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Allegato B
Seduta n. 232 del 26/10/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BRANDOLINI e PEDULLI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
nel tratto appenninico romagnolo della superstrada E/45 (Orte-Ravenna) sono da tempo aperti diversi cantieri per l'adeguamento e la messa in sicurezza dell'importante arteria che determinano ingenti problemi alla viabilità con notevoli disagi per la popolazione locale per il continuo dirottamento del traffico sulla strada provinciale;
nonostante le ripetute sollecitazioni i cantieri continuano a procedere con eccessiva lentezza dovuta ad un impiego di manodopera che a detta dell'interrogante, del tutto inadeguato;
sono bastati pochi giorni di maltempo per ridurre il manto stradale in condizioni pietose fino al punto di trasformare l'arteria, nella tratta Sarsina-Canili di Verghereto, in un vero e proprio percorso di guerra, aumentandone - se possibile - la pericolosità;
l'ufficio di presidenza della Comunità Montana dell'appennino cesenate si è fatto interprete della accresciuta preoccupazione della popolazione attraverso un appello al Governo, Regione ed ANAS per sollecitare un immediato intervento - finalmente risolutivo - del grave problema strutturale rimasto irrisolto per troppo tempo -:
quali misure intende adottare per assicurare condizioni di sicurezza adeguate, tenuto conto dell'importanza nazionale della superstrada E/45, ed in particolare;
se sono previsti lavori di somma urgenza per fronteggiare l'emergenza venutasi a determinare a causa del maltempo;
come si intenda intervenire concretamente per accelerare il completamento dei lavori in tutti i cantieri aperti;
quali interventi sono previsti per il completamento dell'adeguamento e della messa in sicurezza dell'intero tratto appenninico.
(4-05099)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Sull'itinerario di collegamento tra la strada statale 3 «Tiberina» e la E45, l'ANAS S.p.A. ha avviato un programma di interventi con l'obiettivo di adeguare la carreggiata stradale alla sezione omogenea ex C.N.R. Tipo III e recuperare le strutture ammalorate nonché di garantire un adeguato livello di servizio della strada e la sicurezza della circolazione.
Alcuni degli interventi di nuove costruzioni sono già stati intrapresi e si trovano in avanzato stato di esecuzione oppure sono di prossima attivazione poiché già finanziati.
In merito, l'ANAS ha trasmesso un dettagliato prospetto tecnico recante la situazione
delle opere attualmente in corso (Allegato 1 disponibile, come i successivi, presso il Servizio Assemblea).
L'ANAS ha altresì reso disponibile un elenco degli interventi inseriti nella proposta di Piano quinquennale, subordinatamente alle risorse finanziarie che si renderanno effettivamente disponibili di cui all'Allegato 2 e un elenco degli interventi di manutenzione straordinaria di cui sono in avanzato stato di esecuzione i lavori indicati nell'ulteriore Allegato 3.
Sono altresì previsti n. 5 interventi di manutenzione straordinaria, dei quali sono in corso di attivazione le procedure di gara, con riserva di aggiudicazione, per un importo complessivo di 14,20 milioni di euro.
Sempre nell'ambito del programma di manutenzione straordinaria, sono stati inoltre previsti interventi per le gallerie per un importo stimato di circa euro 92.000.000,00 ed ulteriori interventi per gli anni successivi al 2007 per un importo complessivo di circa euro 15.000.000,00.
Per quanto concerne gli interventi di manutenzione ordinaria per l'anno 2007, l'ANAS ha attivato lavori di pronto intervento stradale (chiusura buche, incidenti, illuminazione, regimentazione acque, ecc.) e di manutenzione invernale (sgombraneve e spargimento sale). Sono inoltre in corso di gara di appalto i lavori inerenti la manutenzione degli impianti in galleria.
Per gli interventi inerenti le pavimentazioni, la segnaletica orizzontale e verticale e le barriere di sicurezza, quali modesti lavori di risagomatura, rifacimento e ripristini, le relative perizie sono in corso di approvazione e prossime alla fase di gara di appalto.
Infine, si informa che in data 28 maggio 2007 presso la Prefettura di Forlì-Cesena si è tenuto un incontro congiunto con tutti gli enti interessati al collegamento stradale con la E/45 al fine di concordare tempi ed eventuali percorsi alternativi inerenti le future cantierizzazioni.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
CACCIARI, DEIANA, DURANTI e CARUSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione Italiana prevede all'articolo 11 il «ripudio della guerra» che dovrebbe attuarsi con misure non solo negative, ma anche positive di costruzione di una alternativa agli interventi militari armati, che porti alla risoluzione dei conflitti tra i popoli con mezzi civili e nonviolenti, e che queste misure positive non possono essere configurate solamente come deleghe ad organismi internazionali ma debbono anche prevedere iniziative sul campo da parte italiana, all'interno del peacekeeping civile e del peacebuilding, attività indicate della Agenda della Pace dell'ONU e regolarmente attuate dall'ONU negli ultimi decenni in numerosi contesti di crisi;
la Corte Costituzionale dalla sentenza 164 del 1985 ha indicato il Servizio civile del Servizio Civile Nazionale come equivalente al servizio militare e quindi come una effettiva alternativa di difesa della Patria in tutti i sensi, e che questa posizione è stata mantenuta dalla suprema Corte con una diecina di sentenze coerenti per più di venti anni, fino agli ultimi anni;
la sopravvenuta legge istitutiva del Servizio civile volontario, n. 64 del 2001, stabilisce che all'articolo 1 comma a) sulle finalità del Servizio Civile, aveva stabilito che la sua prima finalità è «contribuire (...) alla difesa della Patria con mezzi ed azioni non militari»;
si è così realizzato ciò che era stato auspicato fin dalla prima Campagna nazionale in Italia di disobbedienza civile di tipo gandhiano (Campagna OSM-DPN), la quale ha ottenuto largo seguito e che ha rappresentato un encomiabile esempio di azione democratica dal basso che aveva ottenuto dal Parlamento l'approvazione per la prima volta con la legge n. 230 del 1998, di una normativa sulla obiezione di coscienza;
tale finalità del Servizio Civile Volontario era stata ulteriormente riconosciuta dallo Stato con la istituzione del Comitato
consultivo per la difesa civile non armata e nonviolenta con il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 18 febbraio 2004, affinché l'Ufficio Nazionale del Servizio Civile fosse assistito da un gruppo di esperti, dell'Amministrazione statale e non, per «elaborare analisi, predisporre rapporti, promuovere iniziative di confronto e ricerca al fine di individuare indirizzi e strategie... [per realizzare] forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta»;
a tal fine l'Ufficio Nazionale del Servizio civile poneva alla voce di bilancio corrispondente, indicata con il termine in uso di «Difesa popolare nonviolenta», la somma di 400 mila euro nel 2004, poi di altri 400 mila euro nel 2005 e infine di 200 mila euro nel 2006, per un totale di un milione di euro nei tre anni suddetti;
ai quali si aggiungevano le contribuzioni volontarie di privati, ammesse dalla legge n. 64 del 2001, all'Ufficio Naz. Servizio Civile per tale scopo, contribuzioni che nel 2005 ammontavano a 15 mila euro e che vennero considerati come aggiuntivi agli stanziamenti suddetti;
se non intenda:
a) dare estesa attuazione al dettato della legge e delle sentenze della Corte Costituzionale ponendo concretamente in atto azioni costruttive di intervento civile nonviolento, più che mai necessarie e urgenti anche a causa delle numerose crisi internazionali;
b) pubblicizzare il bilancio a consuntivo della voce di spesa «Difesa popolare nonviolenta», che dovrebbe ammontare a più di un milione di euro, e che doveva essere finalizzata ad iniziative concrete di difesa civile non armata;
c) dare corso alle ricerche e iniziative, anche internazionali, già approvate a suo tempo dal Comitato DCNANV e dalla Direzione dell'Ufficio Nazionale del Servizio Civile, e ad altre proposte che eventualmente si siano aggiunte;
d) mantenere gli impegni già assunti dal ministro pro tempore (risposta del 7 novembre 2005 all'interrogazione 4-13222);
e) consentire ai contribuenti italiani di devolvere il «5 per mille» alla voce di Bilancio della Difesa civile non armata e nonviolenta.
(4-03537)
Risposta. - In relazione ai quesiti posti nella interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Occorre anzitutto rappresentare che il Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta (Dcnanv), organismo di carattere tecnico e ad elevata specializzazione, ha operato nell'ambito dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, dal febbraio del 2004, al fine di dare concreta attuazione all'articolo 8, comma 2, lettera e), della legge 8 luglio 1998, n. 230, che prevede tra i compiti dell'Ufficio medesimo anche quello di «predisporre, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta».
Tale organismo, costituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 febbraio 2004, ha svolto le sue funzioni fino alla scadenza della precedente legislatura. Esso risultava composto da sedici membri, sei dei quali in rappresentanza delle Amministrazioni centrali maggiormente coinvolte e i restanti individuati, non in qualità di rappresentanti di enti/organismi, ma unicamente in quanto esperti in materia di difesa civile non armata e nonviolenta.
Nel corso della nuova legislatura il Ministro della solidarietà sociale, succeduto nella responsabilità politica in materia di servizio civile, si è impegnato a ricostituire il Comitato nella convinzione dell'importanza del ruolo svolto dallo stesso. Allo scopo sono state richieste alle Amministrazioni centrali coinvolte le designazioni di propri rappresentanti in seno al ricostituendo Comitato. Identica richiesta è stata avanzata nei confronti del Coordinamento delle Regioni e Province autonome e dell'Anci.
Quanto sopra esposto attiene allo specifico quesito posto dagli interroganti finalizzato
a conoscere quali iniziative il Governo intende adottare per porre in atto azioni costruttive di intervento civile nonviolento e a tal fine si evidenzia che la ricostituzione del Comitato in argomento rappresenta il primo passo con il quale il Governo intende dare attuazione senza soluzione di continuità alle competenze in materia di difesa civile non armata e nonviolenta, consentendo all'Ufficio - su proposta del Comitato medesimo - di porre in essere azioni costruttive in materia.
Appare comunque opportuno evidenziare che tale organismo negli anni passati ha rappresentato un valido supporto per lo sviluppo del servizio civile in quanto ha assicurato la piena collaborazione delle Amministrazioni interessate nonché degli enti pubblici e privati coinvolti nel fenomeno, con positivi effetti per ciò che concerne il profilo dell'efficienza e della qualità dei servizi.
In particolare, prima del termine del proprio mandato, il Comitato ha approvato un documento di analisi per la definizione del concetto di «difesa civile non armata e nonviolenta», che costituisce il primo contributo istituzionale relativo alla definizione di una difesa alternativa, di carattere nonviolento. Il documento è un importante risultato conseguito attraverso il concorso di numerosi soggetti che hanno contribuito, partecipando al Seminario di studi tenutosi a Roma il 19 maggio 2005 sul tema «L'evoluzione dei principio costituzionale del sacro dovere della difesa della patria alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale: la difesa civile non armata e nonviolenta».
Per quanto concerne il quesito volto a conoscere l'attuazione delle ricerche ed iniziative già approvate dal Comitato, si fa presente che, nel corso del 2006, su proposta del Comitato medesimo, è stato avviato un progetto di ricerca nazionale avente per oggetto «gli obiettivi e le tecniche della difesa civile non armata e nonviolenta» e, in particolare è stata realizzata una prima ricerca in tema di peacekeepinq (nell'ambito più in generale della «peace research»).
Inoltre si rappresenta che nel definire, secondo quanto prescritto dall'articolo 11, comma 3 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, i contenuti base per la formazione generale erogata ai volontari in servizio civile, si è attinto in maniera determinante alla matrice ideale e culturale espressa dal Comitato.
Infatti, tra i moduli didattici della «formazione generale» per i volontari in servizio civile, che devono essere trattati obbligatoriamente, è stato previsto l'inserimento di una sezione espressamente dedicata alla «difesa civile non armata e nonviolenta» sulla base della considerazione che la formazione in materia deve essere finalizzata a veicolare la cultura della nonviolenza alle nuove generazioni impegnate nel servizio civile. Tale previsione è stata recepita anche nelle «Linee guida per la formazione generale dei volontari in servizio civile» emanate in data 4 aprile 2006.
Al riguardo si segnala che nell'organizzazione dei corsi di formazione per responsabili degli Enti, è stato spesso affidato l'insegnamento di tale materia a membri del Comitato, nella considerazione che elementi di attualità del dibattito sulla difesa civile non armata e nonviolenta possano garantire una migliore formazione e educazione delle nuove generazioni di volontari alla pace, preservando lo spirito e la natura più autentica del servizio civile.
Infatti, nell'ambito di tale insegnamento si parte dalla storia della difesa popolare nonviolenta, per presentare le forme attuali di realizzazione di difesa alternativa sul piano istituzionale ed affrontare le tematiche relative alla gestione e trasformazione nonviolenta dei conflitti, alla prevenzione della guerra, ai concetti di peacekeeping, peace enforcing, ecc.
Con riferimento all'ulteriore quesito volto a conoscere le iniziative che si intendono adottare per pubblicizzare il bilancio a consuntivo della voce di spesa «difesa popolare nonviolenta», si osserva, per quanto di competenza, che l'Ufficio nazionale per il servizio civile non ha un proprio bilancio ma provvede, in base alle risorse del Fondo nazionale per il servizio
civile che figurano nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, ad effettuare una programmazione finanziaria destinando gli stanziamenti previsti a favore alle singole voci di spesa. Detta programmazione finanziaria viene sottoposta annualmente al parere della Consulta nazionale del servizio civile e alla Conferenza Stato-Regioni.
Infine, per quanto attiene l'ammontare della voce di spesa «difesa popolare nonviolenta», preme rilevare che gli stanziamenti, stabiliti nell'ambito del documento di programmazione finanziaria dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, hanno valenza annuale per l'esercizio finanziario di riferimento e non vanno ad incrementare gli stanziamenti per gli esercizi successivi.
Pertanto, le risorse destinate alle attività connesse alla difesa civile non armata e nonviolenta nell'anno 2007 sono quelle indicate nel documento di programmazione finanziaria relativo a tale anno e ammontano a euro 200.000,00 in quanto a tali risorse non possono essere sommati gli stanziamenti assegnati alla ricerca di sperimentazione di nuove forme di difesa non armata e nonviolenta negli anni precedenti ma non impegnati nei relativi esercizi finanziari.
Per quanto riguarda il quesito finalizzato a conoscere se il Ministro della solidarietà sociale intenda mantenere gli impegni assunti dal precedente Governo in risposta all'interrogazione 4-13222 del 7 novembre 2005 - che si sostanziavano nella definizione di criteri e modalità atte a favorire progetti di servizio civile volti all'attuazione di esperienze di difesa civile non armata e nonviolenta all'estero e nell'organizzazione di seminari di studio finalizzati ad elaborare documenti da utilizzare a scopo di formazione ed informazione sul rapporto tra difesa civile non armata e nonviolenta e servizio civile - si ritiene che tali iniziative, a parere di quest'Ufficio, possano considerarsi ancora valide e che siano state già in parte realizzate. Tuttavia, a giudizio di quest'Ufficio, sarà utile acquisire il parere del ricostituendo Comitato anche al fine di implementare tali iniziative.
Per quanto concerne le forme di comunicazione delle attività del Comitato si evidenzia che sul sito dell'Ufficio www.serviziocivile.it esiste già una sezione dedicata a tale organismo nella quale sono pubblicati documenti relativi alle attività svolte, nonché una selezione di materiali utili all'approfondimento da parte dei giovani.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
CARDANO. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la creazione e l'uso in internet di siti didattici e culturali a libero accesso si sta diffondendo sempre più nelle scuole tra le comunità di docenti e di studenti;
tali siti non sono di natura commerciale;
da diverse segnalazioni ricevute (ad esempio per il sito www.homolaicus.com) risulta che la SIAE richiede il pagamento dei diritti d'autore per l'uso di alcune immagini utilizzate in ipertesti didattici sulla base della legge 22 aprile 1941, n. 633 modificata con legge 22 maggio 2004, n. 128, non individuando essa alcuna differenza tra uso didattico-formativo-culturale-istituzionale e uso commerciale;
l'articolo 70 della citata legge 633 prevede la possibilità di citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico se effettuati per uso di critica, di discussione e di insegnamento, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera e che, se effettuati a fini di insegnamento o ricerca scientifica, l'utilizzo deve avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali;
citare vuol dire anche riprodurre immagini in modo incompleto o degradato (come ad esempio nel caso delle risoluzioni
adottate negli ipertesti didattici sugli attuali personal computer con il formato JPEG), quindi la SIAE dovrebbe distinguere tra copie identiche dell'opera, non ammesse, e citazioni delle stessa, ammissibili per legge;
secondo l'articolo 90 della suddetta legge la riproduzione è considerata abusiva quando la foto originale riporta nome del fotografo (o ditta), data, nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata, ma non lo è se nella foto originale mancano tali indicazioni;
la soluzione spesso proposta dalla SIAE ai docenti (mettere «sotto chiave», in area riservata gli ipertesti didattici) non è utile, perché rende inefficace e spesso anche inefficiente l'utilizzo degli stessi siti;
esiste una petizione organizzata da Altroconsumo, associazione per la difesa dei consumatori (www.altroconsumo.it) per una modifica della legge sul diritto d'autore, basata sull'idea che la condivisione di opere multimediali, resa possibile da internet, sia un'occasione di crescita sia del singolo che della collettività;
nella nostra legislazione è assente il concetto di Fair Use o «equo utilizzo» presente invece nella legislazione degli USA, che permette di pubblicare materiali sotto copyright senza autorizzazione, purché a certe condizioni ben definite (eccezioni ai diritti d'autore o diritti connessi), ogni Paese dovrebbe promuovere il diritto di accesso all'informazione come bene comune mondiale, anche alle fasce di utenza svantaggiate -:
se i Ministri interrogati non ritengano che il principio della libera fruizione dei materiali didattici sia un presupposto che garantisce l'accesso democratico al sapere e che quindi vada salvaguardato in modo particolare;
se non ritengano necessario, considerata la nuova situazione dovuta all'utilizzo di internet anche nel mondo della scuola, adoperarsi affinché venga modificata la normativa esistente in modo che siano ben differenziati i comportamenti da seguire nel caso di siti culturali e in quello dei siti commerciali, adottando per la scuola, nell'ambito della propria e specifica funzione educativa, formativa e didattica, i presupposti del Fair Use;
se non ritengano necessario adoperarsi affinché venga fornita agli insegnanti un'adeguata informazione sugli aspetti giuridici della gestione dei siti internet;
se non ritengano necessario, in attesa di modifiche legislative, invitare la SIAE ad una moratoria di almeno un anno per consentire ai docenti, e a quanti gestiscono siti culturali senza scopo di lucro, di controllare i loro patrimoni digitali rispetto all'elenco di artisti le cui opere sono oggetto di tutela.
(4-02516)
Risposta. - In relazione alle perplessità manifestate dagli interroganti ed ai quesiti dagli stessi formulati, questa Amministrazione, per quanto di sua competenza, chiarisce quanto segue:
in merito al quesito «se i ministri interrogati non ritengano che il principio della libera fruizione dei materiali didattici sia un presupposto, che garantisce l'accesso democratico al sapere e che quindi vada salvaguardato in modo particolare» si fa presente che la legge sul diritto d'autore al capo V, titolo II, prevede casi tassativi di libera utilizzazione delle opere dell'ingegno, che derogano alla regola generale del diritto al compenso scaturente dallo sfruttamento di opera altrui, ogni qualvolta è ravvisabile un prevalente interesse pubblico e siano rispettate determinate condizioni di utilizzo. In questo modo la legge opera un contemperamento tra opposti interessi: da un lato l'interesse dell'autore allo sfruttamento economico dell'opera del suo ingegno quale diritto ad un giusto compenso per lo sforzo creativo, dall'altro l'interesse pubblico alla libera utilizzazione di quelle opere che sono in grado di produrre benefici sociali o culturali per la collettività e che devono poter essere liberamente fruibili per finalità di discussione e di insegnamento. Pertanto, la legislazione italiana, attraverso la legge sul diritto d'autore, assicura e garantisce l'accesso libero alla conoscenza ed al sapere;
in merito al quesito «se il Governo non ritenga necessario, anche per la promozione della cultura nel nostro paese, salvaguardare quelle realtà scolastiche e non ... esentandole ... dal pagamento del copyright...» si ripete, in questa sede, quanto già espresso sul medesimo quesito posto dal senatore Bulgarelli e cioè che l'articolo 70 della legge sul diritto d'autore consente la citazione, il riassunto o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico liberamente se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera. Se le attività sopra menzionate (la citazione, il riassunto, la riproduzione) sono effettuate per fini di insegnamento o di ricerca scientifica, l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali. In ogni caso, è dovuta la menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratta di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta. Si precisa, inoltre, che l'eccezione di cui all'articolo 70, alle condizioni in esso previste e sopra riferite, trova applicazione non solo nel mondo fisico ma anche nel mondo virtuale. Infatti, l'articolo 70 è stato recentemente modificato dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 recante «Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione» proprio al fine di adeguare le norme vigenti con il progredire della società moderna;
in merito all'opportunità di «adoperarsi affinché venga modificata la normativa esistente ... adottando per la scuola ... i presupposti del Fair Use» anche su questo punto si ribadisce quanto fatto presente in risposta al senatore Bulgarelli e cioè che il testo oggi vigente dell'articolo 70 della legge sul diritto d'autore riproduce nella sostanza la disciplina statunitense sul fair use. Infatti, i quattro elementi che caratterizzano tale disciplina, come rinvenienti nella Section 107 del Copyright Act, e cioè: 1) finalità e caratteristiche dell'uso (natura non commerciale, finalità educative senza fini di lucro); 2) natura dell'opera tutelata; 3) ampiezza ed importanza della parte utilizzata in rapporto all'intera opera tutelata; 4) effetto anche potenzialmente concorrenziale dell'utilizzazione; ricorrono a ben vedere anche nell'articolo 70 della legge sul diritto d'autore. Pertanto, si ritiene che la disciplina sul diritto d'autore prevista dall'ordinamento giuridico italiano sia conforme, negli assetti fondamentali, alla disciplina dei paesi dell'area anglosassone.
Sull'opportunità di «adoperarsi affinché venga fornita agli insegnanti un'adeguata informazione sugli aspetti giuridici della gestione di internet» si fa presente che il Ministero della pubblica istruzione, competente in materia, ha reso noto con una propria nota che «fornirà adeguate istruzioni affinché, in sede di attività di formazione ed aggiornamento del personale scolastico la materia dell'accesso ad internet nelle sue diverse implicazioni tecniche e giuridiche sia oggetto di approfondimento e di conoscenza»;
infine circa l'opportunità di «invitare la Società italiana autori ed editori (SIAE) ad una moratoria di almeno un anno per consentire ai docenti ed a quanti gestiscono siti culturali senza scopo di lucro, di controllare i loro patrimoni digitali rispetto all'elenco di artisti le cui opere sono oggetto di tutela» si ribadisce che è libero l'uso, in tali siti, delle opere protette purché ciò avvenga per finalità illustrative o didattiche e non commerciali e purché non dia luogo, per le modalità con cui è gestito il sito (es. il sito non deve contenere messaggi pubblicitari e deve essere accessibile ad una fascia ristretta di navigatori), a concorrenza rispetto all'utilizzazione economica delle opere.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Andrea Marcucci.
DELFINO. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il 7 maggio 2007 è stato sottoscritto, alla presenza del Ministro delle infrastrutture, lo schema di convenzione tra l'Anas
e la Società concessionaria Asti-Cuneo S.p.A., per la realizzazione dei lotti di completamento dell'autostrada Asti-Cuneo e per la gestione dell'intera tratta autostradale;
il 23 maggio il Cipe ha dato il via libera e l'importo dei lavori è di 2 miliardi di euro, 1,6 miliardi a carico della società concessionaria e 417 milioni dell'Anas;
il completamento dell'iter approvativo è previsto entro settembre e solo successivamente, la controllata «Asti-Cuneo S.p.A.» - partecipata per il 65 per cento da Salt S.p.A. e Itinera S.p.A. e, per il restante 35 per cento, da Anas - potrà avviare i lavori di costruzione sui rimanenti 53 chilometri di autostrada, i cui tempi di realizzazione sono previsti in 4 anni, con ultimazione dei lavori compresa tra il 2010 e il 2011;
il 18 giugno 2007 è stato inaugurato il tratto Cherasco-Marene, ultimo tratto a carico dell'ANAS, che va ad aggiungere ulteriori 9 chilometri a quelli esistenti, portando a quota 37,4 i chilometri realizzati a fronte di una lunghezza complessiva di 90,5 chilometri, necessari per collegare Cuneo ad Asti;
il Presidente della Provincia, le istituzioni locali, le forze economiche e sociali, avevano chiesto una tariffa più equa con una riduzione del 50 per cento del pedaggio, partendo dalla constatazione della gratuità provvisoria, del tratto Isola d'Asti-Alba, aperto giustamente alla circolazione, in carenza del casello autostradale;
il Presidente dell'Anas ha dato risposta negativa, ignorando le giustificate richieste dei cittadini e delle istituzioni locali che rivendicano con forza un trattamento di favore sia per una questione di pari dignità tra i territori interessati ma ancor più quale riconoscimento per i disagi e i costi sopportati e ancora in corso per la realizzazione di questa fondamentale infrastruttura autostradale;
occorre monitorare con attenzione le tappe che precedono i lavori perché ad oggi è stata siglata solo la bozza della convenzione vera e propria e moltissimo ancora, i passaggi procedurali per la definitiva approvazione e registrazione della convenzione, dalla quale decorrono quattro anni previsti per l'esecuzione dei lavori e per l'apertura di tutta l'autostrada -:
quali iniziative ed interventi di monitoraggio sono previsti per seguire adeguatamente le tappe necessarie a portare a termine, senza intoppi burocratici, la convenzione citata in premessa;
se non ritenga utile di riconsiderare la possibilità di un pedaggio più equo per favorire un più alto utilizzo del tratto autostradale da parte degli utenti, con sicuri benefici per la sicurezza del traffico veicolare sulla viabilità ordinaria.
(4-05111)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La convenzione unica sottoscritta in data 1o agosto 2007 tra ANAS e la società di progetto Asti-Cuneo S.p.A, redatta in conformità alle norme della legge 286 del 2006, così come modificate dalla legge finanziaria per il 2007, recepisce le osservazioni formulate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), dalle Commissioni parlamentari in sede di esame ai fini del parere di legge, e infine dalla Corte dei conti, presso la quale è in corso la registrazione del decreto interministeriale di approvazione della Convenzione.
Per quanto riguarda il quesito relativo ai pedaggi autostradali applicati, si evidenzia che la tariffa media per chilometro, ponderata con i chilometri percorsi dai veicoli appartenenti alle singole classi e tipologie di pedaggio, è inizialmente calcolata in base all'offerta in sede di gara. Successivamente, la stessa verrà adeguata secondo quanto previsto dalla vigente normativa.
Si rileva, peraltro, che nell'articolato della Convenzione unica sottoscritta viene fatto espresso richiamo all'applicazione delle delibere CIPE n. 1 del 26 gennaio
2007, in materia di regolazione economica del settore autostradale, e n. 39 del 15 giugno 2007, di modifica della precedente.
Pertanto, ogni variazione tariffaria dei pedaggi, assicura infine l'ANAS, verrà determinata sulla base di quanto stabilito dalla normativa vigente.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
DIOGUARDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
la commissione per le adozioni internazionali con provvedimento n. 10/2006/AE/SG, deliberato il 20 dicembre 2006 dal Presidente della Commissione medesima, ha revocato tutte le autorizzazioni concesse all'Associazione «Chiara onlus», con sede a Roma in Via A. Giuffrè, 187), per lo svolgimento delle attività previste dalla legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge n. 476 del 1998;
al momento della revoca l'Associazione in oggetto aveva una lista di 558 coppie, su tutto il territorio nazionale, iscritte per espletare le varie procedure per l'adozione di bambini;
in data 11 gennaio 2007, il Ministro per le politiche per la famiglia, ricevendo i rappresentanti dell'Associazione «Chiara onlus», avrebbe espresso l'intenzione di seguire con attenzione le vicende delle famiglie che hanno fatto richiesta di adozione -:
come si intenda agire al fine di garantire il regolare espletamento delle pratiche di adozioni da parte delle 558 coppie che erano iscritte all'Associazione «Chiara onlus» che, attualmente, stanno vivendo, non a causa loro, un profondo clima di incertezza e preoccupazione;
quante siano le coppie prese in carico dalla Commissione per le quali, alla data dell'avvenuta comunicazione del suddetto provvedimento, risulta essere definitivo l'abbinamento con uno o più minori stranieri o che hanno ricevuto l'invito, da parte delle competenti autorità straniere, a presentarsi per la proposta di abbinamento.
(4-02367)
Risposta. - L'atto ispettivo in esame si riferisce alla vicenda della revoca dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, disposta dalla Commissione per le adozioni internazionali (CAI) nei confronti dell'associazione Chiara onlus.
Si desidera, inoltre, sapere «come si intenda agire al fine di garantire il regolare espletamento delle pratiche di adozioni da parte delle 558 coppie che erano iscritte all'associazione Chiara onlus (...); quante siano le coppie prese in carico dalla Commissione per le quali alla data dell'avvenuta comunicazione del suddetto provvedimento risulta essere definitivo l'abbinamento con uno o più minori stranieri o che hanno ricevuto l'invito (...) a presentarsi per la proposta di abbinamento».
Al riguardo, si fa presente, anzitutto, che la Commissione per le adozioni internazionali ha deciso, all'unanimità, di revocare all'ente Chiara onlus tutte le autorizzazioni a svolgere le procedure prevista dalla legge n. 184 del 1993, per una serie di ragioni e, in particolare, in considerazione della sostanziale paralisi dell'attività dell'ente.
Le deficienze riscontrate nell'organizzazione e nell'attività dell'ente Chiara erano effettivamente gravi e non altrimenti risolvibili: alla data del 16 marzo 2006 veniva accertato che Chiara aveva pendenti 701 procedure adottive, per le quali aveva riscosso il costo dei servizi in Italia e in molti casi anche quelli per le traduzioni degli atti stranieri. Da qui tutti i successivi necessari accertamenti e soprattutto la ricerca di trovare una soluzione, per evitare che la lista di attesa delle coppie si allungasse in maniera eccessiva.
Immediatamente dopo il provvedimento, la Commissione per le adozioni internazionali ha preso in carico le coppie in attesa di adozione che si erano rivolte all'ente. Alcune, quelle che avevano già l'abbinamento con un bambino straniero o che erano in attesa dell'invito ad andare all'estero
per la proposta di abbinamento, sono state prese in carico direttamente dalla Cai. Per le altre sono stati conclusi accordi di consulenza con professionisti e presi gli opportuni contatti con servizi locali.
Ciò ha consentito alla équipe nominata dalla Commissione di incontrare o contattare telefonicamente circa quattrocentocinquanta coppie, assicurando continuità ai percorsi adottivi e, in alcuni casi, portando a conclusione l'iter adottivo. In ogni caso, sin dall'inizio si è data assistenza al fine di rinnovare i documenti in scadenza e di assicurare che il percorso adottivo non venisse interrotto per motivi formali legati alla revoca dell'ente.
Dai colloqui svolti dall'équipe della Commissione è emerso che dopo un iniziale disorientamento vi è stata una presa di coscienza delle famiglie sulla situazione complessiva e tutte si sono poste in posizione di fiducia nei confronti dell'istituzione.
Sono proseguite, nel frattempo, tutte le possibili attività di sostegno da parte della Cai anche per le coppie in partenza per l'estero, con contatti costanti anche durante il soggiorno nel paese straniero, per consentire la conclusione dell'adozione.
Nel periodo di inoperatività dell'ente Chiara, sono state concluse 32 adozioni, tramite la Cai e altri enti, mentre altre 36 coppie sono state prese in carico alla Cai che ne ha seguito la procedura al posto di Chiara.
Il ricorso ad un'équipe di esperti in materia di adozione internazionale, in grado di fronteggiare il primo ascolto delle famiglie e l'evolversi delle singole situazioni in Italia e all'estero e competente a raccordarsi con servizi sociali italiani qualora ritenuto necessario, e specialmente nella fase post-adottiva, si è rivelato assai utile per le coppie, in quanto esse sono state messe in condizioni di conoscere meglio la realtà della situazione; molte hanno richiesto nuovi appuntamenti o dialogato per telefono ed hanno dimostrato una disponibilità all'accoglienza di minori di Paesi non europei.
L'attività di ascolto delle coppie in attesa di adottare con l'associazione Chiara si è resa necessaria perché, a fronte dell'urgenza con cui dette coppie premevano per una soluzione, occorreva verificare con loro le possibilità per la conclusione dell'adozione in tempi ragionevoli: molte di esse, infatti, erano in attesa da diversi anni, in molti casi erano in possesso di decreti d'idoneità datati e, soprattutto, quasi tutte erano orientate ad adottare in paesi dell'Europa dell'Est, attualmente «chiusi» (come la Federazione russa, dove le autorità stanno ritardando il riaccredito agli enti stranieri) o problematici (come l'Ucraina, dove le nuove procedure introdotte dal governo consentono il deposito di un numero assai limitato di fascicoli). L'unica alternativa ad un'attesa lunghissima, era, pertanto, la scelta di un diverso Paese straniero e la disponibilità ad accogliere un bambino proveniente da altre aree del mondo, ma ciò implicava un percorso psicologico e motivazionale adeguato.
Nel frattempo, con una sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio, pronunciata a seguito del ricorso dell'associazione Chiara avverso il provvedimento di revoca, veniva annullata parzialmente la delibera della Commissione per le adozioni internazionali e questa ha deciso di non ricorrere al Consiglio di Stato, bensì di giungere ad un accordo con l'associazione Chiara.
Ciò, innanzitutto nell'interesse delle coppie prese in carico dall'ente, per evitare che il prolungarsi dei tempi processuali andasse a discapito della ripresa dell'operatività dell'ente e dell'attività di assistenza alle coppie.
L'11 giugno 2007 la Commissione per le Adozioni internazionali ha dato esecuzione alla predetta sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio, sottoscrivendo, insieme ai rappresentanti di Chiara Onlus, un accordo sostitutivo ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 241 del 1990. La definizione dell'accordo è stata ritenuta necessaria per individuare di comune intesa i limiti e le modalità di esecuzione della sentenza del tribunale amministrativo regionale, e soprattutto per facilitare il percorso adottivo delle coppie rimaste in carico all'ente.
La Commissione per le adozioni internazionali, nel confermare la validità delle autorizzazioni precedentemente concesse all'ente, ha dato la massima disponibilità per supportare Chiara onlus nello sforzo di rilanciare l'attività associativa offrendo un adeguato sostegno alle coppie.
Il problema maggiore resta quello legato alla lunga lista d'attesa che si era formata, dal momento che l'attività di Chiara si concentrava nei Paesi dell'est Europa e che questi ultimi stanno di fatto chiudendo le porte all'adozione internazionale.
Per fornire alle coppie una risposta in tempi ragionevoli, pertanto, sarà necessario individuare altri Paesi ai quali dirigere le domande di adozione: a questo fine, la Commissione per le adozioni internazionali prenderà in esame le richieste dell'ente di essere autorizzato ad operare in altri Stati (in Asia ed Sud America) e lo sosterrà nell'attività di informazione e formazione delle coppie. Per le coppie che hanno deciso di rivolgersi ad altri enti si farà in modo che non debbano affrontare spese analoghe a quelle già sostenute.
Va sottolineato come tutta la vicenda sia stata affrontata e risolta perseguendo l'obiettivo di offrire la massima tutela alle coppie coinvolte. Tale impostazione è stata condivisa dallo stesso ente Chiara, come dimostra la sottoscrizione dell'accordo di cui si è detto.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
FUGATTI. - Al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro;
l'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del Governo e del legislatore affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
la percentuale del 2 per cento sul totale dei volontari fissata dal Servizio Civile in relazione all'articolo 40 legge n. 289 del 2002, in merito all'utilizzazione di volontari per il servizio di accompagnamento dei ciechi civili risulta essere inadeguata a coprire la rilevante richiesta;
il Ministro del Lavoro e della Solidarietà sociale si è più volte formalmente impegnato a sanare tali inadempienze riservandosi nell'assegnazione dei volontari del servizio civile di stabilire criteri di precedenza per i progetti riguardanti i disabili gravi. Tale impegno ad oggi non ha ancora prodotto effetti concreti;
appare all'interrogante irragionevole la decurtazione del 12,57 per cento sui contributi statali diretti a garantire la prestazione di servizi di assistenza sociale. Infatti il disposto del comma 507, articolo 1 della legge finanziaria 2007 che prevede l'accantonamento e l'indisponibilità di somme del bilancio triennale deve essere interpretato considerando l'indisponibilità alla decurtazione dei contributi destinati all'assistenza sociale;
sono passati sette anni dall'approvazione della legge n. 69 del 22 marzo 2000 (interventi finanziari per l'integrazione scolastica degli alunni con handicap) senza che sia stato emanato il relativo regolamento di attuazione. La mancata emanazione del regolamento di attuazione ha determinato la dispersione dei contributi previsti dalla citata legge neutralizzando nei fatti gli obiettivi prefissati -:
quali provvedimenti i Ministri intendano adottare per sanare tali incresciose situazioni che nei fatti producono condizioni discriminatorie nei confronti delle persone diversamente abili.
(4-03795)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame si fa presente, per la parte di competenza, concernente il quesito relativo
alla revisione della percentuale di volontari del Servizio civile destinata annualmente all'assistenza ai disabili gravi, che secondo quanto stabilito dall'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), gli obiettori di coscienza di cui alla legge 8 luglio 1998, n. 230 e i volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, possono essere impiegati per lo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili che ne facciano richiesta.
Al fine di garantire la continuità del servizio di accompagnamento svolto dagli obiettori di coscienza attraverso l'attività dei volontari del servizio civile, anche a seguito della sospensione della leva obbligatoria, il Ministro della solidarietà sociale, con decreto del 3 agosto 2006, ha stabilito la possibilità di prevedere, fermi restando i principi dettati dalla disciplina sull'accreditamento degli enti di servizio civile, deroghe ai termini di presentazione e valutazione dei progetti e ai criteri per la loro approvazione.
In particolare, per quanto riguarda i progetti di servizio civile nazionale presentati a norma dell'articolo 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 288 e dell'articolo 40, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il citato decreto ha previsto che tali progetti, fino alla concorrenza del 2 per cento del contingente dei volontari stabilito annualmente, non siano sottoposti alla valutazione di qualità, (paragrafo 4.3), la quale comporta l'attribuzione di un punteggio e la formazione di una graduatoria.
La previsione di una deroga ai criteri di selezione per i progetti in argomento dimostra chiaramente come il Ministro della solidarietà sociale ha inteso favorire le associazioni dei ciechi e dei grandi invalidi, nonostante la legge 27 dicembre 2002, n. 289, all'articolo 40, comma 1, non stabilisca in capo all'amministrazione alcun obbligo di impiegare i volontari del servizio civile nello svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi, ma preveda semplicemente la possibilità per i volontari stessi di essere impiegati in tali specifiche attività.
Tuttavia è stato necessario prevedere un'aliquota da destinare alle richiamate attività in quanto le risorse stanziate per il servizio civile, nella legge finanziaria, devono essere impiegate per il soddisfacimento di tutte le finalità indicate all'articolo 1, della legge 6 marzo 2001, n. 64 e non soltanto per l'assistenza ai disabili gravi. Tale previsione, comunque, garantisce che ogni anno, attraverso bandi straordinari, una percentuale di volontari sia impiegata nei progetti in argomento; infatti tali progetti, essendo sottratti al sistema di selezione cui sono sottoposti tutti gli altri inseriti nei bandi ordinari, saranno con certezza avviati purché non presentino le anomalie e irregolarità descritte ai paragrafi 4.1 e 4.2, del citato decreto del 3 agosto 2006.
Si evidenzia, al riguardo, che l'aliquota del 2 per cento è stata fissata tenendo conto dell'entità delle risorse ordinariamente stanziate a favore del Fondo nazionale per il servizio civile ma non è rigidamente stabilita in quanto può essere modificata in relazione ad una rilevante variazione della consistenza del Fondo stesso.
Con riferimento all'anno 2007, si ritiene che, in base alle risorse stanziate nella legge finanziaria, l'aliquota del 2 per cento costituisce la percentuale massima da poter destinare alle associazioni in questione.
Peraltro, si rappresenta che tale aliquota è stata completamente utilizzata con il bando straordinario pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 26, del 30 marzo 2007 che consente alle associazioni stesse di usufruire di un numero di volontari pari a 1.034 per l'accompagnamento dei grandi invalidi e dei ciechi civili. Si precisa al riguardo che le associazioni i cui progetti sono stati pubblicati nel citato bando sono 4 e che a ciascuna di esse è stato assegnato un numero diverso di volontari in relazione ai progetti presentati. In particolare all'Associazione nazionale privi della vista e ipovedenti sono stati assegnati 176 volontari in relazione ad 1 progetto, all'Unione italiana ciechi sono stati assegnati 850 volontari per 80 progetti, all'Istituto europeo ricerca formazione orientamento professionale onlus (Ierfop) sono stati assegnati
4 volontari per 1 progetto e all'Unione dei comuni antica terra di lavoro sono stati assegnati 4 volontari in relazione ad un progetto. Si fa presente, inoltre, che i volontari selezionati hanno preso servizio il 2 luglio 2007.
Occorre, altresì, rilevare che tali associazioni possono usufruire di volontari anche attraverso la partecipazione ai bandi ordinari presentando progetti che sono valutati e selezionati al pari di tutti quelli presentati dagli altri enti pubblici o privati. Relativamente al bando per la selezione di 38.922 volontari, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 giugno 2007, n. 46, si rappresenta che sono stati inseriti 68 progetti, presentati dall'Unione italiana ciechi, per l'impiego di 1.291 volontari. Si evidenzia, al riguardo, che tali progetti sono stati valutati, al pari degli altri, sulla base dei criteri di selezione, indicati nel citato decreto del Ministro della solidarietà sociale in data 3 agosto 2006, che non prevedono di privilegiare alcuno dei settori o aree di intervento di cui alla legge n. 64 del 2001, quali l'assistenza, la protezione civile, l'ambiente, il patrimonio artistico e culturale, l'educazione e promozione culturale.
L'Ufficio nazionale per il servizio civile, infatti, nell'individuare i progetti da finanziare nell'anno 2007 e da inserire nel bando ordinario sopra richiamato, non può favorire alcun settore particolare bensì nel valutare gli stessi deve attenersi alla vigente normativa.
Si evidenzia, inoltre, che il Ministro della solidarietà sociale, al fine di consentire nel corso dell'anno l'avvio di un ulteriore numero di progetti, si è adoperato per incrementare il Fondo nazionale per il servizio civile. Infatti nel decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito nella legge del 24 novembre 2006, n. 286, è stata inserita la disposizione di cui all'articolo 7, comma 1, che prevede un'integrazione del Fondo nazionale per il servizio civile, per l'anno 2007, pari a 40 milioni di euro.
Tali ulteriori risorse saranno destinate nella misura del 2 per cento al finanziamento di progetti relativi al servizio di accompagnamento dei ciechi civili e grandi invalidi e, a tal riguardo, l'Ufficio sta predisponendo un nuovo bando straordinario che consentirà alle associazioni interessate di usufruire di altri 114 volontari. La restante somma andrà a finanziare, fino ad esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, i progetti di cui alla graduatoria approvata in data 28 maggio 2007 che, avendo ottenuto un punteggio inferiore a 51, non sono stati inseriti nel bando ordinario pubblicato nella Gazzetta ufficiale dei 12 giugno 2007, n. 46. Nell'ambito di tali progetti, che saranno inclusi in un ulteriore bando ordinario per la selezione dei volontari da impiegare negli stessi, rientrano anche 17 progetti presentati dall'Unione italiana ciechi per l'impiego di 153 volontari.
Pertanto, con riferimento all'anno 2007 le Associazioni dei ciechi e grandi invalidi usufruiranno di un numero di volontari superiore a quello degli anni precedenti (oltre 2.500), infatti agli 83 progetti per l'impiego di 1.034 volontari, inseriti nel primo bando straordinario, devono essere sommati i 68 progetti per l'impiego di 1.291 volontari di cui al primo bando ordinario, i 14 progetti per l'impiego di 141 volontari inseriti nel bando ordinario del 31 agosto 2007 nonché i volontari che saranno inseriti nel bando straordinario 2007 di prossima emanazione.
Tanto rappresentato, si ritiene che l'aliquota del 2 per cento del contingente dei volontari destinata alle attività di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi, fissata nel sopra richiamato decreto ministeriale, costituisce allo stato attuale il massimo sforzo dell'Amministrazione per favorire la categoria dei disabili gravi tenuto conto sia delle risorse disponibili sia delle finalità del servizio civile nazionale.
Al riguardo occorre sottolineare che il servizio civile non è uno strumento di politica sociale in quanto si riconduce, come affermato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 228 del 2004, 229 del 2004 e n. 431 del 2005, alla materia «difesa e sicurezza dello Stato», di cui all'articolo 117, comma 2, della Costituzione. Infatti, a parere della Consulta, la previsione del sacro dovere di difesa della patria, contenuta
nel primo comma dell'articolo 52 della Costituzione, ha un'estensione più ampia dell'obbligo di prestare il servizio militare e comprende anche attività di impegno sociale non armato in quanto deve essere letta alla luce del principio di solidarietà espresso nell'articolo 2 della Costituzione.
In tale contesto il servizio civile nazionale si pone, anzitutto, quale modalità concorrente ed alternativa di difesa dello Stato con mezzi ed attività non militari come indicato nella legge n. 64 del 2001 e nel decreto di attuazione n. 77 del 2002.
Inoltre lo svolgimento del servizio civile è volto a garantire la realizzazione di altri obiettivi fissati dalla Costituzione come lo sviluppo alla cultura, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione (articolo 9); l'educazione alla pace e alla ricerca di forme specifiche di soluzione delle controversie internazionali (articolo 11); la tutela alla salute (articolo 32); l'educazione e l'integrazione sociale delle persone in difficoltà (articolo 38). Infatti la legge n. 64 all'articolo 1 delinea le finalità del servizio civile in piena coerenza con i principi costituzionali sopra enunciati.
Peraltro, occorre rilevare che la partecipazione al servizio civile costituisce un beneficio non solo per gli utenti finali ma anche per i volontari. Infatti a favore dei cittadini che prestano il servizio civile sono previsti incentivi non economici, rilevanti nell'ambito dell'istruzione e della formazione professionale, in termini di crescita professionale, culturale e di senso civico nonché di acquisizione di competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che non sia possibile aumentare la percentuale del contingente dei volontari dei servizio civile destinata all'assistenza dei disabili gravi e fissata nel decreto ministeriale sopra richiamato in quanto tale iniziativa determinerebbe una modifica dei caratteri e delle finalità del servizio civile nazionale.
Tale servizio, infatti, come sopra evidenziato, non è riconducibile esclusivamente ad uno strumento di politica sociale e, pertanto, non può privilegiare il settore dell'assistenza favorendo categorie svantaggiate a tutela delle quali sussistono, peraltro, normative specifiche e appositi fondi di finanziamento.
Tuttavia, qualora le risorse destinate annualmente al Fondo nazionale per il servizio civile fossero ingenti, è possibile disporre l'avvio di un maggior numero di progetti relativi al servizio di accompagnamento dei ciechi e grandi invalidi tenuto conto che l'aliquota del 2 per cento fissata nel sopra citato decreto ministeriale non è stabilita rigidamente.
Per quanto concerne, infine, la denunciata mancata emanazione del regolamento previsto dalla legge n. 69 del 22 marzo 2000, il Ministero della pubblica istruzione ha fatto presente che fino alla riforma degli istituti atipici, (Istituto statale «Romagnoli» per minorati della vista, istituti statali per sordomuti di Milano, Roma e Palermo e Scuola nazionale professionale di massofisioterapia per ciechi di Firenze), di cui agli articoli 64 e 71 del decreto legislativo 16 marzo 1994, n. 297, è autorizzato ad utilizzare l'intero stanziamento per gli interventi a favore degli alunni con handicap.
Ciò è puntualmente avvenuto fino ad oggi, in attesa dell'emanazione del regolamento di riforma degli istituti di cui trattasi. Al riguardo, si precisa che il regolamento in questione era stato già predisposto ma non ha ottenuto il visto e la registrazione della Corte dei Conti, pertanto in considerazione sia delle osservazioni formulate dalla predetta Corte dei Conti, sia dell'opportunità di avviare una riflessione sul ruolo e le finalità degli istituti in parola, il Ministero della pubblica istruzione ha provveduto ad una rielaborazione del testo del regolamento, che, al momento è in fase di valutazione delle amministrazioni concertanti. Sulla questione si fa presente, inoltre, che il 10 maggio 2007 si è tenuto un incontro tra il Ministero della pubblica istruzione e l'Unione italiana ciechi e ipovedenti, nel corso del quale sono state illustrate e le linee generali delle modifiche da apportare al precedente testo del regolamento in questione, finalizzate sia a superare il controllo della Corte dei Conti sia a dare attuazione all'articolo 21, comma 10,
della legge n. 59 del 1997, attribuendo alle istituzioni interessate l'autonomia giuridico-organizzativa necessaria per il pieno espletamento delle loro funzioni e consentendo inoltre l'attribuzione alle stesse delle specifiche risorse finanziarie, previste dalla legge n. 69 del 2000.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
GARAGNANI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
nonostante i 35 milioni di euro concessi a fondo perduto dal precedente Governo Berlusconi alla città di Reggio Emilia per la realizzazione della stazione TAV, i lavori della stazione Mediopadana sulla linea ad alta velocità non sono ancora iniziati a causa di scelte, che all'interrogante paiono scellerate, delle amministrazioni locali ed è forte la preoccupazione che tale opera venga «dirottata» verso la vicina città di Parma;
il prossimo settembre a Parma inizieranno comunque i lavori per la stazione dell'alta velocità parmense, mentre il progetto reggiano, firmato dall'architetto Santiago Calatrava, è fermo e senza prospettive certe;
sui lavori della stazione Mediopadana di Reggio Emilia il Presidente del Consiglio dei ministri, il reggiano Prodi tace, il sottosegretario ai beni culturali Montecchi tace, insomma l'Ulivo tace e per nascondere le proprie incapacità preferisce dare uno spettacolo di immobilismo senza precedenti;
con la motivazione di dover reperire risorse proprio per la fermata Mediopadana di Reggio, secondo l'interrogante, sono state messe in atto economie assurde e disastrose per l'ambiente, il passaggio e l'assetto urbanistico, come quella di non interrare l'elettrodotto della linea elettrica TAV: infatti, parallelamente al lato meridionale dell'autostrada A1 in prossimità di Via dei Gonzaga e del nuovo casello autostradale, è in costruzione per la lunghezza di circa mille metri un elettrodotto aereo che dovrà alimentare la futura linea ferroviaria ad alta velocità;
tale tratto di linea ad altissima tensione (132 kv) doveva essere interrato proprio per la rilevanza ambientale e urbanistica della zona, a maggior ragione di fronte alle perplessità sollevate sulla correttezza della valutazione di impatto ambientale presentata da TAV nel 2003;
tutte le opere progettate dall'architetto Calatrava e realizzate a Reggio Emilia hanno senso solo e soltanto se viste nella prospettiva che la città del tricolore diventi sede della stazione Mediopadana;
le motivazioni riportate dal sindaco di Reggio per giustificare i ritardi per l'inizio dei lavori appaiono preoccupanti e insostenibili. Infatti il sindaco Delrio giustifica l'inefficienza dell'amministrazione comunale dicendo che è disponibile solo l'80 per cento del denaro necessario alla realizzazione dell'opera, ma in questo modo per l'interrogante certifica l'inadeguatezza della sua giunta e ammette che la sua Amministrazione, non ha saputo seguire l'importante progetto con l'attenzione dovuta e non ha saputo o voluto esprimere alcuna valida iniziativa per superare gli ostacoli;
sulla linea TAV è previsto un traffico elevato non solo di treni passeggeri ma anche di convogli merci, quindi con una necessità di alimentazione presumibilmente superiore al 50 per cento della corrente massima;
l'elettrodotto TAV potrebbe essere utilizzato anche per la distribuzione di energia elettrica da parte di compagnie private;
secondo le simulazioni condotte da uno studio specializzato, la costruzione dell'elettrodotto aereo nella zona prospiciente Via dei Gonzaga comporterebbe il superamento della soglia di inquinamento elettromagnetico fissata in 0,2 micro Tesla;
tale elettrodotto aereo renderà di fatto inutilizzabile e paesaggisticamente discutibile una vasta area dichiarata dal Piano provinciale come «area ecologicamente attrezzata per insediamenti ad alta tecnologia», in altre parole una importante vetrina per hi-tech di Reggio verrà svilita -:
se e quando verrà edificata la stazione Mediopadana di Reggio Emilia;
quali siano le reali motivazioni dei tentennamenti nell'affidamento dei lavori;
se non sia il caso di intervenire di urgenza presso il sindaco di Reggio Emilia per verificare la reale volontà dell'Amministrazione comunale di centro sinistra in ordine alla realizzazione della stazione Mediopadana nei tempi e nei modi concordati;
se la Regione sia interessata o no alla realizzazione di tale opera che rappresenta uno dei progetti principali per lo sviluppo della città di Reggio e dell'Emilia;
non sia il caso di attivarsi senza indugio - in primis con la convocazione delle parti presso il consorzio TAV, le società interessate, le associazioni imprenditoriali, l'Amministrazione comunale e l'Amministrazione provinciale affinché si pianifichino ufficialmente numero delle fermate, tempi e modi per la realizzazione della nuova stazione Mediopadana e contemporaneamente si modifichi l'elettrodotto mediante il previsto interramento dei cavi, come del resto è avvenuto nel tratto in località San Prospero Strinati e in prossimità della stazione di Rubiera.
(4-04278)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La società Rete ferroviaria italiana (RFI) informa che, a seguito della mancata definizione tra TAV e il General Contractor (Consorzio CEPAV UNO) delle condizioni contrattuali per la realizzazione della stazione sulla nuova linea AV/AC Milano - Bologna prevista nel territorio del Comune di Reggio Emilia da parte del Consorzio, la stessa darà corso alla realizzazione dell'intervento con un diverso appaltatore da individuare mediante il ricorso a procedure di gara pubblica.
A questo proposito Rete ferroviaria italiana (RFI) prevede di dare avvio alla procedura di gara a partire dal mese di ottobre 2007 e di selezionare l'appaltatore nella prima metà del 2008, in modo da consentire l'attivazione di una prima fase funzionale della stazione con avvio del servizio viaggiatori entro il 2010 e ultimazione dell'opera a giugno 2011.
Al fine di mantenere il costo complessivo di progettazione e realizzazione dell'opera nei limiti dei finanziamenti attualmente disponibili, pari a circa 79 milioni di euro, Rete ferroviaria italiana (RFI) procederà con lo stralcio dal progetto delle due campate terminali della copertura metallica della stazione.
Rete ferroviaria italiana (RFI), sta attualmente esaminando il testo dell'Accordo tra l'amministrazione comunale di Reggio Emilia, la Regione Emilia Romagna, ACT, RFI S.p.A. e TAV per la disciplina della progettazione e realizzazione della stazione in oggetto e che, non appena avrà esperito tale esame, sottoporrà lo stesso alla firma degli enti interessati.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
GRIMOLDI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
a seguito di una serie di manifestazioni di protesta da parte dei cittadini di Monza, i problemi per la realizzazione dell'opera stradale strada statale n. 36 Cinisello Balsamo, sotterraneo Viale Lombardia, sembravano risolti;
infatti, il 27 dicembre 2006, è stato emanato il bando di gara per la realizzazione del primo lotto dei lavori, MI 74/06, relativo al rifacimento della connessione tra la strada statale n. 36 e il sistema autostradale nel comune di Cinisello Balsamo;
il bando prevedeva l'espletamento della gara e l'individuazione del vincitore provvisorio entro il 30 giugno 2007;
tuttavia, tale scadenza non è stata rispettata;
lo stesso Ministro delle infrastrutture, il 19 maggio scorso, in occasione di una visita alla città di Monza, aveva assicurato i cittadini sui tempi di realizzazione dell'opera affermando in particolare: «sono qui a darvi assicurazione che i tempi saranno rispettati, io ci metto la faccia»;
lo slittamento dei tempi di realizzazione del primo lotto inevitabilmente finisce per provocare un ulteriore slittamento dell'inizio dei lavori anche del secondo lotto relativo alla galleria di Viale Lombardia;
in merito alla realizzazione del secondo lotto, l'unica scadenza certa finora fissata sembra quella del miglioramento e aggiornamento del progetto entro il 31 dicembre 2007;
l'opera strada statale n. 36 Cinisello Balsamo, sotterraneo Viale Lombardia, è presente nell'elenco delle opere stradali programmate nell'allegato «Infrastrutture» del Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 2008-2011, nel capitolo 2.4 - Ulteriori opere da avviare entro il 2012;
tuttavia, per tali opere, che affiancano le opere e gli interventi strategici ricompresi nell'ambito della Legge Obiettivo, si prevede una generica possibilità di avvio entro il 2012, senza particolari rassicurazioni sul cronoprogramma dei lavori;
la scheda relativa all'opera rivela che è in corso la gara d'appalto per la realizzazione del primo lotto funzionale dal Km 8+555 al Km 10+400, di importo pari a 61,718 milioni di euro, e che è in corso l'aggiornamento del progetto del lotto di completamento dal Km 10+400 al Km 12+827, di importo pari a 169,09 milioni di euro, per il quale è previsto l'avvio della gara d'appalto entro la fine del 2007;
peraltro, la scheda riepilogativa dei finanziamenti disponibili, di cui alla tabella B.5, evidenzia un costo complessivo aggiornato dell'opera pari a 228,00 milioni di euro, di cui 183,11 milioni di euro quale finanziamento disponibile e 44,89 milioni di euro quale fabbisogno ancora da reperire;
i continui ritardi verificatisi fino ad oggi per la realizzazione del tunnel di Viale Lombardia mettono in grave rischio la salute dei cittadini, a causa dell'inquinamento acustico e atmosferico di viale Lombardia, e provocano gravi danni economici alle attività produttive della zona, mettendo in crisi la competitività del territorio -:
quali azioni immediate il Ministro intenda adottare per rassicurare i cittadini di Monza sul rispetto dei tempi fissati per la realizzazione dell'opera e sul recupero del tempo perso a causa dell'ulteriore ritardo verificatosi nell'espletamento della gara d'appalto relativa al primo lotto.
(4-04329)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'ANAS informa che, nel corso della riunione del Tavolo di confronto sulle infrastrutture lombarde, tenutasi il 23 luglio 2007, è stato annunciato l'avvio a soluzione definitiva dei lavori suindicati, appaltati nel 2003, ma mai avviati a causa di problemi tecnici e giuridici sorti a seguito dell'uscita di SECOL dall'A.T.I., e della conseguente decisione di ANAS di affidare l'opera alla sola Impregilo.
Con sentenza 14 giugno 2007, il Consiglio di Stato, su ricorso in appello dell'appaltatore originario, ha stabilito sia la legittimità dell'iniziale provvedimento di ANAS di aggiudicazione della gara alla restante impresa dell'A.T.I. sia la conseguente stipula del contratto, con consegna parziale dei lavori.
Allo stato attuale ANAS sta pertanto adottando i provvedimenti opportuni in adempimento di quanto disposto dalla suddetta sentenza. Nello specifico, il 28 settembre 2007 è stato sottoscritto un accordo tra
ANAS e Impregilo S.p.A. che prevede che una prima tranche di lavori venga ripresa entro 30 giorni mentre per l'esecuzione dei lavori residui sarà necessario ricorrere ad una variante tecnica, da redigere ed approvare entro il corrente anno, che tenga conto, tra l'altro, delle sopraggiunte necessità espropriative del prolungamento di 75 metri della galleria artificiale già prevista nell'appalto iniziale risalente al 2005.
Con la ripresa dei lavori e con la redazione e approvazione della suddetta variante tecnica, si procederà all'esecuzione di tutte le opere previste nel progetto esecutivo lungo la strada statale n. 36 nell'ambito dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo.
Dette opere comprendono, tra l'altro, la sistemazione dello svincolo di Cinisello Balsamo con l'autostrada A4, la sistemazione dello svincolo con la A52 tangenziale Nord di Milano e della viabilità locale, la bretella di Muggiò e la galleria artificiale lungo viale Lombardia nel comune di Monza della lunghezza di circa 2 chilometri.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LAURINI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
alla fine del 1997 veniva aperta al traffico in provincia di Potenza, la variante alla strada statale n. 95 Tito-Brienza, senza uscita a Tito-paese, in quanto lo svincolo in località Acqua Bianca, realizzato in buona parte, non era stato completato;
tale manufatto è da allora rimasto inutilizzato e mai aperto al traffico;
con nota 871/98 del 5 marzo 1998, il Ministro Paolo Costa comunicò che era all'esame del Compartimento di Potenza la costruzione di un nuovo e diverso svincolo per Tito della suddetta variante, per la cui progettazione si stavano acquisendo i dati tecnici preliminari ed indispensabili per sottoporla all'esame degli Enti competenti;
dopo quasi 10 anni, con la recente nota CPZ 0000988-P del 17 gennaio 2007, il Compartimento ANAS di Potenza ha comunicato all'Amministrazione Comunale di Tito che il nuovo Progetto «Svincolo per Tito in località Nuvolese», da realizzarsi sulla SS 95 Variante di «Brienza», è stato trasmesso alla Direzione Generale ANAS per le competenti approvazioni;
a tutt'oggi si ignora la logica che ha spinto l'ANAS, dopo aver costruito lo svincolo di Acqua Bianca investendo ingente quantità di danaro pubblico, ad abbandonare il manufatto che - mai demolito - costituisce un grave e inutile «insulto» al paesaggio e all'ambiente, mentre il notevole incremento del traffico locale ha reso la traversa interna al paese assolutamente insufficiente ad assorbire il flusso veicolare soprattutto dei mezzi pesanti che quotidianamente, provenendo dallo svincolo dello scalo di Tito (ubicato circa 4 chilometri più a monte, nell'area industriale) attraversa il centro abitato;
tale attraversamento del centro abitato fa ormai registrare un alto livello di criticità per la pubblica e privata incolumità, con il continuo deterioramento dei sottoservizi e la notevole concentrazione di fumi e gas di scarico, che turbano in maniera rilevante l'equilibrio ambientale, con ripercussioni sulla salute dei cittadini;
al contrario lo svincolo di Acqua Bianca, essendo a valle del paese, alleggerirebbe enormemente la corrente di traffico diretta appunto a valle di Tito, alla sua periferia e alla popolosa area ubicata fra Tito e Satriano di Lucania, rendendo tra l'altro molto più facilmente e rapidamente raggiungibile sia la località Archeologica «Torre di Satriano», sita a soli 5 chilometri, sia il recentemente istituito Parco Nazionale della Val d'Agri, con un'area agrituristica in progressivo sviluppo;
l'ipotizzato e tuttora «sulla carta» costoso svincolo alla località Nuvolese è a monte del centro abitato e conseguentemente
non decongestionerebbe il traffico nella zona urbana sopra segnalato -:
quali iniziative intenda assumere per completare rapidamente i lavori e rendere agibile lo svincolo di Acqua Bianca, unico idoneo a risolvere con urgenza il gravissimo problema segnalato dall'Amministrazione Comunale e da tutta la cittadinanza di Tito, mettendo finalmente a frutto l'investimento a suo tempo fatto;
quali provvedimenti intenda invece adottare, qualora si accerti che il manufatto sia stato realizzato illegittimamente e senza alcuna possibilità di recupero, per:
a) provvedere alla sua demolizione;
b) perseguire in via amministrativa i responsabili per quanto avvenuto;
c) dare concreto e veloce corso all'attuazione del progetto alternativo.
(4-04352)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Lo svincolo in località «Acqua Bianca» nel Comune di Tito (Potenza), realizzato in parte con l'esecuzione della variante alla statale 95 «Tito-Brienza», non è stato in effetti portato a termine a causa del parere negativo espresso dalla Regione Basilicata - Ufficio urbanistica e tutela del paesaggio.
Pertanto, il competente Compartimento ANAS di Potenza, d'intesa con l'Amministrazione comunale di Tito, ha valutato altre ipotesi nelle contrade di «Frangi», «S. Anna», «Cimitero» e «Nuvolese». Quest'ultima località è stata accertata, a seguito delle verifiche effettuate, la più idonea per le caratteristiche riscontrate.
Si è quindi avviato l'iter approvativo con l'attivazione della Conferenza di servizi, conclusasi con pronuncia positiva sul progetto di costruzione dello svincolo per Tito in località «Nuvolese».
Il progetto, con opportuni aggiornamenti, è inserito nel Piano 2007-2011 attualmente in fase approvativa ed è compreso tra gli interventi per il miglioramento della sicurezza sulla rete stradale nazionale ex articolo 15 della legge n. 166 del 2002.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LONGHI. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - considerato che:
nel 1997 la giunta del Comune di Genova, guidata dal sindaco Adriano Sansa, aveva deciso di acquistare l'area di proprietà CIMI-MONTUBI SpA in località Erzelli (Genova-Cornigliano) data in affitto al gruppo Spinelli e ad alcuni soggetti imprenditoriali;
le trattative con la proprietà erano effettuate dal Vicesindaco Claudio Montaldo e dall'allora Assessore al Patrimonio al fine di acquisire al patrimonio della città un'area di pregio per lo sviluppo del ponente genovese;
anche il gruppo Spinelli era interessato all'acquisto;
non appena costituita la società «Ponente Sviluppo», partecipata dal Comune di Genova, che aveva come missione l'acquisizione di aree strategiche per la città, le fu affidato l'incarico di continuare le trattative al fine di acquistare la suddetta area di 273.878 mq.;
alla fine del 1997 Adriano Sansa non fu più candidato dal centrosinistra, fu eletto un nuovo sindaco e una nuova giunta;
il 13 ottobre 1998 il Gruppo Spinelli acquistò l'area per otto miliardi di lire oltre IVA;
il 22 giugno 2006 la Genova High Tech SpA acquistò dal Gruppo Spinelli l'area di 273.878 mq comperata nel 1998, più altri lotti di terreno, di minor pregio, di 291.468 mq. Il Gruppo Spinelli incassò 39 milioni di euro + IVA;
nel contratto d'acquisto è previsto che dalla parte venditrice le aree dovranno essere rese libere con scadenza, graduata
e comunque totalmente entro il 30 novembre del 2009;
il Gruppo Spinelli, ha presentato in data 12 maggio 2006 istanza all'Autorità, Portuale di Genova e a SpA per Cornigliano e da quest'ultima accolta il 23 giugno 2006, al fine di ottenere immediatamente la disponibilità pluriennale delle aree di circa mq 140.000 di proprietà di SpA per Cornigliano all'interno delle acciaierie, che in attuazione dell'atto modificativo dell'accordo di programma 29 novembre 1999 sottoscritto l'8 ottobre 2005 sono destinate, dopo la bonifica, ad essere consegnate alla Autorità Portuale di Genova. affinché questa, in forza di un diritto di superficie sessantennale, le attrezzi e le utilizzi per funzioni di logistica portuale;
tale utilizzo è stato consentito da un accordo tra SpA per Cornigliano e Gruppo Spinelli il 23 giugno 2006 che prevede ciò in via temporanea, anche in considerazione che la movimentazione di una grande quantità di containers attualmente agli Erzelli potrebbe avere effetti negativi se ricollocati in ambito urbano;
in funzione di una temporaneità, è stato concesso un comodato da parte di SpA per Cornigliano al Gruppo Spinelli;
il comodato avrà durata fino alla data di consegna delle aree da parte di SpA per Cornigliano all'Autorità Portuale;
l'accordo intende consentire la soluzione delle problematiche relative al trasferimento dei contairners vuoti siti nelle aree, già di proprietà del Gruppo Spinelli, degli Erzelli, escludendo il loro deposito in aree urbane appartenenti al territorio del Comune di Genova;
la messa a disposizione delle aree in favore del Gruppo Spinelli avverrà in via temporanea e fino alla data improrogabile del 30 giugno 2010;
il Gruppo Spinelli si impegna alla scadenza (30 giugno 2010) a rendere libere le aree soggetto del comodato ed a riconsegnarle libere a SpA per Cornigliano e per essa all'Autorità Portuale, fatta salva ogni diversa pattuizione nelle more intervenuta con Autorità Portuale;
il Gruppo Spinelli, si obbliga, altresì, a provvedere al trasferimento dei containers oggi depositati sulle aree di sua proprietà in Erzelli a partire dal novembre 2006;
quale indennizzo per il riconoscimento della proprietà dell'area, il Gruppo Spinelli si obbliga al pagamento in favore di SpA per Cornigliano di una somma pari a euro 3/mq/anno;
nel caso di inadempimento del Gruppo Spinelli all'obbligo di liberazione delle aree alla scadenza del contratto di comodato ovvero all'atto della cessazione anticipata del rapporto per qualsiasi ragione, SpA per Cornigliano (ovvero Autorità Portuale, se in allora, legittimata), applicherà una penale mensile pari ad euro 20.000/mese per i primi tre mesi e ad euro 40.000/mese per gli ulteriori tre mesi, fatto salvo il maggior danno e le diverse azioni a tutela dei loro interessi;
a garanzia di pagamento di tali penali il Gruppo Spinelli presta garanzia fideiussoria a prima richiesta in favore di SpA per Cornigliano (e/o per quanto di ragione dell'Autorità Portuale) pari ad euro 200.000;
si corre il rischio che la minaccia di collocare containers nel territorio del comune di Genova sia il presupposto per qualsiasi azienda per avere in comodato d'uso aree delle acciaierie-:
per quale motivo ci si sia preoccupati di consegnare aree pregiate all'interno delle acciaierie al Gruppo Spinelli e non ci si sia invece preoccupati di assegnare spazi alle aziende collocate agli Erzelli e che pagavano e pagano l'affitto al Gruppo Spinelli e ora sono sfrattate;
per quale motivo non si sia fatta una gara pubblica per concedere in comodato 140.000 mq di aree pregiate all'interno delle acciaierie;
se il comodato d'uso concesso da SpA per Cornigliano sia il presupposto perché
l'Autorità portuale assegni la stessa area, senza gara, al Gruppo Spinelli;
se al Gruppo Spinelli sia proibito collocare nel territorio del Comune di Genova containers attualmente non collocati agli Erzelli;
se attualmente, visto che il Gruppo Spinelli ha ancora a disposizione buona parte degli Erzelli e l'area delle Acciaierie, non risulti vero che nelle aree delle Acciaierie siano collocati anche containers vuoti non provenienti dagli Erzelli, bensì, scaricati pieni dalle navi, trasportati e svuotati nelle zone del Nord e poi ritrasportati vuoti nelle acciaierie di Genova;
per quale motivo il Gruppo Spinelli, nonostante la vantaggiosa operazione immobiliare fatta sulle aree degli Erzelli, paghi soltanto euro 3/mq/anno; meno, molto meno, di quanto paghino i suoi affittuari agli Erzelli, e di quanto paghino normalmente le aziende che operano in zona portuale;
se la penale prevista alla scadenza del comodato, in caso il Gruppo Spinelli non lasci le aree, non sia irrisoria in quanto per i primi tre mesi è come pagasse un canone di euro 17,4 mq/anno e nei successivi tre mesi di euro 34,8 mq/anno, tariffe simili a quelle applicate in alcuni casi all'Autorità Portuale;
cosa succederebbe se dopo i sei mesi dalla scadenza del comodato il Gruppo Spinelli non dovesse lasciare l'area;
se la fideiussione di Euro 200.000 sia una sufficiente garanzia per l'interesse pubblico;
se al Governo risulti se alla scadenza, del comodato il Gruppo Spinelli collocherà i containers vuoti oltre Appennino o in aree del territorio Genovese;
se i Ministri intendano intervenire.
(4-04075)
LONGHI. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a volte è bene diffidare dei benefattori;
sull'«affaire» Spinelli-Acciaierie il sottoscritto interrogante ha già presentato due interrogazioni (la 4-04075 del 18 giugno 2007, la 4-04190 del 27 giugno 2007) alle quali non ha ancora ricevuto risposta;
su La Repubblica edizione di Genova del 27 luglio 2007, in un articolo di Gabriele De Ferraris, si riporta una dichiarazione di Spinelli: «ci hanno dato il district park Cornigliano, ma a un prezzo di 13 euro a metro quadro contro i 4 euro per gli altri terminalisti nei district park»;
su Il Secolo XIX del 22 luglio 2007, in un articolo a firma Paolo Crecchi, il Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, dichiara: «Io so che in due anni non un operatore portuale si è fatto avanti per le aree lasciate libere dalle acciaierie». Alla ulteriore domanda del giornalista: «In quelle aree adesso ci sono i container di Spinelli», Burlando risponde: «Per fortuna, almeno la società che le ha in concessione incassa un canone. Il problema sarà il dopo. Per adesso la comunità portuale non ha mostrato il più timido interessamento»;
nei mesi di marzo/aprile 2007 Confindustria Genova ha svolto una ricerca preliminare presso le proprie aziende associate, volta a rilevare eventuali manifestazioni di interesse per le aree che la bonifica in corso delle ex acciaierie di Cornigliano renderà disponibili a partire dal 2010, sotto la gestione dell'Autorità portuale. Sono state presentate ben 15 manifestazioni di interesse;
il 27 giugno 2007, l'Autorità portuale di Genova ha pubblicato delle «istanze concessorie» tra le quali una recita: «Pubblicazione dell'avviso finalizzato alla raccoltadelle manifestazioni di interesse per la riconversione delle aree siderurgiche dismesse di Cornigliano»;
hanno manifestato a questo avviso interesse, a quanto risulta all'interrogante, quattro imprese: la Nuovo Borgo Terminal Containers Srl che richiede 50.000 mq; la Sotras Srl che richiede 50.000 mq; la Derrick che richiede 100.000 mq e la Silt Srl che ne richiede 35.000 -:
se risulti per quale motivo, nonostante nell'atto di concessione in comodato d'uso da parte della spa per Cornigliano al gruppo Spinelli di 140.000 mq delle aree delle Acciaierie di Genova Cornigliano, se ne indica l'utilizzo per il deposito dei vuoti trasferiti dagli Erzelli e alla modica cifra di 3 euro/mq/anno, il Comm. Spinelli dichiara invece che l'area è per il distripark di Cornigliano e ad un prezzo di 13 euro/mq/anno;
per quale motivo vi sia una differenza di 10 euro/mq/anno e chi incassi la differenza citata dal Comm. Spinelli;
se non si ritenga che se la SpA per Cornigliano avesse indetto una gara avrebbe potuto spuntare un prezzo più alto, contrariamente alle dichiarazioni di Burlando che ritiene una fortuna che il Comm. Spinelli sia disponibile a pagare un canone;
se non si ritenga inoltre che economicamente anche moralmente e legalmente più giusto dare la possibilità di partecipare ad una gara ad aziende come la Nuovo Borgo Terminal Containers Spa e la Sotras Srl che svolgono attività simili a quelle del Gruppo Spinelli e che da questo sono state sfrattate dagli spazi che occupano agli Erzelli, neutralizzando così la concorrenza e col rischio di gettare sul lastrico decine di lavoratori;
se non si ritiene che assegnando spazi delle acciaierie alla Derrick essa potrebbe ridimensionare il deposito che ha Borzoli ed alleggerire quindi il traffico pesante che intasa via Borzoli;
come potevano, nei due anni trascorsi, gli operatori portuali farsi avanti per richiedere le aree delle acciaierie se queste non erano state messe sul mercato;
se sia vero che le quantità di container depositate dal gruppo Spinelli nelle aree delle acciaierie sia ben maggiore dei contenitori tolti dagli Erzelli.
(4-04620)
Risposta. - In merito alla questione rappresentata nell'interrogazione in esame, le aree ex siderurgiche di Genova-Cornigliano, allo stato attuale, non sono nella disponibilità dell'Autorità portuale di Genova, ai sensi dell'articolo 5 dell'Atto modificativo dell'Accordo di programma per Cornigliano.
Tali aree rientreranno nella giurisdizione della citata Autorità solo al termine delle operazioni di bonifica il completamento delle quali è previsto nell'arco di 5 anni dall'efficacia dell'Accordo.
Nell'atto ispettivo, inoltre, si richiama un contratto risultante tra la società per Cornigliano e il Gruppo Spinelli. A tale riguardo si precisa che non esiste un accordo tra Società per Cornigliano, Autorità portuale e Gruppo Spinelli con il quale viene spostata la data di rilascio delle aree dal 2010 al 2011, ma esiste una comunicazione di Società per Cornigliano che segnala che in considerazione di esigenze contingenti di utilizzo temporaneo delle aree da parte del Gruppo citato «si dovrà prevedere come termine di consegna quello del 1o luglio 2010».
Di ciò è stato portato a conoscenza il Comitato portuale nella seduta del 22 luglio 2006 e, in seguito l'Autorità portuale ha concordato con la data del 1o luglio 2006, in considerazione delle contingenti esigenze di temporaneo utilizzo delle aree ex siderurgiche da parte del Gruppo Spinelli.
Infine, si fa presente che l'Autorità portuale, in data 13 maggio 2007, ha provveduto, a pubblicare sui quotidiani e sul proprio sito internet la richiesta di manifestazione di interesse per l'area in questione e a tale riguardo risultano pervenute alla citata Autorità diciotto istanze, in relazione alle quali verrà effettuata una apposita procedura a evidenza pubblica.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è in fase attuativa la cosiddetta ristrutturazione della banca d'Italia con la previsione di una chiusura di circa un terzo delle attuali sedi periferiche;
tale organizzazione prevede la cessazione della storica attività della banca d'Italia nella città di Massa, con notevoli effetti negativi sia d'ordine occupazione che d'ordine sociale ed economico per il trasferimento di funzioni essenziali per il sistema bancario e finanziario;
risulta inaccettabile una così evidente penalizzazione della città di Massa non motivabile da alcun valido standard utilizzabile in merito -:
quali iniziative, nel rispetto dell'autonomia della banca d'Italia, intenda il Ministro interrogato assumere per salvaguardare i livelli occupazionali e la professionalità dei dipendenti della sede di Massa anche tenuto conto dei servizi di tesoreria svolti dalla banca d'Italia sul territorio.
(4-04406)
MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è in fase attuativa la cosiddetta ristrutturazione della banca d'Italia con la previsione di una chiusura di circa un terzo delle attuali sedi periferiche;
tale organizzazione prevede la cessazione della storica attività della banca d'Italia nella città di Pistoia, con notevoli effetti negativi sia d'ordine occupazione che d'ordine sociale ed economico per il trasferimento di funzioni essenziali per il sistema bancario e finanziario;
risulta inaccettabile una così evidente penalizzazione della città di Pistoia non motivabile da alcun valido standard utilizzabile in merito -:
quali iniziative, nel rispetto dell'autonomia della banca d'Italia, intenda il Ministro interrogato assumere per salvaguardare i livelli occupazionali e la professionalità dei dipendenti della sede di Massa anche tenuto conto dei servizi di tesoreria svolti dalla banca d'Italia sul territorio.
(4-04407)
MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è in fase attuativa la cosiddetta ristrutturazione della banca d'Italia con la previsione di una chiusura di circa un terzo delle attuali sedi periferiche;
tale organizzazione prevede la cessazione della storica attività della banca d'Italia nella città di Lucca, con notevoli effetti negativi sia d'ordine occupazione che d'ordine sociale ed economico per il trasferimento di funzioni essenziali per il sistema bancario e finanziario;
risulta inaccettabile una così evidente penalizzazione della città di Lucca non motivabile da alcun valido standard utilizzabile in merito -:
quali iniziative, nel rispetto dell'autonomia della banca d'Italia, intenda il Ministro interrogato assumere per salvaguardare i livelli occupazionali e la professionalità dei dipendenti della sede di Massa anche tenuto conto dei servizi di tesoreria svolti dalla banca d'Italia sul territorio.
(4-04408)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente il progetto di riforma organizzativa della rete territoriale della Banca d'Italia.
Al riguardo, si premette che l'istituzione e la chiusura di filiali è disciplinata dallo Statuto della Banca d'Italia, la quale, nell'ambito della propria autonomia, ha deciso di procedere ad una razionalizzazione della struttura territoriale per adeguarla al mutamento delle funzioni svolte, nonché alle nuove modalità di svolgimento delle stesse, essendo cambiato, soprattutto negli ultimi anni, il contesto normativo e tecnologico nel quale opera.
Infatti, l'Istituto si è trovato ad operare in una situazione profondamente modificata a seguito di:
un diverso assetto dei rapporti tra Governo e Banca centrale, alla luce dei più stringenti vincoli dell'integrazione europea e soprattutto di quelli derivanti dalla adesione al Sistema europeo di banche centrali e alla moneta unica;
uno sviluppo e una crescente integrazione dei mercati finanziari, con la parallela crescita dei sistemi di pagamento;
un esteso ricorso a forme di cooperazione internazionale;
un mutamento nella ripartizione delle competenze tra Stato centrale e autonomie territoriali;
un impatto rilevante della variabile tecnologica.
I compiti di banca centrale, ormai definiti da standard fissati dall'Eurosistema, richiedono a loro volta una complessa attività capace di coniugare al meglio livelli adeguati di liquidità del sistema e obiettivi di rendimento nell'ambito di accettabili livelli di rischio.
Del pari, è cresciuto l'impegno della Banca centrale sul fronte del presidio del sistema dei pagamenti. La caduta delle barriere nei mercati finanziari, infatti, richiede una regolamentazione a livello sovranazionale e infrastrutture tecniche capaci di sopportare il loro fluido funzionamento riducendo al minimo i rischi.
Il servizio di Tesoreria dello Stato è risultato investito negli ultimi anni da innovazioni normative e tecnologiche assai rilevanti, connesse con il graduale passaggio allo strumento telematico.
Tali fenomeni implicano per la Banca d'Italia la necessità di potenziare la propria capacità di svolgere le funzioni istituzionali, conservando la tradizionale efficacia, ma operando con maggiore efficienza e realizzando l'obiettivo - comune a tutte le Amministrazioni pubbliche - di ricercare sempre il miglior rapporto tra costi e valore dei servizi erogati.
Il progetto di riforma organizzativa della rete territoriale è stato reso pubblico dalla Banca d'Italia nel corrente mese attraverso il proprio sito internet.
Tale progetto interessa l'Amministrazione centrale, le rappresentanze all'estero, la rete territoriale. Il modello concentra l'attività in prevalenza presso le filiali site nei capoluoghi regionali, le quali svolgeranno l'intera gamma dei compiti assegnati alla rete, nonché un ruolo di interlocuzione con il contesto esterno e di coordinamento delle altre strutture della regione. A queste filiali viene, altresì, attribuita la funzione di programmazione, pianificazione e determinazione delle priorità relativamente alle attività di rilevanza regionale.
Il processo richiede, inoltre, una revisione dei sistemi di gestione nell'ottica di una maggiore flessibilità nell'utilizzo delle risorse che la Banca d'Italia si è dichiarata disponibile a discutere con le organizzazioni sindacali.
Con specifico riferimento alle funzioni di vigilanza creditizia e finanziaria esercitate dalla Banca d'Italia, quest'ultima ha precisato che «le Unità dedicate alla vigilanza bancaria e finanziaria», nei casi in cui se ne prevede la costituzione in luogo delle attuali filiali, saranno ubicate in aree nelle quali, tenendo conto anche dell'ulteriore decentramento programmato dei compiti della funzione, si riscontra la presenza di un numero di intermediari sufficiente a garantire il conseguimento degli obiettivi di efficacia della funzione stessa. La costituzione delle Unità specializzate consente di valorizzare gli aspetti della prossimità ai soggetti vigilati e della conoscenza dei mercati locali, mantenendo buoni livelli di flessibilità organizzativa e di presidio professionale.
In ordine all'attuazione del progetto, il documento in questione prevede la realizzazione dello stesso entro il 2010.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Mario Lettieri.
MURA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'organizzazione periferica della Banca d'Italia è formata da 97 filiali presenti presso 95 città capoluoghi di Provincia;
le filiali dell'istituto svolgono una pluralità di funzioni connesse con il servizio di tesoreria dello Stato, l'andamento della circolazione monetaria, l'analisi dei fenomeni economici e finanziari locali, l'assolvimento dei compiti in materia di vigilanza finanziaria e creditizia e la supervisione sul sistema dei pagamenti. Funzioni che si traducono in un servizio di estrema utilità per i cittadini;
le filiali della Banca d'Italia svolgono il servizio di tesoreria provinciale dello Stato e a tal fine presso tali sedi sono costituite le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato che curano le operazioni di incasso e pagamento disposte dalle Amministrazioni dello Stato;
le filiali dell'istituto garantiscono la regolarità della circolazione monetaria provvedendo alla distribuzione ed immissione nel sistema delle banconote e delle monete, nonché al ritiro e alla distruzione delle banconote deteriorate;
il Direttorio della Banca d'Italia sta valutando l'ipotesi di procedere ad una riorganizzazione della struttura periferica dell'Istituto, che comporterebbe la chiusura di 59 filiali ubicate in altrettante città capoluoghi di Provincia ed il mantenimento delle sole filiali presenti nei capoluoghi di regione, oltre a quello di alcune filiali deputate ad assolvere compiti specialistici;
nei confronti di tale progetto di riorganizzazione ha espresso perplessità e preoccupazione l'Unione delle Province Italiane (UPI), sostenendo in una lettera inviata al Governatore Mario Draghi il 5 marzo 2007, che la chiusura delle filiali provinciali avrà pesanti ripercussioni sul sistema delle imprese, e comporterà una ulteriore complicazione alla vita delle imprese stesse e, quindi, un ulteriore ostacolo allo sviluppo economico. Senza considerare i problemi che deriveranno dalla necessaria riallocazione del personale delle filiali nelle nuove sedi;
la considerevole riduzione delle filiali periferie della Banca d'Italia produrrà un aggravio di costi e disagi per l'utenza che verrebbe privata dei servizi erogati prontamente ed in forma gratuita dalle stesse filiali;
simili preoccupazioni sono state espresse dalle maggiori organizzazioni sindacali del settore bancario come la FISAC CGIL, UILCA UIL, FIBA CISL e FALBI -:
se il Ministro non reputi opportuno, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto dell'autonomia decisionale della Banca d'Italia, intervenire, anche favorendo il dialogo con le rappresentanze sindacali, per evitare che la riorganizzazione della struttura periferica della Banca d'Italia abbia ripercussioni negative sull'economia dei territori provinciali interessati e sugli utenti.
(4-03055)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente il progetto di riforma organizzativa della rete territoriale della Banca d'Italia.
Al riguardo, si premette che l'istituzione e la chiusura di filiali è disciplinata dallo Statuto della Banca d'Italia, la quale, nell'ambito della propria autonomia, ha deciso di procedere ad una razionalizzazione della struttura territoriale per adeguarla al mutamento delle funzioni svolte, nonché alle nuove modalità di svolgimento delle stesse, essendo cambiato, soprattutto negli ultimi anni, il contesto normativo e tecnologico nel quale opera.
Infatti, l'Istituto si è trovato ad operare in una situazione profondamente modificata a seguito di:
un diverso assetto dei rapporti tra Governo e Banca centrale, alla luce dei più stringenti vincoli dell'integrazione europea e soprattutto di quelli derivanti dalla adesione al Sistema europeo di banche centrali e alla moneta unica;
uno sviluppo e una crescente integrazione dei mercati finanziari, con la parallela crescita dei sistemi di pagamento;
un esteso ricorso a forme di cooperazione internazionale;
un mutamento nella ripartizione delle competenze tra Stato centrale e autonomie territoriali;
un impatto rilevante della variabile tecnologica.
I compiti di banca centrale, ormai definiti da standard fissati dall'Eurosistema, richiedono a loro volta una complessa attività capace di coniugare al meglio livelli adeguati di liquidità del sistema e obiettivi di rendimento nell'ambito di accettabili livelli di rischio.
Del pari, è cresciuto l'impegno della Banca centrale sul fronte del presidio del sistema dei pagamenti. La caduta delle barriere nei mercati finanziari, infatti, richiede una regolamentazione a livello sovranazionale e infrastrutture tecniche capaci di supportare il loro fluido funzionamento riducendo al minimo i rischi.
Il servizio di Tesoreria dello Stato è risultato investito negli ultimi anni da innovazioni normative e tecnologiche assai rilevanti, connesse con il graduale passaggio allo strumento telematico.
Tali fenomeni implicano per la Banca d'Italia la necessità di potenziare la propria capacità di svolgere le funzioni istituzionali, conservando la tradizionale efficacia, ma operando con maggiore efficienza e realizzando l'obiettivo - comune a tutte le Amministrazioni pubbliche - di ricercare sempre il miglior rapporto tra costi e valore dei servizi erogati.
Il progetto di riforma organizzativa della rete territoriale è stato reso pubblico dalla Banca d'Italia nel corrente mese attraverso il proprio sito internet.
Tale progetto interessa l'Amministrazione centrale, le rappresentanze all'estero, la rete territoriale. Il modello concentra l'attività in prevalenza presso le filiali site nei capoluoghi regionali, le quali svolgeranno l'intera gamma dei compiti assegnati alla rete, nonché un ruolo di interlocuzione con il contesto esterno e di coordinamento delle altre strutture della regione. A queste filiali viene, altresì, attribuita la funzione di programmazione, pianificazione e determinazione delle priorità relativamente alle attività di rilevanza regionale.
Il processo richiede, inoltre, una revisione dei sistemi di gestione nell'ottica di una maggiore flessibilità nell'utilizzo delle risorse che la Banca d'Italia si è dichiarata disponibile a discutere con le organizzazioni sindacali.
Con specifico riferimento alle funzioni di vigilanza creditizia e finanziaria esercitate dalla Banca d'Italia, quest'ultima ha precisato che «le Unità dedicate alla vigilanza bancaria e finanziaria», nei casi in cui se ne prevede la costituzione in luogo delle attuali filiali, saranno ubicate in aree nelle quali, tenendo conto anche dell'ulteriore decentramento programmato dei compiti della funzione, si riscontra la presenza di un numero di intermediari sufficiente a garantire il conseguimento degli obiettivi di efficacia della funzione stessa. La costituzione delle Unità specializzate consente di valorizzare gli aspetti della prossimità ai soggetti vigilati e della conoscenza dei mercati locali, mantenendo buoni livelli di flessibilità organizzativa e di presidio professionale.
In ordine all'attuazione del progetto, il documento in questione prevede la realizzazione dello stesso entro il 2010.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Mario Lettieri.
MURGIA. - Al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince dal comunicato urgente della Commissione per le adozioni internazionali, datato 5 gennaio 2007, pubblicato sul sito internet della stessa commissione (http://www.commissioneadozioni.it/contents/ArchivioNotizie.aspx), sembrerebbe che «...Con Delibera n. 10/2006/E/SG del 20 dicembre 2006, la
Commissione ha disposto la revoca delle autorizzazioni concesse all'Associazione Chiara Onlus per lo svolgimento delle attività previste dalla legge 476/98 ... Si precisa sin d'ora che saranno prese in carico dalla Commissione le coppie per le quali, alla data dell'avvenuta comunicazione del provvedimento di revoca delle autorizzazioni, risultino aver avuto l'abbinamento con uno o più minori stranieri o ricevuto l'invito, da parte delle competenti Autorità estere, a presentarsi per la proposta di abbinamento...»;
nel testo di un successivo comunicato, pubblicato in data 12 gennaio 2007 sullo stesso sito della Commissione per le adozioni internazionali, si rendeva noto che: «...saranno prese in carico dalla CAI non solo - come già anticipato da un precedente comunicato - le coppie che, alla data dell'avvenuta comunicazione del provvedimento di revoca delle autorizzazioni, risultino aver avuto l'abbinamento con uno o più minori stranieri o ricevuto l'invito, da parte delle competenti Autorità estere, a presentarsi per la proposta di abbinamento, ma anche le coppie che hanno già predisposto la documentazione necessaria da presentare alle competenti autorità dei paesi stranieri, secondo la tempistica e le modalità indicate dai singoli paesi...»;
con il predetto provvedimento, veniva, comunque, garantito il completamento, da parte dell'Associazione Chiara Onlus, di tutte le pratiche relative alle coppie che già si trovavano all'estero per definire le fasi finali del proprio iter adottivo e veniva, altresì, disposta l'acquisizione, da parte della CAI, di una relazione dettagliata sulla situazione di ciascuna coppia, precedentemente affidata all'Associazione Chiara Onlus;
nel mese di gennaio 2007, attraverso un comunicato sul sito Internet, la CAI informava che erano già in corso le procedure necessarie per rendere attuativo il provvedimento del 20 dicembre 2006, in particolare per quanto atteneva i diritti di garanzia di ciascuna coppia affidata alla Associazione Chiara Onlus;
in data 5 febbraio 2007, compariva, sul sito Internet della CAI, un altro comunicato che informava di un accordo concluso con il Comune di Roma che avrebbe consentito, a partire dal 12 dicembre 2007, l'inizio dell'azione di tutela delle coppie affidate all'Associazione Chiara Onlus, al fine di individuare congiuntamente le modalità ed il Paese ove concludere i progetti adottivi;
da quanto si evince dal comunicato pubblicato, in data 21 febbraio 2007, sul sito della CAI, sembrerebbe che la stessa Commissione abbia informato «... le coppie già in carico all'ente Chiara ONLUS, le quali non hanno ancora conferito incarico ad altro ente, che è stata costituita la preannunciata équipe di professionisti per il loro ascolto al fine di individuare le migliori modalità per la conclusione del progetto adottivo...»;
da informazioni assunte dall'interrogante presso le coppie interessate, sembrerebbe che i risultati relativi ai primi colloqui delle medesime con la predetta équipe siano deludenti e sarebbero tesi a modificare le intenzioni delle coppie nei confronti dei loro progetti di adozione;
in data 6 marzo 2007, a quanto consta all'interrogante, si sarebbe svolto un incontro tra i rappresentanti del Comitato delle coppie dell'Associazione Chiara Onlus e la Presidente della CAI, dottoressa Capponi, la quale avrebbe palesato la sua indisponibilità a riconsiderare la propria decisione di revoca delle autorizzazioni all'Associazione in parola;
nel corso del predetto incontro, sarebbe stata palesata la disponibilità all'accoglienza delle coppie della ex Chiara Onlus, da parte di altri enti autorizzati, senza che, peraltro, fossero stati forniti i nomi di tali enti e il numero dei posti disponibili;
sembrerebbe che non sia stato definito alcun criterio di priorità relativamente all'inserimento delle coppie della ex Chiara Onlus presso gli enti disponibili ad accettare il loro incarico fiduciario;
i percorsi di adozione internazionale prevedono procedure complesse e lunghe e l'allungamento dei tempi burocratici conseguenti alla revoca delle autorizzazioni concesse all'Associazione Chiara Onlus ed al reinserimento delle coppie presso altri enti risulterebbe non tollerabile soprattutto per la situazione in cui versano i minori affidati agli istituti, molti dei quali privi delle più elementari garanzie per i diritti -:
se la CAI abbia rispettato le procedure relative alla revoca delle autorizzazioni in capo all'Associazione Chiara Onlus;
se l'Associazione Chiara Onlus presenti realmente carenze insostenibili e se non sia possibile intervenire in merito per porre rimedio alle stesse deficienze;
se non ritenga opportuno far completare all'Associazione Chiara Onlus le pratiche ancora pendenti;
se ritenga opportuno che si svolgano le procedure relative alla ridefinizione dei percorsi delle coppie precedentemente affidate all'Associazione Chiara Onlus nella sede centrale della CAI a Roma in quanto sussistono particolari ed evidenti disagi per raggiungere tale sede per coloro che non risiedono nella Capitale;
se non ritenga che la prevista rivalutazione dei percorsi adottivi di coppia da parte dell'équipe incaricata dalla CAI rischi di porsi in contrasto con le scelte già effettuate dalle singole coppie e possa concretarsi in un potenziale rischio di incongrue pressioni psicologiche;
se ritenga che il termine di quaranta giorni - indicato dalla CAI - sia da ritenersi congruo rispetto all'esigenza di condurre un lavoro di qualità con le 534 coppie interessate;
se sia stato preso in esame il rischio della totale assenza di supporto per quelle coppie che hanno già concluso le adozioni tramite l'Associazione Chiara e sono ancora impegnate ad adempiere agli obblighi di invio delle relazioni post-adozione nei Paesi di origine dei minori;
quali iniziative intenda adottare affinché si possano evitare ritardi nelle procedure di adozione già avviate, con grave pregiudizio dei diritti dei minori, nonché delle coppie in attesa di adozione.
(4-02972)
Risposta. - L'atto ispettivo presentato si riferisce alla vicenda della revoca dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, disposta dalla Commissione per le adozioni internazionali (CAI) nei confronti dell'associazione Chiara onlus.
L'interrogante chiede «se la CAI abbia rispettato le procedure relative alla revoca delle autorizzazioni (...); se l'associazione Chiara onlus presenti realmente carenze insostenibili e se non sia possibile intervenire in merito (...); se non ritenga opportuno far completare all'associazione Chiara onlus le pratiche ancora pendenti; se ritenga opportuno che si svolgano le procedure relative alla ridefinizione dei percorsi delle coppie precedentemente affidate all'associazione Chiara onlus nella sede centrale della CAI a Roma (...); se non ritenga che la prevista rivalutazione dei percorsi adottivi di coppia da parte dell'équipe incaricata dalla CAI rischi di porsi in contrasto con le scelte già effettuate dalle singole coppie e possa concretarsi in un potenziale rischio di incongrue pressioni psicologiche; se ritenga che il termine di quaranta giorni (...) sia da ritenersi congruo (...); se sia stato preso in esame il rischio della totale assenza di supporto per quelle coppie che hanno già concluso le adozioni (...); quali iniziative intenda adottare affinché si possano evitare ritardi nelle procedure di adozione già avviate, con grave pregiudizio dei diritti dei minori (...)».
Al riguardo si fa presente, anzitutto, che l'associazione Chiara onlus è un ente che ha, come tutti i soggetti autorizzati per le adozioni internazionali, il compito di formare e assistere le coppie che intendono adottare bambini di altri paesi. Gli enti come Chiara concorrono allo svolgimento
delle funzioni assegnate all'autorità centrale dalla Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja nel 1993, e possono conservare l'abilitazione a tale attività solo se dimostrano la loro idoneità a svolgere correttamente i compiti che sono per legge loro affidati. L'autorità centrale (in Italia, la Commissione per le adozioni internazionali) ha il potere di sorveglianza sugli enti per quanto riguarda la loro composizione, il loro funzionamento e la loro attività, e garantisce per loro dal punto di vista internazionale.
La natura ausiliaria degli enti comporta che la loro azione deve essere in totale sintonia con le prescrizioni e le indicazioni dell'autorità centrale e che in essa deve potersi verificare, in ogni istante, la tutela del superiore interesse del minore.
È, pertanto, evidente che l'interesse degli enti a mantenere l'autorizzazione solo in minima parte coincide con quello dei soggetti che li organizzano e vi lavorano, dovendo piuttosto ritenersi che l'interesse che la legge intende tutelare è quello dei minori e delle famiglie adottive, oltre all'interesse più generale di relazioni internazionali corrette. Relazioni internazionali che non sono improntate ad un «diritto all'adozione», ma piuttosto a considerare l'adozione internazionale come l'ultima spiaggia cui approdare quando tutte le altre procedure per dare una famiglia al minore nel proprio Paese sono fallite.
All'estero, l'ente Chiara operava prevalentemente nella Federazione russa. Questo stato prevede che gli enti stranieri che operano nelle procedure di adozione debbano ogni anno ottenere un formale accreditamento da parte delle autorità russe e già nel 2006, per motivi legati all'attività di Chiara in alcune regioni, aveva deciso di non rinnovare a detto ente tale accreditamento. In quella circostanza, fu la Commissione adozioni internazionali a prendersi carico delle ventisei procedure di adozione in corso e a portarle a conclusione.
Successivamente, la Commissione, all'unanimità, ha deciso di revocare all'ente Chiara tutte le autorizzazioni, per una serie di ragioni e, in particolare, in considerazione della sostanziale paralisi dell'attività dell'ente. Una paralisi non dovuta a fattori esterni e non conoscibili dall'ente, ma ad una non accorta gestione delle proprie potenzialità operative.
Alla data del 16 marzo 2006, infatti, veniva accertato che Chiara aveva pendenti ben 901 procedure adottive, per le quali aveva riscosso il costo dei servizi in Italia e in molti casi anche quelli per le traduzioni degli atti stranieri.
A fronte di tale lista d'attesa, tuttavia, minime erano le prospettive di risposta da parte dell'ente: l'associazione Chiara era operativa in diversi paesi, ma aveva limitatissime possibilità di intervento (in Ucraina era vigente - e lo è tuttora - un sistema che prevede un «contingentamento» delle pratiche che ogni anno possono essere presentate; la Bielorussia aveva bloccato le nuove adozioni; in Armenia, Polonia e Moldova erano stati depositati solo pochissimi dossier; in Ecuador non vi era stato nessun deposito). Nonostante ciò, essa aveva continuato ad assumere nuovi incarichi, senza curarsi del fatto che non avrebbe mai potuto portarli a termine in tempi brevi.
Le deficienze riscontrate nell'organizzazione e nell'attività dell'ente Chiara erano effettivamente gravi e non altrimenti risolvibili.
Da qui tutti i successivi necessari accertamenti e soprattutto la ricerca di trovare una soluzione, per evitare che la lista di attesa delle coppie si allungasse in maniera insostenibile.
Le procedure relative alla revoca delle autorizzazioni sono state pienamente rispettate: la delibera di revoca adottata il 20 dicembre 2006 costituisce l'esito, a lungo ponderato, di due procedure di istruttoria formale avviate in momenti distinti (rispettivamente, il 12 aprile 2006 ed il 21 giugno 2006) e poi riunite. L'ente - in ossequio alle disposizioni vigenti in materia di partecipazione al procedimento amministrativo - ha avuto la possibilità di conoscere le contestazioni che le venivano rivolte, di accedere agli atti, di presentare osservazioni e argomentazioni difensive, ed infine la
stessa legale rappresentante di Chiara è stata udita personalmente dalla Commissione.
Immediatamente dopo il provvedimento, la Commissione per le adozioni internazionali ha preso in carico le coppie in attesa di adozione che si erano rivolte all'ente. Alcune, quelle che avevano già l'abbinamento con un bambino straniero o che erano in attesa dell'invito ad andare all'estero per la proposta di abbinamento, sono state prese in carico direttamente dalla CAI. Per le altre sono stati conclusi accordi di consulenza con professionisti e presi gli opportuni contatti con servizi locali.
Ciò ha consentito alla équipe nominata dalla Commissione di incontrare o contattare telefonicamente circa quattrocentocinquanta coppie, assicurando continuità ai percorsi adottivi e, in alcuni casi, portando a conclusione l'iter adottivo. In ogni caso, sin dall'inizio si è data assistenza al fine di rinnovare i documenti in scadenza e di assicurare che il percorso adottivo non venisse interrotto per motivi formali legati alla revoca dell'ente.
Lo svolgimento di questa attività presso la sede di Roma della Commissione non ha procurato problemi o disagi: per molte coppie non si è reso indispensabile l'incontro personale e queste sono state contattate telefonicamente, senza che ciò abbia comportato deficit nell'assistenza.
Dai colloqui svolti dall'équipe della Commissione è emerso che dopo un iniziale disorientamento vi è stata una presa di coscienza delle famiglie sulla situazione complessiva e tutte si sono poste in posizione di fiducia nei confronti dell'istituzione.
Sono proseguite, nel frattempo, tutte le possibili attività di sostegno da parte della CAI anche per le coppie in partenza per l'estero, con contatti costanti anche durante il soggiorno nel paese straniero, per consentire la conclusione dell'adozione.
Nel periodo di inoperatività dell'ente Chiara, sono state concluse 32 adozioni, tramite la CAI e altri enti, mentre altre 36 coppie sono state prese in carico alla CAI che ne ha seguito la procedura al posto di Chiara.
Il ricorso ad un'équipe di esperti in materia di adozione internazionale, in grado di fronteggiare il primo ascolto delle famiglie e l'evolversi delle singole situazioni in Italia e all'estero e competente a raccordarsi con i servizi sociali italiani qualora ritenuto necessario e specialmente nella fase post-adottiva, si è rivelato utile per le coppie, in quanto esse sono state messe in condizione di conoscere la realtà della situazione; molte hanno richiesto nuovi appuntamenti o dialogato per telefono ed hanno dimostrato una disponibilità all'accoglienza di minori di Paesi non europei.
L'attività di ascolto delle coppie in attesa di adottare con l'associazione Chiara si è resa necessaria non tanto per procedere ad un'arbitraria rivalutazione dei percorsi adottivi, quanto perché, a fronte dell'urgenza con cui dette coppie premevano per una soluzione, occorreva verificare con loro le possibilità per la conclusione dell'adozione in tempi ragionevoli: molte di esse, infatti, erano in attesa da diversi anni, in molti casi erano in possesso di decreti d'idoneità datati e, soprattutto, quasi tutte erano orientate ad adottare in paesi dell'Europa dell'Est, attualmente «chiusi» (come la Federazione russa, che aveva revocato l'accreditamento all'ente) o problematici (come l'Ucraina, dove le nuove procedure introdotte dal governo consentono il deposito di un numero assai limitato di fascicoli). L'unica alternativa ad un'attesa lunghissima sarebbe stata, pertanto, la scelta di un diverso Paese straniero e la disponibilità ad accogliere un bambino proveniente da altre aree del mondo, ma ciò implicava un percorso psicologico e motivazionale adeguato.
Nel frattempo, con una sentenza del Tar del Lazio pronunciata a seguito del ricorso dell'associazione Chiara avverso il provvedimento di revoca, veniva annullata parzialmente la delibera della Commissione per le adozioni internazionali e questa ha deciso di non ricorrere al Consiglio di Stato, bensì di giungere ad un accordo con l'associazione Chiara.
Ciò innanzitutto nell'interesse delle coppie prese in carico dall'ente, per evitare che il prolungarsi dei tempi processuali andasse
a discapito della ripresa dell'operatività dell'ente e dell'attività di assistenza alle coppie, e nel superiore interesse dei minori in attesa di una famiglia.
L'11 giugno 2007 la Commissione per le adozioni internazionali ha dato esecuzione alla predetta sentenza del Tar del Lazio, sottoscrivendo, insieme ai rappresentanti di Chiara Onlus, un accordo sostitutivo ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 241 del 1990. La definizione dell'accordo è stata ritenuta necessaria per individuare di comune intesa i limiti e le modalità di esecuzione della sentenza del Tar e soprattutto per facilitare il percorso adottivo delle alle coppie rimaste in carico all'ente.
La Commissione per le adozioni internazionali, nel confermare la validità delle autorizzazioni precedentemente concesse all'ente, ha dato la massima disponibilità per supportare Chiara onlus nello sforzo di rilanciare l'attività associativa offrendo un adeguato sostegno alle coppie.
Il problema maggiore resta quello legato alla lunga lista d'attesa che si era formata, dal momento che l'attività di Chiara si concentrava nei Paesi dell'est Europa e che questi ultimi stanno di fatto chiudendo le porte all'adozione internazionale. Per fornire alle coppie una risposta in tempi ragionevoli, pertanto, sarà necessario individuare altri Paesi ai quali dirigere le domande di adozione: a questo fine, la Commissione adozioni internazionali prenderà in esame le richieste dell'ente di essere autorizzato ad operare in altri Stati (in Asia ed Sud America) e lo sosterrà nell'attività di informazione e formazione delle coppie. Per le coppie che hanno deciso di rivolgersi ad altri enti si farà in modo che non debbano affrontare spese analoghe a quelle già sostenute.
Va sottolineato come tutta la vicenda sia stata affrontata e risolta perseguendo l'obiettivo di offrire la massima tutela alle coppie coinvolte, evitando ogni pregiudizio dei diritti dei minori. Tale impostazione è stata condivisa dallo stesso ente Chiara, come dimostra la sottoscrizione dell'accordo di cui si è detto.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
PALOMBA. - Al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
la Commissione per le adozioni internazionali (CAI), che ha sede presso la Presidenza del Consiglio, con delibera n. 10/2006/E/SG del 20 dicembre 2006 ha revocato all'Associazione Chiara Onlus le autorizzazioni per lo svolgimento delle proprie attività previste dalla legge n. 476 del 1998, contestando all'Associazione Chiara di avere preso in carico un numero troppo elevato di coppie rispetto alle proprie potenzialità operative;
il giorno 12 gennaio 2007, vista la delibera n. 10/2006/E/SG del 20 dicembre 2006, si è formato un Comitato spontaneo con diramazioni territoriali, tra cui il Comitato Sardo Chiara, che poi si è trasformato in Comitato Nazionale, con l'obiettivo di comprendere e contrastare le ragioni della revoca da parte della CAI, di studiare ed intraprendere tutte le iniziative per cercare di conseguire l'annullamento degli effetti della delibera della CAI ed infine di reperire alternative alla necessità di dover ricominciare tutto daccapo, con perdita di tempo, di energie e di risorse economiche;
il Comitato riconosce che le difficoltà dell'Associazione sono nate dopo il blocco delle adozioni deciso da alcuni paesi esteri nei quali operava l'Associazione Chiara Onlus: in particolare l'Ucraina, che per alcuni anni ha sospeso le adozioni con tutti gli enti italiani, e la Federazione russa, che ha revocato l'accreditamento alla stessa Associazione Chiara con motivazioni pretestuose appena pochi mesi dopo averlo rinnovato;
il Comitato Nazionale si propone di tutelare le 534 famiglie, tutte già risultate idonee all'adozione internazionale, che sono in attesa di concludere le procedure che il provvedimento di revoca ha di fatto lasciato prive della necessaria assistenza nel campo delle pratiche di adozione all'estero,
con la conseguenza, secondo il Comitato stesso, di costringere i bambini in attesa di adozione a permanere per un tempo oggi indefinibile presso gli istituti che li ospitano;
un gruppo di genitori ha incaricato un collegio di avvocati di presentare un ricorso collettivo al TAR del Lazio allo scopo di ottenere la revoca del provvedimento della CAI; la Commissione per le adozioni internazionali ha reso pubblico sul proprio sito un comunicato nel quale informa le coppie già in carico all'ente Chiara Onlus, ma che non abbiano ancora conferito incarico ad altro ente, che è stata costituita, d'intesa con l'Assessorato alle Politiche Sociali e promozione della salute del Comune di Roma, una équipe di professionisti per il loro ascolto al fine di individuare le migliori modalità per la conclusione del progetto adottivo; la CAI non disporrebbe attualmente di una organizzazione operativa all'estero in grado di istituire e gestire materialmente le coppie che si recano presso i paesi d'adozione, per le cui incombenze la CAI si avvale, appunto, di strutture operative di enti iscritti all'albo che comunque già lavorano a regime nei paesi in cui sono operativi;
la soluzione proposta attraverso i servizi sociali di Roma rappresenta un pesante ritardo negli adempimenti connessi con l'abbinamento dei bambini stranieri a coppie già severamente valutate e dichiarate idonee all'adozione internazionale dai diversi Tribunali per i minorenni di residenza delle coppie adottive, di modo che nuove valutazioni si porrebbero come un'obiettiva messa in discussione dell'attività svolta presso i Tribunali minorili e conclusa con i decreti dichiarativi dell'idoneità -:
se i Ministri ritengano opportuno adottare iniziative dirette a conoscere le ragioni che hanno indotto la Commissione per le adozioni internazionali ad escludere l'Associazione Chiara Onlus dagli enti iscritti all'Albo accreditati nei Paesi stranieri, se ritengano giusta e fondata la delibera n. 10/2006/E/SG del 20 dicembre 2006 della Commissione per le adozioni internazionali e se non ritengano di doversi attivare per indurre la revoca della delibera medesima ovvero per promuovere la nomina di un Commissario straordinario dell'Associazione Chiara Onlus perché svolga le attività che questa è stata ritenuta non in grado di porre in essere;
quali iniziative intendano porre in essere per tutelare appieno le famiglie che si sono rivolte all'Associazione Chiara Onlus, tutte già dichiarate idonee all'adozione internazionale, evitando loro la dolorosa ripetizione di attività e la perdita di tempo e di danaro e, più in generale, per trovare una soluzione alla domanda di assistenza delle famiglie italiane sul problema delle adozioni internazionali da parte delle coppie già dichiarate idonee all'adozione e rivoltesi all'Associazione Chiara Onlus, considerato anche che le principali vittime di questa inefficienza sono i bambini che ad oggi permangono negli istituti dei loro paesi in attesa di un'infanzia e di una famiglia migliore.
(4-02807)
Risposta. - L'atto ispettivo in oggetto si riferisce alla vicenda della revoca dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, disposta dalla Commissione per le adozioni internazionali (CAI) nei confronti dell'associazione Chiara onlus.
In particolare, si desidera conoscere se si ritenga opportuno «adottare iniziative dirette a conoscere le ragioni che hanno indotto la Commissione per le adozioni internazionali ad escludere l'associazione Chiara onlus dagli enti iscritti all'albo accreditati nei Paesi stranieri; se ritengano giusta e fondata la delibera n. 10/2006/E/SG del 20 dicembre 2006 della Commissione per le adozioni internazionali e se non ritengano di doversi attivare per indurre la revoca della delibera medesima ovvero per promuovere la nomina di un Commissario straordinario dell'Associazione Chiara onlus
perché svolga le attività che questa è stata ritenuta non in grado di porre in essere; quali iniziative intendano porre in essere per tutelare appieno le famiglie che si sono rivolte all'associazione Chiara onlus, e più in generale per trovare una soluzione alla domanda di assistenza delle famiglie italiane sul problema delle adozioni internazionali da parte delle coppie già dichiarate idonee (...)».
Al riguardo, si fa presente quanto segue.
La vicenda che ha visto coinvolta l'associazione Chiara onlus è stata costantemente seguita, con estrema attenzione, sia pure nel rispetto dell'autonomia della Commissione per le adozioni internazionali, dal Ministro delle politiche per la famiglia, cui è attribuita la delega in materia di coordinamento delle politiche relative alle adozioni.
L'associazione Chiara onlus è un ente che ha, come tutti i soggetti autorizzati per le adozioni internazionali, il compito di formare e assistere le coppie che intendono adottare bambini di altri paesi. Gli enti come Chiara concorrono allo svolgimento delle funzioni assegnate all'autorità centrale dalla Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja nel 1993, e possono conservare l'abilitazione a tale attività solo se dimostrano la loro idoneità a svolgere correttamente i compiti che sono per legge loro affidati. L'autorità centrale (in Italia, la Commissione per le adozioni internazionali) ha il potere di sorveglianza sugli enti per quanto riguarda la loro composizione, il loro funzionamento e 1a loro attività, e garantisce per loro dal punto di vista internazionale.
La natura ausiliaria degli enti comporta che la loro azione deve essere in totale sintonia con le prescrizioni e le indicazioni dell'autorità centrale e che in essa deve potersi verificare, in ogni istante, la tutela del superiore interesse del minore.
È, pertanto, evidente che l'interesse degli enti a mantenere l'autorizzazione solo in minima parte coincide con quello dei soggetti che li organizzano e vi lavorano, dovendo piuttosto ritenersi che l'interesse che la legge intende tutelare è quello dei minori e delle famiglie adottive, oltre all'interesse più generale di relazioni internazionali corrette. Relazioni internazionali che non sono improntate ad un «diritto all'adozione», ma piuttosto a considerare l'adozione internazionale come l'ultima spiaggia cui approdare quando tutte le altre procedure per dare una famiglia al minore nel proprio Paese sono fallite.
All'estero, l'ente Chiara operava prevalentemente nella Federazione russa. Questo stato prevede che gli enti stranieri che operano nelle procedure di adozione debbano ogni anno ottenere un formale accreditamento da parte delle autorità russe e già nel 2006, per motivi legati all'attività di Chiara in alcune regioni, aveva deciso di non rinnovare a detto ente tale accreditamento. In quella circostanza, fu la Commissione adozioni internazionali a prendersi carico delle ventisei procedure di adozione in corso e a portarle a conclusione.
Successivamente, la Commissione, all'unanimità, ha deciso di revocare all'ente Chiara tutte le autorizzazioni, per una serie di ragioni e, in particolare, in considerazione della sostanziale paralisi dell'attività dell'ente. Una paralisi non dovuta a fattori esterni e non conoscibili dall'ente, ma ad una non accorta gestione delle proprie potenzialità operative.
Alla data del 16 marzo 2006, infatti, veniva accertato che Chiara aveva pendenti ben 701 procedure adottive, per le quali aveva riscosso il costo dei servizi in Italia e in molti casi anche quelli per le traduzioni degli atti stranieri.
A fronte di tale lista d'attesa, tuttavia, minime erano le prospettive di risposta da parte dell'ente: l'associazione Chiara era operativa in diversi paesi, ma aveva limitatissime possibilità di intervento (in Ucraina era vigente - e lo è tuttora - un sistema che prevede un «contingentamento» delle pratiche che ogni anno possono essere presentate; la Bielorussia aveva bloccato le nuove adozioni; in Armenia, Polonia e Moldova erano stati depositati solo pochi dossier, in Ecuador non vi era stato nessun deposito). Nonostante ciò, essa aveva continuato ad assumere, nuovi incarichi, senza
curarsi del fatto che non avrebbe mai potuto portarli a termine in tempi brevi.
Le deficienze riscontrate nell'organizzazione e nell'attività dell'ente Chiara erano pertanto effettivamente gravi e non altrimenti risolvibili.
Da qui tutti i successivi necessari accertamenti e soprattutto la ricerca di trovare una soluzione, per evitare che la lista di attesa delle coppie si allungasse in maniera eccessiva.
Le procedure relative alla revoca delle autorizzazioni sono state pienamente rispettate: la delibera di revoca adottata il 20 dicembre 2006 costituisce l'esito, a lungo ponderato, di due procedure di istruttoria formale avviate in momenti distinti (rispettivamente, il 12 aprile 2006 ed il 21 giugno 2006) e poi riunite. L'ente - in ossequio alle disposizioni vigenti in materia di partecipazione al procedimento amministrativo - ha avuto la possibilità di conoscere le contestazioni che le venivano rivolte, di accedere agli atti, di presentare osservazioni e argomentazioni difensive, ed infine la stessa legale rappresentante di Chiara è stata udita personalmente dalla Commissione.
Immediatamente dopo il provvedimento, la Commissione per le adozioni internazionali ha preso in carico le coppie in attesa di adozione che si erano rivolte all'ente. Alcune, quelle che avevano già l'abbinamento con un bambino straniero o che erano in attesa dell'invito ad andare all'estero per la proposta di abbinamento, sono state prese in carico direttamente dalla CAI. Per le altre sono stati conclusi accordi di consulenza con professionisti e presi gli opportuni contatti con servizi locali.
Ciò ha consentito alla équipe nominata dalla Commissione di incontrare o contattare telefonicamente circa quattrocentocinquanta coppie, assicurando continuità ai percorsi adottivi e, in alcuni casi, portando a conclusione l'iter adottivo. In ogni caso, sin dall'inizio si è data assistenza al fine di rinnovare i documenti in scadenza e di assicurare che il percorso adottivo non venisse interrotto per motivi formali legati alla revoca dell'ente.
Si è scelta questa strada in considerazione della particolare attività che deve essere svolta da un ente autorizzato e delle specifiche esigenze delle coppie in attesa presso l'ente Chiara: la nomina di un Commissario straordinario non avrebbe dato risposta alla domanda di assistenza psicologica, di formazione, di supporto nella procedura adottiva delle tante coppie in carico. Soprattutto, non avrebbe risolto il problema della lunghissima lista d'attesa, causato dal fatto che l'associazione Chiara, pur essendo autorizzata per diversi paesi, di fatto aveva - come si è detto sopra - un'attività limitatissima.
Solo una pausa - anche se temporanea - delle attività, con il divieto di assumere nuovi incarichi, avrebbe potuto impedire l'aggravarsi della situazione, mentre un'alternativa per le coppie in attesa doveva essere individuata subito.
Dai colloqui svolti dall'équipe della Commissione è emerso che dopo un iniziale disorientamento vi è stata una presa di coscienza delle famiglie sulla situazione complessiva e tutte si sono poste in posizione di fiducia nei confronti dell'istituzione.
Sono proseguite, nel frattempo, tutte le possibili attività di sostegno da parte della CAI anche per le coppie in partenza per l'estero, con contatti costanti anche durante il soggiorno nel paese straniero, per consentire la conclusione dell'adozione.
Nel periodo di inoperatività dell'ente Chiara, sono state concluse 32 adozioni, tramite la CAI e altri enti, mentre altre 36 coppie sono state prese in carico alla CAI che ne ha seguito la procedura al posto di Chiara.
Il ricorso ad un'équipe di esperti in materia di adozione internazionale, in grado di fronteggiare il primo ascolto delle famiglie e l'evolversi delle singole situazioni in Italia e all'estero e competente a raccordarsi con i servizi sociali italiani qualora ritenuto necessario e specialmente nella fase post-adottiva, si è rivelato utile per le coppie, in quanto esse sono state messe in condizioni di conoscere la realtà della situazione; molte hanno richiesto nuovi appuntamenti o dialogato per telefono ed hanno dimostrato
una disponibilità all'accoglienza di minori di Paesi non europei.
Va precisato che la soluzione scelta non ha comportato alcun rallentamento nella prosecuzione delle procedure di adozione: le coppie che avevano ricevuto (o stavano per ricevere) una proposta di abbinamento sono state accompagnate senza ritardo fino alla conclusione dell'iter, mentre per tutte le altre la procedura si sarebbe comunque bloccata, per anni, anche se non fosse stato adottato il provvedimento di revoca delle autorizzazioni.
L'attività di ascolto delle coppie in attesa di adottare con l'associazione Chiara, lungi dall'essere superflua, si è resa invece necessaria, perché, a fronte dell'urgenza con cui dette coppie premevano per una soluzione, occorreva verificare con loro le possibilità per la conclusione dell'adozione in tempi ragionevoli: molte di esse, infatti, erano in attesa da diversi anni, in molti casi erano in possesso di decreti d'idoneità datati e, soprattutto, quasi tutte erano orientate ad adottare in paesi dell'Europa dell'Est, attualmente «chiusi» (come la Federazione russa, che aveva revocato l'accreditamento all'ente) o problematici (come l'Ucraina, dove le nuove procedure introdotte dal Governo consentono il deposito di un numero assai limitato di fascicoli). L'unica alternativa ad un'attesa lunghissima, era, pertanto, la scelta di un diverso Paese straniero e la disponibilità ad accogliere un bambino proveniente da altre aree del mondo, ma ciò implicava un percorso psicologico e motivazionale adeguato.
Nel frattempo, con una sentenza del Tar del Lazio pronunciata a seguito del ricorso dell'associazione Chiara avverso il provvedimento di revoca, veniva annullata parzialmente la delibera della Commissione per le adozioni internazionali e questa ha deciso di non ricorrere al Consiglio di Stato, bensì di giungere ad un accordo con l'associazione Chiara.
Ciò innanzitutto nell'interesse delle coppie prese in carico dall'ente, per evitare che il prolungarsi dei tempi processuali andasse a discapito della ripresa dell'operatività dell'ente e dell'attività di assistenza alle coppie, e naturalmente nel superiore interesse dei minori che attendono una famiglia.
L'11 giugno 2007 la Commissione per le adozioni internazionali ha dato esecuzione alla predetta sentenza del Tar del Lazio, sottoscrivendo, insieme ai rappresentanti di Chiara Onlus, un accordo sostitutivo ai sensi dell'articolo 11 della legge 241 del 1990. La definizione dell'accordo è stata ritenuta necessaria per individuare di comune intesa i limiti e le modalità di esecuzione della sentenza del Tar e soprattutto per facilitare il percorso adottivo delle coppie rimaste in carico all'ente.
La Commissione per le adozioni internazionali, nel confermare la validità delle autorizzazioni precedentemente concesse all'ente, ha dato la massima disponibilità per supportare Chiara onlus nello sforzo di rilanciare l'attività associativa offrendo un adeguato sostegno alle coppie.
Il problema maggiore resta quello legato alla lunga lista d'attesa che si era formata, dal momento che l'attività di Chiara si concentrava nei Paesi dell'est Europa e che questi ultimi stanno di fatto chiudendo le porte all'adozione internazionale. Per fornire alle coppie una risposta in tempi ragionevoli, pertanto, sarà necessario individuare altri Paesi ai quali dirigere le domande di adozione: a questo fine, la Commissione adozioni internazionali prenderà in esame le richieste dell'ente di essere autorizzato ad operare in altri Stati (in Asia e Sud America) e lo sosterrà nell'attività di informazione e formazione delle coppie. Per le coppie che hanno deciso di rivolgersi ad altri enti si farà in modo che non debbano affrontare spese analoghe a quelle già sostenute.
Va sottolineato come tutta la vicenda sia stata affrontata e risolta perseguendo l'obiettivo di offrire la massima tutela alle coppie coinvolte. Tale impostazione è stata condivisa dallo stesso ente Chiara, come dimostra la sottoscrizione dell'accordo di cui si è detto.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
PEDICA. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 2 gennaio 2007, il Signor Ennio Valetti, dipendente della ASL di Brescia, al rientro dal congedo ordinario ha trovato una nota nr. 0173282, a firma del direttore distrettuale, nella quale gli veniva comunicata la variazione dell'assegnazione provvisoria senza peraltro illustrare le motivazioni di una tale decisione;
il signor Valetti ha ricevuto spesso note ufficiali e ufficiose ed ha subito frequenti trasferimenti;
sembra che ciò sia avvenuto a causa delle denunce fatte dallo stesso Valetti contro il malfunzionamento dell'amministrazione, in particolare in occasione del trasferimento dell'Ufficio scelta revoca del medico, presso il quale presta servizio, che sarebbe stato caratterizzato da abusi che avrebbero provocato l'ennesima interruzione di pubblico servizio e conseguentemente anche uno spreco di denaro pubblico;
anche in seguito ad una aggressione da parte di un cittadino extracomunitario il signor Valetti, pur avendo vinto il processo penale, ha subito un trasferimento;
a causa delle azioni punitive nei suoi confronti, il Valetti è stato sottoposto ad una condizione di rapporto lavorativo estremamente difficile che può configurarsi come un vero e proprio mobbing, come tra l'altro emerge anche dalle diverse denunce da lui stesso fatte e tutte riconducibili a questa fattispecie;
rispondendo alla nota del direttore distrettuale, il signor Valetti ha manifestato la ferma intenzione di non accettare il trasferimento punitivo per non perdere nuovamente la professionalità acquisita nel corso degli anni in un lavoro che svolge con passione -:
se il Ministro non ritenga di dover attivare i suoi poteri ispettivi per verificare la situazione descritta in premessa al fine di far cessare i comportamenti lesivi della personalità e della professionalità del dottor Valetti da parte dell'Autorità della ASL di competenza;
quali iniziative intenda mettere in atto affinché si ristabilisca un riconoscimento dei diritti fondamentali della persona e il dottor Valetti possa espletare la propria mansione senza subire ulteriori arbitrii.
(4-02450)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame sulla base delle notizie fornite dalla Direzione generale della azienda sanitaria locale di Brescia.
Con lettera del 26 dicembre 2006, il Dirigente responsabile del Distretto socio sanitario n. 1 ha destinato il signor Valetti all'espletamento di nuove attività in conseguenza del trasferimento di un dipendente ad altro Ente.
Il signor Valetti è stato incaricato di svolgere mansioni equivalenti, per contenuti e professionalità, a quelle precedentemente effettuate, proprie della qualifica professionale in possesso, pur se diverse per contenuti.
Attualmente il suddetto dipendente è inserito nell'ufficio che si occupa di tutte le procedure relative alle richieste di visite fiscali per malattia dei lavoratori, che pervengono dalle aziende o da altri enti datori di lavoro.
Ad avviso della Direzione generale, non appare che si possano riscontrare «intenti punitivi» nei confronti del dipendente, poiché si tratta di mansioni più complesse ed articolate, meno ripetitive delle precedenti, con possibilità di contatti con l'utenza e con soggetti esterni.
Inoltre, il nuovo incarico non è espressione di un trasferimento, poiché il signor Valletti dal 27 giugno 2005 continua a lavorare presso la stessa unità operativa (il Distretto socio sanitario n. 1).
Peraltro, l'azienda sanitaria locale ha precisato che rientra nei normali poteri di organizzazione che fanno capo al Direttore del Distretto la redistribuzione delle competenze e la razionalizzazione delle attività, soprattutto quando occorre fronteggiare l'esigenza di assicurare la continuità dei
servizi in conseguenza del venir meno di un'unità di personale.
In merito alle presunte attività persecutorie e alle vessazioni, è stato sottolineato che il signor Valetti è perfettamente inserito in un ambito lavorativo insieme ad altri colleghi, in un ufficio assolutamente dignitoso, ubicato in una struttura recentemente ristrutturata; inoltre, da parte del Dirigente responsabile del Distretto non sono mai stati assunti comportamenti ostili o persecutori nei suoi confronti e non ne sono stati osservati analoghi da parte dei colleghi.
In relazione alle denunce che il signor Valetti afferma di aver effettuato a seguito di presunte irregolarità o disfunzioni nell'amministrazione del Distretto, denunce che avrebbero dato origine nei suoi confronti ad attività persecutorie, l'azienda sanitaria locale ha osservato che tali denunce potrebbero segnalare un atteggiamento conflittuale, che si esplicita in affermazioni non rispettose dell'attività lavorativa svolta dai suoi colleghi d'ufficio.
Inoltre, alla Direzione sono pervenute diverse lamentele da parte dell'utenza, circa l'attività espletata dal signor Valetti, le quali denotano un comportamento non sempre comprensivo delle esigenze dei cittadini, specie se appartenenti a categorie «in difficoltà» (anziani, extracomunitari).
Relativamente al fenomeno «mobbing» al quale fa riferimento l'atto parlamentare, il competente Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha inteso precisarne l'ambito.
Il termine mobbing individua un fenomeno sociale consistente nell'aggressione sistematica posta in essere nei confronti del lavoratore dal datore di lavoro (o da un suo preposto) o da un superiore gerarchico, o anche da colleghi e compagni di lavoro, con chiari intenti discriminatori, mirati a emarginarlo progressivamente nell'ambiente di lavoro, per ragioni di concorrenza, gelosia, invidia.
Sia la dottrina che la giurisprudenza lavoristica hanno affermato che i principali elementi caratterizzanti dell'illiceità di tale condotta consistono nella ripetitività e/o reiterazione delle azioni di mobbing, ovvero nell'illecita finalità di discriminare, emarginare o arrecare altrimenti pregiudizio al dipendente - vittima.
Va segnalato inoltre come la Suprema Corte abbia sinora qualificato il mobbing, al più, come illecito contrattuale, dal quale origina il diritto del lavoratore al risarcimento del danno in presenza dei requisiti di legge ed, in particolare, della prova del nesso di causalità tra il comportamento, doloso o colposo, del datore e il pregiudizio che ne è derivato per il lavoratore. Pertanto, allo stato, la norma di riferimento per individuare la responsabilità del datore di lavoro è l'articolo 2087 c.c., («Tutela delle condizioni di lavoro»), il quale, in materia, deve essere interpretato alla luce degli articoli 32 (diritto alla salute) e 41, 2o comma (libertà di iniziativa economica privata) della Costituzione.
La giurisprudenza che si sta formando in materia - assai diversificata nelle sue espressioni - riconduce al mobbing sia fattispecie, già tipizzate e sanzionate penalmente o civilmente, sia comportamenti atipici, censurabili più sotto il profilo relazionale, che per la loro contrarietà a regole giuridiche.
In dottrina, è assai discussa la natura contrattuale o extra-contrattuale della responsabilità per mobbing, specie con riferimento alle fattispecie di angherie operate dai dipendenti all'insaputa del datore di lavoro, delle quali, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, l'imprenditore dovrebbe comunque rispondere.
Pertanto, appare chiaro come la materia risenta della difficoltà di individuare gli stessi elementi costitutivi del fenomeno e, quindi, di conoscerne significato ed implicazioni di tipo risarcitorio, ancor prima che di carattere penale.
Il suddetto Ministero ha sottolineato come la giurisprudenza prevalente consideri come possibili elementi costitutivi del mobbing (sempre in combinato disposto con altri elementi costitutivi della strategia vessatoria, la cui sussistenza va sempre verificata in concreto), la comminazione immotivata e reiterata di sanzioni disciplinari (Pret. Milano, 14 dicembre 1995), il demansionamento
(Cass., 14 novembre 2001, n. 14189) e il trasferimento illegittimo, specie se accompagnato da vessazioni morali e dalla assegnazione del lavoratore a mansioni di contenuto professionale inferiore rispetto a quelle svolte in precedenza (Trib. Forlì, 15 marzo 2001).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
PEDRIZZI. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 28 aprile 2007, l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, spinta da un sempre maggiore malcontento, ha inviato, per il tramite del suo presidente Tommaso Daniele, una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, reclamando una serie di impegni che il Governo si era assunto, ma che, invece, ha disatteso;
la percentuale dei volontari che prestano la loro opera presso il Servizio civile impiegati nell'accompagnamento dei ciechi civili risulta essere ancora molto esigua in relazione alle reali esigenze di assistenza di cui necessitano i non vedenti;
contrariamente a quanto il Governo aveva preannunciato, non si è provveduto a rimediare al taglio del 12,57 per cento operato sugli stanziamenti previsti dalla normativa vigente e destinati a sovvenzionare, tra gli altri, l'Unione Italiana dei ciechi, la Biblioteca Italiana per ciechi «Regina Margherita» di Monza che produce libri braille, la federazione Nazionale delle istituzioni pro ciechi, che provvede alla realizzazione e gestione dei centri per l'educazione e la riabilitazione visiva, oltre ad altre istituzioni dirette a garantire la prestazione dei servizi di assistenza sociale;
la mancata emanazione di un regolamento di attuazione della legge 22 marzo 2000, n. 69, in materia di interventi finanziari per l'integrazione scolastica degli alunni con handicap, ha determinato, negli ultimi sette anni, la dispersione delle risorse finanziarie stanziate, impiegate, invece, per scopi diversi da quelli previsti dalla predetta legge -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno aumentare il numero dei volontari del Servizio Civile da assegnare all'accompagnamento dei non vedenti;
se non intenda intervenire affinché venga ripristinata l'erogazione dei contributi destinati alle varie istituzioni che operano a favore dei non vedenti, nella stessa misura in cui erano stati previsti dalla legge e, entro quali tempi, sia prevista l'emanazione dell'auspicato regolamento di attuazione della legge del 22 marzo 2000, n. 69.
(4-03631)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, per la parte di competenza, concernente l'insufficienza della percentuale di volontari del servizio civile destinata al servizio di accompagnamento dei ciechi civili, si fa presente quanto segue.
Occorre anzitutto evidenziare che, secondo quanto stabilito dall'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), gli obiettori di coscienza di cui alla legge 8 luglio 1998, n. 230 e i volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, possono essere impiegati per lo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili che ne facciano richiesta.
Al fine di garantire la continuità del servizio di accompagnamento svolto dagli obiettori di coscienza attraverso l'attività dei volontari del servizio civile, anche a seguito della sospensione della leva obbligatoria, il Ministro per la solidarietà sociale, con decreto in data 3 agosto 2006, ha stabilito la possibilità di prevedere, fermi restando i principi dettati dalla disciplina sull'accreditamento, deroghe ai termini di presentazione e valutazione dei progetti e ai criteri per la loro approvazione.
In particolare, per quanto riguarda i progetti di servizio civile nazionale presentati a norma dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 288 e dell'articolo 40, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il citato decreto ha previsto che tali progetti,
fino alla concorrenza del 2 per cento del contingente dei volontari stabilito annualmente, non siano sottoposti alla valutazione dì qualità, di cui al paragrafo 4.3, la quale comporta l'attribuzione di un punteggio e la formazione di una graduatoria.
La previsione di una deroga ai criteri di selezione per i progetti in argomento dimostra chiaramente come il Ministro della Solidarietà Sociale ha inteso favorire le associazioni dei ciechi e dei grandi invalidi, nonostante la legge 27 dicembre 2002, n. 289, all'articolo 40, comma 1, non stabilisca in capo all'amministrazione alcun obbligo di impiegare i volontari del servizio civile nello svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi, ma preveda semplicemente la possibilità per i volontari stessi dì essere impiegati in tali specifiche attività.
Tuttavia è stato necessario prevedere un'aliquota da destinare alle richiamate attività in quanto le risorse stanziate per il servizio civile nella legge finanziaria devono essere impiegate per il soddisfacimento di tutte le finalità indicate all'articolo 1 della legge 6 marzo 2001, n. 64, e non soltanto per l'assistenza ai disabili gravi. Tale previsione, comunque, garantisce che ogni anno, attraverso bandi straordinari, una percentuale di volontari sia impiegata nei progetti in argomento; infatti tali progetti, essendo sottratti al sistema di selezione cui sono sottoposti tutti gli altri inseriti nei bandi ordinari, saranno con certezza avviati purché non presentino le anomalie e irregolarità descritte ai paragrafi 4.1 e 4.2 del citato decreto del 3 agosto 2006.
Si evidenzia, al riguardo, che l'aliquota del 2 per cento, è stata fissata tenendo conto dell'entità delle risorse ordinariamente stanziate a favore del Fondo nazionale per il servizio civile ma non è rigidamente stabilita in quanto può essere modificata in relazione ad una rilevante variazione della consistenza del Fondo stesso.
Con riferimento all'anno 2007, si ritiene che, in base alle risorse stanziate nella legge finanziaria, l'aliquota del 2 per cento costituisce la percentuale massima da poter destinare alle associazioni in questione.
Peraltro, si rappresenta che tale aliquota è stata completamente utilizzata con il bando straordinario pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 26 del 30 marzo 2007 che consente alle associazioni stesse di usufruire di un numero di volontari pari a 1.034 per l'accompagnamento dei grandi invalidi e dei ciechi civili. Si precisa al riguardo che le associazioni i cui progetti sono stati pubblicati nel citato bando sono 4 e che a ciascuna di esse è stato assegnato un numero diverso di volontari in relazione ai progetti presentati. In particolare all'Associazione nazionale privi della vista e ipovedenti sono stati assegnati 176 volontari in relazione ad un progetto, all'Unione italiana ciechi sono stati assegnati 850 volontari per 80 progetti, all'Istituto europeo ricerca formazione orientamento professionale onlus (Ierfop) sono stati assegnati 4 volontari per un progetto e all'Unione dei comuni antica terra di lavoro sono stati assegnati 4 volontari in relazione ad un progetto. Si fa presente, inoltre, che i volontari selezionati hanno preso servizio il 2 luglio 2007.
Occorre, altresì, rilevare che tali associazioni possono usufruire di volontari anche attraverso la partecipazione ai bandi ordinari presentando progetti che sono valutati e selezionati al pari di tutti quelli presentati dagli altri enti pubblici o privati. Relativamente al bando per la selezione di 38.922 volontari, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 giugno 2007, n. 46, si rappresenta che sono stati inseriti 68 progetti, presentati dall'Unione italiana ciechi, per l'impiego di 1.291 volontari. Si evidenzia, al riguardo, che tali progetti sono stati valutati, al pari degli altri, sulla base dei criteri di selezione, indicati nel citato decreto del Ministro della solidarietà sociale in data 3 agosto 2006, che non prevedono di privilegiare alcuno dei settori o aree di intervento di cui alla legge n. 64 del 2001, quali l'assistenza, la protezione civile, l'ambiente, il patrimonio artistico e culturale, l'educazione e promozione culturale.
Si evidenzia, inoltre, che il Ministro della solidarietà sociale, al fine di consentire nel corso dell'anno l'avvio di un ulteriore numero di progetti, si è adoperato per
incrementare il Fondo nazionale per il servizio civile. Infatti nel decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, è stata inserita la disposizione di cui all'articolo 7, comma 1, che prevede un'integrazione del Fondo nazionale per il servizio civile, per l'anno 2007, pari a 40 milioni di euro.
Tali ulteriori risorse saranno destinate nella misura del 2 per cento al finanziamento di progetti relativi al servizio di accompagnamento dei ciechi civili e grandi invalidi e, a tal riguardo, l'Ufficio sta predisponendo un nuovo bando straordinario che consentirà alle associazioni interessate di usufruire di altri 114 volontari. La restante somma andrà a finanziare, fino ad esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, i progetti di cui alla graduatoria approvata in data 28 maggio 2007 che, avendo ottenuto un punteggio inferiore a 51, non sono stati inseriti nel bando ordinario pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 giugno 2007, n. 46. Nell'ambito di tali progetti, che saranno inclusi in un ulteriore bando ordinario per la selezione dei volontari da impiegare negli stessi, rientrano anche 17 progetti presentati dall'Unione italiana ciechi per l'impiego di 53 volontari.
Pertanto, con riferimento all'anno 2007 le Associazioni dei ciechi e grandi invalidi usufruiranno di un numero di volontari superiore a quello degli anni precedenti (oltre 2.500), infatti agli 83 progetti per l'impiego di 1.034 volontari, inseriti nel primo bando straordinario, devono essere sommati i 68 progetti per l'impiego di 1.291 volontari di cui al primo bando ordinario, i 14 progetti per l'impiego di 141 volontari inseriti nel bando ordinario del 31 agosto 2007 nonché i volontari che saranno inseriti nel bando straordinario 2007 di prossima emanazione.
Tanto rappresentato, si ritiene che l'aliquota del 2 per cento del contingente dei volontari destinata alle attività di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi, fissata nel sopra richiamato decreto ministeriale, costituisce allo stato attuale il massimo sforzo dell'amministrazione per favorire la categoria dei disabili gravi tenuto conto sia delle risorse disponibili sia delle finalità del servizio civile nazionale.
Al riguardo occorre sottolineare che il Servizio civile non è uno strumento di politica sociale in quanto si riconduce, come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 228 del 2004, 229 del 2004 e n. 431 del 2005, alla materia «difesa e sicurezza dello Stato», di cui all'articolo 117, comma 2, della Costituzione. Infatti, a parere della Consulta, la previsione del sacro dovere di difesa della patria, contenuta nel primo comma dell'articolo 52 della Costituzione, ha un'estensione più ampia dell'obbligo di prestare il servizio militare e comprende anche attività di impegno sociale non armato in quanto deve essere letta alla luce del principio di solidarietà espresso nell'articolo 2 della Costituzione.
In tale contesto il servizio civile nazionale si pone, anzitutto, quale modalità concorrente ed alternativa di difesa dello Stato con mezzi ed attività non militari come indicato nella legge n. 64 del 2001 e nel decreto di attuazione n. 77 del 2002.
Inoltre lo svolgimento del servizio civile è volto a garantire la realizzazione di altri obiettivi fissati dalla Costituzione come lo sviluppo alla cultura, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione (articolo 9); l'educazione alla pace e alla ricerca di forme specifiche di soluzione delle controversie internazionali (articolo 11); la tutela alla salute (articolo 32); l'educazione e l'integrazione sociale delle persone in difficoltà (articolo 38). Infatti la legge n. 64 all'articolo 1 delinea le finalità del servizio civile in piena coerenza con i principi costituzionali sopra enunciati.
Peraltro, occorre rilevare che la partecipazione al servizio civile costituisce un beneficio non solo per gli utenti finali ma anche per i volontari. Infatti a favore dei cittadini che prestano il servizio civile sono previsti incentivi non economici, rilevanti nell'ambito dell'istruzione e della formazione professionale, in termini di crescita professionale, culturale e di senso civico nonché di acquisizione di competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che non sia possibile prevedere un aumento dell'aliquota dei volontari del servizio civile destinata all'assistenza dei disabili gravi, fissata nel decreto ministeriale sopra richiamato, in quanto tale iniziativa determinerebbe una modifica dei caratteri e delle finalità del servizio civile nazionale.
Tale servizio, infatti, come sopra evidenziato, non è riconducibile esclusivamente ad uno strumento di politica sociale e, pertanto, non è possibile privilegiare il settore dell'assistenza favorendo categorie svantaggiate a tutela delle quali sussistono, peraltro, normative specifiche e appositi fondi di finanziamento.
Tuttavia, qualora le risorse destinate annualmente al Fondo nazionale per il servizio civile fossero ingenti, è possibile disporre l'avvio di un maggior numero di progetti relativi al servizio di accompagnamento dei ciechi e grandi invalidi tenuto conto che l'aliquota del 2 per cento fissata nel sopra citato decreto ministeriale non è stabilita rigidamente.
Per quanto concerne, infine, la denunciata mancata emanazione del regolamento previsto dalla legge n. 69 del 22 marzo 2000, il Ministero della pubblica istruzione ha fatto presente che fino alla riforma degli istituti atipici, (Istituto statale «Romagnoli» per minorati della vista, istituti statali per sordomuti di Milano, Roma e Palermo e Scuola nazionale professionale di massofisioterapia per ciechi di Firenze), di cui agli articoli 64 e 71 del decreto legislativo 16 marzo 1994, n. 297, è autorizzato ad utilizzare l'intero stanziamento per gli interventi a favore degli alunni con handicap.
Ciò è puntualmente avvenuto fino ad oggi in attesa dell'emanazione del regolamento di riforma degli istituti di cui trattasi. Al riguardo, si precisa che il regolamento in questione era stato già predisposto ma non ha ottenuto il visto e la registrazione della Corte dei Conti, pertanto in considerazione sia delle osservazioni formulate dalla predetta Corte dei Conti, sia dell'opportunità di avviare una riflessione sul ruolo e le finalità degli istituti in parola, il Ministero della pubblica istruzione sta provvedendo ad elaborare una riformulazione del testo del regolamento, che ottemperi sia alle disposizioni intervenute medio tempore sulla materia, sia alle osservazioni formulate, dalla Corte dei Conti. Sulla questione si fa presente, inoltre, che il 10 maggio 2007, si é tenuto un incontro tra il Ministero della pubblica istruzione e l'Unione italiana ciechi e ipovedenti, nel corso del quale sono state illustrate le linee generali delle modifiche da apportare al precedente testo del regolamento in questione, finalizzate sia a superare il controllo della Corte dei Conti sia a dare attuazione all'articolo 21, comma 10, della legge n. 59 del 1997, attribuendo alle istituzioni interessate l'autonomia giuridico-organizzativa necessaria per il pieno espletamento delle loro funzioni e consentendo inoltre l'attribuzione alle stesse delle specifiche risorse finanziarie, previste dalla legge n. 69 del 2000.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
ANTONIO PEPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti da anni si batte per ridurre al minimo le difficoltà degli associati tendendo a promuovere una legislazione di favore per i portatori handicap visivo, una legislazione orientata a combattere le difficoltà di inserimento scolastico dei giovani e nel mondo del lavoro degli adulti;
nonostante gli impegni assunti dal Ministero della Solidarietà non si è provveduto a garantire ai disabili visivi un accesso numerico adeguato di partecipanti ai progetti di Servizio Civile;
la finanziaria 2007 con il comma 507 dell'articolo 1 peggiora la legislazione in materia di contributi per assistenza sociale così come lamenta l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti;
non si è provveduto alla emanazione del regolamento di attuazione della legislazione
che dispone interventi finanziari per l'integrazione scolastica degli alunni con handicap -:
quali interventi urgenti intenda assumere per far fronte alle difficoltà degli ipovedenti come sopra evidenziate e se non ritenga di dover urgentemente porre in essere tutte le iniziative necessarie per consentire la reale e concreta parità di accesso al mondo della scuola e del lavoro dei diversamente abili visivi.
(4-03883)
Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, per la parte di competenza, concernente l'insufficienza della percentuale di volontari del servizio civile destinata al servizio di accompagnamento dei ciechi civili, si fa presente quanto segue.
Occorre anzitutto evidenziare che, secondo quanto stabilito dall'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), gli obiettori di coscienza di cui alla legge 8 luglio 1998, n. 230 e i volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, possono essere impiegati per lo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili che ne facciano richiesta.
Al fine di garantire la continuità del servizio di accompagnamento svolto dagli obiettori di coscienza attraverso l'attività dei volontari del servizio civile, anche a seguito della sospensione della leva obbligatoria, il Ministro per la solidarietà sociale, con decreto in data 3 agosto 2006, ha stabilito la possibilità di prevedere, fermi restando i principi dettati dalla disciplina sull'accreditamento, deroghe ai termini di presentazione e valutazione dei progetti e ai criteri per la loro approvazione. In particolare, per quanto riguarda i progetti di servizio civile nazionale presentati a norma dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 288 e dell'articolo 40, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il citato decreto ha previsto che tali progetti, fino alla concorrenza del 2 per cento del contingente dei volontari stabilito annualmente, non siano sottoposti alla valutazione di qualità, di cui al paragrafo 4.3, la quale comporta l'attribuzione di un punteggio e la formazione di una graduatoria.
La previsione di una deroga ai criteri di selezione per i progetti in argomento dimostra chiaramente come il Ministro della solidarietà sociale ha inteso favorire le associazioni dei ciechi e dei grandi invalidi, nonostante la legge 27 dicembre 2002, n. 289, all'articolo 40, comma 1, non stabilisca in capo all'amministrazione alcun obbligo di impiegare i volontari del servizio civile nello svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi, ma preveda semplicemente la possibilità per i volontari stessi di essere impiegati in tali specifiche attività.
Tuttavia è stato necessario prevedere un'aliquota da destinare alle richiamate attività in quanto le risorse stanziate per il servizio civile nella legge finanziaria devono essere impiegate per il soddisfacimento di tutte le finalità indicate all'articolo 1 della legge 6 marzo 2001, n. 64, e non soltanto per l'assistenza ai disabili gravi. Tale previsione, comunque, garantisce che ogni anno, attraverso bandi straordinari, una percentuale di volontari sia impiegata nei progetti in argomento; infatti tali progetti, essendo sottratti al sistema di selezione cui sono sottoposti tutti gli altri inseriti nei bandi ordinari, saranno con certezza avviati purché non presentino le anomalie e irregolarità descritte ai paragrafi 4.1 e 4.2 del citato decreto del 3 agosto 2006.
Si evidenzia, al riguardo, che l'aliquota del 2 per cento è stata fissata tenendo conto dell'entità delle risorse ordinariamente stanziate a favore del Fondo nazionale per il servizio civile ma non è rigidamente stabilita in quanto può essere modificata in relazione ad una rilevante variazione della consistenza del Fondo stesso.
Con riferimento all'anno 2007, si ritiene che, in base alle risorse stanziate nella legge finanziaria, l'aliquota del 2 per cento costituisce la percentuale massima da poter destinare alle associazioni in questione.
Peraltro, si rappresenta che tale aliquota è stata completamente utilizzata con il bando straordinario pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 26 del 30 marzo 2007 che consente alle associazioni stesse di usufruire
di un numero di volontari pari a 1.034 per l'accompagnamento dei grandi invalidi e dei ciechi civili. Si precisa al riguardo che le associazioni i cui progetti sono stati pubblicati nel citato bando sono 4 e che a ciascuna di esse è stato assegnato un numero diverso di volontari in relazione ai progetti presentati. In particolare all'Associazione nazionale privi della vista e ipovedenti sono stati assegnati 176 volontari in relazione ad un progetto, all'Unione italiana ciechi sono stati assegnati 850 volontari per 80 progetti, all'Istituto europeo ricerca formazione orientamento professionale onlus (Ierfop) sono stati assegnati 4 volontari per un progetto e all'Unione dei comuni antica terra di lavoro sono stati assegnati 4 volontari in relazione ad un progetto. Si fa presente, inoltre, che i volontari selezionati hanno preso servizio il 2 luglio 2007.
Occorre, altresì, rilevare che tali associazioni possono usufruire di volontari anche attraverso la partecipazione ai bandi ordinari presentando progetti che sono valutati e selezionati al pari di tutti quelli presentati dagli altri enti pubblici o privati. Relativamente al bando per la selezione di 38.922 volontari, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 giugno 2007, n. 46, si rappresenta che sono stati inseriti 68 progetti, presentati dall'Unione italiana ciechi, per l'impiego di 1.291 volontari. Si evidenzia, al riguardo, che tali progetti sono stati valutati, al pari degli altri, sulla base dei criteri di selezione, indicati nel citato decreto del Ministro della solidarietà sociale in data 3 agosto 2006, che non prevedono di privilegiare alcuno dei settori o aree di intervento di cui alla legge n. 64 del 2001, quali l'assistenza, la protezione civile, l'ambiente, il patrimonio artistico e culturale, l'educazione e promozione culturale.
Si evidenzia, inoltre, che il Ministro della solidarietà sociale, al fine di consentire nel corso dell'anno l'avvio di un ulteriore numero di progetti, si è adoperato per incrementare il Fondo nazionale per il servizio civile. Infatti nel decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, è stata inserita la disposizione di cui all'articolo 7, comma 1, che prevede un'integrazione del Fondo nazionale per il servizio civile, per l'anno 2007, pari a 40 milioni di euro.
Tali ulteriori risorse saranno destinate nella misura del 2 per cento al finanziamento di progetti relativi al servizio di accompagnamento dei ciechi civili e grandi invalidi e, a tal riguardo, l'Ufficio sta predisponendo un nuovo bando straordinario che consentirà alle associazioni interessate di usufruire di altri 114 volontari. La restante somma andrà a finanziare, fino ad esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, i progetti di cui alla graduatoria approvata in data 28 maggio 2007 che, avendo ottenuto un punteggio inferiore a 51, non sono stati inseriti nel bando ordinario pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 giugno 2007, n. 46. Nell'ambito di tali progetti, che saranno inclusi in un ulteriore bando ordinario per la selezione dei volontari da impiegare negli stessi, rientrano anche 17 progetti presentati dall'Unione italiana ciechi per l'impiego di 153 volontari.
Pertanto, con riferimento all'anno 2007 le Associazioni dei ciechi e grandi invalidi usufruiranno di un numero di volontari superiore a quello degli anni precedenti (oltre 2.500), infatti agli 83 progetti per l'impiego di 1.034 volontari, inseriti nel primo bando straordinario, devono essere sommati i 68 progetti per l'impiego di 1.291 volontari di cui al primo bando ordinario, i 14 progetti per l'impiego di 141 volontari inseriti nel bando ordinario del 31 agosto 2007 nonché i volontari che saranno inseriti nel bando straordinario 2007 di prossima emanazione.
Tanto rappresentato, si ritiene che l'aliquota del 2 per cento del contingente dei volontari destinata alle attività di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi, fissata nel sopra richiamato decreto ministeriale, rappresenti allo stato attuale il massimo sforzo dell'amministrazione per favorire la categoria dei disabili gravi tenuto conto sia delle risorse disponibili sia delle finalità del servizio civile nazionale.
Al riguardo occorre sottolineare che il servizio civile non è uno strumento di politica sociale in quanto si riconduce,
come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 228 del 2004, 229 del 2004 e n. 431 del 2005, alla materia «difesa e sicurezza dello Stato», di cui all'articolo 117, comma 2, della Costituzione. Infatti, a parere della Consulta, la previsione del sacro dovere di difesa della Patria, contenuta nel primo comma dell'articolo 52 della Costituzione, ha un'estensione più ampia dell'obbligo di prestare il servizio militare e comprende anche attività di impegno sociale non armato in quanto deve essere letta alla luce del principio di solidarietà espresso nell'articolo 2 della Costituzione.
In tale contesto il servizio civile nazionale si pone, anzitutto, quale modalità concorrente ed alternativa di difesa dello Stato con mezzi ed attività non militari, come indicato nella legge n. 64 del 2001 e nel decreto di attuazione n. 77 del 2002.
Inoltre lo svolgimento del servizio civile è volto a garantire la realizzazione di altri obiettivi fissati dalla Costituzione come lo sviluppo alla cultura, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione (articolo 9); l'educazione alla pace e alla ricerca di forme specifiche di soluzione delle controversie internazionali (articolo 11); la tutela alla salute (articolo 32); l'educazione e l'integrazione sociale delle persone in difficoltà (articolo 38). Infatti la legge n. 64 all'articolo 1 delinea le finalità del servizio civile in piena coerenza con i principi costituzionali sopra enunciati.
Peraltro, occorre rilevare che la partecipazione al servizio civile costituisce un beneficio non solo per gli utenti finali ma anche per i volontari. Infatti a favore dei cittadini che prestano il servizio civile sono previsti incentivi non economici, rilevanti nell'ambito dell'istruzione e della formazione professionale, in termini di crescita professionale, culturale e di senso civico nonché di acquisizione di competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che la richiesta del consiglio nazionale dell'Unione italiana ciechi in ordine alla revisione del limite del 2 per cento dei volontari destinato all'assistenza ai disabili gravi, fissata nel decreto ministeriale sopra richiamato, non possa essere soddisfatta in quanto tale iniziativa determinerebbe una modifica dei caratteri e delle finalità del servizio civile nazionale.
Tale servizio, infatti, come sopra evidenziato, non è riconducibile esclusivamente ad uno strumento di politica sociale e, pertanto, non è possibile privilegiare il settore dell'assistenza favorendo categorie svantaggiate a tutela delle quali sussistono, peraltro, normative specifiche e appositi fondi di finanziamento.
Per quanto concerne, infine, la denunciata mancata emanazione del regolamento previsto dalla legge n. 69 del 22 marzo 2000, il Ministero della pubblica istruzione ha fatto presente che fino alla riforma degli istituti atipici, (Istituto statale «Romagnoli» per minorati della vista, istituti statali per sordomuti di Milano, Roma, e Palermo e scuola nazionale professionale di massofisioterapia per ciechi di Firenze), di cui agli articoli 64 e 71 del decreto legislativo 16 marzo 1994, n. 297, è autorizzato ad utilizzare l'intero stanziamento per gli interventi a favore degli alunni con handicap.
Ciò è puntualmente avvenuto fino ad oggi in attesa dell'emanazione del regolamento di riforma degli istituti di cui trattasi. Al riguardo, si precisa che il regolamento in questione era stato già predisposto ma non ha ottenuto il visto e la registrazione della Corte dei Conti, pertanto in considerazione sia delle osservazioni formulate dalla predetta Corte dei Conti, sia dell'opportunità di avviare una riflessione sul ruolo e le finalità degli istituti in parola, il Ministero della pubblica istruzione sta provvedendo ad elaborare una riformulazione del testo del regolamento, che ottemperi sia alle disposizioni intervenute medio tempore sulla materia, sia alle osservazioni formulate dalla Corte dei Conti. Sulla questione si fa presente, inoltre, che il 10 maggio 2007, si è tenuto un incontro tra il Ministero della pubblica istruzione e l'Unione italiana ciechi e ipovedenti, nel corso del quale sono state illustrate le linee generali delle modifiche da apportare al precedente testo del regolamento in questione, finalizzate sia a superare il controllo della Corte dei Conti sia a dare attuazione all'articolo 21, comma 10, della legge n. 59
del 1997, attribuendo alle istituzioni interessate l'autonomia giuridico-organizzativa necessaria per il pieno espletamento delle loro funzioni e consentendo inoltre l'attribuzione alle stesse delle specifiche risorse finanziarie, previste dalla legge n. 69 del 2000.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
PICANO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
in data 1 marzo 2004 l'Anas approvava con D.A. n. 6352 il progetto esecutivo dei lavori, da porre a base di gara, riguardanti «la S.S. n. 516 superstrada dei Vivai III lotto costruzione del tratto stradale da Lettoli a Pieve di Sacco e di un nuovo svincolo di via Veneto con collegamento con la S.P. n. 12 Dole-Pieve;
a seguito di gara d'appalto i lavori sono stati affidati con D.A. n. 2543 del 3 maggio 2005 all'Ati Cogip S.r.l. (Mandataria) dell'Ati Ing. Pavesi & C. S.p.a. con un ribasso del 12,85 per cento;
in data 15 giugno 2005 con D.A. n. 57244 e Rep. n. 57244 è stato stipulato il contratto tra ANAS e l'Ati appaltatrice;
in data 7 luglio 2005 sono stati consegnati i lavori di che trattasi come da regolare verbale di consegna;
in data 15 gennaio 2007 il Responsabile Unico del Procedimento (RUP) Ing. Salvatore Venuto propone al condirettore generale, ing. Michele Minenna, l'approvazione della perizia di variante che tempestivamente in pari data la trasmette al Consiglio di Amministrazione;
in data 15 marzo 2007 il capo compartimento dopo aver informato l'Ispettore generale di zona prot. CVE 00110032-P autorizzazione a redigere perizia di variante allegando alla stessa un rapporto informativo del responsabile del procedimento sulla base delle necessità riscontrate e delle motivazioni che impongono la variante;
in data 23 marzo 2007 l'ing. Michele Minenna Condirettore Generale trasmette al consiglio di amministrazione la relazione tecnico amministrativa della perizia di variante di che trattasi per un maggior costo euro 13.349.999,42 che risulta già agli atti dell'Anas, risulta infatti essere la n. 1 del 15 gennaio 2007;
in data 26 marzo 2007 la direzione centrale con nota CDG-0038720-P ha autorizzato la redazione della perizia di variante;
in data 10 maggio 2007 il consiglio delibera favorevolmente l'approvazione della perizia di variante coordinata diretta e sostenuta dal condirettore ing. Michele Minenna nonostante, come lo stesso ing. Michele Minenna dichiara, la perizia di variante sia redatta per un importo non solo oltre il 5 per cento consentito dalla attuale normativa, ma per un importo superiore al quinto d'obbligo cioè con un incremento percentuale pari ad oltre il 48,50 per cento;
la redazione della perizia ha sconvolto totalmente quelle che erano le previsioni di progetto prevedendo nuove lavorazioni e introducendo 15 nuovi prezzi tanto che per la realizzazione delle stesse opere previste in progetto è stato necessario reperire un nuovo finanziamento di euro 13.349.999 a fronte di un importo di contratto di euro 18.091.538;
il RUP dichiara che la perizia di variante si è resa necessaria per l'entrata in vigore di nuove normative tecniche per la costruzione delle opere in cemento armato e precisamente si riferisce all'Ordinanza ministeriale n. 3274 del 20 marzo 2003 e alla delibera del consiglio regionale del veneto n. 67 del 3 dicembre 2003;
quanto dichiarato dal RUP sembrerebbe non esatto in quanto il progetto esecutivo posto a base di gara è stato approvato dall'ANAS in data 1 marzo 2004 e quindi successivamente all'entrata
in vigore dell'ordinanza ministeriale n. 3274 del 20 marzo 2003 e alla delibera del consiglio regionale del Veneto n. 67 del 3 dicembre 2003. Questa dichiarazione avrebbe permesso l'aumento dell'importo dei lavori relativamente alle sole opere in cemento armato pari a euro 1.609.381,83 al netto del ribasso d'asta;
il RUP dichiara che la perizia di variante si è resa necessaria per le disposizioni dell'Ente ferroviario che programmando il raddoppio della linea Mestre-Adria ha chiesto di modificare la luce netta dell'opera di scavalco prevista in progetto;
risulterebbe invece che la Società Sistemi territoriali Ente Ferroviario Spa in data 6 aprile 2005 con Prot. n. 692 prima dell'aggiudicazione della gara avvenuta in data 3 maggio 2005 avrebbe comunicato all'ANAS le prescrizioni da adottare nel progetto esecutivo per il rilascio del Nulla osta tecnico da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Mestre;
il RUP dichiara che la perizia di variante si è resa necessaria per la modificata situazione territoriale riguardo al reperimento dei materiali inerti per la costruzione dei rilevati stradali causa le normative applicate dalla Regione Veneto in materia di cave ed attività estrattive, nonché per adempiere alle direttive europee sul riutilizzo di materiali riciclati;
le cose starebbero diversamente: infatti le normative a cui si riferisce lo stesso RUP sono la legge regionale del 7 settembre 1982 n. 44 e gli aggiornamenti al piano Regionale Attività Cave del 30 giugno 2003 e il decreto ministeriale 203 del 2003 sul riutilizzo dei materiali riciclati. Come ben evidente tali leggi risultano essere in vigore prime dell'approvazione del progetto esecutivo da parte dell'ANAS avvenuto in data 01 marzo 2004. Con questa motivazione sarebbe stato possibile l'aumento dei lavori relativamente ai soli rilevati e movimenti di materie per un importo pari a euro 4.915.169,04 al netto del ribasso d'asta;
il RUP dichiara che la perizia di variante si è resa necessaria perché a causa dell'incremento del traffico non prevedibile in progetto si è ritenuto opportuno studiare un pacchetto di sovrastruttura con maggiore durabilità nel tempo;
tale motivazione sostenuta dal RUP non sarebbe esatta in quanto propone di realizzare una fondazione stradale avente uno strato di circa 30 cm. costituita da fresato di conglomerato bituminoso cioè utilizzando materiali provenienti dal disfacimento di pavimentazioni stradali esistenti e quindi già di proprietà dell'ANAS. Con questa motivazione sarebbe aumentato l'importo dei lavori relativamente alla sola sovrastruttura stradale per un importo pari a euro 1.094.532,41 al netto del ribasso d'asta;
il RUP dichiara che la Perizia di variante si è resa necessaria per attenersi alle nuove direttive dei locali consorzi di bonifica per quanto riguarda la regimentazione delle acque meteoriche e di irrigazione;
risulterebbe invece che il Consorzio di bonifica Bacchiglione del Brenta comunica all'ANAS le prescrizioni da adottare nel progetto esecutivo con nota prot. n. 4525 del 18 giugno 2003 e prot. n. 3141 del 18 giugno 2003. Tali prescrizioni sono state inviate all'ANAS prima dell'approvazione del progetto esecutivo da parte della stessa ANAS avvenuto in data 1 marzo 2004. Con questa motivazione i lavori relativamente alla realizzazione delle opere idrauliche sarebbero aumentati per un importo pari a euro 107.378,05 al netto del ribasso d'asta;
il RUP dichiara che la perizia di variante si è resa necessaria per adeguare le barriere antirumore nel rispetto della legge quadro sull'inquinamento acustico la n. 447 del 1995 la direttiva europea 89/106 CEE recepita con decreto del Presidente della Repubblica 246 del 21 aprile 1993, e il decreto del Ministero dell'ambiente 29 novembre 2000;
sembrerebbe invece che la normativa a cui si riferisce sia precedente all'approvazione
del progetto esecutivo. Per cui sarebbe illogico l'aumento dell'importo dei lavori relativamente alla realizzazione delle barriere antirumore per una cifra pari a euro 1.795.255.80 al netto del ribasso d'asta -:
come mai il RUP prima di indire la gara non abbia proceduto alla verifica della esecutività del progetto e alla sua validazione come prescritto dall'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 554/99 in cui si prevede espressamente la rispondenza del progetto esecutivo alla normativa vigente;
quali provvedimenti il Ministro ritenga adottare per salvaguardare gli interessi pubblici.
(4-03987)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il progetto posto in gara da ANAS spa, è stato redatto da un libero professionista su incarico della provincia di Padova che lo ha approvato e sottoposto a validazione secondo la vigente normativa. Pertanto la provincia di Padova, titolare del progetto, avrebbe dovuto interessare ANAS spa, proponendo le integrazioni, prima che si svolgesse la gara. Tale circostanza non è avvenuta e, pertanto, si è successivamente posto rimedio con la perizia contestata.
La società stradale fornisce quindi i seguenti chiarimenti in merito alle osservazioni presentate dall'interrogante.
L'adeguamento sismico del progetto è intervenuto a seguito della puntuale richiesta della regione Veneto - nota n. 535768 del 19 settembre 2006 - con la quale si raccomandava di ottemperare comunque alla normativa del 2003 in considerazione della particolare sensibilità sismica e valenza socio-economica dell'area attraversata dall'arteria.
La società ANAS spa sostiene che quanto prescritto da sistemi territoriali ente ferroviario spa, per lo scavalco della ferrovia Adria-Mestre, doveva essere inserito in perizia in quanto la richiesta sarebbe pervenuta successivamente all'aggiudicazione dell'appalto.
L'ANAS spa afferma inoltre che, per la stessa ragione, non poteva non ottemperare alle richieste e alle prescrizioni del consorzio di bonifica.
L'assenza di una cava specifica a cui ricorrere per l'approvvigionamento dei materiali nell'ambito del progetto redatto dalla provincia, probabilmente correlabile alla mancata approvazione di un piano regionale cave, ha imposto la ricerca dei materiali nell'ambito delle risorse del lotto in costruzione anche con ricorso a prodotti alternativi che, oltre a soddisfare le necessità progettuali, hanno permesso un adeguamento alle normative ambientali nazionali e comunitarie.
L'ANAS spa, precisa infine, che la perizia di variante in parola, che ha incluso oltre agli interventi qui citati anche quello relativo alle barriere antirumore, si fonda normativamente sull'articolo 132, comma 1, lettera e) del vigente decreto legislativo 163 del 2006 recante codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Articolo che contempla la fattispecie del ricorso alla variante in corso d'opera per il manifestarsi di errori o di omissioni del progetto esecutivo che pregiudichino, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
SGOBIO. - Al Ministro per i diritti e le pari opportunità, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi gli organi di stampa hanno registrato un crescendo di atti di violenza, episodi di discriminazione e bullismo nei confronti di persone omosessuali;
ultima l'aggressione di pochi giorni fa, all'uscita di un locale a Roma, dove un giovane gay è stato aggredito e picchiato da un gruppo di quattro giovani tra i 18 ed i 22 anni che gli hanno gridato «sporco fr...». Il ragazzo ha riportato ferite e lividi al viso ed al petto, ma, secondo quanto denunciato dall'Associazione Arcigay, «non ha voluto essere accompagnato al pronto soccorso per paura che denunciando
il fatto si evidenziasse che l'aggressione era dovuta alla sua omosessualità, e, dato che la sua famiglia non lo accetta come gay aveva paura dei possibili risvolti negativi nella sua vita familiare»;
suscita ancora dolore e sgomento la morte di Matteo il giovane di 16 anni, avvenuta a Torino il 3 aprile scorso, che si è ucciso gettandosi dalla finestra perché non sopportava più di essere umiliato, deriso e apostrofato come gay dai suoi compagni di scuola;
da una ricerca pubblicata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2005 emerge che tra tutti i suicidi degli adolescenti - di cui in Italia nello scorso anno si è arrivati all'impressionante numero di 375 - almeno un terzo è caratterizzato dalla «scoperta della propria diversità». Anche l'Agedo (Associazione genitori di Omosessuali) ha elaborato dati di diverse ricerche dalle quali emerge che in un campione di ragazzi tra i 14 e 25 anni, soltanto il 20 per cento accetta la propria condizione di omosessuale, contro il 60 per cento che la rifiuta, il 22 per cento che pensa ad atti di suicidio, e di questi il 5 per cento compie effettivamente alcuni tentativi di togliersi la vita;
se non ritenga di dover avviare in maniera imminente una campagna all'interno delle scuole che introduca in maniera obbligatoria nell'orario scolastico l'insegnamento dell'educazione civica quale momento di approfondimento e diffusione della cultura dell'ascolto, del rispetto, della lotta alle discriminazioni anche sessuali, affinché i ragazzi comprendano che il termine «omosessuale» (con i suoi equivalenti) non rappresenta un'offesa ma indica unicamente un'identità sessuale -:
se non ritenga di dover intervenire, anche sotto l'aspetto legislativo, per garantire il pieno rispetto dell'articolo 3 della Costituzione nonché l'articolo 21 della Carta UE dei Diritti fondamentali che vietano forme di razzismo e discriminazione di qualsiasi tipo.
(4-03609)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa ad episodi di violenza, discriminazione e bullismo omofobo verificatisi recentemente e alla prevenzione di tali fenomeni, si fa presente che la lotta alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale e di identità di genere è uno degli obiettivi prioritari del Ministero per i diritti e le pari opportunità e di tutto il Governo.
L'inquadramento della problematica si inserisce nel più ampio quadro delle tematiche relative al rispetto delle differenze e non può prescindere da alcune considerazioni di ordine generale.
A tale proposito le ricordo che ho risposto in data 30 maggio 2007, alla richiesta di informativa urgente, da parte della Camera dei deputati, sul tema dell'omofobia e sui più recenti episodi verificatisi nel paese. In quella sede ho voluto sottolineare l'importanza di una rapida approvazione del disegno di legge del Governo recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione», proposto dai Ministri per i diritti e le pari opportunità, per le politiche della famiglia e della giustizia. Il disegno di legge, stato presentato al Parlamento il 25 gennaio scorso ed attualmente è in discussione alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati.
Il disegno di legge prevede un intervento integrato in materia di contrasto verso ogni forma di violenza e molestia sessuale o di genere che investe tre livelli: le misure di sensibilizzazione e prevenzione, i diritti della vittima, la tutela penale.
La scelta del Governo è stata dunque quella di un approccio multidimensionale al problema, non limitandosi ad interventi di tipo repressivo, ma promuovendo un diverso approccio culturale e risposte di tipo sociale attraverso misure di sensibilizzazione e prevenzione «a tutto campo».
In particolare, l'approccio si connota come un insieme di misure di carattere repressivo e al tempo stesso di azioni volte a produrre una nuova consapevolezza dei
rapporti e garanzie di tipo sociale. Si prevedono dunque interventi mirati a produrre un cambiamento culturale di medio e lungo periodo, accanto ad interventi specifici di tipo immediato Le misure di sensibilizzazione e prevenzione, che costituiscono le norme qualitativamente dominanti, prevedono:
a) interventi di informazione e formazione relativi al sistema di istruzione nel suo complesso (a tutti i livelli di istruzione) e al sistema sanitario (formazione professionale specifica del personale sanitario);
b) il divieto di utilizzo nell'ambito della comunicazione in modo vessatorio o discriminatorio a fini pubblicitari di riferimenti all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
c) il monitoraggio costante del fenomeno della violenza sia per individuarne le caratteristiche fondamentali sia per individuare i soggetti più a rischio.
In particolare, per quanto riguarda l'attivazione di specifiche politiche educative sul tema, si prevede un intervento a tutto campo attraverso misure di sensibilizzazione e prevenzione, fissando tra gli obiettivi della formazione scolastica di ogni ordine e grado il pieno riconoscimento dei principi di pari dignità sociale, eguaglianza e non discriminazione per ragioni di genere e di orientamento sessuale attuando anche interventi formativi rivolti ai docenti.
L'articolo 2, recante principi e strumenti nel sistema della formazione e dell'istruzione, in attuazione a quanto disposto dall'articolo 3 della Costituzione, inserisce tra le finalità del sistema formativo inteso nel suo complesso, sia con riguardo alla formazione scolastica sia universitaria e post universitaria di specializzazione e di aggiornamento professionale, il principio di non discriminazione di genere o per motivi di orientamento sessuale.
Le misure repressive si sostanziano, in particolare, nel proposto articolo 18 del disegno di legge (delitti motivati da odio o discriminazione fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere), che interviene su una serie di disposizioni (contenute nella legge 13 ottobre 1975, n. 654, e nel decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 - cosiddetta «Legge Mancino») che reprimono le forme di discriminazione razziale, etnica e religiosa, integrandole mediante il riferimento anche alle forme di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere.
Il mio impegno contro le discriminazioni per motivi di orientamento sessuale o di identità di genere è confermato, inoltre, dalla istituzione, il 3 maggio 2007, contestualmente all'inaugurazione dell'anno europeo per i diritti e le pari opportunità, della Commissione per i diritti e le pari opportunità per lesbiche, gay, bisessuali e transgender, a carattere consultivo, che, nell'esercizio delle sue competenze, in particolare elabora proposte di provvedimenti da adottare al fine di rimuovere cause di discriminazione ed ogni effetto pregiudizievole. La stessa Commissione è impegnata ad analizzare le questioni di carattere istituzionale normativo che possano risultare direttamente o indirettamente discriminatorie in riferimento all'orientamento sessuale o all'identità di genere.
Segnalo, altresì, alcune delle iniziative per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, e di contrasto all'omofobia previste all'interno del Piano nazionale per l'anno europeo per le pari opportunità per tutti:
a) fiera dei diritti e delle pari opportunità per tutti - L'evento, promosso dalla regione Piemonte, si terrà dal 22 al 24 ottobre 2007 e comprenderà un convegno sulla situazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender a scuola;
b) rete italiana delle istituzioni locali contro le discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere - Evento informativo e divulgativo (con una mostra, un convegno, quattro workshop) che si terrà a Firenze il 26 e 27 ottobre 2007;
c) piano di azione interministeriale per la promozione e tutela delle donne, delle immigrate, di gay, lesbiche transgender - seminario promosso dal Ministero della salute che si terrà in concomitanza con la Conferenza nazionale sulla salute delle donne.
Nel quadro delle iniziative, volte a contrastare i fenomeni segnalati nell'interrogazione evidenziata, inoltre, che il Ministero della pubblica istruzione con l'emanazione delle nuove indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ha inteso valorizzare la scuola come luogo in cui realizzare l'obiettivo il principio del rispetto di sé e degli altri, generato «dalla consapevolezza che esiste un valore intangibile: la dignità di tutti e di ciascuno, nessuno escluso».
Lo stesso Ministero, mi ha informato che, nell'ambito delle azioni già svolte, in data 5 febbraio 2007, ha emanato una serie di linee di indirizzo generali che prevedono azioni nazionali per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni del bullismo. All'interno delle azioni previste dalle suddette azioni di indirizzo è stato attivato un numero verde nazionale per segnalare casi di bullismo, rispondere a richieste di informazioni, ricevere sostegno.
Inoltre, ha istituito degli Osservatori regionali permanenti che, oltre a monitorare il fenomeno del bullismo e a verificare la attività di contrasto svolte dalle scuole, avranno il compito di promuovere percorsi di educazione alla legalità, all'interno delle stesse istituzioni scolastiche nell'ambito delle attività curricolari ed extracurricolari.
Il rispetto della diversità, quale quella di genere, è inoltre uno dei punti fondamentali del «Piano nazionale per il benessere dello studente», presentato il 18 aprile 2007 dal Ministro Giuseppe Fioroni, per promuovere azioni preventive del disagio fisico, psichico e sociale a scuola, tramite la collaborazione con altri dicasteri competenti e con i diversi soggetti presenti sul territorio.
Nel quadro delle iniziative volte a contrastare i fenomeni segnalati nell'interrogazione, il Ministero della pubblica istruzione intende, inoltre, firmare un protocollo d'intesa con tutte le associazioni nazionali dei genitori (compresa Agedo), inerente il contrasto e la prevenzione dei fenomeni di bullismo, compresi quelli di natura omofobica, al fine di promuovere in collaborazione con tali associazioni percorsi culturali che contribuiscano alla diffusione del rispetto e della cultura delle differenze e delle diversità.
Da parte mia, confermo l'impegno a sostenere una cultura della differenza e della non discriminazione, anche attraverso il potenziamento di esperienze formative rivolte agli adolescenti finalizzata al rispetto delle diversità e tra queste quella sessuale.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.
SQUEGLIA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Caserta il numero di incidenti stradali con esito mortale è in continuo aumento;
con maggiore frequenza questi si registrano sulla ex strada statale 265 Ponti Valle-Maddaloni, e sulla strada statale 7, Santa Maria a Vico-Maddaloni;
solo negli ultimi 18 mesi gli incidenti verificatisi sulle due arterie hanno causato 209 incidenti con 288 feriti e 9 morti;
i due tratti stradali, ad altissima intensità veicolare, sono stati ceduti dall'Anas ai Comuni territorialmente competenti, Maddaloni, Arienzo, S. Maria a Vico, Valle di Maddaloni ed alla Provincia di Caserta;
tale trasferimento non è stato accompagnato da nessun intervento organico di manutenzione, né ordinaria né straordinaria;
a fronte dei nuovi costi d'esercizio derivanti agli enti locali da tali cessioni, non c'è stato alcun trasferimento di risorse finanziarie aggiuntive;
per la messa in sicurezza dei tratti stradali a rischio si rendono necessari, in
aggiunta a quelli ordinari, già programmati per la parte di propria competenza dai singoli Comuni, interventi di manutenzione straordinaria nonché parziali modifiche del tracciato;
i costi derivanti da tali interventi non sono in alcun modo sostenibili con le sole risorse finanziarie degli Enti locali interessati;
nel corso di una riunione con Comuni, Provincia e Polizia Stradale, convocata e presieduta dal Prefetto di Caserta, è stata evidenziata l'urgenza di detti interventi a tutela della pubblica incolumità -:
se e quali iniziative ritenga di dover assumere per garantire la realizzazione di tutti gli interventi indispensabili alla messa in sicurezza delle due arterie, ed in particolare se ritenga utile, a tale riguardo, la convocazione d'urgenza da parte del Ministero di una Conferenza di servizi con Enti Locali, Regione, Prefettura e Anas, per la definizione di un quadro organico degli interventi e la individuazione dei relativi strumenti di finanziamento.
(4-04349)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'ANAS Spa conferma che tratti di strada - strada statale 625 Ponti Valle Maddaloni e strada statale 7 Santa Maria a Vico Maddaloni - sono stati ceduti dall'ANAS ai comuni territorialmente competenti nell'ambito dell'attuazione del decentramento amministrativo della viabilità.
I problemi finanziari evidenziati dagli enti locali vanno quindi valutati nelle competenti sedi, con la Provincia e la Regione.
In riferimento agli aspetti tecnici della messa in sicurezza delle due arterie, l'ANAS spa assicura la propria disponibilità, per il tramite del proprio ufficio periferico, ad ogni utile contributo professionale nei tavoli comuni che dovessero essere istituiti a tale scopo.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 del contratto di lavoro delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 1999 e successive integrazioni, stabilisce che il personale di polizia penitenziaria che ne abbia fatto domanda, per gravissimi motivi di carattere familiare o personale adeguatamente documentati, possa essere assegnato provvisoriamente anche in sovrannumero all'organico in altra sede di servizio, senza oneri a carico dell'amministrazione e per un periodo non superiore a sessanta giorni rinnovabile;
tali distacchi ad altra sede, motivati da circostanze comprovate e gravi, costituiscono per il personale di polizia penitenziaria l'unica «valvola di sfogo» e una possibilità irripetibile per gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria che si trovano a centinaia di chilometri dai propri affetti e dai propri interessi di adempiere ad incombenze urgenti e non differibili quali ed anche l'assistenza a propri familiari affetti da gravi patologie;
oltre ai distacchi per gravi e documentati motivi del personale di polizia penitenziaria per periodi limitati, presso l'amministrazione penitenziaria sono disposti soprattutto dal nord al sud, in numero assai maggiore dei precedenti e nell'ordine di migliaia di casi, ulteriori distacchi di personale del corpo a sedi diverse da quelle di appartenenza e senza oneri a carico dell'amministrazione, che spesso hanno durata illimitata nel tempo, pur non sussistendo motivazioni né documentazioni che ne giustifichino la concessione;
di recente, a causa delle crescente carenza di organico verificatasi presso gli istituti penitenziari del nord, l'amministrazione penitenziaria ha disposto per il «blocco» e per la «sospensione» dei distacchi di sede del personale di polizia penitenziaria verso gli istituti del centro-sud, ma tale provvedimento ha inciso ed inciderà proprio sulle situazioni connotate
da comprovate e gravi motivazioni e non anche e soprattutto, come si sarebbe dovuto per equità e trasparenza, nelle situazioni in cui il distacco di sede perdura da lungo tempo e non sussiste alcuna concreta ragione a suffragio dello stesso;
tale disposizione sta comportando disagi e malcontenti nel personale di polizia penitenziaria che ravvisa nella stessa l'ennesima disparità di trattamento tra gli appartenenti al corpo, in quanto assunta in danno dei più deboli e bisognosi ed a favore di non pochi privilegiati;
né la disposizione in parola, si ritiene, potrà andare ad alleviare le carenze di organico degli istituti penitenziari del nord o ad aumentarne le condizioni di funzionalità ed efficienza, tenuto conto del disagio di coloro che pur in possesso dei necessari requisiti contrattualmente stabiliti, dovranno permanere in servizio in tali istituti -:
quale sia l'entità di questo fenomeno, ovvero a quanto ammonti ad oggi il numero degli appartenenti alla polizia giudiziaria che si trovano nelle due situazioni sopra richiamate;
se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire presso l'amministrazione penitenziaria per il ripristino della norma contrattuale in materia di distacchi del personale di polizia penitenziaria per gravi e comprovati motivi;
se il Ministro interrogato, rispetto alle migliaia di distacchi del personale di polizia penitenziaria anche con esigua anzianità di servizio, soprattutto dagli istituti del nord a quelli del sud, senza alcuna motivazione e che perdurano da anni, non ritenga di dover intervenire provvedendo nei casi più eclatanti, per il rientro nelle sedi di provenienza.
(4-04097)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si ritiene opportuno porre in evidenza che l'amministrazione penitenziaria non ha disposto alcun «blocco», bensì la mera «sospensione» dei distacchi del personale di polizia penitenziaria, durante il periodo estivo. Tale sospensione è stata determinata da esigenze di servizio legate all'attuazione del piano ferie nelle sedi di rispettiva appartenenza, onde garantire il diritto al riposo del personale.
Tanto premesso, al fine di riuscire a gestire in maniera efficiente ed ottimale anche la mobilità in questione, la competente direzione generale ha recentemente avviato un monitoraggio, su scala nazionale, dei distacchi in atto a vario titolo, così da poter assumere, all'esito, le determinazioni consequenziali.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZANELLA. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro della giustizia, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
recentemente l'ufficio Arti Figurative della Siae ha denunciato l'autore di ipertesti pubblicati su un sito internet di didattica e cultura non profit di Cesena (www.homolaicus.com), realizzato e gestito attivamente da un decennio dall'insegnante di Cesena Enrico Galavotti, uno dei fondatori del web didattico nazionale (meglio conosciuto in rete col nick di Galarico), per l'utilizzo di 74 dipinti-immagini digitali di pittori protette dai diritti d'autore, con richiesta di ingenti somme pecuniarie;
la Siae infatti, applicando una legge le cui origini risalgono all'anteguerra (legge del 22 aprile 1941, n. 633 e successivamente adeguata con la cosiddetta «legge Urbani» - legge 22 maggio 2004, n. 128) e non individuando alcuna differenza tra uso didattico-formativo-istituzionale e uso commerciale, pretende il pagamento di cifre rilevanti relative a diritti d'autore su opere protette realizzate da artisti viventi o scomparsi da meno di 70 anni;
in particolare la SIAE (applicando solo ed esclusivamente l'articolo 3 della legge n. 633 del 1941) sostiene discrezionalmente che l'utilizzazione, anche parziale,
di un'opera costituisce lesione del diritto morale dell'autore e che la riproduzione non autorizzata delle opere in questione lede gli esclusivi diritti patrimoniali che la legge riconosce agli stessi;
al tempo stesso la SIAE trascura l'applicazione dell'articolo 70 della stessa legge del 1941, che prevede massima libertà per l'uso di immagini a scopo didattico non commerciale e di insegnamento senza finalità di lucro, a patto di citare la fonte (cosa che è avvenuta regolarmente nel sito in questione);
questo precedente può causare eventuali ripercussioni negative - a livello nazionale - nei confronti degli insegnanti telematici, autori di siti internet con preziosi materiali didattici e culturali, ad esempio: interpretando in questa maniera la norma, qualsiasi sito scolastico o blog didattico che utilizza per puro scopo didattico file sonori, immagini protette, citazioni d'autore, rischia ingenti sanzioni e quindi la chiusura immediata e la libertà didattica e le specifiche competenze professionali degli insegnanti ne risultano condizionate fortemente;
questo comportamento della SIAE, pertanto, limita fortemente la funzione formativa della scuola e la libertà didattica degli insegnanti e dello stesso web -:
se il Governo non ritenga necessario, anche per la promozione della cultura nel nostro paese, salvaguardare quelle realtà, scolastiche e non, che abbiano chiari e dimostrabili intenti formativo-educativi e che non traggano profitto economico dall'utilizzo di tali immagini/testi dei quali vengano puntualmentecitate le fonti, esentandole attraverso opportuni provvedimenti e iniziative dal pagamento del Copyright, in modo che la loro funzione formativa e didattica non sia limitata da questioni di ordine economico che non li riguarda.
(4-02559)
Risposta. - In relazione alle perplessità manifestate dagli interroganti ed ai quesiti dagli stessi formulati, questa Amministrazione, per quanto di sua competenza, chiarisce quanto segue:
in merito al quesito «se i ministri interrogati non ritengano che il principio della libera fruizione dei materiali didattici sia un presupposto, che garantisce l'accesso democratico al sapere e che quindi vada salvaguardato in modo particolare» si fa presente che la legge sul diritto d'autore al capo V, titolo II, prevede casi tassativi di libera utilizzazione delle opere dell'ingegno, che derogano alla regola generale del diritto al compenso scaturente dallo sfruttamento di opera altrui, ogni qualvolta è ravvisabile un prevalente interesse pubblico e siano rispettate determinate condizioni di utilizzo. In questo modo la legge opera un contemperamento tra opposti interessi: da un lato l'interesse dell'autore allo sfruttamento economico dell'opera del suo ingegno quale diritto ad un giusto compenso per lo sforzo creativo, dall'altro l'interesse pubblico alla libera utilizzazione di quelle opere che sono in grado di produrre benefici sociali o culturali per la collettività e che devono poter essere liberamente fruibili per finalità di discussione e di insegnamento. Pertanto, la legislazione italiana, attraverso la legge sul diritto d'autore, assicura e garantisce l'accesso libero alla conoscenza ed al sapere;
in merito al quesito «se il Governo non ritenga necessario, anche per la promozione della cultura nel nostro paese, salvaguardare quelle realtà scolastiche e non ... esentandole ... dal pagamento del copyright...» si ripete, in questa sede, quanto già espresso sul medesimo quesito posto dal senatore Bulgarelli e cioè che l'articolo 70 della legge sul diritto d'autore consente la citazione, il riassunto o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico liberamente se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera. Se le attività sopra menzionate (la citazione, il riassunto, la riproduzione) sono effettuate per fini di insegnamento o di ricerca scientifica, l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.
In ogni caso, è dovuta la menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratta di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta. Si precisa, inoltre, che l'eccezione di cui all'articolo 70, alle condizioni in esso previste e sopra riferite, trova applicazione non solo nel mondo fisico ma anche nel mondo virtuale. Infatti, l'articolo 70 è stato recentemente modificato dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 recante «Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione» proprio al fine di adeguare le norme vigenti con il progredire della società moderna;
in merito all'opportunità di «adoperarsi affinché venga modificata la normativa esistente ... adottando per la scuola ... i presupposti del Fair Use» anche su questo punto si ribadisce quanto fatto presente in risposta al senatore Bulgarelli e cioè che il testo oggi vigente dell'articolo 70 della legge sul diritto d'autore riproduce nella sostanza la disciplina statunitense sul fair use. Infatti, i quattro elementi che caratterizzano tale disciplina, come rinvenienti nella Section 107 del Copyright Act, e cioè: 1) finalità e caratteristiche dell'uso (natura non commerciale, finalità educative senza fini di lucro); 2) natura dell'opera tutelata; 3) ampiezza ed importanza della parte utilizzata in rapporto all'intera opera tutelata; 4) effetto anche potenzialmente concorrenziale dell'utilizzazione; ricorrono a ben vedere anche nell'articolo 70 della legge sul diritto d'autore. Pertanto, si ritiene che la disciplina sul diritto d'autore prevista dall'ordinamento giuridico italiano sia conforme, negli assetti fondamentali, alla disciplina dei paesi dell'area anglosassone.
sull'opportunità di «adoperarsi affinché venga fornita agli insegnanti un'adeguata informazione sugli aspetti giuridici della gestione di internet» si fa presente che il Ministero della pubblica istruzione, competente in materia, ha reso noto con una propria nota che «fornirà adeguate istruzioni affinché, in sede di attività di formazione ed aggiornamento del personale scolastico la materia dell'accesso ad internet nelle sue diverse implicazioni tecniche e giuridiche sia oggetto di approfondimento e di conoscenza»;
infine circa l'opportunità di «invitare la Società italiana autori ed editori (SIAE) ad una moratoria di almeno un anno per consentire ai docenti ed a quanti gestiscono siti culturali senza scopo di lucro, di controllare i loro patrimoni digitali rispetto all'elenco di artisti le cui opere sono oggetto di tutela» si ribadisce che è libero l'uso, in tali siti, delle opere protette purché ciò avvenga per finalità illustrative o didattiche e non commerciali e purché non dia luogo, per le modalità con cui è gestito il sito (es. il sito non deve contenere messaggi pubblicitari e deve essere accessibili ad una fascia ristretta di navigatori), a concorrenza rispetto all'utilizzazione economica delle opere.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Andrea Marcucci.
ZELLER, BRUGGER, WIDMANN, BEZZI e NICCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sulla stampa di Bolzano, nel comune di Ortisei/St. Ulrich si è creata una situazione a dir poco conflittuale tra popolazione e forze dell'ordine a causa dell'irrigidimento dei rapporti tra Carabinieri e cittadini;
la situazione è precipitata da quando i Carabinieri di Ortisei, effettuano controlli sul presunto abuso di alcool giudicati eccessivi dai cittadini al punto che sono stati attuati alcool-test e applicate le relative sanzioni anche nei confronti dei pedoni e di coloro che escono dai bar o da una festa e si recano a piedi a casa, senza quindi utilizzare la macchina;
le autorità locali del posto, a partire dal sindaco e dal comandante dei Carabinieri di Ortisei hanno avuto un incontro per cercare di stemperare la tensione
tra i cittadini e i Carabinieri e di riportare il dialogo tra popolazione e forze dell'ordine -:
se il ministro interrogato non ritenga esagerato effettuare controlli anche sui pedoni e se possa verificare se anche nelle altre regioni d'Italia si proceda con la stessa rigidità nei controlli e, a tal fine, possa fornire dei dati sul numero delle sanzioni irrogate a pedoni per abuso di alcool in Provincia di Bolzano e nelle altre regioni italiane.
(4-04966)
Risposta. - Occorre necessariamente premettere che nella notte di sabato 8 settembre scorso, su richiesta di cittadini che lamentavano turbative alla quiete pubblica per gli schiamazzi provenienti da una festa privata, una pattuglia della Compagnia dell'Arma dei carabinieri di Ortisei (Bolzano) si è recata prontamente sul posto.
Giunti nei pressi del tendone dell'Associazione di «Parapendio Club Gherdeina», durante l'identificazione degli organizzatori dell'iniziativa, un giovane, sotto l'effetto dell'alcool ed unitamente ad altri tre individui, successivamente denunciati per «favoreggiamento personale», ha aggredito uno dei militari ed ha danneggiato i pneumatici dell'autovettura di servizio.
Il medesimo è stato, pertanto, deferito all'Autorità giudiziaria per i reati di «resistenza e violenza a pubblico ufficiale» e «danneggiamento».
Secondo quanto riferito dalle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, l'episodio, di per sé circoscritto, è stato viceversa amplificato e riportato da qualche quotidiano locale in termini diversi, descrivendo un asserito irrigidimento dei rapporti tra i Carabinieri della compagnia di Ortisei e la popolazione del luogo, che il Comando generale dell'Arma ha viceversa escluso.
Infatti, secondo alcuni articoli di stampa i suddetti carabinieri attuerebbero controlli eccessivi nei confronti dei giovani residenti nella zona, evidenziando atteggiamenti di inflessibilità rispetto a piccoli abusi nel consumo di bevande alcoliche. Inoltre, sempre secondo tali notizie, il Sindaco del comune di Ortisei avrebbe rilasciato dichiarazioni di accondiscendenza verso atteggiamenti esagitati tenuti da giovani concittadini.
In merito, il Comandante provinciale dei Carabinieri ha avuto un incontro chiarificatore con il Sindaco, espressione del partito di maggioranza di lingua tedesca Suedtiroler Volkspartei - SVP, il quale, nel corso di una successiva intervista rilasciata alla redazione televisiva del TG - Rai regionale, ha smentito le dichiarazioni attribuitegli da alcuni articoli di stampa locale, imputandole, oltre che ad uno spiacevole equivoco, ad un «sensazionalismo giornalistico».
Successivamente, nel corso di un incontro presso il Commissariato del Governo per la Provincia di Bolzano, il Sindaco ha confermato di non aver rilasciato alcuna dichiarazione di condivisione e tanto meno di giustificazione verso comportamenti illegali.
Sulla questione è intervenuto anche il Procuratore della Repubblica di Bolzano che ha stigmatizzato come «atto di intimidazione» l'episodio occorso ad Ortisei ed ha affermato che da parte del suo ufficio non vi sarà alcuna tolleranza per atti di illegalità nei confronti delle Forze dell'ordine.
Infine, il Presidente della Giunta provinciale, anch'egli espressione del citato partito politico, ha definito come «inaudita» l'aggressione subita nella circostanza dai militari dell'Arma.
Si precisa, inoltre, che il Commissariato del Governo per la Provincia di Bolzano ha smentito la notizia di controlli effettuati dalle Forze dell'ordine a mezzo di apparecchiature alcolimetriche nei confronti di cittadini che, senza utilizzare l'automobile, si rechino presso pubblici esercizi o presso feste private dove vengono consumate bevande alcoliche.
In questi casi, di norma, gli interventi degli operatori di pubblica sicurezza nei confronti di individui in evidente stato di ebbrezza avvengono, come per l'episodio di cui in premessa, su richiesta di privati che rivendicano il diritto al riposo nelle ore notturne, nonché frequentemente in concomitanza di fattispecie di reato quali il
danneggiamento, le lesioni ed il disturbo alla quiete pubblica.
Nella costante azione di prevenzione generale da ogni forma di illegalità sul territorio di quel Comune, finalizzata a soddisfare la domanda di sicurezza di tutti i residenti, i militari dell'Arma hanno rilevato, nel corso dell'anno, 29 violazioni dell'articolo 688 del codice penale, che contravvenziona coloro che in luogo pubblico, o aperto al pubblico, vengono colti in stato di manifesta ubriachezza; detta condizione, per la sua evidenza, è sempre stata accertata dai Carabinieri senza l'uso di apparecchiature alcolimetriche.
Infine, si soggiunge che, sempre durante il corrente anno, i citati militari hanno elevato 14 contravvenzioni ai sensi dell'articolo 186 del Codice della Strada (guida in stato di ebbrezza), provvedendo all'immediato ritiro di altrettante patenti di guida.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.