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Allegato B
Seduta n. 201 del 10/9/2007
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta orale:
COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con il termine «polveri sottili», si indica una miscela di particelle solide o liquide che, essendo di dimensioni particolarmente ridotte, tende a rimanere sospesa in aria e ad essere trasportata dal vento. Con la sigla «pm10» (particolate matter), in specifico, si indicano le particelle fini, respirabili con un diametro inferiore a 10 micrometri (10 millesimi di millimetro) e, quindi, in grado di penetrare nel tratto superiore dell'apparato respiratorio. La concentrazione delle polveri sottili, al di sopra dei livelli massimi consentiti, comporta, nel caso di esposizione prolungata nel tempo, fenomeni degenerativi e neoplastici, nocivi se non addirittura mortali per i soggetti più deboli, quali anziani e bambini, nonché per quei soggetti che naturalmente soffrono di patologie respiratorie;
quanto più alta è la concentrazione di polveri sottili nell'aria tanto maggiore è l'effetto nefasto sulla salute della popolazione. È, ormai, da tempo, dimostrata la correlazione sussistente tra aria fortemente inquinata e mortalità e, secondo uno studio condotto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni giorno, in Italia, si assiste al decesso di decine di persone, proprio a causa del deterioramento atmosferico;
lo studio condotto dall'OMS su 13 città italiane ha rilevato, in particolare, che le concentrazioni misurate dal 2002 al 2004 sono state tra le più alte in Europa. E così gli impatti sulla salute. Considerando tutte le cause di mortalità legate ad effetti cronici (esclusi gli incidenti), lo studio dimostra che, se il valore medio
annuo di polveri sottili fosse al massimo di 40 μg/mc, si eviterebbero 2.270 decessi, mentre se tale valore scendesse a 20 μg/mc (obiettivo stabilito inizialmente dalla direttiva europea per il 2010) il numero dei decessi risparmiati salirebbe a 8.220;
ai sensi dell'articolo 174 del Trattato europeo, uno degli obiettivi della politica ambientale della Comunità è la promozione, sul piano internazionale, di misure destinate a risolvere i problemi ambientali a livello regionale e mondiale. A tal proposito, la Commissione europea, con Decisione del 14 dicembre 2006, recante «determinazione dei livelli di emissione rispettivamente assegnati alla Comunità e a ciascuno degli Stati membri nell'ambito del protocollo di Kyoto ai sensi della decisione 2002/358/CE del Consiglio» [notificata con il numero C(2006) 6468], ha stabilito i livelli di emissione di Co2 anche per l'Italia;
particolarmente allarmanti risultano i valori inquinanti registrati a Napoli nel corso del monitoraggio ambientale svoltosi nei giorni 14, 15 e 16 marzo del corrente anno. Il PM10 registrato nella capitale partenopea riporta un valore di 104, 103 e 106 (mg/m3) nelle tre giornate di rilevamento, superando così il tetto giornaliero fissato a 50 mg/m3. Eclatanti anche i risultati della concentrazione del benzene nel capoluogo campano: 28,8 mg/m3 è il valore del campionamento personale e 16,4 mg/m3 il rilevamento del campionamento ambientale. Valori altissimi, se si considera che è 8 mg/m3 il limite giornaliero e che è previsto il raggiungimento graduale, entro il 2010, del limite di 5 mg/m3;
a quanto rilevato si aggiunge la critica situazione relativa allo smaltimento dei rifiuti, che comporta un innalzamento delle temperature ed un ulteriore aggravio della situazione ambientale. I risultati derivanti dal rilevamento condotto nella città partenopea e l'allarmante superamento dei parametri del PM10, oltre due volte superiore al limite previsto dalle direttive comunitarie, devono essere un campanello d'allarme per l'attuazione di una seria programmazione strutturale, che porti ad un sostanziale ridimensionamento del traffico privato, principale ostacolo per una mobilità urbana realmente sostenibile;
nel 2005, la Regione Campania ha emanato, in conformità ai dettami normativi di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 1o ottobre 2002, n. 261, il «Regolamento recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell'aria ambiente, i criteri per l'elaborazione del piano e dei programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 351 del 4 agosto 1999», che dovrebbe, in estrema sintesi, qualificare e quantificare le sorgenti inquinanti atmosferiche nell'area presa in esame e definire gli obiettivi relativamente alla qualità dell'aria da assicurare nelle diverse aree del territorio regionale. Il regolamento, altresì, dovrebbe definire le strategie per il raggiungimento della purificazione ambientale tramite la definizione delle priorità, delle responsabilità e della tempistica nonché tramite l'individuazione delle misure amministrative relative alla diffusione del piano strategico -:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di assumere per assicurare l'attuazione degli obiettivi, fissati dalle normative comunitarie ed internazionali, relativi al controllo delle emissioni inquinanti, e per garantire - in particolare nell'area di Napoli e della sua provincia dove già risultano terribili condizioni igieniche ed atmosferiche con grave minaccia per la salute dei cittadini - la gestione e lo smaltimento di tali sostanze in condizioni di sicurezza, eliminando o riducendo le emissioni derivanti dalla produzione di agenti inquinanti tossici anche al fine di evitare possibili ed onerose azioni sanzionatorie da parte dell'Unione europea.
(3-01185)
Interrogazioni a risposta scritta:
PELLEGRINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il corso d'acqua Rio Fergia che si trova in località Boschetto nel territorio tra Nocera Umbra e Gualdo Tadino della Regione Umbria è oggetto di interesse ed eventuale sfruttamento commerciale delle sue risorse idriche da parte delle multinazionali delle acque minerali;
tale utilizzo delle risorse idriche in questi territori si contrappone agli interessi legittimi della popolazione residente negli stessi luoghi;
gli abitanti del Boschetto si sono organizzati in comitati ed associazioni per difendere il Rio Fergia;
la popolazione, infatti, rivendica il diritto di difesa delle acque come bene comune proprio per evitare che le concessioni per lo sfruttamento stesso cessino o che ci possa essere almeno una adeguata regolamentazione;
tale situazione riguarda principalmente il territorio regionale umbro ma ha anche un risvolto nazionale poiché tale sfruttamento di vene idriche va ad influire sul regime di portata del sistema fluviale dell'Italia centrale;
allo stato attuale sono necessarie iniziative a tutela della popolazione e del territorio -:
se il Governo ferma restando l'autonomia regionale intenda assumere provvedimenti di propria competenza per verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e se confermato, ritenga opportuno disporre quanto necessario alla risoluzione del problema per evitare lo sfruttamento delle risorse naturali per motivi prettamente commerciali senza una adeguata tutela ambientale.
(4-04704)
MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
a causa della realizzazione della galleria di Vaglia per l'alta velocità risulta preoccupante lo stato idrico del torrente Carza nei comuni di Vaglia e San Piero a Sieve (Firenze);
il suddetto torrente, coi suoi 70 km quadri di bacino è il maggior affluente della Sieve;
il Garza non riceve più le acque del proprio affluente Carzola che derivano dalle sorgenti di Monte Morello oggi deviate verso Sesto Fiorentino;
ormai sia la presenza ittica nel Carza che la stessa presenza animale lunga le rive dei torrente corre rischi irreversibili;
i lavori per l'alta velocità avrebbero determinato, secondo la denuncia fattane dal settimanale Il Galletto del 1o settembre 2007, la scomparsa di oltre cento chilometri di fiumi nel Mugello -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per evitare un totale stravolgimento dell'equilibrio ambientale e idrogeologico del Mugello.
(4-04718)
CAPEZZONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il tema del risparmio idrico e, più specificamente, del riutilizzo delle acque derivanti da processi di depurazione delle acque reflue ha trovato una sua prima importante normazione negli articoli 25 e 26 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, così come modificato ed integrato dal decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258;
l'articolo 26 del decreto legislativo 152 del 1999 disponeva che per favorire «il riutilizzo delle acque reflue depurate» fosse compito delle Regioni adottare misure nelle quali vengono indicate: a) le migliori tecniche disponibili per la progettazione
e l'esecuzione delle infrastrutture necessarie al riutilizzo; b) le modalità del coordinamento interregionale qualora si presenti l'opportunità del riutilizzo di acque di «grandi impianti di depurazione»; c) gli incentivi e le agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riutilizzo;
con un ritardo di alcuni anni rispetto al previsto, il Ministero dell'ambiente ha emanato nel 2003, con proprio decreto, il regolamento tecnico per il riutilizzo delle acque reflue (decreto 12 giugno 2003, n. 185), che ha, fra i suoi obiettivi primari, il risparmio della risorsa idrica attraverso specifiche forme di riutilizzo delle acque reflue (domestiche, urbane e industriali) che dovrà avvenire «in condizioni di sicurezza ambientale, evitando alterazioni agli ecosistemi, al suolo ed alle colture, nonché rischi igienico-sanitari per la popolazione esposta e comunque nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di sanità e sicurezza e delle regole di buona prassi industriale e agricola»;
il decreto stabiliva le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue;
successivamente, il 3 aprile 2006 veniva approvato il decreto legislativo n. 152 (Norme in materia ambientale), che agli articoli 98 e 99 si occupa di risparmio idrico e riutilizzo delle acque;
ai sensi dell'articolo 99 del citato decreto legislativo, l'allora Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio emanava il 2 maggio 2006 il decreto «Norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue, ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152», che, nuovamente interveniva nel dettare «le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue»;
con comunicato del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2006 si dava avviso dell'inefficacia di diciassette decreti ministeriali ed interministeriali, attuativi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, riguardante: «Norme in materia ambientale, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data 10, 11, 16, 17, 18 e 24 maggio 2006», fra i quali il citato decreto ministeriale 2 maggio 2006;
sulle agenzie di stampa del 18 luglio 2007 compariva una nota del Ministro per l'ambiente che preannunciava l'ennesimo decreto legge sull'utilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura e industria;
il riutilizzo delle acque reflue depurate può essere considerato un espediente innovativo ed alternativo nell'ambito di un uso più razionale della risorsa idrica;
la pianificazione del riutilizzo irriguo dei reflui è argomento che solleva numerose problematiche, dalla definizione della qualità, all'individuazione delle infrastrutture, ai costi, al complesso passeggio della gestione del sistema;
il continuo susseguirsi di modifiche delle normative e dei regolamenti nazionali di riferimento pongono il legislatore regionale e tutti gli operatori nell'impossibilità di svolgere quella corretta ed indispensabile programmazione loro richiesta (collegata anche all'eventuale previsione di incentivi e agevolazioni);
già con il decreto ministeriale 185/2003 si prevedeva, all'articolo 13, che le regioni trasmettessero al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente regolamento, «anche sulla base dei monitoraggi effettuati
ai sensi dell'articolo 7, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999 -:
quali impedimenti stiano ulteriormente ritardando l'emanazione del nuovo decreto ministeriale relativo all'uso delle acque reflue;
se e quali Regioni abbiano inviato i dati conoscitivi e le informazioni previste dai citati decreti ministeriali.
(4-04732)
GERMANÀ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sebbene la cattura di «giovanili di ricciola e di tonno rosso» il cui peso iniziale di circa 150 grammi, può raggiungere rispettivamente 70 chiliper le ricciole e 600 chili per i tonni rossi, sia vietata dalla legislazione vigente, tale pesca viene invece praticata in maniera assidua in Sicilia e in Calabria;
in particolare nella regione Sicilia è stata introdotta una legge che ne vieta la cattura fino al 15 settembre -:
quali siano i controlli effettuati dagli organi preposti, al fine di verificare che l'attuazione della legge esposta in premessa, sia stata effettivamente rispettata in maniera completa da tutti gli operatori del settore come: mercati ittici e pescherie incluso anche la ristorazione;
quale sia infine il numero complessivo delle contravvenzioni, ove fossero state effettivamente accertate in Sicilia, per i trasgressori che spesso continuano a praticare tale pesca, aggravando le già precarie condizioni di molte risorse ittiche che rischiano di scomparire definitivamente dai nostri mari.
(4-04735)
GERMANÀ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il settore ittico sta attraversando un momento di particolare difficoltà a causa della concomitanza di una serie di fattori derivanti, da un lato, dalla politica comunitaria e, dall'altro, da scelte nazionali obiettivamente penalizzanti, con la conseguenza di un continuo ridimensionamento della flotta e del numero di occupati nel settore;
è emerso infatti, in maniera evidente lo scarso impegno del Governo profuso in questi mesi sia a sostegno della pesca italiana nell'ambito dei negoziati a livello comunitario e internazionale, che riguardo alle posizioni assunte in favore della tutela e dell'uso sostenibile delle risorse ittiche a rischio sparizione, nonché della capacità di ristabilire un confronto costruttivo con le Regioni;
in particolare in Sicilia una delle cause del depauperamento delle risorse ittiche è stata individuata in tutti i piani triennali della pesca a strascico e dalla mancanza di adeguati piani di controlli e di prevenzione-:
quali siano i controlli effettuati dagli organi preposti nel tratto di mare tra Gioiosa Marea e Capo d'Orlando nella provincia di Messina, in considerazione che in tali zone marine al termine delle mareggiate le imbarcazioni riescono a pescare anche a 7-8 metri di profondità;
se non ritenga opportuno istituire una linea telefonica attraverso un numero verde per denunciare chi pratica la pesca a strascico, al fine di rendere più incisivo il sistema di controllo e monitoraggio e conseguentemente sostenere maggiormente l'azione delle Capitanerie di porto.
(4-04736)