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Allegato B
Seduta n. 181 del 2/7/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ARMOSINO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la legge Finanziaria per il 2007, all'articolo 1, commi 1180-1185, dispone sostanziali modifiche ad alcuni aspetti della disciplina relativa alle comunicazioni agli uffici competenti relative alla costituzione del rapporto di lavoro;
in particolare, il comma 1180 riformulando il comma 2 dell'articolo 9-bis, del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, è volto ad estendere a tutti i datori di lavoro l'obbligo della comunicazione preventiva dell'assunzione dei lavoratori al servizio per l'impiego competente entro il giorno antecedente l'instaurazione del rapporto medesimo, mediante documentazione avente data certa;
il citato comma prevede, altresì, che in caso di urgenza connessa ad esigenze produttive, la comunicazione relativa all'instaurazione del rapporto di lavoro può essere effettuata entro cinque giorni dall'assunzione, fermo restando l'obbligo di comunicare entro il giorno antecedente all'assunzione la data di inizio della prestazione e le generalità del lavoratore e del datore di lavoro;
si deve rilevare che, fino al 31 dicembre 2006, la normativa in materia di comunicazioni relative ai rapporti di lavoro prevedeva che i settori del turismo e dei pubblici esercizi potessero procedere all'assunzione diretta di manodopera, dandone comunicazione al servizio per l'impiego entro il primo giorno non festivo successivo;
tale deroga, venendo incontro alle particolari esigenze produttive del settore turistico e dei servizi ad esso legati (alberghi, ristoranti, pizzerie, rivendite di ortofrutta), era stata prevista per agevolare la creazione di posti lavoro e favorire l'occupazione regolare;
i predetti commi della legge Finanziaria 2007 stanno determinando difficoltà operative per molti operatori economici, con particolare riferimento a quelli che usufruivano delle deroga sopraccitata;
se non ritenga necessario ed urgente adottare iniziative normative volte a prevedere la reintroduzione della suddetta deroga al fine di evitare una pesante penalizzazione degli operatori economici e dei lavoratori del settore turistico e dei pubblici servizi.
(4-02347)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si comunica quanto segue. La legge 296 del 2006 all'articolo 1, commi 1180-1185 ha introdotto importanti modifiche alla previgente normativa in materia di comunicazioni obbligatorie. La finalità principale di tale revisione normativa è stata l'esigenza di introdurre procedure più rigorose che contrastino
il lavoro irregolare specie in quei settori dove tale fenomeno appare più preoccupante.
Come anche evidenziato nell'interrogazione la normativa prevede l'obbligo per tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, e per tutti i settori economici di comunicare i rapporti di lavoro instaurati e le principali trasformazioni intervenute secondo i tempi indicati nella norma stessa. In particolare le assunzioni devono essere comunicate al Centro per l'impiego il giorno prima dell'instaurazione.
Si tratta quindi di una comunicazione preventiva per avere la data certa della data di assunzione ed evitare comportamenti evasivi da parte dei datori di lavoro.
La norma comunque prevede la possibilità di attuare procedure particolari «in caso di urgenza connessa ad esigenze produttive». In questi casi la comunicazione potrà essere fatta entro i cinque giorni successivi.
Tenuto conto della necessità di definire meglio gli ambiti di applicazione della norma, la Direzione generale del mercato del lavoro di questo Ministero ha pubblicato due note esplicative (nota n. 13/SEGR/440 del 4 gennaio 2007 e nota n. 13/SEGR/0004746 del 14 febbraio 2007) per fornire elementi di chiarimento su vari aspetti.
Viene così chiarito che nei casi di urgenza, ossia quando l'assunzione viene effettuata «per evitare danni alle persone ed in tutti quei casi in cui sussistano motivate esigenze produttive, tecniche e organizzative che non consentano di procrastinare l'impiego dei lavoratori» sono previste procedure più flessibili. Tale procedura viene anche prevista in caso di assunzione per «forza maggiore» ovvero in caso di avvenimenti di carattere straordinario.
In deroga all'obbligo di comunicazione preventiva, in questi due casi il datore di lavoro dovrà trasmettere la comunicazione nei cinque giorni successivi l'instaurazione del rapporto di lavoro.
I suddetti casi di urgenza e di forza maggiore sono stati ancora meglio chiariti nella nota del 14 febbraio 2007 e nelle risposte ai quesiti fornite in apposito indirizzo di posta elettronica (CO\@lavoro.gov.it) e pubblicate sul sito del Ministero tra le FAQ del settore dedicato alla comunicazione obbligatoria. Tali risposte sono state pubblicate proprio per chiarire in modo esaustivo la normativa introdotta con la legge 296 del 2006.
Si fa presente che la normativa si applica a tutti i settori ivi compresi quelli dell'agricoltura e del turismo. Il legislatore infatti non ha voluto individuare settori esclusi dagli obblighi di cui alla norma. Ha voluto piuttosto regolamentare alcuni casi di flessibilità dell'obbligo, comunque richiesto anche se con una tempistica meno rigorosa (entro i cinque giorni successivi all'assunzione).
Si ritiene, inoltre, che i due settori richiamati nell'interrogazione sono tra quelli dove maggiormente, proprio per la tipologia e la specificità del lavoro, possono nascondersi forme di lavoro non dichiarato che il legislatore, con la normativa emanata, ha ritenuto di controllare e far emergere.
Infine, corre l'obbligo di evidenziare che le procedure definite e, in particolare, la comunicazione unica informatizzata, basata sul collegamento informatico tra i Centri per l'impiego, gli istituti previdenziali e gli uffici periferici del lavoro, potrà supportare e facilitare il compito dei datori di lavoro nella trasmissione delle informazioni necessarie.
Si tratta infatti di un sistema, definito in accordo con le Regioni e gli enti previdenziali, che consentirà quella circolazione e condivisione di informazioni sui rapporti di lavoro in atto auspicata da tempo per avere una banca dati a fini statistici, ma soprattutto per avere la necessaria trasparenza del mercato del lavoro.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
BALDELLI e GREGORIO FONTANA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. - Per sapere - premesso che:
organi di stampa hanno riportato la notizia secondo cui il Presidente del Consiglio
ha inviato una circolare ai ministri in cui chiede apertamente di non dar vita ad iniziative legislative;
la citata circolare fa riferimento anche ad aspetti tecnici su come procedere a normazione senza dover impegnare il Parlamento nella produzione normativa primaria;
le indicazioni del Presidente del Consiglio, che invita i ministri alla cosiddetta «via amministrativa» per assicurare una continuità normativa, hanno come conseguenza di fatto quella di aggirare il Parlamento, ossia il luogo individuato dalla Carta costituzionale dove si esprime la volontà popolare;
nella corrente legislatura alcuni ministri hanno già in altre occasioni di fatto scavalcato il Parlamento: ad esempio il Ministro della pubblica istruzione che ha prodotto l'effetto di modificare la cosiddetta riforma Moratti attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale (n. 46 del 13 giugno 2006);
nel corso della XV Legislatura il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali ha posto fino ad ora 12 questioni di fiducia;
il Governo dispone di una maggioranza ristretta al Senato e quindi la scelta di aggirare il confronto con il Parlamento sembra essere dettata anche da questa circostanza -:
se il Governo, oltre alla condivisibile esigenza di ridurre il carico normativo, non intenda chiarire le motivazioni per cui è stata inviata ai ministri questa circolare, poiché, al di là delle evidenti difficoltà politiche causate da divisioni all'interno della maggioranza parlamentare che hanno già portato ad una crisi di Governo, è necessario definire in modo trasparente le eventuali ripercussioni di questa indicazione nei rapporti tra Governo e Parlamento.
(4-03379)
Risposta. - L'interrogazione è frutto di un'evidente non corretta informazione che taluni organi di stampa hanno dato circa un'iniziativa interna del Presidente del Consiglio volta al recepimento dei principi della cosiddetta better regulation e interpreta erroneamente una nota di indirizzo agli Uffici - diretta a introdurre ordinari criteri di razionalità nella progettazione dell'azione di governo, privilegiando, come è ovvio, gli strumenti amministrativi, prima di impegnare il Parlamento con inutili mutamenti legislativi - con una sorta di «delegittimazione» del Parlamento.
La nota in questione - che è una mera nota interna di indirizzo agli uffici e non già una vera e propria circolare - mira, invece, a restituire al Parlamento e alla legge la loro funzione propria ed essenziale di luogo e di mezzo delle scelte importanti, generali e astratte, di indirizzo e di guida per i cittadini e per il governo del Paese, evitando prassi, purtroppo assai diffuse negli ultimi anni (da parte di entrambi gli schieramenti politici), di ricorrere in modo sistematico e improprio alle leggi-provvedimento o alla riproposizione o riscrittura di norme primarie al solo scopo di sciogliere nodi interpretativi che tocca all'amministrazione imparziale e al giudice terzo dirimere, nel pieno rispetto del fondativo principio della separazione dei poteri.
L'atto governativo in questione rappresenta, quindi, solo un doveroso ossequio ad uno standard di buona pratica normativa e di governo universalmente condivisa e raccomandata.
Infatti, le «alternative alla legislazione» costituiscono, oramai da circa un decennio anche in Italia, il più diffuso strumento di deflazione normativa e uno dei tipici strumenti di miglioramento della qualità della regolazione, largamente condiviso in tutti i Paesi dell'area OCSE e fatto proprio dalla stessa Unione europea che, a partire dal noto rapporto Mandelkern, ne ha fatto uno dei pilastri del programma comunitario di better regulation.
In Italia, la logica degli strumenti alternativi alla legislazione - di cui la cosiddetta opzione zero costituisce un aspetto tecnico particolarmente qualificante - è stata, in un'ottica peraltro bipartisan, sempre condivisa dai precedenti Governi, che ne hanno ripetutamente specificato la portata applicativa
sul piano sia politico sia tecnico, con circolari del Presidente del Consiglio o del Ministro da lui delegato e con istruzioni fornite dagli uffici di coordinamento normativo della Presidenza del consiglio, spesso elaborate in raccordo con i corrispondenti uffici delle Camere.
La politica di normazione - come evidenziato anche dal Consiglio di Stato - mira, per quanto concerne il canone volto a valorizzare l'uso degli strumenti alternativi alla regolazione (tra i quali la cosiddetta opzione zero si iscrive a pieno titolo), a considerare l'intervento normativo, e in particolare quello espresso al massimo livello primario, come una delle possibili soluzioni, allorché sia necessario il dibattito politico nell'Aula parlamentare e, sul piano giuridico-istituzionale, una modificazione del quadro normativo esistente. Ciò anche per evitare, oltre al fenomeno significativamente noto come «inflazione legislativa», la deprecabile prassi, da parte del Governo e delle pubbliche amministrazioni, di preferire la proposizione di iniziative normative alla doverosa applicazione delle leggi esistenti.
Del resto appare incoerente prevedere meccanismi complessi, quale il cosiddetto «taglialeggi», voluto proprio dall'attuale opposizione, con la legge n. 246 del 2005 (che questo Governo si sta impegnando ad attuare), per poi continuare in una pratica legislativa che ha generato, nella sua eccessiva dimensione, il deprecato fenomeno di ipernormazione e complicazione, che tutti oggi denunciano come uno dei motivi di scarsa competitività del sistema-Paese.
Va dunque recisamente respinta l'illazione secondo cui questo Governo vorrebbe in tal modo «aggirare il confronto parlamentare» per rimediare alla scarsezza dei suoi numeri in Senato e va contestato che il tema della better regulation abbia una qualche relazione con la questione, richiamata dagli Onorevoli interroganti, del numero di volte che questo Governo ha ritenuto o si è visto costretto a porre la questione di fiducia.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
BALDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la vicenda in esame riguarda l'incomprimibile diritto allo studio dei nostri connazionali residenti all'estero, rilevato che - ai sensi delle disposizioni costituzionali che disciplinano tale fondamentale diritto - «la scuola è aperta a tutti» (articolo 34, comma 1, Costituzione) e che è diritto-dovere dei genitori di istruire i figli (articolo 30, comma 1, Costituzione), ma che è anche precipuo compito della Repubblica rimuovere quegli ostacoli di natura sociale o economica che limitano «di fatto» la libertà e l'uguaglianza dei cittadini (articolo 3, comma 2, Costituzione);
risulta all'interrogante che in data 13 dicembre 2006, i nostri connazionali Daniela Schillaci, Salvatore Di Russo, Simone Mangiameli e Paolo Dovis, genitori - rispettivamente - dei minori Sabina Bejar, Raffaele Di Russo, Sara Emma Mangiameli, Nicolas Dovis, depositavano esposto protocollato n. 10231 presso il Console Generale d'Italia a Madrid, in qualità di provveditore agli studi;
con il detto esposto si rappresentava che la dirigente scolastica della Scuola Italiana di Madrid era intenzionata ad opporre diniego alla domanda di iscrizione dei suddetti minori al primo anno della scuola primaria, anno scolastico 2007-2008, per difetto del requisito relativo all'età di ammissione, invocandosi il disposto dell'articolo 143, decreto legislativo n. 297/1994 (norma da ritenersi oggi abrogata) secondo cui «Nessuno può essere iscritto alla prima classe elementare se non ha raggiunto l'età di sei anni»;
la situazione sopra riportata è rimasta sino ad oggi immutata, come nuovamente illustrato, dai medesimi genitori, con successivo atto depositato presso il console in data 23 marzo 2007, prot. n. 3010;
i minori indicati, al contrario, hanno pieno diritto all'iscrizione anticipata, in
quanto destinati a compiere i sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, come prescritto dalla vigente normativa in materia di accesso alla scuola primaria;
la materia è disciplinata, in generale, dalla legge 28 marzo 2003, n. 53 (cosiddetta «legge Moratti»), dal decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 e dalla circolare del Ministero della pubblica istruzione n. 74 del 21 dicembre 2006 (prot. n. 11668);
l'articolo 6, comma 2, decreto legislativo n. 59/2004 - emanato ai sensi della delega contenuta nella citata legge n. 53/2003 - stabilisce che «possono essere iscritti al primo anno della scuola primaria anche le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento»;
la circolare ministeriale n. 74/2006 specifica la detta previsione disponendo, al punto 2.1, che «i genitori hanno la possibilità di iscrivere alla scuola primaria i bambini e le bambine che compiono sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno di riferimento (...). La scuola, cui consegue l'obbligo di accettazione, è impegnata ad assicurare nei confronti degli alunni, i cui genitori hanno richiesto l'iscrizione anticipata, una particolare attenzione per una proficua accoglienza ed un efficace inserimento». Per cui, l'iscrizione anticipata alla scuola primaria, al ricorrere del requisito costituito dal compimento dei sei anni di età entro il termine prescritto, costituisce un vero e proprio diritto del minore, il cui esercizio spetta ai genitori;
la medesima disciplina è applicabile direttamente anche ai minori di cittadinanza italiana in relazione all'iscrizione anticipata ad istituti scolastici italiani costituiti all'estero, come si evince - oltre che dai fondamentali principi consacrati dagli articoli 3, 30 e 34 della legge fondamentale - dall'ancora vigente articolo 629 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante ordinamento delle scuole italiane all'estero, secondo cui «con provvedimenti adottati di concerto con il Ministro della pubblica istruzione le scuole italiane statali all'estero sono conformate per il loro ordinamento, salvo varianti rese necessarie da particolari esigenze locali, alle corrispondenti scuole statali del territorio nazionale», di talché la pura e semplice circostanza di risiedere all'estero non può legittimare alcuna discriminazione nel trattamento riservato dalle autorità scolastiche ai discenti;
nel suddetto quadro normativo ed interpretativo, è agevole osservare come la previsione di cui all'articolo 143 del citato decreto legislativo n. 297/1994, secondo cui «nessuno può essere iscritto alla prima classe elementare se non ha raggiunto l'età di sei anni», non può dispiegare alcun effetto giuridico in relazione alla situazione degli alunni residenti all'estero, proprio perché nessun effetto dispiega più in relazione agli alunni che risiedano nel territorio nazionale;
del resto, come già detto, la norma da ultimo citata è stata abrogata dalla legge-delega n. 53/2003, il cui articolo 2, comma 1, lettera f), espressamente prevede che «alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento», prescrizione puntualmente ripresa dal successivo decreto legislativo n. 59/2004;
l'intervenuta abrogazione della norma di cui all'articolo 143, decreto legislativo n. 297/94 - anche con riferimento alla posizione degli alunni italiani residenti all'estero - è dunque l'ineluttabile conseguenza dell'applicazione, alla fattispecie in esame, del fondamentale principio di successione cronologica delle leggi nel tempo, unitamente al principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini;
nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza che, allo stato, non pare siano stati adottati dal Ministero degli affari esteri atti
amministrativi di attuazione delle disposizioni che sanciscono il diritto all'iscrizione anticipata alla scuola primaria;
detta circostanza è irrilevante: in primo luogo, perché il diritto all'istruzione costituisce un interesse primario della persona, che la pubblica amministrazione non può comprimere, tanto più facendosi scudo della propria colpevole inerzia; in secondo luogo, perché l'articolo 629, decreto legislativo n. 297/94, nel prescrivere che la conformità dell'ordinamento delle scuole italiane all'estero a quello nazionale è assicurata «con provvedimenti adottati di concerto con il Ministro della pubblica istruzione», utilizza non a caso proprio il termine tecnico di «provvedimento», che sta ad indicare, in senso stretto, l'atto singolare con cui il competente ufficio amministrativo provvede in merito alla specifica fattispecie concreta;
l'ufficio competente (nel caso di specie, il console, in veste di provveditore agli studi) è tenuto infatti ad adottare le necessarie autorizzazioni finalizzate all'esercizio del diritto di iscrizione anticipata, previo concerto con il Ministero della pubblica istruzione;
non può, al contrario, ritenersi che la norma in questione richieda l'emanazione di un apposito regolamento da parte del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministero dell'istruzione, al fine di disciplinare l'accesso dei minori alla scuola primaria negli istituti siti all'estero;
la correttezza di quanto sin qui esposto è supportata dal fatto che interpretazioni diverse condurrebbero a conseguenze del tutto assurde e inaccettabili, in evidente contrasto con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge posto dall'articolo 3 Costituzione, che peraltro al capoverso aggiunge proprio che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
deve quindi concludersi per la piena applicabilità dell'articolo 6, comma 2, decreto legislativo n. 59/2004, come specificato dalla circolare ministeriale n. 74/2006, alle scuole italiane all'estero, le quali, a fronte della presentazione di una domanda di iscrizione anticipata alla scuola primaria, sono obbligate all'accettazione;
purtroppo, sebbene le osservazioni che precedono siano state più volte sottoposte all'attenzione del dirigente scolastico della Scuola Italiana di Madrid e del console, allo stato, i minori di cui sopra non sono stati ancora ammessi all'iscrizione anticipata alla scuola primaria, per l'anno 2007-2008 -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della specifica vicenda sopra esposta, che rischia di compromettere il diritto allo studio dei minori italiani all'estero;
se i Ministri interrogati intendano attivarsi tempestivamente al fine di assumere tutte le iniziative necessarie al fine di pervenire ad una felice risoluzione dell'esposta vicenda;
se i Ministri interrogati intendano verificare gli standard qualitativi di cui fruiscono i nostri connazionali all'estero in materia di istruzione pubblica.
(4-03520)
Risposta. - La scuola primaria italiana statale di Madrid ha registrato negli ultimi anni un notevole incremento delle iscrizioni degli alunni, italiani, spagnoli ed anche di altre nazionalità. Questo importante risultato è dovuto alla riconosciuta qualità dell'offerta formativa ivi garantita, frutto dell'impegno del personale dirigente, docente ed amministrativo in servizio presso l'istituto e dell'attenta opera di vigilanza e stimolo esercitata dalle nostre autorità diplomatiche e consolari.
Proprio il successo della scuola è però anche causa di alcuni problemi che si sono
recentemente registrati per il reperimento di spazi e locali idonei alle attività scolastiche curricolari e ricreative. Nel caso in specie, l'attuale capienza dell'edificio scolastico italiano di Madrid non consente di aumentare incondizionatamente il numero di alunni. Purtroppo, a differenza di quanto accade in territorio metropolitano, non sono presenti in loco altre strutture scolastiche italiane ove eventualmente rivolgersi in caso di mancanza di posti disponibili.
L'Amministrazione intende compiere ogni sforzo per assicurare ai bambini italiani residenti a Madrid l'iscrizione alla scuola primaria italiana statale, nella consapevolezza tuttavia che gli attuali problemi di ordine logistico richiederanno soluzioni temporanee in attesa di poter provvedere ad un necessario adeguamento delle esistenti strutture.
Il Ministero degli affari esteri non ritiene che la nazionalità o l'età degli aspiranti alunni possano costituire criteri di selezione per le iscrizioni alla classe prima della scuola primaria, e questo sia per quanto concerne gli alunni italiani che quelli spagnoli. Infatti la missione specifica della scuola italiana di Madrid deve continuare ad essere, come è stato in questi anni, un'integrazione delle due collettività che renda possibile anche un'attiva azione di promozione della lingua e cultura italiana in Spagna.
In questa prospettiva sono già state impartite istruzioni alle competenti autorità scolastiche per far fronte all'emergenza che si è venuta a creare con l'incremento delle iscrizioni. Contemporaneamente il Ministero degli affari esteri sta valutando, dal punto di vista della fattibilità tecnica, alcune proposte di ampliamento delle strutture della scuola che il Consolato generale d'Italia a Madrid ha fatto pervenire e, ove il giudizio tecnico su tali proposte sia confortante, intende richiedere al Ministero dell'economia e finanze un'integrazione del capitolo di bilancio per le spese di manutenzione delle sedi demaniali delle scuole statali all'estero, al fine di finanziare i relativi interventi.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CAPEZZONE, MELLANO, D'ELIA, BELTRANDI, PORETTI e TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 13 marzo 2007 è prevista la visita ufficiale nel nostro Paese del Capo di Stato russo Vladimir Putin;
l'impegno preso dai nostri due Paesi, anche in occasione di questo incontro, è quello di mantenere i rapporti politici ed economici sotto un profilo di collaborazione e di reciprocità piena sul piano del riconoscimento dei diritti, sulla trasparenza delle transazioni di tipo economico e sulle politiche internazionali ed energetiche;
allo stato, al contrario, tale chiarezza di rapporto è gravemente offuscata dalla mancata risoluzione, anche e solo a livello informativo, di alcune gravi questioni ancora orfane di specifiche, puntuali ed esaustive risposte da parte del governo russo;
più precisamente, il nostro Paese è da anni in attesa di una risposta in merito all'uccisione del giornalista di Radio Radicale Antonio Russo, che stava denunciando la portata delle atrocità russe in Cecenia;
più precisamente nulla è stato non solo chiarito ma anche semplicemente riferito in ordine alla morte di alcuni giornalisti che hanno più volte denunciato l'eccidio ceceno per mano armata dei miliziani russi, ultima e tra le più inquietanti, quella della giornalista Anna Politkovskaia;
altresì, molta chiarezza bisogna ancora fare in merito alle intenzioni reali del governo russo in ordine alle politiche energetiche e alla paventata creazione di un canale unico per il trasporto del gas, mezzo con cui tenere lontane le compagnie straniere, alla nazionalizzazione delle piattaforme off-shore, ricollocate sotto l'ala dei colossi di Stato Gazprom Rosneft; dalle intese con l'Algeria per l'accesso ai pozzi di petrolio e di gas, fino agli accordi
sottoscritti con l'Iran tesi a coordinare al meglio la produzione di gas -:
se e come si ritenga di ottenere dal Presidente russo Vladimir Putin, in questa particolare e importante occasione di incontro ufficiale, risposte adeguate ed esaustive sui punti succitati e se il Ministro intenda preventivamente porre le stesse all'attenzione dell'opinione pubblica.
(4-02897)
Risposta. - Nel corso dei colloqui tra il Presidente del Consiglio ed il Presidente Prodi ed in occasione della conferenza stampa conclusiva del Vertice intergovernativo di Bari del 14 marzo 2007 da parte italiana è stato sottolineato come libertà di stampa e di espressione, libertà di associazione e tutela dei diritti umani siano valori fondanti delle nostre società e come il dialogo tra governi su questi temi sia importante come è importante il dialogo tra società civili.
L'Italia ha comunque sempre seguito con costante attenzione la problematica relativa al rispetto dei diritti umani in Russia anche nel più ampio contesto dell'azione esterna dell'Unione Europea in questo settore. A quest'ultimo proposito tra i canali di dialogo particolare importanza viene rivestita dalle consultazioni UE-Russia sui diritti umani. Giunte ormai alla quinta sessione (Bruxelles, 3 maggio 2007), esse rappresentano un importante momento di incontro, di riflessione e di analisi della situazione relativa al rispetto ed alla promozione dei diritti e delle libertà fondamentali in Russia, nonché un'opportunità per una esposizione franca e costruttiva da parte dell'Unione Europea delle sue preoccupazioni circa l'effettiva tutela dei diritti umani da parte della competenti autorità russe, in un'ottica di futuri miglioramenti.
Per quanto riguarda l'efferato delitto della giornalista russa la Presidenza di turno dell'Unione Europea ha emesso l'8 ottobre 2006 una Dichiarazione in cui ha condannato l'assassinio della Politovskaya, esprimendo solidarietà e condoglianze ai familiari e amici della nota giornalista e paladina della libertà di espressione in Russia. L'Italia naturalmente ha in quell'occasione pienamente condiviso la posizione di condanna del delitto espressa dalla Presidenza dell'Unione Europea. Anche come attivo membro dell'Unione Europea, l'Italia continuerà a svolgere ogni azione per ottenere da parte delle autorità russe il pieno rispetto degli standard internazionali in materia di rispetto della libertà fondamentali ed in particolare delle libertà di opinione e di espressione.
In tema di energia, nel corso del Vertice intergovernativo l'Italia ha espresso il proprio convincimento dell'importanza dell'interdipendenza energetica tra Europa e Russia: il rafforzamento della cooperazione nella sfera energetica è infatti cruciale per il raggiungimento di sempre più avanzati livelli di sviluppo e sicurezza nel continente europeo.
Anche a seguito della reazione da parte delle forze dell'ordine russe in occasione delle recenti manifestazioni della dissidenza a Mosca e San Pietroburgo (14 e 15 aprile 2007), sfociata nel fermo di numerosi attivisti e giornalisti, incluso l'ex campione di scacchi e leader del Fronte Civico Unito, Kasparov, poi rilasciato, l'Italia ha condiviso le preoccupazioni espresse dalla Presidenza dell'Unione Europea con il comunicato del 16 aprile. La Presidenza dell'Unione Europea ha in quell'occasione invitato la Federazione Russa a rispettare gli impegni assunti, quale membro delle Nazioni Unite, dell'OSCE e del Consiglio d'Europa, in materia di tutela della libertà di espressione e di riunione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CARDANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
tra il 15 settembre e il 22 ottobre 1943 un battaglione SS del secondo reggimento della divisione corazzata Leibstandarte «Adolf Hitler», al comando di Hans Walter Kruger, Karl Herbert Schnelle
e Friedrich Rolhwer, iniziò la caccia a tutti gli ebrei residenti o sfollati nella zona del Lago Maggiore. Ben 56 ebrei (donne, uomini, bambini, anziani) di diverse nazionalità furono catturati e barbaramente uccisi. Cinquantaquattro di loro furono sorpresi sulle sponde dei laghi Maggiore, Cusio e Mergozzo (9 ad Arona, 16 a Meina, 14 a Baveno, 4 a Stresa, 3 a Mergozzo, 2 a Orta, 2 a Pian di Nava e 4 a Intra). Altri due ebrei furono invece catturati a Novara;
nel 1968 per i fatti di Meina fu celebrato un processo a Osnabrück in Germania, conclusosi con l'ergastolo per i 3 imputati maggiori, ma già nel 1970 la corte d'appello di Berlino annullò la sentenza con questa motivazione: «I reati devono considerarsi prescritti»;
dopo essere stata dimenticata per anni la strage del lago Maggiore è oggi ricordata attraverso lapidi, monumenti, cippi, targhe ben visibili percorrendo la strada statale del Sempione, e ogni anno si svolgono, a partire dalla metà degli anni ottanta, cerimonie, convegni, incontri, per merito delle amministrazioni locali e di alcuni testimoni - in particolare Becky Behar, figlia dei proprietari dell'Hotel Meina, sopravvissuta alla strage. Questo lavoro è stato accompagnato da ricerche, studi e pubblicazioni;
diversamente rispetto al territorio che fu teatro di quei fatti, la memoria collettiva degli italiani non conosce questa strage, e anche i media italiani (a differenza della televisione Svizzera) non le hanno mai dedicato particolare attenzione, per cui potrebbe essere utile che essa divenisse oggetto di una trasposizione cinematografica: l'opera potrebbe avere un ruolo fondamentale per diffondere la conoscenza di fatti drammatici che pesano sulla coscienza di noi italiani - non solo dei tedeschi occupanti - e potrebbe contribuire a quella crescita culturale e civile che nasce dal rifiuto degli errori del passato;
il 26 febbraio 2007 è iniziata nei luoghi della strage la realizzazione del film «Hotel Meina», per la regia di Carlo Lizzani, tratto dal saggio storico di Marco Nozza. La storia di questo film è molto travagliata. Nel novembre 2004 il film «Hotel Meina», per la regia di Pasquale Squitieri, è tra quelli finanziati come «opera di interesse culturale» dal Ministero per i Beni e le attività culturali con 4.305.000 euro, ma nel febbraio 2005 l'opera viene spostata nella sezione «rinviati per approfondimenti istruttori». Nel frattempo dopo contestazioni giunte da più parti in relazione alle tesi revisioniste di Squitieri sull'esistenza e la portata delle leggi razziali in Italia nell'epoca fascista, nel settembre 2005 il film riappare tra i finanziamenti ministeriali. Questa volta la regia è affidata a Carlo Lizzani, mentre la sceneggiatura resta di Squitieri, affiancato da Dino e Filippo Gentili, e il sostegno economico viene dimezzato. La casa produttrice è la Titania, in collaborazione con RAI Cinema e col contributo di Film Commission Torino Piemonte. Il film rimane «liberamente tratto» da «Hotel Meina» di Marco Nozza;
il quotidiano La Stampa ha pubblicato dal 25 al 28 febbraio 2007, sia nelle pagine nazionali che in quelle locali, diversi articoli che testimoniano lo sconcerto e la delusione delle comunità locali coinvolte, per come la trasposizione cinematografica viene effettuata, con il rischio che vengano inventati o travisati alcuni elementi importanti di quella vicenda (correttamente riportati invece nel libro di Nozza). Tali modifiche sono giustificate da parte di chi sta realizzando il film, con il diritto alla libertà di interpretazione artistica;
si sono espresse con prese di posizione ufficiali anche le istituzioni locali e quelle culturali, l'ANPI, la Casa della Resistenza di Verbania Fondotoce, diversi istituti scolastici del Verbano-Cusio-Ossola, la Commissione Didattica dell'Istituto Storico della Resistenza di Novara. In particolare ha suscitato clamore l'accorata protesta di Becky Behar, molto conosciuta nella zona, e recentemente insignita della cittadinanza onoraria di Meina, sopravvissuta
alla strage e presente con continuità attraverso la propria appassionata testimonianza negli incontri, in particolare nelle scuole, nelle province del Verbano-Cusio-Ossola e di Novara. Il rischio ravvisato da tutte queste proteste è che la realizzazione del film possa distorcere e rendere ambigua la memoria di fatti così dolorosi che ancora oggi costituiscono ferite aperte nella sensibilità delle comunità coinvolte, anche a dispetto della verità storica, dopo che per anni un paziente lavoro di testimonianza e di ricostruzione storica aveva contribuito ad una rielaborazione importante della memoria di quella strage. Tutte queste proteste hanno trovato spazio anche nell'incontro del «Comitato per la valorizzazione della cultura della Repubblica nel contesto dell'unità europea» riunitosi presso la prefettura di Verbania lo scorso 2 marzo;
la libera espressione artistica non può essere confusa con la licenza a banalizzare e semplificare la complessa realtà storica al punto da distorcere i fatti, di offendere la sensibilità dei sopravvissuti e la dignità delle comunità locali segnate da quei tragici eventi, così identificabili nei nomi dei luoghi e nella riconoscibilità delle persone protagoniste;
il film «Hotel Meina» gode di finanziamenti pubblici-:
se sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga opportuno intervenire presso la casa produttrice, il regista, e gli sceneggiatori, affinché venga ristabilito un equilibrio tra il diritto alla libera interpretazione artistica e il dovere del rispetto alle vittime e ai sopravvissuti, nonché alla memoria delle comunità locali che non hanno mai dimenticato quei fatti, per fare in modo che il rigore, la sensibilità e l'onestà intellettuale accompagnino, rendendolo più efficace, il messaggio civile del film.
(4-02800)
Risposta. - Il 30 novembre 2004 è stato presentato dalla società di produzione Titania Produzioni Srl il progetto filmico «Hotel Meina» per la regia di Pasquale Squitieri.
La Commissione per la Cinematografia, dopo aver proceduto all'audizione del regista e del rappresentante della produzione, in data 28 febbraio 2005 ha deliberato di rinviare l'approvazione del progetto alla seduta successiva per approfondimenti istruttori.
Nel frattempo, la società di produzione ha chiesto un ulteriore rinvio dell'esame del progetto, in quanto la regia era stata affidata a Carlo Lizzani ed era in corso una revisione della sceneggiatura, anche in considerazione di alcune proposte pervenute dalle Comunità Ebraiche.
Nella seduta del 30 maggio 2005, preso atto della richiesta della società di produzione, la Commissione ha fissato al 30 giugno 2005 il termine ultimo per la presentazione della nuova stesura della sceneggiatura e per il successivo riesame, previsto entro il 30 settembre 2005.
Il 30 giugno la società di produzione Titania ha presentato la nuova documentazione e la sceneggiatura revisionata del film. In seguito ad un ulteriore audizione del nuovo regista e del rappresentante della produzione, il 26 settembre 2005, la Commissione ha dichiarato l'interesse culturale dell'opera, assegnandogli un finanziamento complessivo di euro 1.875.000,00 con la seguente motivazione: «Un episodio dimenticato della persecuzione ebraica in Italia proposto dal maestro riconosciuto nel nostro paese capace di queste operazioni di ricostruzione storica».
Il 7 novembre 2005, la Titania Produzioni ha comunicato l'avvenuto accordo di coproduzione con Francia ed Ungheria, nonché un accordo di produzione associata con la Rai.
Per quanto attiene alle censure mosse in ordine ai contenuti ed alla trasposizione cinematografica «liberamente tratta» dall'omonimo saggio storico di Marco Nozza, è da rilevare pertanto che già in sede di istruttoria per il riconoscimento dell'interesse culturale del film, sono stati ascoltati il regista Lizzani e il rappresentante della società di produzione.
In tale fase la Commissione, tenuto conto del fatto che la originaria sceneggiatura aveva provocato risentite reazioni da parte delle Comunità Ebraiche, ha chiesto a Lizzani informazioni circa la nuova sceneggiatura. Lizzani ha rassicurato la Commissione affermando che la nuova stesura della sceneggiatura era totalmente differente da quella che aveva suscitato le polemiche.
A seguito di un'ulteriore segnalazione della Prefettura di Verbano Cusio Ossola del 5 marzo 2007, la Direzione generale per il cinema ha richiesto ulteriori chiarimenti alla società di produzione e al regista.
Nelle dichiarazioni alla stampa, pervenute l'8 marzo 2007 alla Direzione generale, Lizzani ha nuovamente respinto ogni critica in ordine al possibile stravolgimento della verità storica affermando l'intenzione di voler realizzare l'opera nel pieno rispetto della memoria dei sopravvissuti e delle vittime.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Elena Montecchi.
CASSOLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in tempi di inquinamento atmosferico, dipendenza energetica da regioni instabili e visti gli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di CO2, il metano per autotrazione può essere uno strumento molto utile per affrontare questi problemi;
l'Italia è da sempre leader mondiale nella produzione di veicoli a metano e dell'imprenditoria connessa (compressori, trasformazioni, eccetera). Eppure la sua normativa in materia è di fatto ferma da anni. Così è ancora vietato il multidispenser ed il self service nelle stazioni di rifornimento pubbliche e non esiste una normativa per piccoli impianti domestici, mentre nella gran parte degli altri paesi europei, così come negli Stati Uniti ed in Canada, fanno ormai parte integrante della strategia di sostegno ai carburanti alternativi meno inquinanti e garantiscono adeguati livelli di sicurezza, (visto che negli ultimi anni n quei paesi non si sono verificati incidenti);
solo nella provincia autonoma di Bolzano recentemente è stata introdotta una normativa provinciale che regolamenta il rifornimento domestico e che fa parte di un'ampia strategia a favore dello sviluppo del metano per autotrazione -:
se non ritenga di emanare una normativa che regolamenti l'utilizzo degli impianti per il rifornimento domestico di metano per autotrazione e se non intenda aggiornare e portare a livello degli altri paesi europei le normative che riguardano le stazioni di rifornimento per il metano, ivi compresa l'autorizzazione per il self cervice e per le colonnine «multidispenser».
(4-01797)
Risposta. - Questa Amministrazione ha, nel corso degli anni, provveduto ad aggiornare in via continuativa le norme di sicurezza antincendio in materia di stazioni di rifornimento per il gas naturale, in relazione al progresso tecnologico, allineandole, al contempo, con la disciplina comunitaria e con le relative norme armonizzate.
In particolare, per quanto riguarda il metano, con il decreto ministeriale 28 giugno 2002 è stata riesaminata e aggiornata la precedente regola tecnica sugli impianti di distribuzione di gas naturale per autotrazione, emanata con decreto ministeriale 8 giugno 1993, consentendo la realizzazione, oltre che dei grandi impianti, anche di piccoli impianti, alimentati da condotta, finalizzati alla alimentazione di un numero limitato di autovetture.
Il decreto ministeriale 28 giugno 2002 ha previsto, inoltre, la possibilità di realizzare impianti ad uso privato per il rifornimento di flotte, cioè destinati unicamente all'approvvigionamento di mezzi pubblici e di veicoli aziendali (esempio taxi, mezzi di trasporto pubblico, trasporto rifiuti eccetera) ed impianti di tipo self-service.
Per quest'ultima tipologia, in applicazione delle disposizioni di cui al citato decreto ministeriale 28 giugno 2002 ed in relazione all'aggiornamento della normativa europea in materia, un apposito gruppo di lavoro, costituito presso questo Ministero, sta elaborando specifiche norme di esercizio per gli erogatori del metano di tipo self-service inseriti negli impianti stradali di distribuzione.
Analogo percorso, con la costituzione di un gruppo di lavoro ad hoc, è stato seguito per i distributori di Gas di petrolio liquefatto GPL e recentemente è stato adottato il decreto interministeriale (Interno e Attività produttive), concernente «Modifiche ed integrazioni all'allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, recante la disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di GPL per autotrazione», predisposto ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340.
Il provvedimento riguarda il progetto di regola tecnica relativo agli impianti di distribuzione stradale di GPL per autotrazione ed apporta modifiche ed integrazioni alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, recante norme di sicurezza antincendio per distributori stradali di GPL, con l'intento di allineare le prescrizioni previste dalla precedente disciplina con i requisiti essenziali di sicurezza sanciti dalle direttive europee applicabili allo specifico ambito.
Il provvedimento vuole innanzitutto stabilire precise prescrizioni ai fini antincendio sulle modalità di installazione delle attrezzature componenti l'impianto GPL senza inficiare i requisiti costruttivi delle stesse, già conformi a tutte le direttive europee applicabili; al contempo, persegue l'obiettivo di aggiornare alcune disposizioni tecniche sulla base delle novità intervenute in campo tecnologico e normativo ovvero dall'esperienza costruttiva accumulata nel corso degli anni, consentendo di superare le restrizioni tecniche contenute in vari provvedimenti precedenti al decreto del Presidente della Repubblica n. 340 del 2003 e mantenute in vita dallo stesso; nonché quello di prevedere idonee misure di sicurezza antincendio per la realizzazione di impianti atti a distribuire il GPL per auto anche in modalità self-service in impianti comunque presidiati da personale addetto.
Per quanto concerne i distributori stradali di gas naturale (metano) per autotrazione, è stato costituito un apposito gruppo di lavoro, congiuntamente alle Associazioni del settore, con l'incarico di predisporre uno schema di regola tecnica disciplinante gli impianti di distribuzione di metano self-service.
Questo Ministero sta, inoltre, approfondendo, anche alla luce delle normative in vigore in altri Paesi europei, gli aspetti tecnici ed i conseguenti risvolti in termini di sicurezza antincendio connessi con l'ipotesi di avere un unico apparecchio di distribuzione (cosiddetto multidispenser) che consenta di erogare oltre ai carburanti liquidi (benzina e gasolio) anche quelli gassosi (metano, GPL, idrogeno).
Ma la vera e propria innovazione che pone l'Italia al primo posto fra i paesi europei in tema di riduzione dell'inquinamento atmosferico attraverso l'adozione di carburanti a bassi impatto ambientale, è rappresentata dal decreto ministeriale 31 agosto 2006 che detta le norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.
Tali disposizioni consentono la diffusione capillare e l'uso in sicurezza dei suddetti combustibili attraverso la progettazione, la realizzazione e la gestione degli impianti da parte di operatori adeguatamente formati che agiscono ai fini della messa in sicurezza dell'impianto in caso di emergenza. Viceversa, l'adozione di impianti di tipo domestico, oltre a frazionare il rischio in innumerevoli centri di pericolo, non garantisce lo stesso livello di sicurezza nella gestione dell'impianto, anch'esso esercito a circa 220 bar ma da persone che non hanno la stessa qualificazione degli operatori presenti negli impianti di rifornimento stradali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel 2002 il cittadino italiano Carlo Parlanti è stato accusato da parte della magistratura americana e successivamente arrestato in Germania poiché, a sua insaputa, era oggetto di mandato di cattura internazionale;
infatti, trovandosi in Germania per un viaggio venne arrestato per 11 mesi e quindi estradato negli Stati Uniti;
nel corso del suo processo negli USA rinunciò ad un patteggiamento venendo così condannato a nove anni di reclusione. Tuttavia sembrerebbe che tale giudizio abbia lasciato molti dubbi di legittimità ed imparzialità, così come riportato dalla stampa italiana -:
se non si ritenga, essendo il processo d'appello stabilito fra meno di 20 giorni, di dover assumere iniziative presso il governo americano sul caso e quali disposizioni siano state impartite al Consolato di San Francisco affinché manifesti un'adeguata attenzione in merito.
(4-02435)
Risposta. - Il signor Carlo Parlanti è stato arrestato in Germania il 6 luglio 2004 sulla base di un mandato di cattura internazionale spiccato dalle autorità statunitensi a seguito della denuncia di violenza sessuale sporta contro il predetto da parte della cittadina americana Rebecca White.
Il 3 giugno 2005 il signor Parlanti è stato estradato negli Stati Uniti. La magistratura italiana non ha proceduto ad inoltrare la domanda di estradizione dal momento che al connazionale veniva contestato un reato non commesso in Italia.
Al suo arrivo negli Stati Uniti il signor Parlanti è stato oggetto di ogni possibile assistenza da parte del Consolato generale di Los Angeles. In particolare la predetta Rappresentanza ha provveduto lungo tutto il periodo di detenzione ad effettuare numerose visite consolari e ha sempre mantenuto un costante contatto con i familiari del connazionale, tra cui la compagna dell'interessato signora Katia Anedda, nonché con i legali incaricati della sua difesa.
Avendo il signor Parlanti rifiutato il patteggiamento della pena a tre anni con detrazione del periodo di detenzione trascorso in Germania, l'8 dicembre 2004 ha avuto inizio il processo, nel corso del quale l'accusa ha, tra l'altro, prodotto le testimonianza di altre donne che hanno lamentato di aver subito violenze da parte del connazionale.
Nell'aprile 2006 il signor Parlanti è stato condannato dalla Corte di Ventura (California) alla pena di nove anni di reclusione. Dall'ottobre 2006 il connazionale è detenuto presso la struttura penitenziaria di Avenal (California).
Così come la Rappresentanza a Los Angeles, anche il Consolato generale a San Francisco, competente territorialmente in seguito al trasferimento del detenuto, non ha mancato di fornire all'interessato ogni possibile assistenza, adoperandosi, in particolare, affinché al connazionale fossero assicurata adeguato supporto sanitario, nonché condizioni di vita in carcere compatibili con il suo stato psico-fisico. Diverse visite consolari sono state effettuate, l'ultima delle quali con medico di fiducia della Rappresentanza.
Quanto alla vicenda giudiziaria del signor Parlanti, che continua ad essere seguita da vicino dal Consolato generale a Los Angeles, il 15 febbraio 2007 i legali difensori del connazionale, che si mantengono in stretto contatto con la predetta Rappresentanza, hanno presentato richiesta di appello. La Corte distrettuale di Ventura, chiamata a pronunciarsi su detta richiesta ha confermato il verdetto di colpevolezza a carico del connazionale e si è riservata di esaminare l'istanza di riduzione della pena nel contempo presentata. Rimane per l'interessato la possibilità di rivolgersi alla Corte federale, unico tribunale competente a stabilire in via definitiva se vi siano elementi sufficienti per riaprire il procedimento penale.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo l'articolo del 25 aprile 2007 riportato dal giornale Il Piccolo il governo croato avrebbe intenzione di chiudere il Tribunale comunale di Rovigno d'Istria accorpandolo a quello di Parendo;
il Tribunale di Rovigno è stato per molti decenni l'unico tribunale istriano ed attualmente è uno dei due tribunali bilingui in Istria assieme a quello di Buie;
tale Tribunale favorisce la tutela dei diritti della minoranza italiana autoctona in Istria, poiché, assieme a quello di Buie, è il solo in cui le cause vengono discusse oltre che in croato anche in italiano, garantendo dunque l'uso delle lingue minoritarie nel sistema giudiziario;
il recente trattato italo-croato del 1996 prevede l'ampliamento dei diritti di tutela della minoranza italiana, riconosciuti a tutto il «territorio d'insediamento storico» della comunità nazionale italiana in Istria di cui è indubbio faccia parte il territorio della città di Rovigno -:
se non ritenga di verificare quanto espresso in premessa ed assicurare, in questo modo, il rispetto del bilinguismo nonché la tutela stessa della minoranza italiana a Rovigno.
(4-03487)
Risposta. - L'accorpamento dei Tribunali di Parenzo e Rovigno (con perdita di autonomia di quest'ultimo che diverrebbe una sezione di quello di Parenzo), cui si riferisce l'interrogazione parlamentare in oggetto, rientra in un più ampio piano di riforma dell'apparato giudiziario nazionale mirante, nelle indicazioni del Governo croato, ad adeguarlo agli standards dell'Unione Europea. Nel complesso è previsto l'accorpamento di cinque Tribunali (5) tra cui, in Istria, quelli sopraccitati di Parenzo e di Rovigno.
Nel caso, tuttavia, del Tribunale comunale di Rovigno, come da lei stesso indicato nell'atto parlamentare è il più antico dell'Istria e l'unico, insieme a quello di Buie, dove le cause vengono discusse anche in lingua italiana oltreché croata, l'accorpamento e la conseguente perdita di autonomia avrebbero per effetto una regressione dell'applicazione del bilinguismo con conseguenze negative per i diritti della minoranza italiana.
Quanto sopra è stato immediatamente rappresentato dagli esponenti della Minoranza italiana alle competenti Autorità croate, con la richiesta di rinunciare a tale progetto.
Il Parlamento croato, al fine di consentire una approfondita consultazione sulla questione tra le forze politiche, ha deciso di rinviare il dibattito. Al momento, la previsione più accreditata è che il voto in Parlamento possa slittare di qualche settimana, probabilmente fino alla fine di giugno, il tempo necessario per arrivare ad un compromesso. In tale contesto, l'efficace ed abile azione svolta dal Rappresentante della Minoranza Italiana al Sabor croato, l'onorevole Furio Radin, è stata determinante per salvare finora il Tribunale comunale di Rovigno e tutelare i diritti della minoranza italiana.
In principio, il rischio dell'accorpamento del Tribunale comunale di Rovigno con quello di Parenzo parrebbe scongiurato, anche se evidentemente solo il voto in aula potrà confermarlo definitivamente. Al momento si discute della possibilità (alternativa) di sopprimere un altro Tribunale (quello di Pinguente); larga parte delle forze politiche istriane si sta tuttavia mobilitando nel tentativo di evitare che l'Istria paghi un prezzo sull'altare della riforma del sistema giudiziario e le trattative si stanno protraendo. Anche perché il Governo rischia di trovarsi in difficoltà al momento della votazione: senza il sostegno dei rappresentanti delle minoranze e di tutte le forze politiche istriane non avrebbe infatti, quasi certamente, i voti necessari a far passare la riforma.
L'auspicio dei rappresentanti della Minoranza italiana, che hanno valutato positivamente tale rinvio, è che nelle prossime settimane si rinunci definitivamente al prospettato accorpamento ed alla conseguente perdita
di autonomia del Tribunale comunale di Rovigno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CASTIELLO e NESPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che
il Ministero dell'interno ha recentemente pubblicato l'elenco dei comuni che godono dell'incremento del contributo ordinario per l'anno 2007 a favore dei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti (ex articolo 1, comma 703, lettere a) e b), legge 27 dicembre 2006, n. 296);
i Comuni che beneficeranno di questo ulteriore contributo economico risultano essere solamente 1.500 a fronte, invece, dei complessivi 5.800 che nel nostro Paese risultano avere meno di 5.000 abitanti;
l'A.N.C.I. aveva già manifestato fortissime perplessità sui criteri base individuati dal Governo per la ripartizione e l'erogazione di tale trasferimento economico;
l'Associazione rappresentativa dei Comuni italiani aveva reiteratamente richiesto al Governo di abbassare dal 35 per cento al 20 per cento il parametro riferito agli anziani e dal 5 per cento al 4 per cento quello riferito ai bambini residenti così da consentire a quasi tutti i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti di potersi avvalere di tale fondo integrativo;
la correzione dei parametri richiesta al Governo non è stata accordata così da giungere, in fine, ad una distribuzione di risorse evidentemente insoddisfacente, parziale ed iniqua;
nel frattempo è stata finanche soppressa l'originaria previsione del fondo specifico destinato alla totalità dei comuni non rientranti nei parametri previsti sebbene aventi meno di 5.000 abitanti;
quali celeri iniziative il Governo intenda adottare al fine di integrare, mediante una manovra correttiva, le risorse economiche già assegnate così da tener conto, in ragione dei parametri precedentemente suggeriti dall'A.N.C.I., del reale stato di sofferenza dei bilanci di tutti i 5.800 comuni aventi meno di 5.000 abitanti -:
se non sia il caso di proporre nuovamente l'originaria istituzione del fondo che consenta ai Comuni eventualmente esclusi dal primo riparto di contributi economici, in questa fase di approvazione dei Bilanci, di poter meglio e più serenamente pianificare i loro documenti finanziari.
(4-02849)
Risposta. - Nel corso dei lavori parlamentari per l'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2007, il Ministero dell'interno ha prestato particolare attenzione alla realtà dei comuni di minore dimensione demografica i quali, a motivo della ridotta possibilità di attivare la leva fiscale, evidenziavano difficoltà e mantenere i bilanci in equilibrio per assicurare i servizi indispensabili ai cittadini.
Una prima proposta emendativa al disegno di legge finanziaria per il 2007, che prevedeva un sostegno finanziario per complessivi 57,4 milioni di euro in favore dei comuni non ricompresi nei benefici destinati agli enti con elevata presenza di anziani e bambini, è stata espunta, nella stesura definitiva del maxi emendamento, per sopravvenute esigenze di copertura finanziaria di altre disposizioni.
Si evidenzia comunque che, oltre ai trasferimenti richiamati dall'onorevole interrogante, la lettera c) del comma 703 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) assegna 42 milioni di euro per gli investimenti dei 4.200 enti con popolazione fino a 3.000 abitanti, la successiva lettera d) attribuisce ulteriori 20 milioni di euro alle comunità montane, che sono in gran parte costituite da piccoli comuni, mentre il comma 707, nell'ambito dell'assegnazione della somma di 30 milioni di euro in favore degli enti sciolti in conseguenza di fenomeni
di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, destina l'importo di 5,41 milioni di euro ai 7 enti con meno di 5.000 abitanti, attualmente sciolti per il citato motivo.
Per completezza di informazione si segnala che, diversamente dagli esercizi precedenti, le disposizioni finanziarie per gli enti locali del 2007 contengono rilevanti assegnazioni di fondi in favore dei comuni di minore dimensione demografica, peraltro protratte anche per gli anni 2008 e 2009, e che comunque, nel corso del corrente esercizio, questo Ministero è orientato ad attivare una iniziativa legislativa specifica per l'assegnazione di risorse finanziarie in favore degli enti rimasti esclusi dagli interventi richiamati nell'interrogazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
COTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 2004, n. 313 riconosce l'apicoltura come una attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in genere;
in Italia, la produzione di miele, ancorché ampiamente diffusa su tutto il territorio nazionale, evidenzia i suoi valori più significativi in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana, ove si concentrano, rispettivamente, il 39 per cento degli alveari ed il 48 per cento delle quantità prodotte;
la stagione in corso è fortemente condizionata dalle temperature elevate e dalla carenza di pioggia che, interagendo, hanno, a loro volta, determinato anticipi nella fioritura delle principali specie mellifere e scarsità di nettare;
l'anomalo andamento stagionale sta, prevalentemente, incidendo sulle rese di miele di acacia, le cui produzioni sono particolarmente diffuse nella regione Piemonte;
l'apicoltura piemontese che, giova evidenziarlo, incide per circa il 12 per cento su quella nazionale, oltre a risentire dei problemi di cui sopra sta, in talune aree, patendo gravi danni a causa della peste europea che ha colpito numerosi alveari;
nelle ultime settimane le difficoltà dell'apicoltura piemontese si sono aggravate a seguito del manifestarsi, sia di alcune anomalie nel comportamento delle api, sia di numerosi episodi di morìa, registrati, rispettivamente, nelle province di Torino e di Novara;
le cronache, anche nazionali, hanno reso conto di ben 5 episodi, verificatisi a Torino tra il 23 ed il 24 aprile 2007 e che hanno visti protagonisti sciami di api «impazzite»; mentre la stampa locale rende conto, con crescente frequenza, di casi di morìa di api che, in molti allevamenti della provincia di Novara, stanno, di fatto, distruggendo gli alveari, le cui popolazioni hanno registrato perdite anche superiori al 60 per cento;
gli anomali comportamenti ed i gravi episodi di morìa e di cui sopra sarebbero direttamente riconducibili all'andamento climatico e, in specie, agli effetti del caldo e della ridotta umidità che avrebbero determinato la concentrazione di talune sostanze inquinanti su livelli dannosi - e finanche letali - per le api -:
se e quali interventi si ritiene di attuare per fare fronte alle emergenze sanitarie ed ambientali che stanno così pesantemente condizionando l'apicoltura nazionale e, in specie, se non si ritenga di prevedere, in accordo con le regioni interessate, l'adozione di specifiche misure a sostegno degli apicoltori direttamente colpiti;
se non si ritenga di accrescere l'impegno finanziario in favore del documento programmatico per il settore apistico di cui alla legge 24 dicembre 2004, n. 313.
(4-03559)
Risposta. - L'atto di sindacato ispettivo in esame pone l'accento sul fenomeno, più
volte segnalato anche nel nostro Paese, della mortalità e/o dello spopolamento di famiglie di api.
Fenomeni che vengono controllati mediante l'applicazione di programmi di monitoraggio, in diversi Paesi e, limitatamente ad alcune aree, anche nel nostro Paese.
I parametri di valutazione adottati, le metodologie utilizzate e l'approccio alla problematica, non sono però simili nei diversi Paesi interessati.
Diversamente, i fattori di rischio, fino ad ora individuati, sono gli stessi; parliamo di malattie apistiche, pratiche apistiche, andamento climatico stagionale, trattamenti fitosanitari e gestione del territorio.
Le cause di tali fenomeni sono in parte riconducibili alla conduzione degli alveari, con particolare riferimento al controllo delle malattie, talvolta al di fuori dei controlli e dei protocolli ufficiali.
Infatti, il divario tra le prescrizioni normative e le pratiche correnti rendono difficile gestire il controllo delle patologie con un indebolimento delle colonie, più esposte a malattie ed eventi ambientali.
Naturalmente, non vanno trascurati i fattori esterni all'alveare, legati all'ambiente ed, in particolare, i trattamenti fitosanitari, effettuati in primavera nelle aree a coltivazione intensiva.
La maggior parte dei principi attivi utilizzati, infatti, può essere tossica per le api, con effetto immediato nel caso le stesse vengano colpite direttamente o con effetti difficilmente ricollegabili alla causa nel caso di formulazioni quali microincapsulati, usati nella concia dei semi e regolatori di crescita.
In questo ultimo caso l'azione del principio attivo può avvenire anche a dosi subletali, provocando anomalie comportamentali nelle api attraverso forme di spopolamento.
Tali fenomeni sono attenuati o aggravati dalle condizioni climatiche, in quanto nel caso di temperature primaverili calde e secche è favorita la persistenza delle molecole dei principi attivi nella vegetazione, visitata dalle api per raccogliere nettare, polline e rugiada.
Le azioni da intraprendere, attraverso l'assistenza tecnica agli apicoltori, al fine di limitare i danni alle api devono essere dirette a garantire buone pratiche apistiche, gestione degli alveari, cura delle malattie e tecniche di produzione.
Con particolare riguardo alle modalità di somministrazione dei fitofarmaci, si evidenzia che le stesse, al fine di evitare eventuali avvelenamenti delle api, devono essere effettuate attraverso lo sfalcio preventivo delle fioriture spontanee presenti e l'effettuazione delle operazioni in assenza di vento e nelle ore serali, nel rispetto delle cautele previste dalla normativa di riferimento.
In particolare, la legge 24 dicembre 2004, n. 313, recante «Disciplina dell'apicoltura» riconosce l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale, al fine di garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità di una specie apistica presente in Italia.
Il documento programmatico per il settore apistico (DPA), previsto dall'articolo 5 della predetta legge, nonché la ripartizione delle risorse finanziarie statali di euro 2.000.000,00 stanziate per ciascuno degli anni 2004-2006 per la realizzazione degli interventi previsti dallo stesso documento, sono stati approvati e resi operativi con decreto ministeriale del 10 gennaio 2007.
Il documento ha individuato, tra l'altro, una serie di azioni prevedendo specifici interventi tesi a:
sviluppare i programmi di ricerca e di sperimentazione apistica, d'intesa con le organizzazioni apistiche (studi sul rapporto tra mortalità delle api ed impiego di prodotti antiparassitari ed erbicidi, studi sui fenomeni di incompatibilità con gli allevamenti apistici di nuove molecole e forme di lotta fitosanitaria);
realizzare una campagna di prelievo e analisi dei prodotti apistici immessi in commercio nelle varie forme di commercializzazione, finalizzata alla ricerca di residui e contaminanti;
fornire indicazioni generali sui limiti e divieti cui possono essere sottoposti i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali, coltivate e spontanee durante il periodo di fioritura;
favorire la tutela e lo sviluppo delle cultivar delle essenze nettarifere, in funzione della biodiversità;
determinare gli interventi di controllo per la lotta contro la varroasi e le altre patologie dell'alveare;
tutelare la razza ligustica attraverso la diffusione delle tecniche di allevamento e selezione delle api regine;
realizzare centri di referenza per lo sviluppo dell'assistenza tecnica agli operatori.
Con successivo decreto ministeriale del 19 marzo 2007 sono stati determinati i criteri e le modalità di concessione dei contributi in conto capitale per gli interventi alle Organizzazione degli apicoltori operanti a livello nazionale che dimostrino di possedere l'esperienza e la capacità richiesta per la realizzazione degli interventi stessi.
Le iniziative ammissibili riguardano:
a) assistenza tecnica, ivi compresa l'attivazione di piccoli progetti pilota;
b) promozione della produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità;
c) ricerca e sviluppo;
d) sostegno al settore zootecnico;
e) investimenti nelle aziende agricole.
Il periodo di riferimento per l'attuazione delle predette iniziative ha subito un sensibile slittamento, dovuto alla predisposizione ed all'iter di approvazione del documento programmatico nonché alla notifica alla Commissione europea del sistema di aiuti; iniziative che saranno conseguentemente realizzate nel triennio 2007-2009.
Allo stato, è prematura l'ipotesi di incremento dell'impegno finanziario in favore del DAP.
Infine, si evidenzia che i predetti interventi, per la loro caratterizzazione e per la tipologia dei servizi assicurati, non possono configurarsi come misure di sostegno bensì come assistenza tecnica agli apicoltori, ricerca ed investimenti nelle aziende (esempio sale di smielatura).
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
D'ALIA e TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il bilancio di previsione dell'esercizio 2007 del Comune di Tursi, di cui alla deliberazione consiliare n. 5 del 18 aprile 2007, non può ritenersi approvato, e quindi efficace, poiché non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti prevista dall'articolo 84 dello Statuto comunale (nove voti favorevoli su diciassette consiglieri in carica);
con nota del 3 maggio 2007 la Prefettura di Matera ha comunicato di aver accertato la mancata approvazione del bilancio per mancato raggiungimento del quorum necessario ed ha invitato il Sindaco a riconvocare entro dieci giorni il Consiglio comunale per l'approvazione dello stesso, al fine di evitare, in caso di inadempienza, la procedura di scioglimento di cui all'articolo 141, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 267 del 2000;
con nota dell'8 maggio 2007, diffusa a mezzo stampa, il Sindaco del Comune di Tursi, ha rilevato che la prefettura non è titolare di funzioni di controllo e di poteri caducatori sui provvedimenti consiliari, includendo tra questi l'intimata adozione delle procedure di cui al citato articolo 141;
risulta agli interroganti che entro il termine del 14 maggio 2007 i consiglieri non hanno ricevuto, nelle forme di rito, la
prescritta convocazione per l'approvazione del bilancio -:
se, preso atto della situazione sopra esposta, intenda vigilare sulla corretta e tempestiva adozione degli atti necessari alla immediata attivazione della procedura di scioglimento del Consiglio comunale di Tursi.
(4-03832)
Risposta. - Il 30 aprile 2007 il comune di Tursi, comunicava alla Prefettura di Matera l'avvenuta approvazione del bilancio di previsione entro i termini previsti.
Tuttavia, dall'esame del relativo atto deliberativo, la Prefettura constatava che il documento contabile, in difformità dalle previsioni statutarie, era stato approvato da otto consiglieri anziché da nove.
Ai sensi dell'articolo 84 dello statuto dell'ente, infatti, il quorum richiesto è quello della maggioranza assoluta dei consiglieri in carica. Poiché al comune sono assegnati 16 consiglieri più il sindaco, il bilancio avrebbe quindi dovuto essere approvato da nove consiglieri. Per tale ragione, vari gruppi consiliari presentavano degli esposti con i quali si eccepiva l'illegittimità dell'atto consiliare.
Il Prefetto di Matera, ritenendo sussistenti i presupposti di cui all'articolo 141 del decreto legislativo 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), con nota del 3 maggio 2007, invitava il Sindaco a riconvocare entro 10 giorni dal ricevimento dell'invito stesso il consiglio comunale per l'approvazione del documento contabile in conformità a quanto stabilito dall'articolo 84 dello statuto.
Trascorso inutilmente tale termine, il Prefetto diffidava il consiglio a provvedere all'adozione dello strumento contabile entro tre giorni dalla ricezione dell'atto di diffida con l'avvertenza che, in caso di inadempienza, si sarebbe disposto a mezzo commissario ad acta, così come previsto dall'articolo 141, comma 2, del citato Testo unico.
Il 25 maggio 2007, rilevata la persistente inottemperanza da parte del comune, veniva nominato il Commissario ad acta che, lo stesso giorno, provvedeva ad approvare, in via sostitutiva, il bilancio di previsione per l'anno 2007.
Non sono state avviate le procedure per lo scioglimento degli organi ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera c) del Testo unico, come richiesto dall'interrogante, in quanto gli organi soggetti allo scioglimento sarebbero venuti meno a distanza di due giorni a seguito della scadenza del mandato e dell'elezione dei nuovi organi; nei confronti di tali nuovi organi, non poteva, peraltro essere adottato alcun provvedimento di rigore in quanto non responsabili dei comportamenti omissivi che avrebbero giustificato lo scioglimento.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
DEIANA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel Decreto di rifinanziamento delle Missioni Militari all'estero, recentemente approvato dalla Camera dei Deputati, si legge alla pagina 33 sotto il titolo «Sicurezza dell'USR» il seguente testo «Considerando che il contingente militare italiano, che garantiva la sicurezza e l'incolumità del personale civile presente presso la USR, non sarà più presente in Iraq nel corso del 2007, il Governo italiano ha necessità di stipulare un contratto con una società di sicurezza che già sia operante in Iraq con personale locale. Ciò al fine di garantire l'incolumità dei civili presenti a Nassiriya e di consentire loro di uscire dal perimetro della base militare internazionale per monitorare i progetti ed incontrare le personalità locali in un contesto di massima sicurezza»;
per tale esigenze viene stanziata la somma di euro 3.498.000,00;
sul sito Unita.it si legge come in realtà il nostro Governo avrebbe stipulato con l'agenzia britannica privata Aegis defence Services un accordo in tal senso
(anche se il contratto con la Farnesina sarebbe ancora in via di definizione);
siamo in presenza di un colosso del settore presente in Iraq dal 2004, dopo aver stipulato con il ministero della Difesa statunitense un contratto da 293 milioni di dollari. Il suo fondatore, Tim Spider, sarebbe (sempre secondo quanto riportato dal sito) stato coinvolto in abusi contro i diritti umani e in violazioni internazionali;
a quanto risulta all'interrogante non sono state rese note, oltre che i termini dell'accordo, anche le ragioni che hanno portato alla scelta di tale società;
se le notizie riportate dal sito www.unita.it circa la stipulazione del contratto con l'Aegis Defence Services corrispondano al vero e come si concilia tale scelta con le affermazioni contenute nel decreto -:
se i Ministri interrogati intendano rendere noti i criteri sulla base dei quali vengono operate tali scelte;
quali siano le regole che disciplinano la loro attività e a quali controlli sego sottoposti.
(4-03113)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
A seguito del completamento della missione militare in Iraq e del ritiro del contingente, l'Italia ha incrementato il suo impegno a favore della ricostruzione civile del Paese, con un programma di assistenza alle autorità irachene per l'ottimizzazione della gestione delle risorse di bilancio nazionali e con il finanziamento diretto di progetti nei settori della formazione, sanitario, agricolo, idrico, elettrico, governance ed institution barilding, della progettazione di infrastrutture e del patrimonio culturale. Sono attualmente in corso progetti - concordati con le Autorità irachene - per un valore di circa 50 Meuro.
La USR (Unità di Sostegno alla Ricostruzione) è il fulcro di questa accresciuta attività civile italiana a favore della ricostruzione dell'Iraq. Essa svolge non solo un ruolo di coordinamento tra gli enti esecutori dei progetti e le Autorità locali ma anche e, soprattutto, un ruolo di consulenza sull'individuazione delle priorità per lo sviluppo della Provincia e di incentivo all'utilizzo delle vaste risorse del bilancio nazionale. Per adempiere a questi compiti si avvale di esperti civili, attualmente in numero di dieci, soggetto a variazioni in dipendenza delle esigenze degli specifici progetti.
Per il funzionamento della USR è necessario disporre di alcune competenze cui precedentemente sopperiva - anche se ad esse non del tutto assimilabili - la presenza del contingente militare nazionale.
In particolare:
a) la nostra USR, pur essendo fisicamente all'interno della base aerea di Tallil - e pertanto usufruendo della cornice di sicurezza della base stessa - necessita comunque di un servizio di guardiania continuativo per il controllo degli accessi al nostro comprensorio. Tale servizio è opportuno anche sotto il profilo del temporaneo immagazzinaggio di attrezzature e di beni destinati ai progetti a sostegno della popolazione irachena;
b) sono attualmente in corso di attuazione o di prossimo avvio nella Provincia del Dhi Qar progetti per circa 20 Meuro, in ordine ai quali è necessario potersi avvalere di un dispositivo per il monitoraggio del loro stato di avanzamento e di contatto con le realtà locali che interessano i progetti stessi. Per tale dispositivo è indispensabile impiegare qualificate risorse umane locali;
c) è indispensabile assicurare la necessaria autonomia di movimento con adeguata scorta per gli spostamenti tra la sede della USR e le sedi istituzionali irachene nonché poter disporre di una seppur limitata capacità di autotutela a fronte di eventuali situazioni di emergenza;
d) la presenza di una nostra struttura civile non può inoltre prescindere da un'adeguata autonoma capacità di movimento
- in termini di mezzi idonei e personale qualificato ad esso addetto - per spostamenti, non solo all'esterno della base di Tallil, ma anche all'interno dell'estesa superficie della base stessa; né può prescindersi, per una tutela dei nostri esperti civili, dalla disponibilità di un efficace sistema di comunicazioni e di risorse umane addestrate al suo impiego;
e) si è inoltre dovuto prendere in considerazione un'ulteriore serie di competenze, la cui disponibilità è necessaria nel particolare contesto iracheno, quale ad esempio quelle di pronto soccorso sanitario.
La disponibilità del sostegno sopra delineato è essenziale nell'attuale contesto di sicurezza nella Provincia del Dhi Qar. Esso deve inoltre necessariamente articolarsi attraverso strutture a ciò abilitate dalle competenti Autorità irachene e dalla forza multinazionale, che interagiscano con le stesse per tutti gli aspetti attinenti la sicurezza dei nostri connazionali che prestano la loro opera presso l'Unità di Sostegno alla Ricostruzione.
Nella scelta della società britannica Aegis si è tenuto conto dei seguenti elementi:
la Aegis ha una comprovata esperienza e conoscenza del terreno nella provincia del Dhi Qar, dove già opera a sostegno di altri organismi impegnati nello sforzo di ricostruzione civile in Iraq;
nella gamma delle prestazioni messe a disposizione dalla Aegis è specificatamente inclusa quella di collegamento con le realtà locali per il monitoraggio della ricostruzione con appositi «Reconstruction Liaison Team» a composizione mista irachena ed espatriata (non italiana);
la Aegis dispone di tutte le necessarie abilitazioni e autorizzazioni da parte delle competenti autorità;
è Società di diritto britannico e pertanto soggetta alla normativa di un Paese dell'Unione europea in un regime di trasparenza finanziaria e contabile.
Non risulta che l'Amministratore delegato della Aegis, Tim Spicer, abbia mai subito condanne penali.
Nello svolgimento delle attività man mano richieste a supporto della Unità di Sostegno della Ricostruzione nel Dhi Qar la Aegis deve attenersi alle direttive della competente autorità italiana nel rispetto delle norme locali applicabili e con modalità che tutelino pienamente l'interesse nazionale sotto il profilo del rapporto con la popolazione locale.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
FASOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 21 marzo 2007 nella piana del Sele si sono verificate violente grandinate che hanno interessato tutta l'area, con epicentro il Comune di Eboli nelle località Cioffi Scorziello, Campolongo e Papaleone e il Comune di Capaccio;
l'intera produzione agricola risulta irrimediabilmente compromessa. Danni notevoli riportano strutture terricole per centinaia di ettari così come impianti di protezione antigrandine su colture arboree. I danni al momento calcolabili ammontano a decine di milioni di euro-:
se intenda predisporre idonei sopralluoghi per l'accertamento e la qualificazione del danno al fine di erogare adeguate risorse finanziarie alle aziende colpite, sia ai sensi della legge 185/92 per quanto concerne le colture agricole, sia ai sensi degli strumenti legislativi contemplanti i danni a strutture fisse, ricoveri e dimore.
(4-03186)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone l'accento sui danni causati alla produzione agricola dalle grandinate abbattutesi sulla piana del Sele lo scorso 21 marzo.
Al riguardo, si ricorda che gli interventi del Fondo di solidarietà nazionale per i danni alle colture possono essere attivati, in
alternativa agli interventi assicurativi, ai sensi dell'articolo 2, comma 1 del Piano assicurativo agricolo nazionale, approvato con decreto ministeriale 27 dicembre 2006, solo nel caso in cui le colture colpite dalla predetta avversità non siano inserite nell'allegato a) al predetto Piano.
In presenza di dette condizioni, qualora gli organi tecnici della Regione Campania accertino danni alla produzione lorda vendibile delle aziende agricole delle aree colpite, in misura non inferiore al 30 per cento, potranno essere formulate proposte di intervento del Fondo di solidarietà nazionale.
Allo stato, non è pervenuta alcuna richiesta di intervento dalla Regione Campania, territorialmente competente.
Non appena perverranno le proposte regionali, nei termini e con le modalità prescritte, di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, l'Amministrazione provvederà all'istruttoria di competenza per l'emissione del decreto di declaratoria.
Si fa presente, infine, che, ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a favore delle aziende agricole danneggiate in misura non inferiore al 30 per cento da eventi non assicurabili al mercato agevolato, potranno essere concesse le seguenti provvidenze:
contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile;
prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di esercizio dell'anno in cui si è verificato l'evento e per l'anno successivo;
proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso;
contributi in conto capitale fino al 100 per cento dei costi effettivi a titolo di indennizzo nel caso di danni alle strutture aziendali ed alle scorte.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
FEDI, BUCCHINO, NARDUCCI, GIANNI FARINA e BAFILE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
risulta avviata da parte dell'INPS, nei confronti dei pensionati italiani residenti all'estero, una nuova richiesta di accertamento reddituale relativa agli anni 2004 e 2005 onde aggiornare le prestazioni pensionistiche collegate a limiti di reddito;
non sono state definite esattamente le conseguenze della precedente rilevazione reddituale del 2002 e molte sono le situazioni di pensioni già ridotte o per le quali è stato comunicato un indebito;
in alcuni casi l'Istituto si è riservato di fornire ulteriori indicazioni, in altri casi talune sedi chiedono o sollecitano, in termini perentori, il rimborso;
nelle comunicazioni di indebito sono assenti gli elementi costitutivi della elaborazione di indebito e le comunicazioni fornite si limitano ad enunciare il dato finale non consentendo la verifica della congruità del debito;
gli indebiti sono stati determinati dai ritardi dell'INPS nell'approntare un sistema efficace ed efficiente di verifica reddituale annuale -:
se intenda dare indicazioni affinché, in un'ottica di opportuna trasparenza, siano forniti ai pensionati ed ai patronati gli elaborati cartacei o elettronici tali da mostrare la situazione precedente all'indebito e quella aggiornata e la ricostruzione analitica del determinarsi dell'indebito a seguito della verifica reddituale;
se intenda suggerire all'Istituto un comportamento omogeneo tra le sedi;
se intenda infine verificare la opportunità di una iniziativa del Governo volta a far sì che si rinunci al recupero degli indebiti laddove si determini l'assenza di dolo o di comportamenti omissivi da parte degli interessati.
(4-00391)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha comunicato quanto segue.
L'Istituto provvede all'accertamento reddituale sulla base di quanto previsto dall'articolo 49, comma 1, della legge 27 dicembre 2002 n. 289, che disciplina l'erogazione delle prestazioni collegate al reddito e ne vincola il pagamento all'accertamento dei requisiti reddituali, secondo i criteri probatori (certificazione o autocertificazione) definiti nel decreto ministeriale di attuazione del 12 maggio 2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2003.
Al riguardo il decreto considera due tipologie di certificazione: quella relativa alla percezione di prestazioni previdenziali e/o assistenziali e quella relativa agli altri redditi.
I redditi derivanti dalla percezione di prestazioni previdenziali ed assistenziali, debbono essere certificati dagli organismi che erogano, nei singoli Paesi esteri, le prestazioni stesse.
Per i pensionati residenti nei Paesi ad economia avanzata, gli ulteriori redditi derivanti da cespiti diversi da quelli previdenziali e assistenziali, debbono essere certificati attraverso la presentazione di copia della dichiarazione dei redditi dalla quale risulti l'avvenuto inoltro all'autorità fiscale del Paese di residenza.
I pensionati per i quali il livello del reddito non preveda, secondo la normativa locale, la presentazione della dichiarazione all'Autorità fiscale, devono integrare la certificazione degli Organismi previdenziali o assistenziali con un'autocertificazione, dalla quale risultino gli eventuali ulteriori redditi percepiti.
Per i pensionati residenti nei rimanenti Paesi esteri, gli ulteriori redditi derivanti da cespiti non previdenziali né assistenziali, possono essere attestati mediante autocertificazione resa all'Autorità consolare italiana o ad uno degli Enti di Patronato di cui alla legge n. 152 del 30 marzo 2001.
I redditi accertati, secondo quanto previsto dall'articolo 49, sono utilizzati per la verifica della compatibilità con le quote di maggiorazione sociale già erogate, per la verifica della compatibilità con le altre prestazioni legate a livelli di reddito massimo, per la conversione degli importi reddituali dalla valuta estera in euro ed il confronto con i redditi equivalenti.
In applicazione della normativa succitata, con circolare n. 124 dell'8 luglio 2003 l'Istituto ha posto in essere l'accertamento reddituale con riferimento ai dati relativi all'anno 2002.
Di conseguenza, nel corso del secondo semestre 2003 sono state inoltrate ai soggetti interessati 254.691 richieste di dichiarazione reddituale e le operazioni di verifica, acquisizione e trasmissione telematica dei dati da parte dei patronati presenti all'estero, dei Consolati e degli uffici della Direzione generale dell'Istituto preposti a tale funzione, sono state concluse nel mese di giugno dell'anno 2004 con il rientro di circa 214.691 dichiarazioni.
Constatato, a tale data, che migliaia di modelli pervenuti tramite posta non contenevano una documentazione esaustiva che ne consentisse la corretta acquisizione e che, anche considerando le comunicazioni di decesso e di rientro in Italia, non tutti i pensionati avevano risposto alla richiesta RED, si è deciso, di concerto con i patronati, di concedere un'ulteriore periodo di proroga che consentisse ai soggetti interessati di inviare la documentazione mancante ed ai patronati di trasmettere le posizioni completate.
Pertanto nel corso del primo semestre del 2005, per non sospendere l'erogazione delle prestazioni, l'Istituto, in accordo con i patronati, ha provveduto ad inoltrare un ulteriore sollecito che ha interessato circa 27.000 pensionati.
A seguito di tale ultimo sollecito sono state restituite circa 10.000 dichiarazioni. Tutte le dichiarazioni rientrate hanno dato origine ad una ulteriore elaborazione che, tenendo conto dei limiti reddituali di legge, ha determinato il nuovo importo della pensione con eventuali conguagli a credito o a debito.
È stata, inoltre, inviata al pensionato ed al patronato una comunicazione sintetica dell'esito della ricostituzione pensionistica.
Le sedi dell'Istituto, demandate al recupero delle somme, dovute in caso di indebito, hanno procrastinato le richieste per un periodo tale da consentire al pensionato di rettificare eventuali errori nella dichiarazione reddituale trasmessa.
Al fine di evitare comportamenti non omogenei, relativamente alle modalità di recupero, si è richiamata l'attenzione delle sedi, per quanto riguarda i conguagli a debito del pensionato, su quanto previsto dalla circolare dell'Istituto n. 31 del 2 marzo 2006 che prevede che, nella determinazione dell'importo da recuperare ratealmente, venga garantito il trattamento minimo tenendo conto, nel caso di pensioni con pro-rata estero, del relativo importo.
Per quanto concerne, invece, la delicata questione del recupero degli indebiti, l'Istituto, ha ritenuto di proporre ai Ministeri vigilanti un emendamento che prevedesse la sanatoria degli stessi laddove venisse accertata assenza di dolo o di comportamenti omissivi da parte degli interessati. Tale emendamento non è stato inserito nell'articolato che compone la legge finanziaria.
Per quanto riguarda l'accertamento reddituale relativo agli anni 2004-2005, come disposto con circolare 91 del 26 luglio 2006, è previsto che i modelli reddituali compilati debbono essere presentati, entro 60 giorni dalla data di ricevimento, agli enti di patronato o ai Consolati italiani per l'inoltro telematico all'Istituto.
Nel caso risulti difficoltoso inoltrare la domanda tramite i suddetti Enti, è possibile spedire i modelli compilati e sottoscritti dall'interessato, con allegata la documentazione richiesta e una fotocopia di un documento di riconoscimento valido, alla competente Sede dell'Istituto.
Nell'accertamento 2004-2005, i modelli reddituali spediti sono stati 230.915, di questi, sono pervenuti, al 14 novembre 2006, 152.010 modelli.
Come concordato con gli enti di patronato, nella campagna Red, sono stati evidenziati nella comunicazione degli eventuali indebiti, dati completi e significativi ed è stato concesso ai patronati la possibilità di verificare le operazioni di ricostituzione con accesso agli archivi.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
FUGATTI, DOZZO, ALESSANDRI, BRICOLO, PINI e CAPARINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
AGEA, nel quadro delle liquidazioni effettuate ai sensi del regolamento UE 1010/2006 recante misure eccezionali di sostegno al settore avicolo, ha operato una riduzione lineare del 58,707 per cento sugli importi di cui all'azione 6 (riduzione della produzione per calo accasamenti);
tale riduzione lineare ha inciso in modo particolarmente pesante sulle imprese avicole. In particolare le aziende avicole lombarde e venete che, a seguito di ciò, hanno patito una riduzione di oltre 961 mila euro degli importi complessivamente attesi;
l'azione 6 è parte integrante dell'allegato 2 del regolamento di cui sopra e comprende, al suo interno, anche l'azione 5 (prolungamento del vuoto sanitario), per la quale, dopo le suddette liquidazioni, risulta essere rimasto un avanzo di fondi non spesi -:
se quanto in premessa corrisponde a verità e, in caso affermativo, se non ritenga di adottare le iniziative ed i provvedimenti necessari, affinché, limitatamente alle imprese interessate, la riduzione lineare operata sull'azione 6, sia compensata attraverso il recupero dell'avanzo risultante nell'azione 5.
(4-03590)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si evidenzia che con il Regolamento (CE) 1010/2006 e successive modificazioni sono state disposte misure di
sostegno al mercato avicolo, a seguito della crisi dovuta all'influenza aviaria.
Tali misure riguardano fasi distinte del ciclo produttivo (distruzione uova da cova, trasformazione uova da cova, distruzione dei pulcini, macellazione anticipata dei riproduttori, prolungamento del vuoto sanitario oltre il termine previsto per legge, diminuzione volontaria della produzione e macellazione anticipata delle pollastre) e, per ogni intervento, la Commissione europea, su indicazione dello Stato membro, ha fissato un plafond di spesa ed una limitazione del numero dei capi e delle settimane, utilizzati per il calcolo dell'intervento.
Con decreto ministeriale del 14 settembre 2006 sono state fissate le modalità d'intervento per le singole misure previste.
Nella fase di attuazione, sono stati, però, rilevati notevoli scostamenti dalle previsioni, il che ha determinato una decurtazione sugli importi previsti per alcuni interventi ed un avanzo di fondi su altre misure.
L'Amministrazione, al fine di ottimizzare le risorse disponibili, ha sottoposto alla Commissione europea la richiesta di operare alcuni trasferimenti di fondi tra le diverse misure previste negli allegati del Regolamento (CE)1010/2006.
La Commissione europea ha respinto tale richiesta pur consentendo, in via eccezionale e nel rispetto dei limiti previsti negli allegati I e II del regolamento stesso, la sola possibilità di compensazione delle minori richieste per la misura «distruzione uova da cova» con quelle della misura «trasformazione uova da cova».
Tale compensazione è stata regolarmente disposta dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura ed effettuata da tutti gli Organismi pagatori.
Allo stato, quindi, non è possibile alcuna compensazione tra le misure «prolungamento del vuoto sanitario» e «riduzione della produzione per calo accasamenti».
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
GALANTE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
numerosi pensionati ex dipendenti INPS hanno fatto pervenire presso la direzione centrale dell'INPS una serie di istanze tese ad ottenere, oltre al rimborso per gli anni pregressi, la tassazione limitata all'87,5 per cento della quota integrativa della pensione categoria PI/PL per l'anno in corso;
gli stessi hanno invocato l'applicazione dell'articolo 11 punto 8 della legge 335/95 (Riforma Dini) così come previsto dalla disciplina delle forme complementari di previdenza di cui al decreto legislativo n. 124 del 1993;
la direzione centrale ha fatto pervenire ai suddetti pensionati una comunicazione nella quale si afferma che l'istituto, in qualità di sostituto d'imposta non è parte in causa nei giudizi tributari che riguardano esclusivamente l'amministrazione tributaria e gli ex dipendenti-contribuenti e pur avendo sollecitato nuove istruzioni da parte della direzione centrale normativa e contenzioso dell'agenzia delle entrate, deve necessariamente attenersi alle interpretazioni e alle direttive fornite dall'amministrazione finanziaria del ministero vigilante, continuando ad applicale quanto stabilito nella risoluzione n. 295/2002;
la comunicazione spedita agli ex dipendenti INPS sembra sollevare l'Istituto dall'obbligo, previsto ai sensi della legge 335/95 (articolo 11 punto 8), della corresponsione ai suddetti degli arretrati loro spettanti -:
come intenda, secondo le proprie competenze, operare al fine di garantire ai suddetti ex dipendenti INPS i relativi rimborsi e arretrati loro spettanti per legge.
(4-00622)
Risposta. - In merito alle istanze pervenute alla Direzione centrale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale da parte dei titolari di pensioni erogate dal Fondo di
previdenza intese ad ottenere, oltre al rimborso per gli anni pregressi, la tassazione limitata all'87,5 per cento della quota integrativa della pensione categoria PI/PL per l'anno 2006 invocando l'applicazione dell'articolo 11, punto 8, della legge n. 335 del 1995 così come previsto alla disciplina delle forme complementari di previdenza di cui al decreto legislativo n. 124 del 1993, l'Istituto ha comunicato quanto segue.
Le istanze in questione richiamano le molteplici decisioni favorevoli ai contribuenti emesse sia da varie Commissioni tributarie, sia dalla Suprema Corte di Cassazione che, rigettando gli appelli proposti dal Ministero dell'economia e delle finanze insieme all'Agenzia delle entrate, afferma che le prestazioni pensionistiche erogate a carico dei Fondi integrativi costituiti presso gli Enti di cui alla legge n. 70 del 1975 devono intendersi equiparate alle pensioni complementari disciplinate dal decreto legislativo n. 124 del 1993. Al riguardo si osserva che l'Istituto, in qualità di sostituto d'imposta non è parte in causa nei giudizi tributari che riguardano esclusivamente l'Amministrazione tributaria e gli ex dipendenti-contribuenti ed ha competenza solo per il 2006 e non per gli anni pregressi.
Inoltre, si fa presente che l'Inps deve necessariamente attenersi alle interpretazioni e alle direttive fornite dall'Amministrazione finanziaria e dal Ministero vigilante ed al riguardo ha più volte sollecitato nuove istruzioni da parte della Direzione centrale normativa e contenzioso dell'Agenzia delle entrate continuando ad applicare quanto stabilito nella risoluzione n. 295/E dell'11 settembre 2002.
In data 26 giugno 2006, la Direzione centrale normativa e contenzioso dell'Agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 25 del 2006 che ha permesso all'Istituto di provvedere a ridurre l'imponibile l'IRPEF relativo alla quota integrativa erogata sulle pensioni di categoria PI/PL; a ricalcolare le imposte dovute per il 2006, così come previsto dall'articolo 13, comma 8 del decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993 per l'anno 2006, malgrado il limitato tempo a disposizione prima delle chiusure contabili e dei rinnovi.
L'operazione è stata portata a termine con la cedola di pensione relativa a dicembre 2006. Dai conguagli restano ovviamente escluse, oltre alle maggiori imposte pagate per gli anni precedenti il 2006 di competenza dell'Amministrazione Finanziaria, le somme erogate a titolo di pensione nell'Assicurazione generale obbligatoria e per indennità integrativa speciale.
Quest'ultima voce (che non costituisce pensione trattandosi di quota aggiuntiva erogata ai sensi della legge n. 324 del 1959) è stata comunque oggetto di chiarimenti (elaborati e trasmessi in collaborazione con INAIL e CONI) all'Agenzia delle entrate.
Per permettere ai pensionati di richiedere ed ottenere il rimborso delle maggiori imposte pagate negli anni precedenti il 2006, è previsto l'inoltro in tempi brevi, a cura della Direzione centrale tecnologia informatica, a tutti i pensionati PI/PL titolari di effettiva quota integrativa, di una comunicazione da cui risulteranno gli importi erogati dal Fondo integrativo per gli anni dal 2002, o dalla decorrenza se successiva, in poi.
Gli interessati potranno comunque richiedere i dati in questione alla Sede INPS competente per territorio, presso la quale risulta in carico la pensione di categoria PI/PL, che, attenendosi alle istruzioni a suo tempo impartite con messaggio n. 1255 del 28 giugno 2002, potrà rilasciare apposita documentazione.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
LONGHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nella
seduta n. 449 del 1 aprile 2004 della Camera dei Deputati avente ad oggetto «conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2004 n. 141 recante disposizioni in materia di determinazioni del prezzo di vendita di immobili pubblici
oggetto di cartolarizzazione» è stato accolto dal Governo un ordine del giorno che raccoglieva consenso unanime e che impegnava il Governo anche a valutare la possibilità di «disporre che alle valutazioni degli immobili cosiddetti di pregio concorrano tutte le condizioni previste dalla legge n. 392 del 1978 e non soltanto la loro collocazione; a valutare la possibilità di garantire agli inquilini degli immobili di pregio le stesse condizioni e benefici previsti dalla legge n. 104 del 1996, considerando che il valore degli immobili di pregio costituisce di per sé una adeguata differenziazione rispetto agli altri»;
con sentenza del TAR della Liguria del 15 giugno 2001, viene accolto il ricorso presentato contro l'inserimento di alcuni immobili di proprietà IPSEMA nell'elenco degli immobili di pregio ai sensi del decreto ministeriale 222 del 23 settembre 2005;
il ricorso è stato considerato fondato poiché l'evenienza (ubicazione all'interno di un'area vincolata sotto il profilo del paesaggio) non può ragionevolmente attribuire di per sé all'edificio una connotazione di pregio in assenza di alcuna particolare qualità che consenta di qualificarlo come tale per specifiche finalità perseguite dalla norma;
gli immobili siti in Genova in Via Oberto Cancelliere e Via Ausonia rientrano nella categoria A2, non presentano quindi alcuna delle caratteristiche delle abitazioni di lusso e pertanto i suddetti immobili non hanno i requisiti prescritti dal decreto-legge 31 luglio 2002 per la classificazione degli stabili quali immobili di pregio -:
per quale motivo non si sia ancora proceduto alla dismissione degli immobili ex INPDAI di Via Oberto Cancellieri civico 48-49 e Via Ausonia civico 9-15 a Genova, alle condizioni previste dall'ordine del giorno e della sente del TAR sopra richiamati.
(4-02921)
Risposta. - Si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
In merito all'interrogazione indicata in oggetto, con la quale si chiede di conoscere per quale motivo non si è ancora provveduto alla dismissione degli immobili ex INPDAI siti in Genova, in via Oreste Cancelliere 48-49 e via Ausonia n. 9-15 alle condizioni previste dall'ordine del giorno accolto dal Governo nella
seduta n. 449 del 1o aprile 2004 e della sentenza del tribunale amministrativo regionale della Liguria del 15 giugno 2001, l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha comunicato quanto segue.
Il ritardo nella stipula degli atti è dipeso dall'assoggettamento dei predetti immobili a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 1497 del 1939 e della conseguente suscettibilità di pregio dei medesimi ai sensi del decreto interministeriale 31 luglio 2002, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002, conformemente alla pronuncia dell'Agenzia del territorio di Genova con nota prot. 3744 del 26 febbraio 2004.
In considerazione, tuttavia, del tempo trascorso dalla redazione delle perizie estimative ed in assenza di qualsiasi provvedimento ministeriale al riguardo, in data 26 marzo 2007 l'INPS ha chiesto al Ministero dell'economia e finanze di fornire le necessarie indicazioni circa l'eventuale qualificazione di pregio dei predetti immobili, ai fini del completamento dell'iter istruttorio prepedeutico alla loro dismissione.
Nel riscontrare tale richiesta, il Dipartimento del tesoro ha reso noto, con lettera prot. 34891 del 4 aprile 2007, che a seguito di proposta motivata dell'Agenzia del territorio formulata ai sensi e per gli effetti del comma 13 dell'articolo 3 della legge 23 novembre 2001, n. 410, è stato predisposto uno schema di decreto, attualmente al vaglio dei Ministeri competenti, in forza del quale vengono dichiarati di pregio alcuni cespisti di proprietà del soppresso INPDAI, siti in Genova e Milano, con esclusione tuttavia degli immobili di via Oreste Cancelliere 48-49 e via Ausonia 9-15.
A seguito di tale precisazione è stata ripresa l'attività di due diligence finalizzata alla dismissione dei predetti cespiti che avrà
luogo, ragionevolmente, nel secondo semestre dell'anno in corso.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
MANCUSO, LO PRESTI e GERMONTANI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il canile e gattile rifugio «Termini» sito nel comune di Sesto Fiorentino e gestito dall'associazione «Unione Amici del Cane e del Gatto» sta per essere spazzato via dalle ruspe;
nella struttura in oggetto sono ospitati 500 cani e 200 gatti raccolti dalle strade della zona in alcuni anni;
il comune anni addietro ha imposto lavori onerosi di milioni di euro per mettere a norma la struttura;
Il comune oggi da ordine di demolire tutto senza preoccuparsi del destino delle bestiole, in spregio alla legge 281 del 1991 che pone in capo al Sindaco la gestione degli animali randagi;
ben 50.000 firme sono state raccolte per chiedere all'amministrazione comunale di recedere dalla decisione di costruire proprio lì un mostro di 90.000 m2 di cemento -:
quali provvedimenti intenda adottare per evitare problemi di sicurezza stradale conseguenti all'immissione di 700 animali per le strade di Sesto Fiorentino.
(4-01436)
Risposta. - La vicenda relativa al «Canile del Termine», ubicato nel comune di Sesto Fiorentino e gestito dall'Associazione privata «Unione amici del cane e del gatto», ha interessato le istituzioni locali da un duplice punto di vista.
Inizialmente, il comune segnalava la necessità che il canile, che versava in condizioni igienico-sanitarie assai precarie, adeguasse la propria struttura alle prescrizioni di carattere edilizio e sanitario previste dalle disposizioni di legge vigenti in materia di randagismo.
Successivamente, avendo rilevato l'abusività insanabile della costruzione che ospitava il canile medesimo, il comune decideva di ordinarne la demolizione.
Con riguardo, in particolare, al primo aspetto della vicenda, si fa presente che, con l'ordinanza n. 182 del 1997, il comune di Sesto Fiorentino, imponeva all'associazione la tatuazione di tutti i cani, la riduzione del numero degli animali ospitati e l'esecuzione di alcune opere di carattere strutturale necessarie al fine di consentire alla struttura di soddisfare gli standard normativi.
Il 6 aprile 2004, su richiesta dell'associazione, lo sportello unico per le attività produttive del medesimo comune rilasciava all'associazione stessa l'autorizzazione sanitaria, in conformità al parere dell'Azienda sanitaria n. 10 di Firenze. Tale parere subordinava l'efficacia dell'autorizzazione alla presenza massima di 350 animali all'interno del canile e raccomandava altresì all'Associazione la celere presentazione di un progetto per la disciplina delle infrastrutture e delle opere primarie di urbanizzazione.
Il 25 ottobre 2005, poiché l'associazione non aveva ancora prodotto il suddetto progetto e dal momento che il canile continuava a versare in una situazione di sovraffollamento e a permanere in condizioni igienico-sanitarie molto precarie, la competente Azienda sanitaria - Igiene Urbana Veterinaria proponeva la sospensione dell'autorizzazione rilasciata dallo sportello unico.
La sospensione veniva adottata dal Sindaco nella stessa data con l'ordinanza n. 789 del 2005.
Successivamente, l'Azienda sanitaria impartiva all'associazione alcune prescrizioni alla cui attuazione subordinava la revoca della sospensione dell'autorizzazione.
Il 10 febbraio 2006, il Nucleo Anti-Sofisticazione (N.A.S.) di Firenze, a seguito di un sopralluogo presso il canile, procedeva al sequestro preventivo dell'intera struttura, rilevando l'assenza di requisiti igienico-sanitari minimi previsti dalla legge e constatando il mancato adeguamento dei
manufatti alle prescrizioni imposte dall'Azienda sanitaria, i cui termini erano scaduti il 21 gennaio precedente.
Il sequestro dello stabile veniva convalidato in data 22 febbraio 2006 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze che ne affidava, in un primo tempo, la custodia giudiziaria al comune di Sesto Fiorentino.
La Prefettura di Firenze riferisce che al momento del sequestro il canile ospitava 370 cani e si trovava in condizioni igienico-sanitarie precarie.
Venendo al secondo aspetto della vicenda, il successivo 6 marzo, il comune di Sesto Fiorentino, avendo rilevato che la struttura che ospitava il canile risultava costruita in violazione dei vincoli urbanistici, comunicava all'Associazione l'avvio del procedimento amministrativo per abuso edilizio.
Il 17 maggio il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, nell'affidare la custodia giudiziaria dell'immobile al presidente pro tempore dell'associazione, ribadiva la necessità che la struttura venisse dismessa perché integralmente abusiva.
Il giudice precisava altresì che l'abusività dello stabile appariva non sanabile, in quanto, come emerso dalle indagini, esso era stato costruito su un'area di rispetto aeroportuale nella quale era inibita la presenza di qualsiasi manufatto edilizio.
Con ordinanza del 19 settembre 2006 il comune disponeva, conseguentemente, la demolizione e la rimessa in pristino dei manufatti abusivi.
Avverso tale ordinanza, il 20 ottobre 2006, l'Associazione presentava ricorso al T.A.R. Toscana.
In data 23 novembre 2006, in accoglimento dell'istanza cautelare presentata dai legali dell'Associazione, il T.A.R. disponeva la sospensione dell'ordinanza di demolizione emessa dall'Amministrazione comunale.
La sentenza di merito del T.A.R. non è ancora stata pronunciata.
Intanto, con provvedimento n. 3177 del 13 ottobre 2006, la Provincia di Firenze cancellava l'«Unione amici del cane e del gatto» dal Registro regionale del volontariato-sezione Provincia di Firenze, a causa dell'impossibilità di verificare la regolarità della vita associativa nel periodo 2000-2004, nonché il rispetto della democraticità e della trasparenza gestionale all'interno dell'Associazione, data l'assenza di documentazione assembleare o di altro tipo da cui potessero evincersi riferimenti all'approvazione dei conti consuntivi degli anni in questione.
Per quanto riguarda la sistemazione logistica degli animali ospitati dal canile, preme precisare che gli organi istituzionali coinvolti nella vicenda hanno assicurato che il benessere degli animali custoditi nella struttura rientra fra gli obiettivi primari della loro azione e che pertanto, prima di procedere agli eventuali interventi di demolizione, verranno concordate idonee misure finalizzate a mettere gli animali in sicurezza.
È da escludere comunque che gli animali, al momento della chiusura del canile, vengano lasciati liberi e si riversino sulle strade, come paventato dall'onorevole interrogante.
Si ricorda, infatti che la legge 281 del 1991 - Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo - e la legge della Regione Toscana n. 43 del 1995 - Norme per la gestione dell'anagrafe del cane, la tutela degli animali d'affezione e la prevenzione del randagismo - prevedono in capo ai comuni l'obbligo di dotarsi di canili rifugio, strutture deputate a ricevere i cani in attesa di collocamento.
Allo scopo di ottemperare a tali previsioni normative, si fa presente che il comune di Sesto Fiorentino ha stipulato la convenzione n. 1477 del 12 dicembre 2002, attualmente in vigore, con il canile rifugio «Casa Marchese» situato nel comune di Montespertoli.
La realizzazione di un ulteriore canile rifugio, avente le caratteristiche ed i requisiti strutturali previsti dalla citata legge regionale n. 43 del 1995, è inoltre prevista da un protocollo d'intesa sottoscritto in data 16 gennaio 2006, fra i comuni di Campi Bisenzio, Calenzano, Sesto Fiorentino e Signa.
Si puntualizza, comunque che, nella remota ipotesi in cui, a seguito della chiusura del canile, gli animali ivi custoditi dovessero essere per qualsiasi causa lasciati liberi, la locale Azienda sanitaria ha comunque garantito il proprio impegno ad adottare tutte le misure necessarie al loro recupero, avvalendosi del sistema di controllo, sviluppatosi sul territorio grazie all'azione sinergica dell'Azienda medesima, dei comuni della provincia e del volontariato, che ogni anno consente di recuperare circa mille animali randagi.
Per completezza d'informazione si ricorda, infine, che la Prefettura di Firenze ha segnalato, che tramite il sito internet www.unioneamicidelcaneedelgatto.it, l'Associazione ha organizzato una raccolta di firme per la conservazione del canile.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MARINELLO, MISURACA, ROMELE, GIUSEPPE FINI, GRIMALDI, IANNARILLI, LICASTRO SCARDINO, MINARDO e PAOLO RUSSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo pubblicato da Il Giornale di Sicilia in data odierna, ripropone nuovamente l'aggravarsi dell'emergenza legata all'agricoltura per il nostro Paese ed in particolare per le regioni del Mezzogiorno e le isole, dove secondo i dati Istat, sono andati perduti 1,61 milioni di ettari di superficie agraria utilizzabile (-23 per cento dal 1990 al 2003);
il nuovo allarme del degrado e dello stato di abbandono dei campi è stato lanciato dall'Ordine nazionale dei dottori agronomi e forestali, che ha fornito le cifre secondo cui in un decennio, le superfici agricole sono diminuite drasticamente, con una riduzione pari al 20 per cento e con 3 milioni di ettari non più coltivabili;
tali negative conseguenze che stanno provocando un inevitabile abbandono dei campi, pongono una serie di interrogativi per il futuro della filiera agricola nazionale, che non riguardano le questioni inerenti soltanto al patrimonio agroalimentare, ma anche di biodiversità, del dissesto idrogeologico, di gestione del suolo, di regimazione delle acque;
secondo il predetto articolo, non vi è nessuna regione italiana che non sia stata colpita negativamente dal fenomeno dell'abbandono dei terreni agricoli, che scoraggia conseguentemente gli imprenditori nel proseguire l'attività lavorativa nell'intera filiera agricola, come dimostra un'indagine Istat, secondo la quale in Italia l'agricoltura sia già un'attività part time;
i dottori agronomi e forestali denunciano che le misure di sostegno al reddito degli agricoltori sono essenzialmente disposizioni di tutela ambientale, legate alla sostenibilità e alla condizionalità, mentre mancano di politiche di reale aiuto alla produzione;
occorrono pertanto, provvedimenti che rilancino la vera natura dell'agricoltura, come quella fruttifera, votata alla produzione di generi di consumo, al fine di arginare la fuga dalle campagne, con le relative ripercussioni sociali e ambientali -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere, al fine di sostenere il comparto interessato, attraverso una seria politica di rigenerazione e di sostegno dell'agricoltura, quale settore indispensabile per l'intera economia nazionale;
se non intenda promuovere attraverso la Conferenza Stato-Regioni, una serie di iniziative ad hoc volte a monitorare il persistente fenomeno dell'abbandono delle superfici agrarie, per il raggiungimento di obiettivi che salvaguardino sia il settore agricolo, che ambientale.
(4-02680)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone l'accento sul pericolo insito al fenomeno dell'abbandono dei terreni agricoli.
Al riguardo, si evidenzia che, nell'ambito della programmazione dello sviluppo rurale 2007/2013, sono state individuate, all'interno
del Piano Strategico nazionale linee di indirizzo volte a ridare slancio all'agricoltura del nostro Paese.
In particolare, il documento strategico, approvato dalla Conferenza dei Presidenti, prevede l'adozione di una serie di iniziative ed attività finalizzate a ridare slancio all'agricoltura ed ai territori rurali italiani.
Iniziative che ciascun Programma regionale di sviluppo rurale dovrà tradurre in interventi specifici, diretti al miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, dell'ambiente, dello spazio rurale, della qualità della vita e della diversificazione dell'economia rurale.
Ai fini della realizzazione di tali obiettivi, sono stati messi a disposizione delle amministrazioni regionali fondi per complessivi 16.687 milioni di euro, di cui 8.292 milioni di euro come quota comunitaria e 8.395 milioni di euro come quota nazionale.
Tale assegnazione rappresenta una delle più alte tra i Paesi dell'Unione Europea a 15, seconda solo alla Polonia se si considera una Europa a 27.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MENIA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nello scorso mese di gennaio il Ministro degli esteri si è recato in visita ufficiale in Slovenia ove ha tenuto una serie di incontri diplomatici su diversi aspetti inerenti i rapporti Italia-Slovenia e tra questi la questione dei «beni abbandonati dagli esuli italiani»;
a quanto si è appreso dalle agenzie di stampa, la controparte slovena ha richiesto incredibilmente la «restituzione dei beni artistici trafugati durante l'occupazione fascista della seconda guerra mondiale tra il 1939 e il 1940, da Capodistria, Isola, Pirano e dal litorale»;
va detto in proposito che si tratta di capolavori della scuola veneta dovuti ai Carpaccio, Vivarini, Tiepolo e altri autori che furono spostati (non certo «trafugati») dall'Istria a Roma, all'inizio della seconda guerra mondiale per preservarli dai pericoli del conflitto;
va da sé che si tratta di patrimonio artistico italiano, spostato legittimamente all'interno dell'Italia (che non poteva «fascisticamente» occupare l'Istria, visto che già era parte all'epoca del Regno d'Italia) e che, tra l'altro Isola, Pirano e Capodistria vennero cedute alla Jugoslavia solo con il trattato di Osimo del 1975;
nulla peraltro hanno gli sloveni da recriminare visto che Carpaccio, Tiepolo, Vivarini, non appartengono alla cultura degli sloveni ed ancor meno dei serbi, dei bosniaci, dei mussulmani che oggi, dopo la guerra fratricida del 1991, abitano i centri storici di Pirano, Isola e Capodistria -:
quali siano le intenzioni del Governo a proposito delle sopra citate opere d'arte istriane;
se, in particolare, si voglia comunque fornire rassicurazioni al mondo degli esuli, e comunque a chi vuol tutelare il patrimonio artistico nazionale, in ordine al mantenimento delle opere d'arte istriane citate in Italia.
(4-02634)
Risposta. - Sulla questione evocata nell'atto parlamentare, sollecitazioni sono state via via, ed in varie occasioni, avanzate da parte slovena per la possibile riattivazione del Gruppo di lavoro misto per i beni culturali, le opere d'arte e gli archivi a suo tempo previsto a margine degli Accordi di Osimo fra l'Italia e la Slovenia. In tale contesto la parte slovena ha attirato l'attenzione sulla problematica delle Opere d'arte di provenienza dall'Istria (e sulla loro esposizione e destinazione), delle quali si vorrebbe un ritorno nei luoghi di provenienza, rivendicandone una pretesa «restituzione».
Mentre ripetuti incontri hanno già avuto luogo a Lubiana e a Roma per esaminare, con le competenti autorità slovene, le loro richieste, e in generale le prospettive di una più ampia collaborazione culturale in cui
esse potessero collocarsi, sono state attivate le Amministrazioni interessate, ed in particolare il Ministero dei beni culturali, per valutare il problema e, nello specifico, l'originaria proprietà delle opere d'arte in questione nonché l'iter giuridico che ha portato nel biennio 1939/40 le opere d'arte e gli archivi stessi dall'Istria, allora territorio italiano, più all'interno del Paese, sulla base di una legge nazionale di tutela delle opere d'arte nelle zone più esposte ai rischi della ormai vicina guerra. Ciò che comporta l'inesistenza di un obbligo giuridico internazionale alla «restituzione» delle opere, come sin dall'inizio indicato dallo stesso contenzioso diplomatico di questo Ministero, dati i tempi del trasferimento, la provenienza da quello che era allora territorio italiano e la natura giuridica e proprietà dei beni.
Dallo stesso Ministero dei beni culturali è stata sottolineata la normativa italiana vigente che proibisce l'esportazione e l'uscita definitiva dal territorio nazionale di tali opere.
Ogni possibilità di esame di questi temi con la controparte slovena apparirà quindi possibile, soltanto se ciò si colloca non in termini di rivendicazione e di pretesa, giuridicamente infondata, ma nel più ampio contesto delle possibilità di collaborazione fra i due Paesi nel settore delle relazioni culturali, di fruizione e di accesso alle opere stesse, al loro restauro, al loro studio e alla ricerca.
Segnalo, infine, che anche nell'ambito della Conferenza intergovernativa UNESCO per l'elaborazione di una Dichiarazione di principi sui beni trafugati durante la Seconda Guerra Mondiale, da parte italiana si è posto in evidenza che la rivendicazione slovena su beni culturali italiani non può essere oggetto di discussione, in quanto le pretese opere d'arte sono state rimosse, prima dell'inizio delle ostilità, dall'allora Istria italiana all'interno del territorio nazionale, in attuazione di una nostra legislazione di carattere generale a tutela dei beni culturali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
MINARDO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
vi è stato un accordo tra il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e le due banche Unicredit e Deusche Bank per il risanamento dei crediti previdenziali pregressi dovuti all'Inps dagli agricoltori, secondo il quale le imprese agricole potranno ottenere uno sconto che varia dal 72 al 78 per cento della cifra dovuta ed eccedere a prestiti agevolati per pagare la parte rimanente in 10 o 15 anni;
l'intesa raggiunta interessa oltre cento mila imprese agricole della Sicilia ed un cospicuo numero in provincia di Ragusa;
applicare tale sistema per le categorie di artigiani e commercianti, darebbe la possibilità alle stesse di chiudere i provvedimenti di riscossione coattiva attualmente in corso, di scegliere le modalità di rimborso del debito maggiormente rispondenti alle proprie esigenze ovvero dilazione di pagamento o una cifra subito a saldo o a stralcio, e apporterebbe alleggerimento degli oneri di gestione per l'Inps -:
se il Governo intenda adottare le stesse procedure, come quelle sull'agricoltura, per i contributi Inps di artigiani e commercianti, con percentuali diverse, per ottenere una riduzione di almeno il 50 per cento di tutti i contributi Inps.
(4-01375)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha comunicato quanto segue.
L'accordo stipulato tra il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e le due banche Unicredit e Deusche Bank ha previsto la ristrutturazione dei soli crediti previdenziali agricoli dovuti all'INPS.
Al momento non vi è alcuna disposizione circa l'applicazione della stessa soluzione agli artigiani ed ai commercianti.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
MINASSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi anni stiamo assistendo ad un crescendo di truffe telefoniche a danno di un consistente numero di cittadini;
alcuni dipendenti di società che dichiarano di operare a nome della Polizia di Stato, della Guardia di finanza o dell'Arma dei carabinieri, contattano gli utenti proponendo loro abbonamenti a riviste cartacee e telematiche che trattano approfondimenti di diritto e di economia;
l'esborso medio di questi finti abbonamenti si aggira attorno ai 120 euro, che riprodotto per migliaia di casi, diventa una cifra considerevole;
si tenga presente che i truffati non sempre sono professionisti facoltosi ma spesso sono giovani studenti che utilizzano queste riviste come supporto agli esami o anche pensionati che tentano di ottenere notizie utili per comprendere meglio le leggi vigenti, soprattutto in materia pensionistica e del lavoro;
in altri casi si tratta di piccole aziende con bilanci non sempre floridi per le quali anche poche centinaia di euro costituiscono una somma importante -:
se sia al corrente della situazione sopra descritta;
se non creda opportuno inviare una lettera a tutti i cittadini, per informarli che le forze di polizia, comprese l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza, non offrono servizi di abbonamento di nessun genere, se si escludono le riviste ufficiali per le associazioni di categoria, inviate solo a chi appartiene a tale settore e abbia fatto esplicita richiesta di abbonamento;
se non reputi utile istituire un numero verde da comunicare nell'informativa, a cui il cittadino possa rivolgersi per chiedere indicazioni e ricevere assistenza;
se non giudichi altresì efficace, in alternativa o in aggiunta all'ipotesi precedente, predisporre degli spot televisivi che si ritiene avranno un impatto comunicativo maggiore e una più rapida diffusione tra la popolazione.
(4-03968)
Risposta. - Il fenomeno della vendita telefonica di abbonamenti a riviste, da parte di falsi poliziotti, o comunque con riferimento improprio e fraudolento alle forze di polizia, che sono invece del tutto estranee a tali pubblicazioni, è all'attenzione delle forze dell'ordine.
Le stesse hanno già attivato una serie di cautele ed attività informative per prevenire ulteriori episodi del genere.
Come noto, i periodici editi direttamente dai Corpi sono il mensile ufficiale della Polizia di Stato Polizia Moderna, la trimestrale Rivista della Guardia di Finanza, la rivista della Scuola Ufficiali Carabinieri Rassegna dell'Arma, cui vanno aggiunte le pubblicazioni degli enti editoriali collegati Il Carabiniere (edito dall'Ente editoriale per l'Arma dei Carabinieri), Il Finanziere e Panorama Tributario e Professionale (editi dall'Ente editoriale per il Corpo della Guardia di Finanza).
Gli abbonamenti a tali riviste seguono i canali tradizionali ufficiali e non vengono proposti né telefonicamente, né attraverso società esterne, né tanto meno attraverso vendite a domicilio. Per ricevere le pubblicazioni è quindi necessario rivolgersi ai Comandi generali o agli enti editoriali collegati oppure sottoscrivere un abbonamento tramite la modulistica ed i link a tal fine predisposti sui siti web istituzionali.
Al di fuori di questo novero di riviste per così dire «ufficiali» si sono effettivamente riscontrati diversi casi di promozioni pubblicitarie di riviste o pubblicazioni che vengono impropriamente accostate al nome dei Corpi di Polizia. In alcuni di questi casi, si è trattato di vere e proprie truffe telefoniche effettuate da sedicenti appartenenti alle forze di polizia che tentavano di proporre l'acquisto a riviste cartacee o opuscoli.
In particolare, negli ultimi due anni quattro di questi episodi sono stati segnalati al Compartimento della Polizia di Stato di Perugia ed in tre casi hanno riguardato la
proposta di acquisto di un Annuario della Polizia di Stato al costo di 122 euro che si è poi scoperto essere distribuito da una ditta di Barletta facente capo ad una persona più volte denunciata per fatti analoghi. L'importo è all'incirca lo stesso richiamato nell'interrogazione e quindi, ritengo che sia a questi episodi che faccia specifico riferimento l'interrogante Minasso. Nel quarto caso segnalato, invece, la proposta ha riguardato la sottoscrizione di un abbonamento alla rivista di un sindacato di polizia.
Per contrastare il fenomeno, oltre a richiamare periodicamente l'attenzione delle Questure sul problema, il Dipartimento della pubblica sicurezza ha dato impulso ad interventi preventivi attraverso mirate iniziative di informazione verso i cittadini, condotte in collaborazione con gli organi di stampa, ed in particolare con i giornali a diffusione locale.
È stato, quindi, realizzato vario materiale informativo distribuito sia presso gli uffici di polizia, sia attraverso i poliziotti di quartiere, sia ancora negli stand costituiti in occasione di eventi e manifestazioni cui partecipa la Polizia di Stato.
Anche l'Arma dei Carabinieri, ritenendosi danneggiata dal fenomeno, ha assunto varie iniziative di tutela e prevenzione. In particolare, ha interessato l'Avvocatura dello Stato per un'azione civile contro gli editori che sfruttano a fini pubblicitari l'assonanza delle loro testate con il nome dell'istituzione ed ha inoltre sensibilizzato l'ABI, l'ANCI ed il Ministero dell'istruzione per chiarire a banche, Comuni e scuole, fra i più frequenti destinatari delle offerte di abbonamento, quali siano invece le pubblicazioni realmente riconducibili all'Arma.
Quanto alla Guardia di Finanza, anch'essa ha promosso, nel tempo, opportune iniziative informative sui media, sia attraverso i consigli dispensati da ufficiali ed ispettori del Corpo in occasione di alcune puntate della trasmissione televisiva di Rete4 Vivere meglio, sia attraverso le edizioni del notiziario della Guardia di Finanza in onda sul canale televisivo digitale terrestre Rai Utile.
Si ritiene, in conclusione, che sul fenomeno segnalato dall'interrogante Minasso vi sia la giusta attenzione da parte delle forze di polizia e che non sia mancato l'impegno sul versante dell'informazione e della divulgazione a fini di prevenzione, sebbene, come evidenziato dall'interrogante, tali attività di sensibilizzazione potrebbero risultare ancor più efficaci ed incisive se raccordate in una strategia di comunicazione unitaria più articolata e pianificata. Assicuro quindi che, sul punto, il Ministero dell'interno valuterà l'opportunità e la fattibilità di ulteriori iniziative, anche nella direzione proposta dall'interrogante Minasso, per prevenire sempre più efficacemente il fenomeno.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MISITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Calabria è la regione italiana sottoposta più di ogni altra agli attacchi della malavita organizzata;
i messaggi lanciati da radio, televisione e giornali descrivono una regione dove regna l'anarchia e l'omertà;
una tale rappresentazione non corrisponde alla realtà, anche se le zone di illegalità e criminalità risultano abbastanza diffuse;
vi è una Calabria operosa e studiosa che nulla ha da invidiare alle altre regioni;
una situazione di confusione, sconcertante e di dubbia rispondenza allo statuto, sembra verificarsi anche in uno dei santuari della cultura calabrese: l'università di Reggio Calabria, che da sei mesi non è governata da un proprio rettore;
è necessario fare chiarezza e fare in modo che l'Università recuperi la sua piena funzionalità e rappresentatività istituzionale -:
se non ritenga che una tale situazione costituisca un ulteriore messaggio negativo verso i giovani, impegnati a combattere la
illegalità in una battaglia decisiva di civiltà proprio nella provincia di Reggio Calabria e dunque se intenda porre fine allo stato di confusione ritirando il decreto del Ministero dell'università di annullamento delle elezioni del rettore, ritenute valide dal mondo universitario e da insigni accademici come il professore emerito di giurisprudenza Angelo Falzea, rispettando così l'autonomia universitaria.
(4-01755)
Risposta. - In relazione alla questione sollevata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si deve fare rilevare che con l'esito della prima elezione per il rinnovo della carica di Rettore dell'Università mediterranea di Reggio Calabria non era stato raggiunto il quorum del 60 per cento di voti degli aventi diritto tra professori di ruolo, previsto dallo statuto dell'Ateneo per la validità della consultazione elettorale.
Pertanto il Ministero ha sospeso la procedura per la nomina del candidato dichiarato vincitore dalla Commissione elettorale dell'ateneo ed ha richiesto il parere del Consiglio di Stato in merito ai provvedimenti da adottare.
Il predetto consesso ha ritenuto che si dovesse ripetere la votazione. A seguito della nuova procedura elettorale, che si è regolarmente svolta il 20 dicembre 2006, è risultato eletto quale rettore dell'Ateneo il prof. Massimo Giovannini, che il Ministero ha provveduto a nominare con decreto del 17 febbraio 2007.
Il prof. Pietropaolo, non eletto a seguito del mancato quorum alla prima votazione, ha prodotto ricorso contro la nomina del prof. Giovannini chiedendo, in attesa della sentenza, la sospensiva del provvedimento di nomina, ma il TAR della Calabria ha ritenuto di non dover accogliere la richiesta. Alla data attuale non risultano decisioni in merito all'esito del ricorso.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
PEDICA. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
dai dati resi noti dalla polizia, e pubblicati su diversi articoli di stampa, emerge che il fenomeno della pedofilia sta assumendo dimensioni sempre crescenti, del resto gli ultimi casi riportati dalla cronaca di questi giorni, lasciano pochi margini di dubbio circa la diffusione nella nostra società di uno tra i più aberranti crimini che la mente umana possa concepire;
la violenza sessuale sui bambini è stata per moltissimo tempo nascosta, all'interno della società e delle famiglie, ed era considerata frutto di persone squilibrate o un evento che vedeva protagonisti nuclei familiari dispersi nelle campagne, lontani da ogni forma di civiltà;
molto spesso, anche oggi, alcuni abusi restano sommersi e anche quando la famiglia e la comunità ne vengono a conoscenza, non sempre questo viene denunciato alle autorità di polizia o ai servizi di assistenza, di conseguenza diventa comunque difficile conoscere la reale estensione del fenomeno;
in realtà, l'abuso sessuale si consuma in proporzioni allarmanti, in tutti i contesti sociali e in ambiti che vanno da quello familiare o parrocchiale a quello scolastico;
è più che mai indispensabile che le istituzioni si attivino anche con interventi di sensibilizzazione del fenomeno per debellare questa terribile piaga -:
se il Ministro non ritenga opportuno avviare una indagine conoscitiva nelle scuole, luogo che dovrebbe rappresentare la frontiera di prevenzione contro ogni abuso, al fine di attuare un monitoraggio delle singole realtà scolastiche, in relazione a tutti i componenti (alunni e personale docente e non docente), per ottenere una percezione reale di disagi e malesseri e poter quindi sostenere programmi mirati di prevenzione.
(4-03461)
Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame l'interrogante chiede di conoscere le iniziative che si intendono
assumere per fronteggiare il fenomeno ivi segnalato, avviando anche una indagine conoscitiva nelle scuole per ottenere una percezione reale di disagi e di malesseri e attivare programmi mirati di prevenzione.
Le tematiche inerenti lo sfruttamento e l'abuso sui minori sono da tempo al centro dell'attenzione di questo Ministero che partecipa con propri rappresentanti alle attività del Comitato Tecnico-Scientifico dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile (CICLOPE) costituito ai sensi della legge n. 38 del 6 febbraio 2006.
All'interno di tale comitato è in fase di realizzazione una banca dati riguardante informazioni in possesso delle amministrazioni interessate.
Al fine di fornire le informazioni di pertinenza, questo Ministero intende procedere ad un'azione di ricognizione del fenomeno in questione investendo gli Uffici scolastici territoriali.
Al termine di questa operazione sarà possibile acquisire, su scala nazionale, una dimensione quantitativa del fenomeno stesso, che peraltro sarà anonima, per il dovuto rispetto in materia di privacy.
Comunque, già da tempo questo Ministero ha attivato iniziative e percorsi formativi che mirano a promuovere nella scuola condizioni di benessere e di motivazione finalizzate a determinare comportamenti consapevoli e responsabili anche nel campo delle relazioni interpersonali e della sessualità e in tal modo migliorare la qualità della vita all'interno del sistema scolastico.
Tali obiettivi sono delineati nel Piano nazionale per il benessere dello studente promosso da questo Ministero in collaborazione con altri Dicasteri interessati e in sinergia con i diversi soggetti presenti sul territorio.
Le linee di indirizzo per l'attuazione del suddetto piano, per l'anno scolastico 2007-2008, sono contenute nella circolare ministeriale del 18 aprile 2006, inviata a tutti gli uffici scolastici periferici.
Inoltre, tra le iniziative individuate nelle «Linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo», per contrastare fenomeni di violenza all'interno delle scuole, è stato attivato un numero verde nazionale a cui - in modalità assolutamente anonima - poter segnalare casi, chiedere informazioni generali del fenomeno e su come comportarsi in situazioni critiche, nonché ricevere sostegno.
Ulteriori iniziative sia di carattere amministrativo che di carattere legislativo sono state intraprese.
Con la circolare ministeriale n. 72 del 19 dicembre 2006, recante procedimenti e sanzioni disciplinari nel comparto scuola, sono state fornite puntuali indicazioni affinché gli strumenti di controllo, prevenzione e repressione dei comportamenti che hanno rilevanza disciplinare siano utilizzati, in applicazione della normativa vigente, con rigore, tempestività ed efficacia a salvaguardia dei valori fondamentali connessi alla funzione educativa.
Sono stati forniti indicazioni e chiarimenti per quanto concerne in particolare i profili relativi a: rispetto dei termini; procedimenti disciplinari originati da giudizio penale; procedimenti disciplinari non originati da procedimenti penali; sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa; competenze del Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale in materia disciplinare; procedimenti penali ed esercizio dell'azione disciplinare; rapporto tra procedimento penale e disciplinare (legge 27 marzo 2001, n. 97); utilizzazione in compiti diversi dall'insegnamento e sanzione espulsiva; recidiva e riabilitazione, il trasferimento per incompatibilità ambientale e la dispensa dal servizio.
Quanto alle iniziative di carattere legislativo riguardanti la materia oggetto dell'interrogazione, è all'esame del Parlamento, tra gli altri, il disegno di legge recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione». Detto provvedimento intende affrontare il terna delle violenze contro le persone che più vi sono esposte.
Questo provvedimento mira alla sensibilizzazione, prevenzione e repressione di violenze, anche in ambito familiare, maturate a causa di genere e di forme di discriminazione e di prevaricazione su soggetti deboli, tra cui minori, disabili e anziani. Si tratta di un intervento normativo articolato su più fronti; non solo su quello repressivo, ma in particolare su quello della prevenzione e dell'informazione, nella consapevolezza che non si tratta soltanto di un tema di ordine penale bensì della manifestazione di un problema, in primo luogo culturale, fortemente radicato. In coerenza con gli innumerevoli indirizzi internazionali in materia, il disegno di legge si muove su tre percorsi fondamentali: misure di sensibilizzazione e di prevenzione, riconoscimento di particolari diritti alle vittime della violenza, ampliamento della tutela processuale sia penale sia civile. Il provvedimento introduce nuove fattispecie di reato (per adescamento di minori attraverso la rete internet e per «atti persecutori») per reprimere fenomeni in crescita allarmante e prevede altresì nuove aggravanti speciali del reato di violenza sessuale. Sarà possibile, tra l'altro, il giudizio immediato per i reati di atti sessuali con minorenne, corruzione di minore, violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
PEDRINI, LEOLUCA ORLANDO, ROSSI GASPARRINI, BARBIERI, LONGHI, MAZZARACCHIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la regione Sardegna ha varato la legge regionale 11 maggio 2006, n. 4, recante «Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo» in attuazione della legge finanziaria regionale e che il Governo ha impugnato quest'ultima dinnanzi alla Corte costituzionale per aspetti di incostituzionalità;
tale legge introduce un ulteriore sistema di imposte regionali in particolare sugli immobili, aeromobili ed unità da diporto i cui presupposti, relativamente a queste ultime sono lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale, nel periodo compreso dal 1 giugno al 30 settembre;
tale imposta regionale individua come soggetto passivo la persona, o la società, avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale che assume l'esercizio dell'unità da diporto ai sensi degli articoli 265 e seguenti del Codice della navigazione;
tale imposta è dovuta annualmente a decorrere dall'anno 2006 e, per le imbarcazioni, è stabilita nella misura da euro 1.000 ad euro 15.000 secondo la lunghezza oltre i 14 metri, con riduzione del 50 per cento per le imbarcazioni a vela con motore ausiliario e con esclusione per le unità da diporto che sostano tutto l'anno nelle strutture portuali regionali, le navi adibite all'esercizio di attività crocieristica e le imbarcazioni partecipanti ad eventi sportivi;
per la gestione amministrativa-contabile del tributo, compreso l'eventuale contenzioso, la suddetta legge prevede l'istituzione di un'agenzia regionale con possibilità, su specifica delibera della giunta regionale, di essere coadiuvata nella riscossione dell'imposta dal Corpo forestale regionale, dal personale dell'amministrazione regionale e, dai soggetti che gestiscono le strutture portuali, previa stipula di convenzione nella quale è previsto, in favore degli stessi soggetti, il riconoscimento di un aggio pari al 5 per cento del gettito del tributo riscosso;
nelle more dell'attivazione di tale agenzia per le entrate e di un'organica regolamentazione dell'attività di riscossione, la giunta regionale ha varato il 30 maggio ultimo scorso una delibera che rende possibile il pagamento del tributo
con conto corrente postale e affida al Corpo forestale regionale il compito di censire le strutture aeroportuali e portuali sul territorio, nonché di effettuare i controlli e le verifiche del corretto adempimento degli obblighi tributari e di redigere i verbali in caso di violazione degli stessi. Inoltre con la delibera si dà mandato agli assessorati regionali competenti di raccogliere i dati per il censimento delle strutture interessate e di stipulare le convenzioni per l'attribuzione ai gestori di tali strutture del servizio di riscossione. Quest'ultimo «servizio» dovrà essere espressamente contemplato nei futuri contratti di concessione demaniale;
la nuova tassazione, oltre ad un'immagine disincentivante e negativa sul piano dell'ospitalità, aggrava i già alti costi di soggiorno nell'isola (locazioni immobiliari, tariffe d'ormeggio, tassa di sosta nelle acque del Parco della Maddalena, costi di trasporto, eccetera) con il rischio di dirottare i flussi turistici nautici e terrestri verso mete estere meno costose, prime tra tutte Corsica e Costa Azzurra. In tal senso si segnala uno stato di diffuso malcontento e preoccupazione tra gli operatori del turismo nautico che già denunciano avvisaglie di flessione della domanda per l'imminente stagione estiva;
la nuova tassazione relativa alle imbarcazioni da diporto si configura come il ripristino della vecchia tassa di stazionamento già soppressa perché ritenuta, pressoché unanimemente, anacronistica, penalizzante e discriminatoria per i diportisti italiani nel contesto europeo;
tutto ciò, peraltro, avviene a fronte di entrate modeste. Infatti, ragionando per assurdo e su valori medi, se in Sardegna ancorassero tutte le unità da diporto iscritte agli uffici marittimi al 31 dicembre 2004 (ad esclusione di quelle sarde), si calcola che il gettito annuo ammonterebbe a poco più di 22 milioni di euro;
dunque, è assai probabile che il gettito effettivo sia di gran lunga inferiore e a fronte di effetti distorsivi e oneri che potrebbero rivelarsi superiori ai benefici conseguiti. Si ricorda infatti, che negli anni si è investito per dotare la regione Sardegna di strutture in grado di accogliere adeguatamente i diportisti: sono sorte società di assistenza e manutenzione, sono nati anche i primi veri cantieri navali; alcuni porti si sono ritagliati uno spazio nella rete degli approdi dove le imbarcazioni vengono lasciate dai proprietari per le manutenzioni invernali; altri sono diventati invece base di appoggio per charter, sia regionali che nazionali; la Sardegna è stata inserita nel portafoglio delle grandi società di charter nautico pur evidenziando tuttavia ancora forti discrepanze tanto sul livello e la qualità dei servizi quanto nel rapporto qualità/prezzo più favorevole talvolta in altre aree del Mediterraneo;
l'istituzione di un nuovo sistema impositivo da parte della regione Sardegna costituisca di fatto un periodo precedente, la Sardegna costituisce infatti, ferma restando la sua autonomia, un patrimonio di tutti -:
se il Governo non ritenga di impugnare la legge regionale 11 maggio 2006, n. 4, ravvisandosi in essa, secondo gli interroganti, analoghi aspetti di incostituzionalità relativi al superamento dei limiti all'autonomia impositiva sotto il profilo del mancato coordinamento con il sistema fiscale statale; all'imposta sulle unità da diporto come tributo special ostativo della libera circolazione dei beni e con effetti oltre il territorio regionale; alla violazione dell'articolo 120 della Costituzione.
(4-00532)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante sottolinea l'esistenza di taluni aspetti di incostituzionalità della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (pubblicata nel Bollettino Ufficiale del 13 maggio 2006, n. 15, supplemento ordinario n. 6), recante «Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo», si osserva quanto segue.
A seguito dell'emanazione della legge di cui trattasi, il Governo, avendo rilevato
profili di illegittimità costituzionale, ha assunto le necessarie iniziative nei confronti della Regione tese a ricondurre le norme regionali nell'ambito della legittimità costituzionale.
La Regione ha, in tale sede, rappresentato che le imposte istituite con la citata legge n. 4 del 2006, si fondono sul presupposto dell'uso per fini privati dell'ambiente, bene pubblico scarso, e rappresentano la volontà di tutelarlo, promuovendo la coesione interna della Sardegna.
A tal proposito, il Governo ha ritenuto che, seppure possa riconoscersi il potere impositivo della Regione in materia, la questione riveste un delicato carattere tecnico giuridico permanendo i rilievi posti in riferimento a quei profili della legge che riguardano in particolare il rispetto di uguaglianza tra i cittadini.
Pertanto, con delibera del Consiglio dei Ministri in data 7 luglio 2006, ed ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, l'esecutivo ha provveduto a sollevare la questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
PESCANTE. - Al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Comunità internazionale ha profuso il massimo delle energie, a far data dal 1999, allo scopo di mettere a punto strumenti comuni per la lotta al doping, unanimemente considerato un flagello oramai diffuso a livello internazionale;
il risultato di questo sforzo comune si è concretizzato nella costituzione della Agenzia Mondiale Antidoping e nell'approvazione da parte dell'UNESCO della Convenzione Mondiale contro il Doping;
il Governo italiano ha concretamente contribuito fin dalla Prima Conferenza Mondiale contro il Doping, tenutasi a Losanna nel febbraio del 1999, alla realizzazione di questi risultati;
l'Italia ha già firmato nel 2002 l'atto aggiuntivo alla Convenzione contro il Doping del Consiglio d'Europa di cui alla legge n. 522/95 e nel 2003 la Dichiarazione di Copenhagen, con le quali si riconosce l'autorità della Agenzia Mondiale Antidoping e ci si impegna a sostenere la realizzazione da parte dell'UNESCO di una Convenzione che dia sostegno e legittimazione al ruolo della Agenzia Mondiale Antidoping;
già nell'ottobre del 2003 il Parlamento ha approvato le legge n. 281 con la quale ha autorizzato il Governo a provvedere al pagamento delle quote di adesione alla Agenzia Mondiale Antidoping;
in occasione dell'ultimo turno di presidenza italiano dell'Unione europea tutti i 25 paesi ad essa appartenenti hanno chiesto all'Italia di intervenire presso l'UNESCO dichiarando la unanime volontà di sostenere l'applicazione di una Convenzione Mondiale contro il Doping;
allo scopo di ottemperare agli impegni assunti in sede internazionale l'Italia ha fortemente collaborato alla elaborazione della Convenzione Mondiale Antidoping, all'uopo incaricando nel Gruppo di redazione il professor Tullio Scovazzi, professore di diritto internazionale presso l'università statale di Milano, su nomina del ministero degli esteri;
la Convenzione Mondiale Antidoping è stata approvata ed aperta alla firma nel corso del mese di dicembre del 2005 ed è stata immediatamente firmata, salvo ratifica, dal rappresentante italiano presso l'UNESCO. La Convenzione è ora pienamente operativa perché già ratificata dal minimo necessario di almeno trenta paesi;
alla base della mobilitazione internazionale vi è stato il convincimento che solo con una azione comune a livello internazionale si può porre rimedio e freno al dilagare di questo flagello e che di conseguenza tutti i Paesi devono assumere un
impegno comune da formalizzare attraverso la ratifica della Convenzione approvata dall'UNESCO quale condizione per la partecipazione alla attività sportiva internazionale;
detto impegno è stato recentemente ricordato anche dal Ministro per lo sport francese, Lamour (?), il quale, candidato ad assumere la presidenza della Agenzia Mondiale Antidoping, ha affermato la possibile esclusione dei Paesi che non ratificano la Convenzione dell'UNESCO dalla organizzazione e partecipazione nelle manifestazioni sportive internazionali, perché non in grado di assicurare quella omogeneità e terzietà nella lotta al fenomeno;
appare urgente, poi, fugare dalla visione internazionale la contraddizione in cui versa il nostro Paese che, se da una parte contribuisce al finanziamento della Agenzia Mondiale Antidoping e collabora alla formazione di strumenti internazionali di contrasto al fenomeno, dall'altra dispone di una struttura nazionale Antidoping che non ha aderito alla stessa Agenzia e risulta assente nel contesto internazionale impegnato nella lotta al Doping;
preso atto che l'Italia non risulta ancora tra i Paesi che abbiano ratificato la Convenzione e che tale situazione potrebbe risultare estremamente pregiudizievole sia per le importanti manifestazioni internazionali già assegnate, quali, ad esempio, i prossimi Giochi del Mediterraneo ed i Campionati mondiali di nuoto, per i quali sono appostate risorse economiche nel bilancio dello Stato, sia per quelle per le quali è già in corso una candidatura, come i Campionati europei di calcio, si chiede di conoscere quale sia lo stato del processo di ratifica della Convenzione;
soprattutto allo scopo di salvaguardare la considerazione acquisita a livello internazionale per lo sforzo profuso nel collaborare alla realizzazione di questi importanti obiettivi e per la convenienza di questi ultimi, vista anche la situazione italiana che ha la assoluta necessità di sinergia con le istanze internazionale per combattere con migliore efficacia questo fenomeno, si rappresenta la urgenza della ratifica della Convenzione Mondiale Antidoping -:
se e quando il relativo provvedimento sarà sottoposto all'esame delle Camere.
(4-03108)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che il Consiglio dei Ministri ha approvato in data 23 maggio 2007 il disegno di legge recante ratifica ed esecuzione della Convenzione Internazionale contro il doping nello sport, adottata a Parigi nella XXXIII Conferenza Generale UNESCO il 19 ottobre 2005.
Il disegno di legge è attualmente alla firma del Capo dello Stato.
Il Sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive: Giovanni Lolli.
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Carlo Parlanti, cittadino italiano, il 18 luglio 2002 dopo una permanenza in California di 6 anni, viene accusato di violenza dalla ex convivente americana, Rebecca White, con la quale aveva convissuto nei mesi precedenti;
rientrato nell'agosto 2002 in Italia, senza essere a conoscenza della denuncia a suo carico e di un mandato di cattura internazionale, peraltro mai notificato in Italia, il 5 luglio 2004 viene fermato in Germania e dopo 11 mesi estradato verso la California;
il tribunale italiano non ha ritenuto di dover chiedere al giudice tedesco l'estradizione in Italia;
pur dichiarandosi sempre innocente e aver, quindi, rifiutato nel novembre 2005 un patteggiamento che lo avrebbe visto di ritorno in Italia entro 3 mesi, nel dicembre 2005 viene giudicato colpevole per tre capi
di accusa: stupro, sequestro di persona, maltrattamenti domestici;
infine nell'aprile 2006 il giudice lo condanna a 9 anni di prigione per due capi di accusa: stupro, maltrattamenti domestici;
il 15 febbraio 2007 si svolgerà il processo d'appello;
il processo, secondo quanto comunicato da fonti giornalistiche, non risulta essere tale da garantire all'imputato gli stessi standard di difesa di cui avrebbe beneficiato in Italia;
risulta insufficiente quanto finora fatto dalle istituzioni italiane per sostenere e tutelare un cittadino italiano -:
quali iniziative siano state fino ad oggi intraprese in proposito;
se intendano intervenire, ed in quale modo, presso il Governo e le istituzioni statunitensi in vista del prossimo 15 febbraio 2007 data del processo di appello a tutela degli interessi del nostro cittadino.
(4-02404)
Risposta. - Il signor Carlo Parlanti è stato arrestato in Germania il 6 luglio 2004 sulla base di un mandato di cattura internazionale spiccato dalle Autorità statunitensi a seguito della denuncia di violenza sessuale sporta contro il predetto da parte della cittadina americana Rebecca White.
Il 3 giugno 2005 il signor Parlanti è stato estradato negli Stati Uniti. La magistratura italiana non ha proceduto ad inoltrare la domanda di estradizione dal momento che al connazionale veniva contestato un reato non commesso in Italia.
Al suo arrivo negli Stati Uniti il signor Parlanti è stato oggetto di ogni possibile assistenza da parte del Consolato generale di Los Angeles. In particolare la predetta Rappresentanza ha provveduto lungo tutto il periodo di detenzione ad effettuare numerose visite consolari e ha sempre mantenuto un costante contatto con i familiari del connazionale, tra cui la compagna dell'interessato signora Katia Anedda, nonché con i legali incaricati della sua difesa.
Avendo il signor Parlanti rifiutato il patteggiamento della pena a tre anni con detrazione del periodo di detenzione trascorso in Germania, l'8 dicembre 2004 ha avuto inizio il processo, nel corso del quale l'accusa ha, tra l'altro, prodotto le testimonianza di altre donne che hanno lamentato di aver subito violenze da parte del connazionale.
Nell'aprile 2006 il signor Parlanti è stato condannato dalla Corte di Ventura (California) alla pena di nove anni di reclusione. Dall'ottobre 2006 il connazionale è detenuto presso la struttura penitenziaria di Avenal (California).
Così come la Rappresentanza a Los Angeles, anche il Consolato generale a San Francisco, competente territorialmente in seguito al trasferimento del detenuto, non ha mancato di fornire all'interessato ogni possibile assistenza, adoperandosi, in particolare, affinché al connazionale fosse assicurato adeguato supporto sanitario, nonché condizioni di vita in carcere compatibili con il suo stato psico-fisico. Diverse visite consolari sono state effettuate, l'ultima delle quali con medico di fiducia della Rappresentanza.
Quanto alla vicenda giudiziaria del signor Parlanti, che continua ad essere seguita da vicino dal Consolato generale a Los Angeles, il 15 febbraio legali difensori del connazionale, che si mantengono in stretto contatto con la predetta Rappresentanza, hanno presentato richiesta di appello. La Corte distrettuale di Ventura, chiamata a pronunciarsi su detta richiesta ha confermato il verdetto di colpevolezza a carico del connazionale e si è riservata di esaminare l'istanza di riduzione della pena nel contempo presentata. Rimane per l'interessato la possibilità di rivolgersi alla Corte federale, unico tribunale competente a stabilire in via definitiva se vi siano elementi sufficienti per riaprire il procedimento penale.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 25 aprile 2007 dal giornale Il Piccolo di Trieste una nuova legge del governo croato, varata per regolare la giurisdizione e le sedi dei tribunali nella repubblica di Croazia, prevede la chiusura del tribunale di Rovigno d'Istria;
il Tribunale di Rovigno è il più antico tribunale istriano, istituito il 18 settembre 1811, e la sua chiusura lede profondamente i diritti della minoranza italiana autoctona in Istria, essendo l'unico tribunale, assieme a quello di Buie, in cui le cause vengono discusse oltre che in croato anche in italiano, garantendo dunque l'uso delle lingue minoritarie nel sistema giudiziario;
il trattato italo-croato del 1996 prevede l'ampliamento dei diritti di tutela della minoranza italiana, riconosciuti a tutto il «territorio d'insediamento storico» della comunità nazionale italiana in Istria di cui è indubbio faccia parte il territorio della città di Rovigno;
la relazione sull'attuazione della Dichiarazione europea riguardante le lingue minoritarie suggerisce di mantenere lo status quo nella rete dei tribunali in Istria -:
quali iniziative saranno intraprese per verificare i fatti in premessa;
come intenda intervenire presso il governo croato per garantire la minoranza italiana di Rovigno ed una effettiva tutela del bilinguismo.
(4-03533)
Risposta. - L'accorpamento dei Tribunali di Parenzo e Rovigno (con perdita di autonomia di quest'ultimo che diverrebbe una sezione di quello di Parenzo), cui si riferisce l'interrogazione parlamentare in oggetto, rientra in un più ampio piano di riforma dell'apparato giudiziario nazionale mirante, nelle indicazioni del Governo croato, ad adeguarlo agli standard dell'Unione europea. Nel complesso è previsto l'accorpamento di cinque Tribunali (5) tra cui, in Istria, quelli sopraccitati di Parenzo e di Rovigno.
Nel caso, tuttavia, del Tribunale comunale di Rovigno, come da Lei stesso indicato nell'atto parlamentare è il più antico dell'Istria e l'unico, insieme a quello di Buie, dove le cause vengono discusse anche in lingua italiana oltreché croata, l'accorpamento e la conseguente perdita di autonomia avrebbero per effetto una regressione dell'applicazione del bilinguismo con conseguenze negative per i diritti della minoranza italiana.
Quanto sopra è stato immediatamente rappresentato dagli esponenti della Minoranza italiana alle competenti Autorità croate, con la richiesta di rinunciare a tale progetto.
Il Parlamento croato, al fine di consentire una approfondita consultazione sulla questione tra le forze politiche, ha deciso di rinviare il dibattito. Al momento, la previsione più accreditata è che il voto in Parlamento possa slittare di qualche settimana, probabilmente fino alla fine di giugno, il tempo necessario per arrivare ad un compromesso. In tale contesto, l'efficace ed abile azione svolta dal Rappresentante della Minoranza Italiana al Sabor croato, l'onorevole Furio Radin, è stata determinante per salvare finora il Tribunale comunale di Rovigno e tutelare i diritti della minoranza italiana.
In principio, il rischio dell'accorpamento del Tribunale comunale di Rovigno con quello di Parenzo parrebbe scongiurato, anche se evidentemente solo il voto in aula potrà confermarlo definitivamente. Al momento si discute della possibilità (alternativa) di sopprimere un altro Tribunale (quello di Pinguente); larga parte delle forze politiche istriane si sta tuttavia mobilitando nel tentativo di evitare che l'Istria paghi un prezzo sull'altare della riforma del sistema giudiziario e le trattative si stanno protraendo. Anche perché il Governo rischia di trovarsi in difficoltà al momento della votazione: senza il sostegno dei rappresentanti delle minoranze e di tutte le forze
politiche istriane non avrebbe infatti, quasi certamente, i voti necessari a far passare la riforma.
L'auspicio dei Rappresentanti della Minoranza italiana, che hanno valutato positivamente tale rinvio, è che nelle prossime settimane si rinunci definitivamente al prospettato accorpamento ed alla conseguente perdita di autonomia del Tribunale comunale di Rovigno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
ROMAGNOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19 della legge 21 novembre 1967, n. 1185 recita «nessuna tassa è dovuta per il rilascio/rinnovo passaporto ordinario, in Italia od all'estero»:
a) da coloro che sono da considerare emigranti ai sensi delle norme sull'emigrazione;
b) dagli italiani all'estero che fruiscono di rimpatrio consolare o rientrino per prestare servizio militare;
c) dai ministri del culto e religiosi che siano missionari;
d) dagli indigenti;
il libretto del passaporto rilasciato ad appartenenti alle predette categorie è gratuito;
gli atti, documenti e domande occorrenti per il rilascio o rinnovo del passaporto in favore delle persone sopra menzionate sono redatti in carta libera, con esenzione da qualsiasi imposta o tassa;
dal mese di ottobre 2006 viene rilasciato il nuovo libretto passaporto dal costo pari a 44,66 euro, le spese delle foto biometriche pari a 12,50 euro e le spese postali (raccomandata 3,50-3,99 euro) per un costo totale del passaporto valido per i Paesi dell'Unione europea pari a 60,66 euro;
non ogni Consolato applica la suindicata normativa in modo uniforme e imparziale;
attualmente la maggioranza dei nostri connazionali residenti all'estero soffre del persistere della crisi economica nei Paesi dell'Unione europea e percepisce - ove il singolo Stato sociale lo prevede - l'assegno sociale minimo per un importo annuo inferiore a 5.000,00 euro;
il passaporto non è solo un documento di riconoscimento ma è necessario e indispensabile alla tutela dei diritti del connazionale (aprire il conto in banca, richiedere il tesserino assicurativo, eccetera);
molti Consolati disconoscono (o non vogliono applicare) le semplificazioni amministrative impartite dal decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 -:
se il dicastero della Farnesina intenda assumere iniziative perché sia rilasciato gratuitamente il passaporto per tutti i connazionali che dimostrano un reddito annuo netto non superiore a 5.500,00 euro.
(4-02836)
Risposta. - Come ricorda l'Interrogante, l'articolo 9 della legge sui passaporti n. 1185 del 1967, prevede l'esonero da ogni spesa per il rilascio del passaporto a favore di alcune categorie di cittadini: emigranti, indigenti, missionari. Si ricorda peraltro che il pagamento della tassa annuale è dovuto solo qualora il titolare del passaporto lo utilizzi per recarsi in Paesi extra-europei.
L'Ufficio consolare deve quindi accertare la sussistenza dei requisiti per il rilascio gratuito del passaporto ai sensi della predetta legge. Viste le difficoltà interpretative che l'attuale normativa è suscettibile di comportare, si ritiene comunque opportuno procedere ad una revisione, attuabile per via amministrativa, che consenta una più agevole individuazione dei destinatari della norma. Resta inteso che gli indigenti hanno e continueranno ad ottenere gratuitamente il passaporto.
Per l'estensione delle ipotesi di gratuità ad altri soggetti, come i connazionali che dimostrano un reddito annuo netto non superiore a 5.500,00 curo, come prospettato dall'onorevole Interrogante, occorre invece una specifica legge decisa dal Parlamento, non potendosi procedere con semplice circolare.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
ROSSI GASPARRINI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per una democrazia che vuol dirsi e definire se stessa avanzata, un indice a cui prestare particolare attenzione è rappresentato dall'effettivo livello di inclusività sociale che riesce a sviluppare;
il legislatore ha il dovere di promuovere politiche attive e concrete affinché il livello di inclusività sociale resti sulle posizioni raggiunte ed anzi tenda ad aumentare costantemente;
una democrazia è davvero tale solo quando i cittadini che ne fanno parte possono contare effettivamente su uguali opportunità; non possono essere ammissibili situazioni che violino questo principio fondamentale: non possono esistere cittadini a cui vengono riconosciute opportunità che ad altri siano negate, questo porterebbe all'esistenza di un diverso diritto di cittadinanza e alla formazione di categorie diverse di cittadini, alcuni con diritti estesi, altri con diritti compressi;
offrire ad alcuni opportunità che ad altri restano negate significa anche instaurare un regime di privilegi, incompatibile con i principi cardine della nostra democrazia che dovrebbe essere garante del fatto che il merito e il prestigio economico e sociale di ognuno siano commisurati alle effettive capacità del singolo, ma anche opportunità di cui si è potuto disporre;
dal punto di vista pratico, concreto, lo sforzo deve essere quindi proprio quello di adeguare sempre tutto il sistema affinché non esistano differenze tali da trasformarsi in privilegi e non si creino delle aree geografiche e delle sacche sociali di discriminazione;
uno degli aspetti più importanti, se non il più importante, affinché ogni cittadino possa contare sulle stesse opportunità lavorative, ed insieme di integrazione e consapevolezza sociale, è quello dato dai livelli di istruzione. È opportuno ricordare che nel corso dei secoli l'avanzamento sociale dell'intero occidente si è sviluppato parallelamente all'avanzamento dei livelli d'istruzione dei propri cittadini;
i processi di emancipazione delle donne, del mondo operaio, del mondo contadino, l'innalzamento generale dei livelli di benessere del nostro Paese, tutto questo è stato ottenuto riuscendo a garantire livelli di istruzione sempre più adeguati. La possibilità reale di poter accedere ad una istruzione libera, a sistema formativo coerente, è stata la molla principale, lo strumento fondamentale anche per l'emancipazione sociale politica e culturale del nostro paese;
col passare degli anni i livelli di istruzione nel nostro Paese si sono attestati su posizioni sempre migliori, ma oggi sappiamo che, anche in virtù dei veloci cambiamenti del mercato del lavoro e di un processo di globalizzazione sempre più avanzato, è fondamentale per tutti una formazione continua, come risposta diretta alla necessaria flessibilità imposta dal mercato del lavoro, affinché questa non si trasformi in precarietà insostenibile;
la necessità di garantire l'accesso alla formazione universitaria, sia per i giovani ed anche per quei cittadini già inseriti nel mondo del lavoro, resta dunque una priorità ineludibile delle istituzioni;
i costi della vita sono rapidamente cresciuti negli ultimi anni; non tutte le famiglie italiane possono permettersi di mantenere agli studi fuori sede i propri figli: basti pensare ai costi degli affitti nelle grandi città italiane;
specie dal sud del paese si assiste poi ad una continua migrazione non solo di giovani in cerca di lavoro, ma anche di studenti che si orientano verso le università delle grandi città del centro e del nord, caricandosi di costi sempre maggiori, mentre molti lavoratori non hanno a disposizione la possibilità di interrompere, come garantito dalla legge, anche per brevi periodi la propria attività per dedicarsi agli studi e facciamo riferimento a quanti, nelle imprese private, sanno di non poter indugiare troppo sulla richiesta dell'applicazione di questo diritto;
negli ultimi anni i progressi scientifici e tecnologici hanno messo a disposizione e potenziato nuovi strumenti, soprattutto nel campo delle comunicazioni, che correttamente utilizzati possono, come già si stanno rivelando, una grande opportunità per favorire l'accesso al sistema formativo in generale ed universitario in particolare;
grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie, negli ultimi anni sono stati attivati diversi corsi a distanza in numerose università italiane; la formazione a distanza sta prendendo corpo allineando l'Italia agli standard di molti altri Paesi europei che da tempo fanno ricorso a tali soluzioni;
se alcuni insegnamenti e discipline necessitano, comunque ed inevitabilmente, di un approccio frontale dello studente ed è, dunque, inevitabile la sua presenza fisica ai corsi ed alle lezioni, per altre discipline tale presenza non è di fatto sempre indispensabile, ad eccezione di alcuni momenti specifici come seminari o gli stessi esami;
una soluzione di questo genere già permette a molti giovani italiani di usufruire di quella istruzione che altrimenti non avrebbero e a molti lavoratori di accedere a quei processi di formazione continua che ne qualificano l'operato e si identificano come un forte ammortizzatore sociale, integrando gli stessi, proteggendoli, nel sistema di flessibilità ed allontanandoli dal rischio della precarietà;
appare evidente come la formazione a distanza contribuisca in maniera determinante ad abbassare i costi dell'accesso all'istruzione ed alla formazione universitaria, senza compromettere i necessari standard qualitativi -:
quali siano le misure che il Governo intende assumere per incentivare e potenziare l'utilizzo dei corsi per la formazione a distanza;
quali siano le risorse concrete su cui si può contare ed in quali tempi intenda agire per dare un segnale concreto della volontà di utilizzare la formazione a distanza come risorsa coerente e strutturale del sistema formativo italiano.
(4-02631)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si fa presente quanto segue.
In Italia il sistema della «formazione a distanza» è stato avviato con l'entrata in vigore del decreto interministeriale 17 aprile 2003 e per effetto del quale sono state accreditate undici università telematiche, abilitate a rilasciare titoli aventi valore legale soggette alle stesse regole in vigore per le università convenzionali (docenti, ordinamenti didattici).
La differenza tra le due tipologie di Atenei attiene esclusivamente alle modalità di fruibilità delle lezioni da parte degli iscritti, non essendo prevista, per le Università telematiche, una presenza in sede, ma un insegnamento attraverso corsi on line.
La presenza, presso le sedi delle Università è comunque prevista dal citato decreto interministeriale del 2003 per lo svolgimento degli esami (articolo 4, comma 2), allo scopo di salvaguardare quelle garanzie che solo la partecipazione effettiva in sede è in grado di assicurare.
È evidente che lo studio «a distanza» consente, per sua stessa natura, di guardare con particolare attenzione ai problemi che alcuni studenti si trovano a dover affrontare allorquando si avviano all'università, offrendo loro l'opportunità di portare avanti i corsi di studio intrapresi, come ad esempio, gli studenti lavoratori, gli studenti che risiedono in luoghi distanti rispetto alla sede universitaria (e in alcuni casi in aree
isolate), i portatori di handicap (disabili sia motori che sensoriali), gli studenti con difficoltà economiche o gli adulti che - pur non avendo necessità particolari - intendono completare il loro percorso di studi per puro interesse personale.
Con l'apprendimento on line non è più lo studente a doversi preoccupare di raggiungere la sede di studi più vicina o quella con l'offerta formativa più adatta alle proprie prospettive lavorative, ma è l'università, che servendosi delle più avanzate tecnologie informatiche, entra direttamente in contatto con lo studente ovunque si trovi. La diversificazione dell'offerta formativa proposta, in dipendenza delle molteplici esigenze e richieste dell'utenza, rappresenta certamente uno dei maggiori pregi della didattica on line.
Sono evidenti i vantaggi connessi all'impiego di questo modello: flessibilità degli orari delle lezioni, abolizione di qualsivoglia barriera architettonica, eliminazione dei costi di viaggio e di mantenimento per i così detti «fuorisede».
Considerato il non trascurabile numero di Atenei telematici già accreditati, nel corso della precedente legislatura, il Ministero ha ritenuto opportuno far seguire, a questa prima fase sperimentale, prima di procedere a nuovi accreditamenti, un programma di revisione del regolamento, di cui all'articolo 26, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003), per la disciplina dei criteri e delle procedure di accreditamento dei corsi universitari a distanza e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici.
L'articolo 2, comma 148, del decreto-legge n. 262 del 2006, convertito in legge n. 286 del 2006 dispone, infatti, che, fino alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento, non potrà essere autorizzata l'istituzione di nuove università telematiche abilitate rilascio di titoli accademici.
L'intervenuta sospensione è finalizzata non soltanto a consentire un accurato esame dell'attuale disciplina delle procedure di accreditamento dei corsi telematici e delle relative istituzioni, ma anche ad una attenta verifica dei contenuti e degli standard formativi che i soggetti da accreditare sono in grado di offrire.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
STUCCHI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la «Comunità Montana Valle Brembana» segnala il disagio provocato dalla chiusura a giorni alterni degli uffici postali di molti comuni della stessa, nonché dal perdurare per più giorni della mancata distribuzione della corrispondenza;
la chiusura degli uffici è causa, specialmente nei piccoli comuni, di forte disagio nei residenti, specialmente in quelli anziani, per i quali la posta funge da sportello bancario, oltre che per la riscossione della pensione. Inoltre, gli uffici postali di, comuni ubicati in aree montane particolarmente disagiate rappresentano un'insostituibile risorsa di comunicazione per le necessità non solamente del cittadino ma anche delle aziende;
la mancata consegna della posta può arrecare un grave danno al cittadino, trattandosi a volte di notifiche di atti o telegrammi;
la riduzione dell'orario di apertura del servizio postale durante il periodo estivo nei centri montani, che sono in gran parte mete turistiche, non favorisce, ma penalizza, lo sviluppo economico locale;
a fronte di ripetute segnalazioni dei disagi effettuate dal «Presidente della Comunità Montana della Valle Brembana» il 1 giugno 2006, la direttrice della filiale di Bergamo di Poste italiane ha inviato una lettera a tutti i Comuni della Valle in cui veniva garantita l'apertura degli uffici, grazie ad una razionalizzazione degli orari, nonché la puntuale consegna della corrispondenza;
nulla è cambiato, ma i disagi sembrano persistere ed aumentare, visto l'approssimarsi della stagione estiva, il Presidente della Comunità montana della Valle
Brembana ha effettuato un sopralluogo scrupoloso su 38 comuni della Valle, riscontrando in 22 ritardi nelle consegne (quotidiani che portano la data di giorni passati), mancati recapiti, lunghe code presso gli sportelli, giorni di totale black out;
già nella passata legislatura l'interrogate aveva segnalato, senza ricevere risposta, le difficoltà di cui sopra con atto n. 4-16027 -:
quali iniziative intenda adottare affinché si salvaguardi il mantenimento e l'efficiente funzionamento degli uffici postali nelle aree montane della Valle Brembana;
quali misure intenda adottare affinché il Gruppo Poste Italiane non discrimini i piccoli comuni, seppur popolosi, a favore della sola logica economica e non sociale, come invece attiene all'etica di un'azienda che svolge un servizio indispensabili.
(4-00323)
Risposta. - Al riguardo si fa presente che per quanto concernente la specifica situazione del bacino territoriale della Valle Brembana la società Poste Italiane - interessata al riguardo - ha comunicato di aver attuato, a partire dal 14 giugno 2006, una riorganizzazione degli orari di apertura di 18 dei 38 uffici presenti nella suddetta zona.
Tale rimodulazione degli orari ha coinvolto 7 uffici per il solo periodo estivo, mentre per i rimanenti 11 uffici la modifica dell'orario di apertura ha carattere permanente essendo legata al superamento della figura dell'operatore polivalente che, come è noto, svolgeva nell'arco della giornata lavorativa sia mansioni di sportelleria, sia di recapito ed al passaggio ad un part time verticale, con apertura a giorni alterni con orario 8.30/14.00, degli uffici interessati.
La razionalizzazione suddetta ha necessariamente comportato - stando a quanto precisato dalla società Poste Italiane - l'accorpamento del servizio di recapito in uffici di maggiori dimensioni (Uffici di recapito) determinando un miglioramento della qualità del servizio erogato che, tuttavia, nel periodo iniziale, ha fatto registrare momentanei rallentamenti nei tempi di consegna del corriere.
Nel periodo maggio/luglio 2006, ha concluso Poste Italiane, qualche ulteriore disagio è stato procurato dall'avvicendamento non sempre immediato del personale assunto con contratto a tempo determinato oltre che dall'adesione dei lavoratori ad una iniziativa promossa dal sindacato locale per l'interruzione delle prestazioni aggiuntive; la situazione è tuttavia tornata alla normalità in tempi brevi, secondo quanto assicurato dalla medesima società.
Dal canto suo il Ministero ritiene opportuno rammentare che le strategie organizzativo-gestionali della società Poste Italiane spettano agli organi statutari della società medesima, la quale individua il tipo ed il numero delle risorse ritenuti necessari a garantire il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale: dislocazione degli uffici, numero degli sportelli, modalità tecniche considerate idonee a soddisfare la richiesta di servizi da parte dell'utenza.
Il Ministero delle comunicazioni è legato alla società Poste Italiane da un contratto di programma che assicura al Ministero stesso - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - una potestà di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale, ma non consente al Governo di intervenire nella gestione dell'azienda.
Il Ministero, sulla base di quanto indicato dalla società, ha sottolineato che il contenimento dei costi, pur costituendo uno strumento fondamentale per la riduzione dell'onere del servizio postale universale sostenuto da Poste Italiane spa non esclude la necessità che il Ministero delle comunicazioni sia messo al corrente preventivamente dei piani e dei criteri generali relativi alla razionalizzazione degli orari di apertura e/o alla chiusura degli uffici postali, su tutto il territorio nazionale.
In tale prospettiva, tenuto conto che le iniziative di razionalizzazione degli uffici postali non possono essere demandate alla esclusiva ed incondizionata iniziativa di
Poste italiane spa, è intendimento del Ministero prevedere, non solo nel nuovo contratto di programma attualmente in corso di definizione ma anche in provvedimenti ad hoc, impegni più stringenti per la società Poste Italiane in termini di qualità, utilizzando indicatori oltre che per i tempi di recapito della corrispondenza, anche per la diffusione e l'accessibilità degli uffici postali sul territorio nazionale, al infine di implementare l'efficienza del servizio postale universale senza intaccare la rete postale, soprattutto nei centri più piccoli e nelle aree geograficamente disagiate, in coerenza sia al contesto territoriale di riferimento sia alle concrete prospettive economiche di crescita.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE e D'ELIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 49 della legge 20 maggio 1985, n. 222, dispone che «Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche»;
con decreto del presidente del Consiglio è stata periodicamente nominata, e inserita in maniera organica all'interno della Presidenza del Consiglio-Ufficio studi e rapporti istituzionali, una Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione del gettito IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche;
la crescita del gettito complessivo ripartito tra i soggetti aventi diritto alla destinazione dell'otto per mille è stata esponenziale in questi anni, tanto che dal 1990 ad oggi i fondi destinati alle confessioni religiose sono quintuplicati e nell'ultimo triennio sono aumentati di oltre un terzo;
ad esempio, la quota della Chiesa cattolica è passata dai 200 milioni di euro del 1990 ai 762 milioni di euro nel 2001 sino ad arrivare a ben 984 milioni di euro del 2005, mentre dal 1990 al 2005 la spesa per il sostentamento del clero, uno dei tre scopi cui i fondi sono vincolati, è semplicemente raddoppiata, da 145 a 315 milioni di euro;
la determinazione legislativa della percentuale dell'otto per mille dell'Irpef fu calcolata dal legislatore sulla base della previsione di un sostanziale mantenimento della cifra allora destinata alla Chiesa cattolica, previsione rivelatasi totalmente errata per difetto tanto che la Conferenza Episcopale Italiana ha destinato a riserva quasi i due terzi (79,4 milioni di euro) dell'aumento annuale del 2003, mentre le spese per il sostentamento al clero che nel 1990 rappresentavano oltre il 70 per cento della destinazione dei fondi dell'otto per mille della Chiesa cattolica oggi rappresentano meno del 35 per cento del totale;
pertanto la crescita del gettito dei fondi derivanti dall'otto per mille è cresciuta in maniera tale da superare di gran lunga la somma necessaria alla realizzazione delle finalità indicate dalla legge;
il 31 ottobre 2004 è scaduto il triennio previsto dalla legge per compiere la valutazione di cui all'articolo 49 della legge 222/1985 e in pari data ha terminato il suo mandato la Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione del gettito IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche -:
quali siano le risultanze della valutazione compiuta dalla Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione del gettito, di recente scaduta;
quali siano le risultanze della valutazionecompiuta dalla Commissione paritetica di cui all'articolo 49 della legge 222/1985 allo scadere del triennio nel 2004 nonché nei trienni precedenti;
quali siano le attività poste in essere o che intende porre in essere il Governo al fine di una tempestiva ri-determinazione della aliquota Irpef in una misura inferiore all'otto per mille, o, in alternativa, al fine di limitare la ripartizione dei fondi pubblici alle somme dei soli cittadini che hanno espresso una scelta di destinazione.
(4-03264)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa presente quanto segue.
I meccanismi che regolano la ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF sono contenuti nella legge 20 maggio 1985, n. 222. In forza del disposto dell'articolo 47, secondo comma, «una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario, a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica. Le destinazioni di cui al comma precedente vengono decise dalla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Dette quote «sono utilizzate [...] dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo» (articolo 48). «La Conferenza episcopale italiana determina annualmente le destinazioni delle somme ricevute ai sensi dell'articolo 47 nell'ambito delle sole finalità previste dall'articolo 48» (articolo 41, primo comma).
L'articolo 49 dispone poi che, al termine di ogni triennio, un'apposita Commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, proceda alla valutazione del gettito della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche.
La suddetta Commissione, riunitasi nel 2005 per esaminare i rendiconti relativi al quinto triennio 2002-2004, è stata concorde nel ritenere che il sistema di sostentamento del clero (articolo 46) e di finanziamento degli scopi a diretta gestione della Chiesa (articolo 47) disegnato dalla legge 222 del 1985, ha dato nuovamente prova di sostanziale buon funzionamento ed ha concordemente ritenuto di non dover proporre modifiche al meccanismo vigente.
Nel corso dei lavori della Commissione paritetica, la Conferenza episcopale italiana ha informato la parte governativa di aver introdotto, al fine di una migliore verifica circa l'utilizzo delle somme dell'otto per mille dell'IRPEF erogate alle diocesi, l'obbligo per le diocesi stesse di trasmettere ogni anno alla Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana due distinti e dettagliati rendiconti relativi ai criteri di assegnazione e di erogazione delle somme ricevute dalla CEI.
Detti rendiconti sono predisposti dall'economo diocesano, verificati dal consiglio diocesano per gli affari economici e sottoscritti dal vescovo diocesano. Devono essere poi pubblicati nel bollettino ufficiale della diocesi e trasmessi per la divulgazione al servizio diocesano per la promozione del ;sostegno economico alla Chiesa.
Nell'ipotesi in cui una diocesi non presenti il rendiconto delle somme ricevute nell'anno precedente, la presidenza della Conferenza episcopale italiana è autorizzata a rinviare il versamento delle somme derivanti dalla quota dell'otto per mille dell'IRPEF dovute per l'anno corrente, sino all'effettiva ricezione del medesimo.
Lo schema di rendiconto predisposto dalla Conferenza episcopale italiana sulla base dell'esperienza maturata e delle osservazioni della Parte governativa nel corso delle verifiche dei precedenti trienni, costituisce senz'altro, per l'autorità ecclesiastica e per lo Stato, un utile strumento di verifica dell'utilizzazione delle diverse somme.
In relazione ai fondi che la Chiesa cattolica utilizza per il sostentamento del clero si richiama l'articolo 44 della legge 20 maggio 1985, n. 222, il quale dispone che
«La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza. Tale rendiconto deve comunque precisare: a) il numero dei sacerdoti che svolgono servizio in favore delle diocesi; b) la somma stabilita dalla Conferenza per il loro dignitoso sostentamento; c) l'ammontare complessivo delle somme di cui agli articoli 46 e 47 destinate al sostentamento del clero; d) il numero dei sacerdoti a cui con tali somme è stata assicurata l'intera remunerazione; e) il numero dei sacerdoti a cui con tali somme è stata assicurata una integrazione; f) l'ammontare delle ritenute fiscali e dei versamenti previdenziali e assistenziali operati ai sensi dell'articolo 25; g) gli interventi finanziari dell'istituto centrale a favore dei singoli istituti per il sostentamento del clero; h) gli interventi operati per le altre finalità previste dall'articolo 48. La Conferenza episcopale italiana provvede a diffondere adeguata informazione sul contenuto di tale rendiconto e sugli scopi ai quali ha destinato le somme di cui all'articolo 47».
La Conferenza episcopale italiana ha sempre regolarmente adempiuto gli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il resto sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Esso è accessibile a tutti sul sito Internet della Conferenza episcopale italiana.
Da tale rendiconto possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge.
L'articolo 45 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, al comma 7 prevede che «La quota dell'8 per mille dell'IRPEF, di cui al secondo comma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, e la somma di cui all'ultimo comma dell'articolo medesimo sono determinate sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, risultanti dal rendiconto generale dello Stato». La medesima procedura è adottata per le quote spettanti alle Confessioni acattoliche aventi diritto. In proposito si fa presente che, a conferma del positivo funzionamento del sistema avviato nel 1985, la Tavola Valdese - che originariamente non partecipava al sistema di finanziamento indiretto - con due successive intese ai sensi dell'articolo 8, comma terzo, della Costituzione, ha chiesto e ottenuto di poter aderire al sistema stesso e di partecipare altresi alla ripartizione dell'ulteriore quota derivante dalle scelte non espresse. Analoga richiesta è stata formulata ed accolta per altre Confessioni religiose firmatarie di intese con lo Stato. «Con le medesime modalità sono determinate la quota dell'otto per mille dell'IRPEF e la somma corrisposta a titolo di anticipo di cui all'articolo 30 della legge 22 novembre 1988, n. 516; all'articolo 23 della legge 22 novembre 1988, n. 517; all'articolo 4 della legge 5 ottobre 1993, n. 409; all'articolo 27 della legge 29 novembre 1995, n. 520; all'articolo 2 della legge 20 dicembre 1996, n. 638» (le leggi menzionate dalla riportata norma sono quelle di approvazione delle intese stipulate ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione con le seguenti confessioni religiose: Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7o giorno; Assemblee di Dio in Italia; Tavola valdese; Chiesa Evangelica luterana in Italia; Unione delle Comunità ebraiche italiane).
La consistenza del dato contabile è, comunque, essenzialmente collegata alla liberalità dei contribuenti che esprimono la propria volontà in sede di dichiarazione annuale dei redditi.
Il meccanismo delineato per l'attribuzione dell'otto per mille riconosce, infatti, la centralità della libera determinazione dell'individuo ed è configurato in modo tale da garantire anche possibilità di scelta non solo tra le varie Confessioni religiose, ma anche a favore dello Stato. La somma relativa alla ripartizione delle scelte non espresse non affievolisce, peraltro, tale contabilità. Dal 1985 ad oggi è complessivamente aumentato il numero dei contribuenti, ma è anche aumentato il numero dei contribuenti esonerati dall'obbligo della dichiarazione. A ciò si deve aggiungere il fatto che ha sempre maggiore diffusione la
trasmissione per via telematica del modello unico. Ciò contribuisce a diminuire sensibilmente il numero delle opzioni espresse. Tale circostanza genera, in ogni caso, una situazione di proporzionale bilanciamento in quanto gli importi dell'otto per mille per i quali non viene espressa specifica opzione, vengono ripartiti tra tutti i soggetti concorrenti - Stato compreso - in misura proporzionale alle scelte comunque espresse.
Per quanto concerne infine l'ipotesi di variazioni alla procedura attualmente adottata per la determinazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, è opportuno tenere presente che le norme contenute nella legge n. 222 del 1985 furono predisposte da una Commissione paritetica italo-vaticana costituita ai sensi dell'articolo 7, numero 6, dell'Accordo di modificazione del Concordato lateranense del 18 febbraio 1984 e formalmente approvate il 15 novembre 1984, con separato Protocollo, dalla Repubblica italiana e dalla Santa Sede. In virtù dello specifico richiamo dell'articolo 7 dell'Accordo, esse si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e pertanto potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Peraltro la modifica dell'aliquota dell'otto per mille coinvolgerebbe anche tutte le confessioni religiose che, a seguito della stipula delle rispettive intese di cui all'articolo 8 della Costituzione, partecipano al sistema del finanziamento indiretto.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2007 sul quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire, è apparso un editoriale a firma del professor Carlo Cardia dal titolo «Il Concordato non può comprare il silenzio» nel quale, tra l'altro, il professor Cardia scrive: «(...) Con il Trattato del Laterano, la Santa Sede ha visto crescere il proprio ruolo nella società internazionale e la voce del Papa ha parlato, come mai prima, a tutti i popoli e a tutti gli Stati. La riforma poi del Concordato ha aperto la strada alla stipulazione di Intese con altri culti. Ha consentito, cioè, la piena attuazione dell'articolo 7 ma anche dell'articolo 8 della nostra Costituzione per il quale "tutte le Confessioni sono egualmente libere davanti alla legge". La scelta del Costituente di fare dei Patti lateranensi e delle Intese gli strumenti peculiari dello Stato laico ha fatto scuola in Europa. Perché negli ultimi decenni i concordati, e gli accordi con le confessioni, si sono moltiplicati, dal Portogallo all'Austria, dalla Slovacchia alla Germania, dalla Croazia alla Polonia alla Spagna, e via di seguito. E perché le legislazioni ecclesiastiche - concordatarie o meno - sono molto simili in tutto il continente. Un po' dovunque i culti sono finanziati dallo Stato, l'insegnamento religioso è previsto quasi dappertutto, dal Belgio alla Germania, dalla Spagna alla Russia alla Romania, a tanti altri Paesi ancora. Stato e Chiese collaborano sulla base di normative, sempre perfettibili, ma certamente equilibrate e adeguate all'evoluzione democratica delle rispettive società. È vero, però, che in Italia, anziché menar vanto di questi risultati, soprattutto da due anni il Concordato è oggetto di critica e di polemiche da parte di alcuni gruppi politici. La prima volta, quando il referendum sulla procreazione assistita del 2005 ha mancato il suo obiettivo; in questi giorni perché la Chiesa fa sentire la sua voce sui rischi di proposte normative che toccano una delle basi morali della società, disincentivando di fatto l'istituto familiare fondato sul matrimonio e premiando esperienze individuali diverse rispetto alla famiglia. Per sé, nessun rapporto lega il Concordato al referendum sulla procreazione, e alle proposte di legge sulle convivenze. Ma certi settori laici sviluppano un ragionamento strumentale per mettere in crisi le relazioni tra Stato e Chiesa. Poiché, si dice, la Chiesa non tace e non accetta passivamente le riforme legislative che si vogliono introdurre è bene rivedere
la legislazione ecclesiastica abolendo le forme di finanziamento delle confessioni, eliminando l'insegnamento religioso nelle scuole, e altro ancora. Chiunque vede che siamo di fronte ad una specie di ritorsione censoria che chiama in causa questioni che non hanno alcun rapporto tra di loro. Quasi che il Concordato e le Intese possano comprare il silenzio delle Chiese. Un salto indietro verso l'Ottocento, in controtendenza nei confronti dell'Europa. Per questo motivo l'odierno anniversario dei Patti Lateranensi può giovare a rispondere pacatamente ma fermamente a queste posizioni. La libertà della Chiesa, come quella degli altri culti, dei cittadini e delle organizzazioni sociali non è oggetto di concessione da parte di alcuno, ma ha fondamento nella Costituzione (elaborata con il contributo di tutti) e nell'ispirazione giusnaturalista della democrazia politica. Le libertà civili che permettono di parlare, discutere, cercare di convincere, non sono soggette a censure o ritorsioni.Forse l'agitarsi di alcuni gruppi vuole raggiungere un risultato obliquo, quello di sventolare la bandiera della laicità per non doversi confrontare nel merito con le idee e le proposte dei cattolici, e di tanti laici, per non volersi misurare con sentimenti popolari profondi. Ma la regola della democrazia è un'altra. È la regola del confronto per far parlare tutti, della discussione per far partecipare le varie componenti sociali alle decisioni da adottare. Per questo motivo, la voce della Chiesa, delle Chiese, e di chiunque altro, si rivela cosa preziosa anche in questo momento storico, perché è rivolta ai cittadini, alle loro coscienze, è diretta a far crescere la consapevolezza dei valori di cui si parla e si discute»;
nel 2001 in un volume, edito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per l'informazione e l'editoria, dal titolo «Dall'accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa, un quindicennio di politica e legislazione ecclesiastica», vi è un saggio del professor Carlo Cardia dal titolo «La legge 222/1985: attuazione problemi, prospettive» nel quale, tra l'altro, il professor Cardia scrive: «(...) Per giudizio pressoché generale, la riforma del 1984-85 sugli enti e beni ecclesiastici, e sui rapporti finanziari tra Stato e Chiesa cattolica, ha dato buona prova di sé, è stata attuata con equilibrio ed è stata assimilata da dottrina e giurisprudenza senza eccessive fratture o contrasti incomponibili. (...) Il sistema beneficiale non esiste più e ad esso è stato sostituito un sistema di sostentamento del clero fondato in parte minima su uno sfruttamento più razionale delle risorse del patrimonio ecclesiastico (aggregato nell'ambito degli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero-IDSC), in parte maggiore sulla contribuzione pubblica che giunge agli IDSC attraverso l'Istituto Centrale (ICSC). (...) I veri problemi che si sono presentati sono stati sostanzialmente tre, due di natura giuridica, uno di carattere precipuamente economico-finanziario. I problemi giuridici riguardano entrambi la remunerazione dei sacerdoti e il tipo di tutela che l'ordinamento ha predisposto. (...) La terza questione che sta profilandosi è una questione di fatto, di natura squisitamente finanziaria, riassumibile in termini molto semplici: dal flusso finanziario dell'8 per mille del gettito IRPEF derivano alla Chiesa cattolica (recte: alla CEI) delle somme veramente ingenti, che hanno superato ogni più consistente previsione. Si parla ormai di circa 900-1.000 miliardi l'anno. Il livello è da considerarsi tanto più alto in quanto il fabbisogno per il sostentamento del clero non supera mediamente i 400-500 miliardi annui. Ciò vuol dire che la CEI ha la disponibilità annua di diverse centinaia di miliardi per finalità ("esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo": articolo 48 legge 222/85) che sono chiaramente "secondarie" rispetto a quella primaria del sostentamento del clero; e che, lievitando così il livello del flusso finanziario si potrebbe presto giungere al paradosso per il quale è proprio il sostentamento del clero ad assumere il ruolo di finalità secondaria rispetto alle altre. Tutto
ciò porterebbe a vere e proprie distorsioni nell'uso del denaro da parte della Chiesa cattolica, e, più in generale, riaprirebbe il capitolo di un finanziamento pubblico irragionevole che potrebbe raggiungere la soglia della incostituzionalità se riferito al valore della laicità quale principio supremo dell'ordinamento. (...)»;
in ragione di quanto scritto dal professor Carlo Cardia si riportano i dati dal 1990 al 2006 così come risultano pubblicati sul sito della CEI www.8xmille.it relativi al totale dei fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI e quanto da questa destinati al fondo per il sostentamento del clero in termini assoluti e percentuali sul totale dell'ammontare:
anno 1990; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 210; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 145; per cento sul totale 69,05;
anno 1991; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 210; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 108; per cento sul totale 51,43;
anno 1992; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 210; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 103; per cento sul totale 49,05;
anno 1993; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 303; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 177; per cento sul totale 58,42;
anno 1994; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 363; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 212; per cento sul totale 58,40;
anno 1995; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 449; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 201; per cento sul totale 44,77;
anno 1996; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 751; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 287; per cento sul totale 38,22;
anno 1997; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 714; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 241; per cento sul totale 33,75;
anno 1998; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 686; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 249; per cento sul totale 36,30;
anno 1999; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 755; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 250; per cento sul totale 33,11;
anno 2000; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 643; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 284; per cento sul totale 44,17;
anno 2001; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 763; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 290; per cento sul totale 38,01;
anno 2002; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 910; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 308; per cento sul totale 33,85;
anno 2003; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 1.016; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 330; per cento sul totale 32,48;
anno 2004; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 952; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 320; per cento sul totale 33,61;
anno 2005; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di
euro 984; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 315; per cento sul totale 32,01;
l'articolo 49 della legge 222/1985 recita: «Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche»;
premesso altresì che il professor Carlo Cardia risulta essere membro dei seguenti organismi di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri:
Commissione consultiva per la libertà religiosa, la cui nomina scade il 14 marzo 2007;
Commissione governativa per l'attuazione delle disposizioni dell'Accordo tra Italia e Santa Sede, firmato il 18 febbraio 1984, e ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121, la cui nomina scade il 14 gennaio 2008;
Commissione governativa per la soluzione di alcune difficoltà interpretative delle disposizioni normative di derivazione concordataria, la cui durata è prevista fino al 4 febbraio 2009;
Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione dell'importo deducibile ed alla valutazione del gettito della quota IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche, la cui nomina scade il 30 novembre 2007 -:
quali siano le ragioni per le quali la «Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione dell'importo deducibile ed alla valutazione del gettito della quota IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche», alla luce dei dati riportati e di quanto scritto da uno dei suoi membri, non abbia proceduto a rivedere l'importo deducibile della quota IRPEF;
se esistano i verbali dei lavori di detta commissione, se siano pubblici o, in caso contrario, se siano accessibili almeno ai deputati ovvero a chi siano riservati.
(4-03265)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa presente quanto segue.
La Commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, prevista dall'articolo 49 della legge n. 222 del 1985, procede, al termine di ogni triennio, alla valutazione del gettito della quota dell'otto per mille dell'IRPEF di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche.
La suddetta Commissione, riunitasi tre volte nel periodo marzo-aprile 2005 per esaminare i rendiconti relativi al quinto triennio 2002-2004, ha formulato considerazioni di carattere complessivo circa il meccanismo di finanziamento indiretto alla Chiesa Cattolica attraverso il concorso alla ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF e il sistema delle offerte deducibili.
Nel corso delle riunioni tra la Parte governativa e la parte in rappresentanza della Conferenza episcopale italiana è stato altresì effettuato un attento esame delle destinazioni delle somme derivanti da tale finanziamento, che ha condotto a una comune riflessione positiva, anche alla luce delle precedenti verifiche triennali e tenendo conto dell'accresciuta sensibilità dell'opinione pubblica verso tale meccanismo.
La Commissione paritetica è stata, infine, concorde nel ritenere che il sistema di sostentamento del clero (articolo 46) e di finanziamento degli scopi a diretta gestione della Chiesa (articolo 47), disegnato dalla legge 222 del 1985, ha dato nuovamente prova di sostanziale buon funzionamento ed ha concordemente ritenuto di non dover proporre modifiche al meccanismo vigente.
Le Parti hanno comunque considerato opportuno condurre approfondimenti sugli effetti della riforma a vent'anni dalla sua introduzione nei rispettivi ordinamenti e della sua capacità di adattamento ai tempi
e alle esigenze derivanti dall'evoluzione delle rispettive legislazioni. Alla stessa conclusione sono giunte le analoghe Commissioni paritetiche previste dalle leggi di approvazione delle intese con la Tavola Valdese, la Chiesa Cristiana Avventista del 7o giorno, le Assemblee di Dio in Italia, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia.
In proposito si fa presente che, a conferma del positivo funzionamento del sistema avviato nel 1985, la Tavola Valdese - che originariamente non partecipava al sistema di finanziamento indiretto - con due successive intese ai sensi dell'articolo 8, comma terzo, della Costituzione, ha chiesto e ottenuto di poter aderire al sistema stesso e di partecipare altresì alla ripartizione dell'ulteriore quota derivante dalle scelte non espresse. Analoga richiesta è stata formulata ed accolta per altre Confessioni religiose firmatarie di intese con lo Stato.
Si sottolinea al riguardo che eventuali modifiche al regime vigente in materia di rapporti finanziari tra lo Stato e le Confessioni religiose potrebbero essere soltanto proposte dalle Commissioni citate al Presidente del Consiglio dei Ministri, ma dovrebbero, poi, essere adottate con legge sulla base di accordi convergenti con ciascuna delle Confessioni religiose che concorrono alla ripartizione della quota.
Ogni eventuale variazione rispetto alla disciplina vigente, ivi compresa la determinazione della quota dell'8 per mille del gettito IRPEF, deve essere, pertanto, oggetto di dibattito parlamentare così come sono state oggetto di dibattito parlamentare le leggi attualmente in vigore.
Per quanto riguarda l'accesso ai verbali della Commissione governativa per la revisione dell'importo deducibile e per la valutazione del gettito della quota dell'8 per mille dell'IRPEF, si ricorda che il TAR Lazio con sentenza depositata in data 8 settembre 2005, ha respinto il ricorso dell'interrogante, proposto per l'accertamento del diritto di prendere visione ed estrarre copia dei documenti prodotti dalla stessa Commissione.
Ha stabilito infatti il TAR che la piena lettura degli articoli 46, 47 e 49 della legge n. 222 del 1985 «non permette di aderire alla tesi in ordine alla natura amministrativa degli atti cui l'istante ha chiesto di accedere.
Ed invero, la giurisprudenza amministrativa si è ormai pacificamente attestata nel senso della inammissibilità di una domanda di accesso che non abbia ad oggetto documenti ed attività qualificabili come amministrazioni, quanto meno in senso oggettivo e funzionale, negando la proponibilità dell'acto ad exhibendum in relazione ad atti attinenti l'esercizio della funzione giurisdizionale o di altro potere dello Stato diverso da quello amministrativo.
Ora, l'attività che l'articolo 49 prescrive di effettuare è finalizzata alla predisposizione di eventuali modifiche in relazione sia all'importo deducibile delle erogazioni liberali all'istituto centrale per il sostentamento del clero, sia alla valutazione del gettito derivante dall'8 per mille.
Si tratta cioè di un'attività meramente propositiva, i cui destinatari non possono essere che il Governo o il Parlamento, quali titolari rispettivamente della funzione di indirizzo politico e di quella legislativa, in ragione sia dell'incidenza degli apprezzamenti di detta Commissione sulle concrete modalità di funzionamento del meccanismo previsto da una legge statale, per giunta costituente sviluppo di un Accordo con la Chiesa cattolica stipulato ai sensi dell'articolo 7 della Costituzione, sia della mancata attribuzione a tale Commissione di una funzione amministrativa in senso stretto (non risultando dalla legge che ad essa sia demandata la cura di un interesse pubblico specifico mediante un procedimento destinato a sfociare mediante un procedimento destinato a sfociare in un qualche tipo di atto provvedimentale).
La peculiarità dell'organo sta a dimostrare, anche sotto il profilo soggettivo, l'estraneità della Commissione paritetica all'organizzazione amministrativa in senso proprio, alla luce di una serie di convergenti elementi» (La Commissione si avvale
del supporto di un Ufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e non di proprie strutture amministrative; essa è considerata organismo tecnico composto da personalità dotate di elevata specializzazione, non presenti all'interno della Amministrazione; la nomina dei componenti della Parte governativa è rimessa alla volontà politica del Governo in carica), «tra i quali assumono rilievo centrale le particolari modalità di composizione (metà dei componenti sono infatti nominati dalla CEI, ossia l'interlocutore italiano per le questioni di carattere nazionale che interessano le relazioni tra la Chiesa e lo Stato in Italia, anche in vista della stipulazione di intese che si rendessero opportune su determinate materie)».
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.