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Allegato B
Seduta n. 184 del 5/7/2007
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 21 giugno 2007, presso la Casa Circondariale di Crotone, il dott. Paolino Maria Quattrone, Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria in Calabria, con toni bruschi e sprezzanti ha pubblicamente affermato che da tempo non crede nelle istituzioni e nel sistema politico, che alcuni dirigenti operano fuori dalle istituzioni e che chi non avrebbe aderito al suo progetto avrebbe potuto trasferirsi in altre regioni d'Italia;
il dott. Paolino Maria Quattrone dal suo arrivo nella Regione, per attuare il modello carcerario a custodia attenuata ha sostituito buona parte dei direttori e dei comandanti di Reparto della Regione;
le relazioni sindacali nella Regione Calabria, da sempre fortemente conflittuali, hanno raggiunto punte di acredine che hanno provocato manifestazioni di protesta ed il coinvolgimento di alcuni Prefetti;
la maggior parte delle organizzazioni sindacali, nel pieno delle funzioni assegnategli dalla legge, lamenta che il Provveditore Regionale opera in maniera dispotica, secondo modelli gestionali primordiali, fondati sulla sua autoreferenzialità;
il modello carcerario a custodia attenuata è ispirato solo all'apparenza ed ha come obiettivo unico inaugurazioni e manifestazioni che causano sperpero di denaro pubblico e di risorse umane dell'Amministrazione;
il Provveditore ha solo e sempre privilegiato l'aspetto estetico delle carceri senza occuparsi delle reali condizioni in cui sono costretti a lavorare gli operatori penitenziari ed a vivere i reclusi, non producendo alcun beneficio sotto il profilo della sicurezza (addirittura in alcuni casi le opere hanno prodotto un abbattimento della sicurezza come nel caso della C.C. di Cosenza) e della gestione quotidiana (pochi gli adeguamenti al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000);
per pubblicizzare un incremento dei posti di lavoro dei detenuti, ha disposto l'esecuzione di lavori mediante il sistema di interventi eseguiti in economia e amministrazione diretta, comportando una costante violazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, atteso che tale tipo di operazioni ha spesso superato il limite di 50.000 euro imposti dalla norma, oltre al fatto che spesso sono stati eseguiti in assenza di progetti e collaudi tecnici ed amministrativi e senza copertura finanziaria ricorrendo all'indebitamento dello Stato;
anche la classe dirigente appare delegittimata, demotivata e divisa, dal comportamento del Dirigente Generale, a causa di suoi comportamenti alquanto particolari nei confronti dei dirigenti dei vari istituti penitenziari calabresi -:
se e quali iniziative, con urgenza, intenda intraprendere il Ministro a fronte delle affermazioni del dott. Quattrone, per accertare se i comportamenti suesposti del Dirigente Generale dell'Amministrazione Penitenziaria contrastino con il decoro e la moralità che dovrebbero contraddistinguere chi ricopre un ruolo così delicato e importante;
se non ritenga opportuno di dover adottare tutte le misure necessarie al fine di verificare il buon andamento della Pubblica Amministrazione sia in merito ai vari lavori eseguiti nelle carceri calabresi e sia per garantire condizioni di lavoro eque per tutto il personale penitenziario improntate ai principi della trasparenza e dell'efficienza amministrativa.
(4-04256)
SERVODIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la bozza di decreto ministeriale avente per oggetto «l'intervento della Polizia
penitenziaria nell'esecuzione penale esterna» attraverso l'istituzione presso gli Uffici Esecuzione Penale Esterna (UEPE) già Centri di Servizio Sociale Adulti (CSSA) di Nuclei di verifica e controllo, ha suscitato preoccupazione e dissenso fra gli assistenti sociali di quasi tutti gli UEPE d'Italia, il volontariato che opera nella giustizia di ispirazione laica e cristiana (Conferenza nazionale volontariato giustizia), l'Ordine nazionale assistenti sociali, il Coordinamento nazionale assistenti sociali, alcuni sindacati, alcuni magistrati e garanti dei diritti dei detenuti;
numerose sono state le iniziative di mobilitazione attivate, per richiedere di non procedere con la sperimentazione prevista dalla bozza di decreto;
in particolare si rileva il rischio per la connotazione sociale degli UEPE e per il sistema dei Servizi Sociali della Giustizia operante nel settore adulti, dopo oltre 30 anni di attività e nonostante le statistiche e i risultati di diverse ricerche dimostrino che la stessa sia stata svolta, seppur con pochi investimenti, in termini positivi anche rispetto alla ricaduta sulla recidiva e di conseguenza sulla sicurezza dei cittadini;
l'Ordine nazionale degli assistenti sociali, in occasione di un incontro avuto il 16 maggio con i vertici dell'Amministrazione penitenziaria, ha rappresentato e riportato le ragioni e le motivazioni delle preoccupazioni degli assistenti sociali operanti negli UEPE, nonché i rischi insiti nella proposta di decreto ministeriale;
la legge 354 del 1975 e successive modificazioni, all'articolo 47 indica nel servizio sociale la funzione di aiuto-controllo e nello specifico recita: «il Servizio Sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita». La stessa terminologia usata dal legislatore per definire la misura alternativa alla detenzione per eccellenza, l'Affidamento in Prova al Servizio Sociale, dimostra chiaramente come il servizio sociale, con i propri strumenti professionali specifici, sia stato ritenuto soggetto ampiamente titolato nell'ambito dell'esecuzione penale. Anche nel più recente regolamento di esecuzione dell'Ordinamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 n. 230), all'articolo 118 viene chiaramente ribadito come il controllo sui soggetti sottoposti alla misura dell'affidamento sia svolto dal servizio sociale con le proprie modalità professionali: il rispetto delle prescrizioni, che di per sé non garantisce circa la commissione di nuovi reati, è solo una parte del percorso proposto alla persona che è un percorso di sostegno e di responsabilizzazione all'interno del quale l'adeguamento alle prescrizioni è uno strumento e non l'unico obbiettivo;
gli interventi garantiti dagli UEPE, nel corso del trattamento in ambiente esterno, sono diretti ad aiutare i soggetti che ne beneficiano ad adempiere responsabilmente gli impegni che derivano dalla misura cui sono sottoposti. Tali interventi, articolati in un processo unitario e personalizzato, sono prioritariamente caratterizzati: dall'offerta al soggetto di sperimentare un rapporto con l'autorità basato sulla fiducia nella capacità della persona di recuperare il controllo del proprio comportamento senza interventi di carattere repressivo; da un aiuto che porti il soggetto ad utilizzare meglio le risorse nella realtà familiare e sociale; da un controllo, ove previsto dalla misura in esecuzione, sul comportamento del soggetto che costituisca al tempo stesso un aiuto rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni dettate dalla magistratura di sorveglianza; da una sollecitazione a una valutazione critica adeguata, da parte della persona, degli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata, nella prospettiva di un reinserimento sociale compiuto e duraturo. L'enunciato della normativa, pertanto, appare ben chiaro, rispetto al ruolo degli UEPE e del servizio sociale in particolare, soprattutto, va ricordato che è frutto di attenta valutazione sia delle esperienze di
altri paesi, sia del nostro stesso paese, esperienza che ha visto, negli oltre trent'anni di vita dell'ordinamento penitenziario, rafforzarsi in termini quantitativi e qualitativi le misure alternative, con i risultati che da più parti ed in numerosissime occasioni sono stati pubblicizzati;
la bozza di decreto ministeriale non è coerente con quanto l'attuale normativa prevede e con le esperienze collaudate in altri Paesi europei a forte esperienza di Probation (non risultano esperienze europee di compresenza in uno stesso Ufficio della polizia/servizio sociale in cui vengono garantite prestazioni di aiuto-controllo, attraverso l'attività del Servizio Sociale e di controllo/vigilanza attraverso un proprio nucleo di polizia);
l'introduzione della Polizia penitenziaria negli UEPE con funzioni operative nell'ambito degli Uffici è estranea alle previsioni normative. Infatti, l'articolo 72 dell'Ordinamento penitenziario descrive sinteticamente l'attività degli uffici e prevede inoltre che l'organizzazione degli stessi è disciplinata dal regolamento di esecuzione alla legge. È l'articolo 118 del regolamento che descrive analiticamente organizzazione ed attività degli uffici. Sembra superfluo ricordare che il regolamento adottato dal Ministro e previsto dal comma 1 del nuovo testo dell'articolo 72 è norma di livello inferiore al regolamento di esecuzione citato. Circa l'organizzazione, mentre nel regolamento vi è la previsione esplicita di personale non di servizio sociale per attività amministrativa e contabile e la possibile ed eventuale collaborazione di esperti dell'osservazione all'attività specifica di servizio sociale, non solo manca qualsiasi previsione di una possibile attività di controllo di polizia, ma l'attività di controllo è prevista tra quelle proprie del servizio sociale e nel quadro delle specifiche modalità proprie di tale servizio. Inoltre la stessa legge 15 dicembre 1990, n. 395 all'articolo 5 «Compiti istituzionali del corpo di polizia penitenziaria» attribuisce la competenza «assicurare l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale» al comma tre recita: «gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria non possono comunque essere impiegati in compiti che non siano direttamente connessi ai servizi di istituto»;
il controllo dei soggetti sottoposti a misura alternativa è oggi garantito dalle Forze dell'Ordine operanti-presenti-radicate sul territorio, le quali sono (potrebbero sicuramente meglio esserlo, se si favorisse la collaborazione e il coordinamento tra Istituzioni) dei referenti particolarmente significativi, nell'ambito dell'esecuzione penale esterna, proprio perché hanno un punto di vista complessivo sulla situazione delle persone, legato al contesto ambientale che essi presidiano e possono fornire utili elementi di valutazione alla Magistratura di sorveglianza ed agli UEPE, avendo spesso lunga conoscenza dei soggetti e delle loro vicende;
l'assicurare la fiducia della popolazione nella propria sicurezza, vuol dire far sentire la presenza dello Stato sul territorio, secondo un'ottica di prevenzione del crimine ma anche di vicinanza (prossimità) e ascolto. Significa anche offrire ai cittadini un'attenta e costante informazione, sui risultati raggiunti in tema di reinserimento dei soggetti che scontano una pena in misura alternativa. Sapere se è in atto un processo di cambiamento nella persona, se le condizioni all'origine della commissione del reato sono mutate, se vi è qualche probabilità che quella stessa persona non incorra in altro reato, contribuisce ad accrescere la fiducia dei cittadini in uno Stato che è anche in grado di prevenire i reati attraverso il reinserimento sociale -:
quali iniziative intenda adottare per far fronte alle difficoltà in termini di «costi» che deriverebbero dall'attribuzione di nuove competenze alla polizia penitenziaria, sia rispetto agli organici che per i mezzi, strutture organizzative, supporti tecnici;
quali iniziative intenda adottare per far fronte alla difficile situazione degli
organici dell'area sociale per rendere ulteriormente efficace l'attività degli UEPE;
se non ritenga di prendere in considerazione le preoccupazioni innanzi descritte e trovare, all'interno di un progetto complessivo di riforma del sistema delle misure alternative, altri strumenti e soluzioni che permettano di attenuare il rischio di creare contrapposizioni tra operatori;
se non ritenga impegnarsi per superare la previsione di inserire presso gli UEPE i nuclei di polizia penitenziaria e per escludere, tra l'eventuale competenza della polizia penitenziaria sulle misure alternative al carcere, il controllo della misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale (nel rispetto dell'articolo 72 dell'ordinamento penitenziario e dell'articolo 118 del regolamento di esecuzione).
(4-04273)
GASPARRI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 29 giugno 2007 il tribunale di Firenze ha assolto il senatore Achille Totaro ed altri imputati sottoposti a giudizio per aver definito un «assassino» l'uccisore del filosofo Giovanni Gentile, Bruno Fanciullacci;
successivamente Magistratura democratica è intervenuta con un comunicato, a parere dell'interrogante sconcertante, con il quale si critica la sentenza, quasi che questa organizzazione di magistrati fosse una sorta di seconda sede di giudizio;
il giorno seguente le dichiarazioni di Magistratura democratica, diffuse il 1o luglio 2007, il Procuratore capo di Firenze, Ubaldo Nannucci, senza neanche aspettare le motivazioni della sentenza, ha annunciato che la stessa sarà impugnata -:
se non intenda, con riferimento a tale vicenda, adottare le iniziative ispettive di propria competenza.
(4-04276)