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Allegato B
Seduta n. 241 del 13/11/2007
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DIFESA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:
GALANTE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - Premesso che:
i limiti o caveat fissati dal Governo all'operato del contingente militare italiano presente in Afghanistan escludono la
partecipazione ad azioni di guerra. Tali limiti sono coerenti con gli indirizzi votati dal Parlamento che incentrano l'intervento nazionale sull'aiuto umanitario alle popolazioni locali e prevedono la costruzione di una Conferenza di pace in tempi brevi;
ciononostante alcuni organi di stampa, tra i quali l'Espresso e Limes, avevano fatto riferimento, già nei mesi passati, alla partecipazione ai combattimenti anche dell'Italia, attraverso l'impiego di elicotteri da trasporto e di truppe speciali, in particolare degli incursori del Comsubin e del Col Moschin;
ad una precedente interrogazione, nella quale si chiedevano chiarimenti in merito alle suddette notizie, il sottosegretario di stato alla Difesa, Emidio Casula, ha risposto, in data giovedì 7 giugno 2007, confermando il carattere pacifico della partecipazione italiana, ed affermando che le notizie diffuse dalla stampa sulla partecipazione di militari italiani ad azioni di combattimento non trovavano riscontro nella realtà;
alla fine di ottobre, sono, però, giunte notizie di un ampio coinvolgimento in battaglia di truppe italiane nel distretto di Gulistan, in provincia di Farah. Questa volta un lancio d'agenzia del Velino del 30 ottobre ha titolato: «Italiani in battaglia contro i talebani a Gulistan». Nel comunicato si afferma che le truppe italiane sono intervenute in battaglia, in sostituzione delle unità di polizia afghana presenti in zona. Le truppe italiane avrebbero impiegato, sempre secondo il Velino quei mezzi - aerei senza pilota «Predator», ed elicotteri da combattimento «Mangusta» - che, secondo il Governo, si sarebbero dovuti utilizzare solo difensivamente, per garantire i convogli italiani da possibili imboscate;
anche il Sole 24 ore, il 31 ottobre, titola «Soldati italiani in battaglia», sostenendo che il capo della polizia della zona di Gulistan ha rivelato che le truppe Nato sono intervenute in combattimento. Una affermazione che conferma il coinvolgimento italiano, dato che fanno parte della Forza di reazione rapida Nato «un centinaio di fanti ed alcuni distaccamenti di incursori italiani. Sempre il Sole 24 ore, il 2 novembre, cita ancora fonti della polizia afghana ed agenzie internazionali, che confermano la partecipazione, nella battaglia svoltasi durante gli ultimi giorni, delle truppe alleate, «costituite soprattutto da italiani» -:
se i soldati ed i mezzi italiani siano allo stati realmente impiegati in combattimento nella zona di Gulistan tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre e, se sì, come tale partecipazione si concili con le dichiarazioni rese a giugno dal sottosegretario Emidio Casula e con i caveat, cui le truppe italiane sono sottoposte, i quali stabiliscono l'uso della forza solo per difendersi in caso di aggressione.
(5-01750)
DE ZULUETA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un articolo della Stampa a firma Tonio Attino del 4 ottobre 2006 («Questo biglietto al Papa o l'aereo salta», pagina 7) in occasione del dirottamento di un aereo civile della Turkish Airlines nei cieli italiani e della sua intercettazione da parte di un caccia dell'Aeronautica militare si descrive nei dettagli una procedura per le regole di ingaggio dei caccia dell'Aeronautica Militare nel caso del dirottamento di un aereo civile. Tale procedura prevederebbe l'abbattimento dell'aereo che non accetti di atterrare e si diriga su di una grande città; responsabile per l'ordine dell'eventuale abbattimento sarebbe il Ministro della difesa e in sua assenza un sottosegretario (obbligato a essere reperibile due volte alla settimana per 24 ore);
in un articolo dello stesso giorno sempre della Stampa a firma Francesco Grignetti) «E il top gun confessa: col cuore in gola ero pronto a sparare», La Stampa, 4 ottobre 2007 pagina 7) viene intervistato il pilota del caccia dell'Aeronautica militare che ha intercettato l'aereo civile dirottato e scortato fino al suo atterraggio. Il pilota dice di essere stato
«pronto a tutto», per il caso che gli fosse giunto «l'ordine»; il pilota fa inoltre riferimento a una catena di comando che andrebbe da lui su per le gerarchie militari fino alle autorità politiche nella capitale;
in un contributo scientifico apparso sul numero 1 del 2005 della Rivista Aeronautica Antonio Evangelio e Rosario D'Auria illustrano un cosìdetto «Renegade Concept», un dispositivo politico militare per la difesa aerea che sarebbe stato adottato dalla Nato con la direttiva MCM-062-02; tale direttiva indicherebbe i criteri per classificare un aereo civile come arma tesa a condurre attacchi terroristici nonché i principi da seguire nel caso di una situazione di crisi di tale tipo; nell'ambito di tale dispositivo l'utilizzo della forza mortale contro gli aerei considerati «potenzialmente Renegade» sarebbe di esclusiva competenza dello Stato nei cui cieli si trovi l'aereo civile in questione;
l'accordo internazionale tra l'Italia e la Svizzera di cooperazione; in materia di sicurezza aerea contro le minacce aeree non militari del 31 gennaio 2006 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2006, Supplemento ordinario n. 177), che disciplina la cooperazione con la Svizzera per prevenire minacce derivanti da un aeromobile civile «oggetto di una presa di controllo ostile» ovvero «impiegato per scopi ostili» (articolo 1), all'articolo 5, comma 2 prevede che «il tiro a scopo d'intimidazione che implica l'impiego di armi nonché il tiro distruttivo non sono disciplinati dal seguente accordo, poiché restano di competenza esclusiva di ciascuna Parte e possono quindi essere previsti unicamente con uno strumento d'intervento nazionale, al di sopra del territorio nazionale, nell'ambito di catene di controllo e d'impiego nazionale»;
l'interrogante ritiene che il dispositivo sopra menzionato, qualora ne sia confermata l'esistenza, violi il diritto alla vita dei dirottatori e delle persone innocenti a bordo e pertanto sarebbe necessario, conformemente al dettato della Costituzione Italiana, che una tale delicata problematica fosse disciplinata con legge parlamentare, la sola via che in uno stato costituzionale di diritto potrebbe forse fornire legittimazione democratica a un dispositivo giuridico quale quello sopra descritto -:
se corrisponda al vero che esista un dispositivo italiano che prevede, in presenza di date condizioni, l'abbattimento di aerei civili classificati come pericolosi, ovvero «Renegade», e, qualora ciò sia vero, si chiede di indicare le fonti giuridiche riguardanti le modalità identificative dell'aereo come «Renegade», l'autorizzazione a misure di intercettazione e minaccia dell'uso di armi contro tali aerei nonché all'abbattimento dell'aereo medesimo (cosiddetto «tiro distruttivo») e infine, qualora tali fonti siano secretate di indicare, ciascun atto di secretazione e le relative motivazioni.
(5-01751)
DURANTI, DEIANA e BURGIO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Genio militare di Pavia («Arsenale di Pavia»), più esattamente Ventiduesimo stabilimento genio militare di Pavia prima del '98 era l'unico stabilimento di quarto grado per mezzi e materiali del Genio in grado di curare l'approvvigionamento e il mantenimento di tutti i mezzi e materiali del Genio;
il Genio militare di Pavia dava assistenza logistica a tutti i reparti del Genio per la risoluzione di ogni problematica tecnica non risolvibile a livello di reparto nonché la formazione di sottoufficiali meccanici di officina e capi di laboratorio del Genio, attività oggi svolta (principalmente da un punto di Vista teorico e senza pratica concreta a causa della mancanza degli strumenti, che consistono appunto in Laboratori di lavorazione di stabilimento, presenti a Pavia) dalla ex-scuola del Genio di Roma;
il Genio di Pavia - che in passato ha svolto un importante ruolo in interventi di
emergenza alle popolazioni civili colpite da calamità naturali quali l'alluvione di Firenze e della Valtellina, i terremoti del Friuli e in Irpinia - dispone tuttora di laboratori, macchinari ed impianti in buone condizioni, quasi tutti a norma e presenta ampie infrastrutture ben raccordate sia alle strade ed autostrade esistenti sia alla ferrovia sia alla viabilità fluviale (scalo sul Ticino, navigabile e collegato al Po e all'Adriatico);
lo Stabilimento, che annovera ad oggi oltre 200 dipendenti, è tuttora funzionante e svolge un ruolo di notevole importanza per l'Esercito italiano;
oltre alle attività più specificatamente militari il Genio Militare di Pavia è in grado di garantire:
la gestione del parco autogru, con esecuzione delle operazioni di omologazione all'origine, gestione della loro verifica periodica sull'intero territorio nazionale con effettuazione a domicilio di piccoli interventi correttivi eseguibili in loco o dove non eseguibile ricovero e riparazione presso lo stabilimento;
la manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili (soggiorni militari, caserme eccetera) evitando così gli appalti e le esternalizzazioni. È in grado di progettare e realizzare mobili ed infissi;
attività di tipografia: matrici per la stampa, testi a grande tiratura compresi i lavori di legatoria, cartellonistica, che da tempo realizza cartelli segnaletici militari ed anti-infortunistici per tutto il territorio nazionale;
riparazioni di containers, roulottes, unità abitative, unità servizi (docce servizi igienici lavanderie, forni, gruppi, frigoriferi, panifici) che coinvolgono le più diverse specializzazioni tutte presenti nella struttura: operai meccanici, falegnami, elettricisti, sellai, verniciatori eccetera;
formazione didattica (teorica e pratica) legata all'insegnamento al personale tecnico dei reparti dell'Esercito. Il Genio Militare di Pavia è la sede ideale per una simile attività, data la possibilità di esercitazioni pratiche e non meramente teoriche. Anche l'attività addestrativa anti-infortunistica può essere fatta e già c'è una lunga esperienza in questo campo;
la manutenzione periodica di estintori d'incendio;
la possibile sinergia con il Laboratorio Pontieri di Piacenza al fine della costituzione di un Polo di mantenimento dei materiali del Genio, senza perdite occupazionali né a Pavia né a Piacenza;
la Commissione designata per l'elaborazione di una proposta di soluzione delle problematiche funzionali e occupazionali che investono arsenali e stabilimenti a carattere tecnico-industriale del Ministero della difesa ha espresso un parere attestante il mancato interesse strategico del Genio militare di Pavia, ridefinendolo non più necessario e ipotizzandone la dismissione;
in questi anni le maestranze hanno saputo soddisfare appieno, con professionalità e duttilità, le esigenze dell'Ispettorato logistico dell'esercito connesse con la riparazione di mezzi e materiali del Genio provenienti dai teatri operativi, degli shelter della sanità, nonché delle tende pneumatiche e della relativa impiantistica, evitandone l'esternalizzazione;
l'eventuale chiusura dello Stabilimento o la delocalizzazione delle attività da esso svolte provocherebbe un grave contraccolpo sulla situazione occupazionale della città di Pavia, già duramente colpita da un lungo processo di deindustrializzazione che ha visto la chiusura di numerose importanti aziende manifatturiere -:
quali misure il Ministro interrogato intenda adottare per evitare che le ristrettezze finanziarie determinino la dismissione dell'unico Stabilimento del Genio in Italia e per evitare di disperdere risorse umane, strumentali, tecniche, operative e produttive in possesso del Genio militare
di Pavia, che potrebbero essere eventualmente tutelate mediante una opportuna riconversione delle attività svolte dallo Stabilimento al settore della Protezione civile.
(5-01752)
GIUDITTA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 26, comma 11-quater del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha previsto l'alienazione, agli utenti con titolo scaduto, degli alloggi «non ubicati nelle infrastrutture militari o, se ubicati, non operativamente posti al loro diretto e funzionale servizio, secondo quanto previsto con decreto del Ministero della difesa»;
in attuazione di tale disposizione, il decreto ministeriale 2 marzo 2006, registrato alla Corte dei conti in data 23 marzo 2006, fa riferimento agli elenchi trasmessi dallo Stato maggiore della Difesa concernenti la situazione degli alloggi di servizio costituenti l'intero patrimonio alloggiativo, la loro entità e il loro utilizzo, nonché gli alloggi di servizio alienabili;
a quanto è dato sapere, detti elenchi comprendono 4500 alloggi da alienare per l'intero territorio nazionale;
agli utenti interessati è stato comunicato che per i loro alloggi non sarà più fatta alcuna manutenzione, né ordinaria, né straordinaria, a carico dell'Amministrazione della Difesa, perché ritenuti ormai non più appartenenti all'Amministrazione medesima, malgrado ciò, detti utenti continuano a pagare un canone all'Amministrazione della Difesa, calcolato in base al parametri dell'equo canone, maggiorato del 50 per cento, pur non ricevendo più alcuna manutenzione o assistenza dall'Amministrazione stessa;
per questi motivi sono in atto contenziosi giudiziari da parte di numerosi utenti il cui alloggio è stato cartolarizzato, ma non ancora venduto a causa dell'inerzia dell'amministrazione della Difesa, che di fatto impedisce loro di esercitare il diritto di opzione all'acquisto previsto dal decreto-legge n. 269 del 2003;
il Tar del Lazio, II sezione, in data 21 febbraio 2007, con sentenza n. 2180, su richiesta di alcuni utenti, ha affermato che «le Amministrazioni convenute, che, una volta effettuata l'individuazione degli immobili, sul punto hanno funzioni prive di profili di discrezionalità, sono tenute a provvedere di conseguenza e senza indugio» e che «le Amministrazioni intimate non possono opporre all'intimazione attorea di non aver una diretta competenza a provvedere da sole alla diretta alienazione nei confronti dei singoli ricorrenti, in quanto ciò è frutto d'un evidente equivoco, nella misura in cui il bene della vita, cui aspirano i ricorrenti, è non già il trasferimento in sé, bensì l'esercizio del diritto d'opzione, nei cui riguardi la cartolarizzazione degli alloggi in parola si configura come necessario vincolato presupposto, tant'è che quest'ultima è obbligata e non è nella disponibilità delle Amministrazioni stesse»;
gli assegnatari stanno procedendo giudiziariamente al fine di ottenere il risarcimento dei danni sofferti per:
1) aver pagato un canone maggiorato all'Amministrazione della Difesa dal novembre 2003, data a partire dalla quale, se il decreto-legge n. 269 del 2003 fosse stato puntualmente applicato, tali somme avrebbero potuto essere impiegate per pagare rate di mutuo per l'acquisto dell'alloggio;
2) aver dovuto sostenere i costi della manutenzione, anche straordinaria, degli alloggi;
3) prezzi di mercato maggiorati rispetto al 2003 per ciò che concerne l'acquisto di case;
4) danni biologici ed esistenziali connessi alla situazione di precarietà in cui 4500 famiglie sono a tutt'oggi;
in data 4 ottobre 2006 la Commissione Difesa della Camera dei Deputati, con l'approvazione
della risoluzione n. 8-00015, ha impegnato il Ministero della Difesa a sospendere le operazioni di recupero forzoso degli alloggi militari per il tempo necessario alla conclusione di iniziative idonee ad affrontare la questione in un quadro generale di semplificazione e snellimento delle procedure di dismissione, fatta eccezione per gli utenti sine titulo titolari di rapporti di lavoro subordinato, di collaborazione o di consulenza, comunque retribuita, con soggetti diversi dall'amministrazione della difesa;
l'articolo 2 del decreto ministeriale 2 marzo 2006, inoltre, stabilisce condizioni di deroga al limiti di durata delle concessioni, prevedendo che gli utenti non aventi più titolo alla concessione possono mantenere la conduzione degli alloggi qualora il loro reddito annuo lordo non sia superiore ad euro 35.918,96 e sempre che non siano proprietari di altro alloggio abitabile sul territorio nazionale, ovvero qualora nel loro nucleo familiare convivente sia presente un portatore di handicap grave;
ciò nonostante, lo Stato Maggiore della Difesa, nell'esplicazione della propria attività di recupero degli alloggi di servizio con titolo di assegnazione scaduto, in un quadro generale di semplificazione e snellimento delle procedure di dismissione, ha operato lo sfratto anche di quegli utenti fatti salvi dal recupero forzoso degli alloggi in questione perché rientranti nelle condizioni di deroga previste dall'articolo 2 del decreto ministeriale del 2 marzo 2006;
le azioni di recupero forzoso ai danni di tali soggetti comportano una violazione, non solo di quanto disposto dal decreto ministeriale sopraccitato, ma soprattutto di una regola fondamentale di impegno morale e civile che dovrebbe presiedere a tutte quelle azioni che, se pur indirettamente, rischiano di compromettere la salvaguardia di persone che vivono in condizioni di disagio economico o psicofisico -:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere, alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione, affinché si concluda al più presto la procedura di cartolarizzazione già avviata, rispondendo così alle legittime richieste avanzate da numerosi cittadini, garantendo al contempo che la stessa avvenga nel pieno rispetto della dignità umana, senza che continuino a manifestarsi costanti violazioni dei diritti delle fasce più deboli, la cui salvaguardia è stata sancita dal sistema di deroghe previste dall'articolo 2 del decreto ministeriale del 2 marzo 2006 in materia di recupero degli alloggi militari.
(5-01753)