ad altre Autorità: vale a dire, mediante contributo dalle aziende del settore. La legge istitutiva (14 novembre 1995, n. 481) prevede che detto contributo possa essere determinato fino a un massimo dell'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio; ciò nonostante l'Autorità, anche per l'anno 2007, come per gli anni precedenti, ha previsto di mantenere l'aliquota contributiva (sottoposta comunque alla approvazione della Presidenza del Consiglio dei ministri) ben al di sotto (0,3 per mille) del suddetto limite di legge.
Per quanto attiene invece all'«opportunità di nominare i rimanenti tre membri mancanti dell'Autorità», è opportuno innanzitutto ricordare che la citata legge n. 481 del 1995, istitutiva dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ha previsto un collegio composto di un Presidente e due commissari; in seguito, l'articolo 1, comma 15, della legge 23 agosto 2004, n. 239, ha modificato la legge istitutiva elevando da tre a cinque il numero dei componenti il collegio. Attualmente, l'Autorità ha due commissari, avendo il terzo rassegnato le proprie dimissioni nel luglio 2004.
Un anno dopo, nel luglio 2005, l'allora Ministro delle attività produttive, Claudio Scajola, ha proposto una terna di nomi per l'integrazione dei tre membri mancanti. Nonostante le personalità indicate, di indiscusso valore il Parlamento non ha mai ritenuto di esprimersi sulle persone proposte e uno dei candidati, l'Antonello Cabras, ha esplicitamente ritirato il proprio nome dalla terna indicata.
Di recente, con uno dei suoi primi disegni di legge, l'Atto Senato n. 691, il Governo, su iniziativa del Ministro per lo sviluppo economico, ha proposto di riportare a tre i commissari dell'Autorità, anche in considerazione del fatto che, in tale formazione, il precedente collegio aveva efficacemente operato nei sette anni precedenti, ma anche per evitare una maggiore onerosità del collegio. Conseguentemente e quasi contestualmente, il Ministro dello sviluppo economico ha quindi proposto la nomina di un terzo commissario, per reintegrare la terna originale, già valutata ed approvata dal Parlamento nel 2003. Quest'ultima proposta non ha avuto seguito e lo stesso disegno di legge A.S. n. 691, di delega al Governo per la liberalizzazione dei settori dell'energia elettrica e del gas naturale e per il risparmio energetico e delle
fonti rinnovabili, pur nell'approssimarsi dell'apertura del mercato del prossimo 1o luglio, è stato appena licenziato dalla 10a Commissione Senato, che ha concluso l'esame il 9 maggio scorso.
È utile tener presente che, da ultimo, il Governo ha presentato il disegno di legge «Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle Autorità indipendenti preposte ai medesimi» (Atto Senato n. 1366) nel quale, tra l'altro, si stabilisce di potenziare gli attuali compiti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e di ampliarli a nuove impegnative competenze in materia di servizi idrici, incrementando conseguentemente la composizione del collegio fino a cinque componenti.
Come è noto, il disegno di legge ha nei giorni scorsi iniziato il suo iter parlamentare presso la 1a Commissione permanente del Senato. In questo contesto, si sta verificando l'opportunità di avviare le procedure per il completamento delle nomine del Collegio.
Nell'atto in esame, inoltre, si chiede il trasferimento della sede dell'Autorità da Milano a Roma, «per coerenza e per risparmio di risorse finanziarie».
Al riguardo, si precisa che l'Ufficio di Roma dell'Autorità è stato attivato fin dal 1996, in aggiunta alla sede centrale di Milano, per rispondere alle esigenze operative di coordinamento e collegamento con le rilevanti realtà istituzionali che hanno sede a Roma (Parlamento, Governo e ministeri, altre Autorità, Guardia di Finanza, Cassa conguaglio per il settore elettrico, eccetera) e altri interlocutori di settore (associazioni di consumatori e di operatori, rappresentanze sindacali, eccetera).
Peraltro, l'evoluzione organizzativa e di funzionamento ha portato l'Autorità a dotarsi di sistemi e tecnologie informatici e di telecomunicazione, tra la sede di Milano e l'ufficio di Roma, che consentono di contenere al minimo indispensabile gli spostamenti, tra le due città, del proprio personale.
Infine, l'Autorità nella propria autonomia gestionale, ha ritenuto di risolvere, in via conclusiva, la provvisorietà della sistemazione onerosa dell'Ufficio di Roma dell'Autorità nell'immobile di proprietà del disciolto Ente nazionale per la cellulosa e per la carta, il cui patrimonio è in fase di liquidazione, ha previsto l'acquisizione di tale immobile, a valori certificati dall'Agenzia per il territorio.
L'individuazione di tale soluzione logistica per l'Ufficio di Roma dell'Autorità, non interferisce comunque con la sempre confermata centralità della Sede dell'Autorità in Milano, presso la quale opera il 90 per cento circa dei dipendenti.
Il Ministro dello sviluppo economico: Pier Luigi Bersani.
MARTUSCIELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 90 attraversa tutti i Comuni che si affacciano sulla Valle del Cervaro e mette in collegamento la Campania con la Puglia, le aree industriali e produttive dell'Arianese con quelle del Cervaro e della Capitanata; è certamente un'arteria importante per l'economia e per lo sviluppo della zona;
circa un anno fa una frana invase la carreggiata, bloccando la circolazione; da allora la strada statale 90 è ancora chiusa al traffico;
gli amministratori locali, ritenendo che il problema potesse essere risolto rapidamente dagli enti preposti, si impegnarono ad attivare un percorso alternativo che ha ceduto poco dopo il momentaneo utilizzo poiché si trattava di strada originariamente riservata al transito dei veicoli leggeri;
per affrontare l'emergenza fu stanziata la somma di due milioni di euro, ma finora nessun lavoro è stato avviato -:
se i lavori di ripristino e riaggiustamento della Statale 90 potranno essere finalmente intrapresi per porre fine al gravissimo problema che sta danneggiando fortemente l'economia pregiudicando
lo sviluppo dei territori della Valle del Cervaro.
(4-03276)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il fenomeno franoso verificatosi in località Montaguto (Avellino) lungo la strada statale n. 90 «Delle Puglie» coinvolge una striscia di terreno di larghezza media di ml 100 per un fronte di circa 4 chilometri. Il fenomeno si è accentuato nel corso del tempo anche in conseguenza delle avverse condizioni meteorologiche avvicinandosi sempre di più alla strada.
L'ANAS fa conoscere di essersi attivata immediatamente per asportare il materiale franoso liberando la sede stradale.
Considerato il perdurare del fenomeno franoso e le sue dimensioni, nell'aprile 2006 si decideva, congiuntamente agli enti locali, la Prefettura di Avellino ed il Dipartimento della Protezione Civile, di vietare il transito sulla statale in questione tra i km 42+700 e 43+100 a causa dell'elevato rischio per la circolazione stradale.
Nel maggio dello stesso anno, veniva quindi dichiarato lo stato di emergenza e nominato un commissario delegato per gli interventi urgenti nella persona del Presidente della Regione Campania che ha disposto l'apertura di una variante provvisoria di breve termine la quale ha così consentito la ripresa della circolazione stradale.
Nel frattempo, l'ANAS ha redatto il progetto preliminare dei lavori di costruzione della variante alla statale n. 90 tra i km 42+200 e 43+750 che, in data 15 marzo 2007, è stato inviato all'Ufficio prevenzione e rischi naturali della Protezione Civile ed al Commissario del Governo per l'emergenza idrogeologica della regione Campania.
Detto progetto prevede la realizzazione di una galleria volta a garantire la continuità alla statale n. 90 sottopassando il fronte della frana.
Il 3 aprile 2007, il Commissario delegato ha tuttavia comunicato la possibilità di consentire nuovamente la ripresa della circolazione stradale in condizioni di sicurezza lungo la statale n. 90 previo arretramento del fronte di frana mediante l'asportazione di circa 100.000 mc di materiale franoso. Tali lavori di rimozione del materiale franoso hanno già avuto inizio ma, a causa di sopravvenute necessità di ulteriori accertamenti tecnici, l'8 maggio 2007 essi sono stati sospesi.
Attualmente, quindi, la circolazione stradale risulta sospesa in attesa del completamento degli accertamenti in corso.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
MELLANO e POLETTI. - Al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
nonostante la diminuzione del numero di procedure di infrazione aperte dall'Unione europea nei confronti dell'Italia, ancora troppe sono quelle in materia ambientale e soprattutto in materia di attività venatoria;
purtroppo il decreto n. 251 del 2006, con il quale il Governo avrebbe sanato buona parte delle infrazioni in materia venatoria in contrasto con le direttive «Habitat» e «Uccelli», è decaduto per decorrenza dei termini utili per la sua approvazione;
con delibera della Giunta n. 600 del 28 agosto 2006, e successiva legge regionale n. 54 del 16 novembre 2006, la Regione Toscana ha consentito l'abbattimento «in deroga» dello storno, in violazione della legge nazionale n. 157 del 1992 e della direttiva europea 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici;
la sezione regionale toscana del WWF con sua lettera del 15 dicembre 2006 ha informato di tali violazioni la Commissione europea, direzione generale ambiente, direzione A;
la lettera del WWF ha impiegato 55 giorni per giungere a destinazione, ma alla fine è arrivata l'8 febbraio 2007. La delibera n. 600 della giunta regionale toscana è stata presa in carico in una procedura d'infrazione avente ad oggetto la violazione
dell'articolo 9 della citata direttiva da parte della Regione Toscana;
in relazione a tale procedura, il 21 marzo 2007 la Commissione ha deciso di adire la corte di giustizia, come da comunicazione del capo unità Julio Garcìa Burgués alla sezione toscana del WWF il 23 marzo 2007 -:
quali siano le informazioni in possesso del Governo su quanto illustrato in premessa;
quali siano le linee guida e le iniziative che il Ministero per le politiche europee intende assumere in materia di infrazioni alle direttive che regolamentano la conservazione degli uccelli selvatici e l'attività venatoria.
(4-03366)
Risposta. - In risposta alla interrogazione in esame comunico quanto segue.
La Commissione europea ha avviato nei confronti dell'Italia quattro distinte procedure di infrazione per non corretta applicazione della normativa nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione degli uccelli selvatici, con particolare riferimento all'applicazione delle deroghe di cui all'articolo 9 della direttiva stessa.
Tre di esse si riferiscono alla specifica normativa adottata in materia di deroghe al regime della caccia dalle regioni Sardegna, Veneto e Liguria, mentre con la procedura d'infrazione n. 2006/2131 la Commissione ha richiamato la situazione normativa di varie Regioni, tra cui la Toscana, alla quale ha contestato, in particolare, la mancata previsione di una normativa regionale che indichi, in maniera generale ed astratta, la ragione di una eventuale deroga ed il conseguente ricorso ad annuali leggi-provvedimento, con cui si autorizzano specifiche deroghe valide per una stagione venatoria. Da quanto esposto deriverebbe, a parere della Commissione, incertezza giuridica e si darebbe luogo all'adozione di singoli provvedimenti di deroga contrari alla citata direttiva.
Le leggi contestate dalla Commissione europea alla Regione Toscana sono relative agli anni 2003 (legge 5 dicembre 2003, n. 57), 2004 (legge 8 ottobre 2004, n. 51) e 2005 (legge 30 settembre 2005, n. 30).
Al fine di superare il grave contenzioso comunitario, il Governo, prima dell'apertura della stagione venatoria 2006/2007, ha approvato il decreto-legge 16 agosto 2006, n. 251, poi decaduto, modificando la materia delle deroghe al prelievo venatorio di cui all'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 nel senso richiesto dalla Commissione e sospendendo, in via cautelativa, gli effetti delle deroghe regionali adottate in difformità delle richiamate disposizioni.
La Regione Toscana, con la deliberazione della Giunta regionale n. 600 del 28 agosto 2006, pienamente in linea con il tentativo governativo di sanare il contenzioso, ha autorizzato il prelievo della sola specie «storno», secondo modalità precisamente individuate al fine di prevenire gravi danni alle produzioni agricole di uva e di olive.
In particolare la delibera n. 600, in conformità al parere espresso espresso dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica, ha autorizzato il prelievo della specie «storno» dal 17 settembre al 15 ottobre 2006 su tutto il territorio, ad eccezione delle superfici boschive e delle aree soggette a divieto di caccia, mentre per il periodo dal 16 ottobre al 10 dicembre 2006 ha limitato il prelievo nei soli vigneti ed uliveti ed in prossimità degli stessi.
In relazione a questa procedura d'infrazione, che, colpe già posto in evidenza, non attiene alla sola regione Toscana bensì alle modalità di attuazione della direttiva 79/409/CEE a livello regionale su tutto il territorio nazionale, la Commissione europea, nella riunione del 21 marzo 2007, ha deciso il deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia.
Sottolineo infine che d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle politiche alimentari e forestali, stiamo procedendo all'attuazione di quanto necessario per la soluzione di tutte e quattro le procedure di infrazione sia attraverso interventi diretti nei confronti delle Regioni inadempienti sia attraverso il miglioramento
dell'attuale normativa di recepimento della direttiva 79/409/CEE, con particolare riferimento alla legge 3 ottobre 2002, n. 221 (introduzione articolo 19-bis nell'ambito della legge n. 157 del 1992), al fine di assicurare il corretto adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni della direttiva stessa.
Il Ministro per le politiche europee: Emma Bonino.
MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della realizzazione della terza corsia nel tratto dell'attraversamento Sud-Nord dell'Autostrada del Sole nell'area fiorentina era prevista accessoriamente la costruzione di una bretella autostradale (detta bypass del Galluzzo e d'intesa con il Comune di Firenze) che prevedeva il collegamento tra l'uscita Firenze-Certosa e la città evitando l'abitato della frazione di Galluzzo;
i lavori in corso evidenziano invece, la realizzazione di una semplice penetrazione viaria a due corsie, senza corsie di emergenza, che finirà per determinare congestione ulteriore nell'accesso a Firenze oltre a presentare evidenti elementi di pericolosità stanti le gallerie costruende -:
cosa prevedessero in merito le conferenze dei servizi ad hoc del giugno 1999 dell'apposito Comitato Tecnico regionale stante il fatto che sono stati nei fatti smentite le attese di funzionale ipotesi che prevedevano un bypass di quattro corsie tra Firenze-Certosa e Firenze, per bypassare l'abitato del Galluzzo.
(4-02904)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il cosiddetto «bypass del Galluzzo» non ha mai avuto i connotati di una bretella autostradale bensì quelli di una strada urbana ad una corsia per senso di marcia corrispondente alle norme CNR80 vigenti all'epoca della progettazione così come risulta dall'Accordo di programma siglato tra la società Autostrade ed il Comune di Firenze nel 1998.
Trattasi di un ramo di viabilità urbana di circa 3,5 chilometri che dallo svincolo di Firenze Certosa raggiunge la via Senese escludendo l'abitato del Galluzzo dal traffico connesso all'utilizzo dell'autostrada A1, della strada statale n. 2 Cassia e della superstrada Firenze-Siena.
Il progetto esecutivo, sviluppato mantenendo invariate le caratteristiche della sezione stradale e recependo tutte le osservazioni formulate in sede approvativa, è stato assentito da ANAS nel settembre 2004 dopo essere stato sottoposto all'istruttoria del Comitato Tecnico di Garanzia presieduto dalla Regione Toscana preposto alla verifica dell'ottemperanza della progettazione esecutiva alle risultanze della conferenza dei servizi.
I lavori, collegati all'ampliamento a tre corsie dell'autostrada A1 nel tratto Firenze Nord-Firenze Sud, sono stati consegnati all'impresa appaltatrice nell'ottobre 2005 e se ne prevede l'ultimazione nel febbraio 2010.
Per quanto riguarda le gallerie e la loro messa in sicurezza, il progetto prevede la realizzazione di tre gallerie della lunghezza pari rispettivamente a mt 255, mt 660 e mt 1230.
Le gallerie verranno dotate di tutte le misure di sicurezza previste dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 264 del 5 ottobre 2006 attuativo della Direttiva europea 2004/54/CE.
L'ANAS s.p.a. comunica che l'opera corrisponde alle normative vigenti al momento della progettazione mentre le gallerie verranno attrezzate seguendo le norme più restrittive subentrate successivamente all'approvazione del progetto esecutivo e l'affidamento dei lavori elevando così il loro grado di sicurezza.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre del 2004, in conseguenza della modifica della normativa in Bielorussia,
sono state fermate tutte le procedure di adozione internazionale in corso in quella Nazione;
sono così rimaste sospese circa centocinquanta procedure di adozione già in fase di valutazione in Bielorussia;
da allora centinaia di coppie italiane che avevano già conferito il mandato agli Enti Autorizzati secondo la normativa italiana, e altre che avevano intenzione di presentarlo nel 2005 hanno visto bloccato l'iter di presentazione delle proprie domande di adozione riguardanti bambini orfani bielorussi, nella maggioranza dei casi conosciuti durante i soggiorni periodici in Italia per il risanamento da una vita condotta nei territori contaminati dalla nube di Chernobyl;
quasi tutti i bambini e ragazzi interessati hanno ormai superato i 10 anni di età e vivono da anni dell'assistenza statale, in istituti, case famiglia o, qualcuno, presso famiglie bielorusse in affido temporaneo;
durante la passata Legislatura, grazie all'interessamento del Parlamento Italiano, nel dicembre 2005 è stato raggiunto un accordo per la sottoscrizione di un Protocollo bilaterale tra Italia e Bielorussia, attraverso il quale viene stabilita la ripresa delle procedure adottive tra le nostre due Nazioni, alla luce delle innovazioni della normativa bielorussa, sostanzialmente più restrittiva in materia di adozioni internazionali;
il citato protocollo bilaterale indica genericamente la data del 1 marzo 2006 come limite entro il quale il Ministero dell'Istruzione Bielorusso si sarebbe dovuto impegnare, nei limiti della propria competenza, ad organizzare l'esame di tutte le pratiche pervenute al Centro prima del mese di ottobre 2004 e di quelle giacenti presso il Centro stesso al momento della sottoscrizione del Protocollo, con la ferma intenzione di rispettare i principi fondamentali della Convenzione de L'AJA del 29 maggio 1993, privilegiando il superiore interesse dei minori e tenendo conto dei legami affettivi che si sono instaurati tra i minori bielorussi e i candidati italiani all'adozione;
purtroppo, dal dicembre 2005, data di sottoscrizione del citato Protocollo ad oggi, non solo non è stata rispettata la scadenza del 1 marzo 2006, ma solo una manciata delle centocinquanta adozioni sospese è stata portata a termine felicemente;
non sono stati perfezionati i termini dell'accordo in modo tale da consentire l'esame delle domande successive a quelle sospese, riguardanti comunque bambini e ragazzi che per questa adozione attendono ormai da troppi anni -:
se non ritengano necessario ed urgente effettuare adeguati interventi sia per venire incontro alle famiglie italiane che hanno portato a termine il lungo e faticoso iter per acquisire l'idoneità all'adozione internazionale, sia per garantire le centinaia di bambini e ragazzi ad unirsi alle famiglie che li hanno da sempre accolti e per garantire loro il diritto ad un infanzia normale.
(4-00224)
Risposta. - In Bielorussia sono entrate in vigore il 1o gennaio 2005 nuove disposizioni di legge che hanno modificato in senso restrittivo la normativa sulle adozioni internazionali e hanno determinato l'interruzione delle procedure di adozione internazionale di minori bielorussi da parte di famiglie italiane.
Tale modifica normativa ha reso necessario l'avvio di un apposito negoziato tra la Commissione per le adozioni internazionali e la Repubblica di Belarus per la sottoscrizione di un nuovo protocollo di collaborazione in materia di adozione internazionale (sostitutivo di quello sottoscritto nel 2003) per l'individuazione delle nuove modalità di collaborazione e delle nuove procedure da applicare.
Dalla primavera del 2005 ripetuti sono stati i passi compiuti, a diversi livelli, per sensibilizzare il Governo bielorusso sulle gravi conseguenze del blocco delle adozioni e degli orientamenti di maggior chiusura
profilatisi in tema di soggiorni temporanei all'estero, con l'invito a giungere a soluzioni conformi a principi di umanità e giustizia.
In questo contesto, si è messo in rilievo che le adozioni, così come i programmi di accoglienza temporanea di bambini, rappresentano un fenomeno unico per dimensioni e continuità nei rapporti tra le società civili dei due Paesi, tale da incidere in profondità e nel tempo sulle relazioni italo-bielorusse. In particolare, veniva chiesto prioritariamente che le procedure di adozione avviate prima dell'ottobre 2004 potessero essere rapidamente portate a positiva conclusione sulla base di principi di equità e umanità, nell'interesse stesso dei bambini coinvolti, prima ancora che delle famiglie italiane, dati i vincoli affettivi stabilitisi.
Venendo incontro alle indicazioni bielorusse secondo cui solo con la firma di un nuovo Protocollo che adeguasse le intese alla loro nuova normativa sarebbe stato possibile sbloccare le pratiche di adozione pendenti e avviare procedure per nuove adozioni, dopo un serrato negoziato, il 12 dicembre 2005, tale Protocollo è stato sottoscritto a Minsk dal ministero degli affari esteri e dalla Commissione per le adozioni internazionali, e, per parte Bielorussa, dal Ministro dell'istruzione. In tale protocollo non solo si individuavano le procedure per il deposito e l'esame delle nuove domande di adozione ma si prevedeva anche - come rilevato dall'onorevole interrogante - l'impegno da parte delle Autorità bielorusse a definire, entro il 1o marzo del 2006 e tenendo conto dei rapporti affettivi instauratisi tra le famiglie italiane e i minori bielorussi, oltre 150 pratiche di adozione rimaste bloccate dal mese di ottobre del 2004.
La scadenza, tuttavia, non è stata rispettata ed il termine è stato procrastinato a più riprese dalle Autorità bielorusse adducendo motivazioni burocratiche, nonostante le ripetute e ferme sollecitazioni a dare sostanziale attuazione alle intese sottoscritte. Delle pratiche pendenti, solo 35 si sono concluse positivamente, con l'adozione a favore di famiglie italiane. Inoltre, contrariamente a quanto previsto nel protocollo, le autorità Bielorusse non hanno consentito il deposito di nuove domande di adozione da parte delle famiglie italiane.
Ulteriori difficoltà e rallentamenti sono derivati dalle tensioni createsi nei rapporti fra i due Stati alla fine dell'estate scorsa a seguito della nota vicenda del ritardato rientro in patria di una minore bielorussa, al termine del suo soggiorno in Italia.
Nello scorso mese di novembre, il Ministro delle politiche per la famiglia, unitamente al Ministro degli affari esteri e al Ministro della solidarietà sociale hanno proposto una nuova missione a Minsk per ribadire l'aspettativa italiana di vedere risolte le procedure di adozione in sospeso e di sollecitare le Autorità bielorusse ad accogliere l'esame delle domande già istruite ma non ancora trasmesse alla controparte (circa 400). L'incontro avrebbe dovuto, al tempo stesso, affrontare i problemi riguardanti i soggiorni terapeutici di minori, per il chiarimento resosi necessario anche a seguito della vicenda citata.
Il Governo di Minsk, dopo una iniziale apertura, ha inaspettatamente revocato la propria disponibilità ad accogliere la missione italiana, poche ore prima che questa avesse luogo.
Nei primi mesi del 2007 si apprendeva che la Bielorussia aveva nuovamente modificato la propria normativa in materia di adozioni internazionali; ciò rendeva necessario apportare ulteriori modifiche al protocollo sottoscritto nel dicembre 2005.
Finalmente, dopo mesi di intensi contatti bilaterali, in un rinnovato clima di collaborazione tra l'Italia e la Bielorussia, si è realizzata dal 18 al 22 marzo 2007 la visita della delegazione interministeriale italiana a Minsk (missione compiuta da funzionari della Commissione adozioni internazionali, del Dipartimento delle Politiche per la Famiglia, del ministero degli affari esteri e del Ministero della solidarietà sociale) ed è stato siglato un Protocollo in materia di adozione di minori cittadini della Repubblica di Belarus da parte di cittadini italiani, recante modifiche ed integrazioni al Protocollo sottoscritto nel 2005 e predisposto un accordo in materia di soggiorni di risanamento.
Il nuovo accordo sulle adozioni - firmato per la parte italiana dalla Presidente della Commissione adozioni internazionali e dal direttore generale per gli italiani all'estero e la politica migratoria del ministero degli affari esteri e per la parte bielorussa dal Ministro dell'istruzione - prevede, in conformità alla nuova normativa bielorussa, procedure più veloci per l'esame e la definizione delle domande di adozioni dei minori già conosciuti dalle famiglie italiane nei soggiorni di risanamento.
In particolare, si dispone che coloro che intendano adottare un minore ospitato durante i soggiorni di risanamento possono presentare, attraverso enti autorizzati, domanda all'organo di tutela e curatela competente, per l'inserimento del minore nell'elenco di coloro nei confronti dei quali è possibile effettuare l'adozione internazionale. Si è previsto inoltre che le autorità provinciali bielorusse di tutela e curatela dovranno pronunciarsi entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza da parte delle famiglie italiane sulla possibilità dell'inserimento del minore nell'elenco dei minori adottabili da cittadini stranieri. In caso di risposta positiva, l'adozione del minore da parte della famiglia italiana dovrà essere definita entro settantacinque giorni dalla data di presentazione della domanda alla competente autorità a livello centrale.
Nell'intesa raggiunta l'Italia ha, poi, chiesto ed ottenuto che venissero riesaminate molte delle domande respinte nel corso del 2006: sono state eccettuate quelle non più attuali, o perché il minore aveva raggiunto la maggiore età, o perché era stato dato in adozione o in affidamento o in tutela ad una famiglia bielorussa, o perché il minore stesso o suoi parenti avevano rifiutato l'adozione, o ancora perché la famiglia italiana vi aveva rinunciato o, infine, perché esistevano forti legami del minore con fratelli, che era opportuno tutelare. Questa parte della procedura prevedeva anch'essa tempi contingentati: l'Italia si è impegnata a presentare entro il 1o aprile 2007 l'elenco delle domande già esaminate e giacenti presso le autorità bielorusse (termine perfettamente rispettato, con l'assistenza di questo Dipartimento e della Commissione adozioni internazionali, che ha inoltrato alle autorità bielorusse 63 domande di riesame); la parte bielorussa si è impegnata ad organizzare il riesame delle domande e a comunicarne l'esito entro il 1o maggio 2007.
Non si può non ricordare, accanto all'accordo sulle adozioni, la conclusione dell'accordo (inizialmente solo «parafato» ma in seguito siglato da entrambe le parti) relativo alla disciplina dei soggiorni temporanei in Italia di minori bielorussi per motivi di salute (i cosiddetti soggiorni terapeutici); la stretta collaborazione tra i Ministri interessati e la conduzione parallela delle trattative riguardanti i due distinti temi hanno consentito la conclusione di entrambe le questioni.
Con lettera del 30 maggio 2007 il Ministro dell'istruzione pubblica della Repubblica di Bielorussia, Radkov, ha comunicato di poter accogliere solo 3 delle 63 domande riesaminate, ritenendo, tra l'altro, di non poter consentire la separazione di fratelli.
La decisione bielorussa rappresenta una sostanziale violazione dell'accordo sottoscritto in data 22 marzo 2007, rispetto alla quale agiremo con la massima fermezza.
Il grande impegno profuso dalle istituzioni italiane per una ripresa dei rapporti con le autorità bielorusse ha avuto un iniziale riscontro significativo; confidiamo nel proseguimento di rapporti positivi, ed il lavoro del Ministro delle politiche per la famiglia continuerà senza soste in questo senso, perché siano garantite a tanti minori in stato di abbandono un'infanzia serena ed una crescita adeguata, all'interno di una famiglia vera.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Giunta Regionale della Calabria, guidata dall'onorevole Agazio Loiero,
aveva stabilito l'abbattimento dell'ecomostro di Copanello di Stalettì (Catanzaro) per il 12 settembre 2006;
inspiegabilmente la data prevista per l'abbattimento è stata, dalla stessa Giunta regionale calabrese, rinviata a data da destinarsi con la motivazione di «un problema di carattere tecnico-organizzativo»;
la citata mega struttura risulta inutilizzata da decenni e del tutto inservibile;
la ditta che avrebbe dovuto occuparsi dell'abbattimento dell'ecomostro in questione, così come inizialmente annunciato dallo stesso governatore della Calabria, era stata individuata nella stessa che ha abbattuto a Bari i palazzi di Punta Perotti;
sembrerebbe però che tra i «problemi tecnici» richiamati per il rinvio dell'abbattimento in questione, ci sia quello della necessità di procedere a un bando pubblico per individuare la ditta che dovrà essere titolare del lavoro da eseguire -:
se alla Soprintendenza regionale che è stata parte dell'accordo di programma che ha inviato la procedura risultino le inspiegabili motivazioni che stanno consentendo la deturpazione ambientale di una delle più belle zone della costa ionica calabrese, con la annosa presenza dell'ecomostro in questione, costruito nel 1978 senza licenza edilizia.
(4-01568)
Risposta. - In sede di Conferenze dei servizi, tenutesi rispettivamente il giorno 6 ottobre e 10 ottobre 2006, la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Calabria ha manifestato la necessità che l'opera realizzata abusivamente nella località San Martino di Copanello fosse totalmente rimossa e che fosse messo a punto un progetto di ripristino e riqualificazione del luogo offeso, in conformità a quanto previsto dall'articolo 146 comma 12 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
La Soprintendenza ha inoltre ribadito l'obbligo di adottare tutte le precauzioni possibili al fine di tutelare il sito monumentale della Chiesa di San Martino, lambito dall'opera di demolizione, in particolare per quanto attiene al regime delle acque pluviali e alle possibili vibrazioni causate dai lavori e dal passaggio dei mezzi di trasporto con il materiale di risulta.
Il 16 ottobre 2006 è stata espletata la gara d'appalto per i lavori di demolizione.
Le operazioni di demolizione sono iniziate il 16 gennaio 2007 alle ore 11.00.
Nell'Accordo di programma quadro, firmato il 29 dicembre 2006, è stata stabilita una dotazione finanziaria di 600.000,00 euro per la riqualificazione dell'area interessata.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il territorio della locride è rimbalzato agli onori delle cronache nazionali per l'omicidio del Vice Presidente del Consiglio regionale della Calabria, dottor Francesco Fortugno, avvenuto il 16 ottobre del 2005 e rimasto, a tutt'oggi, privo dell'individuazione dei responsabili politici che dovrebbero essere rinvenuti dietro questo omicidio;
successivamente è apparsa la notizia della impunità riscontrabile relativamente ai 26 omicidi che si sono registrati sempre nel territorio della locride negli ultimi 2 anni;
sempre in quel territorio è attuato un imponente traffico di sostanze stupefacenti svolto dalle principali cosche locali della 'ndrangheta, che ne ha potenziato il relativo impero economico;
il 27 giugno 2005, dopo un lungo periodo di latitanza in Canada dove conduceva vita agiatissima, è stato tratto in arresto Antonio Commisso, capo dell'omonima cosca di Siderno (Reggio Calabria);
il presunto boss deve scontare una condanna definitiva a 10 anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di armi e droga;
è di oggi la notizia in base alla quale il Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila ha disposto la revoca del regime di 41-bis nei confronti proprio del presunto boss Antonio Commisso -:
se non ritenga necessario ed urgente inviare un visita ispettiva presso il Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila per accertare la correttezza delle disposizioni di clemenza attuate nei confronti dei boss;
se non ritenga, altresì, necessario ed urgente effettuare una adeguata attività di monitoraggio per verificare la corretta applicazione del regime di 41-bis nei confronti dei boss mafiosi e dei terroristi.
(4-01815)
Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, si comunica che il detenuto Antonio Commisso, nato a Siderno il 16 gennaio 1956, è stato sottoposto al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario per la prima volta dal 19 luglio 2001 al 19 aprile 2002, data in cui lo stesso è stato scarcerato.
Il Commisso è stato nuovamente tratto in arresto in data 1o agosto 2005, a seguito di estradizione dal Canada, perché raggiunto da un ordine di esecuzione pena, emesso dalla Procura generale della Repubblica di Reggio Calabria il 15 aprile 2004, per l'espiazione della pena della reclusione di dieci anni inflittagli per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Con decreto ministeriale del 12 ottobre 2005, su parere della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, il Commisso è stato nuovamente sottoposto al regime di cui all'articolo 41-bis, in considerazione dell'elevata pericolosità e della capacità dimostrata nel continuare a dirigere, nonostante lo stato di detenzione, la consorteria mafiosa di appartenenza, attiva in Siderno, della quale viene considerato il capo indiscusso.
Il regime detentivo speciale è stato successivamente prorogato con decreto ministeriale 5 ottobre 2006, sulla base delle più recenti informazioni fornite dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e dai competenti organi di polizia ed investigativi, che hanno confermato nei suoi confronti la persistenza delle esigenze di prevenzione.
Il Tribunale di sorveglianza de L'Aquila, pronunciandosi sul reclamo proposto dal detenuto, ne ha dichiarato l'inefficacia con ordinanza del 14 novembre 2006.
Le risultanze conoscitive acquisite, all'esito degli accertamenti preliminari svolti dall'Ispettorato generale in merito al provvedimento di revoca del regime detentivo di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario emesso dal Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, hanno evidenziato che il provvedimento in questione è stato emesso applicando alla fattispecie i criteri fissati dalla Corte Costituzionale e dalla Corte suprema di Cassazione per la verifica della legittimità della proroga del regime detentivo differenziato.
Tali criteri sono richiamati nel provvedimento de quo, che appare adeguatamente motivato. In particolare, il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha rilevato che l'attualità dell'appartenenza del Commisso alla 'ndrangheta è stata affermata, nel provvedimento impugnato, sulla base di elementi generici e risalenti nel tempo. Ha, altresì, tenuto conto di una recente pronuncia assolutoria del Commisso dall'accusa di aver fatto parte della suddetta associazione criminale.
Quanto, poi, alla prospettata tesi di un eccessivo o ingiustificato garantismo da parte del Tribunale nei confronti di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, i dati statistici acquisiti consentono di smentire tale affermazione, in quanto dagli stessi emerge che nell'anno 2006 il Tribunale di sorveglianza ha emesso 84 ordinanze su reclami relativi al regime differenziato e ne ha accolti solo 13: di questi ultimi, 5 sono stati impugnati dalla procura. Generale con ricorso per Cassazione, ma la Corte suprema ha accolto un solo ricorso, come riferito dal Presidente del Tribunale di sorveglianza con nota del 5 dicembre 2006.
D'altro canto, come rilevato dallo stesso organo ispettivo, l'ordinanza con cui è stato accolto il reclamo avverso il decreto ministeriale applicativo del regime differenziato
nei confronti del Commisso non presenta alcun profilo di abnormità né altri profili rilevanti in sede disciplinare, trattandosi per l'appunto di provvedimento adeguatamente motivato, in linea con i più recenti indirizzi giurisprudenziali.
Avverso il citato provvedimento il Procuratore generale della Repubblica de L'Aquila ha proposto ricorso per Cassazione, richiedendone contestualmente la sospensione ex articolo 666, comma 7 c.p.p..
Si fa presente, infine, che il detenuto in questione è stato assegnato alla casa circondariale di Nuoro, nella sezione per soggetti ad elevato indice di sorveglianza.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli anni 1999 e 2000 sono stati realizzati in Giaveno (Torino), un immobile e relative aree da destinare a sede del distaccamento locale dei Vigili del Fuoco;
la caserma è di proprietà del Comune di Giaveno;
nonostante il distaccamento dei Vigili del Fuoco di Giaveno abbia in uso la caserma dal luglio del 2001, il Comune di Giaveno attende ancora il termine dell'iter della pratica locativa iniziata già nell'anno 2000 e non ha di conseguenza ancora ottenuto i canoni annui relativi;
l'iter della locazione al Ministero dell'interno, per quanto a conoscenza del comune, è stato fino ad oggi il seguente:
a) con nota prefettizia del 18 settembre 2000, la Prefettura di Torino trasmetteva all'agenzia del Demanio richiesta di relazione tecnico estimale concernente l'immobile interessato;
b) con nota del 12 febbraio 2001, il Comune di Giaveno rettificava l'iniziale proposta di locazione, richiedendo un canone annuo di lit. 69.500.000= corrispondenti ad euro 35.893,75, indirizzando la richiesta sia alla Prefettura di Torino sia all'agenzia del Demanio filiale di Torino;
c) con nota n. 9318 sett. III del 20 febbraio 2001, la Prefettura di Torino richiedeva, al demanio se esistessero sul territorio del Comune di Giaveno, stabili demaniali idonei all'uso di caserma e se il nuovo canone richiesto per la locazione dell'immobile da adibire a nuova sede del Distaccamento dei Vigili del Fuoco di Giaveno fosse congruo;
d) in data 19 aprile 2001, l'Agenzia del Demanio redige la relazione tecnico - estimale n. 139716/209/01, nella quale il canone annuo di euro 35.893,76= è ritenuto congruo;
e) con nota ministeriale n. 111896/88335/19 dell'11 luglio 2002, veniva dato assenso alla locazione;
f) con nota n. 19861 del 9 settembre 2002, il Comune di Giaveno presenta all'Ufficio Territoriale del Governo l'atto di impegno a locare l'immobile adibito a nuova sede dei Vigili del Fuoco di Giaveno al canone annuo di euro 35.893,76;
g) con nota n. 21612 del 24 settembre 2003, il Comune di Giaveno sollecitava l'agenzia del demanio Filiale di Torino per la definizione della questione così da regolare la situazione contabile in merito;
h) con nota di protocollo n. 2004/7548/FTO/220 del 26 maggio 2004, l'agenzia del demanio di Torino, in risposta alla prefettizia n. 9318 del 24 aprile 2001, dichiarava l'inesistenza nel Comune di Giaveno, di locali demaniali o patrimoniali da adibire all'uso di caserma VV.FF.;
i) il 1 giugno 2005, il Comune di Giaveno ha sollecitato telefonicamente la Prefettura di Torino per avere chiarimenti sui ritardi inerenti alla formalizzazione della pratica locativa; la Prefettura comunicando di essere ancora in attesa di documentazione richiesta al comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino, consigliava al Comune di fornire direttamente la documentazione mancante;
l) con nota n. 14001 del 13 giugno 2005, il Comune di Giaveno trasmetteva la documentazione richiesta alla Prefettura di Torino;
m) con nota n. 5466 SAC del 3 ottobre 2005, la Prefettura di Torino trasmetteva all'agenzia del Demanio di Torino documentazione diversa richiedendo il rilascio del nulla osta alla spesa. Attualmente il Comune di Giaveno ha accertato a bilancio sin dal 2003 la somma di euro 35.893,75, per complessivi euro 143.572,00= (anno 2003, 2004, 2005, 2006) mai riscossi-:
cosa intenda fare per risolvere definitivamente questa situazione incresciosa.
(4-02545)
Risposta. - L'iter procedurale finalizzato alla stipula del contratto di locazione dell'immobile, di proprietà comunale, da adibire a nuova sede del distaccamento dei vigili del fuoco di Giaveno ha subito, nel corso degli anni, alcuni ritardi riconducibili ad una lunga fase di trattative tra il ministero dell'interno ed il comune di Giaveno, avviata nel corso dell'anno 2000.
L'assenso da parte del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile alla prosecuzione delle trattative era, infatti, condizionato alla proposta, formulata in un primo tempo dall'Ente locale, di mantenere inalterato il canone applicato per la vecchia sede.
A febbraio 2001 il comune di Giaveno ha, invece, mutato il proprio precedente orientamento, richiedendo, a titolo di pagamento, un nuovo canone annuo per la somma pari a 35.893,76 euro.
La nuova posizione assunta in merito dall'amministrazione comunale ha indotto, pertanto, il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile a valutare anche soluzioni alternative.
Da qui la verifica, concretizzatasi nella richiesta formulata dalla prefettura di Torino alla locale Agenzia del demanio, circa l'eventuale esistenza, nel territorio del comune di Giaveno, di idonei stabili demaniali da adibire a sede del distaccamento.
Nel contempo veniva, peraltro, richiesto alla stessa Agenzia il parere di congruità del nuovo canone secondo quanto prospettato dall'amministrazione comunale.
L'avviso espresso dal citato ufficio, con cui veniva ritenuta congrua la somma richiesta dall'Ente locale a titolo di pagamento del canone di locazione e la disponibilità dello stesso comune a consentire l'utilizzazione dei locali già ultimati in comodato d'uso sino alla conclusione dell'iter procedimentale, apriva una nuova fase di trattative, culminata, a luglio 2002, nell'autorizzazione ministeriale alla stipula del contratto alle condizioni richieste.
Nella stessa occasione, il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del ministero dell'interno precisava di voler procedere alla regolarizzazione dell'occupazione extracontrattuale del nuovo edificio avvenuta alla fine di luglio 2001.
Nel frattempo la prefettura di Torino aveva provveduto ad interessare l'Agenzia del territorio per la redazione del verbale di presa in consegna dell'immobile, necessario per il pagamento del canone di locazione.
La stipula del relativo contratto è invece subordinata al rilascio del prescritto nulla osta alla spesa da parte dell'Agenzia del demanio.
Risulta, peraltro, anche all'interrogante che, soltanto a giugno del 2005 il comune di Giaveno ha provveduto a trasmettere alla prefettura la documentazione, richiesta sin dal 2002, necessaria per interessare l'Agenzia del demanio ai fini del rilascio del suddetto nulla osta alla spesa.
Si è tuttora in attesa di ricevere dai citati uffici finanziari il verbale di presa in possesso dell'immobile ed il nulla osta alla spesa a suo tempo richiesti.
Entrambi sono stati più volte sollecitati dalla prefettura di Torino, da ultimo in data 14 febbraio 2007.
La situazione è attentamente seguita e si assicura che si farà il possibile per giungere, in tempi brevi, ad una soluzione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
OLIVA. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse recentemente sulla stampa la realizzazione dell'autostrada Siracusa-Catania rischia di subire un notevole ritardo rispetto alla data prevista per l'inaugurazione;
il general contractor per i lavori dell'autostrada ha reso noto che, anche a causa dei danni subiti a seguito di un grave incidente verificatosi alcuni mesi fa, ha bisogno, al fine di acquistare indispensabili macchinari, di ottenere un «premio anticipazione», come previsto dal contratto;
l'impresa appaltatrice, nell'ipotesi in cui l'ANAS non concedesse il sopraddetto premio, sarebbe costretta a chiedere una proroga dei tempi di consegna o a sospendere i lavori;
la realizzazione dell'autostrada Siracusa-Catania in tempi brevi, quindi anche prima dell'aprile 2009, data prevista per la conclusione dei lavori, rappresenta un interesse fondamentale per l'economia delle due province siciliane direttamente interessate e più in generale per una grande parte della Sicilia centro-orientale;
il completamento di questa importante arteria di collegamento avrebbe anche l'effetto, non secondario, di ridurre sensibilmente il grande numero di incidenti che si verificano attualmente lungo quel percorso -:
se il Governo intenda favorire l'accelerazione dei lavori di realizzazione dell'autostrada Siracusa-Catania e che tipo di azioni intenda porre in essere a tal fine, anche nei confronti dell'ANAS.
(4-02152)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In merito alla situazione dei finanziamenti e dei lavori di completamento dell'autostrada Catania-Siracusa ed al rischio di sospensione dei lavori in seguito alla controversia insorta tra ANAS s.p.a. e l'impresa appaltatrice dei lavori per la richiesta di riconoscimento del premio di accelerazione ai sensi dell'articolo 23 del Capitolato Speciale di Affidamento, l'ANAS s.p.a fa conoscere quanto segue.
A parere della società stradale sussiste una preclusione giuridica a riconoscere all'impresa appaltatrice il premio di accelerazione. Infatti, il Capitolato Speciale di Affidamento statuisce che «sulla base di apposita richiesta dell'amministrazione aggiudicatrice, successivamente alla stipula del contratto in relazione a sopravvenute esigenze, il contraente generale può provvedere all'ultimazione anticipata dei lavori. In tal caso sarà corrisposto un premio (...)».
Da un'analisi del caso, non si rinvengono le esigenze «sopravvenute» e di carattere «imprevedibile» richieste dalla disposizione del Capitolato di appalto.
In particolare, non può considerarsi sopravvenuto e/o imprevedibile né il fatto che la realizzazione dell'autostrada Catania-Siracusa sia stata avviata in ritardo rispetto alle altre opere infrastrutturali nell'area né il fatto che l'entrata in esercizio di queste altre opere infrastrutturali - avviate appunto in precedenza - comporti incrementi di traffico tali da necessitare un'anticipata apertura della tratta in questione.
Pertanto, allo stato attuale, non sussistono in concreto le circostanze che dovrebbero costituire il necessario presupposto ai fini del riconoscimento del premio di accelerazione. ANAS s.p.a ha già rappresentato all'Impresa aggiudicatrice l'impossibilità di corrispondere un premio per l'accelerazione dei lavori in questione.
Per quanto concerne lo stato di avanzamento dei lavori relativi alla realizzazione dell'autostrada, si rileva che lo stesso è pari al 43,35 per cento con una previsione, da contratto, di ultimazione degli stessi al mese di aprile 2009, pressoché in linea con il programma dei lavori stessi.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
OLIVA, LO MONTE, NERI, RAO e REINA. - Al Presidente del Consiglio dei
ministri, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Sicilia soffre da decenni per problemi derivanti dalla carenza idrica e fino allo scorso autunno in molti comuni è stata interrotta la fornitura di acqua corrente e si è dovuto ricorrere alle autobotti;
l'invaso di Ancipa, nel territorio di Troina (Enna), costituisce una fonte essenziale per l'approvvigionamento idrico della Sicilia centrale ed, in particolare, delle province di Caltanissetta, Catania, Enna e Messina;
è noto che l'invaso in questione avrebbe, potenzialmente, una capacità di circa 30 milioni di metri cubi d'acqua, ma, concretamente, viene sfruttato per non più del 50 per cento della sua capacità;
in passato il mancato utilizzo di tutta la potenzialità della diga è stato giustificato con la necessità di intervenire con lavori di ristrutturazione e con ragioni di sicurezza;
da notizie fornite agli interroganti dal Presidente della provincia di Enna, sembrerebbe che due terzi dei lavori previsti siano stati effettuati con conseguente aumento della capacità effettiva della diga;
risulta che da diversi giorni la diga, superata la quota di 9 milioni di metri cubi, venga svuotata e l'acqua eccedente riversata nel mare;
si assiste ad una situazione paradossale ed intollerabile considerato che l'acqua, che in questi giorni si spreca, non sarà disponibile per i cittadini nei mesi in cui l'emergenza idrica è più grave;
ormai da troppo tempo si ripropone il problema di un più razionale sfruttamento dell'acqua contenuta all'interno dell'invaso di Ancipa -:
quali azioni concrete ed immediate i Ministri interrogati hanno intenzione di intraprendere, nelle materie di loro competenza, affinché la diga di Ancipa possa essere utilizzata al massimo delle sue potenzialità e non si verifichi più un intollerabile spreco di acqua.
(4-02798)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La diga di Ancipa, situata nei comuni di Troia (Enna) e di Cesarò (Messina), ad una quota di 950 m. sul livello del mare, è una diga in calcestruzzo a gravità alleggerita costituita da 9 elementi cavi giuntati, di altezza pari a 111,9 m. La diga è stata costruita negli anni 1949-1952 ed è situata in zona sismica di classe 2.
Il Registro italiano dighe informa che la diga è interessata da un esteso quadro fessurativo degli speroni comparso fin dagli anni della costruzione.
A suo tempo il Servizio nazionale dighe, con nota n. SDI/433 del 20 gennaio 1998, aveva approvato il progetto esecutivo per il risanamento della diga che prevedeva:
la costruzione di un contrafforte in calcestruzzo che collega rigidamente la parte inferiore degli speroni centrali in corrispondenza del paramento di valle dell'opera al fine di incrementare la rigidezza strutturale in direzione sponda-sponda;
la realizzazione di uno schermo termico continuo a ridosso del paramento di valle, per la riduzione delle azioni termiche sulla diga;
il risanamento delle fessure tramite iniezioni di resine epossidiche.
I lavori di consolidamento della diga sono iniziati nel gennaio 2003 ed ad oggi sono stati completati il contrafforte in calcestruzzo, lo schermo termico sul paramento di valle ed i campi prova propedeutici per l'intervento di risarcimento delle lesioni.
In merito al risanamento delle fessure, l'ENEL, ente gestore della diga di Ancipa, ha presentato un progetto di variante sulle modalità esecutive delle iniezioni che è, ad oggi, all'esame del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Attualmente il serbatoio è limitato alla quota di 932,10 m. sul livello del mare come
quota massima autorizzata per l'esercizio del serbatoio nella stagione invernale ed alla quota di 936,50 m. sul livello del mare come quota massima autorizzata per l'esercizio nella stagione estiva ed alla quota di 939,0 m. sul livello del mare come quota raggiungibile in occasione di eventi di piena eccezionali.
Il Consiglio superiore dei lavori pubblici nelle sedute del 15 febbraio 2007 ed 8 marzo 2007 ha emesso il parere n. 279 del 2006 con il quale ha evidenziato che, allo stato, non sono ancora definite le modalità di ripristino dell'integrità strutturale dello sbarramento, tramite le previste iniezioni di resina. Ciò in quanto i precedenti controlli svolti in corrispondenza delle risarciture delle fessure non hanno fornito i risultati previsti in progetto.
Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in particolare, non ha ritenuto idonee le prescrizioni proposte in variante per le operazioni di risanamento delle fessure con le iniezioni epossidiche in quanto valutate non significative ai fini dell'effettivo comportamento finale dell'opera.
Il massimo Organo tecnico consultivo dello Stato ha quindi concluso che è urgente e indilazionabile che il concessionario definisca le attuali modalità di intervento e che, ai fini della determinazione delle condizioni di sicurezza dell'opera connesse con l'esercizio dell'impianto, sia analizzato il comportamento d'insieme della diga nelle condizioni post-operam che effettivamente possono essere conseguite alla luce di quanto finora sperimentato.
Per quanto concerne infine la possibilità di autorizzare in via temporanea ed eccezionale un incremento della quota di esercizio nel serbatoio, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha espresso l'avviso che, ove in rapporto a prevedibili situazioni di crisi idrica, prevalgano considerazioni di necessità dirette al soddisfacimento di primarie esigenze sociali, gli enti e le amministrazioni competenti potranno attuare una gestione in deroga dei livelli idrici nel serbatoio con le modalità e le cautele previste per l'attuazione delle misure straordinarie di protezione civile.
In data 15 marzo 2007 si è tenuta presso il Dipartimento regionale della protezione civile della Regione Sicilia, una riunione operativa per la pianificazione delle attività di protezione civile della diga di Ancipa.
Nel corso della riunione, l'ENEL ha ritenuto migliorato il comportamento dell'opera a seguito della realizzazione del contrafforte sismico e dello schermo termico.
Nel corso della discussione, il Registro italiano dighe, al fine di autorizzare la quota 936,50 m. sul livello del mare per la prossima stagione estiva, ha posto le seguenti condizioni necessarie per il rispetto della quota di sicurezza:
trasmissione in tempo reale dei dati di precipitazioni e afflussi/deflussi da parte del Settore osservatorio alle acque dell'Agenzia regionale;
pianificazione di protezione civile, anche speditiva, per le aree a valle della diga.
A tal proposito, i rappresentanti della regione e della protezione civile intervenuti hanno fornito ampie assicurazioni al Registro italiano dighe in merito all'osservanza delle suddette condizioni le cui procedure sono state avviate sin dalla data della riunione. Inoltre il RID stesso e l'ENEL hanno stabilito di concordare un intensificazione del sistema di controllo dell'opera.
In conclusione di detta riunione è stato previsto che l'ENEL, in qualità di ente gestore, «viene autorizzata sin d'ora a chiudere le paratoie dello scarico di fondo, a fare affluire al serbatoio il bacino allacciato e ad invasare fino alla quota 936,50 m. sul livello del mare fino alla data del 30 settembre 2007».
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
PAOLETTI TANGHERONI, BERTOLINI e LICASTRO SCARDINO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per i
diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la Corte di cassazione ha decretato che non sempre è stupro un rapporto iniziato con l'assenso di entrambi i partner ma non interrotto su richiesta di uno dei due, annullando così la condanna del tribunale di Latina e della Corte d'appello di Roma a quattro anni di reclusione per un giovane ventenne, accusato di violenza su una minorenne;
la storia risale al 2000, quando i due fidanzati si erano appartati per scambiarsi effusioni, sfociate in un rapporto completo. La ragazza aveva allora 16 anni e poco dopo la sua prima volta ha denunciato il fidanzato perché dopo un primo consenso avrebbe chiesto invano al partner di fermarsi, senza però essere ascoltata;
dopo le due sentenze di condanna l'imputato ha proposto ricorso in Cassazione denunciando vizi di motivazione e, in particolare, una erronea ricostruzione dei fatti e l'inattendibilità della minorenne;
con la sentenza 24061 la Corte ha dato ragione al ragazzo adducendo quale motivazione proprio quel sì iniziale della ex fidanzata;
per la Corte di cassazione, accogliendo la richiesta della difesa, non sussiste la violenza nel caso in cui il ragazzo non abbia percepito il dissenso della partner. I giudici hanno accettato la tesi innocentista, che evidenziava come la giovane si sarebbe indotta a denunciare il fatto, perché in perfetta buonafede riteneva di non avere voluto quel rapporto o di averlo desiderato in maniera diversa, sottolineando che i magistrati di primo grado avrebbero omesso di valutare se questo dissenso poteva essere stato percepito dal compagno. In proposito, la Suprema Corte sottolinea che i giudici, nel condannare l'uomo, avrebbero dovuto specificare come il racconto della ragazza, secondo il quale la stessa si sarebbe opposta decisamente nel momento in cui aveva iniziato a sentire forti dolori... si fosse realmente obiettato con dati di concretezza e non si fosse tradotto semplicemente in una mera riserva mentale. Particolare, importante per la Cassazione, perché in questo caso l'imputato, che agiva nella certezza di avere un rapporto consentito, poteva non avere percepito quel disagio che la ragazza avrebbe successivamente manifestato;
sarà ora la Corte d'appello di Roma, cui la Cassazione ha rinviato il caso, a vedere se il ragazzo effettivamente avesse percepito il rifiuto della fidanzata perché diversamente al di là dell'asserito presentimento di pensare che l'imputato volesse chiederle scusa per il fatto del giorno precedente, non ci si saprebbe dare una spiegazione persuasiva del fatto che, dopo quello che era successo il giorno precedente, la parte offesa si era nuovamente accompagnata con lo stesso imputato in macchina;
non è la prima volta che le decisioni della Corte di cassazione fanno discutere. Infatti nel 1999 ci fu il caso dei cosi detti jeans per il quale i magistrati stabilirono che per una donna che indossi i jeans e viene violentata, non si può parlare di stupro perché è dato di comune esperienza che questo tipo di pantaloni non si possono sfilare nemmeno in parte, senza la fattiva collaborazione di chi li porta;
secondo le interroganti sentenze del genere rischiano, da una parte, di incoraggiare atti di violenza che finiscono per godere di impunità e, dall'altra invece, di scoraggiare le donne soprattutto se giovani, a denunciare le violenze subite, perché la denuncia non solo cade nel vuoto, ma le sottopone ad ulteriori umiliazioni -:
se non ritengano di adottare urgentemente iniziative normative alla luce della delicata vicenda, volte a tutelare maggiormente i diritti della donna.
(4-00573)
Risposta. - Al fine di garantire alla donna e, più in generale, a tutti i soggetti deboli un'adeguata tutela sostanziale e processuale, questo dicastero ha elaborato,
unitamente con il Ministero per i diritti e e le pari opportunità ed il Ministero per le politiche per la famiglia, il disegno di legge d'iniziativa governativa (atto Camera n. 2169) recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione», assegnato alla II Commissione giustizia in sede referente in data 19 febbraio 2007.
L'iniziativa legislativa del Governo è diretta a rafforzare l'azione di repressione e prevenzione, generale e speciale, dei fatti di violenza sulla persona, specie nelle relazioni familiari e affettive, e di prevaricazione ai danni di soggetti che, per le qualità personali, sono maggiormente vulnerabili. Il disegno di legge, inoltre, mira anche a predisporre e attivare, a vari livelli, una serie di misure di sensibilizzazione sociale e di prevenzione attraverso l'informazione e la formazione dei soggetti coinvolti, introducendo, altresì, una vera e propria «carta dei diritti» delle vittime di violenza al fine di garantire un supporto psicologico, sociale, economico, familiare e previdenziale.
Gli specifici interventi in materia di delitti di violenza sessuale (che rappresentano solo una parte del disegno di legge) sono attuati mediante la tecnica della novellazione delle norme del codice penale e di procedura penale, nonché di ordinamento penitenziario, con la finalità di assicurare un maggior grado di tutela alla categorie più deboli quali, appunto, donne e minori.
In particolare, si è ritenuto di operare sulle aggravanti previste dall'articolo 609-ter del codice penale, sottolineando la gravità del fatto commesso da chi abbia con la vittima una relazione privilegiata e individuando situazioni di particolare e deprecabile prevaricazione sulla parte offesa.
Il disegno di legge incide anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l'effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni concretamente applicabili.
Di assoluto rilievo è l'effetto di ricaduta sull'articolo 15 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico immigrazione): il combinato disposto rende infatti possibile l'espulsione dello straniero condannato per tali reati, come misura di sicurezza.
Ancora, il disegno di legge estende la possibilità di effettuare con incidente probatorio, al di fuori dei casi di irripetibilità, l'audizione della vittima di delitti di violenza e abuso sessuale. Si tratta di un'opportunità, attualmente limitata al caso di vittima infrasedicenne, volta ad evitare che il minore sia sottoposto al cosiddetto lo strepitus fori e, pertanto, ad ulteriori turbamenti e traumi. L'innovazione consente l'assunzione con tale modalità della testimonianza del minore ultrasedicenne e della parte offesa anche maggiorenne, trattandosi di delitti portatori di conseguenze distruttive anche nei confronti dei soggetti adulti o quasi adulti.
Infine, per i reati di violenza e abuso sessuale viene previsto come obbligatorio il ricorso al giudizio immediato, se la prova appare evidente, al fine di approdare direttamente al dibattimento, senza l'udienza preliminare.
Considerati i tempi necessari per l'espletamento dell'incidente probatorio, si è elevato a 120 giorni il termine entro cui deve essere chiesto il giudizio immediato.
Per quanto riguarda l'azione del Governo contro la repressione della violenza sessuale si richiama, inoltre, la disposizione di cui al comma 1261 della legge finanziaria 2007 legge 27 dicembre 2006, n. 296) il quale prevede che una parte del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità sia destinato all'istituzione di un Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere. Con decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le politiche per la famiglia, verranno emanati i criteri di ripartizione del fondo, di cui una parte è destinata all'istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di
genere ed un'altra parte al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.
Si fa, infine, presente che anche sulla base dei risultati della ricerca sulla violenza domestica commissionata dal Ministero per i diritti e le pari opportunità (condotta dall'ISTAT e presentata il 21 febbraio 2007) è stata avviata una iniziativa pubblicitaria nazionale di sensibilizzazione e di diffusione del numero verde di pubblica utilità 1522, «Antiviolenza Donna», dedicato al supporto, alla protezione e all'assistenza delle donne vittime di maltrattamenti e violenze.
Peraltro, il tema è inserito tra le priorità e le strategie del Piano delle iniziative previste per l'anno europeo delle pari opportunità.
Quanto, infine, alle doglianze espresse dall'interrogante in relazione alla sentenza della Corte Suprema menzionata nell'atto di sindacato ispettivo, non può che osservarsi che non spettano in alcun modo all'autorità politica valutazioni sul merito dei provvedimenti giurisdizionali e, tanto meno, in ordine alla prova dei fatti, trattandosi di competenza attribuita costituzionalmente all'Autorità giudiziaria. Nel caso di doglianze da parte dei soggetti legittimati l'ordinamento appresta, comunque, specifici rimedi all'interno dello stesso sistema processuale.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
PEDRINI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 dell'allegato al decreto ministeriale 21 giugno 2004 afferma che le barriere stradali sono poste in opera al fine di realizzare accettabili condizioni di sicurezza;
l'articolo 7 del decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223, il quale sancisce: «1. L'ANAS, le società concessionarie di autostrade, le province ed i comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti invieranno ogni due anni al Ministero dei lavori pubblici - Ispettorato circolazione e traffico, un rapporto sommario che, sulla base delle esperienze statistiche di esercizio, fornisca indicazioni sulla efficienza e funzionalità delle barriere omologate, segnalando eventuali deficienze rispetto alle caratteristiche previste. 2. Gli altri enti gestori delle strade faranno le medesime segnalazioni, ma senza l'obbligo di cadenza temporale definite. 3. II Ministero dei lavori pubblici - Ispettorato circolazione e traffico, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dichiarerà decadute le omologazioni di tipi e modelli che non presentino i requisiti minimi fissati dalle norme aggiornate, ovvero non abbiano dato riscontri positivi nell'impiego; qualora se ne verifichino le circostanze, potrà essere attribuita una classe inferiore a quella originaria»;
l'articolo 8 del decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223, il quale afferma: «1. Sono allegate al presente decreto le "Istruzioni tecniche per la progettazione, l'omologazione e l'impiego delle barriere stradali di sicurezza". 2. Le suddette istruzioni tecniche saranno periodicamente aggiornate dal Ministero dei lavori pubblici - Ispettorato circolazione e traffico, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in rapporto all'esperienza maturata e allo stato dell'arte»;
a giudizio dell'interrogante, i decreti sopraccitati sono stati emanati al solo scopo di proteggere gli autoveicoli dall'uscita dalla carreggiata, senza tenere in considerazione le modalità tecniche di costruzione al fine di evitare danni alle persone;
numerosissimi sono stati gli incidenti dove il veicolo a causa delle barriere non è uscito dalla carreggiata, ma il conducente o i trasportati sono deceduti per l'impatto contro il margine superiore delle barriere che essendo a lama, invece di proteggere è motivo di gravissimi danni;
tali barriere così come strutturate nella loro parte superiore non sono in grado di proteggere eventuali conducenti di motocicli, ciclomotori e velocipedi oltre
i trasportati delle autoveicoli, anzi sono causa proprio per la loro struttura di gravissimi danni e decessi;
a causa di tali danni, derivati dalla struttura a lama delle barriere, lo Stato e le Regioni hanno dovuto e continuano a sopportare ingenti costi per cure sanitarie, quantificabili in milioni di euro con aggravio della spesa pubblica e danni irreparabili alle persone e alle famiglie per il resto della loro vita;
la modifica di tali barriere porterebbe ad un risparmio della spesa sanitaria, con un conseguente miglioramento dei conti pubblici;
a seguito di incidenti stradali le barriere incidentate, in moltissimi casi, non vengono sostitute, nonostante il rimborso del danno da parte delle assicurazioni RC auto, cagionando un potenziale pericolo infinitamente superiore a quello delle barriere nuove -:
quale sia il contenuto dei rapporti inviati al Ministro in indirizzo ai sensi dell'articolo 7 del decreto 223 sopra citato e gli eventuali provvedimenti adottati;
quali misure tecniche il Governo voglia adottare per evitare futuri incidenti dovuti alla struttura di tali barriere, le cui modalità di costruzione sono disciplinate da un decreto ministeriale;
quali interventi il Governo intenda adottare relativamente alle barriere attualmente posizionate.
(4-01032)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In merito alla normativa di settore delle barriere di sicurezza, emanata da questo Ministero a partire dal decreto ministeriale n. 223 del 1992 con successivi aggiornamenti fino al decreto ministeriale 21 giugno 2004, si precisa quanto segue.
In linea con i precedenti decreti, il decreto ministeriale 21 giugno 2004, che ha recepito le norme europee EN 1317 sulle modalità di effettuazione delle prove d'urto al vero cui devono essere sottoposte le barriere di sicurezza al fine della loro omologazione, attribuisce notevole importanza alla sicurezza degli occupanti il veicolo impattante.
Sono stati individuati dei parametri, finalizzati a dimostrare le prestazioni della barriera nei confronti degli occupanti il veicolo, che sono complementari a quelli che servono per definire le capacità di contenimento del veicolo affinché non fuoriesca dalla carreggiata ma venga reindirizzato con opportune traiettorie potenzialmente non in conflitto con altri veicoli eventualmente sopraggiungenti. Tali parametri, che devono essere misurati nei campi prova durante i crash test, sono l'ASI (indice di severità dell'accelerazione), il THLV (velocità teorica d'urto della testa), il PHD (decelerazione post-urto della testa) e il VCDI (indice di deformazione dell'interno del veicolo).
Detti parametri, senza entrare nel dettaglio del loro significato per il quale comunque si rimanda alla norma UNI EN 1317 parte 1, devono essere contenuti all'interno di determinati valori stabiliti nella parte 2 della stessa norma europea e sono proprio finalizzati alla valutazione della severità dell'urto per gli occupanti del veicolo.
La condizione che i valori dei suddetti parametri registrati in prova rispettino quelli fissati dalla norma è necessaria ma non sufficiente per il rilascio del certificato di omologazione da parte del Ministero e, pertanto, le barriere omologate sono tutte verificate sotto il profilo della sicurezza degli occupanti attraverso prove convenzionali con precise modalità, in termini di angolo e velocità di impatto, tipologia e massa del veicolo, concordate a livello europeo e definite nella citata norma EN 1317.
Precisato che la norma di settore sulle barriere ha sempre avuto lo scopo principale di verificare la capacità prestazionale della barriera in termini di sicurezza degli occupanti, non si può nascondere il dato di fatto che lungo le strade italiane siano posizionate barriere non omologate oppure non installate correttamente.
Questo problema deriva in primo luogo dal fatto che non sussiste l'obbligo di
sostituzione di barriere installate antecedentemente l'entrata in vigore della prima normativa di settore (decreto ministeriale 223 del 1992) e quindi prive di omologazione, se non in occasione di interventi di «adeguamento di tratti significativi di tronchi stradali oppure nella ricostruzione e riqualificazione di parapetti di ponti e viadotti situati in posizione pericolosa per l'ambiente esterno alla strada o per l'utente stradale», (articolo 2 del decreto ministeriale 223 del 1992). In secondo luogo, la non corretta installazione delle barriere, pur attraverso l'impiego di dispositivi omologati, attiene alla responsabilità degli enti proprietari/gestori delle strade che, attraverso l'operato di progettisti e direttori dei lavori, dovrebbero attenersi alle disposizioni del citato decreto ministeriale 21 giugno 2004.
Per quanto riguarda il lamentato problema della mancata sostituzione delle barriere incidentate, si deve osservare che per gli enti proprietari e gestori di strade esiste l'obbligo di sostituzione, non già dalla normativa di settore sulle barriere emanata da questo Ministero con successivi decreti, ma dal sovraordinato Codice della strada: l'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 285 del 1992 infatti dispone che «Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; ...». Si richiama l'attenzione sul fatto che le barriere di sicurezza, ai sensi dell'articolo 24 dello stesso Codice, sono pertinenze di esercizio della strada.
In merito ai rapporti che gli enti proprietari delle strade inviano al Ministero, ai sensi dell'articolo 7 del decreto ministeriale 223 del 1992, si informa che dal loro contenuto non è mai emersa la necessità di dichiarare decaduta l'omologazione di tipi e modelli di barriere che non hanno dato riscontri positivi in sede di impiego, né tanto meno di dichiararne un declassamento.
Infine, per quanto riguarda la richiesta di intervento del Governo attraverso provvedimenti specifici sulle barriere attualmente posizionate, si informa che il già Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la direttiva n. 3065 del 25 agosto 2004 «Criteri di progettazione, installazione, verifica e manutenzione dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali», aveva già adottato i provvedimenti richiesti.
Detta direttiva n. 3065 prevede infatti che «per le strade esistenti, che non sono oggetto di interventi di adeguamento e per le quali pertanto non vige l'obbligo di applicare il decreto ministeriale 223 del 1992 e di sostituire le barriere eventualmente non omologate o non rispondenti ai requisiti previsti dalle istruzioni tecniche allegate allo stesso decreto ministeriale, si richiama tuttavia l'attenzione degli enti proprietari e gestori sui compiti agli stessi assegnati dall'articolo 14 del nuovo Codice della strada in merito al controllo dell'efficienza tecnica della strada e delle pertinenze stradali tra le quali sono compresi tutti i dispositivi di ritenuta. Pertanto, con la presente direttiva si invitano gli enti in indirizzo a verificare lungo la rete stradale di propria competenza le condizioni di efficienza e di manutenzione dei dispositivi di ritenuta con particolare riferimento alle modalità di installazione, provvedendo, laddove tali condizioni non siano ritenute sufficienti, a programmarne l'adeguamento alle disposizioni del decreto ministeriale 223 del 1992, secondo le modalità previste dall'articolo 2 dello stesso decreto ministeriale» e richiama inoltre «l'attenzione degli enti proprietari e gestori di strade in merito all'obbligo, previsto dall'articolo 3 del decreto ministeriale 223 del 1992 di utilizzare unicamente dispositivi omologati dal competente ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti».
L'ANAS S.p.A., in qualità di gestore della rete stradale statale, ha comunicato che l'entrata in vigore dell'obbligo di utilizzo di barriere omologate (per le classi per le quali è già stata emessa la circolare su menzionata) e la situazione normativa non ancora consolidata hanno determinato solamente
in tempi recenti l'avvio dei lavori di adeguamento consistenti nell'installazione di barriere omologate secondo le nuove norme. Sul piano della raccolta di dati statistici solo con l'impiego di tali barriere omologate per un periodo sufficientemente ragionevole è possibile produrre un insieme di valutazioni di carattere significativo circa la loro efficienza e funzionalità.
Sulla base dei primi risultati derivanti dall'impiego di barriere omologate già installate, anche se da un periodo non sufficiente in termini di dati statistici disponibili, la società ha rilevato che tali dispositivi hanno apportato miglioramenti nei livelli di sicurezza soprattutto per ciò che concerne gli spartitraffico centrali.
I criteri di progettazione, il comportamento sotto urto di tali barriere, i valori degli indici di accelerazione e quindi di severità dell'urto per i passeggeri rilevati nelle prove al vero sulle autovetture entro i limiti prescritti dalle norme europee EN 1317, hanno trovato un riscontro dalle prime analisi e risultati che emergono dall'impiego di tali dispositivi avendo, infatti, registrato un complessivo miglioramento dei livelli di sicurezza.
Nell'ambito del «Programma per il miglioramento della sicurezza stradale sulla rete nazionale» la società ANAS ha avviato in tutti gli uffici periferici e centrali un'azione di sensibilizzazione in relazione sia alla progettazione puntuale e completa degli interventi di installazione delle barriere di sicurezza sia al monitoraggio dell'efficienza e funzionalità delle stesse. Le risultanze dell'attuazione del citato programma saranno trasmesse al Ministero competente non appena disponibili.
Per quanto attiene all'applicazione dell'articolo 7 del decreto ministeriale citato in ambito autostradale, la società ANAS ha fatto conoscere di avere inviato una circolare a tutte le società concessionarie in cui si ribadisce e si raccomanda alle stesse di dare applicazione a tale disposizione.
La verifica e il controllo in loco sono operate dai singoli uffici autostradali periferici competenti. Essi, infatti, effettuano periodiche visite finalizzate a verificare lo stato di manutenzione sia delle infrastrutture autostradali in concessione sia delle aree di pertinenza, provvedendo a contestare eventuali anomalie riscontrate alla concessionaria la quale, a sua volta, è tenuta ad ottemperare alle carenze segnalate.
La società ANAS fa conoscere, infine, che le norme tecniche vigenti relative alle prove d'urto contro le barriere di sicurezza, che recepiscono integralmente le norme europee UNI EN 1317, non comprendono alcuna disposizione circa la struttura delle barriere stesse al fine di proteggere in caso di impatto i conducenti di motocicli, ciclomotori e velocipedi oltre i trasportati degli autoveicoli.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ANTONIO PEPE. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il Gargano è una delle località turistiche di maggior pregio ambientale dell'intera Puglia, esso è sede dell'omonimo parco ed è costituito da un ecosistema di elevato valore;
Mattinata, Vieste, Peschici e Rodi sono paesi ad altissima vocazione turistica grazie alla bellezza del mare, della natura, e alla qualità dell'enogastronomia: essi costituiscono centri fortemente attrattivi nei mesi estivi e primaverili;
San Giovanni Rotondo e Monte Sant'Angelo sono località di notevole importanza per il turismo religioso e sono anch'esse meta, durante tutto l'anno, di milioni di pellegrini che giungono nella provincia di capitanata da tutte le parti del mondo;
il sistema di viabilità stradale e ferroviario non è adeguato alla domanda di mobilità che tale patrimonio ambientale culturale e religioso sviluppa;
in particolare il sistema ferroviario si interrompe in località Calennella (Peschici) ed è strutturato su un solo desueto binario;
il sistema stradale invece è costituito da due importanti arterie a scorrimento veloce: la prima, Superstrada del Gargano, che giunge a Vico dalla autostrada A14 e la seconda che arriva in modo fluido fino a Mattinatella, località tra Mattinata e Vieste; il resto del sistema è costituito da un tortuoso complesso di strade locali che congiunge il resto dei paesi garganici -:
quali iniziative intenda porre in essere affinché sia migliorato il sistema infrastrutturale viario e ferroviario del Gargano e se ad esempio non ritenga necessario che sia completato il sistema stradale per congiungere in modo rapido Mattinatella con Rodi Garganico, di fatto completando la Superstrada del Gargano, al fine di rendere quanto più possibile e scorrevole il traffico per evitare anche il forte impatto ambientale che esso provoca soprattutto con l'utilizzo di strade non adeguate alla viabilità moderna.
(4-01547)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per potenziare ed ammodernare l'accessibilità viaria del Gargano, l'ANAS ha predisposto il progetto definitivo del completamento del nuovo collegamento stradale tra lo svincolo di Foggia dell'autostrada A14 e San Giovanni Rotondo.
L'intervento comprende le seguenti infrastrutture:
1. Strada statale 89 - adeguamento in sede alla categoria B del decreto ministeriale 5 novembre 2001 - tratto dal km. 172+000 (svincolo sud di Manfredonia) al km 186+400 (aeroporto militare di Amendola);
2. Strada statale 273 - adeguamento alla categoria B del decreto ministeriale 5 novembre 2001 (due corsie per senso di marcia, spartitraffico centrale e banchine laterali) - dall'innesto sulla statale 89 a San Giovanni Rotondo;
3. Variante della Strada statale 272 - Tangenziale di San Giovanni Rotondo.
Completato il progetto definitivo sono state avviate le procedure approvative stabilite dalla normativa vigente.
Il collegamento tra Rodi Garganico e la località Mattinatella viene assicurato dalla strada statale n. 89 «Garganica» che ha inizio a San Severo e termina a Foggia. In località Mattinatella, la variante alla strada statale 89 è costituita da un breve tratto di strada statale 688 «di Mattinata».
L'ammodernamento della strada statale 89 dallo svincolo sud di Manfredonia all'aeroporto di Amendola è stato inserito nell'elenco delle opere incluse nel documento «infrastrutture prioritarie» predisposto dal Ministero delle infrastrutture e presentato alla fine dello scorso 2006. Tale progetto ha ottenuto il parere favorevole da parte del Ministero dell'ambiente, tutela del territorio e del mare e del Ministero dei beni culturali.
Per quanto riguarda la strada statale 273, successivamente all'avvio della progettazione definitiva, la gestione della strada è stata trasferita alla Provincia di Foggia e pertanto l'ammodernamento della strada esistente ricade nelle competenze dell'ente locale medesimo.
Relativamente alla strada statale 272 - tangenziale di San Giovanni Rotondo, l'ANAS informa che il relativo progetto definitivo ha ottenuto il parere favorevole da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per i i beni e le attività culturali.
Dopo l'approvazione del suddetto progetto definitivo da parte della Conferenza dei Servizi, l'ANAS apporterà ai progetti relativi alla strada statale 272 e alla strada statale 89 le eventuali integrazioni necessarie per l'appalto integrato.
Per quanto attiene, infine, il sistema ferroviario nel Gargano, si rappresenta che i collegamenti sono assicurati dalla società Ferrovie del Gargano la quale gestisce il trasporto pubblico nell'area e che non rientra nelle competenze del Ministero delle infrastrutture.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso che presso il consolato generale d'Italia a Tripoli le pratiche di istruzione per il rilascio dei visti sono affidate ad un cittadino greco residente in Libia da molti anni;
la normativa in materia di immigrazione e di asilo (cosiddetta legge Bossi-Fini) prevede che il personale addetto al rilascio dei visti presso le rappresentanze consolari e diplomatiche italiane all'estero debba appartenere ai ruoli della pubblica amministrazione;
l'articolo della legge 30 luglio 2002, n. 189, in particolare, dal titolo «Misure di potenziamento delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari», stabilisce che, al fine di provvedere alle straordinarie esigenze di servizio, le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria possono assumere, personale con contratto temporaneo della durata di sei mesi, nel limite complessivo di ottanta unità;
le suddette unità di personale sono destinate a svolgere mansioni amministrative ordinarie nelle predette sedi all'estero;
nelle medesime sedi un corrispondente numero di unità di personale di ruolo appartenente alle aree funzionali è conseguentemente adibito all'espletamento di funzioni istituzionali in materia di immigrazione ed asilo, nonché di rilascio dei visti di ingresso;
l'impiego di personale italiano in dette mansioni è giustificato anche dall'esigenza di evitare pressioni provenienti dalle autorità locali e di prevenire possibili episodi di corruzione, cosa questa possibile se trattasi di persone del luogo, come nel caso suesposto;
alcuni mesi fa a Bengasi, in Libia, il consolato italiano è stato oggetto di attentato terroristico; sempre a Bengasi è stata constatata la presenza di cellule di «Al Quaeda» che - come è noto - minacciano l'Italia di irruzioni terroristiche;
a giudizio dell'interrogante, il rilascio dei visti d'ingresso affidato a personale straniero potrebbe esporre l'Italia a gravi rischi e fare della Libia una sorta di «terralasciapassare» di potenziali terroristi verso il nostro paese -:
se non ritenga opportuno intervenire presso il consolato generale d'Italia a Tripoli affidando a personale italiano l'espletamento delle mansioni relative al rilascio dei visti.
(4-03106)
Risposta. - Nelle Rappresentanze diplomatiche la ricezione delle domande di visti d'ingresso è affidata al personale di ruolo del Ministero degli affari esteri. In precedenza tali mansioni sono state svolte, per mancanza di personale in organico, anche dal personale con contratto regolato dalla legge italiana, munito peraltro di abilitazione.
Presso il consolato generale d'Italia in Tripoli ha collaborato nel settore visti, nella parte preliminare ed esecutiva della procedura, il cittadino italiano, già cittadino greco fino al 17 agosto 1988, cui fa riferimento l'interrogante, restando la completa responsabilità in merito al rilascio e/o diniego del visto al funzionario di ruolo del consolato. Lo stesso impiegato è stato da tempo trasferito ad altro ufficio in occasione della ciclica rotazione del personale adibito all'ufficio visti, rotazione prevista in ogni rappresentanza diplomatico-consolare.
Il personale di ruolo addetto alla sorveglianza (personale dell'Arma dei carabinieri) esercita quotidianamente un'attenta attività di vigilanza sulla utenza sia straniera che italiana, al fine di prevenire ed evitare qualunque eventuale episodio di malcostume interno ed esterno all'ufficio.
Attualmente presso la Sezione visti del consolato generale d'Italia in Tripoli sono operativi un cancelliere di ruolo, responsabile del settore, due assistenti amministrativi di ruolo, un impiegato a contratto (cittadino italiano) regolato dalla legge italiana, con mansioni di interprete-traduttore.
Tutto il personale di ruolo è munito di regolare abilitazione.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la strada statale Aurelia nel tratto tra Grosseto e Civitavecchia ha circa 20 chilometri ancora a due corsie che presentano una media di incidenti doppia rispetto alla media nazionale;
l'Anas nel 2001 ha elaborato un progetto di adeguamento a tipologia autostradale del tratto tra Rosignano e Civitavecchia da realizzarsi quasi interamente in sede;
nella scorsa legislatura il completamento del corridoio autostradale tirrenico è stato inserito tra le opere prioritarie della Legge Obiettivo e nel 2005 è stato presentato dalla Concessionaria SAT (società autostrada tirrenica) il progetto preliminare di autostrada a pedaggio tra Rosignano e Civitavecchia che prevede un percorso interamente fuori sede tra Grosseto e Civitavecchia, non ancora approvato ma che ha superato la procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) -:
se intenda verificare per quanto di sua competenza la fattibilità economica dei progetti in questione e chiedere all'Anas una valutazione delle due soluzioni in ordine alle priorità di intervento e alle risorse a disposizione, considerati i limiti di bilancio per le infrastrutture evidenziati nel DPEF (Documento di programmazione economica-finanziaria).
(4-00926)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'Anas Spa fa conoscere che già nel 2001 era stato ultimato il progetto definitivo dell'autostrada tra Civitavecchia e Grosseto insistente interamente sulla sede della strada statale n. 1 Aurelia.
Si evidenzia che il progetto era stato elaborato prima dell'entrata in vigore del decreto ministeriale del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 5 novembre 2001 recante «Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade» e prima dell'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 - legge obiettivo.
Con il decreto legislativo n. 190 del 2002 è stato inserito il completamento dell'autostrada Livorno-Civitavecchia nel primo programma della legge obiettivo (Delibera CIPE n. 121 del 2001).
Tuttavia a causa del nuovo quadro normativo, il progetto redatto da Anas risultava non più in regola con la normativa vigente. La S.A.T. società concessionaria dell'autostrada Livorno-Civitavecchia ha pertanto predisposto un nuovo progetto preliminare del completamento dell'autostrada da Rosignano a Civitavecchia (il tratto da Livorno a Rosignano è già aperto al traffico) che, per quanto attiene il tratto Rosignano-Grosseto, utilizza adeguandolo l'attuale tracciato della statale Aurelia già a 4 corsie con spartitraffico mentre per il tratto Grosseto-Civitavecchia, a seguito di numerosi studi, si è pervenuti all'individuazione di un tracciato in parte condiviso dalle Regioni Toscana e Lazio.
Il progetto preliminare, contenente appunto le due soluzioni ed approvato da Anas, è stato trasmesso al Ministero delle infrastrutture, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli altri soggetti competenti per l'avvio delle procedure previste dalla legge obiettivo.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha scelto il tracciato costiero voluto dalla Regione Toscana ed ha emesso il parere relativo alla Valutazione d'Impatto Ambientale. La Regione Toscana, oltre a proporre il tracciato predetto, ha altresì deliberato che venga data priorità alla messa in sicurezza della statale Aurelia lungo l'intero tratto.
Con la delibera n. 470 del 26 giugno 2006 la Regione Toscana ha quindi stabilito di fare proprie le scelte progettuali, le prescrizioni, le raccomandazioni di cui al parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 31 marzo 2006.
Il progetto preliminare dell'opera prevede un investimento di circa 2900 milioni di euro e la società concessionaria dell'autostrada Livorno-Civitavecchia (Società Autostrada Tirrenica) ha in corso la predisposizione del relativo piano economico e finanziario.
Il corridoio tirrenico con il completamento della variante Aurelia a Chioma nel comune di Livorno, il collegamento con il porto di Piombino e il collegamento con i porti minori e i raccordi con la viabilità locale è stato incluso nel documento «Infrastrutture Prioritarie», predisposto dal Ministero delle infrastrutture a conclusione degli incontri con le Amministrazioni regionali e sottoposto all'esame della Conferenza Unificata Stato-Città-Autonomie locali in data 16 novembre 2006.
Occorre rilevare, infine, che per effetto della sopravvenuta normativa che disciplina il settore autostradale di cui alla legge n. 286 del 2006 nonché alla delibera del CIPE n. 1 del 2007, si è provveduto alla stesura di una convenzione unica trasmessa da parte di Anas alla società concessionaria già in data 20 marzo 2007.
Prosegue quindi allo stato l'iter istruttorio al fine di addivenire ad un testo condiviso tra Anas e la predetta società concessionaria.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
REALACCI. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. - Per sapere - premesso che:
il videogame dal titolo «Rule of Rose», prodotto e distribuito in Giappone a marchio Sony e in arrivo a breve in Italia sotto altro marchio, che ha come oggetto sevizie ad una bambina di 10 anni e come obiettivo di gioco la sua sepoltura da viva, ha già scosso le coscienze di molti italiani;
il 20 novembre 2006 è stato promosso da «Anima per il sociale nei valori d'impresa» e da «Pentapolis», sottoscritto da esponenti del mondo della cultura, dell'economia e della politica, un appello con il quale si evidenzia la convinzione che le ragioni del business e del profitto non possono giustificare scelte d'impresa che possono produrre effetti dannosi per i singoli individui, per le famiglie e per l'intera società;
gli organi di stampa si sono occupati con sconcerto di questo caso, che supera la soglia di ciò che può essere considerato lecito, legittimo e ragionevole e peraltro rappresenta l'ennesimo episodio di un'escalation di violenza nei contenuti dell'entertainment video;
la correlazione tra la violenza dei videogames, immagini ripetute e scene «vissute» in modo attivo, con un alto livello di concentrazione e l'innalzamento del tasso di aggressività nei giovani e giovanissimi, è stata oggetto di molte ricerche e confermata anche da uno studio comparativo di uno dei maggiori esperti in materia, il professor Craig Anderson;
la Presidente della Commissione Parlamentare per l'Infanzia, sostiene che «...la violenza dei videogiochi fa perdere il confine fra bene e male...» e la professoressa Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo all'Università La Sapienza di Roma, dichiara a Panorama che «...la cosa preoccupante è la filosofia che pervade questi giochi. Si vince se si è più violenti. Viene premiata la violenza e la criminalità e il ragazzo può abituarsi, in una sorta di inquietante adattamento cognitivo...»;
oramai è sotto gli occhi di tutti l'aumento dei casi di violenza perpetrata da giovani su altri giovani, su persone disabili o diverse, sui propri genitori, sugli anziani, ed è difficile pensare che questo fenomeno non sia legato all'aumento della violenza e dell'aggressività nelle immagini e nei messaggi ai quali i ragazzi, attraverso videogames, cinema e televisione, sono continuamente sottoposti;
in questo contesto, la produzione e l'immissione sul mercato di prodotti di
entertainment con contenuti devianti, cinici e con finalità di gioco esplicitamente contrarie al rispetto della vita e della legge, non può che essere considerato da parte di un'impresa un gravissimo atto di irresponsabilità sociale -:
quali iniziative normative intendano intraprendere per far sì che le singole imprese dell'entertainment video e le loro rappresentanze di settore non adottino iniziative di produzione e commerciali basate su prodotti dal contenuto così palesemente violento e antieducativo per i giovani, al fine di non alimentare il fenomeno dilagante del bullismo, della violenza e della criminalità giovanile e contribuire, invece, alla crescita di una generazione sana, retta e cosciente dei valori e del rispetto dell'essere umano e della legalità.
(4-01732)
Risposta. - Al riguardo, nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si osserva che la diffusione delle nuove tecnologie di trasmissione e lo sviluppo della convergenza delle piattaforme e dei media hanno notevolmente ampliato le possibilità di circolazione dei contenuti (programmi televisivi, immagini, audiovideo, chat, giochi e simili) determinando maggiori rischi, per i minori, di accesso a contenuti potenzialmente nocivi per il loro sviluppo psico-fisico e morale.
I videogiochi, infatti, sono strumenti dalle molteplici potenzialità che, oltre alla funzione ludica, hanno quella di concorrere allo sviluppo della coordinazione, della memoria, della creatività ma, allo stesso tempo, possono avere caratteristiche diseducative in quanto incitano a comportamenti aggressivi, diminuiscono la capacità di cooperazione, trasmettono messaggi volgari, violenti o erotici.
Come è noto l'intrattenimento con i videogiochi ha ottenuto una straordinaria divulgazione determinando lo sviluppo dell'offerta di contenuti per giocatori adulti; da ciò deriva la necessità di prevedere forme di tutela idonee a preservare i minori - non esclusivi destinatari di tale passatempo ludico - da possibili effetti negativi nei loro confronti.
In tale contesto la Commissione europea dal 1999, con il Safer Internet Action Plan, e dal 2005 con il programma Safe Internet Plus, promuove iniziative e finanzia progetti che coinvolgono gli Stati membri e gli operatori dei settori interessati in azioni a completa tutela del minore nel suo approccio ad Internet ed alle nuove tecnologie on line.
Di fronte alla difficoltà di impedire o limitare la produzione e la distribuzione dei prodotti in argomento, e consapevoli dell'inefficacia di misure semplicemente interdittive, l'idea è quella di fornire un sostegno alle famiglie, finalizzato a valorizzare il carattere positivo dei videogiochi e, nel contempo, a vigilare per impedire il verificarsi di situazioni potenzialmente pericolose.
Si ritiene, pertanto, utile ed importante favorire la conoscenza e l'utilizzo, da parte dei consumatori/utenti, del sistema di classificazione Pegi (Pan European Game Information) - sistema europeo di classificazione dei videogiochi in base al contenuto ed alla idoneità all'utilizzo da parte dei soggetti appartenenti alle diverse fasce d'età - nato su iniziativa dell'Associazione europea degli editori di software interattivo ed utilizzato dal 2003 in sedici Paesi europei.
Da parte sua il ministero delle comunicazioni ha ospitato, il 15 gennaio 2007, il Pegi Advisory Board ed a seguito della riunione, su sollecitazione del membro italiano in rappresentanza del ministero, è stato avviato un lavoro di revisione del sistema per migliorarne l'efficacia, renderlo più facilmente comprensibile alle famiglie e diffonderne la conoscenza anche attraverso campagne informative.
A tal fine il ministero delle comunicazioni partecipa al tavolo di lavoro avviato dal dipartimento per le politiche giovanili e le attività sportive della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha lo scopo di concordare con i distributori di videogiochi presenti sul territorio nazionale una serie di azioni e di programmi di informazione per genitori ed adulti, volti a promuovere un acquisto consapevole dei prodotti in rapporto
ed alla formazione del minore utilizzatore finale.
È noto che i videogiochi possono essere scaricati ed utilizzati anche attraverso i moderni apparecchi di telefonia mobile; per tale motivo, il 6 febbraio 2007, Safer Internet Day, gli operatori di telefonia mobile ed i fornitori di contenuti hanno sottoscritto a Bruxelles un accordo che sancisce l'impegno da adottare una serie di misure per proteggere i minori nell'utilizzo del cellulare, anche mediante l'adozione di codici di autoregolamentazione, creando cosi un quadro di riferimento comune a livello europeo.
Nell'ambito delineato, il ministero delle comunicazioni ha avviato un nuovo ed approfondito dibattito sulle problematiche connesse ad un uso consapevole delle nuove tecnologie all'interno del nucleo familiare, affinché il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo e di diffusione delle medesime, fissate con la strategia di Lisbona, sia accompagnato dalla tutela del diritto dei minori ad un equilibrato e completo sviluppo mentale, fisico e morale.
In adesione a tali principi il ministero delle comunicazioni ha promosso, in accordo con gli operatori economici del settore, la realizzazione di un nuovo codice di autoregolamentazione «Media e minori» che, tenendo conto delle evoluzioni tecniche in materia, riunisca in un unico documento i già esistenti codici «Internet e minori» e «tv e minori» e coinvolga oltre ai gestori di telefonia mobile anche i produttori e gli editori di videogiochi.
La bozza di documento allo scopo predisposta, è attualmente all'esame degli operatori economici interessati e delle associazioni che operano a sostegno delle famiglie e a tutela dei minori e dei consumatori, perché facciano pervenire le proprie osservazioni.
Affinché, tuttavia, lo strumento di autodisciplina non risulti privo di reale efficacia ma, al contrario, il rispetto dell'emanando codice «Media e minori» abbia il necessario carattere cogente nei confronti dei sottoscrittori, saranno previste precise disposizioni finalizzate ad assicurare la corretta applicazione del codice stesso attribuendo, ad esempio, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) - che già attualmente svolge compiti di verifica ed attività sanzionatoria nei casi di mancata applicazione delle previsioni del codice di autoregolamentazione «tv e minori» - specifiche competenze in tal senso.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
REALACCI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
a Lucignano in provincia di Arezzo, piccolo comune di 3500 abitanti, capoluogo con tre frazioni e circa 300 bambini che frequentano le scuole materne, elementari e medie, si dovrebbe procedere, sulla base della direttiva del dirigente del Centro servizi amministrativi di Arezzo, per il prossimo anno scolastico 2007/2008, all'accorpamento di alcune classi elementari;
il Dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo statale di Lucignano, ha comunicato al sindaco, in data 6 marzo 2007, le previsioni dell'Ufficio scolastico provinciale per il prossimo anno, che indicano la costituzione di una sola prima classe elementare composta da 24 alunni di cui uno con handicap; la riduzione delle due future seconde classi ad una con 27 alunni e delle due future terze classi ad una di 26, facendo presente i disagi e le difficoltà che l'accorpamento comporterebbe, sia dal punto di vista logistico-organizzativo che didattico;
c'è una stridente contraddizione tra il decreto ministeriale 18 dicembre 1975 che fissa il rapporto degli alunni rispetto alle dimensioni dell'aula scolastica ad un bambino ogni 1,80 mq; le norme di sicurezza che prevedono una presenza massima, insegnante compreso, di 26 persone per aula e la situazione di Lucignano. Infatti le aule disponibili nella scuola del capoluogo hanno una superficie che va da un minimo di 27 mq ad un massimo di 32 mq. Si può pertanto calcolare la presenza da un minimo
di 15 a un massimo di 17 alunni per ciascuna classe, così come, d'altronde, vengono attualmente utilizzate. Tenendo conto che l'organizzazione didattica può prevedere la compresenza di almeno due insegnanti per alcune ore e/o di un'insegnante di sostegno, tale situazione risulterebbe ulteriormente aggravata;
sembrerebbe inoltre che a fronte della volontà da parte del comune di costruire una nuova scuola, non ci siano nell'immediato finanziamenti adeguati e comunque i tempi non sarebbero compatibili;
dal punto di vista didattico, tale scenario comporterebbe difficoltà ben comprensibili, in particolare per le classi già avviate. Difficoltà che stanno allarmando gli stessi genitori, gli insegnanti, l'intera comunità di Lucignano a partire dal sindaco e dall'amministrazione comunale;
Lucignano, nella Val di Chiana, è un centro storico e un territorio di grande valore culturale e paesaggistico. Ricco di tradizioni e di produzioni di qualità, aperto al turismo in una zona che vede aumentare di anno in anno l'interesse di visitatori da ogni parte del mondo. Tendenzialmente più esposto alla crescita e all'aumento della popolazione piuttosto che al decremento o all'abbandono;
Lucignano è un caso esemplare tra tutti quei piccoli comuni - gran parte dei 5.868 al di sotto dei 5.000 abitanti - che si trovano ad affrontare la riduzione e/o la perdita di servizi culturali, sociali e sanitari sulla base di una razionalizzazione che non sempre riesce a procedere tenendo nel giusto conto le particolari situazioni territoriali, logistiche e infrastrutturali;
la stessa proposta di legge presentata dal sottoscritto interrogante e che sarà all'esame del Parlamento nei prossimi giorni o settimane e che riguarda «misure di sostegno e valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore ai 5.000 abitanti» prevede anche iniziative volte ad affrontare i problemi posti dalla riduzione e talvolta dalla soppressione di servizi alle comunità locali e a promuovere tutti quegli strumenti di innovazione tecnologica, istituzionale e organizzativa che aiutino quelle comunità a superare le difficoltà e a trovare anche soluzioni autonome ed originali -:
se intenda dare indicazioni ai Dirigenti dei Centri servizi amministrativi provinciali affinché essi possano valutare le situazioni delle scuole dei piccoli comuni tenendo conto della loro specificità e procedere agli accorpamenti solo quando siano verificati i requisiti necessari all'attività didattica, sia in termini di spazi che di funzionalità e sicurezza;
se intenda promuovere una vera e propria iniziativa insieme alle regioni e alle istituzioni locali per reperire ulteriori risorse per nuove scuole, ma soprattutto per il recupero, l'ammodernamento e la messa in sicurezza delle migliaia di scuole dei piccoli comuni - tenendo conto che tali strutture potrebbero essere utilizzate anche per altre attività culturali, ricreative e formative -, in aggiunta a quanto previsto nella legge finanziaria (articolo 1, comma 703) che vincola le risorse da destinare ai piccoli comuni a parametri (più del 5 per cento di bambini con meno di 5 anni e più del 30 per cento di popolazione anziana) che paradossalmente escludono comuni come Lucignano.
(4-02948)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare indicata in esame, riguardante la formazione delle classi nella scuola primaria dell'Istituto comprensivo di Lucignano.
Va premesso che i criteri e le modalità per la determinazione degli organici sono contenuti nel decreto interministeriale n. 331 del 1998 il quale, per ciò che concerne la scuola primaria, prevede che le classi debbano essere formate con un numero massimo di 25 alunni.
Per quel che riguarda la costituzione di classi con allievi portatori di handicap si applicano le disposizioni contenute nel decreto ministeriale 3 giugno 1999, n. 141.
Questo decreto prevede la possibilità di costituire classi con non più di 20 unità in presenza di alunni in situazione di handicap, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale riduzione numerica in relazione alle esigenze formative dell'alunno. Lo stesso decreto prevede, peraltro, la possibilità di costituire classi con alunni in situazione di handicap anche con più di 20 iscritti, é fino ad un massimo di 25, previa valutazione della gravità dell'handicap e delle situazioni oggettive degli alunni interessati, nonché delle condizioni organizzative e delle risorse professionali disponibili in ciascuna scuola.
Per l'anno scolastico 2007-2008, la circolare ministeriale n. 19 del 13 febbraio 2007, con la quale è stato trasmesso agli uffici scolastici regionali lo schema del decreto interministeriale riguardante la dotazione organica del personale docente, ha fornito indicazioni circa la possibilità di non procedere allo sdoppiamento delle classi in presenza di un limitato numero di alunni (una o due unità) eccedenti i parametri previsti dal succitato decreto n. 331 del 1998. Ciò al fine di evitare la costituzione di classi che non diano garanzia di tenuta con la conseguenza di accorpamenti negli anni successivi, a discapito della didattica, ed anche in relazione all'articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007).
La citata disposizione della legge finanziaria 2007, al fine di una più efficace determinazione e distribuzione delle risorse disponibili, ha previsto un incremento dello 0,4 per cento del valore medio nazionale del rapporto alunni/classe, portandolo dalle attuali 20,6 a 21,00 unità per classe, da realizzare nel rispetto della normativa vigente. A tale proposito, nella relazione di accompagnamento della legge finanziaria si era stimato in 19.039 i posti da ridurre per raggiungere l'obiettivo prefissato. Alla luce di dati certi relativi agli alunni per l'anno scolastico 2007-2008, l'amministrazione ha rideterminato le riduzioni da apportare in 7.053 unità.
Questo è il quadro normativo di riferimento.
Sulla base della suddetta normativa, l'ufficio scolastico provinciale di Arezzo ha autorizzato, per l'anno scolastico 2007-2008, la costituzione delle classi della scuola dell'Istituto comprensivo «Franceso Dini» di Lucignano, ed in particolare, il funzionamento di una classe prima con n. 24 alunni, uno dei quali diversamente abile, di una classe seconda con n. 27 alunni, di una classe terza con n. 26 alunni, di due classi quarte con un totale di n. 30 alunni e di due classi quinte con un totale di n. 30 alunni.
L'eventuale sdoppiamento di classi per esigenze connesse a vincoli di edilizia rientra tra le operazioni di adeguamento dell'organico di diritto all'organico di fatto e può essere autorizzato dal dirigente scolastico.
Pertanto, qualora il competente ente locale non potesse reperire prima dell'inizio del prossimo anno scolastico locali più idonei per le esigenze dell'Istituto, il dirigente scolastico potrà autorizzare, come già fatto in passato, lo sdoppiamento delle classi. In tal senso sono state fornite indicazioni al dirigente scolastico medesimo con apposita nota del competente ufficio scolastico territoriale.
In riferimento poi alle iniziative richieste in merito all'ammodernamento ed alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, compresi quelli situati nei piccoli comuni, com'è noto all'interrogante, in considerazione dell'importanza dell'edilizia scolastica per la piena fruizione del diritto allo studio e per il buon funzionamento del sistema educativo, il Governo ha fatto un significativo sforzo in questo settore in sede di legge finanziaria 2007.
Infatti la legge n. 296 del 27 dicembre 2006, all'articolo 1, comma 625, ha autorizzato, per l'attivazione dei piani di edilizia scolastica previsti dalla legge n. 23 del 1996, la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009; il 50 per cento delle risorse assegnate annualmente è destinato al completamento delle attività di messa in sicurezza e di adeguamento a
norma degli edifici scolastici da parte dei competenti enti locali.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
MARIO RICCI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
RFI in data 25 ottobre 2005 ha comunicato al sindaco del Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Jonio (Catanzaro) che l'appalto dei lavori per la realizzazione di tre sottovia ai Km 316+809, 320+493 e 325+565, rispettivamente nei Comuni di San Sostene, Sant'Andrea dello Jonio e Badolato, in Provincia di Catanzaro, sono stati aggiudicati in data 1 agosto 2005 all'ATI SA.CO.MER. S.r.l.;
gli adempimenti del Comune, come da convenzione, sono stati rispettati;
a tutt'oggi nel Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Jonio non sono iniziati i lavori -:
quali siano i motivi del ritardo dell'inizio dei suddetti lavori.
(4-02574)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del consiglio dei ministri del 3 aprile 2007, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La vicenda della soppressione del passaggio a livello al km 320+499 della linea Metaponto-Reggio Calabria ha avuto inizio nel 1988 quando, a seguito di accordi specifici, il comune di Sant'Andrea Apostolo dello Jonio, con delibera n. 88 del 28 novembre 1988, ha approvato il progetto delle opere sostitutive e la convenzione che regolava i rapporti tra le Ferrovie dello Stato ed il comune per la realizzazione di un sottovia al km 320+773 della stessa linea.
La società Ferrovie dello Stato informa che i lavori, seppure appaltati, non ebbero inizio in quanto il comune non ha mai messo a disposizione le aree necessarie per la loro realizzazione.
In seguito lo stesso comune si è dichiarato interessato all'eliminazione del passaggio a livello in argomento, a fronte della realizzazione di un nuovo sottovia al km 320+493, il cui progetto è stato approvato in data 30 aprile 1998 con delibera n. 15 del consiglio comunale.
La nuova convenzione regolante i rapporti derivanti dalla soppressione del passaggi a livello, approvata con Delibera del consiglio comunale n. 29 del 4 ottobre 2001, prevede che R.F.I. realizzi le opere sostitutive e che il comune metta a disposizione tutte le aree necessarie provvedendo allo spostamento dei sottoservizi interferenti con le opere stesse.
A seguito di gara di appalto i lavori sono stati aggiudicati in data 1o agosto 2005, unitamente alle opere sostitutive di passaggi a livello ricadenti nei comuni di San Sostene e Badolato.
Con nota del 29 luglio 2005, l'amministrazione comunale, al fine di consentire l'attraversamento della linea durante l'esecuzione dei lavori, ha chiesto che l'inizio dei lavori fosse subordinato all'istituzione di un nuovo passaggio a livello provvisorio adiacente al quello esistente.
La richiesta di variazione comporta, oltre ad un aumento dei costi, anche la realizzazione di una nuova intersezione stradale sulla strada statale 106 e, quindi, la necessità di una rielaborazione del progetto e l'attivazione delle procedure per l'ottenimento del benestare di competenza dell'Anas di Catanzaro.
È da segnalare, peraltro, che le aree sono state formalmente consegnate dal Comune in data 11 maggio 2006.
Dopo una prima riunione tenutasi il 16 gennaio 2007 in cui è stato espresso parere favorevole alla realizzazione del sottovia, previa integrazione degli elaborati tecnici, l'Ufficio Anas competente ha rilasciato parere tecnico favorevole il 3 aprile 2007.
In attesa della formalizzazione di tale parere, R.F.I. sta realizzando tutti i lavori non interferenti con la strada statale al fine di ridurre i tempi per l'attivazione del passaggio a livello provvisorio.
Solo dopo l'attivazione del passaggio a livello provvisorio sarà possibile dare inizio
ai lavori per la realizzazione del sottovia, che si prevede di completare nel maggio del 2008.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ROMANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 recante «Ordinamento del notariato e degli archivi notarili», prevede che «Il distretto cui siano assegnati meno di 15 notari, sarà con decreto Reale riunito ad altro distretto limitrofo dipendente dalla stessa Corte d'appello».
sulla base delle ultime risultanze le sedi notarili del distretto di Termini Imprese sarebbe inferiore al numero previsto dalla legge;
il Consiglio Notarile di Termini Imprese, in seduta collegiale, si è già espresso favorevolmente con delibera all'accorpamento con il Distretto di Palermo che a sua volta non sembrerebbe propenso a tale fusione -:
quali siano le sue valutazioni a riguardo e se non intenda procedere ad una rapida verifica per accertare le condizioni per un accorpamento dei due distretti.
(4-02521)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che è già stata avviata la revisione settennale della tabella notarile e, quindi, entro tempi brevi, in occasione di tale revisione, si provvederà ad esaminare l'opportunità di riunire o meno il distretto notarile di Termini Imerese a quello di Palermo, dopo aver valutato quanto espresso dai consigli notarili e dalla Corte di Appello.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ROTONDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il contratto integrativo della giustizia sottoscritto in data 5 aprile 2000 ha definito le nuove figure professionali del personale del Ministero della giustizia delineando, tra le altre, la figura professionale dell'ufficiale giudiziario;
il nuovo ordinamento professionale del personale giudiziario, nell'intento di perseguire la valorizzazione del lavoro pubblico con un impiego più flessibile delle risorse umane ha definito le nuove declaratorie professionali;
la normativa contrattuale, ha attribuito agli ufficiali giudiziari pos. ec. B3, C1 e C2 il compimento di tutti gli atti che la legge attribuisce alla competenza dell'ufficiale giudiziario;
in data 27 settembre 2002, il Capo Dipartimento, su esplicita richiesta delle organizzazioni sindacali CGIL FP, CISL FPS, UIL PA e UNSA SAG, firmatarie del contratto, emetteva la Circolare prot. n. 6/1521/027-1 con cui si chiariva il disposto principio di interfungibilità dell'attività di notificazione e di esecuzione tra gli ufficiali giudiziari nelle pos. ec. B3, C1 e C2, raccomandando il rispetto della normativa;
in data 20 luglio 2004, il Capo Dipartimento, a seguito di un monitoraggio effettuato dal Ministero della giustizia da cui era emerso che in alcuni uffici NEP (notifiche, esecuzioni, protesti) non si ottemperava ancora alle disposizioni contrattuali, emetteva la Circolare prot. n. 6/1285/027-1 con cui si ribadiva l'obbligatorietà per il dipendente a svolgere tutte le funzioni dovute, specificate dalla richiamata norma e dalla circolare esplicativa, invitando ad adeguare il servizio degli uffici NEP al rispetto delle normative vigenti;
in data 28 novembre 2005, il vice Capo Dipartimento, trasmetteva a tutti i Presidenti di Corte di Appello la nota inviata alla Funzione Pubblica inerente i disposti principi di interfungibilità tra le attività di esecuzione e notificazione degli ufficiali giudiziari pos. ec. B3, C1 e C2 e
con Circolare prot. n. 6/1687/027-1 raccomandava di tenerne conto per la regolamentazione della materia;
a tutt'oggi risulta che negli uffici NEP di Corte di Appello di Legge, Tribunale di Brindisi, Tribunale di Udine, Corte di Appello di Caltanissetta, Corte di Appello di Venezia, Tribunale di Padova, Tribunale di Pozzuoli, Tribunale di Vicenza, Tribunale di Siracusa, oltre ad altri piccoli uffici NEP, i coordinatori UNEP (cosiddetti dirigenti UNEP), in difformità delle direttive impartite dal superiore Ministero, non hanno ottemperato all'attuazione del disposto principio di interfungibilità delle attività di esecuzione e notificazione tra gli ufficiali giudiziari, rischiando di determinare - ad avviso dell'interrogante - una diminuzione dell'efficienza e dell'efficacia degli uffici;
l'interfungibilità delle attività degli ufficiali giudiziari, ovunque, ha prodotto soddisfacenti effetti in termini di efficienza ed efficacia dei servizi della Giustizia, riducendo i tempi di notificazione e di esecuzione degli atti giudiziari con notevole miglioramento dell'attività degli uffici NEP -:
quali provvedimenti il Ministro della giustizia intenda adottare nei confronti dei dirigenti UNEP che hanno omesso la riorganizzazione dei servizi degli uffici affidati alla propria diretta responsabilità secondo i disposti di interfungibilità;
se il ministro della giustizia, alla luce delle vicende descritte, ritenga opportuno affidare alla cancelleria l'attività di direzione degli uffici NEP.
(4-00764)
Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, si fa presente che già nell'articolata premessa della medesima si menzionano vari interventi di quest'amministrazione volti a migliorare la funzionalità degli uffici NEP e a favorire un più razionale utilizzo delle risorse umane, nello spirito sia della normativa in materia di riforma del pubblico impiego, sia della volontà espressa in sede di contrattazione dalle parti sociali.
In questa direzione ci si è mossi dapprima con l'emanazione della circolare prot. VI/1521/027-1 del 27 settembre 2002, diretta a impartire precise direttive circa la corretta lettura delle declaratorie contrattuali e, successivamente, con numerosi interventi mirati presso tutte le Corti di appello, che segnalavano difficoltà di attuazione del disposto principio dell'interfungibilità delle funzioni di notificazione ed esecuzione tra gli ufficiali giudiziari C1 e B3.
Inoltre, come riportato nell'interrogazione, in seguito ad un monitoraggio effettuato da questo dicastero per verificare lo stato di attuazione della predetta interfungibilità negli uffici NEP, si è intervenuti nuovamente con circolare prot. n. 6/1285/027-1 del 20 luglio 2004, per chiarire in maniera più incisiva la portata delle norme contrattuali in materia, invitando altresì all'osservanza delle stesse.
Al riguardo, non si è sottovalutata la circostanza che i mutamenti introdotti con le nuove declaratorie contrattuali siano stati di tale portata innovativa da richiedere tempi di adeguamento non brevi e, pertanto, si è ritenuto di favorirne la graduale attuazione a livello locale, evitando, per quanto possibile, interventi impositivi da parte dell'amministrazione centrale, che avrebbero potuto comportare momenti di crisi nella gestione degli uffici NEP, con evidenti ripercussioni sull'efficienza degli stessi.
Data la delicatezza del mutamento in atto con l'avvio dell'interfungibilità di cui trattasi, anche all'indomani della diffusione sui vari siti Internet delle organizzazioni sindacali di categoria della nota dell'Ispettorato della funzione pubblica, datata 28 ottobre 2005, avente per oggetto la legittimità della citata circolare del 27 settembre 2002, l'amministrazione ha dovuto fronteggiare ulteriori richieste di chiarimenti da parte di alcuni Presidenti di Corte di appello circa l'applicabilità della circolare in questione, ribadendo la legittimità della stessa, in relazione al dettato dell'articolo 25 del contratto collettivo integrativo del 5 aprile 2000 e alle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, che statuiscono
i principi generali in materia di pubblico impiego; legittimità, tra l'altro, dichiarata da una copiosa giurisprudenza lavoristica che si è espressa al riguardo.
In questo contesto, di non facile gestione, si è ugualmente intervenuti presso i Presidenti delle Corti di appello per insistere nell'applicabilità dell'interfungibilità delle funzioni negli uffici NEP, non solo con la circolare del 28 novembre 2005, che portava a conoscenza della risposta data da questa amministrazione all'Ispettorato della funzione pubblica, ma anche con ulteriori richiami in occasione di situazioni contingenti, legate alla carenza di personale di alcuni uffici NEP, palesando che l'applicazione dell'interfungibilità portava ad un migliore impiego delle risorse umane disponibili.
Ciò detto, questo dicastero è sempre intervenuto tutte le volte che è stata segnalata dai capi degli uffici giudiziari l'inosservanza della normativa contrattuale nella materia in esame, non potendo ex abrupto provvedere al rilevamento sistematico del tipo di organizzazione adottato da tutti gli uffici NEP presenti sul territorio nazionale e, precisamente, sul piano dell'esercizio delle funzioni da parte del personale in servizio, scavalcando in questo modo i poteri di sorveglianza dei Presidenti delle Corti di appello, cosi come previsti dall'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959 n. 1229 («Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari»).
Relativamente alla mancata applicazione dell'interfungibilità negli uffici NEP indicati nell'interrogazione, non si può prescindere dalla necessità di segnalazione da parte dei rispettivi capi degli uffici per avviare un'indagine conoscitiva, al fine di comprendere le motivazioni che inducono i dirigenti UNEP a non adottare il modello organizzativo dell'interfungibilità tra il personale in servizio. Pertanto, qualora perverranno segnalazioni dai capi degli uffici che individuino nei responsabili delle strutture UNEP la mancata applicazione dell'interfungibilità, quest'amministrazione insisterà nel richiedere a questi ultimi l'osservanza delle norme contrattuali vigenti in materia.
Si fa, infine, presente che non vi sono inziative legislative in merito all'affidamento alle cancellerie dei compiti di direzione degli Uffici NEP.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
FRANCO RUSSO, DE SIMONE e ROCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
da alcuni giorni tre esponenti dei Cobas Scuola stanno facendo uno sciopero della fame davanti al ministero della pubblica istruzione per rivendicare il diritto di indire assemblee nelle scuole in orario di lavoro, con la possibilità per i lavoratori e lavoratrici interessati/e di potervi partecipare nell'ambito del monte ore a tal fine stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto;
la normativa attualmente vigente riconosce tale diritto, di cui a giudizio degli interroganti sono titolari i lavoratori e le lavoratrici, in via esclusiva alla rappresentanza sindacale unitaria e alle organizzazioni sindacali considerate maggiormente rappresentative;
la stessa normativa, frutto del recepimento legislativo di un accordo con le organizzazioni sindacali cui era già riconosciuto il requisito della rappresentatività, presenta evidenti e gravi limiti democratici laddove si consideri che lo stesso diritto attribuito alle organizzazioni sindacali, di cui non si contesta la legittimità, non viene riconosciuto, per esempio, alla totalità dei dipendenti di una scuola che decidessero di esercitarlo, non essendo neanche previsto un meccanismo di sfiducia nei confronti della RSU;
a giudizio degli interroganti, la situazione assume contorni paradossali dal momento che alle organizzazioni sindacali cosiddette non rappresentative è impedito anche di indire assemblee nella fase di
preparazione delle elezioni della RSU, come è accaduto nelle due tornate elettorali precedenti, i cui risultati sono determinanti proprio per la misura della rappresentatività;
la civile protesta dei rappresentanti dei Cobas Scuola merita tutta l'attenzione di quanti hanno a cuore il rispetto autentico dei principi di democrazia posti a fondamento della nostra Carta Costituzionale -:
quali iniziative intendano assumere per far sì che l'esercizio dei diritti sindacali sia garantito, senza preclusione alcuna, a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici così come alle loro organizzazioni;
quali iniziative intendano assumere per fare in modo, nell'immediato, che tutte le organizzazioni sindacali che partecipano con propri candidati/e alle imminenti elezioni delle RSU possano godere di parità di condizioni nello svolgimento della campagna elettorale, senza le quali la costituzione della rappresentanza e la misura della rappresentatività risulterebbero irrimediabilmente inficiate da procedure non democratiche.
(4-01239)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri e si comunica quanto segue in merito alla richiesta dei rappresentanti dei Cobas Scuola di partecipare con propri candidati alle elezioni delle RSU nelle scuole.
L'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilisce che fino a quando non vengono emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino quelle della legge 20 maggio 1970 n. 300, le pubbliche amministrazioni osservano le disposizioni contemplate dallo stesso decreto in materia di rappresentatività sindacale ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro nonché dell'esercizio della contrattazione collettiva.
Lo stesso decreto legislativo ha riconosciuto piena soggettività e autonomia alle pubbliche amministrazioni ai fini della contrattazione collettiva nazionale e integrativa ed ha provveduto contestualmente alla determinazione dei criteri oggettivi di misurazione della rappresentatività sindacale delle organizzazioni sindacali operanti nel settore pubblico e ciò sia per la partecipazione alla contrattazione collettiva: che per la titolarità e l'esercizio dei diritti sindacali nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda in particolare le assemblee, è intervenuto il Contratto collettivo nazionale quadro del 7 agosto 1998, sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali, il quale, all'articolo 2, comma 2, fa rinvio all'articolo 10 del contratto stesso per l'individuazione dei soggetti autorizzati ad indire assemblee e cioè:
i componenti delle RSU;
i dirigenti sindacali rappresentanze aziendali (RSA) delle associazioni rappresentative ai sensi dell'articolo 10 dell'accordo stipulato il 7 agosto 1998;
i dirigenti sindacali dei terminali di tipo associativo delle associazioni sindacali rappresentative che, dopo le elezioni delle RSU, siano rimasti operativi nei luoghi di lavoro nonché quelli delle medesime associazioni, aventi titolo a partecipare alla contrattazione collettiva integrativa, ai sensi dell'articolo 5 dell'accordo stipulato il 7 agosto 1998;
i dirigenti sindacali che siano componenti degli organismi direttivi delle proprie confederazioni ed organizzazioni sindacali di categoria rappresentative non collocati in distacco a aspettativa.
Per quanto concerne il comparto scuola, il Contratto collettivo nazionale di lavoro del 24 luglio 2003, nel confermare il contenuto del citato articolo 2 del Contratto collettivo nazionale quadro del 7 agosto 98, ha più specificatamente regolamentato, all'articolo 8, comma 3, l'esercizio del diritto di assemblea nel comparto medesimo indicando
che le assemblee che riguardano la generalità dei dipendenti o gruppi di essi sono indette con le seguenti modalità:
a) singolarmente o congiuntamente da una o più organizzazioni sindacali rappresentative nel comparto, ai sensi dell'articolo 1 comma 5, del Contratto collettivo nazionale quadro del 9 agosto 2000 sulle prerogative sindacali;
b) dalla RSU nel suo complesso e non dai singoli componenti, con le modalità dell'articolo 8, comma 1 dell'accordo quadro sulla elezione delle RSU del 7 agosto 1998;
c) dalla RSU congiuntamente con una o più organizzazioni sindacali rappresentative del comparto ai sensi dell'articolo 1, comma 5 del CCNQ del 9 agosto 2000 sulle prerogative sindacali.
Si fa presente, inoltre, che l'accordo quadro del 7 agosto 98 che ha stabilito le regole per le elezioni delle RSU nei comparti del pubblico impiego, non ha introdotto elementi ulteriori e specifici per la competizione elettorale.
Si ricorda che ai sensi dell'articolo 40, comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001 «le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data, della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti».
Da quanto sopra esposto consegue che la materia è disciplinata da norme legislative e contrattuali e, pertanto, all'amministrazione non è riservata alcuna discrezionalità.
Tuttavia, considerate le continue richieste, nel mese di giugno 2006 è stata posta all'attenzione del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, la problematica inerente l'indizione delle assemblee in parola.
Si comunica, infine, che data 15 Settembre 2006, per agevolare le operazioni connesse alle elezioni dei rappresentanti R.S.U. che sono state svolte dal 4 al 7 dicembre 2006, è stato trasmesso a tutte le istituzioni scolastiche, un apposito testo unitario, predisposto dall'ARAN, contenente chiarimenti circa il corretto svolgimento delle elezioni stesse.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da fonti giornalistiche si apprende la notizia che il problema della carenza di organico del distaccamento dei Vigili del Fuoco di Dalmine (Bergamo) non è stato ancora definitivamente risolto;
risulta all'interrogante che, attualmente, il comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Bergamo, nonostante l'impegno profuso, non possa assegnare personale in servizio fisso presso il distaccamento di Dalmine e che, giorno per giorno, si effettuino valutazioni circa l'opportunità o meno di inviare, in base alle esigenze della città e dell'hinterland, una squadra in tale struttura;
la Legge Finanziaria per il 2007 prevede l'assunzione di 600 vigili su tutto il territorio nazionale, a fronte di dichiarazioni rese precedentemente che parlavano di circa 2.000 unità, e di questi solo 6 o 7 unità arriverebbero alle dipendenze del Comando di Bergamo;
affinché il presidio di Dalmine possa funzionare a pieno regime è necessario che vi prestino servizio almeno 28 vigili;
la competenza territoriale della stazione dei vigili del fuoco di Dalmine racchiude una vasta area, che conta 38 comuni, ad alta densità di popolazione, con impianti industriali ad alto rischio ed ha, inoltre, competenza lungo l'autostrada A4;
sembra che il Ministero interrogato, a dicembre 2006, abbia parlato dell'apertura di una nuova sede dei vigili del fuoco a Cologno al Serio, composta di soli volontari, ma, da notizie stampa, si apprende che questo distaccamento non
verrà realizzato a causa della eccessiva vicinanza con quelli di Bergamo, Dalmine e Treviglio -:
quali misure intenda adottare al fine di potenziare l'organico dei Vigili del Fuoco nella provincia bergamasca, con particolare riferimento al distaccamento di Dalmine che permetta, quindi, di mantenere in efficienza una struttura che, situata in posizione strategica, consente il raggiungimento tempestivo delle zone limitrofe;
se non intenda rivedere il parere negativo sull'apertura della sede di Cologno al Serio.
(4-03134)
Risposta. - La situazione relativa al comando provinciale di Bergamo e in particolare il distaccamento di Dalmine, è, da tempo attentamente seguita dal dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
La questione, peraltro, ha già formato oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo parlamentare cui si è già avuto modo di dare riscontro.
Si fa presente, in ogni caso, che il distaccamento di Dalmine, attivato nel maggio del 2006, ha operato a pieno regime, 24 ore al giorno, fino allo scorso settembre del 2006, mediante l'impiego di una squadra di sei vigili del fuoco composta, in una prima fase, in parte da personale in straordinario, in parte da personale volontario discontinuo e, in un secondo momento, mediante assegnazione di 18 nuove unità di vigili permanenti.
Successivamente, per effetto dei processi di mobilità ordinaria che si sono verificati a livello nazionale ed a causa dei pensionamenti, il comando provinciale di Bergamo ha registrato, in via generale, una carenza di organico di personale operativo rispetto alla pianta organica normativamente prevista.
Tale situazione complessiva, unita all'impossibilità di autorizzare l'impiego di ulteriori ore di straordinario oltre a quelle già attribuite al comando stesso ha, talvolta, impedito al distaccamento di Dalmine di funzionare a pieno regime, essendo la sua stessa operatività subordinata all'effettiva presenza, presso il comando, del numero necessario di unità di personale con funzioni operative.
L'emanazione della legge finanziaria del 2007, determinando un'inversione di tendenza sostanziale rispetto alla finanziaria precedente (che prevedeva unicamente 50 assunzioni), è volta a consentire 600 nuove assunzioni ed un percorso che porterà alla stabilizzazione, nel prossimo triennio, di alcune migliaia di vigili del fuoco selezionati tra quei soggetti che prestano servizio volontario nel Corpo nazionale stesso. Le disposizioni della stessa finanziaria risolveranno, compatibilmente con le priorità di livello nazionale, la problematica relativa alla carenza di organico in provincia di Bergamo, nonché la particolare situazione nella quale si trova il distaccamento di Dalmine, cui sarà comunque possibile assegnare un adeguato numero di vigili discontinui.
Si è già avuto modo di precisare, inoltre, in sede di risposta ad altre interrogazioni sull'argomento, che l'apertura del distaccamento volontario in Cologno al Serio, considerata la sua vicinanza al Comando di Bergamo, Dalmine e Treviglio (in particolare Km. 12,8 da Bergamo, Km. 17 da Dalmine, Km. 12 da Treviglio), non è attualmente prevista nell'ambito del progetto di sviluppo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco «Soccorso Italia in venti minuti».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
su molte strade statali vigono limitazioni di velocità sia nei centri urbani che nelle zone extraurbane là dove si ritiene pericolosa la velocità massima consentita di 90 km/ora;
la velocità consentita viene opportunamente ridotta anche in presenza di strettoie, cantieri, lavori in corso o tratti particolarmente dissestati;
a volte, pur ultimati i lavori, le segnalazioni di tali limiti di velocità provvisori non vengono rimossi e restano indicazioni del tutto ingiustificate;
conseguentemente non vengono logicamente rispettate dai conducenti dei veicoli che però - in questo modo - si comportano contro le norme -:
se non si ritenga opportuno intervenire affinché l'Anas provveda a rimuovere tutte le limitazioni di velocità non giustificate da circostanze obbiettive.
(4-02996)
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
al termine dell'autostrada A 26 la circolazione verso Domodossola e la Svizzera prosegue con la strada statale 33 del Sempione che da Ornavasso (provincia di Verbania) sale lungo la Valdossola con una superstrada a due corsie per ciascun senso di marcia;
il limite di velocità imposto è di 90 km/ora;
la larghezza della strada - salvo che in situazioni di pioggia, gelo o ghiaccio - invita ad una maggiore velocità posto che il limite di 90 km/ora appare obbiettivamente esagerato;
va comunque represso il fenomeno dell'alta velocità ed opportunamente già oggi viene svolto un controllo sulla velocità dei veicoli, con numerose segnalazioni e sospensioni di patenti -:
se in considerazione delle circostanze obbiettive non si ritenga di dover elevare il limite di velocità consentito sul tratto a quattro corsie della superstrada dell'Ossola portandolo a 100 e 110 km/ora almeno nei tratti rettilinei e salvo cattive condizioni meteo.
(4-02997)
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la SS 34 del Lago Maggiore si sviluppa per oltre 30 km da Gravellona Toce al confine di Stato di Cannobio (provincia di Verbania - VCO);
lungo il suo tratto vengono attraversati numerosi centri urbani ma anche zone extraurbane e con tratti rettilinei;
sull'intera strada statale il limite massimo di velocità è di 60 km all'ora;
ciò crea intasamenti e code soprattutto lungo il tratto di costa del Lago Maggiore perché in pratica è impedito il sorpasso di caravan, autobus, camion e camper -:
se non si ritenga di elevare il limite massimo di velocità in alcuni tratti della SS 34 là ove possibile (e particolarmente nel tratto tra Verbania Intra e Cannero Riviera) favorendo così i sorpassi di veicoli particolarmente lenti - anche a tratto alternato - al fine di rendere più fluida la circolazione.
(4-02998)
Risposta. - In riferimento alle interrogazioni in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Gli atti di sindacato ispettivo in oggetto riguardano questioni analoghe afferenti le modalità di apposizione e mantenimento da parte della società Anas della segnaletica stradale.
In riferimento alla normativa vigente, si informa che l'organizzazione della circolazione e la segnaletica stradale sono disciplinate dalle disposizioni del Codice della strada e del relativo Regolamento di applicazione che prevedono il potere-dovere di apposizione e manutenzione della segnaletica stradale da parte degli enti proprietari delle strade e degli altri soggetti competenti, sia in linea generale sia per ragioni contingenti.
La società Anas provvede alla collocazione della segnaletica ed alla manutenzione della stessa, sia per quanto riguarda la segnaletica stradale permanente sia per quella di carattere temporaneo, al fine di introdurre prescrizioni in caso di urgenza e necessità.
Su tutto il territorio nazionale la collocazione della segnaletica stradale risponde, quindi, a criteri di uniformità fissati
con decreto ministeriale nel rispetto della normativa comunitaria ed internazionale vigente.
Per quanto riguarda i limiti di velocità oltre i limiti massimi stabiliti in linea generale, si precisa che gli enti proprietari della strada possono fissare anche limiti diversi in determinate strade o tratti di strada per ragioni oggettive con l'obbligo, a carico dei medesimi, di provvedere costantemente al loro aggiornamento.
In ordine al quesito specifico inerente il mancato adeguamento della segnaletica sulle diverse arterie stradali, l'Anas informa che la valutazione della sussistenza o meno delle circostanze che giustificano i limiti di velocità va riferita alle valutazioni tecniche le quali devono tener conto dell'obiettivo primario di tutela della sicurezza della circolazione.
La società stradale assicura di aver preso atto delle richieste specifiche dell'interrogante e che le stesse saranno comunque verificate alla luce delle circostanze oggettive che hanno determinato l'apposizione dei segnali e dei limiti in questione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.