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Allegato B
Seduta n. 246 del 20/11/2007
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GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta immediata:
VANNUCCI, TENAGLIA, MARAN, SERENI, BRESSA, GIACHETTI, QUARTIANI, BORDO, CESARIO, GAMBESCIA, INTRIERI, MANTINI, NACCARATO, SAMPERI, SQUEGLIA, SUPPA, TOCCI e VELO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tema delle liberalizzazioni ha molto impegnato l'attività del Parlamento e del Governo ed ha incontrato il favore della popolazione;
in questo anno sono state fatte scelte importanti che hanno riguardato varie attività e professioni;
anche la professione notarile e più precisamente le attività dei notai sono stati oggetto di norme legislative e dibattito sul tema;
è dato incontrovertibile che i costi dei servizi per i consumatori dipendono dalla vastità dell'offerta e che questa rappresenti il principio essenziale della concorrenza e della libera scelta dell'utente;
come è noto, l'attività notarile è amministrata dal ministero della giustizia-dipartimento giustizia civile;
risultano nel nostro Paese attivate circa 6.300 sedi notarili a fronte di una presenza di notai di circa 5000 unità;
i concorsi avvengono normalmente con scadenza biennale;
l'ultimo concorso risulta essere bandito per soli 230 posti rispetto ai 1300 vacanti, le cui procedure sembrano a tutt'oggi in corso -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, anche attraverso un possibile ampliamento della pianta organica delle sedi notarili, rivedere tempi e modalità per dare completa copertura nel più breve tempo possibile alle sedi notarili scoperte, con questo dando una prima concreta risposta all'auspicato e richiesto allargamento del «mercato», ma soprattutto alla funzionalità ed all'efficienza del servizio di notariato.
(3-01457)
Interrogazione a risposta orale:
CARUSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 24 ottobre 2007 lo scrivente si è recato in visita presso la casa circondariale di Rebibbia-Roma visitando le sezioni maschili del «nuovo complesso» e tutti i reparti femminili;
nel corso della visita l'interrogante ha personalmente potuto constatare la condizione di estremo disagio fisico e psichico nel quale riversano le uniche due detenute recluse nel reparto 41-bis femminile dell'istituto, Diana Blefari Melazzi e Concetta Piccolo;
Concetta Piccolo manifesta segni di grave disagio psichico che hanno determinato una complessa forma di anoressia, determinando nel giro dell'ultimo mese la riduzione di 16 chilogrammi del suo peso corporeo;
Diana Blefari versa attualmente in una gravissima situazione psicologica, che l'ha condotta ad una forma di totale rifiuto di ogni tipo di contatto con il mondo esterno, rifiutando anche quei pochi colloqui concessi con i familiari ed il difensore;
in particolare, per due volte (a dicembre 2005 ed a giugno 2006) la signora Blefari è stata inviata a Sollicciano per effettuare un'osservazione psichiatrica ed entrambe le volte i sanitari, pur nella parzialità dell'osservazione per la scarsa o nulla collaborazione della paziente, hanno concluso per la necessità che la stessa sia inserita «in un contesto detentivo ordinario, purché lo stesso "nuovo" contesto sia dotato di un servizio psicologico/psichiatrico atto a garantire la rilevazione immediata di qualsiasi elemento psicopatologico significativo sopraggiunto»;
il regime di «41-bis», introdotto come regime eccezionale e temporaneo dalla legge n. 306 del 1992 e poi reso permanente dalla legge 279 del 23 dicembre 2002, prevede l'inasprimento delle condizioni detentive, il cui carattere inumano è già stato più volte evidenziato da diversi pronunciamenti e sentenze della Corte europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo e dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d'Europa;
per le donne quest'inasprimento inumano delle condizione detentive è reso ancor più accentuato da un numero talmente limitato di persone sottoposte al regime di 41-bis, attualmente 4 in tutt'italia, che produce di fatto quasi uno stato di isolamento totale, forma di detenzione del tutto estranea al nostro ordinamento, e potenzialmente contraria alla stessa costituzione;
per quanto possano essere gravi i reati di cui una persona viene accusata o condannata, arrivare a negare qualsiasi forma di contatto umano è, ad avviso dell'interrogante ma anche di numerose organizzazioni in difesa dei diritti umani, una forma subdola di «tortura bianca»;
il personale medico e gli agenti preposti alla custodia hanno infatti affermato che la Melazzi sono anni che non comunica più con nessuno, da anni non esce dalla sua cella, non ha colloqui con i familiari, con i legali, con il personale medico, con gli agenti di custodia e la sua alterazione psichica evidente si riversa anche sull'altra detenuta reclusa, la Concetta Piccolo, la quale non solo di fatto vive in un regime di isolamento totale, ma per di più gli unici contatti umani che da anni ha ogni giorno sono le urla della sua vicina di cella;
nel corso della visita parlamentare nel suddetto reparto l'interrogante ha assistito personalmente a scene agghiaccianti con urla, grida di sofferenza, frasi sconnesse, che il personale preposto alla custodia afferma essere il comune contesto quotidiano;
le detenute del regime Alta Sicurezza dell'istituto, recluse in un reparto adiacente, affermano anch'esse di sentire quotidianamente provenire dalle due celle del reparto 41-bis urla strazianti e grida di dolore, ma malgrado l'estrema vicinanza fisica tra il loro reparto e il 41-bis, non hanno mai avuto modo di vedere o incrociare le detenute ivi recluse, tranne rari casi in cui gli è stato possibile intravedere dal corridoio la sola Concetta Piccolo in lacrime che trascorre un'ora in solitudine nel cortile adibito al passeggio, ma i vetri e le sbarre sulle finestre del corridoio della sezione A.S. non permettono alcuna forma di contatto umano -:
se il Ministro non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze acquisire dai servizi sanitari dal penitenziario le opportune informazioni sullo stato delle detenute Blefari e Piccolo in modo da valutare quali misure debbano essere adottate, in ragione del loro grave stato di salute, pur non pregiudicarne irreversibilmente le pur ridotte possibilità di recupero;
se il ministro sia a conoscenza dei criteri attraverso i quali verrà individuata tra le detenute attualmente recluse nei circuiti di Alta sicurezza, e di Elevato Indice di vigilanza, colei la quale verrà a breve assegnata al regime di 41-bis, per sostituire la signora Licciardi, prossima alla scarcerazione, e permettere quindi la permanenza del regime di 41-bis nel reparto
femminile de L'Aquila in quanto la legge non permette la presenza di una sola detenuta in un intero reparto.
(3-01458)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BONO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
la Procura della Repubblica di Catania ha emesso un avviso di garanzia nei confronti del noto sacerdote di Avola, Don Fortunato Di Noto, sospettato del reato di diffusione di notizie false e tendenziose e procurato allarme;
l'incredibile iniziativa giudiziaria sarebbe fondata unicamente sulla base di un comunicato stampa, diffuso da Don Di Noto, con cui veniva stigmatizzato un inquietante episodio di effrazione e conseguente furto nella sede di Acireale dell'associazione Meter, fondata dal religioso siciliano da molti anni, per contrastare il fenomeno della pedofilia in tutte le sue forme e manifestazioni;
il presunto reato di «procurato allarme» - che tanta preoccupazione ha destato in alcuni ambienti della Procura della Repubblica di Catania - consisterebbe unicamente nell'eccessiva enfasi di alcuni articoli di stampa e, in particolare, dei relativi titoli, ispirati da una interpretazione strumentale ed esagerata dell'avvenimento, orchestrata dal religioso per «suscitare la stima, la solidarietà e l'appoggio delle istituzioni e della cosiddetta società civile»;
l'azione della procura appare all'interrogante sproporzionata e del tutto ingiustificata, non solo alla luce della oggettiva responsabilità di Padre Fortunato, che non può essere ritenuto in alcun modo responsabile dei titoli dei giornali, ma anche per la storia e la personalità del religioso, che non ha alcun bisogno di strumentalizzare alcunché, poiché da anni gode della incondizionata stima delle istituzioni e della società civile, che unanimemente gli riconoscono i meriti di avere condotto con determinazione e intelligenza una battaglia per la tutela dei minori, specialmente nel delicatissimo campo della pedofilia;
a fronte dei gravissimi e irrisolti problemi di sicurezza, difesa dell'ordine pubblico e lotta alla criminalità organizzata e mafiosa, che affliggono la provincia di Catania, appare del tutto male utilizzato il tempo e l'energia della magistratura inquirente e delle forze dell'ordine, distolte da ben più incisivi e delicati interventi, per indagare piuttosto su un personaggio adamantino come Padre Fortunato Di Noto, più volte, peraltro, fatto oggetto di attacchi e minacce da parte proprio di quella lobby pedofila transnazionale, che lo ha eletto da tempo il suo principale nemico;
l'inchiesta avviata con tanta sollecitudine dalla Procura di Catania, indebolisce il religioso Avolese proprio sul terreno della credibilità pubblica della sua missione -:
se non ritenga necessario inviare una ispezione urgente presso la Procura della Repubblica di Catania, anche al fine di verificare la correttezza delle linee di indirizzo dell'ufficio, non solo in ordine alla questione Di Noto, ma più in generale, rispetto al complessivo bilancio dell'attività di indagine e repressione dei fenomeni criminali nel territorio di competenza, da parte di magistrati e forze dell'ordine, anche alla luce dei carichi pendenti relativi a ben più gravi e socialmente allarmanti fenomeni criminali;
se il Governo non intenda avviare con la massima urgenza ogni iniziativa di sua competenza per contrastare il fenomeno della pedofilia, valorizzando altresì pienamente l'opera di Padre Di Noto.
(5-01799)