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Allegato B
Seduta n. 223 del 15/10/2007
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
CACCIARI, DURANTI e PERUGIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'area di crisi ambientale di Brindisi, che è pure sito inquinato di interesse nazionale, sono insediate la centrale ENEL
a carbone di Cerano da 2.560 MW, la più grande d'Italia, la centrale Edipower ex ENEL a carbone da 640 MW con progetto di aggiunta di ciclo combinato da 430 MW e la centrale a ciclo combinato Edipower da 1.170 MW, con emissioni inquinanti in ampia violazione dei limiti globali posti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998 «Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Brindisi»; nell'area sono presenti pure 7 impianti a rischio di incidente rilevante, uno dei pochi inceneritori di rifiuti speciali d'Italia, una delle due discariche di rifiuti speciali pericolosi d'Italia; sulla base di decreto autorizzativo del 2003 il cui procedimento di sospensione è in corso dal 6 agosto 2007, nell'area è in progetto pure la realizzazione di un rigassificatore, oggetto di procedura comunitaria di infrazione che ha già superato le fasi della messa in mora e del parere motivato a carico della Repubblica italiana, in area peraltro attualmente sottoposta a sequestro preventivo per comportamenti penalmente rilevanti confessati e ampiamente ricostruiti dalla Magistratura;
è attualmente in corso l'istruttoria per la concessione dell'Autorizzazione Integrata Ambientale di molti degli impianti industriali suddetti, tra i quali la centrale ENEL a carbone di Cerano;
la caratterizzazione ambientale della zona agricola compresa nella fascia di terreno larga 100 m, estesa su entrambi i lati dell'asse policombustibile attrezzato di 12 km a servizio della centrale termoelettrica ENEL di Cerano, e nella fascia di 300 m intorno alla stessa centrale, ha messo in evidenza che dei 243 punti indagati ben 230 mostrano una contaminazione oltre i limiti di legge da metalli (stagno, berillio e arsenico, vanadio, cobalto, rame, cadmio, mercurio e nichel) e che anche le acque sotterranee sono in uno stato di contaminazione oltre i limiti di legge da manganese, nichel, selenio e idrocarburi;
in via cautelativa il 28 giugno 2007 è stata conseguentemente emessa ordinanza sindacale di divieto di coltivazione delle aree agricole suddette limitrofe agli impianti ENEL, con obbligo di distruzione delle colture erbacee e dei frutti pendenti, con grave allarme, tensione e danno in territorio a vocazione agricola;
con nota prot. 129454 del 9 luglio 2007, la Provincia di Brindisi ha chiesto che tale disastro ambientale ufficialmente riscontrato sia posto al centro dell'istruttoria dell'Autorizzazione Integrata Ambientale della centrale ENEL a carbone di Cerano; insieme con i 93 superamenti del limite di legge della media giornaliera di PM 10 (rispetto ai 35 sconfinamenti annui consentiti dalla legge) segnalati nel 2006 dalla centralina pubblica di Torchiarolo, comune agricolo di 5.000 abitanti, il più vicino alla centrale; insieme con lo scarico di 3 miliardi di tonnellate di acque calde ogni anno nelle sempre più calde acque del Mare Adriatico; insieme con i 6,5 milioni di tonnellate di carbone scaricate ogni anno da nave nel porto di Brindisi, oltre al milione e mezzo di tonnellate per la centrale Edipower; e altro ancora;
l'articolo 7 del decreto legislativo n. 59/2005 dispone che «l'autorizzazione integrata ambientale di attività regolamentate dalle norme di attuazione della direttiva 2003/87/CE contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all'allegato I della direttiva 2003/87/CE, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale»;
con la stessa nota prot. 129454 del 9 luglio 2007, dunque, la Provincia di Brindisi ha chiesto che in sede di Autorizzazione Integrata Ambientale venga posto per l'impianto il divieto di acquisto di quote di CO2 sul mercato con riferimento al Piano Nazionale di Assegnazione - ex decreto 18 dicembre 2006 - che già assegna all'impianto quote di CO2 in diminuzione da 13.341.535 ton nel 2008 a 10.169.341 ton nel 2012 rispetto alle quasi 15 milioni di tonnellate di CO2 attualmente emesse (massima fonte nazionale); tale limitazione delle emissioni di CO2 alle quote assegnate si ritiene possa infatti
determinare una riduzione della produzione - o una conversione a combustibile meno produttivo di emissioni quale il gas - tale da ridurre apprezzabilmente l'impatto ambientale della centrale, cosa ormai indifferibile per il disastro ambientale riscontrato;
con precedenti note prot. 199695 del 24 novembre 2006 e prot. 6674 dell'11 gennaio 2007, la Provincia di Brindisi ha chiesto come condizione per la concessione della Autorizzazione Integrata Ambientale la copertura dell'immenso parco carbone (in relazione anche all'obbligo di applicazione delle migliori tecnologie disponibili) e la realizzazione a spese ENEL/Edipower di molo combustibili dedicato nel porto esterno di Brindisi per liberare le banchine un tempo destinate a traffici mercantili e oggi asservite alla logistica del carbone; rispetto al parco carbone l'ENEL ha avviato iter amministrativo e relativamente al molo combustibili ha dichiarato una disponibilità di massima -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere circa le richieste dell'Amministrazione Provinciale, con riferimento all'Autorizzazione Integrata Ambientale in corso di istruttoria per la Centrale ENEL a carbone di Cerano, in particolare circa l'impostazione della stessa sulle gravissime criticità ambientali già rilevate, e da ulteriormente approfondire e se, per il rispetto degli obblighi nazionali di riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti, sia intenzione del Ministro, nella logica dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 59/2005, partire dalla riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti prodotte dagli impianti più inquinanti.
(5-01598)
MARIANI e VICO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la normativa nazionale vigente relativa ai valori di emissione per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti, quali gli impianti di agglomerazione del ferro, è il decreto legislativo 152 del 2006. In particolare, per quanto attiene talune sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, tra esse le diossine, l'allegato I, parte I, paragrafo 1.2, del citato decreto ha stabilito il valore di emissione anche per le diossine, pari a 0,01 mg/Nm3;
il suddetto paragrafo 1.2 dell'allegato I, parte I, del decreto legislativo 152 del 2006, è l'integrale trasposizione del corrispondente paragrafo dell'abrogato decreto ministeriale 12 luglio 1990, concernente le «Linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione»;
nell'ambito degli impegni sottoscritti con l'Atto di Intesa tra Regione Puglia, Enti locali, parti sociali e Ilva, è stata effettuata una campagna di rilevazione delle diossine emesse dall'impianto di agglomerazione dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, a conclusione della quale sono state determinate, per la prima volta, le concentrazioni di diossine presenti nei fumi di detto impianto;
tale campagna di rilevazione è stata effettuata seguendo la più evoluta norma tecnica UNI EN 1948:2006, la quale prende in esame la concentrazione del totale dei 17 congeneri pericolosi di diossine e non quella relativa all'insieme di tutti i 210 congeneri di diossine (pericolosi e non);
il risultato così ottenuto, ancorché di entità minima rispetto al valore di emissione imposto dal decreto legislativo 152 del 2006, ha posto in evidenza l'impossibilità di raffrontare compiutamente il livello delle diossine misurate (concentrazione totale dei 17 congeneri pericolosi) con il citato limite di legge (0,01 mg/Nm3);
tale questione è stata, peraltro, prospettata dal Presidente della Regione Puglia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota del 21 settembre 2007, anche in riferimento all'attività in corso per il rilascio allo
stabilimento siderurgico di Taranto dell'Autorizzazione Integrata Ambientale;
d'altro canto, è inesistente la fissazione di valori limite di emissioni per gli impianti di che trattasi da parte dell'Unione europea, nonché il quadro normativo dei singoli Stati membri U.E. è assolutamente non omogeneo sui valori limite di emissione di diossine adottati per gli impianti industriali esistenti, variando da valori molto cautelativi di 0,4 ngTEQ/Nm3 (Germania), a limiti ben più elevati, sino a 9 ngTEQ/Nm3, ed anche non fissazione di valori limiti di emissione;
nel contesto legislativo, nazionale ed europeo, sopra descritto si inserisce, anche, il Protocollo sugli inquinanti organici persistenti, approvato dal decisione del Consiglio europeo in data 19 febbraio 2004. Protocollo ratificato anche dall'Italia, con legge n. 125 del 2006;
in particolare, in forza dell'articolo 3, paragrafo 5, lettera a) del Protocollo di che trattasi, si deve ridurre le emissioni totali annue di ognuna delle sostanze di cui all'allegato III (diossine) rispetto al livello di emissioni rilevate in un anno di riferimento stabilito conformemente a tale allegato (1990, o altro anno a scelta, dal 1985 al 1995), adottando misure efficaci ed adeguate alla propria situazione specifica;
a tal fine, ai sensi del successivo paragrafo 5, lettera b), si deve applicare entro i termini indicati nell'allegato VI (otto anni dalla ratifica per gli impianti esistenti) le migliori tecniche disponibili, tenendo conto dell'allegato V (migliori tecniche disponibili delle emissioni di inquinanti organici persistenti), a ciascuna fonte fissa esistente, nella misura in cui ciò sia tecnicamente ed economicamente fattibile;
tuttavia, lo stesso Protocollo, nell'allegato IV, relativamente ai valori limite di emissione di PCDD/PCDF provenienti da grandi fonti fisse, ha fissato i valori limite delle diossine solo per gli inceneritori e non anche per tutti gli altri impianti;
peraltro, occorre aggiungere che il successivo paragrafo 7 precisa che «se dopo l'applicazione del paragrafo 5, lettera b), [migliori tecniche disponibili] una parte non è in grado di conformarsi al disposto del paragrafo 5, lettera a), essa viene esonerata dagli obblighi di cui al paragrafo 5, lettera a) [riduzione delle emissioni totali annue]»;
si fa comunque presente che la stessa norma, che, essendo stata adottata da 21 paesi membri, è operativa anche in Italia, stabilisce che le emissioni di diossine debbano essere misurate in termini di tossicità equivalente, principio in evidente contrasto col decreto legislativo 152 del 2006 -:
quali provvedimenti e/o iniziative di propria competenza intenda adottare, sia in ambito nazionale sia presso le competenti sedi dell'Unione europea, per correggere le carenze normative in tema di valori limiti di emissione delle diossine da grandi impianti industriali esistenti.
(5-01599)
STRADELLA e PELINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 22 agosto del 2006 in località Isola Gran Sasso (Teramo) un costone di roccia si staccò a quota 2.700 metri dalla parete nord del corno grande del Gran Sasso provocando un movimento di trentamila metri cubi di pietre e rocce, per un fronte di 80 metri di larghezza e modificando per sempre l'aspetto della parete nord del Gran Sasso («Paretone») e in detta occasione una nuvola di detriti avvolse Casale San Nicola, paese alla pendici della montagna, fenomeno avvistato anche da parecchi automobilisti che percorrevano la A4;
ad un anno dal preoccupante evento franoso, il Gran Sasso continua a perdere pezzi in un fenomeno di assestamento continuo e costante e nonostante l'opera di geologi, di esperti dell'Imont, allertati dalla protezione civile - che avrebbero dichiarato, come da notizie di stampa, che «non
sembra ci siano masse instabili di materiale roccioso» e che «la caduta dei massi, comunque, è sempre difficile da prevedere» - per studiare il fenomeno, non è stato fatto nulla dal Governo, né per installare opportuna segnaletica stradale né per il reperimento di fondi, tant'è che non è dato sapere se la situazione di pericolo, già avveratasi l'anno scorso, sia effettivamente cessata;
occorre con urgenza acclarare se ci sono i presupposti per il ripetersi della mancata tragedia del 22 agosto del 2006, giorno in cui la frana che si staccò dal paretone nord del Gran Sasso, causando finanche la chiusura del traforo al traffico, visto che il movimento di erosione del rilievo seguita a verificarsi, probabilmente accelerato dai cambiamenti climatici, come riportato da interviste a geologi della provincia di Teramo nei quotidiani locali, secondo i quali il movimento franoso ha avuto inizio sin dalla fine del XIX secolo, con una frana considerata la più grande del Gran Sasso;
sui fenomeni franosi che interessano il Gran Sasso è attesa per fine settembre 2007 la pubblicazione degli atti del convegno organizzato lo scorso anno dalla sezione amana dei Cai;
è urgente ed improcrastinabile acclarare con risultati scientifici certi la portata del fenomeno erosivo del Gran Sasso, onde prevenire e scongiurare altri crolli, visto che il materiale roccioso della scorsa frana si è depositato parte lungo l'impluvio e parte alla base del canale dove parrebbe essersi stabilizzato e visto che ad oggi non v'è alcuna segnaletica di pericolo -:
quali misure di competenza intenda adottare il Ministro per acclarare la situazione geologica del distacco franoso in essere presso il paretone del Gran Sasso in tempi immediati, per scongiurare una situazione di pericolo ai danni della collettività e per consentire alle autorità locali di ripristinare o seguitare ad interdire le attività a valle del movimento franoso, nonché per favorire la programmazione di interventi di difesa del suolo e di tutela dal dissesto idrogeologico, anche reperendo i necessari stanziamenti.
(5-01600)
DE ANGELIS. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Giunta Regionale della Campania, con atto n. 3818, del 30 giugno 1979, approva il Piano di Zona di Pogerola di Amalfi, già approvato con delibera comunale n. 24 del 4 aprile 1977;
negli anni ottanta nella vallata di Pogerola vengono realizzati enormi sbancamenti di terra ed insediamenti edili per circa 200 alloggi realizzati da quattro cooperative - Amalfi 75, Parco dei Fiori, Orizzonte e Nuova Amalfi, - di cui 150 sono stati ultimati, mentre due fabbricati risultano ancora da terminare;
in seguito alle numerose denunce delle associazioni ambientaliste ed alle molteplici interrogazioni parlamentari che si susseguono negli anni - che hanno evidenziato l'alto rischio idrogeologico della zona, individuata come zona rossa dall'Autorità di Bacino Destra Sele e riportata con il massimo grado di pericolosità frane (P4) e con il massimo grado di rischio frane (R4) - è intervenuta l'autorità giudiziaria che si è pronunciata, in via definitiva, con sentenza della suprema Corte di cassazione in data 12 gennaio 1996, con la quale la variante al P.E.E.P., voluta dall'amministrazione comunale dell'epoca e approvata con delibera il 12 settembre 1986, viene dichiarata illegittima, confermando le responsabilità penali degli allora amministratori comunali di Amalfi relativamente al rilascio delle concessioni edilizie alle cooperative già menzionate;
nel 1997, su incarico del Ministro dell'ambiente, l'Anpa redige una relazione sulla situazione della valle di Pogerola evidenziando come la zona prima dei massicci sbancamenti, era in una situazione idrogeologica tranquilla e che in seguito alle attività edili l'intero sito è divenuto ad alto rischio idrogeologico;
la menzionata relazione induce il Ministro dell'ambiente pro tempore Edo Ronchi ad indirizzare propria nota alle amministrazioni interessate nella quale invita il Sindaco di Amalfi ad emettere «... ordinanza di demolizione degli edifici privi di concessione edilizia secondo il disposto degli artt. 4 e 7 della legge 47 del 1985» (attualmente contenuti rispettivamente negli artt. 27 e 31 del decreto del Presidente della Repubblica 6-6-2001 n. 380) e sollecitando il Presidente della Regione Campania a porre in essere «l'esercizio dei poteri sostitutivi a Lei riservati»;
attualmente nessun intervento è stato predisposto dalle autorità competenti e gli scheletri di due edifici non ultimati sono ancora ben visibili sul posto -:
se sia a conoscenza dei fatti riportati dall'interrogante e se intenda intervenire per garantire, per quanto di competenza, l'osservanza della normativa sulla tutela ambientale, al fine di garantire l'area di cui in premessa dal grave rischio idrogeologico causato dalla costruzione dei fabbricati privi delle regolari concessioni edilizie.
(5-01601)
FOTI e RAMPELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 della legge n. 349 del 1986 e successive modificazioni prevede che le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni siano individuate con decreto del Ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna;
in attuazione di tale normativa risultano riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (vedi www.minambiente.it, link associazioni di protezione ambientale riconosciute) 72 associazioni di protezione ambientale che operano, a vario titolo, su scala nazionale;
non esiste, al di fuori delle disposizioni contenute nella citata legge, una normativa specifica che regolamenti i criteri a cui deve ispirarsi l'attività posta in essere da tali associazioni, né tanto meno che indichi i requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere a qualsiasi forma di finanziamento statale;
ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge n. 549 del 1995, spetta al Ministero competente indicare la ripartizione delle risorse finanziarie da erogare ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, tra i quali dovrebbero rientrare, per l'appunto, anche le associazioni che qui interessano;
l'erogazione di risorse finanziarie da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle associazioni ambientaliste riconosciute e non, deve configurarsi non come l'assegnazione di contributi, ma come controprestazioni a titolo oneroso a fronte di prestazioni di servizi previste da convenzioni o accordi di programma;
appare opportuno, per ragioni di massima trasparenza, che il Parlamento conosca l'entità dei fondi statali riconosciuti alle associazioni ambientaliste;
non vi sono notizie ufficiali circa l'ammontare complessivo delle somme assegnate alle predette associazioni nell'anno 2006 da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
non è noto quali siano le somme corrisposte dal Ministero alle singole associazioni ambientaliste riconosciute nell'anno 2006, nonché se e quali siano le associazioni ambientaliste non riconosciute che hanno ricevuto fondi statali nell'anno 2006 -:
se il Ministro intenda rappresentare quale sia l'ammontare dei finanziamenti ricevuti nell'anno 2006 dalle associazioni ambientaliste riconosciute per la partecipazione ad iniziative poste in essere dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con particolare riferimento alle iniziative di comunicazione ambientale e
di tutela e salvaguardia dell'ambiente, nonché se vi sia stata, nel corso dell'anno 2006, la partecipazione finanziaria del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ad iniziative in campo ambientale poste in essere dalle citate associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi della legge in premessa evocata.
(5-01602)
ADOLFO, ROMANO e MEREU. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è, fin dalla sua costituzione, Parte Contraente della Convenzione di Barcellona, lo strumento giuridico del Piano d'Azione Mediterraneo, ratificata nell'ordinamento italiano il 3 febbraio 1979 e resa esecutiva con la legge 27 maggio 1999, n. 175;
il Piano d'Azione Mediterraneo del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP/MAP) è nato con l'obiettivo di proteggere l'ambiente marino e costiero della regione mediterranea, di valutarne e controllarne l'inquinamento, di preservarne la biodiversità e di promuoverne uno sviluppo sostenibile;
a Palermo ha sede dal 1993 il Centro Regionale di Attività per l'Informazione e la Comunicazione della Convenzione di Barcellona (INFO/RAC-MAP); che con il suo operato e le attività finora svolte ha offerto importanti benefici in favore delle istituzioni italiane in aree strategiche del paese ed ha ricevuto, tra l'altro, il plauso ed i riconoscimenti di tutta la comunità internazionale;
nel corso della riunione ordinaria delle Parti Contraenti, svoltasi nel novembre del 2005 in Slovenia, il Capo della Delegazione italiana ha regolarmente depositato all'UNEP le credenziali del Governo italiano, convalidandone la partecipazione a norma di regolamento;
in particolare il Governo ha approvato le Raccomandazioni ed il Programma di Budget 2006-2007 e ha deliberato un impegno economico di 2 milioni di euro per il funzionamento e la realizzazione delle attività 2006-2007 dell'INFO/RAC-MAP di Palermo;
a circa due anni dagli impegni assunti, tuttavia, e nonostante i ripetuti appelli formali della comunità internazionale e della regione Siciliana, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha erogato solo 160 mila euro dei 2 milioni impegnati;
due importanti organismi della stessa Convenzione di Barcellona, i Punti Focali Nazionali ed il Bureau delle Parti Contraenti hanno esortato le competenti autorità italiane a dar seguito alle decisioni e alle responsabilità assunte;
il ritardato trasferimento dei fondi sta producendo forti ripercussioni internazionali negative sull'immagine dell'Italia e della Sicilia mentre il Centro sta attraversando una fase di criticità amministrativa con diversi enti pubblici e privati, nazionali ed internazionali e lo stesso personale del Centro composto da 15 persone, sta continuando a prestare la propria opera senza retribuzione da più di un anno;
questo accade mentre il prossimo gennaio in Spagna si terrà la 15a Riunione Ordinaria delle Parti Contraenti la Convenzione di Barcellona -:
se non ritenga di attivarsi in tempi rapidi al fine di autorizzare il rapido trasferimento al Centro della parte rimanente dei fondi approvati dando attuazione agli impegni e alle responsabilità assunte in sede internazionale dal nostro Paese, senza dei quali il Centro è destinato a non poter svolgere la sua preziosa funzione.
(5-01603)
DUSSIN, FUGATTI, FAVA, BRIGANDÌ e ALLASIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 185, comma l, lettera e) del decreto legislativo n. 152 del 2006 esclude
dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti «le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle pratiche agricole ed in particolare i materiali litoidi o vegetali e le terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole o di conduzione dei fondi rustici, anche dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli che riducano i carichi inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza»;
da informazioni a disposizione degli interroganti, sembrerebbe che alcune Regioni considerano come rifiuto la pollina utilizzata ai fini della pirogassificazione, e conseguentemente applicano anche alla pollina la disciplina dei rifiuti;
tale interpretazione e le conseguenze burocratiche del caso rischiano di mettere in difficoltà centinaia e centinaia di imprese avicole che si vedono ostacolate nello smaltimento della pollina;
inoltre le ditte che mirano ad impiegare la pollina tramite pirogassificazione si vedono costrette a presentare la documentazione necessaria per ottenere l'autorizzazione al trattamento dei rifiuti, prevista dalla D.G.R. 6 agosto 2002 n. 7/10161 integrata dai contenuti dalla D.G.R. n. 11045/02;
tali difficoltà mettono in pericolo il corretto smaltimento o recupero della pollina, rischiando di compromettere il territorio -:
quale sia l'interpretazione del Ministro sull'applicazione o meno della disciplina dei rifiuti nell'utilizzo della pollina ai fini della pirogassificazione e cosa intende fare, per quanto di Sua competenza, per consentire lo smaltimento della pollina nel modo più funzionale possibile al settore avicolo, senza mettere in difficoltà gli allevatori.
(5-01604)
DI GIOIA e MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è passato quasi un anno dall'approvazione della scorsa legge finanziaria, in occasione della quale fu accolto un ordine del giorno, il 9/01746-bis-b/032, incentrato al sostegno di un utilizzo delle risorse idriche più attento all'ambiente e alla tutela del territorio, a partire dall'utilizzo agricolo;
nel suddetto ordine del giorno il Governo si impegnava, entro un anno, ad adottare alcune misure volte ad un utilizzo più razionale della risorsa idrica -:
quali siano stati ad oggi i principali obiettivi raggiunti in questa materia e quali gli impegni futuri che il Governo intende prendere affinché il risparmio idrico si attuato in ogni settore.
(5-01605)