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Allegato B
Seduta n. 220 del 9/10/2007
TESTO AGGIORNATO AL 10 OTTOBRE 2007
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro del commercio internazionale, per sapere - premesso che:
dalle notizie di stampa che riescono a filtrare, nonostante la censura operata dal regime militare del generale Than Shwe nella ex-Birmania (oggi denominata «Myanmar»), le proteste pacifiche iniziate il 19 agosto 2007 e guidate dai monaci buddisti in sostegno della libertà e democrazia sono state brutalmente represse. Giungono voci di atrocità di ogni tipo, di torture, rastrellamenti, utilizzo di fosse
comuni e di forni crematori per far sparire i cadaveri, rendendo automaticamente impossibile l'esatta quantificazione delle vittime;
da agenzie di stampa di questi giorni si è appreso, inoltre, che la protesta degli abitanti di Rangoon, proseguita con il lancio di pietre contro i militari, è stata repressa in taluni casi con l'arresto dei sospetti, in altri con l'arresto dei loro familiari e tra questi anche di bambini;
secondo quanto riportato dall'inviato speciale dell'ONU, Ibrahim Gambari, che ha riferito il 6 ottobre 2007 davanti al Consiglio di Sicurezza sull'esito della sua missione in Birmania, i dati forniti dalla Giunta militare informano che un «totale di 2095 persone arrestate nel corso delle dimostrazioni sono state rilasciate, tra cui 728 monaci». Tuttavia, dalle notizie fornite dagli oppositori al regime alla stampa internazionale si parla di cifre ben più alte, nell'ordine di migliaia di detenuti e di centinaia di vittime;
l'inviato ONU Gambari, sottolineando la necessità che il «processo di riconciliazione, più urgente che mai, deve essere accelerato», ha richiesto il rilascio di tutti i detenuti politici «senza ulteriori esitazioni», quale inizio del necessario cambiamento «per superare la crisi attuale, ma anche per risolvere» la situazione in generale, che «rischia di avere gravi ripercussioni internazionali»;
in un articolo pubblicato su Internazionale del 28 settembre 2007, Aung Zaw, direttore di Irrawaddy, mensile fondato nel 1992 da un gruppo di birmani in esilio, afferma che, a fronte delle pressioni da parte della comunità internazionale sulla Giunta militare birmana affinché sia riportata la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel paese, «i paesi vicini alla Birmania invece tacciono». Aggiunge inoltre che «davanti la retorica del mondo esterno, il regime è convinto di poter continuare a ignorare le critiche di una parte della comunità internazionale. Questa sua convinzione è rafforzata dall'atteggiamento della Cina, dell'India e di altri vicini più piccoli, il cui desiderio di continuare a sfruttare le risorse naturali della Birmania supera ogni preoccupazione per i brutali metodi repressivi usati dalla giunta. La Cina sostiene attivamente la dittatura di Rangoon e nel 2006 si è alleata con la Russia per far cadere la proposta degli Stati Uniti di discutere la situazione birmana nel Consiglio di sicurezza Onu. L'India ha rinnegato la sua fama di più grande democrazia del mondo adulando i generali per ottenere la fornitura di gas birmano e vendere armi al regime»;
a tale proposito, in un articolo pubblicato sul Il Sole 24ore il 12 agosto 2007, il premio nobel per l'economia, l'indiano Amartya Seri, ha criticato duramente il suo paese non più considerato quale guida morale, ma al contrario contraddistinto da un «vuoto etico quasi assoluto del nostro pensiero sul mondo che pare l'esito inevitabile delle priorità stabilite da un'economia di mercato»;
nel corso di una sessione speciale del Consiglio dei diritti dell'uomo a New York che ha avuto luogo il 2 ottobre 2007, l'India, pur non condannando apertamente la repressione delle manifestazioni pacifiche, per la prima volta, ha chiesto alla Giunta militare la liberazione della leader dell'opposizione e premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi;
sulla base della relazione dell'inviato ONU Gambari, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrà stabilire quali misure ed eventuali sanzioni applicare alla ex-Birmania (Myanmar);
secondo quanto riportato da agenzie di stampa del 9 ottobre 2007, la Cina si oppone ad ogni tipo di forte pressione contro l'alleato Myanmar. Le sanzioni e ogni tipo di pressione contro la giunta, dopo la violenta repressione effettuata dal regime per sopprimere le proteste dei monaci buddisti a Rangoon e nelle altre città del Paese, potrebbero solo aumentare le tensioni. «Sanzioni e pressioni non aiutano a risolvere i problemi (nel Myanmar)», ha spiegato il portavoce del Ministero
degli Esteri, Liu Jianchao. La Cina, grande alleata del governo militare del Myanmar e sua «protettrice» alle Nazioni Unite, sta portando avanti degli sforzi volti ad abbassare le risoluzioni prese dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu;
in un'intervista pubblicata sull'inserto de La Repubblica, Affari &Finanza dell'8 ottobre 2007, il Ministro del commercio internazionale Emma Bonino ha dichiarato che «inasprire le sanzioni verso il regime birmano, cosa che ci accingiamo a fare nell'Unione Europea nei prossimi giorni, è una decisione politicamente necessaria ma non di grande efficacia. Finché altre potenze asiatiche, a partire da Cina, India e Giappone non parteciperanno alle sanzioni, il flusso commerciale e finanziario occidentale sarà semplicemente sostituito da nuovi partner. Più utile è costruire rapporti duraturi e amichevoli con i paesi»;
nel corso di una conferenza stampa, tenuta l'8 ottobre 2007 ad Hanoi in Vietnam, il Ministro degli esteri Massimo D'Alema ha dichiarato che «l'Unione europea sta mettendo a punto una serie di misure efficaci per indurre la giunta militare birmana a porre fine alla repressione e convincerla al dialogo con l'opposizione»;
il 15 ottobre 2007 è prevista la riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione Europea nell'ambito del CAGRE (Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne), durante la quale dovrebbero essere approvate una serie di misure e di strumenti atti a dirimere la situazione birmana;
diverse aziende europee, tra le quali circa 350 italiane, così come denunciato dal rapporto CISL presentato a Padova lo scorso 4 ottobre 2007 dal Segretario generale Raffaele Bonanni, investono ed importano dalla Birmania, nonostante l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) abbia più volte ribadito, attraverso molteplici risoluzioni, la necessità di sospendere qualsiasi rapporto commerciale con questo paese, per evitare che si possa trarre profitto nel perpetuare o sviluppare il sistema del lavoro forzato;
tra le imprese citate nel rapporto CISL, ne figurano alcune che espongono le certificazioni di conformità FSC per la rintracciabilità di prodotti provenienti da risorse gestite correttamente dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, codici etici di adesione e rispetto dei diritti umani in conformità con la Dichiarazione delle Nazioni Unite o codici di comportamento legati alla Dichiarazione dei diritti del fanciullo, alla Dichiarazione dei diritti umani e alla convenzione OIL dichiarando di rispettare valori etici e sociali -:
quali iniziative il Governo intenda promuovere al Consiglio di Sicurezza dell'ONU e quali siano le proposte che il Governo intenda presentare nella riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea al CAGRE, in programma il 15 ottobre 2007, nell'ambito delle azioni che l'Unione Europea adotterà nei confronti del regime birmano, al fine di promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel paese;
quali misure il Governo intenda adottare al fine di rendere pienamente efficace l'applicazione delle risoluzioni OIL riguardanti i rapporti commerciali con la birmania, e più in generale quali azioni intenda intraprendere al fine di verificare la veridicità delle certificazioni etiche adottate dalle aziende.
(2-00779)
«Boato, Bonelli, Balducci, Cassola, De Zulueta, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Trepiccione, Zanella».
Interrogazioni a risposta scritta:
TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Procedura per la stipula di un'intesa tra una confessione religiosa e lo Stato italiano prevede, tra l'altro, che il Presidente del Consiglio dei ministri affidi l'incarico di condurre le trattative con le rappresentanze delle Confessioni religiose al sottosegretario-Segretario del Consiglio
dei ministri che si avvale della «Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose» affinché essa predisponga la bozza di intesa unitamente alle delegazioni delle Confessioni religiose richiedenti. Su tale bozza d'intesa esprime il proprio preliminare parere la «Commissione consultiva per la libertà religiosa».
la «Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose» composta da: professore Francesco Pizzetti, Presidente; Rappresentanti dei seguenti Ministeri: Presidenza del Consiglio dei ministri, interno, giustizia, economia e finanze - dipartimento ragioneria, economia e finanze - agenzia delle entrate, difesa, pubblica istruzione, università e ricerca, beni e attività culturali, salute;
la «Commissione consultiva per la libertà religiosa» è composta da: professore Francesco Margiotta Broglio, Presidente; professore Carlo Cardia, professore Giovanni Long, professore Giorgio Pastori, professore Francesco Pizzetti professore Giorgio Sacerdoti -:
se sia conoscenza o, in caso contrario, se intenda verificare se vi siano membri di dette Commissioni che abbiano svolto o svolgano attività di consulenza retribuita a favore di confessioni religiose che godano di intese: approvate con legge ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione; firmate e non approvate con legge; avviate in vista della conclusione dell'intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione;
se non ritenga che una eventuale consulenza retribuita costituisca un patente conflitto di interessi e, in caso affermativo, quali provvedimenti intenda assumere.
(4-05159)
HOLZMANN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
le trasmissioni radiofoniche ad onde corte, da parte della RAI, costituiscono un valido mezzo per raggiungere i numerosi italiani che vivono nei paesi di tutti i continenti;
da oltre settanta anni la RAI utilizza queste frequenze per diffondere determinati programmi in tutto il mondo;
dal 3 ottobre scorso la RAI ha cessato le trasmissioni in onde corte, determinando un vuoto di informazioni difficilmente colmabile con altri sistemi -:
se la Convenzione vigente consenta la dismissione delle trasmissioni in onde corte e quali urgenti iniziative intendano assumere nell'ambito delle proprie competenze, affinché sia ripristinata la diffusione di trasmissioni radiofoniche ad onde corte da parte della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
(4-05169)