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Allegato B
Seduta n. 260 del 18/12/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BALDUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
Bettona, in Provincia di Perugia, è un piccolo paese di origine etrusca, con importanti vestigia di epoca romana e medioevale, tanto da essere inserito nell'elenco dei borghi più belli d'Italia;
la piazza di Bettona, su cui si affacciano ben quattro chiese e sette palazzi di interesse monumentale, è una tra le più belle piazze della regione Umbria;
in data 15 marzo 2007, acquisito al protocollo numero 2155 del 16 marzo 2007, i vigili urbani ed i tecnici dell'area urbanistica accertavano, proprio sulla piazza di Bettona, una serie impressionante di abusi edilizi e di lavori difformi ed illegittimi rispetto alle autorizzazioni;
con ordinanza numero 16 del 23 aprile 2007 avente per oggetto il «Ripristino dello stato dei luoghi per lavori eseguiti in assenza ed in totale difformità dai titoli abilitativi su fabbricato censito al foglio 16 particella 417 nel centro storico di Bettona», il Comune di Bettona ha ordinato l'abbattimento di alcuni manufatti e l'annullamento per autotutela di una concessione in sanatoria numero 24 del 04 luglio 1989 e del certificato di agibilità rilasciato in data 11 novembre 1986, entrambi rilasciati in assenza delle autorizzazioni per il vincolo ambientale ex lege 1497/39 e monumentale ex lege 1089/39 e senza certificazione di idoneità statica;
nel 1972, senza alcuna autorizzazione, per realizzare un garage privato è stato demolito un muro medioevale a sostegno di un giardino pensile, è stato eliminato lo stesso giardino, è stato demolito il contrafforte murario angolare di Palazzo Baglioni, vincolato, e - per favorire l'accesso a tale garage abusivo - è stata rialzata di un metro e cinquanta la strada comunale via Baglioni realizzando una gradinata che ha interrotto la viabilità dei vicoli medioevali -:
quali iniziative i Ministri dei beni culturali e dell'ambiente intendano adottare per supportare le iniziative già intraprese dal Comune di Bettona e quelle all'esame della Soprintendenza ai Monumenti di Perugia e dell'Umbria.
(4-03862)
Risposta. - In merito alle iniziative che si intendono adottare per supportare le azioni già intraprese dal comune di Bettona si fa innanzitutto presente che il centro storico di tale comune, per il suo rilevante interesse paesaggistico, è stato sottoposto a tutela con decreto ministeriale del 12 ottobre 1962 ai sensi dell'allora vigente legge n. 1497 del 1939.
I controlli avviati e le conseguenti ordinanze di ripristino dei luoghi vincolati oggetto di manomissione, emanate dall'Amministrazione comunale, si inseriscono nell'ambito di un'azione meritoriamente avviata anche dall'ente locale e intesa a valorizzare le caratteristiche storiche, artistiche e paesaggistiche del centro storico, anche nella prospettiva di incrementare lo sviluppo turistico.
La Soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio, il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico dell'Umbria condivide e sostiene tutte le iniziative relative al restauro ed alla valorizzazione degli edifici monumentali e quelle che hanno come obiettivo il recupero «ambientale» del centro storico di Bettona, sia per quanto riguarda la demolizione delle opere abusivamente realizzate sia per gli interventi intesi a ripristinare le caratteristiche tradizionali del centro storico, come il restauro degli edifici minori, dell'arredo urbano e dei giardini che costituivano spazi vitali nel costume di un tempo.
Nello specifico, la Soprintendenza ha avviato la procedura per sottoporre a tutela, ai sensi degli articoli 10 e 13 del Codice dei beni culturali, Palazzo Baglioni. La procedura si è conclusa con l'emissione del relativo decreto da parte del direttore regionale in data 23 marzo 2006. Inoltre, in seguito alla richiesta dell'attuale proprietario, che ha presentato al riguardo un apposito progetto basato su documenti grafici e fotografici precedenti agli interventi non autorizzati eseguiti nel 1972, la Soprintendenza ha autorizzato le opere di ricostruzione dello sperone di sostegno della muratura d'angolo del palazzo e di ripristino del muro adiacente, anch'esso demolito abusivamente nel corso dei lavori condotti nel 1972.
Infine, in collaborazione con il comune, la Soprintendenza sta esaminando le ordinanze di ripristino relative agli interventi dichiarati abusivi effettuati nei vicoli adiacenti e nell'area a giardino del palazzo Biancalana, di proprietà comunale e sottoposto alle disposizioni del Codice.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
BERTOLINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un documento della Corte d'appello di Bologna è stata prospettata, per ragioni di bilancio e di tagli al personale, la chiusura della sezione distaccata di Sassuolo del tribunale di Modena, un importante presidio territoriale da cui transitano migliaia di cause all'anno e terminale essenziale nella rete dei servizi giudiziari in provincia di Modena;
se le indicazioni emerse dal documento dovessero trovare risposta in una reale chiusura degli uffici giudiziari sassolesi, ciò rappresenterebbe un danno irrimediabile per tutta la collettività;
la città di Sassuolo è un centro d'interessi e di affari di rilevanza nazionale e la presenza di una sede distaccata del Tribunale di Modena soddisfa non solo le esigenze dei cittadini, ma anche delle aziende che, approfittando di essa, non sono costrette ad attendere i tempi lunghi dettati da un unico Tribunale nel Capoluogo di Provincia -:
se sia a conoscenza dei fatti come sopraesposti;
se intenda porre in essere azioni specifiche per evitare la chiusura della sezione del tribunale di Sassuolo (Modena);
se intenda prevedere investimenti reali, in termini di strutture e di risorse, in grado di migliorarne il funzionamento e valorizzarne l'importante funzione sociale.
(4-04528)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, concernente la paventata soppressione della sezione distaccata di Sassuolo del circondario del Tribunale di Modena, si fa preliminarmente presente che l'articolo 48-ter del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 introdotto dal decreto legislativo n. 51 del 1998 prevede che all'istituzione, alla soppressione e alla modifica delle circoscrizioni delle sezioni distaccate di Tribunale si provveda con decreto motivato del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, previo parere del Consiglio superiore della magistratura.
Tutto ciò premesso, si rassicura il deputato interrogante che, allo stato, non
sono all'esame ipotesi di modifica o soppressione del circondario del Tribunale in questione.
Infine, con riferimento agli edifici giudiziari di Sassuolo, si fa presente che, allo stato, non sono possibili investimenti per migliorare la situazione degli immobili utilizzati, in quanto presso la Cassa depositi e prestiti non vi sono fondi disponibili per l'edilizia giudiziaria.
Per la stessa ragione, nel breve periodo non possono essere previsti interventi economici straordinari atti a incrementare la funzionalità delle infrastrutture del Tribunale di Modena, sezione distaccata di Sassuolo.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
BIANCOFIORE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con nota del Dipartimento dei Vigili del fuoco, Direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali (prot. n. 110379-807335/01-04 del 30 marzo 2007), a firma del Capo Dipartimento dottor Anna M. D'Ascenzo, tenuto conto del trasferimento in locali più idonei del Distaccamento dei Vigili del fuoco di Sciacca, si fa presente che la «carenza di risorse finanziare non consente il contestuale mantenimento della sede di Villaggio Mosè», nel Comune di Agrigento, pertanto s'invita la Prefettura di Agrigento alla «dismissione del distaccamento cittadino Villaggio Mosè»;
con tale provvedimento s'intende stornare la somma di 32 mila euro del canone annuo di locazione del distaccamento cittadino di Villaggio Mosè, per sostenere a Sciacca il canone annuo di 100 mila euro;
il nuovo piano regolatore di Agrigento individua il Villaggio Mosè quale zona commerciale e di raccordo con la nuova area di espansione turistica;
attualmente insistono sul Villaggio Mosè circa 500 esercizi commerciali, in gran parte megastore e grandi magazzini, il mercato ortofrutticolo, il mercato rionale, n. 6 alberghi di grandi dimensioni, oltre che alcune pensioni e B&B, n. 4 distributori di carburanti, n. 8 concessionarie di auto con relative officine meccaniche, n. 1 deposito di carburanti;
il Villaggio Mosè, oltre che area commerciale e turistico-alberghiera è zona residenziale ad alta densità abitativa, dotata di scuole e impianti sportivi, suddivisa in numerosi quartieri come Parco Angeli, Poggio Muscello, San Calogero Bianco, per un totale di 7 mila abitanti;
solo da marzo scorso due incendi molto estesi hanno coinvolto un grande esercizio commerciale e l'intero stabile di cinque piani, danneggiando i negozi attigui e un autosalone, e, nel mese successivo, un altro grande magazzino;
soltanto l'intervento tempestivo dei Vigili del fuoco del Villaggio Mosè ha scongiurato danni maggiori a cose e soprattutto alle persone;
prossima al distaccamento di Villaggio Mosè insiste la Valle dei Templi, meta continua di migliaia di visitatori, di automezzi e pullman turistici;
tale area è raggiungibile da Villaseta soltanto dalla vecchia statale interrotta da un passaggio a livello delle Ferrovie;
tra Villaseta e Villaggio Mosè scorrono i fiumi Ypsas e Akragas, che in caso di esondazione renderebbero poco agevoli i soccorsi nella zona orientale coperta dal servizio;
la sola sede centrale di Agrigento dei Vigili del fuoco copre il territorio di 12 comuni non agevolmente collegati e quindi già la stessa sede ha un notevole carico di lavoro;
gli ultimi devastanti incendi di Villaggio Mosè hanno messo in allarme la popolazione e gli esercenti della zona sulla necessità di garantire il più rapido soccorso;
della questione sono stati investiti anche i sindacati, come da nota inviata
dalla sede provinciale della UIL pubblica amministrazione, il 27 aprile 2007, al Ministro dell'interno -:
se il Ministro dell'interno non ritenga incongruente e sperequante dal punto di vista finanziario dover penalizzare con la soppressione il distaccamento dei Vigili del fuoco di Villaggio Mosè, a fronte dei costi di gran lunga più elevati da sostenere per il miglioramento della sede di Sciacca;
se, a fronte di tale esiguo risparmio, ritenga di poter tutelare la popolazione del Villaggio Mosè, l'area commerciale della città di Agrigento, la zona costiera a ricettività turistica, la vicina Valle dei Templi e l'intera area orientale coperta finora da codesto distaccamento;
se intenda predisporre quanto necessario per:
1) garantire la popolazione e il territorio del Villaggio Mosè e dell'area costiera dal pericolo di disastri per l'insistenza nella zona dei rischi già segnalati in premessa;
2) tutelare l'intera area della Valle dei Templi, meta continua di migliaia di visitatori, e sede di numerose strutture ricettive, monumenti, musei e antiquari di rilevanza mondiale per l'immenso patrimonio che, rappresentano;
3) sospendere immediatamente l'iter di soppressione del distaccamento per i gravi motivi di ordine pubblico che l'eventuale prosieguo dell'iter potrebbe scatenare e per fugare ogni allarme nella popolazione, già provata dagli ultimi incendi di queste ultime settimane, che hanno messo a rischio l'incolumità di alcune famiglie residenti privandole della propria abitazione.
(4-04839)
Risposta. - Si premette che il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco soffre da tempo, su tutto il territorio nazionale, di gravi carenze finanziarie, che si riflettono negativamente sulle attività operative, sulle esigenze strutturali e logistiche e sulle potenzialità organizzative, in sede sia centrale che periferica.
Ciò in quanto questo Dipartimento, a partire dal 2001, per effetto delle ripetute manovre di finanza pubblica di segno negativo, ha visto ridurre in modo corposo le proprie dotazioni finanziarie destinate al funzionamento delle strutture ed alle attività di soccorso.
In tale contesto, la necessità di razionalizzare le risorse e di ottenere una più efficace prestazione del servizio d'istituto, riducendo al massimo i tempi d'intervento, ha reso necessaria una più razionale distribuzione sul territorio dei presidi operativi in una logica volta all'ottimizzazione del soccorso.
Ciò vale anche nel caso del distaccamento cittadino «Villaggio Mosè», la cui dismissione, avvenuta l'11 ottobre 2007, è stata motivata proprio dalle cennate esigenze di organizzare in modo più funzionale il sevizio di soccorso sul territorio agrigentino.
Infatti il distaccamento risultava essere vicinissimo al Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Agrigento (appena 4 Km di distanza), in grado di garantire il soccorso tecnico urgente nel comprensorio del Villaggio Mosè.
Per far fronte alle citate problematiche di carattere finanziario, il Governo ha comunque avviato un percorso, nell'ambito delle disposizioni urgenti in materia finanziaria introdotte dal decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 cosiddetto Decreto sul «Tesoretto»), per le esigenze del Corpo nazionale attraverso lo stanziamento di 20 milioni di euro.
Per realizzare programmi straordinari di incremento dei servizi di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, com'è noto, la legge finanziaria del 2007 ha previsto, altresì, la possibilità per il Ministro dell'interno e, per sua delega, per i Prefetti di stipulare convenzioni con le Regioni e gli Enti Locali che prevedano la contribuzione logistica, strumentale, o finanziaria delle stesse Regioni e degli Enti locali.
Si soggiunge che nel disegno di legge n. 1817, concernente la legge finanziaria per l'anno 2008, è stata prevista l'istituzione nel bilancio del Ministero dell'interno di un
fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Si auspica che l'attuazione delle misure su indicate possa migliorare la situazione finanziaria del Corpo nazionale ai fini di un sempre maggior potenziamento dell'attività istituzionale.
Si segnala in ogni caso che questa Amministrazione, per rispondere alle necessità di soccorso nel territorio a nord di Agrigento, ha previsto l'apertura di un altro distaccamento cittadino la cui sede, disponibile a titolo gratuito, è collocata in posizione più idonea al fine di garantire il soccorso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
BURGIO, PAGLIARINI e VACCA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, eretta con regio decreto 24 giugno 1923, n. 1371 in Ente Morale avente personalità giuridica, è soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Corte dei conti cui vengono sottoposti - tra l'altro - i bilanci;
l'Associazione è articolata in Federazioni provinciali che, pur se svolgono attività in senso lato di impresa, costituiscono articolazioni locali dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, che rimane tuttavia titolare di una esclusiva personalità giuridica rispetto alle proprie articolazioni;
l'Associazione è definita ente pubblico da numerosi elementi normativi e non (fra gli altri legge 18 agosto 1978, n. 481 e compendio del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Ispettorato Generale di Finanza, avente ad oggetto «Enti ed organismi pubblici non territoriali, diversi dagli organi costituzionali»);
tale Associazione - per il tramite della Federazione Provinciale di Roma -, gestisce, mediante l'Istituto di Vigilanza dell'Urbe, attività di vigilanza che impiega circa 1.100 lavoratori con fatturato che ha raggiunto anche i 50 milioni di euro;
l'Istituto di vigilanza dell'Urbe e l'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci sono un'unica realtà tanto che utilizzano la stessa Partita IVA, lo stesso Codice Fiscale e lo stesso Regolamento interno;
da tempo sono in corso iniziative degli amministratori dell'associazione aventi ad obiettivo la cessione del ramo di azienda ad altri soggetti esercenti la medesima attività, attraverso trattative di tipo privatistico senza l'esperimento di apposita procedura ad evidenza pubblica;
è in corso presso il Tribunale Ordinario di Roma - Sezione fallimentare - un procedimento per la dichiarazione di insolvenza dell'Istituto di Vigilanza dell'Urbe;
tali gravi tensioni finanziarie sono dovute anche a dismissioni di servizi svolti e a mancate partecipazioni a gare promosse da committenti pubblici e privati quasi che un disegno preordinato alla svendita dell'Istituto regolasse l'azione degli amministratori in carica;
il patrimonio pubblico rischia di essere fortemente depauperato dal perpetuarsi di tale gestione aziendale;
la stabilità del posto di lavoro sembra spesso posta in dubbio anche dal «suggerimento» dato dai vertici aziendali ai lavoratori di dimettersi dall'Istituto di vigilanza dell'Urbe per aderire, in qualità di soci, ad una cooperativa di servizi analoghi -:
quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per esercitare il controllo sull'attività svolta dagli amministratori della Federazione
Provinciale di Roma dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci al fine di tutelare il patrimonio pubblico così minacciato e salvaguardare i livelli occupazionali.
(4-05402)
Risposta. - Per meglio comprendere le questioni sollevate con l'interrogazione in esame, è opportuno premettere alcune considerazioni sulla natura giuridica dell'Associazione nazionale combattenti e reduci (Ancr), nonché sulla specificità e peculiarità delle relative competenze.
Il sodalizio in argomento è un ente morale di natura privata ed aderisce alla Confederazione italiana delle associazioni combattentistiche e partigiane ed i relativi negozi giuridici hanno luogo secondo la legislazione ordinaria vigente ovvero secondo il Codice Civile.
Al riguardo, si deve sottolineare che ai sensi dell'articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, l'ente in questione ha assunto personalità giuridica di diritto privato.
Con i successivi decreti del Presidente della Repubblica 30 settembre 1982 e 10 marzo 1986, modificativi dello statuto associativo dell'Ancr, è stata ribadita la natura di persona giuridica privata.
In tale contesto, è utile ricordare anche le relazioni della Corte dei Conti sul risultato del controllo della gestione finanziaria dell'Ancr per gli esercizi finanziari del 1999/2000 e del 2001/2002, che hanno espressamente riaffermato che l'Associazione «è persona giuridica di diritto privato».
Circostanza, quest'ultima, ribadita anche da costante giurisprudenza sia della Magistratura contabile che della Corte di Cassazione che hanno sempre affermato la natura privatistica del sodalizio.
Ciò detto, l'attività dell'Ancr per potersi correttamente esplicare, deve necessariamente assumere rilevanza esterna, in quanto la stessa è un soggetto giuridico dotato di poteri, di diritti, di doveri e di obblighi, nei limiti delle attribuzioni e degli scopi statutari.
Da quanto sopra esposto, si evince in maniera abbastanza chiara che le peculiari questioni sollevate con l'interpellanza in argomento riguardano, in via esclusiva, profili di natura patrimoniale tra il vertice associativo dell'Ancr e le sue articolazioni locali, e tra queste ultime e l'Istituto di vigilanza dell'Urbe (Ivu). In buona sostanza, si tratta, nel caso di specie, di rapporti civilistici in essere tra strutture di un sodalizio avente natura privata e regolati, perciò, dal Codice Civile.
Proprio la peculiare tipologia di tali rapporti, pertanto, non consente un intervento della Difesa nel senso auspicato dagli interroganti, poiché si tratta di materia preclusa a qualunque intromissione estranea al sodalizio.
Infatti, i rapporti tra il Ministero della difesa e l'Associazione riguardano esclusivamente l'attività sociale dell'Ente (legata alla tutela degli ex combattenti ed agli scopi morali tesi alla solidarietà nazionale), esercitando la vigilanza con riferimento alle sole attività associative riconducibili agli interessi ad alle specifiche attribuzioni della Difesa, con particolare riguardo alla utilizzazione e alla gestione dei fondi erogati ai sensi della legge 20 febbraio 2006 n. 92.
Conseguentemente, il Ministero della difesa rimane assolutamente estraneo alle attività imprenditoriali svolte dall'Ente attraverso l'Ivu ed ai rapporti tra l'Ancr ed i dipendenti del citato istituto di vigilanza.
Si ricorda, infine, che l'Amministrazione militare non ha alcuna competenza in ordine alla vigilanza sull'attività di gestione dei vertici né in ordine al controllo sui bilanci dell'Associazione stessa.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
CAMPA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria 2007, all'articolo 1 comma 519, prevede il passaggio nei ruoli effettivi degli ufficiali dei Carabinieri, a tal fine recita «...sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non consecutivi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante
procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge...»;
nella stesura dei decreti attuativi qualcuno sosterrebbe l'ipotesi di eliminare da questo provvedimento gli ufficiali che provengano dai corsi AUC, ammettendo al beneficio soltanto coloro che siano stati arruolati con Corsi AUFP. Il motivo di tale discriminazione è dovuto al fatto che gli AUC hanno sì maturato i 3 anni richiesti dalla legge, ma i primi 14 mesi per l'espletamento del servizio di leva, anche se è stato effettuato nell'Arma dei Carabinieri;
se dovesse essere applicata questa valutazione, si commetterebbe, ad avviso dell'interrogante, una ingiustificata, e perciò grave, sperequazione. Si penalizzerebbero infatti cittadini che hanno dedicato 14 mesi della vita al servizio dello Stato per rispettare un obbligo costituzionale;
non può essere sottaciuto il fatto che prima del 2003 il reclutamento degli ufficiali dei Carabinieri avveniva attraverso i concorsi AUC e che il servizio militare è stato svolto con la divisa e il ruolo di Carabinieri, previo addestramento in una scuola dell'Arma! Gli ufficiali AUC presentano la sola differenza di aver prestato i primi 4 mesi con la divisa dell'esercito, come allora era imposto, ma sul piano tecnico e culturale non esistono variazioni rispetto alla prima parte del corso AUFP. La seconda parte del corso si è poi svolto nella stessa scuola degli ufficiali dei Carabinieri. Unica difformità nei primi 4 mesi: colore della divisa e alamari!;
tale interpretazione si scontra palesemente con l'articolo 52 della Costituzione che recita solennemente: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica». Il servizio di leva deve essere perciò considerato titolo di merito e non discriminatorio. A parere dell'interrogante discriminare questi cittadini significa di fatto negare loro un diritto al lavoro (diventare ufficiali dei Carabinieri in servizio permanente) e farebbe applicare, con questa sperequazione, alle Forze armate un ordinamento non democratico, come invece la Costituzione impone! -:
cosa intenda fare per consentire che si applichi la volontà del Parlamento che non ha posto alcuna distinzione tra il servizio prestato dagli ufficiali dei Carabinieri prima e dopo l'abrogazione degli obblighi di leva, evitando l'applicazione di valutazioni estranee alla legge, tutto ciò per impedire sperequazioni, per evitare un numero rilevante di ricorsi onerosi e dall'esito negativo per lo Stato e, soprattutto, per rispettare il supremo ruolo del Parlamento.
(4-02960)
Risposta. - Circa la questione sollevata con l'interrogazione in esame, si ritiene opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale.
Come noto, i commi 519 (stabilizzazione di personale non di ruolo presso le pubbliche amministrazioni) e 526 (stabilizzazione specifica, per il corpo dei Vigili del fuoco) dell'articolo unico della «Finanziaria per il 2007» (legge 27 dicembre 2006, n. 296), recano disposizioni per la stabilizzazione di personale non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni in servizio a tempo determinato, purché in possesso di determinati requisiti.
In particolare, il primo periodo del citato comma 519 prevede, in generale, un programma di stabilizzazione di lavoratori precari che siano in servizio a tempo determinato da almeno tre anni o che conseguano tale requisito per effetto di contratti stipulati prima del 29 settembre 2006 o che siano stati in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore al 1o gennaio 2007, «purché siano stati assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge».
Il successivo terzo periodo di tale comma, inoltre, dispone che «le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale in argomento, e prioritariamente del personale di
cui all'articolo 23, comma 1 del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione».
Tali previsioni, rivolte al «precariato storico» prodottosi in ambito pubblico in esito ai numerosi provvedimenti di proroga intervenuti nel tempo a seguito del blocco delle assunzioni, sono finanziate con una quota delle risorse del Fondo per le assunzioni nel pubblico impiego, in deroga al blocco del «turn over».
È noto, infatti, che, a differenza della Difesa, altre pubbliche amministrazioni, sono state impossibilitate per un lungo periodo ad assumere personale a tempo indeterminato in numero sufficiente ad assolvere i loro compiti istituzionali, in ragione delle limitazioni alle assunzioni imposte dalla legge (il cosiddetto «blocco delle assunzioni» - legge n. 311 del 2004 - legge Finanziaria per il 2005).
D'altro canto il personale delle Forze Armate, in servizio permanente effettivo o meno, è titolare di un rapporto d'impiego di diritto pubblico del tutto diverso e atipico rispetto a quelli delle altre amministrazioni.
Infatti, le ferme a termine di breve periodo contratte dal personale militare volontario, tra cui rientrano anche gli Ufficiali in ferma prefissata (Ufp), attengono ad un regime normalizzato per legge, nel quale la temporaneità è strutturale e riconosciuta dalla normativa in vigore (legge n. 331 del 2000, decreto legislativo n. 215 del 2001 e legge n. 226 del 2004), in quanto funzionale alle peculiari esigenze istituzionali della Difesa quali, ad esempio, la necessità di poter disporre costantemente di una significativa percentuale di personale in giovane età oppure, per determinati periodi, di personale in possesso di specifiche professionalità ad alto contenuto tecnico per le quali risulterebbe ingiustificato ed antieconomico creare un ruolo «ad hoc».
Per tale ragione le Forze Armate sono state escluse dal blocco delle assunzioni di cui all'articolo 1, comma 95 della legge finanziaria per il 2005 e conseguentemente dall'utilizzo del fondo per le assunzioni in deroga.
In tale contesto, la priorità alla stabilizzazione del personale, di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 215 del 2001, prevista dal comma 519 della legge finanziaria 2007, è da intendersi riferita unicamente agli Ufficiali in ferma prefissata dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza, in quanto i Corpi di Polizia partecipano alla ripartizione del citato fondo previsto dalla legge finanziaria per il 2005.
Fatta questa opportuna premessa per meglio inquadrare il contesto in cui trova idonea collocazione la specifica questione affrontata con l'interrogazione in esame, si partecipa che la competente Direzione generale per il Personale Militare ha rimarcato, che ai fini della stabilizzazione, il servizio prestato dagli ufficiali di complemento di prima nomina dell'Arma dei Carabinieri, non soddisfa i requisiti richiesti dalla normativa vigente.
La predetta Direzione generale ha rilevato, infatti, che il servizio prestato in qualità di ufficiale di complemento di prima nomina (14 mesi, comprensivi del corso per allievi ufficiali di complemento), a differenza di quello prestato da ufficiale di complemento in ferma biennale, non può essere considerato utile ai fini della stabilizzazione, attesa la peculiarità di tale servizio, quale sostitutivo del servizio obbligatorio di leva.
D'altro canto, è evidente che il soggetto che, a suo tempo, non fosse riuscito ad accedere alla ferma di leva in qualità di allievo ufficiale di complemento di prima nomina, avrebbe, comunque, dovuto assolvere gli obblighi della coscrizione militare, svolgendo il periodo previsto per legge come militare di leva nelle Forze Armate.
Peraltro, la considerazione del servizio obbligatorio di leva ai fini della stabilizzazione, potrebbe comportare profili di criticità, in relazione al rispetto del principio delle pari opportunità, atteso che per le donne non è previsto l'assolvimento degli obblighi di leva.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
CARUSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i giorni 28 e 29 maggio 2006, furono convocati i comizi elettorali per l'elezione diretta del Sindaco e per il rinnovo del Consiglio Comunale di Bisognano (Cosenza);
a seguito della presentazione delle liste elettorali, la seconda sottocommissione elettorale circondariale di Cosenza, sede di San Marco Argentano (Cosenza), con proprio verbale n. 85 del 30 aprile 2006, ricusava la lista «Unione Democratica» con candidato a Sindaco Attico Francesco, nato a Cosenza il 15 agosto 1959, con la seguente motivazione:
«...ACCERTATO che delle 143 firme presentate, n. 48 non risultano autenticate nei modi prescritti dalla normativa vigente (articolo 21, 2 comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000) e nella fattispecie nei moduli n. 3 e n. 4, pur comparendo in stampatello nome, cognome e qualifica del consigliere comunale autenticatore, quest'ultimo non ha apposto la firma autografa in calce ai moduli stessi di raccolta delle firme dei presentatori;
CHE pertanto il numero dei presentatori, stante così le cose, è al di sotto del parametro numerico richiesto dalla legge;
RITENUTO dover ricusare la lista presentata; ...».
alla competizione elettorale venivano ammesse le restanti due liste, «Solidarietà e Partecipazione», con candidato a Sindaco Umile Bisignano, nato a Bisignano il 29 aprile 1954, e «Patto per la Città» con candidato a Sindaco Francesco Fucile, nato a Bisignano il 14 aprile 1965;
a seguito dell'esclusione, la Lista «Unione Democratica» ha presentato istanza di riesame presso la 2 Sottocommissione Elettorale la quale, con proprio verbale n. 95 del 30 aprile 2006 disponeva il non riesame dell'istanza prodotta sulla base delle seguenti motivazioni:
«...PRESO ATTO che il vizio riscontrato nei moduli n. 3 e n. 4, sopra richiamati, è insanabile;
CONSTATATO che la sottocommissione elettorale circondariale non è legittimata a pronunciarsi su eventuali richieste di riesame dei propri atti quando il vizio rilevato può dar luogo ad una nullità insanabile ...».
a seguito della decisione della sottocommissione il signor Maiurano Cenzino, autenticatore delle firme poste a corredo della lista esclusa dalla sottocommissione circondariale, adiva il TAR Calabria che rigettava il ricorso con sentenza n. 493. Proposto l'appello, il Consiglio di Stato - Sezione V - in sede Giurisdizionale, respingeva l'istanza di sospensione del provvedimento con Ordinanza n. 2315 del 12 maggio 2006, con la seguente motivazione:
«...Considerato che alle condivisibili argomentazioni del Primo Giudice occorre anche premettere l'osservazione che il ricorso introduttivo - sia pure in sede di sommaria cognizione - deve essere esaminato sotto il profilo dell'ammissibilità, alla luce dei principi affermati con la decisione del 24 novembre 2005, n. 10, dell'Adunanza Plenaria ...»;
successivamente, la lista «Solidarietà e Partecipazione», usciva vincitrice dalla competizione elettorale del 28 e 29 maggio 2006, con circa il 52 per cento dei voti validi;
ad avvenuta proclamazione degli eletti, venivano presentati n. 3 ricorsi innanzi al TAR Calabria da parte dei signori Massimo Bisignano (29 giugno 2006 - n. 786), Rosita Aiello (27 giugno 2006 - n. 768) e Carmelo Lo Giudice (28 giugno 2006 - n. 783);
il TAR Calabria, con proprie decisioni - rispettivamente - n. 960 del 2006 del 31 luglio 2006 (Massimo Bisignano); n. 959 del 31 luglio 2006 (Rosita Aiello);
n. 962 del 9 agosto 2006 (Carmelo Lo Giudice), rigettava i predetti ricorsi;
in particolare per quanto concerne il ricorso del signor Bisignano Massimo, il TAR tra le motivazioni poste a sostegno del rigetto, riportava tra l'altro che:
«...tale indicazione a stampatello il collegio ha ritenuto che non potesse essere parificato alla firma o sottoscrizione richiesta dalle norme sull'autenticazione legale delle firme di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, in quanto né può risalirsi con certezza alla paternità del segno grafico, né può riferirsene inequivocabilmente la provenienza al soggetto che lo ha apposto. La posizione all'epoca sostenuta è confermata dalla giurisprudenza su un caso analogo in cui il TAR Lazio, sezione di Latina, ha ritenuto che la mancanza di uniformità nella modalità impiegata per la sottoscrizione correlata all'autenticazione (la fattispecie era del tutto identica, in quanto l'ufficiale autenticante in alcuni casi aveva sottoscritto a stampatello, con caratteri peraltro non riconducibili ictu oculi alla stessa grafia, in altri aveva accompagnato lo stampatello con segni grafici) delle firme dei sottoscrittori della lista dei candidati alle elezioni (amministrative) non garantisce la genuinità del richiesto adempimento formale ed esclude pertanto la commutabilità delle correlate sottoscrizioni ai fini del raggiungimento del numero minimo previsto dalla legge (TAR Lazio, Latina, 28 maggio 2004, n. 393) ... Le norme appunto prescrivono l'esistenza di entrambi i due elementi il proprio nome e cognome, la qualifica rivestita, nonché la propria firma per esteso ed il timbro dell'ufficio (articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000) ... Sotto tale profilo appare incomprensibile la ragione per la quale alcuni dei fogli dei sottoscrittori siano poi stati «Siglati» dal MAIURANO oltre al nome ed al cognome apposti a stampatello ed altri fogli non lo siano stati, mentre il «consiglio» offertogli dal dipendente dell'ufficio elettorale comunale in data 30 aprile 2006 «di siglare i fogli contenenti le firme dei sottoscrittori, gia autenticate con la firma a stampatello», appare un tentativo postumo di ricondurre a legittimità l'operazione, rimasta tuttavia incompiuta, come si evince dagli atti sottoposti all'esame della Sezione nel ricorso n. 504 del 2006, già deciso con la più volte ricordata sentenza n. 493 del 2006. Per le considerazioni di cui sopra anche il verbale della 2 commissione circondariale di Cosenza presso il Comune di San Marco Argentano adottato in data 30 aprile 2006 in realtà appare inficiato dai vizi dedotti col presente ricorso, a prescindere da ogni questione di litispendenza o meno del gravame precedentemente esaminato e deciso con la sentenza ora citata da questa stessa Sezione. D'altra parte già nella menzionata sentenza è stato rilevato che gli adempimenti formali per la presentazione delle liste, tra cui rientrano le modalità di autenticazione delle firme dei sottoscrittori delle medesime, si profilano come forme sostanziali o vincolate, non surrogabili attraverso il preteso raggiungimento dello scopo imposto dalla norma, né sanabili ex post mediante dichiarazioni integrative (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 3 marzo 2005, n. 835). Per quanto sopra il motivo va respinto. ... ».
a tali decisioni del TAR Calabria è stato proposto appello innanzi al Consiglio di Stato con tre distinti ricorsi, sempre a nome di Massimo Bisignano, Rosita Aiello e Carmelo Lo Giudice;
la stessa V Sezione del Consiglio di Stato che aveva condiviso le decisioni del TAR Calabria, nel ricorso intentato dal signor Maiurano Cenzino, in sede Giurisdizionale, nella Camera di Consiglio del 6 febbraio 2007, si è, al contrario, così pronunciata:
«... riunisce i predetti ricorsi in appello n. 8220 del 2006, n. 9908 del 2006 e n. 8224 del 2006;
respinge l'appello n. 8220 del 2006, proposto da Rosita Aiello;
respinge l'appello n. 9908 del 2006, proposto da Carmelo Lo Giudice;
accoglie l'appello n. 8224 del 2006 proposto da Massimo Bisignano; per l'effetto in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla il provvedimento di esclusione della lista avente come contrassegno "UNIONE DEMOCRATICA", nonché le operazioni elettorali per il rinnovo del Sindaco e del consiglio comunale di Bisignano, svoltesi il 28 e 29 maggio 2006;
compensa le spese dei tre giudizi di appello;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa...»;
in questo modo con decisioni contrastanti tra diversi organi giudicanti dello Stato, si sono annullate, a distanza di quasi un anno, le operazioni elettorali, mandando a casa una lista che aveva ottenuto il 52 per cento dei voti;
il 17 febbraio 2007 è stato insediato il commissario prefettizio e la cittadinanza è ancora in attesa di conoscere quando si voterà di nuovo e con quali modalità -:
quali saranno le modalità con cui si svolgeranno le prossime elezioni, se con liste bloccate o elezioni ex novo;
per quale motivo, ancora oggi, l'amministrazione uscente non ha ricevuto ancora nessuna comunicazione ufficiale che chiarisca sia le modalità che i tempi per le nuove elezioni e se non si ritenga necessario, per non creare grave nocumento alla comunità amministrata, ridurre al minimo i tempi del commissariamento.
(4-02847)
Risposta. - Il Comune di Bisignano (Cosenza è stato inserito nel turno di elezioni comunali del 27 e 28 maggio 2007, a seguito della decisione per la riforma delle sentenze dl Tribunale amministrativo regionale Calabria 959/960 e 962 del 2006 in merito all'elezione del Sindaco e dei consiglieri e alla proclamazione degli eletti in quel Comune.
Con tale decisione, come ricordato anche dall'interrogante, l'adito consesso, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha annullato il provvedimento di esclusione della lista avente come contrassegno «Unione Democratica» - precedentemente ricusata dalla seconda sottocommissione elettorale circondariale di San Marco Argentano (Cosenza) - nonché le operazioni elettorali del comune di Bisignano avvenute nel maggio 2006.
Considerato che a seguito della citata pronuncia sono venuti meno gli organi amministrativi dell'Ente di cui trattasi, si era reso necessario assicurare, attraverso un commissario, nominato con decreto del Prefetto in data 16 febbraio 2007, la provvisoria amministrazione del Comune, in attesa del rinnovo degli organi elettivi ai sensi della legge 7 giugno 1991 n. 182.
La pronuncia in questione ha costituito, quindi, l'atto-presupposto per il rinnovo delle operazioni elettorali, che si sono svolte, nella loro interezza, in occasione del primo turno elettorale utile (27 e 28 maggio 2007), con la conseguente presentazione di nuove liste e candidature. Detto presupposto si è concretizzato entro la data del 24 febbraio, come prescritto dall'articolo 85, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
Si soggiunge che avverso la predetta decisione non è stato proposto alcun ricorso.
La competente Prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Cosenza ha provveduto a comunicare le modalità di svolgimento delle elezioni al responsabile del servizio elettorale del Comune di Bisignano.
Si osserva, inoltre, che in base all'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le sentenze con le quali il Consiglio di Stato dispone l'annullamento delle operazioni elettorali devono essere immediatamente comunicate, da parte del medesimo organo giurisdizionale, al sindaco e al prefetto.
Risulta, tuttavia, che lo stesso comune fosse a conoscenza del dispositivo della sentenza già dal 19 febbraio 2007, data in cui è stata notificata all'ente la nomina del commissario prefettizio ai sensi dell'articolo 85 del citato decreto del Presidente della Repubblica. Ciò in quanto, nella premessa, il provvedimento conteneva il riferimento alla pronuncia giurisdizionale.
Agli atti di questo Ministero risulta, inoltre, formale atto di rinuncia al ricorso in Cassazione, firmato in data 23 febbraio 2007 dal legale dell'ex sindaco, dal quale si evince che il medesimo era già a conoscenza del dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la RAI continua ad oscurare all'estero una parte della propria programmazione, accampando il pretesto dell'impossibilità di acquistare i diritti per la diffusione di taluni programmi al di fuori del territorio nazionale; le proporzioni di tale fenomeno (che riguarda in particolare, ma non solo, la trasmissione degli avvenimenti sportivi) sono rilevanti, come è facilmente verificabile alla pagina 517 di Televideo RAI che riporta su base settimanale la lista delle trasmissioni oscurate;
la RAI è un'azienda che gestisce un servizio pubblico (quello radiotelevisivo), e pertanto sembrerebbe doveroso che detta azienda facesse ogni sforzo possibile per mettere tutti i cittadini italiani nella condizione di poter fruire di tale servizio pubblico;
la RAI, attraverso la diffusione all'estero delle proprie trasmissioni, potrebbe essere un formidabile veicolo per la promozione della lingua e della cultura italiana;
non risulta che la pratica dell'oscuramento delle trasmissioni sia adottata anche dagli enti televisivi degli altri Paesi europei, cosa che lascia quantomeno perplessi sulla validità delle spiegazioni fornite dalla RAI;
il malcontento dovuto a questa situazione continua a crescere presso le comunità italiane in Europa, anche perché i connazionali che vivono all'estero non riescono ad ottenere risposte convincenti da parte delle Istituzioni, ed hanno quindi la sensazione che la RAI goda di un'impunità che le permette di operare come un'azienda privata e senza tener conto del suo ruolo di gestore di un servizio pubblico;
in data 6 settembre 2007, la RAI ha oscurato all'estero la trasmissione della replica del concerto tenuto nel 1990 a Caracalla da Luciano Pavarotti, José Carreras e Placido Domingo, messa in onda per rendere omaggio nel giorno della sua scomparsa al Maestro Luciano Pavarotti, un artista che per vari decenni ha dato lustro al nostro Paese nei teatri di tutto il mondo; tale atteggiamento da parte della RAI appare in questo caso specifico non soltanto discriminatorio nei confronti dei connazionali all'estero, ma anche offensivo per la memoria del Maestro Pavarotti -:
se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, e quali iniziative abbiano già intrapreso od intendano intraprendere, ciascuno per quanto di propria competenza, affinché l'azienda che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo cessi immediatamente le politiche che all'interrogante appaiono discriminatorie ormai da anni in atto a danno dei connazionali che vivono e lavorano a l'estero.
(4-04805)
Risposta. - Il problema dell'oscuramento in Europa di alcuni programmi televisivi per i quali la RAI non detiene i diritti di ritrasmissione è ben noto alla competente direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del ministero degli affari esteri, a seguito delle diffuse proteste che da tempo pervengono dai nostri connazionali residenti in tale area, anche attraverso esponenti di organismi rappresentativi quali i Com.It.Es o il C.G.I.E.
La problematica coinvolge la politica commerciale della RAI ed il complesso dei contratti stipulati con i distributori dei diritti televisivi (in particolare per gli eventi sportivi). Quando infatti i diritti dei programmi (talvolta anche solo per una parte dei servizi contenuti negli stessi) vengono
venduti a committenti all'estero, la trasmissione viene oscurata dalla RAI per evitare rivalse legali da parte degli acquirenti.
Le società titolari, infatti, cedono i diritti territorio per territorio, garantendo l'esclusiva della trasmissione nell'ambito di acquisto ed escludendo, conseguentemente, la possibilità che siano inviati i corrispondenti segnali da parte di altre emittenti in quelle stesse località.
Il Ministero degli affari esteri ha più volte sensibilizzato l'Ente televisivo nazionale affinché, pur nei limiti dati dagli obblighi giuridici e dalle esigenze economiche aziendali, consideri opportunamente la pressante richiesta delle nostre collettività riguardo ad un fenomeno obiettivamente sentito anche se, occorre precisare, limitato nei suoi dati globali.
Negli ultimi anni, sono state innumerevoli le iniziative intraprese al riguardo dal mondo istituzionale e politico, anche a livello trasversale: in occasione di ogni importante evento sportivo internazionale, la questione dell'oscuramento dei programmi RAI ha alimentato il dibattito parlamentare e suscitato l'attenzione dei media nazionali.
La vicenda è attualmente seguita dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ed è oggetto di numerose proposte legislative da parte di esponenti parlamentari, soprattutto di quelli eletti nella Circoscrizione estero (anche su iniziativa dello stesso interrogante).
Non si hanno invece elementi informativi riguardanti lo specifico oscuramento dalla diffusione via satellite in Europa della replica del concerto dei tre tenori tenutosi nel 1990, messa in onda per rendere omaggio al Maestro Pavarotti nel giorno della sua scomparsa, lo scorso 6 settembre, sebbene si possano verosimilmente ipotizzare anche in questo caso motivazioni ascrivibili a questioni di copyright per l'estero.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gran parte delle ambasciate italiane all'estero hanno affidato a società esterne la realizzazione di un call-center per prenotare gli appuntamenti dei cittadini stranieri che vogliano ottenere i documenti per il rilascio del visto d'ingresso per l'Italia. Tale soluzione sarebbe stata messa in atto per risolvere il problema delle file disordinate degli stranieri all'ingresso dei nostri uffici consolari;
tuttavia il costo addebitato per ogni chiamata sembrerebbe essere molto elevato e diverso nei vari paesi (per esempio dai 20 centesimi al minuto per Serbia ai circa 1,2 euro al minuto per la Moldavia) -:
se non ritenga opportuno rendere pubblico e trasparente il contratto in essere tra le ambasciate e le società che hanno realizzato il call center e rendere noto in che modo vengano utilizzati i proventi ricavati dalle ambasciate attraverso i call center (che secondo calcoli approssimativi ammontano a più di un milione di euro all'anno per ambasciata).
(4-04856)
Risposta. - L'Ambasciata d'Italia a Belgrado, espressamente richiamata nell'interrogazione, è stata la prima sede ad utilizzare il servizio di call center e sul cui modello sono stati modulati i successivi accordi firmati tra le Rappresentanze italiane e i locali gestori di società di outsourcing nei Paesi interessati da un forte incremento nel rilascio dei visti d'ingresso.
Nel 2003 l'Ambasciata italiana a Belgrado ha concluso con la compagnia telefonica di Stato «Telekom Serbia» un accordo con il quale è stato attivato un call center operativo tutti i giorni lavorativi dalle 07.00 alle 15.30. Da allora tramite il call center vengono effettuate le prenotazioni degli appuntamenti per le richieste di visto e fornite informazioni riguardo alle procedure di rilascio. Questa prassi ha permesso di regolarizzare il calendario degli appuntamenti, evitando al pubblico lunghe e sgradevoli file fuori dagli uffici e ha accresciuto la trasparenza delle procedure. I cinque operatori del call center sono sottoposti costantemente al controllo di un supervisore dell'ambasciata addetto alla verifica dei tabulati telefonici e delle procedure adottate.
Il servizio viene prestato dalla Telekom esclusivamente a pagamento degli utenti, senza costi per l'erario italiano. In base all'accordo, la clientela viene informata da un risponditore automatico del costo del servizio appena entra in linea con il call center e prima che scatti l'addebito della chiamata.
I cittadini serbi che hanno prenotato l'appuntamento ricevono per posta direttamente dalla Telekom, senza ulteriori costi, una comunicazione con indicate data e ora in cui presentarsi presso l'ambasciata per inoltrare la domanda, nonché l'elenco della documentazione necessaria per la tipologia di visto richiesta.
Per gli introiti derivanti dai servizi offerti dalla Telekom, l'articolo 5.3 del contratto stipulato con la società stabilisce che «l'intero incasso derivante dalla fornitura dei servizi di cui all'articolo 1 del presente contratto appartiene alla Telekom». Quanto ai costi relativi alla creazione del call center ed al suo funzionamento (stipendi e oneri sociali per i sei impiegati, stampa del materiale informativo, invio a domicilio con lettera raccomandata della lista dei documenti da presentare all'ufficio visti, costi fissi, eccetera) essi sono interamente a carico della Telekom.
La prassi del call center è stata adottata anche da altri Paesi Schengen, quali Francia, Spagna, Belgio e Grecia.
Al fine di alleviare gli oneri per gli utenti, l'ambasciata sta finalizzando con la Telekom un ulteriore accordo che prevede un costo forfettario da corrispondere nel solo caso in cui l'appuntamento venga effettivamente fissato. Verrà inoltre istituito un secondo call center, preposto esclusivamente a fornire informazioni. Tale servizio sarà prestato dalla Telekom a titolo gratuito.
Il ricorso al call center non è ovviamente obbligatorio per l'utente, cui è lasciata aperta la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti con modalità più tradizionali (centralino, fax, lettera, posta elettronica o altro).
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sembrerebbe che nel 2003 il Governo maltese abbia utilizzato 9,3 milioni di euro dal protocollo italo-maltese per l'acquisto di un inceneritore che doveva essere usato per l'incenerimento dei rifiuti degli scarti di macelleria;
infatti, il Governo maltese avrebbe acquistato un inceneritore di capacità massima di 15.600 tonnellate, troppo grande per il fabbisogno del paese tanto che il suo utilizzo, esclusivamente per rifiuti da scarti di macelleria (che ammonterebbero a 9.600 tonnellate), avrebbe costituito una perdita economica;
secondo una relazione stilata dal Governo maltese, per essere certi che il suddetto inceneritore non costituisca una perdita in termini economici, bisognerebbe assicurarsi che anche altri tipi di rifiuti vengano bruciati dallo stesso;
contrariamente alla direttiva VIA (valutazione impatto ambientale) la richiesta per un inceneritore esclusivamente per rifiuti di macelleria è stata in seguito modificata per utilizzare il nuovo impianto anche per lo smaltimento di altri tipi di rifiuti: tutto ciò è avvenuto senza nessuna consultazione pubblica;
l'inceneritore in questione sarà ubicato in un sito già altamente inquinato a causa della vicinanza di una centrale elettrica estremamente inquinante nonché di una delle maggiori arterie di traffico maltese. Questo potrebbe causare delle eccedenze nei limiti prescritti dalla Direttiva quadro sulla qualità dell'aria;
la direttiva VAS (valutazione ambientale strategica) richiede, tra le altre cose, che l'Italia porti a termine una valutazione strategica ambientale in modo da assicurare che i soldi del protocollo italo-maltese siano spesi in modo responsabile, per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali misure intenda adottare
affinché i fondi previsti dal protocollo italo-maltese siano usati in maniera eco-sostenibile, in modo da tutelare la salute dei cittadini maltesi e dagli altri residenti esteri nello Stato maltese.
(4-05430)
Risposta. - Nel V Protocollo finanziario italo-maltese, firmato il 20 dicembre 2002 ed entrato in vigore il 5 gennaio 2004, è contemplata la realizzazione di un nuovo inceneritore per il mattatoio statale di Marsa (Progetto 1.7 «Installazione di un impianto di raccolta ed incenerimento al Mattatoio Statale», valore 10.800.000 euro). L'impianto è stato costruito dalla ditta italiana Barbieri&Tarozzi ed è stato completato nel 2006 (il collaudo «a secco» è avvenuto nel luglio 2006), ma non ha ancora iniziato ad operare per i motivi indicati di seguito.
Dopo la firma del V Protocollo, con l'ingresso nell'Unione Europea, Malta ha proceduto ad una ristrutturazione della propria industria agricola, con la conseguenza di una più ridotta formazione di rifiuti animali da macellazione ed una conseguente situazione di sovradimensionamento del previsto inceneritore.
Il Governo maltese ha pertanto valutato necessario adattare la struttura alla nuova realtà e, a seguito di studi effettuati da esperti locali, ha ritenuto di modificare l'inceneritore in modo da renderlo utilizzabile sia per la tipologia di rifiuti originariamente prevista, sia per lo smaltimento di altri tipi di rifiuti. L'ente gestore dell'impianto è WasteServ Malta Ltd, agenzia che opera sotto la direzione del Ministero dell'ambiente.
Al riguardo, premesso che le modifiche sono state apportate nel 2006/2007 a spese della parte maltese, risulta che prima di procedere al completamento della variante le Autorità governative maltesi abbiano istituito un comitato tecnico composto da rappresentanti dei Ministeri della sanità e dell'ambiente, per valutare la fattibilità del progetto stesso. Tale comitato ha dato una valutazione positiva, evidenziando anche che l'inceneritore modificato sarebbe stato auto-sufficiente sul piano, energetico, attraverso il trattamento di rifiuti altamente calorifici. Risulta anche che la Mepa (Autorità maltese per la pianificazione ambientale) ha fatto svolgere un approfondimento della valutazione di impatto ambientale già effettuata per l'impianto originale (limitato ai rifiuti del mattatoio) ed ha inoltre effettuato consultazioni pubbliche con la presenza di funzionari dei comuni (local council) di Marsa e Paola e di residenti dell'area interessata (anche esponenti delle Ong locali erano stati invitati a dette riunioni ma non vi avrebbero partecipato).
Il progetto è stato altresì condizionato al rilascio del permesso Mepa relativo al Controllo dell'inquinamento integrato e prevenzione (integrated pollution and prevention control Ippc), anch'esso soggetto a consultazione pubblica. Attraverso tutto il processo di modifica dell'inceneritore, la Mepa e la Waste Serve Ltd (ente pubblico che si occupa dello smaltimento dei rifiuti) si sono avvalsi dell'assistenza tecnica dell'Autorità austriaca per l'ambiente (Austrian environment authority).
La messa in attività del nuovo inceneritore comporterà la chiusura dell'inceneritore attualmente operativo presso l'ospedale di San Luca, che è altamente inquinante ed opera nell'area più densamente popolata dell'isola di Malta. Il nuovo inceneritore consentirà anche la chiusura dell'inceneritore mobile, ormai obsoleto, che si trova nel mattatoio di Marsa. Risulta dagli studi condotti dal Governo maltese che le emissioni prodotte dall'inceneritore resteranno al di sotto dei livelli previsti dalla normativa comunitaria, anche tenendo conto della situazione preesistente. In più, la Mepa ha imposto all'impianto il rispetto di livelli di emissione basati sui «Best available technology and the reference values (Brefs)» raccomandati dalla Commissione UE. Secondo il Governo maltese, la Mepa intende anche rafforzare il monitoraggio della qualità dell'aria nella zona in collaborazione con i Consigli municipali interessati.
È dunque prevedibile, sulla base dei riscontri tecnici, che il nuovo inceneritore, costruito utilizzando le tecnologie più moderne, si tradurrà sul piano ambientale in un beneficio per la popolazione maltese.
Nelle condizioni descritte, si può ritenere che i fondi erogati a valere sul V Protocollo per l'impianto in parola, che dovrebbe iniziare ad operare a breve, siano stati adeguatamente utilizzati in modo eco-sostenibile, con l'obiettivo di migliorare le condizioni dell'inquinamento atmosferico a Malta.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
CATONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
gli indirizzi presenti nel documento di programmazione economico finanziario 2007 impongono, nell'ottica di risanamento della finanza pubblica, il contenimento delle spese dei ministeri;
i servizi navali delle forze dell'ordine sono a disposizione del Ministero per i beni e le attività culturali per le attività istituzionali, per la tutela del Patrimonio Archeologico ed Artistico Nazionale -:
se risponda a verità che la sovrintendenza di Padova - Nucleo Nausicaa - sarebbe in procinto di acquistare la motovedetta denominata CP2015, vecchia di 35 anni, radiata dalla Capitaneria di Porto di Venezia poiché pericolosa per la navigazione e per il personale di bordo, allo scopo di costituire un servizio navale archeologico, degli altissimi oneri gestionali (manutenzione, ormeggio, personale specializzato per la condotta, carburante) che graverebbero sulle spese correnti fisse a scapito delle già esigue risorse per il restauro e la catalogazione dei reperti archeologici;
infine, qualora ciò dovesse rispondere al vero, se e quali provvedimenti intenda assumere nei confronti dei responsabili dell'iniziativa.
(4-04897)
Risposta. - In merito al quesito «se corrisponda la vero che la Soprintendenza pere i beni archeologici di Padova sarebbe in procinto di acquistare la motovedetta denominata CP2015, vecchia di 35 anni, radiata dalla capitaneria di porto di Venezia... allo scopo di costituire un servizio navale archeologico dagli altissimi costi gestionali...» si rileva innanzitutto, sulla base di quanto segnalato dalle competenti strutture periferiche, che per un ufficio come la soprintendenza archeologica per il Veneto, che ha il proprio deposito in un magazzino sito a Venezia, sull'isola del Lazzaretto nuovo, è esigenza primaria - oltre che reale motivo di economia - poter disporre, per il trasporto dei reperti in una città come Venezia, di un proprio natante piuttosto che sostenere ogni anno spese notevoli di trasporto, le quali, è da aggiungere, non raggiungono livelli ancora più alti solo perché, ogni qual volta ciò è possibile, l'ufficio fa ricorso ai mezzi messi a disposizione dalle forze dell'ordine (carabinieri, guardia di finanza e vigili del fuoco).
Per questa ragione, la soprintendenza archeologica del Veneto ha avviato un iter esplorativo preliminare circa la possibilità di ottenere a costo zero eventuali imbarcazioni dismesse dalle forze dell'ordine ma ancora in buono stato.
La prima imbarcazione proposta dalla capitaneria di porto di Chioggia è stata rifiutata per lo stato di conservazione riscontrato e per l'alto costo di sistemazione. Per la seconda imbarcazione, la motovedetta CP2015 della capitaneria di porto di Caorle, la soprintendenza è in attesa di ricevere un parere tecnico da parte del perito del tribunale di Venezia. Da un primo esame, tuttavia, anche questa imbarcazione risulterebbe non idonea per l'elevato costo di manutenzione che comporterebbe a causa di un lungo periodo di abbandono. In ogni caso, si procederà ad una eventuale acquisizione solo dopo averne verificato la convenienza economica per il ministero, tenuto conto del fatto che l'imbarcazione non deve comportare particolari costi di gestione né richiedere personale specializzato per la sua conduzione, oltre a quello al momento già in servizio presso l'Ufficio.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CECCUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'Assobeton l'Associazione Nazionale Industrie Manufatti Cementiti che dal 1956 rappresenta, in ambito Confindustria, i principali settori produttivi di prefabbricati in cemento, ha approvato un documento nel quale si rappresenta lo stato d'emergenza delle Aziende produttrici di traverse ferroviarie dovuta dalla diminuzione del 50 per cento degli interventi previsti nel programma d'interventi di rinnovo binari di Rete Ferroviaria italiana Spa, per gli anni 2007-2008-2009, unico committente del settore;
per il solo anno 2007 il programma sopracitato prevede interventi pari a 190 milioni di euro rispetto ad un impegno preannunciato di circa 314 milioni di euro;
le difficoltà registrate dalle aziende produttrici di traverse ferroviarie, presenti peraltro in tutto il territorio nazionale, derivano anche da una situazione di incertezza rispetto alla programmazione degli anni precedenti. Da un calcolo effettuato dalla Assobeton, alla data del 26 marzo 2007 risulta infatti che alle aziende del settore non sono stati liquidati i pagamenti di traverse contabilizzate pari a 13.579.692 euro, non sono state contabilizzate traverse consegnate pari a 12.731.782 euro e non sono state ritirate, per slittamento dei programmi, traverse prodotte pari a 14.888.45 euro;
la grave situazione di difficoltà del comparto sta causando preoccupazioni tra i titolari ed i dipendenti delle Aziende produttrici che si vedono obbligati, in alcuni casi, ad attivare la Cassa integrazione -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere affinché Rete ferroviaria italiana Spa liquidi il dovuto alle aziende produttrici e dia piena attuazione, con tempi certi e senza slittamenti, ai programmi di manutenzione previsti;
se non ritenga opportuno intervenire in tempi rapidi per evitare situazioni di difficoltà per i lavoratori del comparto su cui grava il rischio di licenziamento.
(4-05125)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'interrogazione cui si risponde fa riferimento al presunto stato di crisi del comparto produzione di traverse ferroviarie evidenziato da parte dell'Assobeton, Associazione nazionale delle aziende produttrici di traverse ferroviarie la quale denuncia il disagio economico finanziario in cui attualmente versa il comparto delle aziende associate dovuto in parte alla riduzione dei finanziamenti per l'esecuzione del programma di commesse legate alte attività manutentive della rete per gli anni 2007 e 2008 e, in parte, alla mancanza di una previsione degli investimenti per la realizzazione di nuove opere.
In merito agli interventi per attività manutentive della rete programmati nel 2007, la società Ferrovie dello Stato precisa che, salvo il rallentamento in atto che ha interessato circa il 10 per cento del totale degli interventi programmati, il fabbisogno annuo di traverse è paragonabile a quello degli anni precedenti.
Difatti, Rete forroviaria italiana Spa sta realizzando, nel corso del presente anno, un piano di interventi di rinnovo (circa 500 km binario e circa 550 deviatoi) in linea con quelli degli anni precedenti e nel rispetto degli impegni contrattuali in essere.
A riguardo, Rfi ha già avuto incontri con i rappresentati dell'associazione al fine di consentire ai loro associati di pianificare con certezza le attività produttive per il corrente anno 2007.
Per il successivo biennio, anni 2008 e 2009, Rfi, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, prevede di realizzare un piano di interventi manutentivi sulle linee in esercizio della rete finalizzati al mantenimento di elevati livelli di regolarità, di affidabilità e di sicurezza delle linee, pari a circa 1200 km di binario e 1500 deviatoi, che soddisfa le esigenze di Rfi e, nel contempo, dovrebbe soddisfare le attese del comparto produttivo di traverse ferroviarie.
La fase operativa di tale piano potrà avere inizio entro il primo semestre del 2008 in considerazione dello sviluppo temporale di esecuzione degli interventi già programmati ed inseriti nei contratti in essere che si prevede di ultimare nei primi mesi del 2008.
È opportuno altresì considerare che la situazione di crisi segnalata possa essere riconducibile all'elevata potenzialità produttiva esistente del comparto rispetto alle prevedibili esigenze di Rfi (valutabile in 1,5 milioni di traverse/anno e 1100 serie di traversoni/anno a fronte di una potenzialità complessiva rispettivamente di 2,4 milioni e circa 2000 serie) e non debba, quindi, essere ricercata unicamente nel rallentamento delle commesse.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
GIORGIO CONTE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sulla base della legge finanziaria in vigore e negli indirizzi relativi al decreto di Programmazione Economico e Finanziaria 2007, tutti i Ministeri stanno apportando consistenti risparmi di spese, non essenziali, allo scopo di risanare le finanze pubbliche;
i servizi navali di tutte le Forze dell'Ordine sono a disposizione, da tempo e con ottimi risultati, anche del Ministero per i beni e le attività culturali ai fini della cooperazione ai compiti d'istituto per la tutela del patrimonio archeologico e artistico nazionale -:
se corrisponda al vero che la Sovrintendenza Archeologica di Padova - «Nucleo Nausicaa» sarebbe in procinto di acquisire una vecchia motovedetta denominata CP2015, radiata per vetustà da parte dal Corpo delle Capitanerie di Porto di Venezia, con oltre 35 anni di età e pertanto assai pericolosa per l'incolumità del personale e la navigazione, allo scopo di costituire un ennesimo nucleo iniziale di un nuovo servizio navale archeologico, di cui nessuno sente la necessità, e i cui oneri di gestione andrebbero a gravare sulle spese correnti fisse di un Ministero che già fatica a reperire le risorse per il restauro e la catalogazione dei reperti archeologici e storici già rinvenuti; oneri di gestione non indifferenti, dato l'alto costo della manutenzione, del carburante, dell'ormeggio oltre a quelli derivanti dall'obbligo di assunzione di personale specializzato abilitato alla condotta, trattandosi di imbarcazione da lavoro-:
se intenda, qualora dovesse corrispondere al vero quanto sopra esposto, assumere provvedimenti ed eventualmente quali (disciplinari, rotazione, avvicendamento) nei confronti dei funzionari responsabili di tale autonoma iniziativa, qualora sussistano profili di responsabilità.
(4-04894)
Risposta. - In merito al quesito «se corrisponda la vero che la Soprintendenza per i beni archeologici di Padova sarebbe in procinto di acquisire la motovedetta denominata CP2015, vecchia di 35 anni, radiata dalla capitaneria di porto di Venezia... allo scopo di costituire un servizio navale archeologico dagli altissimi costi gestionali...» si rileva innanzitutto, sulla base di quanto segnalato dalle competenti strutture periferiche, che per un ufficio come la soprintendenza archeologica per il Veneto, che ha il proprio deposito in un magazzino sito a Venezia, sull'isola del Lazzaretto nuovo, è esigenza primaria - oltre che reale motivo di economia - poter disporre, per il trasporto dei reperti in una città come Venezia, di un proprio natante piuttosto che sostenere ogni anno spese notevoli di trasporto, le quali, è da aggiungere, non raggiungono livelli ancora più alti solo perché, ogni qual volta ciò è possibile, l'ufficio fa ricorso ai mezzi messi a disposizione dalle forze dell'ordine (carabinieri, guardia di finanza e vigili del fuoco).
Per questa ragione, la soprintendenza archeologica del Veneto ha avviato un iter esplorativo preliminare circa la possibilità di ottenere a costo zero eventuali imbarcazioni dismesse dalle forze dell'ordine ma ancora in buono stato.
La prima imbarcazione proposta dalla capitaneria di porto di Chioggia è stata rifiutata per lo stato di conservazione riscontrato e per l'alto costo di sistemazione. Per la seconda imbarcazione, la motovedetta CP2015 della capitaneria di porto di Caorle, la soprintendenza è in attesa di ricevere un parere tecnico da parte del perito del tribunale di Venezia. Da un primo esame, tuttavia, anche questa imbarcazione risulterebbe non idonea per l'elevato costo di manutenzione che comporterebbe a causa di un lungo periodo di abbandono. In ogni caso, si procederà ad una eventuale acquisizione solo dopo averne verificato la convenienza economica per il ministero, tenuto conto del fatto che l'imbarcazione non deve comportare particolari costi di gestione né richiedere personale specializzato per la sua conduzione, oltre a quello al momento già in servizio presso l'Ufficio.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CONTENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un duro comunicato stampa pubblicato nei giorni scorsi dai principali organi di informazione del pordenonese avrebbe messo in luce delle gravissime carenze di coordinamento tra il locale Comando provinciale dei Vigili del Fuoco e le altre entità attive nel settore del soccorso pubblico di emergenza;
in particolare, stando alla dettagliata denuncia dei sindacati di categoria, non sarebbe la prima volta che i Vigili del Fuoco della provincia di Pordenone, pur competenti per operazioni di pronto intervento, vengono estromessi dalla gestione di casi particolarmente urgenti e delicati, l'ultimo dei quali sfociato con la morte di un giovane operaio finito in un precipizio montano;
i delegati dei pompieri fanno sapere che di certuni casi di cronaca nera sarebbero addirittura venuti a conoscenza il giorno successivo dalla stampa locale;
viene, quindi, segnalata la necessità di un maggior coordinamento tra gli enti di pubblico soccorso, nel rispetto dei protocolli di intervento già esistenti;
la situazione di disagio sollevata nell'occasione merita un'attenta valutazione da parte di codesto Ministero in quanto concernente interessi potenzialmente vitali per l'incolumità dei cittadini -:
se sia a conoscenza della denuncia avanzata nei giorni scorsi dalle rappresentanze dei Vigili del Fuoco della provincia di Pordenone circa il mancato coinvolgimento del Corpo in delicate operazioni di recupero e di soccorso e quali giudizi dia dell'accaduto;
se, alla luce di quanto sopra, non intenda disporre, anche di concerto con gli altri dicasteri interessati alla vicenda, una rivisitazione dei protocolli d'intervento attualmente vigenti, richiamando tutti gli enti preposti al pubblico soccorso ad un maggior rispetto delle disposizioni ivi contenute in occasione di situazioni di emergenza.
(4-04378)
Risposta. - Gli articoli di stampa cui fa riferimento l'interrogante hanno evidenziato il mancato coinvolgimento del personale dei vigili del fuoco nelle operazioni di soccorso svoltesi il 21 giugno 2007 in località Chievolis (Pordenone), ove una macchina operatrice è precipitata dal ciglio di una strada comunale in una scarpata profonda circa 50 metri.
Per recuperare in fondo alla scarpata la persona in fin di vita che era a bordo del veicolo, è intervenuto sul posto l'elisoccorso del 118 di Pordenone che, nell'occasione, non ha allertato il comando provinciale dei Vigili del fuoco, venuto a conoscenza dell'accaduto solo il giorno successivo all'evento accidentale.
Il «Protocollo d'intesa per il soccorso» stipulato tra il citato comando provinciale ed il responsabile del 118 di Pordenone, prevede l'intervento congiunto delle forze deputate al soccorso allo scopo di assicurare
massimi livelli di protezione della popolazione e di garantire standard più elevati di sicurezza e salute mediante l'impiego di ogni risorsa disponibile e la massima collaborazione tra le parti interessate.
Nel caso in esame, fatte salve le specifiche competenze spettanti al personale del 118, nell'ambito dell'attività di soccorso tecnico urgente dei vigili del fuoco rientravano, in particolare, la verifica delle condizioni di equilibrio e la messa in sicurezza della macchina operatrice, la verifica della presenza di eventuali perdite di gasolio, nonché l'accertamento del rischio d'incendio. Inoltre, si fa presente che al Corpo dei vigili del fuoco spettava l'espletamento dell'attività di polizia giudiziaria connessa all'attività di soccorso.
La problematica è stata oggetto di esame nel corso di un incontro fra i responsabili del Comando provinciale dei vigili del fuoco e del 118, ove quest'ultimo, nel prendere atto dei motivi che avrebbero richiesto nella circostanza il coinvolgimento dei vigili del fuoco, ha assicurato la più ampia collaborazione per il futuro nei casi in cui siano previsti interventi congiunti fra il personale sanitario e le strutture del Corpo nazionale, in piena conformità alle previsioni del protocollo di intervento per il soccorso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
NICOLA COSENTINO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la difficile situazione in cui versa la scuola pubblica italiana è ancor più pesante nella regione Campania, dove sono stati annunciati tagli per circa 2.000 posti di lavoro, tra docenti, precari e non e personale ausiliario ATA;
i tagli all'organico della scuola programmati dal ministero dell'istruzione per il 2007/2008 raggiungono cifre preoccupanti ed investono le scuole campane di ogni ordine e grado;
la riduzione dell'organico in Campania va ad incidere su una realtà già difficile: classi sovraffollate, condizioni igienico-sanitarie precarie negli istituti scolastici, norme sulla sicurezza non rispettate. Ridurre il numero dei docenti significa aumentare il numero di studenti per classe, compromettendo la qualità dell'istruzione e trascurando le norme che vincolano il numero di alunni alla capienza effettiva (in metri quadri) delle aule;
come riportato in un articolo apparso sul quotidiano Il Mattino, cronaca di Napoli, del 23 luglio scorso, in Campania risultano azzerati i posti concessi sui progetti ed è stato abolito il rapporto uno a uno per i portatori di handicap: dunque, vi saranno studenti in eccesso anche in classi con alunni portatori di handicap (in questo caso gli alunni dovrebbero essere non più di 20), per cui ogni insegnante di sostegno dovrà seguire almeno due alunni portatori di handicap;
a causa di tali tagli sono a rischio moltissimi posti di lavoro per i docenti, precari e non, che il prossimo anno resteranno senza cattedra, con gravi limitazioni del diritto allo studio ed una notevole contrazione di posti utili per le immissioni in ruolo, con danni gravi e irreparabili per gli interessati. Ed i tagli non riguardano solo i docenti ma anche il personale ausiliario Ata, con ulteriore penalizzazione delle scuole campane. Che sono, tra l'altro, fanalino di coda rispetto alle altre regioni italiane (ad esempio, per l'attuazione del tempo prolungato la Campania si attesta al 5 per cento contro l'80 per cento della Lombardia);
ancora una volta la scuola in Campania si configura come una spesa da tagliare e non come una risorsa su cui investire -:
quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, il Ministro in indirizzo intenda adottare per salvaguardare il posto di lavoro dei moltissimi docenti, precari e non, e del personale ATA della regione Campania, sia per non peggiorare ulteriormente le condizioni funzionali della scuola nella regione, sia per non aggravare ulteriormente
la disoccupazione intellettuale già rilevantissima in Campania.
(4-04522)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede iniziative affinché non vengano ridotti gli organici delle scuole della Campania.
Va premesso che con la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007) il Parlamento ha approvato un articolato piano di interventi per il rilancio complessivo del sistema di istruzione prevedendo misure per il potenziamento dell'autonomia scolastica, lo sviluppo e la qualificazione del sistema dell'istruzione e la valorizzazione del personale.
Rientra nel suddetto piano di interventi quello previsto dalla stessa legge all'articolo 1, comma 605, che, al fine di una più efficace determinazione e distribuzione delle risorse disponibili, ha disposto un incremento dello 0,4 per cento del valore medio nazionale del rapporto alunni/classi, portandolo dalle attuali 20,6 a 21,00 unità per classe, da realizzare nel rispetto della normativa vigente.
Ciò premesso, in merito agli organici del personale della scuola della regione Campania il competente direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Campania ha fatto presente che, sulla base di quanto previsto dal decreto interministeriale sugli organici di diritto del personale docente, per l'anno scolastico 2007-2008, e dalla nota di questo ministero del 14 febbraio 2007 con la quale è stata assegnata una dotazione aggiuntiva, con proprio provvedimento del 25 maggio 2007, ha determinato in n. 86.155 posti la consistenza complessiva del personale docente delle scuole di ogni ordine e grado e in n. 8.146 posti quella di sostegno.
Inoltre, con decreto dirigenziale del 28 maggio 2007 il medesimo dirigente ha determinato in n. 146 posti la consistenza degli educatori e delle educatrici dei convitti, ed infine, con decreto del 28 maggio 2007 ha definito la consistenza del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, per l'anno scolastico 2007/2008, in complessivi n. 29.917 posti.
In sede di determinazione dell'organico di fatto, il direttore dell'ufficio scolastico regionale ha autorizzato ulteriori 3.921 posti di sostegno, per un totale di 12.067 a fronte di 21.433 alunni diversamente abili, con un rapporto pari a 1 docente su 1,77 allievi ben al di sotto della media nazionale.
Oltre ai posti di sostegno sono state autorizzate tutte le classi risultanti fuori dai parametri previsti richieste dai dirigenti scolastici.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è in atto il procedimento di riperimetrazione del Parco Nazionale del Pollino;
risulta utile e importante il coinvolgimento consapevole dei comuni interessati;
i consigli comunali di Mormanno, Papasidero ed Orsomarso hanno deliberato a favore della esclusione di parti del proprio territorio dai confini del Parco Nazionale del Pollino;
con l'ultimo deliberato del Comune di Orsomarso, la proposta complessiva dei tre appare omogenea senza creazione di «isole» nel territorio del Parco;
all'interno dei territori di cui si richiede l'esclusione dai confini del Parco insistono:
1) centrale idroelettrica Palazzo II;
2) sito per istallazione pale per impianto eolico (comune di Papasidero) sito idoneo già certificato;
3) discarica di smaltimento rifiuti, nuova da poco costruita dalla Regione Calabria ai confini tra i tre Comuni;
4) discarica dimessa in località Ombrece (comune di Mormanno);
5) area P.I.P. in espansione industriale (comune di Mormanno);
6) invaso artificiale ENEL per alimentazione centrale di Orsomarso (comune di Mormanno);
7) sito idoneo per istallazione pale di impianto eolico (comune di Mormanno);
8) due cave autorizzate con attività cantieristica (comune di Mormanno);
il comune di Mormanno ha già espresso più volte la propria disponibilità a rivedere in termini riduttivi la primitiva proposta accettando, senza alcun problema, una eventuale determinazione della Direzione generale per la Protezione della Natura volta a prendere in considerazione esclusivamente i territori al cui interno insistono le peculiarità e gli insediamenti sopra elencati che mal si integrano con una area protetta;
la Comunità del Parco, riunitasi in data 13 febbraio 2006 per fornire un parere su tali proposte, quasi unanimemente, con un solo voto contrario a tali proposte espresso dal Comune di Rotonda, non ha ritenuto fornire alcun parere, ritenendolo evidentemente non formalmente vincolante, né respingere o emendare tali proposte, rimettendosi completamente alla volontà di codesto Ministero -:
se si intenda accogliere le proposizioni come riportato in sintesi nella planimetria elaborata dagli uffici disponibili per eventuali esami, altresì suffragato dagli atti già in possesso dello stesso Ministero;
se si ritenga opportuno incontrare, a breve, i tecnici dei rispettivi Comuni per eventuale sopralluogo congiunto sui territori oggetto di tali proposizioni.
(4-05104)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede notizie in merito alla riperimetrazione del Parco nazione del Pollino. La Direzione per la protezione della natura ha riferito che la proposta cartografica di riperimetrazione approvata dall'Ente Parco nazionale del Pollino (delibera di C.D. n. 39 del 4 novembre 2004) è stata discussa con le Regioni e gli Enti locali nella prima riunione della Conferenza unificata in sede tecnica tenutasi in data 19 dicembre 2005. In quella sede, i comuni di Papasidero e Mormanno, tra gli altri, hanno evidenziato la contrarietà alle scelte effettuate dall'Ente parco, che ha ritenuto di non recepire le richieste di esclusione dal Parco dei loro territori, e il comune di Orsomarso ha espresso la volontà di riprendere e confermare una proposta unitaria già avanzata nel 1994 insieme agli stessi comuni di Papasidero e Mormanno.
Secondo quanto concordato, gli atti successivamente trasmessi dai comuni, compresi quelli dei suddetti tre, sono stati inoltrati per il parere dell'Ente parco, al fine di provvedere a una nuova valutazione e ricercare, ove possibile, una soluzione condivisa.
Con la delibera di C.D. n. 16 del 17 febbraio 2006 l'Ente parco ha però, ritenuto di non dover valutare le ulteriori richieste formali dei comuni e di riconfermare la proposta di riperimetrazione già presentata, rimandando al Ministero ogni altra valutazione.
Visto che alcuni dei territori per i quali si chiedeva l'esclusione dal Parco sono certamente significativi sotto il profilo naturalistico, posto anche che, in alcuni casi, l'esclusione di questi territori avrebbe provocato una discontinuità territoriale del Parco rendendo problematica l'attività di conservazione per le aree a questi limitrofe, che sarebbero rimaste nel Parco, oltre che per le specie animali, l'Amministrazione ha considerato necessario svolgere un approfondimento tecnico per la valutazione conclusiva della sostenibilità ambientale delle richieste di esclusione avanzate dagli Enti locali e respinte dall'Ente parco.
Sono state pertanto richieste informazioni all'Ente parco in merito alle attività produttive presenti o previste nelle aree di cui i comuni di Mormanno, Papasidero e Orsomarso richiedono l'esclusione, richiamate dall'interrogante, e si è provveduto a svolgere dal 20 al 22 novembre 2006 sopralluoghi tecnici nelle stesse aree, oltre che in altre aree interessate dalla riperimetrazione,
con l'ausilio dei tecnici dell'Ente parco e alla presenza dei tecnici e dei rappresentanti degli Enti locali.
Allo stato, è in atto la valutazione delle conclusioni tecniche conseguenti alle informazioni e ai dati in tal modo acquisiti, anche alla luce della recente nomina del presidente del parco, dottor Domenico Pappaterra.
Si ritiene infine che il confronto su tali beni debba avvenire in modo più organico con l'Ente parco all'interno della predisposizione del Piano d'assetto e del Piano di sviluppo socio economico.
Pertanto, essendo il Consiglio dell'ente in fase di nomina, non appena insediato costituirà nuovamente il soggetto con cui riprendere questo confronto e con cui eventualmente procedere a nuovi sopralluoghi o approfondimenti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
DONADI e BORGHESI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. Per sapere - premesso che:
da circa un anno e mezzo, ovvero dal momento del loro arresto avvenuto a Natal (Brasile) nel novembre 2005, cinque cittadini italiani sono detenuti nel carcere brasiliano di Raimundo Nonato in condizioni disumane; a quanto si apprende da fonti di stampa, avrebbero perso 20 chili ciascuno, vivrebbero in sei in una cella idonea ad ospitare un solo detenuto, non avrebbero letti e nemmeno una parte del tetto, non usufruirebbero delle ore d'aria e, a causa delle cattive condizioni igieniche, avrebbero contratto la tubercolosi e la scabbia; pare addirittura che per sopravvivere abbiano solo tre litri di acqua a settimana;
nell'agosto del 2006, sono stati condannati dal tribunale federale di Rio Grande del Nord per traffico internazionale di donne, riciclaggio di danaro e prostituzione della loro vicenda si occuperà la Corte interamericana dei diritti dell'uomo dopo che il difensore di uno dei sei detenuti, ha depositato un ricorso chiedendo che la Corte accerti la violazione della Convenzione americana (articoli 5 e 8) e condanni il Brasile per il mancato rispetto «delle più elementari condizioni di vita dei detenuti» e «dei principi dell'equo processo»;
tale ricorso è stato presentato in favore del detenuto Giuseppe Ammirabile, di 43 anni, di Mola di Bari (condannato a 56 anni, 9 mesi e 21 giorni), ma riguarda indirettamente anche altri cinque italiani: Paolo Quaranta, di 56 (condannato a 22 anni, 2 mesi e 10 giorni), Vito Francesco Ferrante, di 43 (17 anni e 4 mesi); Paolo Balzano, di 47 (7 anni), tutti di Mola di Bari, Salvatore Borrelli, napoletano di 48 (56 anni, 9 mesi e 21 giorni), e Simone De Rossi, di 31 di Venezia (12 anni e 2 mesi);
consta all'interpellante che si legge nell'esposto presentato avverso lo Stato del Brasile alla Commissione Interamericana dei diritti dell'uomo per violazione degli articoli 5 e 8 dell'omonima Convenzione, «la denuncia per violazione è stata realizzata attraverso la reiterata inosservanza da parte dell'Autorità giudiziaria brasiliana delle più elementari norme penali, sostanziali e processuali, poste a garanzia del fondamentale diritto di difesa, nonché delle disumane condizioni di vita cui è sottoposto il Signor Ammirabile nel penitenziario brasiliano di Raimundo Nonato»;
da fonti di stampa si apprende che l'ambasciatore italiano abbia già avuto contatti con il direttore del carcere brasiliano «Professor Raimundo Nonato Fernandes» e pare che sia in vista il trasferimento in un istituto detentivo in cui possano essere garantite condizioni di vita umane;
tuttavia, non è dato sapere se tra i detenuti in attesa di imminente trasferimento ci siano anche i nostri connazionali;
anche laddove questo fosse vero, sarebbe sicuramente importante ottenere un
trasferimento che consenta di ottenere condizioni di vita carceraria umane, ma ciò comunque non risolverebbe un altro nodo fondamentale della vicenda e cioè quello di verificare se i nostri connazionali siano stati sottoposti, o meno, ad equo processo -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto appena esposto ed eventualmente quali ulteriori elementi possano aggiungere alle gravissime circostanze esposte in premessa;
se non ritengano opportuno assumere una posizione diplomatica ufficiale e pressante nei confronti dello Stato del Brasile in primo luogo al fine di garantire una dignitosa detenzione ai nostri connazionali e in secondo luogo al fine di celebrare un regolare processo in cui siano tutelati i diritti fondamentali degli imputati.
(4-02983)
Risposta. - Il caso dei signori Salvatore Borrelli, Paolo Balzano, Simone De Rossi, Vito Francesco Ferrante, Paolo Quaranta e Giuseppe Ammirabile è da tempo seguito dal ministero degli affari esteri in stretto contatto con l'ambasciata d'Italia in Brasilia ed il consolato di Recife.
Come ricorda l'interrogante, i sei connazionali sono stati tratti in arresto il 2 novembre 2005 nella città di Natal (Stato del Rio Grande del Nord) perché accusati, tra l'altro, di associazione a delinquere e reati connessi allo sfruttamento della prostituzione e sono stati condannati in primo grado l'11 dicembre 2006 a severe pene detentive. I legali difensori degli interessati hanno presentato ricorso in appello e il giudizio di secondo grado è attualmente pendente davanti al tribunale regionale federale di Recife.
Le rappresentanze interessate, di concerto con il ministero degli affari esteri e in costante contatto con i familiari dei sei connazionali e con i loro difensori, sono intervenute nel corso del tempo a più riprese presso le competenti Autorità locali onde fornire la dovuta assistenza agli interessati. In occasione del processo di primo grado si è, in particolare, provveduto a sollecitare, nel pieno rispetto dell'ordinamento brasiliano, uno svolgimento del procedimento il più celere possibile, nel quale fossero garantiti i diritti di difesa degli imputati.
Sotto il profilo dell'assistenza consolare, la sede a Recife si è adoperata affinché agli interessati fosse assicurato un regime carcerario rispondente a criteri di umanità, i problemi di salute degli stessi fossero adeguatamente affrontati e la loro incolumità personale fosse salvaguardata. Sono altresì state effettuate alcune visite consolari.
Con provvedimento emesso dalle competenti Autorità brasiliane il 12 luglio scorso, i signori Salvatore Borrelli, Paolo Balzano, Vito Francesco Ferrante e Giuseppe Ammirabile sono stati trasferiti nel carcere di massima sicurezza di Campo Grande, nello Stato del Mato Grosso do Sul. Il signor Paolo Quaranta e il signor Simone De Rossi sono invece tuttora reclusi rispettivamente nei penitenziari di Natal e di Mossorò, nello Stato del Rio Grande do Norte.
A seguito del citato trasferimento e alla luce delle pressanti richieste dei familiari, la direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie ha inviato istruzioni al consolato generale a San Paolo, nella cui circoscrizione è ricompreso il penitenziario di Campo Grande, affinché provveda, durante il periodo di permanenza degli interessati in detta struttura, a monitorare il loro stato di salute e a sincerarsi che le condizioni di detenzione, pur nella durezza del regime cui i connazionali sono sottoposti, rispettino i diritti fondamentali e la dignità della persona.
Il consolato generale ha ottenuto dalle Autorità penitenziarie una visita consolare nel carcere di Campo Grande, nel corso della quale i signori Salvatore Borrelli, Paolo Balzano, Vito Francesco Ferrante e Giuseppe Ammirabile sono tutti parsi in buona salute.
La rappresentanza è, altresì, intervenuta presso le competenti Autorità locali al fine di agevolare il rilascio di un permesso di visita alla signora Giuliana Giovene, moglie del signor Ammirabile, giunta appositamente dall'Italia lo scorso agosto per incontrare
il marito e gli altri detenuti. Dopo la visita la signora Giovene è stata ricevuta dalla nostra ambasciata in Brasilia, dove ha confermato di aver trovato il consorte in buone condizioni fisiche, anche se provato dalle rigide regole di detenzione.
Lo scorso 24 ottobre la signora Giovene è stata nuovamente ricevuta al ministero dall'ambasciatore Adriano Benedetti, direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie. In quell'occasione, la signora Giovene ha ringraziato per l'assistenza fornita e non ha segnalato particolari problemi di salute del marito o degli altri detenuti.
Nel caso particolare del signor Simone De Rossi, entro il mese di novembre il giudice competente dovrebbe pronunciarsi sulla concessione della semi-libertà.
L'auspicato trasferimento in Italia dei detenuti potrebbe essere realizzato, una volta esperite le vie di ricorso interne ed ottenuta una sentenza definitiva, sulla base dell'accordo tra Italia e Brasile sul trasferimento dei detenuti. La firma dell'accordo, parafato a Roma il 22 novembre 2006 e non ancora sottoscritto, è stato oggetto del colloquio del 19 settembre scorso tra l'ambasciatore d'Italia in Brasile, Michele Valensise, ed il Ministro della giustizia brasiliano, Tarso Genro. Il collega brasiliano ha concordato sull'urgenza della firma e della ratifica dell'accordo, nell'interesse di entrambi i Paesi.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
EVANGELISTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto l'interrogante ha potuto accertare visitando personalmente la Casa di reclusione di Porto Azzurro, la struttura che ospita i detenuti in espiazione della pena detentiva, per quanto in molte sue parti sufficientemente vivibile e meno asettica e spersonalizzante di alcune strutture più moderne, è vetusta e per questo necessiterebbe di alcuni interventi migliorativi nelle sezioni, sulla falsariga di quelli già effettuati in alcuni suoi reparti, tra l'altro conformi alle indicazioni del nuovo regolamento di esecuzione;
tale situazione renderebbe necessari maggiori stanziamenti per gli interventi di ristrutturazione e manutenzione, non escluso il rifacimento delle facciate esterne dei due padiglioni;
a giudizio dell'interrogante, un altro intervento necessario, tra l'altro non particolarmente costoso, sarebbe quello della riapertura della Chiesa Spagnola;
attraverso stages riferiti ai corsi di formazione professionale organizzati con l'Agenzia ISVOR FIAT, che avranno inizio nelle prossime settimane, si è programmato il parziale recupero di un'antica struttura da adibire a sala polivalente, che si presterebbe ad essere utilizzata per le attività dei detenuti, ma anche per manifestazioni aperte all'esterno. Sarebbe pertanto assolutamente opportuna anche la prosecuzione dei lavori di recupero che non potranno essere ultimati durante il periodo di formazione;
oltre alle predette carenze infrastrutturali, la Casa di reclusione soffre anche di alcune insufficienze di organico;
infatti, allo stato attuale, l'organizzazione risente della grave carenza di personale di Polizia Penitenziaria, poiché su un organico previsto di 208 unità sono presenti effettivamente solo 133 agenti, mentre per il comparto Ministeri si annota la carenza di n. 2 ragionieri e nell'area trattamentale, in notevole sofferenza da molti anni, mancano n. 7 educatori rispetto alle previsioni;
la carenza di personale di polizia penitenziaria potrebbe essere almeno in parte compensata da un lato con il rientro di almeno 20 unità delle 32 distaccate dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (D.A.P.) per svariate ragioni, in molti casi non più sussistenti, e dall'altro anche attraverso l'installazione di strumenti tecnologici che facilitino la razionalizzazione dei sistemi di controllo e di gestione. Apposito procedimento è già stato avviato
presso il D.A.P. da ben tre anni senza trovare copertura finanziaria -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato e quali iniziative intenda assumere per rispondere alle carenze infrastrutturali e di organico della Casa di Reclusione di Porto Azzurro.
(4-01867)
Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta, preliminarmente, che presso la casa di reclusione di Porto Azzurro, nel decorso esercizio finanziario, sono stati appaltati i lavori di rifacimento della sala regia, degli impianti TV.CC. (videocitofonia) antiscavalcamento ed antintrusione, nonché dell'impianto di illuminazione esterna per una spesa di circa 1.650.000 euro.
Inoltre, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fatto presente che nella redazione del programma di edilizia penitenziaria 2007-2009, compatibilmente con le risorse disponibili e le priorità riguardanti altri istituti penitenziari, si provvederà ad inserire gli interventi di seguito elencati, segnalati dal provveditore regionale della Toscana:
rifacimento delle facciate esterne dei reparti detentivi;
ristrutturazione dei locali adibiti a lavorazioni penitenziarie, con adeguamento impiantistico;
ristrutturazione ed adeguamento dei reparti detentivi conformemente alle previsioni del nuovo regolamento sull'ordinamento penitenziario;
adeguamento della caserma agenti e degli alloggi demaniali.
Per quanto riguarda, più in generale, la lamentata carenza di organico di polizia penitenziaria, il citato dipartimento ha comunicato che a seguito dell'immissione in servizio di 450 agenti ausiliari, realizzata di recente, sette unità del predetto contingente saranno assegnate proprio all'istituto di Porto Azzurro. Si segnala, inoltre, che nello scorso mese di giugno è terminata la procedura di assegnazione di 526 vice ispettori.
È stata, poi, avviata una procedura di monitoraggio della mobilità del personale di polizia penitenziaria, che andrà ad interessare gradualmente tutto il territorio nazionale, onde poter assumere, all'esito, le consequenziali determinazioni circa i provvedimenti di distacco in essere o da adottarsi.
Per quanto concerne il personale del comparto ministeri, la situazione è sintomatica del quadro nazionale, che soffre di una generale carenza di organico.
Questa amministrazione, per fronteggiare il problema, ha richiesto l'autorizzazione all'assunzione, per l'anno 2007, di complessive 1.103 unità vincitrici di procedure concorsuali, tra cui ragionieri ed educatori.
Allo stato, la Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pubblica, ed il ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della ragioneria generale dello Stato - Istituto giuridico opere pubbliche (IGOP), non hanno ancora comunicato l'ammontare del budget finanziario assegnato alle pubbliche amministrazioni per le assunzioni in deroga di blocco.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sembra che il Consolato d'Italia a Lagos (Nigeria) non espleti con la necessaria efficienza ed operosità le pratiche relative al rilascio del visto d'ingresso in Italia per lavoro ai cittadini nigeriani;
secondo notizie pervenute all'interrogante il decreto legislativo che autorizza il flusso di manodopera, finalizzato a consentire l'ingresso regolare in Italia dei lavoratori extra UE, avrebbe assunto, presso l'anzidetto Consolato, una connotazione del tutto anomala che non garantirebbe il richiedente, sia sul piano della tempestività della prestazione che dell'onere economico correlato, rimessi entrambi al totale arbitrio degli addetti ai lavori presso il Consolato in questione;
sembra che la situazione sia al limite della paralisi e l'atmosfera carica di tensione poiché il tempo d'attesa per il rilascio del visto d'ingresso per coloro che hanno ottenuto il nullaosta al lavoro subordinato e/o domestico è di 15 mesi circa e già in Italia, per espletare le pratiche di rilascio del nullaosta, gli sportelli unici impiegano un anno o poco più;
ciò significherebbe che tra la proposta di assunzione e l'ingresso del lavoratore in Italia passano almeno due anni e mezzo;
le spese a carico del lavoratore per l'espletamento della pratica sembrano ammontare a circa 1.000,00 euro (e ciò in un Paese in cui lo stipendio medio di un lavoratore è di circa 30,00 euro al mese!), tra certificato di atto notorio, deposito cauzionale per l'indagine da parte di un avvocato scelto dal Consolato che dovrà recarsi nel villaggio natale del lavoratore per accertare la veridicità di quanto dichiarato nell'atto notorio, spese di trasporto, costo del visto di ingresso, e spese varie ad intermediari;
tale situazione di stallo, come risultante dalle notizie riportate all'interrogante, si riflette negativamente sia sui lavoratori extracomunitari che sulle loro famiglie e sugli stessi datori di lavoro (imprese o gruppi familiari) che, pur essendosi dichiarati disposti all'assunzione, non possono aspettare due anni e 6 mesi... e devono, quindi, risolvere diversamente il problema;
quando questi immigranti finalmente entrano in Italia, non possono più andare a lavorare per quei datori di lavoro, i quali nel frattempo avranno assunto altri lavoratori e a questo punto ci si chiede come faranno a mantenere economicamente se stessi e la loro famiglia;
questo atteggiamento di «tira e molla» finisce per alimentare l'immigrazione clandestina, creando, inoltre, un'immagine dell'Italia all'estero certamente non positiva quale è quella di un Paese dalla burocrazia inutile;
da questa disfunzione amministrativa e mancanza di organizzazione chiara e lineare inizia a «proporsi» nella mente del lavoratore che arriverà in Italia, un diverso stile di vita possibile e, soprattutto inevitabile se vuole sopravvivere: il ricorso a qualsiasi sistema di vita purché in grado di sopperire ai bisogni suoi e dei suoi familiari;
la clandestinità andrebbe combattuta alla fonte e occorrerebbe fare in modo che il lavoratore arrivi in Italia in tempi utili per il datore di lavoro che ne ha bisogno;
l'incrocio tra domanda e offerta dovrebbe funzionare, facendo entrare regolarmente in Italia i lavoratori, snellendo al massimo le procedure senza corsi e ricorsi ad indagini già espletate - che, peraltro, attraverso l'uso dei sistemi informatici permettono di effettuare verifiche ed ottenere conferme in tempo reale -:
se, alla luce di quanto espresso in premessa il Governo non ritenga opportuno avviare una verifica per controllare che l'adempimento normativo, nella fattispecie al Consolato italiano di Lagos, sia efficacemente reale e non puramente chimerico;
se non reputi possibile pensare ad un sistema di regolazione dei flussi più flessibile dell'attuale che renda possibile far funzionare l'incrocio tra domanda e offerta reale, senza creare sacche sempre più ampie di irregolarità, con tutti i problemi che ne conseguono.
(4-04469)
Risposta. - A seguito delle lamentele pervenute, con particolare riferimento ai lunghi tempi di attesa per la presentazione delle richieste di visto per lavoro subordinato, la Direzione generale per gli Italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri ha avviato un attento monitoraggio dell'attività dell'ufficio visti del consolato generale a Lagos. La predetta Rappresentanza attribuisce i ritardi nella fissazione degli appuntamenti e nel rilascio dei visti alla necessità di effettuare controlli accurati sull'identità dei richiedenti, dati i numerosi falsi documentali
prodotti in Nigeria, ed alla carenza di personale a disposizione.
Relativamente a quest'ultimo aspetto, al fine di consentire un più rapido smaltimento delle pratiche, l'organico dell'Ufficio visti del Consolato è stato potenziato con unità aggiuntive ed è stato inviato altro personale in missione temporanea. I dipendenti di ruolo in servizio presso quella Sede sono attualmente 4, oltre al Console generale, ed è stato pubblicato nuovamente un posto, vacante sin dal marzo 2006 per assenza di candidature. L'organico dei dipendenti a contratto è composto da 7 unità.
Queste misure dovrebbero contribuire a superare l'attuale situazione di difficoltà, cui si riferisce l'interrogante, e favorire una corretta e puntuale gestione delle richieste.
Circa l'accesso del pubblico, la suddetta Direzione generale ha provveduto a segnalare al Consolato l'esigenza di rivedere i sistemi di fissazione degli appuntamenti anche esternalizzando il servizio, in linea con le istruzioni ministeriali al riguardo e le best practice di altre Sedi, che pure presentano analoga situazione ambientale e medesimi carichi di lavoro e di personale.
Il Console ha finora sostenuto di non poter far ricorso a sistemi di outsourcing, call center o agenzie di servizi esterne a causa dell'alto tasso di corruzione locale ed ha attivato di recente un sistema di appuntamenti via e-mail, che dovrebbe consentire un parziale decongestionamento delle file esterne: al momento le prenotazioni sono infatti effettuate per lo più direttamente all'ingresso dell'Ufficio visti.
Per quanto concerne le eccessive spese che il lavoratore nigeriano dovrebbe affrontare per ottenere il visto, si fa presente che la percezione per il rilascio dello stesso ammonta a 75 euro e che nessun altro onere è a carico dell'utente. Non risulta infatti che il lavoratore sia tenuto a rivolgersi ad un legale di fiducia del Consolato per la verifica degli atti, atteso che per l'ottenimento del visto per lavoro subordinato deve solo esibire passaporto e formulano di richiesta del visto, in quanto il nulla osta al rilascio è direttamente inviato per via telematica dallo sportello unico per l'immigrazione alla competente Rappresentanza diplomatico-consolare.
Al fine di porre rimedio alle criticità sopra evidenziate, è stata effettuata - dal 15 al 20 ottobre 2007 - una missione ispettiva a Lagos da parte del Centro visti della Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri. A conclusione della missione, sono state formulate delle raccomandazioni per correggere le disfunzioni ed in particolare per ridurre i tempi di attesa per i visti di lavoro subordinato. Il Consolato generale di Lagos deve, entro tre mesi, adempiere alle raccomandazioni ricevute.
Infine, con riferimento a quanto richiesto dall'interrogante circa l'esigenza di un più flessibile sistema di regolazione dei flussi, che renda possibile l'incrocio tra domanda ed offerta di lavoro, si fa presente che il disegno di legge delega sulla modifica del Testo unico sull'immigrazione prevede, tra l'altro, l'istituzione di una banca dati interministeriale per la raccolta delle richieste di ingresso per lavoro e delle relative offerte.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
FABRIS. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle elezioni comunali amministrative del 12-13 giugno 2004 nel comune di Pettorazza Grimani (Rovigo), è stato eletto sindaco Mario Soattini della lista civica «Ancora insieme»;
la signora Paola Mancin, del comitato elettorale per Soattini sindaco, candidata nella lista civica presentata dal gruppo «Ancora insieme» è stata la più votata dopo il sindaco uscente Davide Nonnato, ed eletta consigliere comunale con 10 voti di preferenza;
per il gruppo di maggioranza consiliare sono stati eletti, Davide Nonnato 19 voti (ora vice sindaco), Paola Mancin 10 voti, Romeo Cesaretto 5 voti, Vanna Mozzato 4 voti, Flaviana Cassetta 2 voti, Gianni Mosca 2 voti, Maikol Cecconello 2
voti, Andrea Chiorboli 1 voto (attualmente assessore comunale);
il Consiglio Comunale è stato costituito il 2 luglio 2004 nella prima seduta, così come uscito dalle urne nominativamente e graduato dai voti di preferenza;
il 18 ottobre 2004 il gruppo «Ancora insieme» ha espulso dal gruppo della maggioranza consiliare il consigliere Paola Mancin con lettera esterna ai lavori consiliari e privata, formalizzata, per quanto consta all'interrogante durante una delle riunioni che il gruppo «Ancora insieme» era solito tenere fuori dalla sede consiliare, motivando l'espulsione con la mancata partecipazione, del consigliere Mancin a tali riunioni serali e che avvenivano con convocazione via telefonino, con o senza preavviso;
il consigliere Paola Mancin è stata espulsa contro la propria volontà e l'espulsione non è prevista né dallo statuto comunale, né dal regolamento comunale e tale espulsione, secondo l'interrogante è certamente in contrasto con i poteri dati all'ente locale e al di fuori di ogni norma di legge;
la signora Mancin ha presentato istanza al Ministero dell'interno - Dipartimento degli affari interni e territoriali; direzione centrale per le autonomie, sportello delle autonomie - in data 9 marzo 2005 -:
se il Ministero abbia dato risposta a tale quesito e, in caso affermativo, se abbia ritenuto illegittima la situazione descritta.
(4-01169)
Risposta. - In ordine alla questione segnalata dall'interrogante, si fa presente che la Direzione centrale per le autonomie di questo Ministero ha fornito, in data 24 agosto 2005, il parere sul quesito formulato dal Consigliere comunale del Comune di Pettorazza Grimani, Paola Mancin, riguardante l'ammissibilità dell'iniziativa assunta dal capogruppo consiliare della maggioranza volta ad estrometterla dal gruppo in questione. Detto parere è stato comunicato all'interessata il successivo 29 agosto, per il tramite della Prefettura di Rovigo.
A tal riguardo va, innanzitutto, evidenziato che la materia dei «gruppi consiliari» è regolata da norme statutarie e regolamentari proprie di ogni singolo ente locale, sulla base della riconosciuta autonomia funzionale e organizzativa dei consigli comunali.
L'unico riferimento normativo applicabile al caso in esame è rappresentato dall'articolo 18 dello statuto comunale che, nel dettare le norme di principio atte a regolare l'istituto dei «gruppi consiliari», ha demandato la disciplina di dettaglio ad una successiva disposizione regolamentare, sinora non adottata.
Si ritiene tuttavia che, pur non avendo il Comune di Pettorazza Grimani emanato il previsto regolamento possano comunque essere tratte dallo Statuto alcune indicazioni espressive della volontà dell'ente.
Non sembra possa dubitarsi, infatti, che i gruppi sono configurati come organismi necessari, stante la previsione che fornisce il criterio con cui essi sono individuati, nel caso in cui i consiglieri non provvedano alla loro costituzione, esercitando una facoltà riconosciuta a ciascuno di essi.
Sulla base di tale disposto statutario, si desume che la volontà di appartenenza ad un gruppo, ovvero di dare vita ad un gruppo non coincidente con la lista che si è presentata alla competizione elettorale, non possa che ricondursi ad una scelta individuale del diretto interessato, esercitabile nei limiti fissati dalle previsioni in parola.
Ciò posto, si ritiene che nel caso di specie appare preclusa la possibilità che un consigliere possa essere estromesso, contro la sua volontà, dal gruppo in cui risulta collocato originariamente, per essere annesso autoritativamente ad altro gruppo, ovvero obbligato a costituire un autonomo gruppo «unipersonale» (ipotesi, quest'ultima, espressamente esclusa, in via di principio, dallo statuto, salvo che il consigliere rappresenti l'unico eletto di una lista che ha partecipato alle consultazioni elettorali).
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
FASOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a quasi due anni dalle prime segnalazioni in Italia, il Rhinchophorus Ferrugineus altrimenti detto Punteruolo Rosso, si è stabilmente insediato negli areali dell'Italia meridionale infestando e poi distruggendo numerose specie di Palme (Phoenix Canariensis, P. Dactylifera, P. Silvestris, Cocos Nucifera ed altre ancora);
il Punteruolo Rosso della palma è dannoso soprattutto allo stato di larva: distrugge la polpa e la linfa vitale dell'albero che manifesta i suoi primi sintomi di decadimento con una asimmetria delle foglie apicali che prima si piegano e poi si afflosciano. La palma infine marcisce e muore;
dalla letteratura fitosanitaria appare ormai consolidata la nozione per cui, nei confronti della palma già duramente colpita con lesioni apicali e afflosciamento della chioma, l'unico provvedimento da adottare è l'eradicazione con seguente incenerimento;
nei confronti delle palme vegetanti nelle immediate adiacenze e sul territorio di un comune che ricada, anche parzialmente, nel raggio di un chilometro dall'area di primo riscontro e che non presentino ancora i su descritti sintomi, si deve agire preventivamente. In effetti la diffusione del punteruolo rosso, prima limitata a poche aree in ambito europeo (la Spagna, la Sicilia), si è estesa nel giro di pochi mesi ad altri ambiti territoriali del Mezzogiorno d'Italia con particolare riguardo alla Campania;
l'azione di profilassi va articolata oltre che con quanto esposto nei commi precedenti, anche nel modo seguente:
a) accurate ispezioni periodiche su tutte le piante suscettibili di attacco da parte del Punteruolo Rosso;
b) impiego di trappole innescate con ferormone di aggregazione per il monitoraggio degli insetti adulti;
c) accurata potatura delle vecchie foglie e delle inflorescenze secche con eliminazione delle guaine fogliarie;
d) bruciatura dei residui della potatura;
e) astensione da tagli fogliari o, se proprio necessario, effettuazione del taglio nei mesi invernali;
f) trattamento sull'intero palmizio, ad intervalli ristretti, con prodotti insetticidi secondo indicazioni differenziate in relazione all'ambito da risanare, vivaistico privato aree pubbliche urbane per le quali ultime vanno utilizzati prodotti antiparassitari minori con simbolo di pericolo assente o xi (irritante);
per quanto concerne il trattamento con insetticidi, a giudizio dell'interrogante, può anche ravvisarsi l'opportunità di un impiego di antiparassitari maggiori in aree pubbliche previa opportuna recinzione con interdizione dell'accesso al pubblico;
la soluzione radicale dell'infestazione va altresì legata ad un monitoraggio severo sui vivai di origine, insistenti sull'opposta sponda mediterranea, specie in Egitto, impedendo l'esportazione delle palme in Italia e in Europa qualora già attaccate dall'insetto; oltre ad un monitoraggio nei punti di entrata con quarantena e, in caso di riscontro positivo per il parassita, con incenerimento della palma -:
se siano stati attivati da parte dei ministri interrogati tutti i servizi fitosanitari regionali e se gli stessi abbiano stabilito gli opportuni contatti con le Province, i Comuni, i responsabili di vivai pubblici e privati e i singoli proprietari, al fine di dare il via al programma di monitoraggio, profilassi ed incenerimento;
se non si ritenga opportuno, con adeguati interventi mediatici, anche nelle scuole, di incentivare la cultura delle essenze autoctone che conferiscono prestigio bellezza e carattere al territorio mentre la
messa a dimora di piante esogene espone anche a rischio di infestazioni incontrollabili con possibile successiva compromissione della vegetazione locale;
è triste offrire alla vista dei nostri giovani e dei turisti che scelgono l'Italia anche per le sue peculiari ricchezze botaniche e forestali, lo spettacolo di un inaspettato scampolo d'Africa o di Finlandia laddove prima insistevano corbezzoli, lentischi e carrubi. Di questo passo andrà a finire che uno straniero per poterli ammirare, in un futuro pericolosamente vicino, dovrà fare a meno dell'Italia e recarsi in qualche ambito mediterraneo vicino come Corsica, Grecia e Penisola Iberica; anche perché, tra un po' di tempo, sarà difficile trovarli anche sulle nostre montagne attesi i ricorrenti incendi che le devastano mentre dalle autorità di governo non partono ancora le misure per una strategia idonea a combatterli o, quanto meno, contenerli. Con buona pace dell'esercito sempre invocato nelle emergenze estive, puntualmente dimenticato dopo i tempi del disagio come dimostrano le condotte tenute dal Ministro della difesa Parisi e dal Ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio.
(4-05323)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone l'attenzione sui danni provocati dall'organismo nocivo Punteruolo Rosso (Rhynchophorus ferrugineus) alle piante di palma in diverse aree del territorio nazionale.
Al riguardo, si evidenzia che il Servizio fitosanitario centrale dell'Amministrazione, non appena avuto notizia degli ingenti danni provocati dall'organismo nocivo al patrimonio ornamentale della Spagna, già agli inizi del 2005, ha costituito uno specifico gruppo di lavoro tecnico, composto da esperti dei Servizi fitosanitari regionali, dell'Istituto sperimentale per la zoologia agraria di Firenze nonché di diverse Università.
Finalità del gruppo è la definizione di misure di intervento idonee a consentire ai Servizi fitosanitari regionali la più efficace azione di contrasto nei confronti sia dell'organismo nocivo in questione che di un altro organismo egualmente dannoso per le palme denominato Paisandisia archon.
Contemporaneamente, il ritrovamento dei primi esemplari di Rhynchophorus ferrugineus in alcuni areali nazionali ha portato alcune regioni, quali ad esempio la Campania, ad adottare specifici provvedimenti d'intervento sul territorio interessato.
Nell'estate dello scorso anno, su una partita di palme del genere Waschintonia proveniente dall'Egitto, introdotta in Italia attraverso il porto di Napoli e messa in quarantena presso l'azienda dell'importatore in Puglia, sono stati rinvenuti numerosi esemplari adulti di Rhynchophorus ferrugineus nonché larve in ogni stadio di sviluppo.
Dette piante risultavano completamente asintomatiche all'esame esteriore ed il ritrovamento è stato possibile grazie alla comparsa di un adulto fuoriuscito da una pianta e trattenuto dalle reti atte a combattere l'insetto che avvolgevano le piante in quarantena.
Il taglio della pianta interessata ha evidenziato un forte attacco dell'organismo nocivo Punteruolo Rosso, la cui scoperta non sarebbe stata possibile senza la distruzione della stessa.
Alla luce di questa nuova esperienza, il Servizio fitosanitario centrale ha dato disposizioni ai Servizi fitosanitari regionali affinché le palme importate da Paesi terzi fossero sottoposte ad un periodo di quarantena.
A seguito del ritrovamento del cosiddetto Punteruolo Rosso, oltre che in Spagna ed in Italia anche in Francia e Grecia, la Commissione europea ha adottato la decisione 2007/365/CE del 25 maggio 2007, che stabilisce le misure d'emergenza per impedire l'introduzione e la diffusione nella Comunità di Rhynchophorus ferrugineus (Olivier), entrate in vigore dal mese di maggio.
Detta decisione prevede l'obbligo per ogni Stato membro di delimitare le aree in cui è stato riscontrato l'organismo nocivo.
Nel contempo, il gruppo di lavoro tecnico ha proseguito nei lavori sia per la determinazione delle misure fitosanitarie da adottare sul territorio sia per la definizione
delle procedure di abbattimento e di smaltimento delle piante infette.
Al fine di recepire le misure fitosanitarie contenute nella decisione 2007/365/CE, relative alla definizione delle aree interessate dalla presenza del Punteruolo nonché di adottare le misure fitosanitarie di intervento sul territorio nazionale, è stato predisposto, d'intesa con i Servizi fitosanitari regionali, uno schema di provvedimento di lotta obbligatoria, diretto ad evitare la massiccia diffusione dell'organismo in tutto il territorio nazionale.
Provvedimento che ha ottenuto il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni ed il cui iter si sta perfezionando per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
GALLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 151 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali n. 267/2000, gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo;
ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera c), dello stesso Testo Unico, la mancata approvazione nei termini del bilancio è causa di scioglimento del Consiglio dell'Ente inadempiente con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno;
il comune di Cavaglio d'Agogna (Novara) risulta non avere provveduto agli obblighi di legge afferenti all'approvazione del bilancio di previsione per il corrente anno 2006, bilancio che doveva essere approvato entro il 31 dicembre 2005;
la mancata approvazione del bilancio di previsione per l'anno 2006 da parte del Consiglio comunale di Cavaglio d'Agogna, comporta l'impossibilità, di deliberare il rendiconto previsto allo stesso articolo 151, entro il termine del 30 giugno;
ad oggi nessun provvedimento di natura sostitutiva è stato adottato nei confronti dell'Ente inadempiente -:
le motivazioni per le quali non si è provveduto al tempestivo esercizio dei poteri sostitutivi, attuando la nomina commissariale;
se e in quali tempi si intenda provvedere al commissariamento dell'Ente in oggetto ai sensi della normativa sopra richiamata.
(4-00248)
Risposta. - Effettivamente il consiglio comunale di Cavaglio d'Agogna (Novara) non ha approvato, entro il termine del 31 dicembre 2005 (termine differito al 31 maggio 2006, con decreto del Ministro dell'interno del 27 marzo 2006), il bilancio di previsione per l'anno 2006, contravvenendo ad un preciso obbligo di legge, avente carattere essenziale ai fini del funzionamento del comune.
In particolare, il documento contabile non è stato approvato per mancanza del numero legale, poiché ai sensi dell'articolo 24 dello statuto comunale alla seduta dell'approvazione del bilancio sono tenuti a partecipare sette consiglieri escluso il sindaco. Il plenum dell'organo collegiale di Cavaglio d'Agogna non si è potuto ricostituire per esaurimento delle due liste di appartenenza dei consiglieri che, in tempi diversi, hanno rassegnato le proprie dimissioni.
Conseguentemente, con decreto del Presidente della Repubblica dell'8 settembre 2006 su proposta del Ministro dell'interno (ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera b) n. 4, e lettera c) del decreto legislativo n. 267/2000), è stato disposto lo scioglimento dell'organo consiliare e la contestuale nomina del Commissario per la provvisoria gestione dell'ente.
Gli organi ordinari di amministrazione del comune di Cavaglio d'Agogna si sono poi ricostituiti a seguito delle elezioni amministrative del 27 e 28 maggio 2007.
Anche nei confronti della nuova civica amministrazione non si mancherà di svolgere, tramite la competente prefettura-Ufficio territoriale del Governo (UTG), opera
di sensibilizzazione sulle problematiche locali, nello spirito di collaborazione istituzionale che impronta i rapporti tra questo Ministero e gli enti pubblici territoriali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
GASPARRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la sentenza che ha dichiarato la decadenza per ineleggibilità del sindaco del Comune di Pisciotta, Cesare Festa, e le conseguenti dimissioni della metà più uno dei consiglieri comunali, ha portato alla nomina di un Commissario prefettizio nella persona della dottoressa Rosa Della Monica;
il Comune di Pisciotta attraversa un momento di forti contrasti politici, in attesa della consultazione elettorale che avrà luogo nei prossimi mesi;
nel clima di una vigilia elettorale particolarmente accesa si inseriscono episodi che rischiano di far degenerare quella che deve rimanere una contesa civile;
gli episodi più gravi sono, secondo quanto venuto a conoscenza i dell'interrogante, ascrivibili al comportamento i titolari di Camping e Villagi turistici accusati di orientare le opinioni di taluni i loro dipendenti -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza di tali fatti;
quali iniziative intenda assumere per garantire un coretto svolgimento delle elezioni e la libera espressione del voto dei cittadini del comune di Pisciotta per il rinnovo del consiglio comunale.
(4-02850)
Risposta. - Si premette che nel Comune di Pisciotta (Salerno) il 27 e 28 maggio 2007 si sono regolarmente svolte le elezioni amministrative che hanno determinato il rinnovo degli organi di governo ed hanno portato alla rielezione del signor Cesare Festa.
Ciò è stato possibile in quanto il Sindaco in carica ha rimosso la precedente causa di ineleggibilità, derivante dalla contemporanea carica di Consigliere comunale di Salerno.
Per quanto riguarda le vicende pregresse che hanno interessato l'amministrazione, si informa che il Consiglio comunale di Pisciotta è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 2006 per effetto della sentenza, confermata in Cassazione, con la quale il Tribunale di Vallo della Lucania, ha dichiarato decaduto il Sindaco pro-tempore per ineleggibilità, ai sensi dell'articolo 60, comma 1, n. 12, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Ai sensi dell'articolo 141 dello stesso decreto legislativo n. 267 del 2000 il predetto Consiglio ha comunque continuato ad operare in attesa del primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
Tuttavia, il 10 dicembre 2006, a seguito delle dimissioni rassegnate contestualmente da oltre la metà dei Consiglieri dell'Ente, il Prefetto di Salerno ha sospeso quel Consiglio comunale ed ha nominato un Commissario prefettizio per la provvisoria gestione del Comune.
Il lungo iter giudiziale che ha interessato il Sindaco, poi decaduto, ha determinato un vivace clima pre-elettorale tra gli opposti schieramenti politici che peraltro, secondo quanto comunicato dagli organi ufficiali di informazione, non è degenerato, né è trasmodato in eccessi.
Secondo quanto riferito dalla locale Prefettura, non sarebbero emersi elementi circa lo scorretto comportamento di titolari di camping e villaggi turistici, in quel momento peraltro non in attività, finalizzato in qualche modo ad influire sulle scelte politiche di propri dipendenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
GASPARRI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in seguito alla riorganizzazione delle strutture militari prevista dalla legge n. 549 del 1995 il distretto militare della città di Reggio Calabria è stato unificato a
quello delle altre province calabresi presso la sede di Catanzaro;
la perdita del disciolto distretto militare era stata parzialmente compensata dalla costituzione, in data 4 settembre 1996, del Comando militare regionale (CMR) Calabria, con sede presso la Caserma Mezzacapo di Reggio Calabria;
in attuazione del decreto legislativo n. 253 del 2005, che dispone la soppressione del distretto militare di Catanzaro e la contestuale costituzione del Comando militare esercito della Calabria, appare ormai imminente lo smantellamento anche della Caserma Mezzacapo, del Comando militare regionale «Calabria», e il suo accorpamento presso l'istituendo Comando militare esercito in Catanzaro;
all'interno della Caserma Mezzacapo esiste una preziosa biblioteca di circa cinquemila volumi, costituita e ampliata nel corso degli ultimi dieci anni e contenente sezioni dedicate non solo alla storia militare, ma anche a quella cittadina e calabrese;
la biblioteca ubicata all'interno della Caserma, aperta anche alla cittadinanza grazie all'impegno di un gruppo di volontari, ha notevolmente accresciuto il proprio patrimonio librario grazie alle numerose donazioni effettuate da enti, istituzioni e privati;
la notizia del possibile trasferimento a Catanzaro della biblioteca annessa alla Caserma Mezzacapo sta suscitando un crescente malcontento tra i cittadini di Reggio Calabria e, in particolare, ha provocato un'ampia mobilitazione del mondo associazionistico e culturale reggino -:
se risponda al vero la notizia del prossimo trasferimento a Catanzaro della biblioteca annessa alla Caserma Mezzacapo;
in caso affermativo, quali motivi giuridici e tecnici ostino al mantenimento presso la città di Reggio Calabria della sopracitata struttura culturale, considerata la più volte manifestata disponibilità delle istituzioni cittadine ad individuare forme di gestione del patrimonio librario ivi custodito atte a garantirne la continuazione della fruizione da parte della popolazione reggina;
se il ministro interrogato intenda, con una propria azione urgente e indifferibile, bloccare o almeno sospendere l'eventualmente programmato trasferimento della biblioteca, anche al fine di valutare le possibili alternative per il mantenimento della stessa a Reggio Calabria e rendere così giustizia e onore al comportamento della cittadinanza reggina che, nonostante il solido e antico legame con le Forze Armate, ha serenamente accettato la soppressione perfino dell'ultimo presidio militare rimasto in riva allo Stretto.
(4-03338)
Risposta. - La specifica questione affrontata con l'interrogazione in esame si inquadra nell'ambito del processo di ristrutturazione in chiave riduttiva dello strumento militare, avviato da alcuni anni, in attuazione di una serie di provvedimenti normativi, finalizzati a meglio modulare l'organizzazione militare alle nuove esigenze, adeguandola, nel contempo, alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabiliti dalla legge 14 novembre 2000, n. 331.
Gli interventi operati, nonché quelli di prevista attuazione, sono quindi volti ad ottimizzare tutte le componenti delle forze armate, ossia quelle di vertice e delle aree operativa, territoriale, della formazione, nonché logistica.
In sostanza, l'obiettivo perseguito è quello di realizzare soluzioni finalizzate ad un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture non più rispondenti alle attuali necessità, nonché la ridefinizione delle missioni di comandi/enti ed il loro accorpamento, in quanto possibile, in chiave interforze e, comunque, di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
Nel quadro di ridefinizione degli obiettivi della difesa, dunque, rientra anche l'individuazione di una nuova struttura delle forze, più snella e flessibile, nonché di
un'ottimale razionalizzazione nell'ambito delle basi, anche a fronte dell'esiguità delle risorse finanziarie a disposizione, derivante dalla riduzione del bilancio della difesa avvenuta nel periodo 2004-2006.
In particolare, per quanto riguarda l'area territoriale dell'esercito, si fa notare che il decreto legislativo n. 253 del 2005, prevede l'unificazione delle funzioni territoriali e distrettuali presso un unico ente per ciascuna regione amministrativa mediante:
la soppressione dei distretti militari (decreto ministeriale) e la contestuale costituzione dei centri documentali, con funzioni riguardanti principalmente il servizio documentale e l'informazione al pubblico;
la riconfigurazione dei comandi RFC regionali in comandi militari esercito (CME), che acquisiscono le funzioni di reclutamento e forze di completamento dai soppressi distretti militari e mantengono quelle presidiarie e di affari generali e benessere del personale (ex legge n. 898 del 1976) recante norme sulla «Nuova regolamentazione delle servitù Militari»).
Tale processo di riordinamento, in una prospettiva di ottimizzazione e di maggiore funzionalità, risponde dunque a precisi criteri di costituire i CME nelle sedi ove sia possibile esprimere il più stretto coordinamento con l'Autorità politica locale, di mantenere «vitali» le sedi presso le quali erano presenti i precedenti distretti militari, che tradizionalmente rappresentavano un punto di riferimento per i cittadini, nonché di non trasferire le cospicue «masse documentali» custodite presso le sedi degli stessi ex-distretti.
In tale quadro, l'Organizzazione territoriale in Calabria, precedentemente articolata su un comando RFC Regionale con sede in Reggio Calabria e un distretto militare in Catanzaro, coerentemente con i predetti principi di ottimizzazione, è evoluta, a far data dal 1o ottobre 2007, attraverso:
la soppressione del distretto militare di Catanzaro e la contestuale trasformazione in Centro documentale nella stessa sede;
la riconfigurazione del comando RFC regionale «Calabria» in comando militare esercito «Calabria», con conseguente ridislocazione dello stesso nella città di Catanzaro.
La soluzione adottata ha il duplice scopo di far coincidere la sede del CME «Calabria» con il capoluogo di Regione Amministrativa (come noto in Catanzaro, capoluogo di regione, hanno sede la Presidenza e la giunta regionale, mentre in Reggio Calabria hanno sede il Consiglio regionale e gli organismi regionali statuali) e di consentire - agli stessi Comandi - di assumere le funzioni residue dei distretti militari senza muovere - come anzidetto - la considerevole massa documentale ivi custodita (presso il distretto militare di Catanzaro sono custoditi circa 1.500.000 fascicoli), evitando, nel contempo, eventuali disagi al pubblico.
Non ultimo, la scelta di costituire il CME «Calabria» in una unica sede implica limitati interventi di adeguamento della locale caserma «Bettoia-Pepe» di Catanzaro, mentre diversamente il mantenimento di due sedi distinte avrebbe comportato ulteriori oneri finanziari ed organici aggiuntivi, di difficile sostenibilità, connessi alla gestione anche della caserma «Mezzacapo» di Reggio Calabria.
Dopo aver opportunamente illustrato il quadro di situazione in cui si inserisce la specifica questione del trasferimento della biblioteca presidiaria, si evidenzia che tale Istituto era stato costituito nell'ambito del precedente comando RFC Regionale «Calabria» ed, ai sensi della normativa vigente, era posto sotto la responsabilità amministrativa e gestionale del comandante del presidio dell'esercito, funzione assolta dallo stesso comandante territoriale.
In relazione all'avvenuta riconfigurazione del comando RFC regionale «Calabria» in CME «Calabria», la struttura in argomento, pertanto, è in fase di ricollocazione nella sede di Catanzaro, ove continuerà ad assolvere la funzione primaria di raccolta e conservazione delle principali pubblicazioni militari d'interesse per la forza armata, garantendone l'accesso e la
fruibilità indistintamente al personale dell'amministrazione difesa ed alla comunità locale.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è notizia di questi giorni come il servizio mensa per la Polizia penitenziaria del Carcere di Montorio-Verona, sia gravemente deficitario;
i sindacati di Polizia hanno denunciato l'inadeguatezza del servizio spesso non in grado di fornire il pasto completo e per di più in condizioni igienico-sanitarie assolutamente precarie;
la Polizia Penitenziaria ha deciso, dopo numerose segnalazioni agli organi competenti, di inscenare uno sciopero dell'utilizzo della mensa come gesto estremo per evidenziare la gravità della situazione;
questa vicenda risulta particolarmente grave anche alla luce del continuo sforzo svolto dagli agenti per gestire la popolazione carceraria di Montorio in condizioni di sott'organico ormai croniche e con una struttura seppur moderna largamente fatiscente -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per assicurare una gestione della mensa adeguata al livello di prestazioni dovute in un paese civile a servitori dello Stato;
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per accertare le responsabilità che hanno determinato il disservizio;
se non intenda il Governo ispezionare il carcere di Montorio per accertare e quindi rafforzare i servizi disponibili per la Polizia penitenziaria che ha dato esempio, a Verona in particolare, di grande disponibilità al sacrificio stesso in condizioni di turni continuativi particolarmente pesanti nell'interesse della collettività.
(4-04333)
Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, si rappresenta che a seguito dell'astensione di sette giorni dalla mensa obbligatoria di servizio posta in essere dal personale di polizia penitenziaria dell'istituto di Verona, il provveditorato competente è intervenuto presso la ditta appaltatrice del Servizio Food & Service Group S.r.l., al fine di verificare la situazione ed eliminare le carenze ed inadeguatezze denunciate.
A seguito di un incontro tenutosi in data 12 luglio 2007, i rappresentanti della predetta Società hanno assunto precisi impegni circa il rispetto delle condizioni contrattualmente previste. Le organizzazioni sindacali hanno, pertanto, sospeso la manifestazione. Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fatto presente che, ad oggi, il servizio viene svolto regolarmente.
Con specifico riferimento, poi, alla carenza di organico di personale in servizio presso l'istituto veronese, il citato dipartimento, nell'evidenziare che tale problematica investe la maggior parte degli istituti del Nord Italia, ha segnalato che l'amministrazione segue, comunque, con grande attenzione la situazione dei predetti istituti, con l'obiettivo di alleviare le condizioni di disagio attualmente esistenti.
In tale direzione si inscrive, da ultimo, la recente assegnazione di 450 unità di personale, appartenenti al ruolo degli agenti di polizia penitenziaria.
In ogni caso, nello scorso mese di giugno, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha assegnato a Verona 2 unità appartenenti al ruolo degli ispettori.
Peraltro, per far fronte alle carenze nei vari ruoli, imputabili a provvedimenti di distacco a vario titolo disposti, la direzione generale del personale, nello scorso mese di luglio, ha avviato una capillare attività di monitoraggio sul personale in uscita dagli istituti penitenziari (in particolare, nel centro-nord Italia) onde valutare, all'esito, l'ipotesi di un'eventuale revoca dei suddetti provvedimenti di distacco, laddove gli stessi
non risultassero più sorretti dalle ragioni di servizio e/o dai presupposti di legge, che ne avevano legittimato l'adozione.
Per quanto concerne le condizioni strutturali dell'istituto di Verona, si fa presente che lo stesso è stato inaugurato nel 1994 e, tra le strutture penitenziarie del Triveneto, è quello di più recente realizzazione.
Anche per tale motivo le condizioni generali dell'immobile sono discrete.
Si informa, comunque, che i più recenti interventi eseguiti presso la struttura sono:
rifacimento dell'impermeabilizzazione delle coperture;
rifacimento dei servizi igienici delle stanze di detenzione: l'intervento ha interessato due soli reparti detentivi (4a e 5a sezione del corpo 3 per un totale di 50 stanze di detenzione) con adeguamento all'ordinamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230) attuato realizzando il servizio doccia e l'acqua calda all'interno del bagno;
realizzazione di un asilo nido aziendale per il personale dell'amministrazione penitenziaria operante nell'istituto, in grado di contenere fino a 30 bambini tra divezzi e lattanti.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
IACOMINO e DE CRISTOFARO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Ente per le Ville Vesuviane venne istituito con la Legge dello Stato n. 578 il 29 luglio 1971 con il fine di conservare e salvaguardare il cospicuo patrimonio architettonico ed ambientale delle Ville Vesuviane del XVIII secolo, Consorzio tra lo Stato, la Regione Campania, la Provincia di Napoli ed i Comuni Vesuviani. Nel 1976 con l'emissione del Decreto Ministeriale di vincolo inizia di fatto il lungo lavoro dell'Ente a tutela dei 122 immobili monumentali compresi nei territori dei Comuni di Napoli, S. Giorgio a Cremano, Portici, Barra, S. Giovanni, Ercolano e Torre del Greco. Questo Ente è stato molto importante per il recupero della storia artistica e culturale del territorio vesuviano e varie ville sono state riportate all'antica bellezza e alle nuove funzionalità dagli interventi svolti. Dal 1971 si sono susseguiti vari consigli di amministrazione dell'Ente, da ultimo il dottor Domenico Georgiano è stato Presidente dell'Ente Ville dal 1996 al 2003;
a quanto risulta all'interrogante, il 19 luglio 2002 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali rende noto al Presidente Georgiano che l'applicazione dell'articolo 2 del decreto legislativo del 29 ottobre 1999 n. 419 prevede che gli enti pubblici possano essere privatizzati o trasformati in strutture scientifiche universitarie ovvero fusi o unificati con altri enti appartenenti allo stesso settore di attività. Chiedendo di far conoscere il parere del Consiglio di amministrazione in ordine ad una possibile trasformazione dell'Ente;
secondo quanto risulta all'interrogante, il 23 gennaio 2003 il Presidente rispose al Ministero dichiarando che l'ipotesi di trasformazione dell'ente più adeguata era la privatizzazione. Tale volontà fu deliberata nella riunione del 26 novembre 2002 dal Consiglio di Amministrazione dell'Ente per le Ville Vesuviane;
con decreto ministeriale del 26 novembre 2003 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali decise, secondo l'interrogante, inopinatamente lo scioglimento della commissione dell'Ente Ville e la nomina del Commissario Straordinario dottoressa Giuseppina Maria Oliviero;
a quanto risulta all'interrogante a tutt'oggi, dopo circa tre anni, l'insediato Commissario Straordinario non ha adempiuto a quanto previsto dal suddetto decreto ed ha anzi completamente delegato ogni gestione delle attività dell'Ente Ville al Direttore Generale il quale gestisce in piena autonomia ogni iniziativa senza rapportarsi in alcun modo con le istituzioni del territorio;
in tal modo le Amministrazioni Comunali, la Provincia e la Regione ignorano
del tutto quali siano le iniziative e quali i metodi utilizzati nella gestione, venendo del tutto espropriati dalla possibilità di incidere sulla vita dell'ente e su attività che riguardano le loro comunità -:
quali iniziative intenda porre in essere per restituire ad un ente culturale di tale rilievo un principio di trasparenza nella gestione oltre che di efficacia ed efficienza;
quali siano i tempi effettivi per la trasformazione in Fondazione e nomina di Organismi Collegiali di gestione.
(4-00943)
Risposta. - Le questioni sollevate dall'interrogante richiedono alcuni chiarimenti preliminari.
In seguito alla deliberazione del consiglio di amministrazione dell'Ente per le Ville Vesuviane nella seduta del 26 novembre 2002 di procedere alla privatizzazione; volontà cui ha aderito la direzione generale per i beni architettonici ed il paesaggio, a cui compete il concreto esercizio dei poteri di vigilanza, è stato avviato il relativo procedimento che, per la parte formale, si è concluso con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2004, adottato a seguito dell'istruttoria ministeriale e su parere conforme delle competenti Commissioni parlamentari.
Per la parte sostanziale è stato intrapreso il procedimento per la definizione di uno nuovo statuto la cui elaborazione si è rivelata particolarmente complessa data la necessità di armonizzare la legge istitutiva dell'Ente (legge n. 578 del 1971) con la disciplina dettata dal nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) e con il decreto legislativo n. 419 del 1999 contenente le linee guida della revisione statutaria degli enti privatizzati, tenendo anche conto delle disposizioni che disciplinano la costituzione e la partecipazione del Mibac a fondazioni private (decreto ministeriale 27 novembre 2001, n. 491) e dell'ipotesi di statuto formulata dal consiglio di amministrazione uscente.
Ciò premesso, è al momento all'esame della direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici la bozza di concessione dei poteri autoritativi che l'Ente privatizzato, in ragione delle funzioni e dei compiti di rilevante interesse pubblico ad esso attribuiti, continuerà a svolgere nella sua nuova veste giuridica e che andranno a sostituirsi alle disposizioni di cui all'articolo 2, lettere a), b) e c) della legge 29 luglio 1971, n. 578. L'approvazione di tale atto è prodromica all'approvazione dello Statuto nell'iter relativo alla costituzione della Fondazione Ville Vesuviane che si avvia ormai alla sua conclusione.
Nelle more della revisione statutaria, si è provveduto alla nomina di un commissario straordinario in luogo del decaduto consiglio di amministrazione (decreto ministeriale 26 novembre 2003), così come previsto dall'articolo 11, comma 5, del citato decreto legislativo n. 419 del 1999.
L'attuale Commissario, il professor Arnaldo Sciarelli, è stato nominato fino alla conclusione della privatizzazione e, comunque, non oltre il 31 marzo 2008 (decreto ministeriale 16 marzo 2007).
Durante il triennio 2004-2006 l'Ente, su richiesta del personale, ha tenuto diversi incontri con le rappresentanze sindacali per fornire informazioni circa l'evoluzione del processo di trasformazione dell'Ente in fondazione ed ha intrapreso diverse iniziative di valorizzazione in collaborazione con alcune istituzioni territoriali:
1) costituzione, nel dicembre 2004, dell'Associazione Ville d'Italia - di cui l'Ente è fondatore con gli Istituti Regionali per le Ville Venete e Ville Tuscolane e cui hanno aderito numerose associazioni operanti nel settore della tutela dei beni culturali nell'ambito di diverse province italiane - la quale ha dato avvio ad una serie di convegni ed incontri sui temi della conservazione e del restauro; è stata inoltre realizzata, sempre da parte dell'Associazione, una mostra itinerante dedicata alle ville italiane in esposizione a Bruxelles durante la Presidenza italiana dell'Unione e poi nelle Ville della Lucchesia ed in Villa Campolieto ad Ercolano;
2) istituzione della «Giornata Nazionale delle Ville d'Italia» che si celebra ogni
anno nella prima domenica di giugno per offrire la possibilità di visitare gratuitamente le più prestigiose dimore storiche del territorio;
3) inaugurazione del «Museo diffuso del territorio e delle Ville Vesuviane» e del «Gran Tour delle Ville Vesuviane» con la definitiva apertura al pubblico della Villa delle Ginestre di Torre del Greco, di proprietà dell'Università Federico II di Napoli, concessa in comodato trentennale all'Ente;
4) svolgimento delle tradizionali manifestazioni: gli «Itinerari Vesuviani» in primavera, il «Festival delle Ville Vesuviane» nella stagione estiva ed il «Natale in Villa»;
5) programmazione con l'Ufficio scolastico regionale di una serie di iniziative indirizzate alle scuole di ogni ordine e grado per sensibilizzare le più giovani generazioni sull'appartenenza delle dimore storiche ad un più ampio patrimonio comune e sul valore che esse rappresentano non solo dal punto di vista architettonico ed artistico;
6) restauro dell'antico approdo borbonico di Villa Favorita e del giardino storico di Villa Ruggiero con i finanziamenti regionali (POR Campania);
7) realizzazione di due importanti mostre nel periodo settembre-ottobre 2006 intitolate «Assocoral» e «Mesimex 2006. Scienza e Vulcano. Millenni di storia», quest'ultima curata dal Dipartimento della Protezione civile e dall'INGV-Osservatorio Vesuviano e visitata dal Capo dello Stato nello scorso novembre.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
LION e CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il lago d'Idro, detto anche Eridio, è un lago di origine glaciale, alimentato dai fiumi Chiese e Caffaro. In corrispondenza delle rive dei lembi rivieraschi sono collocati gli abitati di Idro, con le frazioni Crone e Lemprato, di Anfo, di Ponte Caffaro (frazione di Bagolino) e di Baitoni (frazione di Bondone);
presenta una lunghezza massima di 11 km, una larghezza massima di 1,90 km, e una profondità massima di 120 m,;
dal 1917, il lago d'Idro è stato sottoposto a regolazione artificiale che non ne ha cambiato le caratteristiche proprie di Lago naturale;
il fatto che sul Lago di Idro si siano realizzate opere di regimazione e si eserciti un'attività di regolazione non deve consentire di trattarlo effettivamente come se fosse un'opera esclusivamente artificiale a solo scopo irriguo o idroelettrico o per regolare le piene con decisioni cautelative o azioni di gestione avulse dall'equilibrio di vita del lago;
il lago d'Idro è l'habitat di rari organismi invertebrati, tra cui il Chlaenius sulcicollis specie molto rara in Italia, e di rare associazioni vegetali, alcune delle quali segnalate per la prima volta in Italia (ed una addirittura nuova per la scienza), ma che stanno scomparendo dall'Europa proprio a causa della riduzione degli ambienti ad esse confacenti;
il lago d'Idro è stato designato «sito di importanza comunitaria», fa parte della rete europea Natura 2000, ed è particolarmente importante per presenza di un habitat naturale e di specie prioritarie;
di altrettanta valenza ambientale è il territorio di valle, beneficiato dal Chiese, situato in prevalenza nella parte sud-orientale della provincia di Brescia e dell'Alto Mantovano;
una fiorente agricoltura basata su un sistema irriguo consolidato da secoli garantisce l'equilibrio di importanti ecosistemi con habitat naturali essenziali per il territorio, che attraverso una fitta rete canalizia, oltre a creare ambienti umidi, contribuisce in modo fondamentale al
rimpinguamento delle falde sottostanti, garantisce gli usi civili e plurimi delle acque;
l'esercizio irriguo su questi territori, molto permeabili alle risorse idriche, comporta la circolazione di abbondanti volumi idrici. Di tale fenomeno beneficiano le aree immediatamente a sud dell'alta pianura, la cui minor permeabilità, garantisce una riserva idrica sotterranea;
minori apporti idrici nei territori considerati abbatterebbero la rialimentazione diffusa della falda, l'assetto idraulico generale verrebbe di fatto totalmente sconvolto, riducendosi pesantemente la circolazione d'acqua distribuita sul territorio;
allorché si prospettassero le esigenze di modificare tali equilibri in tempi rapidi, è fondamentale approfondire tutti gli aspetti, per ponderare accuratamente le decisioni da assumere;
per l'abbassamento eccessivo ed insostenibile del livello del lago che fa seguito ad una quota di massima regolazione (decisa dal Registro Italiano Dighe) fissata in 367,00 m.s.l.m., la Commissione Europea ha avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia relativa al SIC 3120065;
nell'ambito della tutela e dell'uso delle risorse idriche, la vigente normativa, stabilisce che le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà ed in tal senso qualsiasi loro uso deve essere effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale;
in caso le risorse idriche, siano utilizzate o gestite in difformità dalle norme specifiche impartite dall'Autorità competente, si può incorrere nella fattispecie del danno ambientale;
fatta eccezione per casi specifici, è considerato danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima, in particolare se provocato alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE;
ai sensi di tali disposizioni, si potrebbe affermare che verso il lago di Idro ed i territori ad esso sottesi, partendo da un livello di esercizio fissato ad una quota troppo bassa, nonostante la regolazione effettuata secondo la regola di gestione approvata dall'Autorità di Bacino con delibera 4/2001, si stia consumando un'azione configurabile nella fattispecie del danno ambientale;
nel definire l'impatto ambientale si tiene conto dell'alterazione qualitativa, quantitativa o di una loro combinazione, dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, fisici, chimici, naturalistici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali ed economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di opere o interventi pubblici o privati, nonché della messa in esercizio delle relative attività;
in particolare, i piani e i programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, concernenti, tra l'altro, i settori agricolo, energetico e delle acque e che contengano la definizione del quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione di opere ed interventi i cui progetti sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in base alla normativa vigente, devono essere sottoposti alla Valutazione Ambientale Strategica, anche se la loro approvazione compete ad organi dello Stato;
la Valutazione d'Impatto Ambientale deve assicurare che nei processi di formazione delle decisioni relative alla realizzazione di opere o interventi capaci di incidere sull'equilibrio ambientale siano considerati gli obiettivi di proteggere la salute e di migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un
migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita, nonché gli obiettivi di garantire l'uso plurimo delle risorse naturali, dei beni pubblici destinati alla fruizione collettiva, e di assicurare lo sviluppo sostenibile. Per tale scopo, per ciascuna operazione è richiesto che siano valutati gli effetti diretti ed indiretti della sua realizzazione sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale e che siano esplicitate le principali ragioni della scelta fra le alternative proposte dal soggetto che agisce;
nella valutazione d'impatto ambientale si assicura che in ogni fase della procedura siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione tra il soggetto proponente e l'autorità competente e che siano garantite l'informazione e la partecipazione del pubblico al procedimento. I documenti e gli atti inerenti i procedimenti di valutazione, pendenti o conclusi, concernenti opere ed interventi attinenti le attribuzioni e competenze degli uffici delle amministrazioni pubbliche che ne curano il deposito, devono essere adeguatamente pubblicizzati al pubblico affinché possa averne visione;
le procedure relative alla VAS e alla VIA si applicano in via ordinaria, andrebbero previste in maniera speciale in caso di attività che vanno ad incidere in aree vulnerabili o sensibili con scarso ricambio idrico e facilità di fenomeni di accumulazione;
un contesto naturale particolarmente sensibile è il lago di Idro, che, come detto, è sottoposto a regolazione artificiale. In seguito a problematiche di natura tecnica, tra cui una parziale agibilità della galleria di fondo, che però ne conferma, ai sensi del Registro Italiano Dighe, l'utilizzo in regime operativo e giuridico di protezione civile, nonché al collocamento in stato di osservazione di una paleofrana presente nell'incile, è stata disposta una quota limitata di massima regolazione alla quale riferire l'esercizio ordinario a 367,00 m.s.l.m, e si sta compromettendo la sopravvivenza del Lago di Idro;
nel frattempo si faceva strada l'idea di produrre quell'energia elettrica che avrebbe enormemente potenziato la nascente industria bresciana;
anteriormente al 1917, il problema dei rapporti tra i vari utilizzatori dell'acqua, era legato quasi esclusivamente alla ripartizione tra i vari enti di bonifica della portata del Chiese;
l'atto ufficiale che sancì la trasformazione del Lago d'Idro in bacino artificiale fu il Decreto Luogotenenziale del 25 ottobre 1917 il quale, oltre ad autorizzarne la regolazione, definì le portate dei rilasci. La regolazione prevedeva i seguenti criteri: Quota di massimo invaso 368,0 m.s.l.m.; Quota di massimo svaso 364,5 m.;
assegnatari della concessione di derivazione furono la Società Elettrica Bresciana e l'Università del Naviglio Grande. Agli stessi due enti fu autorizzato dal 1920 il potenziamento delle strutture di regolazione allo scopo di aumentare la produzione;
nel 1922, per iniziativa degli agricoltori bresciani e della Società Elettrica Bresciana (S.E.B.) fu costituita la Società Lago d'Idro (S.L.I.), avente lo scopo di costruire e gestire le opere di regolazione del lago; nel 1925 la S.E.B., l'Università del Naviglio Grande e la Società del Lago d'Idro chiesero concordemente che la concessione per la costruzione e gestione delle strutture di regolazione venisse intestata alla sola S.L.I., che la concessione industriale (idroelettrica) fosse assentita alla sola S.E.B. e che l'erogazione fosse stabilita 10 m3/s nel periodo invernale e in un valore minimo di 25 m3/s nel periodo estivo (11 maggio-10 settembre). Tale concessione fu accordata con R.D. 8 dicembre 1927, che stabilì i seguenti nuovi limiti di
regolazione: Quota di massimo invaso 370,0 m.s.l.m.; Quota di massimo svaso 364,5 m.s.l.m.;
il Regio Decreto 22 settembre 1932, lasciando inalterate le quantità dei rilasci previste nel provvedimento dell'8 dicembre 1927, concedeva alla SLI la possibilità di operare il massimo svaso fino alla quota di 363,0 m.s.l.m. contro i 364,5 precedentemente previsti; l'andamento imposto dai livelli era sintetizzabile nei seguenti punti: il livello a quota 370,0 m.s.l.m. al 1 luglio si riduceva progressivamente fino a quota 363,86 m.s.l.m. all'11 settembre; di tale quota il livello cresceva progressivamente fino a quota 364,72 m.s.l.m. fino al 1 dicembre; dal 1 dicembre il livello decresceva progressivamente fino a quota 363,0 m.s.l.m. che veniva raggiunta all'11 aprile; dall'11 aprile al 1 luglio era previsto il riempimento completo del volume di regolazione, ritornando alla quota 370,0 m.s.l.m.; il volume totale regolabile tra le quote 370,0 e 363,0 m.s.l.m. era pertanto di 75.477.000 m3; portate superiori a quella minima potevano essere erogate per tutto il periodo 1 luglio-11 settembre nel caso in cui le quote del lago fossero superiori a quelle individuate nel regolamento; nel caso di deflussi meteorici di piena eccezionali, la portata defluente del lago poteva essere ulteriormente aumentata (fino a un massimo di 220 m3/s), che rappresentava la capacità di deflusso dell'opera di regolazione;
con l'entrata in esercizio degli impianti idroelettrici dell'Alto Chiese, oggi in gestione all'ENEL, la regolazione del lago è stata coordinata con la conduzione degli impianti stessi («Coordinamento dell'esercizio degli impianti Alto Chiese con quello del Lago d'Idro» Regolamento approvato con decreto ministeriale 30 giugno 1958 n. 2051). Erano di competenza del lago quei volumi idrici che sarebbero stati invasati nello stesso in condizione di regime naturale dei deflussi, tenendo presente che Idro entrava in condizioni di sfioro da quota 370,0 m.s.l.m.;
la Società Lago d'Idro (SLI) venne riconosciuta nel 1927 come titolare della concessione limitatamente alle solo opere di regolazione stabilendo altresì che la concessione così configurata non avrebbe comportato alcun uso dell'acqua per il fatto dell'aumento di portata conseguibile con le sole opere di invaso e svaso;
la Società Lago d'Idro, nel 1926 aveva chiesto la concessione di tutte le acque nuove conseguenti la regolazione del lago serbatoio;
il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici espresse nel 1930 voto favorevole per la ammissibilità della stessa in istruttoria, la cui titolarità, nel 1964 fu dalla società stessa ceduta ai quattro consorzi, del Naviglio Grande Bresciano, della Roggia Lonata, della Roggia Maggiore Calcinata e della Roggia Montichiara e derivate, oggi confluenti tutti nel Consorzio di Bonifica Medio Chiese;
l'esercizio della regolazione del lago per fini idroelettrici ed irrigui venne proseguita dalla SLI fino al 1987, anno di scadenza della concessione;
in data 30 gennaio 1985, la SLI presentò all'allora competente Ministero dei Lavori Pubblici, istanza di rinnovo e, in subordine, una nuova istanza per ottenere la concessione;
successivamente, in relazione all'accresciuto interesse alla regolazione del lago, vennero presentate al Ministero le seguenti istanze, tutte tese ad ottenere il rilascio della concessione di regolazione; la Comunità Montana di Valle Sabbia; Consorzio di Bonifica Medio Chiese; il Consorzio di Bonifica del Chiese di Secondo Grado;
ai fini della regolazione del Lago d'Idro, sono stati posti in subordine i problemi connessi sia alla protezione delle caratteristiche naturali del lago stesso e del fiume Chiese, che all'assetto territoriale e alla fruizione turistica;
nel 1991 all'Autorità di bacino, il Ministero dei Lavori Pubblici conferiva il mandato di affrontare la problematica relativa alla regolazione del Lago e delle
derivazioni d'acqua dal fiume; L'autorità di Bacino, con propria delibera n. 9/93, indicava che l'escursione dei livelli del lago previsti dal disciplinare del 1934 creava problemi ai comuni rivieraschi, sia di ordine territoriale che di natura ecologica, problemi altrettanto gravi sotto il profilo ambientale si verificavano nel fiume Chiese, e che pertanto il rinnovo della concessione di derivazione del lago d'Idro e delle concessioni di derivazione a scopo irriguo avrebbe dovuto tener conto, in forma complessiva, dell'insieme degli aspetti che intervengono, puntando ad una soluzione integrata;
di seguito alla sperimentazione effettuata per cinque stagioni irrigue dal 1996 al 2000, l'Autorità di Bacino del Fiume Po con propria deliberazione n. 4/2001 del 31 gennaio 2001 terminò l'attività di approfondimento e dispose: di considerare gli esiti della sperimentazione sufficienti per la definizione di un regolamento di gestione; di adottare il documento «Attività del Comitato di Sperimentazione, Relazione conclusiva» che nella sostanza prevedono in via definitiva, da un lato, la riduzione dell'escursione del lago d'Idro a 3.25 metri 369.25 - 366.00 corrispondenti ad un volume utile di 35,411 milioni di mc, dall'altro lato l'applicazione, nell'alveo del fiume Chiese nel tratto a valle delle derivazioni irrigue, del rilascio per deflusso minimo costante vitale pari a 2.2 mc/sec, pari a complessivi 13,685 milioni di mc stagionali (1/7-10/9);
ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 sono state trasferite le funzioni alle Regioni ed alle Province Autonome, in particolare relative alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica;
conseguentemente l'Autorità di Bacino ha rimesso la problematica alla Regione Lombardia;
poiché, pur trovandosi la traversa di regolazione e la galleria di scarico di fondo in Regione Lombardia, il rigurgito provocato dalla regolazione operata a Idro (BS) interessa anche il Comune rivierasco di Bondone (TN), d'intesa tra le 2 amministrazioni;
nelle more del rinnovo della concessione, a regolazione del lago è stata affidata ad un commissario regolatore sotto la cui responsabilità la SLI ha continuato ad esercitare nel contempo la Regione Lombardia, ha avviato le procedure amministrative per il rilascio/rinnovo della concessione;
particolare rilievo assumono le opere di regolazione del lago i dati principali delle opere di scarico e di derivazione sono rappresentate da una portata esitata con livello nel serbatoio alla quota 370,00 m.s.l.m., caratterizzata in uno scarico di superficie di (circa) 180 m3/s, in uno scarico di fondo con funzionamento a pelo libero di (circa) 80-90 m3/s (prima degli intereventi di manutenzione realizzati negli anni '90 e 2000), ed in una galleria di derivazione ENEL Idro-Vobarno, di 30 m3/s;
le sponde del Lago d'Idro sono interessate da vari centri abitati tra i quali di particolare rilievo il capoluogo di Idro e quello di Anfo;
l'alveo a valle in origine piuttosto ristretto ed a forte pendenza per alcune centinaia di metri è stato sistemato in senso longitudinale con briglie di fondo ed ampliato sino a 20 m. di larghezza mediante taglio della sponda sinistra costituita come dal corpo di un'antica frana. Al fine della sua protezione al piede è stato realizzato un muraglione in calcestruzzo per uno sviluppo di circa 80 m a valle della traversa prolungato a valle con una gabbionata e con una scogliera in pietrame fino allo sbocco della galleria di svaso;
al quadro amministrativo si devono aggiungere le precarie condizioni delle opere di regolazione. In particolare lo scarico di superficie e lo scarico di fondo sono sottoposte alle verifiche del Servizio Nazionale Dighe poi Registro Italiano Dighe;
sulla traversa in sponda sinistra del Chiese insiste una «Antica Frana» che già negli anni 60 ha compromesso la piena funzionalità del manufatto che è stata oggetto di ripetute campagne di rilevamento da parte della Regione Lombardia e da parte di ARPA Lombardia ad agosto 2006 sono terminate le indagini e attualmente il fenomeno è tenuto sotto osservazione anche al fine di attivare eventuali azioni di tutela e di protezione civile in caso di crisi dello stesso;
la galleria di scarico di fondo presenta problemi strutturali. Nel 1992 si è verificato un cedimento. Per motivi di sicurezza, il Servizio Nazionale Dighe provvedeva in data 18 agosto 1992 ad imporre la quota di 368,00 come quota temporanea di massima regolazione limitata, imponendo peraltro l'effettuazione di lavori di sistemazione della galleria;
gli interventi di ripristino dei cedimenti del 1992 realizzati dal Magistrato per il Po, si sono conclusi nel 1996. Nel 1999 nel collaudo dei lavori il Servizio Nazionale Dighe ha segnalato il generale peggioramento in più punti delle caratteristiche statiche dell'opera ed ha richiesto ulteriori interventi di consolidamento;
in seguito alle valutazioni effettuate, il Registro Italiano Dighe ha disposto in data 18 luglio 2003 la seguente limitazione all'esercizio dell'invaso del lago: quota alla quale riferire l'esercizio ordinario 367,00 m.s.l.m., quota raggiungibile esclusivamente solo in caso di eventi eccezionali 368,00 m.s.l.m., messa fuori esercizio dell'opera di sbarramento (paratoie sollevate) fino al termine dei lavori idonei a garantire le necessarie condizioni operative di sicurezza;
a causa di tale limitazione, adottata per altro senza effettuare alcuna verifica d'impatto ambientale ne con la concertazione degli altri soggetti allo scopo interessati e competenti, in tempo ordinario ad esclusione di eventi idrologici intensi, non possono defluire acque in superficie del fiume Chiese e neppure possono essere erogate acque nel Chiese tramite la galleria di scarico;
resta fatto salvo l'esercizio della derivazione della centrale Enel che può prelevare acque dal lago;
al fine di ripristinare la massima funzionalità dell'esistente galleria, nel 2002 la Regione Lombardia ha invitato il Consorzio del Chiese di Bonifica di Secondo Grado a redigere il progetto di consolidamento e sistemazione dello scarico di fondo del lago d'Idro;
il Consorzio, nel mese di giugno 2002 ha predisposto il Progetto preliminare. Successivamente l'AIPO, Ufficio Operativo di Mantova, con nota 3481 del 22 luglio 2002 ha conferito l'incarico per l'effettuazione di indagini geognostiche, per ricostruire la stratigrafia del sottosuolo in corrispondenza della galleria. Il Rapporto conclusivo è stato completato in data 30 settembre 2002;
il progetto di ripristino è stato approvato dal Servizio nazionale Dighe il 13 dicembre 2002;
l'ente appaltatore è stato individuato nel Consorzio del Chiese di Bonifica di Secondo Grado, che ha provveduto alla nomina dell'Assistente Governativo, su conforme segnalazione del Registro Italiano Dighe;
l'impresa esecutrice, a seguito di gara d'appalto è risultata l'A.T.I. costituita da CO.FOR s.r.l. (impresa capogruppo) di Reggio Calabria e dall'impresa RAM Costruzioni di Qualità s.r.l. (impresa mandante). I lavori sono stati consegnati al raggruppamento di imprese in data 15 settembre 2003 ed ultimati il 3 novembre 2004;
la Commissione di Collaudo, che avviando le procedure di verifica, effettuava visita in data 14 luglio 2004, successivamente in data 22 aprile 2005, ha reso il verbale di collaudo dei lavori giungendo alle seguenti conclusioni: non s'intravede la possibilità di una messa in sicurezza definitiva dell'attuale galleria a seguito dei fenomeni di interazione tra il manufatto e l'ammasso roccioso nel quale l'intera opera è realizzata; si auspica quale unica
soluzione risolutiva che si debba provvedere senza ritardi alla realizzazione di un nuovo scarico di fondo che interessa formazioni geologiche stabili e che abbia una maggiore capacità di deflusso;
in conseguenza di quanto sopra l'auspicata rimozione dei vincoli imposti dal Registro Italiano Dighe in data 18 luglio 2003 e precedenti è rimasta tuttora inevasa;
per cercare di fare fronte alle criticità createsi, nonché all'impatto ambientale che si stava provocando, a causa dei limiti di livello di esercizio imposti dal RID che hanno inciso sull'equilibrio ambientale del Lago e sulle utilizzazioni economiche, durante i due ultimi anni sono state avviate riunioni presso le istituzioni competenti, tra cui il Ministero dell'ambiente e la Prefettura di Brescia;
in seguito alle richieste più volte avanzate dal R.I.D. per determinare un quadro generale e dei possibili scenari idrologici del fiume Chiese e del lago d'Idro, il Consorzio del Chiese di Secondo Grado, su invito del Commissario Regolatore, ha assegnato, con disciplinare del 14 ottobre 2005, al Prof. Ing. Luigi Natale dell'Università di Pavia, l'incarico di redigere un programma tecnico di gestione dell'invaso del lago d'Idro in condizioni di emergenza idrologica;
nello studio, che rappresenta per la prima volta lo scenario completo delle dinamiche idrologiche ed idrauliche del lago, si riproduce, l'analisi delle laminazioni delle piene in ingresso ed uscita dal serbatoio configurando più ipotesi di utilizzo dei manufatti di regolazione; il Prof. Natale trae quindi la procedura di regolazione in situazione di emergenza nell'ambito operativo e giuridico di protezione civile (come espressamente richiesto dal R.I.D.) delineando altresì un modello di preannuncio; la ricerca evidenzia come sia possibile, in circostanze di assoluta sicurezza, ridurre la limitazione dell'invaso attualmente impartita, individuando prudenzialmente come quote di massima regolazione: per il periodo gennaio-luglio compresi + 368,80 (quota idrometro s.l.m.) per il periodo agosto-dicembre compresi + 368,50 (quota idrometro s.l.m.);
in relazione alle risultanze dei suddetti studi, il Commissario Regolatore Straordinario del lago d'Idro ha richiesto al Registro Italiano Dighe lo svincolo dei limiti di invaso attualmente imposti e l'adozione delle nuove quote di massima regolazione sopra indicate;
il Registro Italiano Dighe, Ufficio di Milano, con nota del 31 maggio 2006 indirizzata al Commissario Regolatore ed al RID di Roma, ha tuttavia rigettato tale richiesta;
tale posizione appare eccessivamente rigida e autoritaria, soprattutto non tiene conto che per arrivare a stabilire parametri talmente compromettenti per l'ambiente e la popolazione del territorio lacuale eridiano, nonché, secondo gli interroganti, contrari alla salvaguardia e alla tutela dell'habitat del lago e penalizzanti delle utilizzazioni vallive, sarebbe stato necessario ad ogni modo procedere ad una valutazione d'impatto ambientale ed ambientale strategica sia pure di ambito statale, nonché ad una auspicata conferenza dei servizi;
in occasione di una riunione indetta dal Prefetto di Brescia in data 24 luglio 2006, di fronte alle istanze poste dallo stesso Commissario in riferimento alla necessità che il RID decidesse di autorizzare il sopralzo della quota di massima regolazione e di esercizio del lago di Idro, il RID non avrebbe opposto le stesse negazioni in precedenza esplicitate, manifestando la volontà di approfondire meglio la questione ed in altra sede decidere, eventualmente, di assecondarle nei termini che prevedono l'innalzamento della quota di esercizio del lago ai livelli desumibili dallo studio realizzato dal Prof. Ing. Natale -:
se, tenendo conto che a causa della fissazione del livello di massima regolazione a 367 m.s.l.m., si è provocato un grave impatto ambientale sul Lago di Idro e si sta impedendo il defluire delle acque in superficie del fiume Chiese, e che nel
fissare tale livello non si è provveduto ad effettuare le operazioni di valutazione e di concertazione auspicabili (VIA, VAS, conferenza dei servizi), non ritenga necessario valutare l'opportunità di intervenire verso le autorità competenti, segnatamente il RID o le istituzioni cui fa capo, affinché nell'ambito delle condizioni di sicurezza garantite dallo studio realizzato dal Prof. Luigi Natale dell'Università di Pavia, siano fissati livelli di esercizio ordinario del lago d'Idro superiori a quelli vigenti e ad ogni modo confacenti a risolvere tutte le problematiche esposte in premessa;
se non intenda provvedere a svolgere una incisiva azione d'indirizzo verso le istituzioni interessate, affinché quelle competenti, indicano una conferenza dei servizi allargata anche a soggetti appositamente costituiti per tutelare le risorse ambientali e paesaggistiche del lago d'Idro (coordinamento delle pro loco e associazioni ambientaliste), agli utilizzatori e in tale sede si decidano le misure da adottare per conseguire una gestione del lago che ne protegga l'integrità ambientale, dia tranquillità e serenità alle popolazioni rivierasche, riesca a soddisfare le esigenze irrigue delle aree rurali servite dai Consorzi di bonifica Medio Chiese, Alta e Media Pianura Mantovana e fra Mella e Chiese e quelle delle utenze industriali ed idroelettriche relativamente interessate;
se non ritenga opportuno che si proceda ad una pertinente valutazione tecnico-economica, valutazione d'impatto ambientale ed ambientale strategica volta a verificare il grado di compatibilità delle misure che fino ad oggi sono state adottate per far fronte ai requisiti di protezione civile e se non ve ne siano di alternative in grado di comportare un minor impatto sull'ambiente ed indirizzare la eventuale realizzazione di nuove opere incidenti sul lago (nuovo scarico di fondo o terza galleria) a vantaggio di interventi mirati capaci di garantire la medesima efficacia funzionale ed il pieno equilibrio del regime naturale delle acque;
se non intenda accertare se la fissazione di quote talmente basse da non permettere il defluire, in condizioni ordinarie, delle acque in superficie del fiume Chiese e neppure di defluire attraverso la galleria di scarico di fondo a scapito degli interessi della collettività locale, dell'ambiente, delle risorse naturali e delle utilizzazioni irrigue, sia compatibile con la tutela del bilancio idrico;
se, tenendo conto che, con delibera 4/2001 del 31 gennaio 2001 dell'Autorità di Bacino del Fiume Po sono state approvate le attività del Comitato di Sperimentazione, costituito dall'Autorità di Bacino del Fiume Po, dal Ministero del Lavori Pubblici-Direzione Generale Difesa del Suolo, dal Ministero del Lavori Pubblici-Provveditorato Opere Pubbliche Regione Lombardia, dal Ministero del Lavori Pubblici-Magistrato per il Po, Ministero dell'Ambiente, Ministero dell'Agricoltura, Prefettura di Brescia, Regione Lombardia-Assessorato ai LL.PP., Regione Lombardia-Assessorato all'Agricoltura, Provincia Autonoma di Trento, Provincia di Brescia, ed il Regolamento transitorio che, prevedono:
«livello di massimo invaso ai fini della compatibilità con gli strumenti urbanistici degli Enti locali rivieraschi = + 369,50 m.s.l.m.;
livello di massimo invaso ai fini della regolazione per gli usi produttivi della risorsa invasata = + 369,25 m.s.l.m.;
livello di minimo invaso ai fini della regolazione per gli usi produttivi della risorsa invasata = + 366,00 m.s.l.m.;
massima oscillazione del livello del lago d'Idro per le finalità produttive e di gestione ordinaria = 3,25 m.;
valore massimo della velocità di escursione del lago ai fini della regolazione ordinaria = 0,40 m/3 giorni»;
se non ritenga opportuno intervenire verso le autorità competenti perché si regolino i livelli del lago d'Idro nelle condizioni di esercizio previste e si realizzino le opere necessarie per consentire il rilascio del deflusso minimo vitale nel Chiese.
(4-00983)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, vengono poste in evidenza le problematiche afferenti la regolazione artificiale del lago d'Idro, in merito si rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che il lago d'Idro è stato oggetto di riduzione a serbatoio regolato mediante una concessione di regolazione, rilasciata nel 1917 e scaduta nel 1987. La citata concessione aveva lo scopo, mediante la realizzazione e l'esercizio di apposite opere (diga e galleria di scarico), di trattenere e rilasciare, mediante la regolazione artificiale dei livelli eseguita secondo le regole stabilite nella concessione, maggiori volumi d'acqua, le cosiddette «acque nuove», da utilizzarsi nelle derivazioni (irrigue ed idroelettriche) già esistenti e distribuite lungo l'intero corso del fiume Chiese, sublacuale decine di chilometri a valle del lago d'Idro.
Nonostante le attuali opere di regolazione siano ubicate nel territorio della regione Lombardia, il lago d'Idro è rivierasco anche della Provincia Autonoma di Trento e, pertanto, la concessione in argomento deve essere rilasciata d'intesa tra le due amministrazioni.
Nelle more dell'affidamento della concessione, la regolazione è esercitata dalla regione Lombardia tramite un commissario regolatore di nomina regionale, sulla base di una regola provvisoria del marzo 2001 e discendente da una sperimentazione realizzata nel periodo 1993-2001.
La Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente, interessata alle problematiche relative al lago d'Idro, ha promosso il confronto tra le amministrazioni statali e territoriali per approfondire le diverse problematiche e per cercare una giusta ed appropriata soluzione delle stesse. A tal fine, sono stati organizzati appositi incontri con i soggetti interessati per l'esame delle problematiche da ciascuno segnalate e la composizione dei contrapposti interessi.
In considerazione della stretta interconnessione tra la porzione trentina del bacino del fiume Chiese e del lago d'Idro e la porzione lombarda del medesimo lago e del fiume nel tratto sub lacuale, si è pervenuto da parte delle due amministrazioni, il 14 dicembre 2006, alla sottoscrizione di uno specifico accordo al fine di armonizzare le azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese, nonché per disciplinare le, modalità amministrative connesse all'esercizio delle funzioni concessorie relative alle utilizzazioni praticate con le acque del bacino di interesse, ivi compreso il lago, e con riferimento al quadro ambientale, paesaggistico e di fruizione turistica.
In tale accordo sono definite le modalità di espressione del pareri e delle intese di rispettiva competenza per affrontare e addivenire, tra l'altro, ad una soluzione definitiva della concessione di regolazione del lago, anche in relazione agli aspetti paesaggistici ed ambientali, compresi quelli relativi al SIC «Lago d'Idro».
Infatti, a seguito dei risultati negativi delle verifiche effettuate su dette opere da una apposita Commissione di collaudo, il Registro italiano dighe (RID), come atto dovuto per motivi di prevenzione di salute e sicurezza pubblica, ha imposto la limitazione dell'invaso del lago d'Idro.
Sulla base degli aggiornamenti forniti dalla regione Lombardia, risulta che sono state espletate le procedure di affidamento della progettazione preliminare delle nuove opere, comprensive dell'esecuzione delle indagini geologiche e geotecniche finanziate dalla regione, da parte del Consorzio del Chiese di bonifica di 2o grado, già affidatario dell'esecuzione di opere di consolidamento e manutenzione della vecchia diga e galleria.
In sede di progettazione delle nuove opere sarà predisposto, secondo la vigente normativa che recepisce le direttive comunitarie in materia, lo studio di impatto ambientale comprensivo dello studio di incidenza.
Il livello del lago d'Idro non dipende soltanto dalla gestione della concessione di regolazione o derivazione delle risorse idriche, ma anche da persistenti necessità di sicurezza pubblica, determinate dalla potenziale minaccia di una paleofrana, all'incolumità delle popolazioni rivierasche che rende parzialmente inutilizzabili le esistenti opere di regolazione.
A seguito dell'accordo per l'armonizzazione delle azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese intercorso tra la regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento, l'Enel, per esigenze di manutenzione, ha messo fuori servizio la propria galleria di derivazione.
In considerazione di ciò ed al fine di permettere il graduale riempimento del lago e lo sfioro naturale della traversa di Idro, la regione Lombardia aveva dato indicazioni al Commissario regolatore di limitare, in concomitanza della messa fuori esercizio della galleria di derivazione, le erogazioni dal lago al minimo previsto dalla regola (10 mc/s). Tuttavia, a causa dei ridotti afflussi al lago (inferiori alle serie storiche) il livello del lago, al momento della chiusura della galleria, si trovava al di sotto della quota di sfioro di 367,00 m sul livello del mare (79 cm).
Con la messa fuori servizio della galleria di derivazione Enel ed in considerazione dei bassi livelli che ancora permanevano nel lago, il Commissario regolatore, ha disposto che venisse mantenuta l'erogazione della minima portata (10 mc/s) attraverso la «galleria degli agricoltori».
Tale situazione ha provocato un ennesimo esposto alla Procura della Repubblica di Brescia da parte del «Coordinamento delle Pro Loco» che contestava la scelta di far defluire l'acqua nel fiume Chiese attraverso la «galleria degli agricoltori», piuttosto che invasarla nel lago e poi farla defluire tramite la traversa nel fiume Chiese.
Al fine di raggiungere più rapidamente la quota naturale di sfioro di 367,00 m sul livello del mare l'11 gennaio 2007 si è tenuto, presso la Prefettura di Brescia, un incontro nel corso del quale si è concordato di ridurre ulteriormente e temporaneamente l'erogazione dal lago al fiume Chiese, attraverso la «galleria degli agricoltori». Pertanto, in deroga alla regola di gestione, con decreto direttoriale 22 gennaio 2007, la regione Lombardia ha disposto la riduzione temporanea della portata da erogarsi dal lago a 7 mc/s, in seguito ridotta ulteriormente a 3,3 mc/s (valore del minimo deflusso vitale sul fiume Chiese a Gavardo), fino al raggiungimento della quota di sfioro presso la traversa di Idro.
Una volta raggiunta la quota di sfioro, la «galleria degli agricoltori» sarebbe stata chiusa ed il lago esercito a deflusso naturale con portate di deflusso corrispondente agli afflussi naturali al lago, fino alla riapertura della galleria di derivazione Enel.
Successivamente, con nota del 7 febbraio 2007, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha invitato gli enti coinvolti nella gestione del lago d'Idro ad assicurare il minimo deflusso vitale del fiume Chiese attraverso lo sfioro delle portate effluenti dal lago tramite la traversa d'Idro, impedendo la riduzione del livello del lago al di sotto del limite di 367,00 m sul livello del mare.
Il Consiglio provinciale di Brescia con Delibera n. 11 del 30 marzo 2007, in ottemperanza al Documento di intesa del 10 novembre 2006, ha approvato il documento «Pianificazione di emergenza provinciale per il rischio idrogeologico e idraulico del lago d'Idro - Stralcio del Piano di emergenza provinciale.
Nella stessa data il Comune di Idro con ordinanza n. 1629 ingiungeva e ordinava alla ditta Enel SpA di non togliere, non asportare e non rimuovere il materiale ghiaioso, ciottoloso (detto «tura») depositato tra il canale di derivazione Enel ed il lago di Idro. Ordinanze di pari contenuto sono state in seguito emesse anche dai Comuni rivieraschi Anfo e Bagolino.
Lo stesso comune con successiva ordinanza diffidava ed ingiungeva all'Enel produzione SpA di installare adeguati strumenti di misura in prossimità della derivazione, di trasmettere i dati completi di misurazione delle acque e di attivare tutte le misure necessarie al rispetto sia del minimo deflusso vitale che della salvaguardia del Lago.
La Comunità montana Valle Sabbia, in merito all'esigenza di mantenere il minimo deflusso vitale e, pertanto, la quota del lago al di sopra di 367,00 m sul livello del mare anche successivamente alla riapertura del canale di derivazione dell'Enel, si dichiarava intenzionata a realizzare a spese proprie
una soglia che innalzasse la quota di presa del canale, limitandone, in tal modo, la possibilità di utilizzo.
Il 4 aprile, il Registro italiano dighe comunicava le modifiche alla limitazione di invaso, definendo la nuova quota di esercizio ordinario a 368,50 m sul livello del mare e la nuova quota di 369,00 m sul livello del mare raggiungibile in caso di eventi eccezionali. Successivamente lo stesso Rid esprimeva parere negativo sul progetto della proposta opera di sbarramento fisso a quota 367,50-368,00, nell'opera di presa del lago dell'impianto idroelettrico di Vobarno.
Al fine di pervenire ad una soluzione condivisa delle problematiche avanzante da soggetti portatori di diversi interessi, il 23 maggio 2007, presso la Prefettura di Brescia, alla presenza del Prefetto e delle amministrazioni interessate, è stato sottoscritto un protocollo di intesa per mezzo del quale:
sono state revocate le ordinanze del comune di Idro e quelle dei comuni di Anfo e Bagolino;
l'Enel si è impegnata ad:
erogare attraverso la produzione della centrale di Storo, al fine di sostenere la quota di 367,20 m sul livello del mare, limitatamente alla stagione irrigua 2007;
essere disponibile, nel caso di conclamata emergenza idrica, ad erogare ulteriori volumi d'acqua, fino ad un massimo di 5 ML mc;
avviare, a partire dal 24 maggio 2007, le operazioni di rimozione dell'opera provvisionale detta «tura».
le amministrazioni comunali si sono impegnate ad attivare gli interventi di pulitura e di ripristino della funzionalità del breve tratto di alveo compreso tra la traversa naturale e l'incile naturale del lago, per garantire il mantenimento del deflusso minimo vitale alle quote minime.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
LION e FUNDARÒ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
gli Stati membri del Consiglio d'Europa il 20 ottobre 2000 hanno firmato a Firenze la Convenzione Europea del Paesaggio (di seguito CEP);
la CEP, trattato internazionale noto anche come «Convenzione di Firenze», introduce un nuovo concetto di paesaggio definendolo come «una parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori e/o umani e dalle loro interrelazioni»;
la CEP «si applica a tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende gli spazi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiani, sia i paesaggi degradati»;
la CEP «si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo»;
sul piano nazionale, la CEP «impegna gli Stati firmatari a riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni..., a stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione dei paesaggi..., ad avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti..., a integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio». Lo Stato italiano ha ratificato la CEP tramite la legge 9
gennaio 2006, n. 14 ed in tale ambito si è impegnato a prendersi cura della qualità del paesaggio con riferimento all'intero territorio nazionale (non più soltanto rispetto ad aree e beni considerati di particolare valore sotto il profilo estetico-culturale o ecologico-ambientale), coinvolgendo le popolazioni ed i soggetti interessati nei rilevanti processi decisionali. La CEP è entrata in vigore in Italia il 1 settembre 2006;
ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, nell'esercizio della loro potestà legislativa lo Stato e le regioni sono tenute a rispettare gli obblighi internazionali, di cui la CEP è espressione;
ad oggi il Governo non ha preso alcuna iniziativa specifica finalizzata a rendere operativi i prìncipi della CEP, né sul piano istituzionale - verificando l'adeguatezza del sistema normativo e della ripartizione delle pubbliche competenze nazionali in materia di paesaggio, né sul piano tecnico-amministrativo - rafforzando la sensibilità e le capacità degli enti competenti a livello territoriale, né sul piano della formazione - segnatamente allo scopo di accrescere la sensibilità delle popolazioni rispetto all'importanza del paesaggio e di fornire le conoscenze necessarie ai soggetti coinvolti nei rilevanti processi decisionali pubblici;
in assenza di azioni specifiche da parte del Governo, in Italia hanno avuto origine delle iniziative di tipo non governativo volte a dare attuazione alla CEP a livello europeo: su iniziativa della Regione Campania, nel maggio 2006 ventidue enti territoriali hanno costituito a Strasburgo, presso il Consiglio d'Europa, la Rete europea degli enti locali e regionali per l'attuazione della Convenzione europea del paesaggio (RECEP), un'organizzazione internazionale formata da pubbliche autorità di livello territoriale, che ha come obiettivo quello di sostenere sul piano scientifico, tecnico, politico ed amministrativo gli enti locali e regionali interessati a dare attuazione alla CEP nei territori di loro competenza. Attualmente gli enti locali e regionali membri del RECEP sono 34, tra cui dieci regioni, sette province e dieci comuni italiani. La sede della RECEP è ospitata dalla Regione Toscana presso la villa medicea di Careggi, a Firenze, sotto l'egida del Consiglio d'Europa. Su proposta avanzata dal Rettore dell'Università IUAV di Venezia e dal Rettore dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria, un gruppo di università di diversi paesi europei ha recentemente aderito alla proposta di creare una Rete europea di università per l'attuazione della Convenzione europea del paesaggio, denominata «UNISCAPE», che si propone di stimolare la cooperazione scientifica a livello europeo tra le istituzioni universitarie interessate all'attuazione della CEP, segnatamente nei settori della ricerca e della didattica. In particolare intende: a) favorire lo studio e la sperimentazione degli aspetti tecnico-scientifici del processo decisionale che conduce ad un intervento materiale sul territorio, b) coordinare gli insegnamenti che consentano, nell'ambito dei diversi settori disciplinari, di formare esperti in grado di contribuire all'applicazione dei principi della Convenzione. Attualmente le Università europee aderenti a UNISCAPE sono 55. Il Comitato fondatore ha deciso di stabilire la sede di tale rete universitaria presso la summenzionata Villa Careggi;
si deve rimarcare la portata fortemente innovativa dei principi sottoscritti attraverso la CEP e l'impegno richiesto agli Stati per la sua concreta attuazione sotto il profilo politico, tecnico-amministrativo e della ricerca-formazione;
è importante segnalare il carattere interdisciplinare e polivalente delle iniziative che dovrebbero essere prese a livello ministeriale con riferimento all'attuazione dei suddetti principi e, in particolare, alla formulazione e realizzazione di specifiche politiche del paesaggio, tra loro coordinate, a livello nazionale e territoriale;
bisogna tenere conto dell'integrazione della tutela del paesaggio con i principi fondamentali della Costituzione e della opportunità di un'adeguata interpretazione
del dettato costituzionale in materia di paesaggio alla luce della Convenzione, da parte delle autorità competenti;
sono sorte serie difficoltà riguardanti la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni, a causa dell'assenza di qualunque riferimento alla questione del paesaggio da parte dell'articolo 117 della Costituzione;
altre difficoltà si riscontrano relativamente al processo di revisione legislativa riguardante la parte terza del Codice dei beni culturali e del paesaggio che sembra non tenere adeguatamente conto della posizione espressa dalle regioni e dagli enti locali con riferimento alla CEP;
è strategico sfruttare l'opportunità di valorizzare l'impegno profuso dal Governo italiano nel negoziato europeo che ha condotto nel 2000 all'adozione della CEP ed alla sua apertura alla firma a in una città italiana e, parallelamente, di dare un seguito al dibattito sul tema del paesaggio avviato a livello nazionale tramite la prima Conferenza nazionale sul paesaggio (1999) -:
se non intenda costituire, d'intesa con i Ministeri competenti, una cabina di regia in seno al Governo affinché venga rapidamente elaborato un piano generale di attuazione della CEP, ai fini della formulazione di opportune politiche paesaggistiche sul piano nazionale e territoriale, allo scopo coinvolgendo, oltre le autorità centrali, anche gli enti locali e regionali competenti, e promuovendo lo sviluppo di una maggiore consapevolezza rispetto all'importanza del paesaggio dal punto di vista identitario, dell'integrazione sociale e dello sviluppo locale.
(4-04597)
Risposta. - Con riferimento al quesito posto dall'interrogante in merito all'opportunità di costituire «una cabina di regia in seno al Governo affinché venga rapidamente elaborato un piano di attuazione della CEP...» si fa presente che questo ministero, nell'ambito delle sue competenze, ha posto in essere numerose attività per dare attuazione alla Convenzione europea del paesaggio.
In primo luogo, sotto il profilo normativo, i principi generali della Convenzione e le misure specifiche da essa indicate sono stati recepiti nel nostro ordinamento, in particolare, per quel che riguarda il paesaggio, con la nuova definizione introdotta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio all'articolo 131.
Tale norma, infatti, pone l'accento sulla dimensione culturale del paesaggio ed introduce un nuovo aspetto della tutela finalizzata alla salvaguardia dei valori paesaggistici espressione dell'identità collettiva. Essa recepisce così il principio della Convenzione che individua nella conoscenza lo strumento necessario per attuare la tutela del territorio.
Ulteriore principio contenuto nella Convenzione consiste nel coinvolgimento attivo delle popolazioni verso la percezione dei luoghi ove vivono ed il riconoscimento delle loro diversità e specificità storico-culturali.
Anche tale principio è stato accolto nel Codice all'articolo 132, comma 3, dove è previsto che le amministrazioni pubbliche svolgano attività di formazione ed educazione al fine di diffondere ed accrescere la conoscenza del paesaggio.
I meccanismi procedurali della cooperazione e della concertazione, nonché il principio dello sviluppo sostenibile, sono poi esplicitati nei successivi articoli 135, 146 e 156 che individuano, nel piano paesistico, lo strumento univoco di riferimento per tutti i soggetti istituzionali coinvolti nelle funzioni della tutela, valorizzazione e gestione.
Infine, l'articolo 133 richiama la cooperazione tra gli Stati e gli obblighi internazionali che incidono in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio. Tale norma indica la necessità di adeguarsi alla normativa comunitaria a internazionale per realizzare i principi di condivisione della tutela.
Per quanto attiene invece alle iniziative intraprese sotto il profilo tecnico amministrativo, e segnatamente al piano della formazione, gli strumenti per l'attuazione
dei principi generali della tutela sono individuati nei già citati articoli 146 e 156, i quali prevedono l'accordo Stato-Regioni per l'elaborazione congiunta del piano paesistico e la verifica e l'adeguamento dei piani paesistici esistenti.
Questi articoli indicano, inoltre, ulteriori strumenti per attuare una condivisa politica attiva di tutela attraverso la predisposizione di decreti del Presidente del Consiglio da adottare d'intesa con la conferenza Stato-Regioni.
Lo schema predisposto dal Mibac, ai sensi del comma 2 dell'articolo 156, ma non ancora discusso in Conferenza Stato-Regioni, individua una metodologia finalizzata alla realizzazione di un unico sistema informatizzato territoriale, che attraverso procedure di interoperabilità (protocolli informatici) permetta una condivisione della conoscenza di tutti gli elementi e fattori naturali, culturali ed ambientali che contribuiscono con i loro significati e con le loro interrelazioni a formare il paesaggio.
Allo stato attuale sono stati avviati con le Regioni vari protocolli informatici che prevedono procedure di interoperabilità dei sistemi operativi sia regionali che ministeriali (SITAP). La banca dati comprende anche l'analisi e la valutazione del rischio per il paesaggio, desunto dalla interpolazione del rischio naturale (derivante da fattori relativi alle criticità sismiche, idrogeologiche, morfologiche) e del rischio antropico (prodotto dalla realizzazione di trasformazioni del territorio caratterizzate da interventi incoerenti e dannosi).
Quanto alle iniziative volte al rafforzamento della sensibilità e della capacità degli enti competenti a livello territoriale, esse sono attualmente perseguite anche con l'ulteriore strumento attuativo previsto dal comma 3 dell'articolo 146, che prevede l'individuazione, con decreto del Presidente del Consiglio, della documentazione necessaria alla verifica di compatibilità paesaggistica per gli interventi che si richiede di realizzare in aree vincolate.
Il decreto è stato adottato in seguito all'intesa raggiunta con la conferenza Stato-Regioni e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2006. Esso è costituito da un breve articolato e da un allegato tecnico «la Relazione Paesaggistica».
L'allegato tecnico esplicita una metodologia che individua criteri tecnici attraverso i quali progettare e valutare gli interventi, prendendo in considerazione tutti i complessi aspetti che intervengono nella trasformazione del territorio, come mutamento egli elementi, dei significati che caratterizzano con le loro interrelazioni il sistema di paesaggio, connotandolo di valori (naturali, culturali, simbolici, identitari, estetici).
Tale allegato persegue diverse finalità.
In primo luogo, attraverso la metodologia della conoscenza del territorio/paesaggio, contribuisce allo sviluppo di progetti armonicamente integrativi dell'esistente, nel rispetto dei valori imprescindibili costituiti da elementi e significati che non è lecito in nessun caso trasformare.
In secondo luogo, contribuisce a formare la conoscenza collettiva sulla tutela del paesaggio, sviluppando così il senso di appartenenza delle popolazioni.
Infine, fornisce una apporto metodologico nella realizzazione di una nuova politica di sviluppo del paesaggio territorio attraverso il coinvolgimento delle Istituzioni centrali e locali nelle azioni di tutela e valorizzazione.
Alla finalità di accrescimento della sensibilità delle popolazioni e delle conoscenze necessarie ai soggetti coinvolti nei rilevanti processi decisionali pubblici, vanno riportate sia le linee guida che il Mibac ha iniziato a pubblicare sulle principali categorie di opere trattate dall'allegato tecnico del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 dicembre 2005, sia la realizzazione di un Osservatorio nazionale sulla qualità del paesaggio.
Le prime linee guida pubblicate riguardano gli impianti eolici e forniscono gli indirizzi per programmare, progettare e valutare tali impianti.
Infine, è attualmente in fase di valutazione un aggiornamento del decreto istitutivo dell'Osservatorio nazionale sulla qualità del paesaggio che fornisce un supporto conoscitivo, informativo e formativo per l'attuazione della parte III del Codice dei beni culturali ed ha il compito di monitorare
la sua applicazione a livello territoriale nel quadro dell'attuazione della Convenzione europea.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
LION, CAMILLO PIAZZA, FUNDARÒ e PELLEGRINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'ordinamento italiano non sono mai mancate disposizioni generali aventi lo scopo di tutelare le risorse idriche naturali contro interventi che ne potessero compromettere le disponibilità, la qualità e la fruibilità presente e futura, ciò anche quando nel processo di formazione culturale non era particolarmente presente una diffusa sensibilità ambientale;
a decorrere dagli anni Settanta, in particolare, è stata adottata una specifica normativa in materia di tutela delle acque, volta a proteggere le risorse idriche dagli usi irrazionali, affidando allo Stato la potestà di definire ed indicare i criteri generali per un corretto e razionale utilizzo dell'acqua ai fini produttivi, irrigui, industriali e civili anche mediante la individuazione di standards di consumi, per favorire il massimo risparmio nell'utilizzazione delle acque e promuovendo, fra l'altro, processi di riciclo e di recupero delle sostanze disperse;
la norma iniziale di cui trattasi è la legge 10 maggio 1976, n. 319, recante «Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento», che delegava ad un apposito Comitato di Ministri di predisporre documenti volti alla corretta gestione delle risorse idriche e a tutelarle da danni e relativi pericoli;
il citato Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento, con la delibera 4 febbraio 1977, concernente «Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all'articolo 2, lettere b), d) ed e), della legge 10 maggio 1976, n. 319», in materia di prelievi aveva raccomandato, ai sensi dell'allegato 2 alla delibera, relativo ai «Criteri generali per il corretto e razionale uso dell'acqua», che in genere il prelievo diretto da fiumi non regolati avrebbe dovuto realizzarsi con portate modeste rispetto a quelle naturali negli alvei, e così pure i volumi attinti dai laghi naturali avrebbero dovuto essere modesta cosa rispetto a quelli propri del corpo idrico; solo così non si sarebbe destata alcuna preoccupazione per eventuali effetti nocivi dovuti ad un depauperamento delle condizioni originali del corpo idrico stesso;
quando si fosse trattato di un prelievo attuato in un serbatoio artificiale, costruito espressamente per l'uso in questione o per più usi congiunti, era da osservare che la costruzione dell'invaso avrebbe determinato un notevole cambiamento degli aspetti qualitativi originali del corso d'acqua, che, unito alle modifiche sulle portate naturali, avrebbe potuto essere determinante ai fini dello sversamento di scarichi in tutto l'alveo, a monte ed a valle della sezione di sbarramento. Tra le conseguenze più salienti, pertanto, occorreva tener presente soprattutto l'immobilizzazione di cospicue masse d'acqua, che comportavano:
a) la decantazione in materia inorganica ed organica trasportata dalla corrente;
b) la formazione di estese superfici in grado di esaltare l'evaporazione, e quindi un progressivo arricchimento nella concentrazione di sostanze disciolte ed in sospensione;
c) l'esposizione ai raggi solari, talvolta in maniera non uniforme per la presenza di zone d'ombra dovute all'orografia circostante. Ciò avrebbe comportato il riscaldamento differenziato dell'acqua invasata (secondo strati a diversa profondità o secondo zone a diversa localizzazione) e quindi causa di correnti di densità che producevano un rimescolamento variabile nel tempo pur se talvolta benefico. Sarebbero cambiate, inoltre, le condizioni
vitali per i tipi di flora e di fauna inizialmente contenuti nelle acque fluenti;
d) l'esposizione alle variazioni climatiche, specie di temperatura;
alcuni di questi aspetti, seppure in misura meno appariscente, potevano presentarsi anche nel prelievo mediante traversa;
gli aspetti indicati dovevano essere tenuti in debito conto sia durante la progettazione di nuove opere di prelievo, che durante la stesura dei programmi di funzionamento di opere già esistenti;
onde evitare che l'esercizio degli impianti determinasse situazioni dannose allo stato di salute dei corpi idrici e di pregiudizio per l'utilizzo ulteriore delle acque, specifiche indagini si sarebbero dovute condurre caso per caso, ricorrendo, se necessario, a studi su modello e all'impiego delle più avanzate tecniche di analisi dell'informazione, da eseguirsi presso laboratori ed istituti di ricerca specializzati;
con la successiva legge 18 maggio 1989, n. 183 recante «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo», ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera i), è stato prescritto che al fine di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi, si dovessero svolgere attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi, che curassero in particolare, e tra l'altro, la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudicasse il minimo deflusso costante vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque;
al perseguimento delle finalità della legge n. 183/1989, è stato preposto lo strumento del Piano di bacino. In tal senso, ai sensi dell'articolo 17, «Il piano di bacino ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato». Inoltre, è previsto che «le disposizioni del piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso piano di bacino»;
ulteriore norma recante misure di protezione delle risorse idriche è stata la legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante «Disposizioni in materia di risorse idriche». Tale legge, tra l'altro, ha disposto, in soluzione di continuità rispetto all'analoga raccomandazione del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento sopra richiamato, che un principio fondamentale da osservare fosse quello secondo cui (ex articolo 1, comma 3) «gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici», e conseguentemente, come criterio applicativo (ex articolo 3, comma 3), che nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni si devono regolare in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati;
da ultimo, sempre in materia di tutela quantitativa della risorsa e di risparmio idrico, è intervenuto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», la cui Parte III, relativamente alla pianificazione del bilancio idrico, prescrive (articolo 95, comma 2) che «nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito
dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative», nonché (articolo 95, comma 4) «tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.»;
il decreto legislativo n. 152/2006 ha altresì provveduto ad adattare il «Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici» di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, allo scopo esplicitando che nelle concessioni di derivazione delle acque pubbliche, il provvedimento di concessione è rilasciato se è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;
per quanto esposto, si evince chiaramente che nello Stato italiano sono sempre esistite norme e disposizioni esplicite volte alla tutela delle risorse idriche, sia dal punto di vista quantitativo, sia ambientale e soprattutto di carattere precettivo in merito al mantenimento dei deflussi naturali dei corpi idrici nei propri alvei quando le relative acque fossero state utilizzate anche per fini produttivi. Non si evincono previsioni inverse che deroghino il principio del rispetto del bilancio idrico o che giustifichino la soppressione dei deflussi naturali dei corpi idrici;
il lago di Idro è uno dei principali laghi prealpini italiani di origine glaciale. Questo corpo idrico è attualmente qualificato come area sensibile ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed è stato designato «sito di importanza comunitaria» ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 92/43/CEE, facendo parte della rete europea Natura 2000, rete ecologica europea costituita da zone speciali di conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche. Il lago d'Idro è particolarmente importante per la presenza di un habitat naturale e di specie prioritarie a norma dell'articolo 1 della direttiva;
intorno agli anni Trenta il lago di Idro è entrato nel novero dei laghi naturali ampliati e/o regolati, con ciò provvisto, all'incile, di opere di regolazione idrauliche, e artificiali in quanto realizzati mediante manufatti di sbarramento;
in seguito al citato ampliamento il corpo idrico eridiano ha potuto invasare acque aggiuntive rispetto a quelle proprie e di tali risorse «nuove» è stato deciso l'uso produttivo tramite disciplina allo scopo regolata. In un primo tempo la regola di controllo degli afflussi e dei deflussi non ha tenuto conto degli equilibri naturali del sito e a causa di dislivelli eccessivamente ampi tra quota di massimo invaso e quota di massimo svaso si erano creati gravi squilibri ambientali che fecero decretare una nuova regolazione delle acque che facesse salve peculiarità dell'habitat lacuale e in tal senso garantisse il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati;
la gestione delle acque del lago di Idro però, nonostante gli evidenti e noti problemi di carattere ambientale e sociale che le regolazioni annuali comportavano, ha tuttavia continuato ad essere svolta in maniera tale da compromettere gli equilibri ecologici del territorio eridiano, con ciò creando anche gravi malesseri e agitazioni presso le popolazioni rivierasche;
inopinatamente, almeno a decorrere dagli anni Novanta, le acque del lago sono state costantemente derivate partendo dal loro livello naturale fino a scendere a
quote che hanno creato danni ambientali incalcolabili sia per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici, sia faunistici-ittiologici. In questa situazione è completamente venuto a mancare un tratto di emissario del lago, in particolare il fiume Chiese, che per oltre 23 chilometri dall'incile non ha più visto defluire alcuna portata d'acqua impedendo di fatto ogni forma di vita e la perdita di patrimoni naturalistici di irripetibile rarità;
in effetti, va fatto presente che nel corso degli anni le opere artificiali relative al volume ampliato del lago di Idro hanno iniziato a manifestare fenomeni di usura, peraltro non sottoposte a conseguente manutenzione e relativo ripristino in sicurezza, e che in tale circostanza la galleria di scarico di fondo ha manifestato problemi strutturali connessi alle caratteristiche geomeccaniche delle rocce nelle quali è stata realizzata. Nel 1992 si è verificato un cedimento della stessa e per ritenuti motivi di sicurezza, il Servizio Nazionale Dighe ha di seguito provveduto, in data 18 agosto 1992, ad imporre la quota di 368,00 m. s.l.m. come quota temporanea di massima regolazione, imponendo peraltro l'effettuazione di lavori di sistemazione della galleria;
in questo stesso periodo, per dare applicazione alle norme sulla prioritaria e fondamentale tutela delle risorse idriche e del territorio, ma bisogna anche dire con quella che gli interroganti reputano una sospetta coincidenza con le iniziative che venivano assunte dal RID, l'Autorità di Bacino del Fiume Po ha condotto una sperimentazione durata cinque stagioni irrigue a partire dal 1996 fino al settembre 2000, al termine del quale, nel gennaio 2001 ha deciso di adottare il documento «Attività del Comitato di Sperimentazione, Relazione conclusiva» unitamente al relativo «Regolamento transitorio per la Gestione del Lago d'Idro e dei serbatoi dell'Alto Chiese» che prevedevano in via definitiva, la riduzione dell'escursione del lago d'Idro a 3,25 metri corrispondenti ad un volume utile di 35,411 milioni di mc, l'applicazione, nell'alveo del fiume Chiese, del rilascio per deflusso minimo costante vitale pari a 2,2 mc/sec, pari a complessivi 13,685 milioni di mc stagionali;
per quanto riguarda gli interventi di ripristino dei citati cedimenti del 1992, allo scopo realizzati dal Magistrato per il Po, Ufficio Operativo di Mantova, essi si sono conclusi nel 1996. Successivamente nel 1999 in relazione alle procedure di collaudo dei citati lavori il Servizio Nazionale Dighe ha segnalato il generale peggioramento in più punti delle caratteristiche statiche dell'opera ed ha richiesto nuovi ed ulteriori interventi di consolidamento. Conseguentemente, il Registro Italiano Dighe (RID), ipotizzando un rischio sia per un eventuale innalzamento ed una possibile esondazione del lago, ma anche di mobilitazione, certamente remota, di un consolidato corpo franoso sito in sponda sinistra immediatamente a valle dell'esistente traversa, con presunta possibilità di formazione di uno sbarramento naturale soggetto a successiva tracimazione ai sensi dell'articolo 24, comma 6, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1991, n. 85, ha disposto la limitazione sopra indicata;
sempre il RID, il 18 luglio 2003 ha stabilito una nuova limitazione all'esercizio dell'invaso del lago, con quota alla quale riferire l'esercizio ordinario, a 367,00 m.s.l.m. e quota raggiungibile esclusivamente solo in caso di eventi eccezionali, a 368,00 m.s.l.m., ha altresì dichiarato la messa fuori esercizio dell'opera di sbarramento fino al termine dei lavori idonei a garantire le necessarie condizioni operative di sicurezza;
in conseguenza di ciò, in tempo ordinario, ad esclusione di eventi idrologici intensi, non possono defluire acque in superficie del fiume Chiese in quanto la quota di 367,00 m. m.s.l. corrisponde alla quota di sfioro naturale del lago in Chiese che resta privo d'acqua e neppure possono essere erogate acque nel Chiese tramite la galleria di scarico;
resta fatto salvo l'esercizio della derivazione della centrale Enel che può prelevare
acque dal lago fino a 30 mc/s la cui restituzione nel fiume avviene a Vobarno (Brescia);
va a questo punto fatta una seria riflessione, anche se pleonastica. Gli usi produttivi delle risorse idriche possono essere necessari ma non certamente fondamentali e ad ogni modo sono esercitabili in subordine all'osservanza del prioritario principio della tutela delle acque e dell'ambiente, nonché degli obblighi fondamentali volti a garantire la sicurezza sanitaria e sociale dei cittadini. Le norme di protezione e di salvaguardia sopra enumerate, che va detto sono solo alcune delle moltissime che in tale materia sono applicabili, sono il fondamento su cui bisogna posizionarsi, e che bisogna osservare, per poter procedere agli utilizzi, diversi da quelli naturali, delle acque pubbliche. In mancanza dei preordinati requisiti di tutela previsti dalle norme di cui trattasi, tra cui in particolare il rispetto del deflusso minimo vitale e del bilancio idrico, da sempre esplicitamente indicati, non si può procedere all'uso delle stesse acque, pena l'incorrere, tra l'altro, nella fattispecie del danno ambientale;
si deduce che ove non sia possibile salvaguardare l'integrità dell'habitat relativo ai corpi idrici e soprattutto non si sia in grado di evitare effetti dannosi conseguenti al depauperamento delle condizioni originali dei corpi idrici, restino preclusi tutti quegli usi e quelle operazioni su tali corpi idrici che abbiano la capacità di arrecarvi, sia pure potenzialmente danni e alterazioni;
nel caso del Lago di Idro, a seguito della dichiarazione di criticità delle opere relative alla parte dell'invaso ampliato pronunciate dal RID e delle conseguenti limitazioni alle escursioni dei livelli di regolazione delle acque, allorquando si era dimostrato che l'uso delle risorse lacuali comprometteva il deflusso minimo vitale e non garantiva il bilancio idrico, fino a quando non fossero state ripristinate le condizioni di sicurezza delle strutture atte a contenere i volumi di acqua aggiuntivi rispetto a quelli naturalmente contenuti dal lago, e su cui poter esercitare i prelievi, non si sarebbe dovuta attuare alcuna gestione idrica e quindi, nelle more di tali condizioni di sicurezza e di assenza di acque aggiuntive invasate, il lago avrebbe dovuto vivere secondo i propri afflussi e deflussi naturali, senza pozzi o sorgenti artificiali che ne modificassero gli equilibri;
ciò non è stato, ed anzi, in concomitanza dell'entrata in vigore del progetto di gestione deciso dall'autorità di bacino del fiume Po, in maniera secondo gli interroganti stupefacente si è deciso di traslare il dislivello di regolazione delle acque al di sotto della quota naturale del lago, di fatto regolando le risorse proprie del lago e non quelle del serbatoio aggiuntivo. Sorge il sospetto che tale traslazione sia servita a compensare la limitazione delle disponibilità di risorse idriche per usi produttivi conseguente alla decisione assunta dall'autorità di bacino del fiume Po. Viene altresì da domandarsi a cosa servano le opere di contenimento delle acque nuove e quindi le stesse acque aggiuntive, se in prima battuta è possibile derivare ad libitum acque dal lago, semplicemente facendolo scendere sotto il proprio livello naturale. In queste circostanze sembra palesemente inutile dover costruire le opere che ne ampliano le capacità di invaso se banalmente da esso si può prelevare acqua senza particolari vincoli;
il quesito posto è ovviamente pleonastico e retorico, infatti, ai sensi della normativa da sempre applicabile, e come sopra in parte enunciata, in mancanza di risorse idriche aggiuntive a quelle naturalmente disponibili circa il corpo idrico eridiano, sarebbe stata preclusa qualsiasi derivazione delle acque di tale lago che fosse stata capace di impedire il deflusso minimo vitale nel fiume Chiese sin dall'incile ed il rispetto del bilancio idrico lacuale -:
se non intenda accertare quali siano stati, e da chi siano stati adottati, i provvedimenti, dagli interroganti giudicati abusivi e irregolari alla luce delle vigenti
norme sulla tutela delle acque e del territorio, che hanno permesso l'utilizzo delle acque del lago di Idro in maniera contraria ai principi di conservazione e di protezione per esse giuridicamente sanciti, facendo di fatto diventare prioritari e fondamentali gli usi produttivi rispetto a quelli relativi agli equilibri ambientali allo scopo tutelati da norme aventi carattere di principio fondamentale;
se in particolare non intenda verificare (e conseguentemente, ove praticabile, prendere adeguati provvedimenti sanzionatori e di monito contro gli eventuali trasgressori), come sia stato possibile che i soggetti competenti in materia di gestione e di esercizio delle risorse idriche del lago di Idro, pur se in presenza di problemi strutturali alle opere di tenuta dell'invaso ampliato, e in tale circostanza interdittivi all'esercizio della parte di serbatoio artificialmente associato al lago di Idro, invece che sospendere o ridurre le derivazioni per gli usi produttivi fino al ripristino in sicurezza delle stesse opere, senza neppure effettuare una necessaria valutazione di impatto ambientale abbiano addirittura proceduta traslare la regolazione delle acque al disotto del livello naturale del lago, facendole scendere dannosamente a livelli inferiori alla loro quota originaria di invaso, con ciò impedendo il deflusso, minimo vitale altrimenti garantito per legge, provocando deterioramenti in incommensurabili all'ambiente lacuale e sub lacuale, al territorio ed alle popolazioni eridiane, all'integrità sanitaria delle acque e ad un tratto considerevole del fiume Chiese, e se per tali provvedimenti esistevano motivazioni legittime, ossia se gli usi produttivi allo scopo esercitati fossero necessariamente ed inevitabilmente prioritari rispetto alla salvaguardia ambientale;
quali sostanziali ed inderogabili misure intenda adottare per garantire che sia mantenuto il deflusso minimo vitale a partire dall'incile naturale del lago di Idro.
(4-05391)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, vengono poste in evidenza le problematiche afferenti la regolazione artificiale del lago d'Idro, in merito si rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che il lago d'Idro è stato oggetto di riduzione a serbatoio regolato mediante una concessione di regolazione, rilasciata nel 1917 e scaduta nel 1987. La citata concessione aveva lo scopo, mediante la realizzazione e l'esercizio di apposite opere (diga e galleria di scarico), di trattenere e rilasciare, mediante la regolazione artificiale dei livelli eseguita secondo le regole stabilite nella concessione, maggiori volumi d'acqua, le cosiddette «acque nuove», da utilizzarsi nelle derivazioni (irrigue ed idroelettriche) già esistenti e distribuite lungo l'intero corso del fiume Chiese, sublacuale decine di chilometri a valle del lago d'Idro.
Nonostante le attuali opere di regolazione siano ubicate nel territorio della regione Lombardia, il lago d'Idro è rivierasco anche della provincia autonoma di Trento e, pertanto, la concessione in argomento deve essere rilasciata d'intesa tra le due amministrazioni.
Nelle more dell'affidamento della concessione, la regolazione è esercitata dalla regione Lombardia tramite un commissario regolatore di nomina regionale, sulla base di una regola provvisoria del marzo 2001 e discendente da una sperimentazione realizzata nel periodo 1993-2001.
La Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente, interessata alle problematiche relative al lago d'Idro, ha promosso il confronto tra le amministrazioni statali e territoriali per approfondire le diverse problematiche e per cercare una giusta ed appropriata soluzione delle stesse. A tal fine, sono stati organizzati appositi incontri con i soggetti interessati per l'esame delle problematiche da ciascuno segnalate e la composizione dei contrapposti interessi.
In considerazione della stretta interconnessione tra la porzione trentina del bacino del fiume Chiese e del lago d'Idro e la porzione lombarda del medesimo lago e del fiume nel tratto sub lacuale, si è pervenuto da parte delle due amministrazioni, il 14 dicembre 2006, alla sottoscrizione di uno
specifico accordo al fine di armonizzare le azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese, nonché per disciplinare le modalità amministrative connesse all'esercizio delle funzioni concessorie relative alle utilizzazioni praticate con le acque del bacino di interesse, ivi compreso il lago, e con riferimento al quadro ambientale, paesaggistico e di fruizione turistica.
In tale accordo sono definite le modalità di espressione dei pareri e delle intese di rispettiva competenza per affrontare e addivenire, tra l'altro, ad una soluzione definitiva della concessione di regolazione del lago, anche in relazione agli aspetti paesaggistici ed ambientali, compresi quelli relativi al SIC «Lago d'Idro».
Infatti, a seguito dei risultati negativi, delle verifiche effettuate su dette opere da una apposita Commissione di collaudo, il Registro italiano dighe (Rid), come atto dovuto per motivi di prevenzione di salute e sicurezza pubblica, ha imposto la limitazione dell'invaso del lago d'Idro.
Sulla base degli aggiornamenti forniti dalla regione Lombardia, risulta che sono state espletate le procedure di affidamento della progettazione preliminare delle nuove opere, comprensive, dell'esecuzione delle indagini geologiche e geotecniche finanziate dalla regione, da parte del Consorzio del Chiese di bonifica di 2o grado, già affidatario dell'esecuzione di opere di consolidamento e manutenzione della vecchia diga e galleria.
In sede di progettazione delle nuove opere sarà predisposto, secondo la vigente normativa che recepisce le direttive comunitarie in materia, lo studio di impatto ambientale comprensivo dello studio di incidenza.
Il livello del lago d'Idro non dipende soltanto dalla gestione della concessione di regolazione o derivazione delle risorse idriche, ma anche da persistenti necessità di sicurezza pubblica, determinate dalla potenziale minaccia di una paleofrana, all'incolumità delle popolazioni rivierasche che rende parzialmente inutilizzabili le esistenti opere di regolazione.
A seguito dell'accordo per l'armonizzazione delle azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese intercorso tra la regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento, l'Enel, per esigenze di manutenzione, ha messo fuori servizio la propria galleria di derivazione.
In considerazione di ciò ed al fine di permettere il graduale riempimento del lago e lo sfioro naturale della traversa di Idro, la regione Lombardia aveva dato indicazioni al Commissario regolatore di limitare, in concomitanza della messa fuori esercizio della galleria di derivazione, le erogazioni dal lago al minimo previsto dalla regola (10 mc/s). Tuttavia, a causa dei ridotti afflussi al lago (inferiori alle serie storiche) il livello del lago, al momento della chiusura della galleria, si trovava al di sotto della quota di sfioro di 367,00 m sul livello del mare (79 cm).
Con la messa fuori servizio della galleria di derivazione Enel ed in considerazione dei bassi livelli che ancora permanevano nel lago, il Commissario regolatore, ha disposto che venisse mantenuta l'erogazione della minima portata (10 mc/s) attraverso la «galleria degli agricoltori».
Tale situazione ha provocato un ennesimo esposto alla Procura della Repubblica di Brescia da parte del «Coordinamento delle Pro Loco» che contestava la scelta di far defluire l'acqua nel fiume Chiese attraverso la «galleria degli agricoltori», piuttosto che invasarla nel lago e poi farla defluire tramite la traversa nel fiume Chiese.
Al fine di raggiungere più rapidamente la quota naturale di sfioro di 367,00 m sul livello del mare l'11 gennaio si è tenuto, presso la Prefettura di Brescia, un incontro nel corso del quale si è concordato di ridurre ulteriormente e temporaneamente l'erogazione dal lago al fiume Chiese, attraverso la «galleria degli agricoltori». Pertanto, in deroga alla regola di gestione, con decreto direttoriale 22 gennaio 2007, la regione Lombardia ha disposto la riduzione temporanea della portata da erogarsi dal lago a 7 mc/s, in seguito ridotta ulteriormente a 3,3 mc/s (valore del minimo deflusso vitale sul fiume Chiese a Gavardo),
fino al raggiungimento della quota di sfioro presso la traversa di Idro.
Una volta raggiunta la quota di sfioro, la «galleria degli agricoltori» sarebbe stata chiusa ed il lago esercito a deflusso naturale con portate di deflusso corrispondente agli afflussi naturali al lago, fino alla riapertura della galleria di derivazione Enel.
Successivamente, con nota del 7 febbraio 2007, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha invitato gli enti coinvolti nella gestione del lago d'Idro ad assicurare il minimo deflusso vitale del fiume Chiese attraverso lo sfioro delle portate effluenti dal lago tramite la traversa d'Idro, impedendo la riduzione del livello del lago al di sotto del limite di 367,00 m sul livello del mare.
Il Consiglio provinciale di Brescia con delibera n. 11 del 30 marzo 2007, in ottemperanza al documento di intesa del 10 novembre 2006, ha approvato il documento «Pianificazione di emergenza provinciale per il rischio idrogeologico e idraulico del lago d'Idro - stralcio del piano di emergenza provinciale».
Nella stessa data il comune di Idro con ordinanza n. 1629 ingiungeva e ordinava alla ditta Enel SpA di non togliere, non asportare e non rimuovere il materiale ghiaioso, ciottoloso (detto «tura») depositato tra il canale di derivazione Enel ed il lago di Idro. Ordinanze di pari contenuto sono state in seguito emesse anche dai comuni rivieraschi Anfo e Bagolino.
Lo stesso comune con successiva ordinanza diffidava ed ingiungeva all'Enel produzione SpA di installare adeguati strumenti di misura in prossimità della derivazione, di trasmettere i dati completi di misurazione delle acque e di attivare tutte le misure necessarie al rispetto sia del minimo deflusso vitale che della salvaguardia del lago.
La Comunità montana Valle Sabbia, in merito all'esigenza di mantenere il minimo deflusso vitale e, pertanto, la quota del lago al di sopra di 367,00 m sul livello del mare anche successivamente alla riapertura del canale di derivazione dell'Enel, si dichiarava intenzionata a realizzare a spese proprie una soglia che innalzasse la quota di presa del canale, limitandone, in tal modo, la possibilità di utilizzo.
Il 4 aprile, il Registro italiano dighe comunicava le modifiche alla limitazione di invaso, definendo la nuova quota di esercizio ordinario a 368,50 m sul livello del mare e la nuova quota di 369,00 m sul livello del mare raggiungibile in caso di eventi eccezionali. Successivamente lo stesso Rid esprimeva parere negativo sul progetto della proposta opera di sbarramento fisso a quota 367,50-368,00, nell'opera di presa del lago dell'impianto idroelettrico di Vobarno.
Al fine di pervenire ad una soluzione condivisa delle problematiche avanzante da soggetti portatori di diversi interessi, il 23 maggio 2007, presso la Prefettura di Brescia, alla presenza del Prefetto e delle amministrazioni interessate, è stato sottoscritto un protocollo di intesa per mezzo dei quale:
sono state revocate le ordinanze del comune di Idro e quelle dei comuni di Anfo e Bagolino;
l'Enel si è impegnata ad:
erogare attraverso la produzione della centrale di Storo, al fine di sostenere la quota di 367,20 m sul livello del mare limitatamente alla stagione irrigua 2007;
essere disponibile, nel caso di conclamata emergenza idrica, ad erogare ulteriori volumi d'acqua, fino ad un massimo di 5 ML mc;
avviare, a partire dal 24 maggio 2007, le operazioni di rimozione dell'opera provvisionale detta «tura».
Le amministrazioni comunali si sono impegnate ad attivare gli interventi di pulitura e di ripristino della funzionalità del breve tratto di alveo compreso tra la traversa naturale e l'incile naturale del lago, per garantire il mantenimento del deflusso minimo vitale alle quote minime.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
LOMBARDI, CACCIARI e DURANTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Parco Nazionale del Gargano, in Puglia, è interessato dalla presenza di un diffuso abusivismo edilizio che minaccia seriamente l'integrità ambientale del territorio protetto, come peraltro confermato dall'ex Ministro dell'ambiente Matteoli il quale, nel corso del convegno «Ambiente e legalità» tenutosi a luglio 2005 nel Parco del Vesuvio, confermava che il Gargano è fra i parchi del meridione a più alto tasso d'abusivismo edilizio. Molti abusi sono inoltre concentrati all'interno delle ZPS e pSIC, in chiara violazione delle direttive comunitarie «Habitat» 92/43 e «Uccelli» 79/409;
il Gargano ha una notevole importanza per la conservazione della biodiversità detenendo ben il 29 per cento degli anfibi, il 46 per cento dei rettili, il 69 per cento degli uccelli nidificanti e il 56 per cento dei mammiferi presenti in Italia. L'area è stata inoltre identificata come IBA (important bird area, cioè zona importante per l'avifauna). La mancata applicazione delle direttive «Habitat» e «Uccelli» sta gravemente minacciando la sopravvivenza di ameno 34 habitat di importanza comunitaria, 8 dei quali prioritari, nonché di numerose specie animali e vegetali incluse nell'allegato II della direttiva habitat e nell'allegato I della direttiva uccelli;
gli ultimi dati messi a disposizione dall'Ente parco relativamente al fenomeno dell'abusivismo edilizio risalgono al settembre 2003 da cui risulta che fino ad allora erano stati 623 gli abusi edilizi verbalizzati a partire dal 2000 e 20 gli abbattimenti eseguiti in 4 comuni, anche grazie ad un finanziamento del Ministero dell'Ambiente. In seguito a quegli interventi l'Ente parco inoltrò altre due richieste di finanziamento al Ministero dell'Ambiente per 1 milione di euro, di cui 500 mila successivamente accordati, per proseguire con l'attività di demolizione degli abusi edilizi per i quali si era giunti al decreto di abbattimento. A seguito di questo finanziamento l'Ente parco aveva provveduto a stilare un nuovo elenco di opere abusive da abbattere e a individuare l'impresa a cui affidare le demolizioni. Restava solo da definire l'ordine di priorità, considerata la scarsità dei fondi, ma la successiva scadenza, nel marzo 2004, degli organi direttivi del parco bloccò la procedura;
da allora, nonostante siano trascorsi oltre due anni dal rinnovo degli organi direttivi, nessun ulteriore abbattimento è stato eseguito dall'Ente parco e le somme a disposizione giacciono ancora inutilizzate. Per contro, sembra che il Consiglio direttivo dell'Ente parco abbia posto in essere una complessa procedura burocratica volta a coinvolgere i comuni nella definizione delle priorità degli abbattimenti, proprio gli stessi comuni che, con la loro mancata vigilanza, avevano consentito di commettere gli abusi e che ora con la loro inerzia hanno bloccato la procedura. Nel frattempo sono stati approvati o sono in corso di approvazione da parte dell'Ente parco numerosi piani di recupero territoriale (PIRT) che secondo gli interpellanti consistono essenzialmente in una sanatoria degli abusi edilizi, sopratutto lungo la costa, mentre risulta completamente fermo l'iter per l'approvazione del Piano del Parco -:
se non ritenga che si debbano conoscere quali azioni di controllo e di vigilanza abbia intrapreso o intenda intraprendere il Ministero dell'Ambiente nei confronti dell'Ente parco, relativamente alle disponibilità economiche non ancora utilizzate, al fine di riprendere le attività di contrasto dell'abusivismo edilizio sul Gargano e, in particolare, se il Governo ritenga che l'inerzia dell'Ente sia riconducibile ad una volontà politica degli organi direttivi di conseguire - attraverso l'approvazione dei piani di recupero territoriale, il blocco delle procedure di abbattimento e la mancata approvazione del Piano del Parco - una sanatoria generalizzata degli abusi edilizi nel Gargano;
quale sia lo stato dell'iter per la formazione del Piano del Parco Nazionale del Gargano, avviato ormai da tre anni e non ancora conclusosi, e quali siano le azioni che il Governo intende intraprendere nei confronti dell'Ente parco per giungere alla sua approvazione in tempi brevi;
se risponda al vero la notizia che l'Ente parco ha recentemente rifiutato un ulteriore finanziamento da parte del Ministero dell'Ambiente per l'esecuzione degli abbattimenti e, se confermata, quale sia la valutazione del Governo in merito alla questione.
(4-05102)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, relativa alla complessa situazione dell'abusivismo edilizio presente all'interno del territorio del Parco nazionale del Gargano, si riferisce che dopo una attenta valutazione degli atti in possesso del Ministero che rappresento, di quelli richiesti e pervenuti, nonché della normativa vigente e della giurisprudenza espressasi in merito, si evidenzia che, attraverso la richiesta dei relativi piani di abbattimenti il Ministero ha vigilato e vigila costantemente sia sullo svolgimento delle attività di contrasto all'abusivismo edilizio, che sulla finalizzazione delle relative e limitate disponibilità economiche, nelle aree di competenza di tutti gli Enti Parco nazionali, le Aree naturali protette e le Aree marine protette.
In particolare, per quanto concerne l'Ente Parco nazionale del Gargano si evidenzia che il Ministero dell'ambiente nel corso degli anni ha sollecitato in modo costante l'Ente, al fine di ottenere, da quest'ultimo, un quadro complessivo e puntuale degli abbattimenti e/o le acquisizioni dei manufatti abusivi e le remissioni in pristino dello Stato dei luoghi colpiti da abusivismo, supportato da un relativo quadro economico.
Solo recentemente l'Ente in questione ha fatto pervenire informazioni riguardo al fenomeno dell'abusivismo edilizio nel territorio di competenza.
Rispetto al quesito relativo ai piani di recupero, il Parco, con la nota n. 7471 del 14 novembre 2006 ha fatto presente che risulta approvato, nell'ambito del suo territorio, un solo piano di recupero sulla riqualificazione di una struttura turistica nel comune di Peschici.
Da recenti informazioni si apprende che detto piano è stato oggetto di una sospensiva da parte del Consiglio di Stato su ricorso di associazioni ambientaliste.
Per quanto riguarda, invece, la zona denominata «Torre Mileto» nel comune di Lesina, nel quale si trovano abusi edilizi risalenti a 30/40 anni fa, l'Ente Parco fa presente che, allo stato, è in fase di istruttoria un ulteriore piano di recupero, sul quale l'Ente non si è ancora pronunciato e, quindi, l'iter approvativo non è definito.
Relativamente allo stato dell'iter di approvazione del Piano del Parco nazionale ed ai tempi stimati per la sua conclusione, la Direzione per la protezione della Mura ha sollecitato più volte chiarimenti in merito all'esito delle complesse procedure iniziate dal Parco per definire obiettivi e tempi per gli abbattimenti.
Il Parco, con la richiamata nota n. 7471 del 14 novembre 2006, ha informato che, subito dopo l'insediamento della nuova amministrazione dell'Ente, nel 2004, è stato dato impulso al completamento della proceduta di approvazione dei tre strumenti di pianificazione previsti dalla legge 394 del 1991: Piano del Parco, regolamento e piano pluriennale economico e sociale. A tale scopo l'Ente parco si è valso anche di una collaborazione esterna, che nell'agosto del 2005 ha sottoposto all'attenzione degli organi del Parco la documentazione redatta relativa agli incarichi ricevuti.
I suddetti elaborati venivano fatti oggetto di studio da parte dell'Ente parco nel corso del 2006 e, successivamente, consegnati ai comuni per acquisire entro breve le loro osservazioni in merito.
A tale proposito il Parco ha fatto presente che sono in corso incontri con gli Enti locali per accelerare le procedure con le seguenti motivazioni:
in primo luogo, è possibile prendere direttamente in considerazione aspetti complessi connessi con la pianificazione e la gestione del Parco, uno tra i più grandi ed
antropizzati d'Italia, nel quale le esigenze di tutela e di conservazione della natura devono contemperarsi con quelle di sviluppo delle comunità locali;
in secondo luogo, si favorisce un'ampia partecipazione nella formazione di questi strumenti, che li rende ampiamente accettati e condivisi dalle popolazioni locali.
Sempre nella nota 7471 del 14 novembre 2006, il Parco del Gargano ha manifestato la ferma intenzione di completare l'iter amministrativo di approvazione entro il mese di gennaio 2007.
In merito alla notizia dei fondi che, sarebbero stati «rifiutati» dal Parco, si fa presente che il Parco del Gargano risulta assegnatario, da parte di questo Ministero, nel 2001 della somma di 322.785,56 euro e nel 2003 della somma di 500.000,00 euro, per un totale di euro complessivi 822.785,56 da destinare ad interventi di abbattimento/acquisizione dei manufatti abusivi e di remissione in pristino dello stato dei luoghi.
Nel corso del 2005, il Ministero ha provveduto ad interpellare tutti i Parchi nazionali, le Aree naturali protette e le Aree marine protette in merito alla necessità per il 2005 di fondi da destinare al contrasto dell'abusivismo edilizio.
In un primo momento, con nota del 25 febbraio 2005, n. 1328, il Parco del Gargano confermava di essere stato assegnatario per il 2003 della somma di 500.000 euro e, chiarendo che si trovava ancora in fase di redazione e predisposizione il programma per gli abbattimenti, con l'individuazione degli obiettivi, stimava una necessità economica della stessa entità anche per il 2005.
Il Parco informava, altresì, che alla data indicata, pur avendo richiesto ai comuni l'elenco delle istanze di condono edilizio per abusi rientranti in area Parco, non aveva ancora ricevuto da essi un riscontro puntuale.
A seguito delle note (sempre indirizzate a tutti gli Enti gestori delle Aree naturali protette) n. 11306 del 9 maggio 2005 e n. 13988 del 3 giugno 2005, il Parco in questione con la nota n. 5376 del 25 luglio 2005 chiariva:
1) che con i fondi ricevuti nel 2001 erano stati finanziati 15 abbattimenti nel 2002, la cui descrizione dettagliata veniva allegata alla nota stessa;
2) che per i nuovi abbattimenti, programmati con i fondi ricevuti nel 2003 (500.000 euro), l'Ente stava provvedendo ad individuare gli obiettivi attraverso una convenzione con una ditta specializzata per l'esecuzione dei lavori di abbattimento.
L'ente Parco, successivamente, con le note n. 5562 del 1o agosto 2005 e n. 6564 del 27 settembre 2005, ha fatto presente che, con l'entrata in vigore della legge sul cosiddetto condono edilizio" (n. 326 del 2004), era opportuno provvedere ad un nuovo capillare accertamento presso i comuni del Parco per individuare ulteriori obiettivi utili, e doveva procedere alla stipula di una nuova convenzione al fine di procedere alle demolizioni.
Considerata la situazione appena descritta, e le difficoltà incontrate nell'utilizzare il finanziamento già ricevuto, il Parco ha fatto presente, quindi, di non poter utilizzare nel 2005 l'ulteriore e previsto finanziamento di 500.000 euro di cui aveva, in un primo momento, fatto richiesta con la nota n. 1328 del 25 febbraio 2005 e precisava che avrebbe presentato, appena possibile, un programma di interventi con una specifica richiesta di fondi finalizzati.
Anche nel 2006, come nell'anno precedente, questo Ministero ha provveduto a inviare comunicazioni a tutti i Parchi nazionali, alle Aree naturali protette e alle Aree marine protette per aggiornare il quadro informativo in suo possesso sull'abusivismo edilizio e sulla necessità di fondi da destinare ad attività di abbattimento (nota 2710 del 31 gennaio 2006 di chiarimenti sulle disposizioni in materia di recupero in danno delle somme anticipate dagli Enti Parco; nota 5995 del 28 febbraio 2006 con ulteriori specificazioni su prevenzione, monitoraggio, e modalità di utilizzazione dei fondi; note di sollecito n. 17910 del 10 luglio 2006 e n. 25673 del 10 ottobre 2006).
In risposta a quest'ultimo sollecito, il Parco del Gargano inviava la nota n. 7228 del 3 novembre 2006 e n. 7471 del 14 novembre 2006 con le quali sintetizzava i procedimenti a cui era stato dato inizio a seguito delle sollecitazioni della Direzione per la protezione della natura, ed informava che stava completandosi il piano degli abbattimenti e la predisposizione del relativo bando di gara per l'attivazione della procedura di evidenza pubblica per la scelta del soggetto privato che avrebbe dovuto occuparsi degli abbattimenti.
Considerata la carenza di informazioni, sia da parte dell'Ente Parco che dei comuni all'interno dello stesso, finalizzate alla redazione del Piano per gli abbattimenti, è stato proposto al Parco del Gargano di coinvolgere l'Autorità di Governo interessata per superare le difficoltà segnalate.
A tal proposito il Parco, con nota n. 2904 del 20 aprile 2007, ha provveduto a redigere una nota finalizzata ad ottenere una convocazione dei comuni interessati, da parte dell'Autorità di Governo.
Sono state quindi richieste informazioni sugli sviluppi e sulle iniziative intraprese in merito dalla Prefettura, la quale con nota n. 378.12.b.7.Gab del 27 giugno 2007, informava di aver sollecitato i comuni interessati a fornire al Parco i dati necessari per la predisposizione del Piano in questione.
Anche per gli altri Enti parco, in assenza d'informazioni utili si è provveduto a sensibilizzare i Prefetti all'interno delle aree protette, la FederParchi, l'Anci, l'Uppi non solo per quanto riguarda gli abbattimenti di opere abusive, ma anche per sollecitare le richieste finalizzate a tali abbattimenti con l'utilizzo anche dei fondi previsti nella Finanziaria per il 2006.
Nelle more di quanto appena descritto, una volta terminato l'iter di monitoraggio delle richieste formulate dagli Enti interessati, si provvederà ad avviare le iniziative del caso per la finalizzazione concreta dei finanziamenti (attuazione del complesso iter amministrativo da parte degli Enti locali con l'approvazione di ordinanze di demolizioni e successiva fase di esecuzione delle stesse) e per l'eventuale, ove possibile, ricorso al recupero dei fondi attribuiti ad altre iniziative previste dalle norme in vigore sulla specifica materia.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
LOVELLI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le Associazioni dei pendolari della Provincia di Alessandria hanno manifestato ripetutamente motivi di disagio e di insoddisfazione per la qualità del servizio ferroviario sulle linee regionali ed interregionali prevalentemente utilizzate da pendolari verso le Regioni limitrofe in particolare lungo la linea Alessandria-Novi Ligure-Genova, Alessandria-Ovada-Genova, Alessandria-Tortona-Milano;
considerato che oltre alle segnalazioni in materia di pulizia, confort, sicurezza, viene in particolare sottolineata l'esigenza che con l'elaborazione del prossimo orario ferroviario, per la quale si è svolta la riunione del «Quadrante di Alessandria» il 15 marzo 2007, si ponga rimedio alle carenze riscontrate in alcune fasce orarie quali, ad esempio, per quanto riguarda la stazione di Novi Ligure, il «buco orario» tra le ore 8,49 e le 9,43, verso Genova, la cancellazione dell'ultimo treno notturno da Genova a Novi Ligure delle ore 0,15 particolarmente utile per i rapporti fra Novi e il capoluogo ligure, anche per le concomitanti problematiche dell'autostrada A7, con chiusura in direzione Novi Ligure dalle 22 alle 6 per lavori alla galleria di Bolzaneto;
viene altresì ventilata la possibilità della soppressione dell'Intercity Plus 517 con fermata a Novi Ligure penalizzando così le potenzialità di adeguamento della città verso Roma in particolare -:
se sia a conoscenza delle situazioni di disagio più volte denunciate dalla Associazione dei pendolari della Provincia di Alessandria e come ritenga di intervenire
per sollecitare Trenitalia a porre urgentemente rimedio;
come pensi di intervenire in particolare per garantire la copertura delle fasce orarie scoperte nella tratta fra Novi Ligure e Genova, e per rafforzare il ruolo della stazione ferroviaria di Novi Ligure anche in funzione dell'importanza economica della città e per favorire lo spostamento dalla gomma alla rotaia di un numero sempre crescente di pendolari, considerando che anche per il trasporto merci sono previsti importanti investimenti logistici in tutta l'area del basso alessandrino.
(4-03109)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone in evidenza alcuni collegamenti interessanti il bacino di Novi Ligure: si tratta di collegamenti che rientrano nel servizio regionale e in quanto tale regolato con contratto di servizio stipulato tra la Regione e Trenitalia spa, sia collegamenti effettuati dall'impresa ferroviaria in regime di autonomia commerciale e quindi non suscettibili di interferenza.
Dalle informazione acquisite da Ferrovie dello Stato spa, risulta che con le modifiche d'orario attuate dallo scorso 10 giugno, il treno Intercity 517, della linea Torino-Genova, che effettuava fermata a Novi Ligure alle 9.14, è stato anticipato nella partenza da Torino dalle 8.05 alle 6.35, sulla traccia oraria occupata nel 2006 dall'Intercity 507 Torino-Reggio Calabria; quest'ultimo, da dicembre 2006, é stato instradato via Piacenza-Bologna-Firenze anziché via Genova-Pisa.
Tale variazione, che non ha apportato decurtazioni di fermate, ha consentito invece una migliore copertura degli orari della fascia pendolare per la clientela della stazione di Novi Ligure, dove l'IC 517 effettua fermata alle ore 7,45.
A seguito della citata variazione d'orario, la clientela che intende proseguire verso Roma usufruisce della coincidenza a Genova Brignole dell'Intercity in partenza alle ore 11, arrivando nella predetta stazione con il treno Regionale 2161, in partenza da Novi Ligure alle 9.43.
Nell'atto ispettivo si fa riferimento anche a un «buco di orario tra le 8.49 e le 9.43 verso Genova»: su tale punto la società ferroviaria ha riferito che in quasi tutte le direttrici della regione Liguria, ma anche di altre regioni, occorre conciliare lo svolgimento del servizio con le interruzioni programmate per l'esecuzione dei lavori di manutenzione dell'infrastruttura. Questo è il motivo per cui, nel caso specifico nella fascia oraria tra le ore 9.00 e le ore 11.00, l'offerta è limitata ad un servizio ogni ora.
Inoltre, relativamente alla soppressione dell'ultimo treno notturno (Regionale 6100) in partenza da Genova Brignole alle ore 0.15, per Ferrovie dello Stato spa tale provvedimento, adottato nel dicembre 2005, si è reso necessario in considerazione del rilevante costo produttivo del servizio, rapportato ai dati di scarsa frequentazione rilevati, circa 25 viaggiatori medi/giorno, la maggior parte in area genovese servita, peraltro, anche dal trasporto pubblico urbano effettuato dalla AMT.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
MASCIA e DIOGUARDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in anni recenti, il Consiglio comunale di Caccamo è stato assoggettato più volte a scioglimento essendo stati riscontrati fenomeni di infiltrazione e condizionamento da parte della criminalità organizzata;
in diverse occasioni, tali provvedimenti sono stati ulteriormente prorogati in quanto, alla scadenza, le situazioni problematiche non risultavano ancora risolte;
ora il Comune non è più commissariato e vi si svolgeranno le prossime elezioni amministrative primaverili -:
quali siano i motivi e i presupposti che, alla scadenza dell'ultimo periodo di commissariamento, hanno fondato la
scelta di non prorogare ulteriormente tale fase di gestione straordinaria.
(4-02768)
Risposta. - Si ritiene, preliminarmente di dover rappresentare che, in data 13 e 14 maggio 2007, si sono regolarmente svolte le elezioni per il rinnovo dell'amministrazione del comune di Caccamo, in provincia di Palermo.
Per quanto riguarda le vicende oggetto dell'interrogazione, si fa presente che l'amministrazione comunale è stata sottoposta in due occasioni a provvedimento di rigore per acclarate forme di condizionamento della criminalità organizzata.
Il primo provvedimento di scioglimento ai sensi della normativa antimafia (allora contenuta nel decreto-legge n. 164 del 1991 convertito con modificazioni con legge n. 221 del 1991) è stato adottato con decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 1993.
Successivamente, nel 1999, la radicata presenza in quel territorio di forti interessi della criminalità mafiosa e le riscontrate interconnessioni tra quest'ultima ed il potere economico e politico locale hanno posto nuovamente in luce in modo inconfutabile fenomeni di condizionamento della libera determinazione dell'ente; da qui la decisione di procedere nuovamente al commissariamento ai sensi delle norme allora vigenti in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ora trasfuse nell'articolo 143 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 267/2000.
Tale scioglimento, adottato sulla base di specifiche risultanze investigative, è stato disposto con il decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1999 che ha contestualmente nominato la Commissione straordinaria per la provvisoria gestione dell'ente per la durata di diciotto mesi.
La gestione commissariale è stata prorogata in data 14 settembre 2000, per ulteriori sei mesi, sulla base di quanto disposto dal comma 3 del citato articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che in casi eccezionali prevede, infatti, una proroga della durata del decreto di scioglimento fino ad un massimo di ventiquattro mesi, quanti in effetti ne sono stati applicati al comune di Caccamo, raggiunti i quali la gestione commissariale ha avuto termine con le elezioni amministrative del 25 novembre 2001. La gestione provvisoria del comune è stata quindi disposta per il periodo massimo consentito dalle vigenti disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali.
Si soggiunge che, al pari di tutti gli altri enti interessati in passato da fenomeni d'infiltrazione mafiosa, il comune di Caccamo, così come del resto gli altri enti ricadenti in aree ad alto rischio criminale, è oggetto di una particolare attenzione da parte della prefettura e del ministero dell'interno al fine di promuovere gli eventuali, opportuni interventi a garanzia della legalità, dell'autonomia e della libera determinazione degli organi elettivi locali.
Si ricorda, che in Sicilia, in ragione dello statuto di autonomia speciale, il controllo ordinario sugli organi degli enti locali spetta alla stessa regione, eccezion fatta per le fattispecie di scioglimento per gravi motivi di ordine pubblico e per infiltrazioni mafiose, di competenza statale.
Ove, in questo ambito, dovessero emergere elementi indicativi di compromissione o condizionamento suffragati dai necessari requisiti di attualità, gravità e concretezza, non si mancherà ovviamente di procedere nei termini di legge anche nei confronti della nuova amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MAZZOCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe all'interrogante lo svolgimento di lavori di livellamento del terreno sito in zona sottostante Porta del Sole, via Giovanni Paolo II, località «Ex Stazione Vicinali» comune di Palestrina;
le modalità di esecuzione dei medesimi apparirebbero non conformi alle norme di tutela dell'ambiente, della staticità e della sicurezza;
consta all'interrogante che si riscontrerebbe l'assenza nel cantiere della apposita tabella da cui si evincono i responsabili della progettazione, della direzione dei lavori e del tecnico della sicurezza;
in particolare, ciò che preme all'interrogante è la questione relativa alla staticità dell'area ricavata dal livellamento del terreno e del muraglione sovrastante, tenuto conto che, in prossimità della base del medesimo, è stato effettuato uno scavo di circa quattro metri di profondità che lo ha visibilmente alleggerito;
tale presunta situazione risulta aggravata dal fatto che il cantiere risulta incustodito e privo di qualsiasi recinzione idonea a salvaguardare le persone che inavvertitamente si avvicinassero al medesimo -:
se, in considerazione dei pericoli per l'incolumità pubblica segnalati in premessa, non intenda richiedere al prefetto se sussistano i presupposti per l'attivazione dei poteri di intervento di cui all'articolo 54 del testo unico degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).
(4-02343)
Risposta. - Secondo quanto riferito dalla Prefettura di Roma, nel comune di Palestrina, nell'area denominata «ex Stazione Vicinali», sono in corso lavori di livellamento del terreno per la realizzazione di un parcheggio di scambio multipiano.
Il progetto, approvato con delibera della Giunta comunale nel 2005, per un importo di circa 2.114.000 euro, è stato parzialmente finanziato dalla regione Lazio, per 1.480.000 euro.
Sui terreni in questione è stata effettuata, in rapporto alla natura morfologica del sito, una verifica di stabilità con riguardo a possibili cedimenti a ridosso del muraglione sovrastante la zona interessata dei lavori, che ha evidenziato la stabilità dell'area.
L'Amministrazione comunale ha quindi avviato tutte le procedure necessarie alla realizzazione del parcheggio, contraendo un mutuo e carico del bilancio comunale, per la quota non finanziata dalla regione.
Pertanto, sulla base degli elementi conoscitivi acquisiti, non sembrano ricorrere i presupposti per l'esercizio da parte del Prefetto dei poteri di cui all'articolo 54 del testo unico per l'ordinamento degli enti locali che - per costante giurisprudenza - sono ammessi in presenza di una situazione di pericolo attuale e concreta, eccezionale ed imprevedibile (dunque non fronteggiabile con i mezzi ordinari), tale da richiedere un intervento amministrativo immediato.
Quanto all'asserita assenza nel cantiere della tabella contenente i nominativi dei responsabili della progettazione e della direzione dei lavori e di quello del tecnico della sicurezza, si ricorda che la gestione dei cantieri è affidata alle imprese appaltatrici, con la vigilanza degli enti appaltanti.
Sarà cura della Prefettura di Roma segnalare quanto sopra all'ente appaltante, per le iniziative di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MELLANO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria 2006 ha previsto lo stanziamento al Ministero delle Politiche agricole di cospicue risorse finanziarie per la «prosecuzione degli interventi infrastrutturali di cui all'articolo 141 della legge 23 dicembre 2000 n. 388»;
l'Associazione d'Irrigazione Ovest Sesia di Vercelli in Regione Piemonte ha predisposto i progetti cantierabili, trasmessi nell'aprile 2004 alla Regione Piemonte e al Ministero; i progetti risultano essere completamenti di opere già finanziate nella finanziaria del 2001 e, quindi risultano «prosecuzione di interventi infrastrutturali di cui all'articolo 141 comma 1 della legge 23 dicembre 2000 n. 388»;
i suddetti progetti sono stati esclusi dal riparto dei finanziamenti relativi alla programmazione nazionale per gli interventi nel settore idrico (allegato 3 delibera
CIPE n. 74/2005), malgrado possedessero sin dal 2004 i requisiti di cantierabilità previsti, come successivamente comprovato da una nota della Regione Piemonte del 24 ottobre 2005 n.8778/13.1;
tra i progetti vi era la ristrutturazione dello storico Canale Cavour nel tratto adiacente al sito nucleare di Saluggia, pertanto un intervento con una valenza superiore in termini di sicurezza idraulica del territorio;
la Regione Piemonte, tramite l'Assessore all'Agricoltura, con nota 22 febbraio 2006 prot. n. 1614/13 ha ufficializzato al Ministero la richiesta di inserire i progetti succitati, nonché altri nel frattempo divenuti cantierabili e definiti «di estremo interesse regionale», negli elenchi delle opere del Programma Irriguo Nazionale e di riprogrammare l'ordine di priorità degli interventi» compreso quelli presenti nell'allegato 4 delibera CIPE n.74/2005;
consta all'interrogante che sia in corso di realizzazione un meccanismo redistributivo di risorse finanziarie non utilizzate dai Consorzi di bonifica del settore meridionale del Paese;
i progetti mirano alla ristrutturazione di canali demaniali di proprietà della Regione Piemonte finalizzata alla loro messa in sicurezza, alla riduzione delle perdite d'acqua, nonché allo sfruttamento dei salti d'acqua per produzione idroelettrica, migliorando l'efficienza della rete principale e andando incontro alle necessità sempre crescenti di attuare un efficace risparmio idrico nelle pratiche irrigue;
l'OdG 9/1746-bis-B/32 (Mellano) impegna il Governo a destinare una parte dei fondi del Piano irriguo nazionale per favorire la necessaria ed urgente riconversione dei vecchi sistemi di irrigazione con tecniche irrigue moderne e tecnologicamente innovative che utilizzano minori quantitativi d'acqua -:
se corrisponda ad una concreta possibilità la redistribuzione dei fondi non utilizzati nell'area meridionale del Paese e quanto ammonta la cifra in avanzo;
per quali ragioni non si consenta alla Regione Piemonte, così come richiesto da questa, la riprogrammazione della priorità degli interventi su tutti i progetti realizzati dai consorzi piemontesi;
se non ritenga prioritario il finanziamento dei progetti dell'Associazione d'Irrigazione Ovest Sesia di Vercelli, almeno per quelli che per stessa ammissione della Regione Piemonte dovevano essere presenti nell'allegato 3 delibera CIPE n.74/2005, in modo da poter evitare, oltre al danno dell'esclusione iniziale, anche la possibilità di una nuova penalizzazione;
se i progetti per ora approvati siano rivolti ad una riduzione dell'utilizzo dell'acqua (ristrutturazione dei canali principali con diminuzione delle perdite e innovazione tecnologica in campo irriguo), o prevedano al contrario anche un ampliamento delle superfici irrigue, che avrà come diretta conseguenza un aumento dei consumi d'acqua nei prossimi anni.
(4-04034)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo cui si risponde, concernente il finanziamento dei progetti dell'Associazione di irrigazione Ovest Sesia di Vercelli, si fa presente, innanzi tutto, che il sistema Canale Cavour Vercellese è stato realizzato dal consorzio di bonifica Ovest Sesia-Baraggia con un finanziamento quindicennale di circa 8 milioni di euro, disposto ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera a) della legge n. 388 del 2000 e concesso direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Si precisa, altresì, che gli interventi prioritari, segnalati dalle Regioni nel corso dell'attività programmatica e posti a corredo del Piano irriguo nazionale, sono contenuti nell'allegato n. 3 della delibera n. 74 del 2005.
Nel predetto allegato sono stati inseriti tutti gli interventi segnalati dalla regione Piemonte e ritenuti inammissibili, in quanto rispondenti ai criteri stabiliti dalla legge n. 350 del 2003 e dalla Conferenza Stato-Regioni, al contrario, sono stati esclusi gli interventi ricadenti nell'ambito
territoriale del consorzio di bonifica Ovest Sesia, in quanto privi dei requisiti di ammissibilità.
Al riguardo, preme segnalare che i progetti approvati dalle delibere Cipe n. 74 del 2005 e n. 75 del 2006 ed inseriti nel Piano irriguo nazionale e nel programma di completamento rispondono pienamente ai criteri previsti da una buona pratica irrigua.
Attraverso gli stessi, infatti, potrà essere realizzata la riconversione dei vecchi impianti irrigui con tecniche moderne, tecnologicamente innovative ed in grado di utilizzare per l'irrigazione minori quantitativi di risorsa idrica, rispettando così le tendenze della nuova politica di risparmio idrico e le prescrizioni della Direttiva 60/2000/CE e prevenendo, per quanto possibile, le situazioni di emergenza idrica che negli ultimi anni hanno caratterizzato il settore irriguo.
Inoltre, sarà possibile realizzare il completamento, la razionalizzazione degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi sistemi irrigui con i quali garantire il massimo risparmio energetico nell'adduzione e distribuzione dell'acqua, la massima economicità di gestione, l'adozione di tecniche irrigue rispondenti a criteri di elasticità, legati a possibili cambiamenti tecnologici, e minor impatto ambientale.
Allo stato, al fine della immediata attuazione delle disposizioni della legge finanziaria per il 2007, i provvedimenti di spesa, per un importo complessivo pari a 770 milioni di euro, relativi alla realizzazione degli interventi del Piano irriguo nazionale ricadenti nelle aree del centro sono in parte perfezionati ed in parte in corso di registrazione presso l'Organo di controllo.
Per quanto riguarda gli interventi ricadenti nelle aree meridionali, approvati dalla delibera Cipe n. 74 del 2005, per un importo pari a 330 milioni di euro, il Commissario ad acta gestione ex Agensud è stato delegato ad adottare tutti i decreti di concessione degli interventi dei progetti esecutivi immediatamente cantierabili.
A riguardo, si fa presente che non è possibile attivare il meccanismo redistributivo delle risorse finanziarie attualmente non utilizzate dalle regioni meridionali, in quanto non sono disponibili ulteriori risorse rispetto a quelle assegnate.
Inoltre, considerati i pressanti problemi collegati ai cambiamenti climatici e la necessità di affrontare sul piano strutturale le esigenze dettate dagli stessi, l'Amministrazione ha avviato una programmazione di medio lungo termine volta ad individuare gli interventi nel settore dell'irrigazione e della bonifica che tengano conto della mutata situazione in ordine alle priorità ed allo stato di esecutività degli interventi acquisiti all'allegato n. 4 della delibera n. 74 del 2005.
Al riguardo, l'Amministrazione in un primo incontro con le regioni nel maggio scorso ha posto l'attenzione sulla necessità di aggiornare il quadro progettuale di riferimento del Piano irriguo nazionale, prevedendo nuovi interventi irrigui ritenuti prioritari rispetto alle mutate esigenze del contesto territoriale e climatico.
In particolare, la regione Piemonte, nell'ambito della attività programmatica, ha previsto le seguenti opere irrigue ricadenti nel comprensorio del consorzio di bonifica Ovest Sesia:
Ristrutturazione del Naviletto di Asigliano dell'importo di euro 13.000.000,00;
Ristrutturazione del Naviletto di Saluggia dell'importo di euro 4.000.000,00.
Di seguito, il 30 ottobre 2007, nell'ambito di un nuovo incontro tecnico, nel riconsegnare alle regioni gli elenchi dei progetti revisionati dal Mipaaf è stata posta l'attenzione sulla necessità di aggiornare le priorità degli interventi secondo le modalità previste dalle circolari n. 7486 del 2007 e n. 2072 del 2003.
Allo stato, l'Amministrazione attende l'aggiornamento delle liste dei progetti da parte delle regioni; aggiornamenti che costituiranno oggetto di discussione e confronto nell'ambito dei prossimi incontri tecnici.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MENIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere:
per quali motivi il Console italiano a Capodistria non abbia proceduto a deporre la tradizionale corona d'alloro ai Caduti italiani il 4 novembre 2007, posto che la cittadina di Capodistria ha donato all'Italia 5 Medaglie d'Oro (Nazario Sauro, Ugo Pizzarello, Nicolò Cobolli Gigli, Spartaco Schergat, Giorgio Cobolli) e che l'omaggio ai Caduti da parte della Rappresentanza Italiana si teneva a Capodistria anche sotto la Jugoslavia comunista e, dal 1964 ad oggi, non è mai accaduto che non sia avvenuta;
se si intenda sollecitamente riparare al fatto e se si voglia garantire che, dal prossimo anno, si torni a celebrare decorosamente il 4 novembre da parte del Consolato italiano di Capodistria.
(4-05547)
Risposta. - La ricorrenza del 4 novembre è sempre ricordata e celebrata dalle nostre Rappresentanze diplomatico-consolari in Slovenia. In particolare quest'anno si è proceduto all'organizzazione dei seguenti eventi:
Giovedì 1o novembre 2007 l'Addetto per la difesa dell'Ambasciata d'Italia a Lubiana si è recato con rappresentanti di altre Rappresentanze in loco al Cimitero militare della Prima guerra mondiale di Bobine per rendere omaggio alla croce di un caduto italiano colà sepolto.
Mercoledì 7 novembre l'Ambasciatore d'Italia a Lubiana, accompagnato dall'Addetto per la difesa, ha deposto una corona d'alloro alla stele eretta nel Cimitero, militare italiano di Zale (Lubiana).
Giovedì 8 novembre il Console generale a Capodistria si è recato presso i cimiteri di Capodistria, Isola e Pirano per commemorare i caduti e i defunti italiani, deponendo corone sulle tombe tra cui quelle delle famiglie Sauro e Cobolli Gigli.
Sabato 10 novembre l'Addetto per la difesa dell'Ambasciata d'Italia a Lubiana si è recato sul Monte Nero insieme con il Ministro della difesa sloveno dottor Erjavec e ad altri Addetti militari accreditati a Lubiana per una commemorazione dei caduti della Prima guerra mondiale.
Per quanto concerne la scelta del Consolato generale di Capodistria di tenere le celebrazioni il giorno 8 novembre, anziché il 4, essa è stata dettata da motivi contingenti e comunque concordata con le associazioni italiane interessate.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
MIGLIORI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risultano bloccati i lavori per la realizzazione in Firenze della nuova Scuola Sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri;
a quanto risulta all'interrogante, le ragioni di tale impasse vanno ricercate in una querelle tra la ditta aggiudicatrice dei lavori ed il Ministero della difesa;
tali ritardi sono preoccupanti sia per il lievitare della spesa complessiva dell'opera sia perché risultano ancora incerte le future collocazioni in merito sia quelle delle aree da dismettere nella zona di Santa Maria Novella -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per definire celermente il proseguimento dei lavori per la realizzazione in Firenze della Scuola Sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
(4-05249)
Risposta. - L'atto in discussione prende in esame la questione riguardante la realizzazione, nella sede di Firenze, della nuova scuola sottufficiali dell'Arma dei carabinieri e, in particolare, mira ad appurare le motivazioni che hanno comportato una momentanea interruzione nell'esecuzione dei relativi lavori.
La costruenda nuova sede della scuola marescialli e brigadieri finanziata con i fondi del Ministero dell'interno per il potenziamento infrastrutturale delle forze di polizia (legge n. 217 del 1992) - è stata appaltata dal ministero delle infrastrutture all'A.T.I.
BALDASSINI - Tognozzi S.p.A. che, di fatto, ha avviato i lavori nel marzo 2004.
Successivamente, la ditta appaltatrice ha avanzato una richiesta di variante dei coefficienti di resistenza antisismica - previsti nel piano dell'opera - al dicastero delle, infrasfrutture che, nel rilevare come il complesso fosse stato già progettato secondo quanto previsto dalla normativa in materia di resistenza antisismica, non ha ritenuto necessario innalzare tali coefficienti, in quanto ciò avrebbe comportato degli oneri maggiori, oltre che un prolungamento dei tempi di consegna.
Sulla base di tali considerazioni, il Dicastero in questione ha respinto la proposta della società costruttrice che ha, di conseguenza, rallentato l'attività in corso.
Pertanto, su iniziativa della, stazione appaltante, è stata attivata la procedura di esecuzione in danno, confortata, peraltro, dal parere favorevole - reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici - sulla correttezza della scelta progettuale - che si è conclusa, in data 3 agosto 2006, con l'affidamento della commessa alla ditta ASTALDI SpA aggiudicataria della nuova gara d'appalto.
Esperita, quindi, la procedura di sfratto nei confronti dell'impresa inadempiente, che continuava ad occupare indebitamente l'area del cantiere, i lavori sono ripresi in data 28 agosto 2006.
Per quanto riguarda, invece, la prospettata dismissione dell'attuale sede di S. Maria Novella, l'accordo di programma - stipulato in data 30 marzo 1999, tra Regione, enti locali, Ministero delle infrastrutture e comando generale dell'Arma dei carabinieri - prevede che l'immobile in questione venga consegnato al comune di Firenze, non appena sarà disponibile la nuova sede.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
appare probabile, secondo ricerche i cui esiti sono stati pubblicati sulla stampa recentemente, la riduzione drastica degli incentivi comunitari alla produzione del tabacco;
in particolare il primo anno applicativo della nuova direttiva comunitaria in materia ha provocato una diminuzione del 18 per cento nella coltivazione di varietà Kentucky tanto che la produzione è scesa a 3.453 tonnellate mentre le superfici a tabacco coltivate in Italia sono ulteriormente calate tanto che la produzione generale è oggi di 96.000 tonnellate inferiore del 41 per cento a quella registrata nel 1997;
risulta probabile, a partire dai prossimi anni, l'abbandono progressivo in misura sempre maggiore della produzione di tabacco ed in particolare risulterebbe non remunerativa la produzione di tabacco Kentucky, la cui presenza è particolarmente significativa in Toscana;
le manifatture per la realizzazione del celebre sigaro toscano, che rappresentano una tradizione economica e culturale della Regione toscana sarebbero poste in una situazione di grave crisi -:
quali iniziative urgenti in merito, anche a fini occupazionali, si intendano assumere nei confronti dell'Unione europea.
(4-05296)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente alcune problematiche inerenti al settore del tabacco, si evidenzia che la riforma del settore, approvata con il regolamento (CE) n. 864 del 2004 di modifica del regolamento (CE) n. 1782 del 2003, prevede per il periodo transitorio dal 2006-2009 anche per il settore del tabacco un sostegno alla produzione (parte accoppiata dell'aiuto).
Il Mipaaf, proprio in considerazione della specificità della coltivazione della varietà Kentucky e degli elevati costi di produzione della stessa, ha fissato per i raccolti 2006 e 2007 un aiuto accoppiato indicativo tra i più elevati rispetto agli altri gruppi varietali, in linea con il livello del premio previsto nella precedente riforma OCM, terminata con il raccolto 2005.
Il regolamento ha previsto, altresì, un meccanismo di ripartizione dell'aiuto che consente di distribuire a fine campagna le risorse residue del plafond assegnato, qualora la produzione di tabacco sia stata inferiore a quella sostenibile con tali risorse.
Pertanto, a fine raccolto 2006, per la varietà Kentucky è stato fissato un aiuto definitivo proporzionalmente più elevato.
In generale, la possibilità di mantenere la parte accoppiata dell'aiuto si ritiene possa essere una condizione imprescindibile per la sopravvivenza della produzione tabacchicola italiana e, di conseguenza, dell'attuale assetto dell'intera filiera, ivi comprese le imprese di prima trasformazione del tabacco greggio e la manifattura del sigaro toscano.
Quanto ai risvolti occupazionali, l'Amministrazione, da sempre consapevole della importanza della tutela dei livelli occupazionali nel settore tabacchicolo come in tutti i settori della nostra agricoltura, ha rappresentato nelle sedi opportune la necessità di ottenere un consolidamento dei risultati raggiunti negli anni.
In tal senso, al fine di ottenere in sede comunitaria la proroga del regime dell'aiuto accoppiato fino al 2013, è stata elaborata una strategia in analogia con altri settori precedentemente riformati.
In questa fase, il Governo italiano, nell'assumere il ruolo di capofila delle istanze europee per il settore, sta operando per un coinvolgimento anche degli altri Paesi membri produttori in azioni comuni volte ad ottenere dalla Commissaria all'agricoltura Mariann Fischer Boel la proposta di regolamento contenente la proroga auspicata.
Infine, considerata la rilevanza del settore per l'economia del nostro Paese e l'importanza che l'Amministrazione attribuisce alla filiera tabacchicola, si assicura che, nell'ambito di tutte le iniziative nazionali e comunitarie e dello stesso negoziato, sarà riservata particolare attenzione alle problematiche rappresentate.
Pur tuttavia, non si può dimenticare di evidenziare che il negoziato sarà estremamente difficile, attesa l'ostilità di molti Paesi membri non produttori nei confronti del sostegno ad un prodotto ritenuto dannoso per la salute.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MORRONE. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'ANAS è il principale soggetto di riferimento per il sistema stradale italiano, gestore della rete stradale e autostradale italiana di interesse nazionale;
ogni anno, lungo le maggiori arterie d'Italia e lungo i tratti autostradali vengono aperti cantieri ANAS al fine di adeguare la struttura viaria agli standars e alle prescrizioni dettate in tema di sicurezza;
in particolare, proprio al fine di rendere maggiormente sicura la circolazione degli utenti, lunghi tratti dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria sono soggetti ad interventi di manutenzione mentre altri sono stati sostituiti da nuovi percorsi molti dei quali ancora in costruzione;
le opere suddette, data l'estensione dei tragitti e la morfologia dei territori sui quali gli stessi insistono, comportano l'utilizzo di ingenti risorse, tra cui numerosa manodopera;
spesso la manodopera impiegata nei cantieri risulta insufficiente rispetto alla mole di lavoro da espletare, incidendo tale circostanza sulla qualità delle opere viarie e sui tempi di realizzazione delle stesse spropositatamente dilatati;
la chiusura dei tratti autostradali interessati dall'ammodernamento si ripercuote negativamente sulla circolazione, con rallentamento del traffico in prossimità degli imbocchi delle deviazioni e formazioni di code soprattutto durante il periodo di esodo estivo e durante le festività;
una meglio organizzata gestione delle risorse umane con abbassamento dei tassi di turnover, nonché il potenziamento della
manodopera da utilizzare comporterebbero una riduzione significativa dei tempi di realizzazione dei lavori e degli innumerevoli disagi provocati alla circolazione, oltre ad una più elevata qualità del prodotto finale -:
se i Ministri interpellati non intendano attivarsi, predisponendo all'uopo i relativi interventi, affinché siano garantite maggiore celerità nell'ultimazione dei lavori interessanti infrastrutture viarie e più elevata qualità delle opere realizzate.
(4-04685)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, delegata a questo Ministero in data 16 novembre 2007, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Allo stato attuale i lavori di ammodernamento e di adeguamento dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria si sviluppano su circa 100 km; le maestranze impegnate nella loro esecuzione assommano a circa 3000 unità con una densità di ben 30 operai per chilometro.
Per una attenta conduzione dei lavori, Anas si interfaccia con continuità anche con le organizzazioni di rappresentanza delle categorie, con particolare attenzione ai problemi dell'occupazione dell'organizzazione della forza lavoro, della struttura dei cantieri, della sicurezza e dell'igiene.
Laddove le condizioni di sicurezza e la tecnica costruttiva lo consentono, e quindi in accordo con le organizzazioni sindacali locali, i lavori già proseguono in più turni.
È opportuno, nel merito, distinguere le attività «in sotterraneo» da quelle «all'aperto».
I lavori «in sotterraneo», pur se non facilmente individuabili dall'utenza autostradale generalmente interessano tratte in «variante», ossia esterne al tracciato autostradale esistente e vengono sempre eseguiti su due, tre ed anche quattro turni. Tali lavori condizionano maggiormente i tempi dell'appalto in quanto richiedono una maggiore durata.
I lavori «all'aperto» vengono organizzati su più turni ma con maggiori limitazioni imposte da vincoli di compatibilità con i tempi complessivi dell'appalto e di resa tecnica dell'esecuzione. Alcune lavorazioni, infatti, non possono essere efficacemente eseguite nelle ore notturne per esigenze tecniche, di controllo e sicurezza.
In ogni caso, i lavori «all'aperto» accompagnano, in genere, quelli «in sotterraneo» nei tempi di realizzazione dell'appalto.
In conclusione Anas sottolinea che l'esecuzione dei lavori di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, proprio in considerazione dell'importanza che tale arteria riveste e dell'impatto sul territorio, viene condotta con la massima attenzione alla riduzione dei tempi di realizzazione, spingendo le turnazioni fino ai limiti consentiti dalla legge.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
OLIVA, NERI e RAO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'attuale Governo ha sostenuto tenacemente, andando contro le forti istanze del territorio, l'idea che alla costruzione del ponte di Messina dovesse essere anteposta la realizzazione di altre infrastrutture;
con l'articolo 2, commi 92 e 93, del decreto-legge n. 262 del 3 ottobre 2006, convertito dalla legge n. 286 del 24 novembre 2006, è stato disposto che le risorse un tempo destinate al ponte sullo stretto venissero utilizzate per «Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria» rispettivamente nella misura del 70 e del 30 per cento;
contraddicendo da subito questo intendimento, con la legge finanziaria 2007 è stato previsto che fondi «riservati» alle regioni Sicilia e Calabria venissero utilizzati per la realizzazione di opere infrastrutturali in altre regioni;
allo stato non è dato conoscere quali siano i primi passi che il Ministro interrogato ha avviato per l'utilizzo dei fondi destinati alle due regioni interessate;
l'impresa che sta effettuando i lavori dell'autostrada Catania-Siracusa ha annunciato la sospensione dei lavori a causa dei ritardi nei pagamenti da parte dell'ANAS;
pur essendo stati ultimati da tempo i lavori del tratto autostradale Cassibile-Rosolini, quest'ultimo non è stato ancora reso fruibile alla circolazione stradale perchè sembrerebbe mancante la segnaletica -:
quali atti siano stati compiuti relativamente all'iter procedurale previsto per l'utilizzo dei fondi un tempo destinati alla realizzazione del ponte di Messina e, nell'attesa che questi fondi siano utilmente impiegati, quali azioni concrete ed immediate il Ministro interrogato ha intenzione di porre in essere affinché le opere infrastrutturali gia complete siano rese fruibili e i lavori delle opere ancora da ultimare non debbano essere sospesi.
(4-02936)
Risposta. - L'articolo 2, comma 92, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito nella legge 24 novembre 2006, n. 286, come modificato ai sensi dell'articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ha previsto che le risorse finanziarie inerenti agli impegni assunti da Fintecna SpA nei confronti di Stretto di Messina Spa al fine della realizzazione del collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente una volta trasferite ad altra società controllata dallo Stato le azioni di Stretto di Messina Spa possedute da Fintecna Spa siano attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze ed iscritte, previo versamento in entrata, in due distinti capitoli di spesa del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, denominati, rispettivamente, «Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia o in Calabria» e «Interventi di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria».
Lo stesso articolo 2 del richiamato decreto-legge n. 286 del 2006, ha disposto, inoltre, al comma 93, come modificato dal citato articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che le risorse di cui al comma 92, nel rispetto del principio di addizionalità, siano assegnate per il 90 per cento alla realizzazione di opere infrastrutturali e per il 10 per cento ad interventi a tutela dell'ambiente e della difesa del suolo e che le stesse vengano destinate, per il 70 per cento, ad interventi nella regione Sicilia e, per la restante parte, ad interventi nella regione Calabria.
In attuazione di quanto sancito dalle predette disposizioni legislative, le modalità di utilizzo delle predette risorse dovranno essere stabilite, per la parte relativa agli interventi infrastrutturali con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Sicilia e Calabria, e, per la parte relativa agli interventi in materia ambientale, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Sicilia e Calabria.
In data 4 ottobre 2007, sono stati quindi conclusi tra questo Ministero e le Regioni Sicilia e Calabria gli accordi preliminari finalizzati all'individuazione e selezione degli interventi infrastrutturali prioritari ricadenti nel territorio delle due Regioni, da finanziare a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (fondi Fintecna).
Con i predetti accordi, sono stati individuati per la Regione Sicilia:
1. area metropolitana di Palermo: linea della metropolitana leggera di Palermo - 1o stralcio funzionale.
2. area metropolitana di Catania: ferrovia Circumetnea-tratta urbana con funzione di metropolitana - 2o lotto funzionale Stesicoro-aeroporto.
3. area metropolitana di Messina: completamento piattaforma logistica intermodale
con annesso scalo portuale e relativi assi viari, ivi compreso l'approdo esistente presso il villaggio Tremestieri, e nodo di interscambio per l'accesso delle reti viarie.
4. 2o lotto Agrigento-Caltanisetta - A19. Tratto dal km 74.
Con riferimento e questo ultimo intervento, in sede di accordo, le parti hanno altresì convenuto che quanto concordato resta valido a condizione che la Regione siciliana completi il finanziamento del 2o lotto di cui punto 4. a valere sui fondi FAS assegnati alla Regione medesima, di cui per non meno di 300 milioni di euro sui fondi FAS 2006.
Per quanto riguarda la regione Calabria sono stati individuati:
1. opere di efficientamento dei sistema degli attracchi a Villa San Giovanni e di adeguamento del sistema viario cittadino;
2. strada statale 106 Jonica - Lavori del megalotto n. 3 (Sibari-Roseto);
3. strada statale 106 Jonica - Progettazione del megalotto n. 9 (Crotone-Cariati);
4. strada statale 106 Jonica - Progettazione del megalotto n. 12 (tangenziale di Reggio Calabria).
In merito allo stato dei lavori riguardanti l'autostrada Siracusa-Gela l'Anas fa conoscere quanto segue:
1. Riqualificazione del tratto Siracusa-Cassibile, già in esercizio: installazione di barriere e pavimentazione; l'approvazione del progetto esecutivo è in corso;
2. lotti 6,7,8 (da Rosolini a Modica): i progetti sono stati approvati.
3. lotto 9 (fino a Scicli): il progetto è in corso di approvazione.
Sono, altresì, in via di ultimazione i seguenti due interventi per i quali i lavori principali, relativi alle opere civili, sono stati ultimati e sono in fase di completamento le opere impiantistiche correlato, oggetto di distinto appalto.
1. tratta Noto-Rosolini di cui si prevede l'apertura al traffico entro giugno 2008;
2. tratta Cassibile-Noto della quale si prevede l'apertura a breve, subordinatanterte all'esecuzione di opere impiantistiche provvisorie. La decisione di apporre sull'arteria una segnaletica e un'illuminazione di tipo provvisorio è stata assunta al fine di accelerare i tempi per l'apertura al traffico. Il tratto, dell'estesa di km 14, sarà fruibile temporaneamente senza pedaggio, in attesa della costruzione dei caselli autostradali.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il lago d'Idro che rientra nel novero dei grandi laghi alpini, rappresenta un'importante bene ambientale e demaniale ed è stato designato «sito di importanza comunitaria» entrando a far parte della rete europea Natura 2000;
il lago d'Idro è un invaso naturale la cui regolazione dei deflussi viene controllata da un sistema di opere costituito da una diga e da due gallerie, ma da anni si trova a livelli insufficienti del livello dell'acqua tali da compromettere la salute della flora e della fauna;
gli usi della risorsa idrica sono essenzialmente irrigue ed industriali e negli ultimi tempi le acque del lago vengono dichiarate dalla asl competente per territorio, non balneabili a causa dell'alto tasso di inquinamento ambientale e dell'acuta eutrofizzazione dovuta alla scarsa profondità;
nel 2001 la competenza per il rilascio della concessione della gestione del lago d'Idro è stata affidata alla regione Lombardia che ha emanato un regolamento provvisorio ed ha rinnovato di anno in
anno la concessione a vari soggetti finché il 22 settembre 2004, ha aperto presso il Comune di Idro l'istruttoria per la gestione delle acque del lago;
sembra sia stata prospettata un'opera per la messa in sicurezza delle popolazioni lacustri della «terza galleria di svaso del lago» per la quale è prevista una spesa di danaro pubblico di 32 milioni di euro;
si è appositamente costituita una associazione strutturata sulla base di una assemblea permanente e paritetica di venti delegati per organizzare una energica azione di difesa del paesaggio;
tale compagine sociale rappresenta, il coordinamento delle cinque pro loco del lago d'Idro e riunisce tutte le associazioni pro loco esistenti nei quattro Comuni del lago stesso, ufficialmente riconosciute;
il coordinamento delle pro loco del lago d'Idro ha mosso un'azione legale di ampio raggio rivolta al Governo, alla regione Lombardia, alla provincia di Brescia e alla provincia di Trento;
il 16 giugno 2006, il Tar del Lazio a accolto il ricorso del coordinamento pro loco del lago d'Idro ordinando al ministero di consentire l'accesso agli atti del ministero delle infrastrutture;
appare necessario individuare una autorità che costituisca il nuovo Ente gestore dell'importante Ente ambientale rappresentato dal lago d'Idro che dovrebbe essere un Ente eterogeneo, rappresentato in modo equilibrato da tutti i soggetti interessati -:
se il Governo non ritenga di dover intervenire affinchè si assicuri il raccordo tra la Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia per la propria competenza e responsabilità con lo Stato e con gli uffici competenti per arrivare ad una regolamentazione dell'utilizzo del lago d'Idro che rispetti le esigenze paesaggistiche e le necessità delle popolazioni interessate;
come intenda procedere perché siano adottate le misure idonee a salvaguardare l'equilibrio idrologico del lago d'Idro fissandone le quote minima e massima, rispettivamente a 380,0 mslm ed a 369,0 mslm.
(4-00954)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, vengono poste in evidenza le problematiche afferenti la regolazione artificiale del lago d'Idro, in merito si rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che il lago d'Idro è stato oggetto di riduzione a serbatoio regolato mediante una concessione di regolazione, rilasciata nel 1917 e scaduta nel 1987. La citata concessione aveva lo scopo, mediante la realizzazione e l'esercizio di apposite opere (diga e galleria di scarico), di trattenere e rilasciare, mediante la regolazione artificiale dei livelli eseguita secondo le regole stabilite nella concessione, maggiori volumi d'acqua, le cosiddette «acque nuove», da utilizzarsi nelle derivazioni (irrigue ed idroelettriche) già esistenti e distribuite lungo l'intero corso del fiume Chiese, sublacuale decine di chilometri a valle del lago d'Idro.
Nonostante le attuali opere di regolazione siano ubicate nel territorio della regione Lombardia, il lago d'Idro è rivierasco anche della Provincia Autonoma di Trento e, pertanto, la concessione in argomento deve essere rilasciata d'intesa tra le due Amministrazioni.
Nelle more dell'affidamento della concessione, la regolazione è esercitata dalla regione Lombardia tramite un Commissario regolatore di nomina regionale, sulla base di una regola provvisoria del marzo 2001 e discendente da una sperimentazione realizzata nel periodo 1993-2001.
La direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente, interessata alle problematiche relative al lago d'Idro, ha promosso il confronto tra le amministrazioni statali e territoriali per approfondire le diverse problematiche e per cercare una giusta ed appropriata soluzione delle stesse. A tal fine, sono stati organizzati appositi incontri con i soggetti interessati per l'esame delle problematiche da ciascuno segnalate e la composizione dei contrapposti interessi.
In considerazione della stretta interconnessione tra la porzione trentina del bacino del fiume Chiese e del lago d'Idro e la porzione lombarda del medesimo lago e del fiume nel tratto sub lacuale, si è pervenuto da parte delle due amministrazioni, il 14 dicembre 2006, alla sottoscrizione di uno specifico accordo al fine di armonizzare le azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese, nonché per disciplinare le modalità amministrative connesse all'esercizio delle funzioni concessorie relative alle utilizzazioni praticate con le acque del bacino di interesse, ivi compreso il lago, e con trasferimento al quadro ambientale, paesaggistico e di fruizione turistica.
In tale accordo sono definite le modalità di espressione dei pareri e delle intese di rispettiva competenza per affrontare e addivenire, tra l'altro, ad una soluzione definitiva della concessione di regolazione del lago, anche in relazione agli aspetti paesaggistici ed ambientali, compresi quelli relativi al SIG «Lago d'Idro».
Infatti, a seguito dei risultati negativi delle verifiche effettuate su dette opere da una apposita Commissione di collaudo, il Registro italiano dighe (Rid), come atto dovuto per motivi di prevenzione di salute e sicurezza pubblica, ha imposto la limitazione dell'invaso del lago d'Idro.
Sulla base degli aggiornamenti forniti dalla regione Lombardia, risulta che sono state espletate le procedure di affidamento della progettazione preliminare delle nuove opere comprensive dell'esecuzione delle indagini geologiche e geotecniche finanziate dalla regione, da parte del Consorzio del Chiese di bonifica di 2o grado, già affidatario dell'esecuzione di opere di consolidamento e manutenzione della vecchia diga e galleria.
In sede di progettazione delle nuove opere sarà predisposto, secondo la vigente normativa che recepisce le direttive comunitarie in materia, lo studio di impatto ambientale comprensivo dello studio di incidenza.
Il livello del lago d'Idro non dipende soltanto dalla gestione della concessione di regolazione o derivazione delle risorse idriche, ma anche da persistenti necessità di sicurezza pubblica, determinate dalla potenziale minaccia di una paleofrana, all'incolumità delle popolazioni rivierasche che rende parzialmente inutilizzabili le esistenti opere di regolazione.
A seguito dell'accordo per l'armonizzazione delle azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro del fiume Chiese intercorso tra la regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento. L'Enel, per esigenze di manutenzione, ha messo fuori servizio la propria galleria di derivazione.
In considerazione di ciò ed al fine di permettere il graduale riempimento del lago e lo sfioro naturale della traversa di Idro, la regione Lombardia aveva dato indicazioni al Commissario regolatore di limitare, in concomitanza della messa fuori esercizio della galleria di derivazione, le erogazioni dal lago al minimo previsto dalla regola (10 mc/s). Tuttavia, a causa dei ridotti afflussi al lago (inferiori alle serie storiche) il livello del lago al momento della chiusura della galleria, si trovava al di sotto della quota di sfioro di 367,00 sopra il livello del mare (79 cm).
Con la messa fuori servizio della galleria di derivazione Enel ed in considerazione dei bassi livelli che ancora permanevano nel lago, il Commissario regolatore, ha disposto che venisse mantenuta l'erogazione della minima portata (10 mc/s) attraverso la «galleria degli agricoltori».
Tale situazione ha provocato un ennesimo esposto alla Procura della Repubblica di Brescia da parte del «Coordinamento delle Pro loco» che contestava la scelta di far defluire l'acqua nel fiume Chiese attraverso la «galleria degli agricoltori», piuttosto che invasarla nel lago e poi farla defluire tramite la traversa nel fiume Chiese.
Al fine di raggiungere più rapidamente la quota naturale di sfioro di 367,00 sopra il livello del mare l'11 gennaio 2007, si è tenuto, presso la Prefettura di Brescia, un incontro nel corso del quale si è concordato di ridurre ulteriormente e temporaneamente l'erogazione dal lago al fiume Chiese, attraverso la «galleria degli agricoltori». Pertanto, in deroga alla regola di gestione,
con decreto direttoriale 22 gennaio 2007, la regione Lombardia ha disposto la riduzione temporanea della portata da erogarsi dal lago a 7 mc/s, in seguito ridotta ulteriormente a 3,3 mc/s (valore del minimo deflusso vitale sul fiume Chiese a Gavardo), fino al raggiungimento della quota di sfioro presso la traversa di Idro.
Una volta raggiunta la quota di sfioro, la «galleria degli agricoltori» sarebbe stata chiusa ed il lago esercito a deflusso naturale con portate di deflusso corrispondente agli afflussi naturali al lago, fino alla riapertura della galleria di derivazione Enel.
Successivamente, con nota del 7 febbraio 2007, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha invitato gli enti coinvolti nella gestione del lago d'Idro ad assicurare il minimo deflusso vitale del fiume Chiese attraverso lo sfioro delle portate effluenti dal lago tramite la traversa d'Idro, impedendo la riduzione del livello del lago al di sotto del limite di 367,00 metri sopra il livello del mare.
Il Consiglio provinciale di Brescia con delibera n. 11 del 30 marzo 2007, in ottemperanza al documento di intesa del 10 novembre 2006, ha approvato il documento «Pianificazione di emergenza, provinciale per il rischio idrogeologico e idraulico del lago d'Idro - stralcio del Piano di emergenza provinciale».
Nella stessa data il comune di Idro con ordinanza n. 1629 ingiungeva e ordinava alla ditta Enel SpA di non togliere, non asportare e non rimuovere il materiale ghiaioso, ciottoloso (detto «tura») depositato tra il canale di derivazione Enel ed il lago di Idro. Ordinanze di pari contenuto sono state in seguito emesse anche dai comuni rivieraschi Anfo e Bagolino.
Lo stesso comune con successiva ordinanza diffidava ed ingiungeva all'Enel produzione SpA di installare adeguati strumenti di misura in prossimità della derivazione, di trasmettere i dati completi di misurazione delle acque e di attivare tutte le misure necessarie al rispetto sia del minimo deflusso vitale che della salvaguardia del Lago.
La Comunità montana Valle Sabbia, in merito all'esigenza di mantenere il minimo deflusso vitale e, pertanto, la quota del lago al di sopra di 367,00 metri sul livello del mare anche successivamente alla riapertura del canale di derivazione dell'Enel, si dichiarava intenzionata a realizzare a spese proprie una soglia che innalzasse la quota di presa del canale, limitandone, in tal modo, la possibilità di utilizzo.
Il 4 aprile il Registro italiano dighe comunicava le modifiche alla limitazione di invaso, definendo la nuova quota di esercizio ordinario a 368,50 metri sopra il livello del mare la nuova quota di 369,00 metri sopra il livello del mare, raggiungibile in caso di eventi eccezionali. Successivamente lo stesso Rid esprimeva parere negativo sul progetto della proposta opera di sbarramento fisso a quota 367,50 - 368,00, nell'opera di presa del lago dell'impianto idroelettrico di Vobarno.
Al fine di pervenire ad una soluzione condivisa delle problematiche avanzate da soggetti portatori di diversi interessi, il 23 maggio 2007, presso la Prefettura di Brescia, alla presenza del Prefetto e delle amministrazioni interessate, è stato sottoscritto un protocollo di intesa per mezzo del quale:
sono state revocate le ordinanze del comune di Idro e quelle dei comuni di Anfo e Bagolino;
l'Enel si è impegnata ad:
erogare attraverso la produzione della centrale di Storo, al fine di sostenere la quota di 367,2 metri sopra il livello del mare limitatamente alla stagione irrigua 2007;
essere disponibile, nel caso di conclamata emergenza idrica, ad erogare ulteriori volumi d'acqua, fino ad un massimo di 5 ML mc;
avviare, a partire dal 24 maggio 2007, le operazioni di rimozione dell'opera provvisionale detta «tura».
Le amministrazioni comunali si sono impegnate ad attivare gli interventi di pulitura
e di ripristino della funzionalità del breve tratto di alveo compreso tra la traversa naturale e l'incile naturale del lago, per garantire il mantenimento del deflusso minimo vitale alle quote minime.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CAMILLO PIAZZA, LION, FRANCESCATO, FUNDARÒ, POLETTI, TREPICCIONE e CASSOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
un'assurda ed inaccettabile vicissitudine sta dispiegandosi presso una delle più belle ed irripetibili amenità ambientali del nostro Paese, vale a dire il Lago di Idro;
nella più completa e censurabile inerzia delle massime istituzioni nazionali, segnatamente lo Stato per il tramite delle proprie amministrazioni e autorità competenti, da più di quattro generazioni, ma soprattutto negli ultimi dieci anni, si sta permettendo che il Lago di Idro scivoli inarrestabilmente verso un'irrecuperabile stato di rovina, se non addirittura verso la propria morte;
le popolazioni che insistono sul territorio del Lago di Idro, giunte, ad un punto di non ritorno di sopportazione e frustrazione, hanno intrapreso forme diversificate e ripetute di segnalazione e di denuncia, ma i risultati effettivi sono stati vani, pur se recepiti dalle parti cui erano rivolte;
soggetti pubblici o enti privati con funzioni pubbliche, con il malcelato ma efficace intento di sviare le rivendicazioni dei denuncianti verso obiettivi strumentali, verso false cause, nonché verso responsabilità improprie, hanno raggiunto lo scopo di innescare un conflitto tra poveri, tra popolazioni del Lago d'Idro ed agricoltori di zone lontanissime da esse, così potendo continuare indisturbati ad adottare misure e a realizzare interventi di sfruttamento economico delle risorse idriche del Lago che lo stanno conducendo alla morte e che altrimenti, utilizzando modi giusti e condivisi dell'uso delle stesse acque, potrebbero garantire senza danno l'esercizio delle attività economiche che oggi si ottengono con l'abuso e contemporaneamente non metterebbero in pericolo gli equilibri socio-ambientali del lago stesso;
ad oggi, basandosi su disposizioni ed atti amministrativi di cui andrebbe verificata la correttezza ed il potere applicativo dal momento che sembra assai incerto che essi rispondano a fonti di principio che li autorizzino e che giustifichino il loro contenuto e gli effetti della loro esecuzione, lo stato dei fatti evidenzia uno scenario allarmante in cui predomina l'impotenza ad opporsi alla realizzazione d'interventi lesivi che danneggiano l'equilibrio ambientale e l'integrità del territorio del lago di Idro;
in realtà, grazie al puntiglioso e articolato lavoro svolto dal più recente soggetto civile costituitosi per la tutela e la salvaguardia del lago d'Idro, il Coordinamento delle pro loco del lago di Idro, è attualmente disponibile un completissimo archivio di notizie storiche, iniziative sociali, atti normativi e disposizioni amministrative, che hanno la capacità di rendere edotto chiunque sulla questione. Inoltre, in ragione di un Atto di messa in mora di interpello e di accesso agli atti del 30 gennaio 2006, con cui il Coordinamento delle Pro Loco del Lago d'Idro ha da svariati mesi intimato agli Enti competenti di rendicontare il loro operato nella materia di cui trattasi (Ministero delle infrastrutture e trasporti; Provincia autonoma di Trento; Regione Lombardia; Provincia di Brescia), è attualmente altresì disponibile un circostanziato e puntuale atto ispettivo che fa luce sulle norme applicabili, ma violate o eluse, sui danni arrecati al lago e alle sue popolazioni, sugli interessi in gioco e sulle azioni che andrebbero attivate per ricondurre nella normalità la situazione in argomento;
al fine di rendersi conto della serietà del caso, oltre prendere visione della documentazione disponibile sul sito internet appositamente realizzato dal coordinamento delle pro loco del Lago d'Idro (www.salviamoillagodidro.it), sarebbe appropriato effettuare una visita sul luogo, in tal caso si evidenzierebbe in tutta la sua asprezza la gravità delle circostanze, segnatamente il malessere e la frustrazione delle genti del lago, l'ambiente violato, le risorse naturali e le attività rurali ed ittiche in declino, l'uso commerciale improprio ed eccessivo della risorsa idrica;
il caso rappresentato dalla cattiva utilizzazione delle acque del lago d'Idro è anche un effetto tangibile e concreto dei guasti che si generano nel caso si contravvengono le disposizioni costituzionali e le norme di diritto di rango principale che tutelano l'ambiente e gli interessi generali della collettività. In tal caso proprio la condizione critica che vessa le popolazioni del lago d'Idro è l'esatta conseguenza del mancato rispetto dei principi che in tale materia recano, oltre la Costituzione, la legge n. 36 del 1994 ed il più recente decreto legislativo n. 152 del 2006, secondo cui qualsiasi uso delle acque dev'essere effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. Oggi, a soffrire, sono le popolazioni e l'ambiente che per il legislatore del 1994 erano l'ambiente e le generazioni future. Memore di ciò e consapevole delle mortificazioni e delle sofferenze che le persone interessate possono accusare quando si trovano al cospetto di un ambiente e di un territorio naturale che non è più sano e incantevole come quello che vi era solo qualche ventennio prima, il territorio del Lago d'Idro, tramite anche il Coordinamento delle sue pro loco, chiede un intervento prioritario del Governo, ma soprattutto del Parlamento, affinché si individuino e si adottino strumenti efficaci per salvare il Lago d'Idro dalla sua morte;
la valenza ambientale del lago d'Idro è nota anche alla Comunità Europea: il lago d'Idro è stato designato «sito di importanza comunitaria» ai sensi del articolo 4 della direttiva 92/43/CEE e fa parte della rete europea Natura 2000, rete ecologica europea costituita da zone speciali di conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche. Il lago d'Idro è particolarmente importante per la presenza di un habitat naturale e di specie prioritarie a norma dell'articolo 1 della direttiva;
a causa dell'empia gestione che si sta facendo delle acque del lago d'Idro, anche la Commissione Europea ha deciso di intervenire contro lo Stato italiano, in tal senso attivandosi in costituzione in mora ai sensi dell'infrazione 13 2005/4347 sulla gestione d'Idro, SIC IT 20065 «Lago d'Idro»;
è indispensabile marcare che tutta la vicenda, a causa della sua complessità e vasta ramificazione di pseudo competenze, riesce facilmente a sfuggire a qualsiasi ordinata azione di verifica e di adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori o disciplinari verso quei soggetti che negli anni hanno ad ogni modo consentito che si perpetrassero contro il lago e la relativa popolazione tali pesanti gesti di scempio ambientale e di ferita sociale. In maniera pertinente con ciò, però, si deve evidenziare che ogni dubbio ed incertezza ad agire nella auspicata direzione di accertamento delle responsabilità si dissolvono quando alla base del punto controverso si stabilisce che il primo e assoluto soggetto istituzionale cui fanno capo le competenze e gli oneri dell'esercizio della tutela del bene è lo Stato, infatti, come meglio è chiarito dall'atto di messa in mora di interpello e di accesso agli atti del 30 gennaio 2006, il lago d'Idro è un bene demaniale dello Stato (fatta eccezione per una parte minoritaria afferente alla provincia autonoma di Trento) e ad esso spetta la relativa azione di tutela;
ancora per dare maggiore risalto alla situazione di cui trattasi, riteniamo utile riportare un luminoso brano di uno storico del luogo, il Professore Romeo Seccamani, che chiaramente evidenzia le circostanze accennate;
tenendo presente che si tratta di una nota di parte, ma che nella sostanza può senza dubbio fungere da base di principio tramite la quale si dovrebbero contemperare i diritti e le prerogative dell'ambiente e della popolazione del Lago d'Idro con le esigenze economiche e produttive degli utilizzatori delle relative acque, la memoria dello storico, recita: «Nel secondo decennio dell'Ottocento, dopo la disfatta napoleonica e all'inizio della restaurazione, viene costituito il Regno Lombardo-Veneto sotto il dominio austriaco. Una grande crisi colpisce tutta l'Europa. Per far fronte alle carestie e alla disoccupazione, nel bresciano vengono costruite varie strade. Nell'impegno di ridare fiato all'economia anche in Valle Sabbia, in quel periodo viene ricostruito il percorso della strada di fondo valle, di collegamento di Brescia con Trento. Vecchi e angusti tracciati usati fino ad allora per superare la stretta di Ruine, fra Idro e Lavenone, che costeggiavano su ambo i lati il fiume Chiese, vengono sostituiti con una più moderna e scorrevole via. Per superare il versante roccioso a nord del fiume, più diretto e privo di scavalcamento sul Chiese, si rese necessario un impegnativo lavoro di sbancamento di roccia, di riempimento e costruzione di muri, invadendo perciò l'alveo del fiume Chiese in modo incisivo e malaccorto, proprio nel punto in cui il lago d'Idro riversava le sue acque nel fiume. Venne così compromesso l'equilibrio millenario del lago perché con quella modifica il fiume emissario fu costretto a scorrere contro l'opposto argine argilloso sud, ma soprattutto si ostruì la parte più bassa dell'imboccatura del fiume, un'ansa rocciosa da cui il lago rigurgitava l'acqua. Nel periodo successivo a quell'indispensabile ammodernamento del tronco di strada, il livello del lago, che non scaricava più come prima, si alzò e procurò seri problemi. Sono di quel periodo vari tentativi resisi utili per l'abbassamento del punto roccioso di emissione del lago. Fu quella dunque la causa del lamentato impaludamento delle zone più sensibili del lago, come fece osservare l'attento umanista e cronista di quel tempo Pietro Riccobelli di Vestone. Osservazione però sempre ignorata da storici, scienziati e tecnici. Negli ultimi decenni dell'Ottocento il problema dell'impaludamento del lago divenne così il comodo pretesto usato per ingarbugliare le menti alla gente del lago e per convincerle ad acconsentire alla sostituzione del delicato apparato naturale di scarico del lago con altri sistemi artificiali mediante gallerie. Anche se il fine fondamentale dei fautori della drastica correzione dello stato naturale del lago fu quello, mai palesato, di arrivare a disporre di quanti più possibili milioni di metri cubi d'acqua, paradossalmente le motivazioni da loro sbandierate furono quelle di rendere il lago salubre e sicuro. Per decenni con questa scusa lavorarono i fianchi delle comunità costiere; con l'altra scusa poi, pur convincente e chiara del benessere generale che si sarebbe ottenuto sfruttando la forza idraulica dell'acqua per produrre elettricità, Ministeri e ragion di Stato, senza mai tradire l'esatta intenzione, ottennero quindi, quale primo passo, l'autorizzazione a fare un bel buco sul fondo del lago. Nel secondo decennio del Novecento, finalmente il traforo fu autorizzato. Così, dopo trenta anni di assemblee, progetti, relazioni e astuzie varie, a far capire alla caparbia gente di montagna quali fossero i benefici che avrebbero avuti a lasciare che il lago venisse addomesticato dalla sua originale selvatica e perversa natura e a convincere lo Stato del grande bene nazionale che sarebbe derivato col solo sacrificio di un così limitato ambiente naturale, con decreto del venticinque ottobre 1917, gli intraprendenti e audaci pionieri di quei tempi ottennero la concessione di sistemare a "serbatoio artificiale" il lago d'Idro. Nell'immediato periodo successivo a quel decreto, con il quale si autorizzò la "sistemazione", cioè lo snaturamento del più grande lago alpino, fu presto quindi sistemato il nevralgico e già compromesso punto di emissione dell'acqua del lago nel fiume Chiese mediante il relativo allargamento e livellamento del fondo, la costruzione di possenti paratie in acciaio per alzare e regolare il livello oltre la quota
naturale, e la realizzazione di due gallerie, della complessiva portata di 130 metri cubi al secondo, sul fondo del lago, a più di dieci metri di profondità per abbassare e regolare il deflusso al di sotto di tale quota. Con questa "sistemazione", l'alveo dell'emissario venne ulteriormente manomesso, occupato con altre opere, e il suo argine sinistro fu spostato e reso instabile grattando il fianco di quel monte, lungo il quale, fino a un secolo prima, passava la strada secolare. In teoria, da quel momento si poteva prelevare dal lago come, quando e quanta acqua si voleva. La tanto agognata metamorfosi della complessa, grande quanto delicata risorsa idrica, fu compiuta. Nel giro di una manciata d'anni dal decreto emesso sotto le bombe in piena guerra mondiale, i moderni manovratori di rogge, canali forzati e navigli cambiarono d'abito. L'originario ente promotore, costruttore e concessionario si trasformò beffardamente, in simbiosi col lago, in "Società Lago d'Idro" inglobando alle vecchie energie finanziarie idroelettriche e idrauliche quelle nuove dei possidenti agricoltori. Nel 1927 la "Società Lago d'Idro" era già titolare della concessione di invaso, regolazione ed erogazione dell'acqua. Essa aggirando ostacoli di varia natura, pur di riuscire a perfezionare la capienza del suo grande serbatoio, calpestando diritti e natura della vita del lago e ignorando promesse e lusinghe fatte ai rivieraschi dai fautori originali suoi predecessori, in meno di un lustro ottenne dallo Stato accondiscendente un perfezionamento pure del decreto iniziale con il quale si prolungava, da 50 a 70 anni il diritto d'uso dell'acqua, spostando il termine al 1987; e le si concedeva di abbassare di altri metri la quota minima di svaso. La Società del benessere coronò così il sogno, che fu anche quello dei suoi precursori, di poter predisporre del suo bel vascone, incastonato tre le Alpi, di circa 80 milioni di metri cubi d'acqua. Un volume d'acqua ricavato in casa d'altri, con l'autorizzazione emessa, in nome della ragion di Stato, di fare salire di oltre 2 metri la quota naturale del livello di un bacino lacustre e di farla scendere al di sotto di questo di altri 5. L'autorizzazione valse oltretutto il diritto di sommergere terreni privati e pubblici e, con tale propiziata scusa, si potè acquistare con quattro soldi terreni di poveri contadini, accampando il motivo-dititto che comunque quei terreni venivano sommersi dalle acque. Terreni che oggi valgono suon di palanche, cioè fior di euro. Nel 1955, lungo tutto il percorso dell'alto Chiese, a monte del nostro lago, furono costruiti dei grandi serbatoi per centrali idroelettriche, aggravando e completando l'alterazione dello status del lago, degradandolo, da allora, anche ad essere considerato "vasca di compensazione", oltre naturalmente alla già subita metamorfosi da lago naturale a "serbatoio artificiale" di acque di riserva;
nel 1987 scade la concessione decretata nel lontano 1917 e lo Stato diventa proprietario degli impianti di trasformazione del lago. I paladini del progresso e del benessere targati "Società Lago d'Idro" chiedono prontamente il rinnovo vantando diritti. (Sono passati più di cent'anni, la storia si ripete, metodi, astuzie, strategie sono sempre gli stessi di un tempo). L'estrazione della risorsa idrica si fa preziosa e si riduce di oltre la metà, su parere delle autorità scientifiche e giuridiche statali, coinvolgendo i rappresentanti delle comunità lacustri. Loro, quelle volpi di acquivendoli, intanto non demordono e prendono tempo, aspettano situazioni politiche propizie, dicono di essere gli esperti e che gli impianti per la regolazione artificiale del lago sono da perfezionare: sentite un po' per quale ragione! Paventano che il luogo nevralgico in cui il lago sgorga nel fiume sia minacciato dalla paleofrana, neanche fosse un loro sogno subconscio. Una montagna lì da più glaciazioni, come tante altre, loro la scorgono ora. O forse si riferiscono semplicemente alla instabilità dell'estremo lembo di questo monte, da loro stessi grattato e reso tale pertanto non certo da cause naturali, a meno che non si intenda il fenomeno dettato anch'esso dalla perversa natura del lago, quale temporale perturbazione dello spirito e della ragione delle cose. Il resto è cronaca di questi giorni;
si deve partire dalla storia perché sia la voce dello spirito, ma più ancora sia il corpo di uno snaturato lago a esprimere con amarezza e tanta diffidenza la denuncia per il danno subito e a mettere pertanto in evidenza l'irreversibilità del guasto morfologico, geologico e biologico, ossia del degrado vitale causato all'ambiente lacustre. Si deve iniziare con il sottolineare come fossero ospitali e sinuose, con fondali assestati e stabili, le rive di questo lago, che nel corso di un secolo di deterioramento, si sono trasformate in sponde aride e sassose. Una trasformazione resa possibile dai profondi e incauti svuotamenti di sette metri di livello, pari a ottanta milioni di metri cubi di acqua, con conseguenti sistematiche escursioni e lavorio delle onde che per così lungo periodo hanno denudato, eroso e rese sempre più ripide tali sponde, trasformandone per sempre l'aspetto morfologico e l'assetto idrogeologico, fino a farle sembrare bordi di crateri che in certi periodi assumono somiglianze da ghiera ampia e profonda, da inferno dantesco. Si deve rilevare anche, a proposito di assetto idrogeologico, quanto questo fattore abbia influito sulla stabilità del sottosuolo circostante a causa dei ripetitivi, drastici drenaggi agli strati di materiali di cui è composto. Per tale rilevazione non mancano documentazioni e fatti di sconquassamento di suolo, registrati da vari cedimenti di edifici, e valga per tutti il più recente e grave cedimento pericoloso della settecentesca chiesa parrocchiale di Idro. Si deve proseguire col denunciare i laceranti mutamenti fisici e formali di un tipico litorale, provocati dalla definitiva scomparsa di svariate specie e peculiarità di vegetazione ittica adattatasi, selezionatasi durante un millenario processo, per cui la loro presenza era incontestabilmente arricchimento vitale e paesaggistico di un ambiente singolare lacustre. Si deve rimarcare il fatto che la sostanziale essenza arcaica dell'essere lago è stata degradata nella sua specificità biologica in quanto i suoi valori di temperatura di ossigenazione e di organicità sono stati rivoluzionati dagli sproporzionati e frequenti movimenti di masse d'acqua provocati dall'artificioso regime assegnatogli con la trasformazione in serbatoio "di compensazione". Ma anche l'altrettanto artificioso sistema di scarico, appositamente realizzato tramite gallerie sul fondo del lago e non per traboccamento di superficie, ha fortemente destabilizzato la dinamica delle correnti e del ricambio dell'acqua. Sicché tale sistema fa sì che tutte le impurità e la sporcizia in sospensione siano trattenute nel lago, trasformandolo così in pattumiera di tutto l'ampio bacino che gli sta attorno e a monte. Si deve lamentare quindi quanto l'invadente atto ha defraudato la ricchezza faunistica e microorganica, dunque distrutto per sempre un habitat, pertanto irrimediabilmente cancellate specie di fauna ittica autoctone e di conseguenza distrutta una particolare e ricca, pescosità annotata fino dal 1458 dall'umanista Ubertino Posculo, nella sua relazione tenuta ai governanti di Brescia; ma anche citata un secolo e mezzo dopo dal veneziano rettore di Brescia Giovanni da Lezze nel suo "Catastico Bresciano" in cui è segnalata ed esaltata la mitica trota del lago d'Idro. Ora, in seguito allo snaturamento del lago, irreversibilmente sparita. Si deve porre inoltre il quesito per sapere quale sarebbe oggi il valore del patrimonio di questo ambiente lacustre e quali richieste turistiche e residenziali potrebbe soddisfare, se fosse ancora integro in quegli aspetti peculiari che lo impreziosivano. E, fra tanti presupposti che lo qualificavano, valga citarne uno per tutti come segno del sacrificio impostogli, che è poi quello che le popolazioni locali si raffigurano quando pensano a cosa potrebbe offrire il loro lago in termini di immagine, se potesse fregiarsi ancora oggi della presenza della trota marmorata, salmonide autoctono, dalla rosea carne prelibata, per secoli ambito cibo cerimoniale conteso da nobili casate, fra le quali spiccava quella dei Savoia. Si deve evidenziare in fine l'effetto ed il peso usurpanti causati dalla mancanza delle disponibilità caratteristiche sottratte a questo ambiente e con cui si sono spezzati equilibri fisiologici fra abitanti
e territorio, per metterli in conto e per valutare quanto tale depauperamento di cultura di lago abbia disorientato la mentalità e l'intraprendenza necessarie a ripensare un'altra qualificata economia quale può essere quella turistica;
perché la voce di questo ambiente di lago non si cicatrizzi assieme alle sue indelebili ferite, né si celi fra gli ilari veli delle sue malinconiche atmosfere, bensì resti a testimoniare del danno infertogli e dei rischi che ancora corre, è doveroso parlare anche di responsabilità. Parlare dunque per denunciare l'uso indiscriminato e rovinoso, compiuto con autoritario consenso dello Stato, di un lago che la natura, prima che allo Stato, ha assegnato a quelle popolazioni cui per sorte è toccato nascere e formarsi attorno e dentro l'architettura di quell'habitat. E che quindi di questo sono parte intrinseca, perché Vi (dentro tali popolazioni) si sono modellate la coscienza e la ragione stessa di esistere. Un sacrificio dunque imposto in nome di un temporale sviluppo generale e che fin dalle origini sembrò di dubbiosa congruità. Tanto è che il decreto di legge della sospirata concessione, emesso in nome del popolo italiano nel 1917, autorizza la trasformazione del conteso lago esclusivamente per scopi idroelettrici e non irrigui, come poi successivamente è accaduto. Parlare di ragione di Stato o di giusta ragione è concetto complesso che ci tirerebbe in ballo tutti. Meglio per ora andare più al sodo e chiamare in causa politici, legislatori e governanti e chiedere loro perché, in tempi in cui si definiscono presenze da tutelare quali beni ambientali pure i paracarri, lo sconcio creato al lago d'Idro da nessuno sia veramente ritenuto un grosso impatto ambientale, qual è innegabilmente. È possibile che regni tanta disinformazione e che il danno continui, mentre il caso viene eluso dallo Stato stesso, facendo in modo che passi come semplice faccenda di carattere agricolo e perciò di competenza dell'apposito dicastero, che poi lo Stato delega a risolvere la Regione Lombardia? Parlare per chiamare in causa i responsabili della zona, parlamentari, assessori e consiglieri a vari livelli, è sacrosanto dovere, al fine di sollecitarli a interessarsi del problema, rammentandogli che questo non deve essere per loro solo un argomento quale scioglilingua di vane promesse nei discorsi elettorali; per farsi spiegare da loro la ragione per cui la costruzione di un viadotto o di una galleria, la rimozione del suolo o di un particolare albero, per non dire di un fatiscente intonaco, siano considerati impatti ambientali sottoposti all'attenzione ecologistica e storicistica a trecentosessanta gradi fino a far intervenire ministri, sottosegretari, soprintendenti e ispettori (e spesso questi ultimi in atteggiamento vessatorio), quando poi tutto ciò che è stato fatto e si continua a fare al lago d'Idro appare atto distruttivo sopportabile, tanto che nessuno si sente in dovere di mettervi becco;
parlare perciò dei gestori dell'acqua del lago vuol dire, per questa gente, ricordare in quale modo in passato quel compito fu assolto, per cui essa ora non intende più sopportare che venga ancora affidata a enti, consorzi o a combriccole composte da interessati ed esperti prelevatori d'acqua. Dunque i politici, i burocrati e i vari amministratori lontani e vicini sappiano che essa è pronta a dar fiato e orgoglio nel pretendere che ad arbitro e tutela venga posto un ente al di sopra delle parti. Ed è pronta anche a chiedere conto e spiegazione da dove provenga tanta ostilità a riconoscerle il diritto alla compartecipazione nel definire regole e criteri nella gestione e distribuzione di tale risorsa della quale essa risulta connaturata parte. Parlare di acqua come risorsa, che disegna e forma l'ambiente dove voce e orgoglio della gente che lì vi abita prendono vita, per esigere che venga spiegato perché mai per quelle terre poste fra Brescia e Mantova, in nome della fertilità delle quali, tra il 1917 e il 1987, si siano consumati miliardi di metri cubi d'acqua, quando, nei quindici anni che ci separano dalla scadenza nel 1987 della concessione ad oggi, per mantenere vegete e produttive le stesse terre, è bastato un uso più moderato, ridotto di circa due terzi delle risorse idriche. E dato che
siamo sull'argomento, per esigere anche che venga spiegato il motivo per cui si è voluto rinunciare, da parte degli acquivendoli, pure della legittima quota d'acqua derivante dal fatto che il lago in questo ultimo lasso di tempo non è mai stato portato nemmeno alla sua massima quota naturale. Parlare per intenderci e per evitare che si ripetano vecchi metodi e vizi e perché siano chiare le responsabilità e trasparenti le finalità di coloro che sono intenzionati a perfezionare e potenziare l'apparato per l'invaso e lo svaso del lago perché il motivo sin qui dedotto non solo non è chiaro ma allarmante, in quanto è lo stesso identico falso motivo di quello da sempre adottato dai loro avi, quello cioè di difendere il lago dalla sua perversa natura. Perché loro, i paladini contro la fame, la sete e le calamità naturali, hanno solo adesso, dopo il 1987, individuato una paleofrana che incombe là, in quel punto nevralgico, dove l'acqua del lago ridiventa fiume. Una paleofrana che poi altro non è che l'enfatizzazione di un termine usato per indicare il pericolo della instabilità di un argine. Per cui, semmai si trattasse di così serio pericolo, a scongiurarlo, basterebbe rimuovere l'apparato artificiale di sbarramento del lago, smantellando paratie e gallerie e lasciare che l'acqua tracimi e valichi rigurgitando flutti e potenza nell'alveo dell'emissario, perché possa tornare a tener sgombro questo da ogni ed eventuale smottamento dei suoi fianchi. Il suggerimento, anche se sicuramente risolutivo, può sembrare paradossale, non meno paradossale però di quanto ora a ragion veduta risulti il fatto che quell'argine sia stato grattato e reso instabile nei due ultimi secoli con il convincimento di preservare e arricchire ambiente e territorio;
l'ipocrisia e la falsa ragione possono anche portare momentaneo successo, ma un vero e duraturo progresso si costruisce con ben altri parametri, quali la concretezza e la lealtà intellettuale. In questa faccenda sembra però che siano le prime ad avere la meglio, in quanto, il primario elemento di ricchezza o risorsa più preziosa, indispensabile per ottenere l'agognata qualità della vita, quale dovrebbe essere l'acqua in sé (ma anche l'insieme del luogo del suo giacimento fisico e organico, compresa la peculiarità plastica e l'azione modellatrice del complesso equilibrio della sua dinamica fluviale) sia purtroppo ancora considerata una risorsa da sfruttare opportunisticamente, di cui è acconsentito l'abuso e il sacrificio in nome dell'effimera ricchezza di un momentaneo benessere. Cosicché in tale contesto, quella che si può definire coscienza di lago (intendendo con ciò non tanto chiamare in causa la contemporanea sensibilità della gente interessata, quanto innanzitutto evocare lo spirito latente sedimentato nella storia, nella atavica cultura, ma anche evocare quello che si può definire il racconto della natura) sente il dovere e il diritto di esprimere, con quel tanto di vigore rimastole, il risentimento per l'uso improprio fatto delle sue risorse lacustri e che tutto lascia supporre si intenda ancora perpetrare. Sente il dovere di far notare, con ironica smorfia, come sia stato fatto uso paradossale perfino del suo nome, preso a marchio dell'impresa realizzata e blasonata appunto dalla denominazione "Società lago d'Idro". Ma la vera società del lago d'Idro è quella che vive tuttora attorno al lago, e che è tale per storia, etnia e naturale diritto! È una società composta di poche comunità nate e predestinate a consumare lì la loro esistenza, e che in quel territorio, fatto di terra e acqua, devono attingere prima ancora delle risorse per vivere, la ragione stessa dell'esistere, come un qualsiasi altro popolo nato e insediato in qualsiasi altro territorio. Questa gente di montagna, per natura arroccata e diffidente, pur sapendo quanto sia costata ad essa e in genere all'ecosistema la manipolazione di quel bene supremo che è l'acqua, specie del loro lago, si rende perfettamente conto di quanto questo bene sia prezioso. E più di tanti altri conosce anche che, accanto al fondamentale valore energetico e vitale, l'acqua nasconde insidie e pericoli. Quindi più di qualsiasi tanta altra gente sa quanto sia opportuno razionalizzare e controllare il suo decorso, specialmente al fine di
migliorare le condizioni del vivere quotidiano. Perciò è gente ben consapevole che il regime dell'acqua del loro lago può essere regolato in altro modo da quello assegnatole dal caos naturale per sfruttare energia e linfa nell'interesse ampio e grande di una nazione; ma sa anche che c'è modo e modo di usarla questa benedetta acqua perché egoismi e superficialismi ed errori di scelta portano, come la storia insegna, ad irreversibili guasti. E sanno questi montanari lacustri che anche l'insieme del loro ambiente è una terrestre risorsa, non solo di quel loro particolare lembo di terra, bensì della globalità delle cose, come lo è l'acqua, anch'essa distruggibile come tutte le cose. Per cui ricordiamoci che nel terzo millennio le risorse idriche non si possono e non si devono considerare interminabili giacimenti, come sono state considerate in passato. Pertanto la si usi pure questa acqua contesa, ma per favore lo si faccia con cognizione e con leale sforzo di trasparenza e di coinvolgimento di intesa, con chi in teoria dovrebbe tenere il coltello per il manico, ossia i lacustri, per fissare regole e organismi collegiali di controllo ed erogazione delle acque e non può essere trattato e legiferato come mera questione irrigua, bensì idrica, con tutte le implicazioni che il termine comporta. Poi tutti insieme fate lo sforzo di guardare e di usare l'acqua non con spirito ottocentesco, bensì con spirito aggiornato al terzo millennio, per vederla come risorsa distruttibile e non solo in quanto corpo fluido, ma anche plastico, con cui ci si può appagare e misurare nel modellarlo sul territorio;
ma, per favore, fatelo con l'arte dovutale e con tanto, tanto rispetto, come esige Sua Maestà, la Natura» -:
se sia a conoscenza della vicenda descritta in premessa;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre nella normalità il grado di tutela e di equilibrio ambientale del lago d'Idro;
se non intenda attivarsi verso le autorità competenti affinché sia fissata la quota minima del lago alla misura di 368 metri sul livello del mare e la quota massima del lago alla misura di 369 metri sul livello del mare, nonché sia consentita la regolazione a serbatoio del lago d'Idro solo ed esclusivamente per l'escursione di 1 metro (da 368 a 369 metri sul livello del mare) e con il volume determinato dal prodotto dell'altezza della lama d'acqua di 1 metro per la superficie del lago (ca. 11,4 exp 6 mc.).
(4-05390)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, vengono poste in evidenza le problematiche afferenti la regolazione artificiale del lago d'Idro, in merito si rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che il lago d'Idro è stato oggetto di riduzione a serbatoio regolato mediante una concessione di regolazione, rilasciata nel 1917 e scaduta nel 1987. La citata concessione aveva lo scopo, mediante la realizzazione e l'esercizio di apposite opere (diga e galleria di scarico), di trattenere e rilasciare, mediante la regolazione artificiale dei livelli eseguita secondo le regole stabilite nella concessione, maggiori volumi d'acqua, le cosiddette «acque nuove», da utilizzarsi nelle derivazioni (irrigue ed idroelettriche) già esistenti e distribuite lungo l'intero corso del fiume Chiese, sublacuale decine di chilometri a valle del lago d'Idro.
Nonostante le attuali opere di regolazione siano ubicate nel territorio della regione Lombardia, il lago d'Idro è rivierasco anche della Provincia Autonoma di Trento e, pertanto, la concessione in argomento deve essere rilasciata d'intesa tra le due amministrazioni.
Nelle more dell'affidamento della concessione, la regolazione è esercitata dalla regione Lombardia tramite un Commissario regolatore di nomina regionale, sulla base di una regola provvisoria del marzo 2001 e discendente da una sperimentazione realizzata nel periodo 1993-2001.
La Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente, interessata alle problematiche relative al lago d'Idro, ha promosso il confronto tra le amministrazioni statali e territoriali per approfondire le
diverse problematiche e per cercare una giusta ed appropriata soluzione delle stesse. A tal fine, sono stati organizzati appositi incontri con i soggetti interessati per l'esame delle problematiche da ciascuno segnalate e la composizione dei contrapposti interessi.
In considerazione della stretta interconnessione tra la porzione trentina del bacino del fiume Chiese e del lago d'Idro e la porzione lombarda dei medesimo lago e del fiume nel tratto sub lacuale, si è pervenuto da parte delle due amministrazioni, il 14 dicembre 2006, alla sottoscrizione di uno specifico accordo al fine di armonizzare le azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese, nonché per disciplinare le modalità amministrative connesse all'esercizio delle funzioni concessorie relative alle utilizzazioni praticate con le acque del bacino di interesse, ivi compreso il lago, e con riferimento al quadro ambientale, paesaggistico e di fruizione turistica.
In tale accordo sono definite le modalità di espressione dei pareri e delle intese di rispettiva competenza per affrontare e addivenire, tra l'altro, ad una soluzione definitiva della concessione di regolazione del lago, anche in relazione agli aspetti paesaggistici ed ambientali, compresi quelli relativi al SIC «Lago d'Idro».
Infatti, a seguito dei risultati negativi delle verifiche effettuate su dette opere da una apposita Commissione di collaudo, il Registro italiano dighe (Rid), come atto dovuto per motivi di prevenzione di salute e sicurezza pubblica, ha imposto la limitazione dell'invaso del lago d'Idro.
Sulla base degli aggiornamenti forniti dalla regione Lombardia, risulta che sono state espletate le procedure di affidamento della progettazione preliminare delle nuove opere, comprensive dell'esecuzione delle indagini geologiche e geotecniche finanziate dalla regione, da parte del Consorzio del Chiese di bonifica di 2 grado, già affidatario dell'esecuzione di opere di consolidamento e manutenzione della vecchia diga e galleria.
In sede di progettazione delle nuove opere sarà predisposto, secondo la vigente normativa che recepisce le direttive comunitarie in materia, lo studio di impatto ambientale comprensivo dello studio di incidenza.
Il livello del lago d'Idro non dipende soltanto dalla gestione della concessione di regolazione o derivazione delle risorse idriche, ma anche da persistenti necessità di sicurezza pubblica, determinate dalla potenziale minaccia di una paleofrana, all'incolumità delle popolazioni rivierasche che rende parzialmente inutilizzabili le esistenti opere di regolazione.
A seguito dell'Accordo per l'armonizzazione delle azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese intercorso tra la regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento, l'Enel, per esigenze di manutenzione, ha messo fuori servizio la propria galleria di derivazione.
In considerazione di ciò e dal fine di permettere il graduale riempimento del lago e lo sfioro naturale della traversa di Idro, la regione Lombardia aveva dato indicazioni al Commissario regolatore di limitare, in concomitanza della messa fuori esercizio della galleria di derivazione, le erogazioni dal lago al minimo previsto dalla regola (10 mc/s). Tuttavia, a causa dei ridotti afflussi al lago (inferiori alle serie storiche) il livello del lago, al momento della chiusura della galleria, si trovava al di sotto della quota di sfioro di 367,00 metri sul livello del mare (79 cm).
Con la messa fuori servizio della galleria di derivazione Enel ed in considerazione dei bassi livelli che ancora permanevano nel lago, il Commissario regolatore, ha disposto che venisse mantenuta l'erogazione della minima portata (10 mc/s) attraverso la «galleria degli agricoltori».
Tale situazione ha provocato un ennesimo esposto alla Procura della Repubblica di Brescia da parte del «Coordinamento delle Pro Loco» che contestava la scelta di far defluire l'acqua nel fiume Chiese attraverso la «galleria degli agricoltori», piuttosto che invasarla nel lago e poi farla defluire tramite la traversa nel fiume Chiese.
Al fine di l'aggiungere più rapidamente la quota naturale di sfioro di 367,00 metri
sul livello del mare l'11 gennaio 2007, si è tenuto, presso la Prefettura di Brescia, un incontro nel corso del quale si è concordato di ridurre ulteriormente e temporaneamente l'erogazione dal lago al fiume Chiese, attraverso la «galleria degli agricoltori». Pertanto, in deroga alla regola di gestione, con decreto direttoriale 22 gennaio 2007, la regione Lombardia ha disposto la riduzione temporanea della portata da erogarsi dal lago a 7 mc/s, in seguito ridotta ulteriormente a 3,3 mc/s (valore del minimo deflusso vitale sul fiume Chiese a Gavardo), fino al raggiungimento della quota di sfioro presso la traversa di Idro.
Una volta raggiunta la quota di sfioro, la «galleria degli agricoltori» sarebbe stata chiusa ed il lago esercito a deflusso naturale con portate di deflusso corrispondente agli afflussi naturali al lago, fino alla riapertura della galleria di derivazione Enel.
Successivamente, con nota del 7 febbraio 2007, il Ministro dell'ambiente e della salute tutela del territorio e del mare ha invitato gli enti coinvolti nella gestione del lago d'Idro ad assicurare il minimo deflusso vitale del fiume Chiese attraverso lo sfioro delle portate effluenti dal lago tramite la traversa d'Idro, impedendo la riduzione del livello del lago al di sotto del limite di 367,00 metri sul livello del mare.
Il Consiglio Provinciale di Brescia con delibera n. 11 del 30 marzo 2007, in ottemperanza al documento di Intesa del 10 novembre 2006, ha approvato il documento «Pianificazione di emergenza provinciale per il rischio idrogeologico e idraulico del lago d'Idro - stralcio del Piano di emergenza provinciale».
Nella stessa data il comune di Idro con ordinanza n. 1629 ingiungeva e ordinava alla ditta Enel SpA di non togliere, non asportare e non rimuovere il materiale ghiaioso, ciottoloso (detto «tura») depositato tra il canale di derivazione Enel ed il lago di Idro. Ordinanze di pari contenuto sono state in seguito emesse anche dai comuni rivieraschi Anfo e Bagolino.
Lo stesso comune con successiva ordinanza diffidava ed ingiungeva all'Enel produzione SpA di installare adeguati strumenti di misura in prossimità della derivazione, di trasmettere i dati completi di misurazione delle acque e di attivare tutte le misure necessarie al rispetto sia del minimo deflusso vitale che della salvaguardia del Lago.
La Comunità montana Valle Sabbia, in merito all'esigenza di mantenere il minimo deflusso vitale e, pertanto, la quota del lago al di sopra di 367,00 metri sul livello del mare anche successivamente alla riapertura del canale di derivazione dell'Enel, si dichiarava intenzionata a realizzare a spese proprie una soglia che innalzasse la quota di presa del canale, limitandone, in tal modo, la possibilità di utilizzo.
Il 4 aprile, il Registro italiano dighe comunicava le modifiche alla limitazione di invaso definendo la nuova quota di esercizio ordinario a 368,50 metri sul livello del mare e la nuova quota di 369,00 metri sul livello del mare, raggiungibile in caso di eventi eccezionali. Successivamente lo stesso Rid esprimeva parere negativo sul progetto della proposta opera di sbarramento fisso a quota 367,50 - 368,00, nell'opera di presa del lago dell'impianto idroelettrico di Vobarno.
Al fine di pervenire ad una soluzione condivisa delle problematiche avanzate da soggetti portatori di diversi interessi, il 23 maggio 2007, presso la Prefettura di Brescia, alla presenza del Prefetto e delle amministrazioni interessate e stato sottoscritto un protocollo di intesa per mezzo del quale sono state revocate le ordinanze del comune di Idro e quelle di Anfo e Vagolino; l'Enel si è impegnata ad:
erogare attraverso la produzione della centrale di Storo, al fine di sostenere la quota di 367,20 metri sul livello del mare, limitatamente alla stagione irrigua 2007;
essere disponibile, nel caso di conclamata emergenza idrica, ad erogare ulteriori volumi d'acqua, fino ad un massimo di 5 ML mc;
avviare, a partire dal 24 maggio 2007, le operazioni di rimozione dell'opera provvisionale detta «tura».
Le amministrazioni comunali si sono impegnate ad attivare gli interventi di pulitura
e di ripristino della funzionalità del breve tratto di alveo compreso tra la traversa naturale e l'incile naturale del lago, per garantire il mantenimento del deflusso minimo vitale alle quote minime.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 1311, della legge finanziaria per il 2007 prevede che il Ministero degli affari esteri avvalendosi dell'Agenzia del demanio per la elaborazione, entro il 30 luglio 2007, predisponga un piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all'estero, procedendo alla relativa ricognizione, alla stima, nonché, previa analisi comparativa di costi e benefici, individuando poi i cespiti per i quali proporre la dismissione;
entro il 30 luglio 2007 il Ministero degli affari esteri avrebbe dovuto pertanto proporre un piano per la razionalizzazione del patrimonio immobiliare all'estero;
nessun provvedimento a riguardo risulta adottato;
nessuna comunicazione in merito risulta fatta alla Camera dei deputati;
il provvedimento era stato ritenuto importante dal Governo in carica;
i termini prescritti risultano abbondantemente scaduti con conseguente inadempienza del Governo stesso -:
quali siano le ragioni di tale inadempienza del Governo;
cosa intenda fare per porre rimedio a tale inadempienza;
quali siano i termini e i tempi con i quali il Governo intenda adempiere alle disposizioni di legge.
(4-04759)
Risposta. - In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 1, comma 1311, della Legge finanziaria per il 2007, il Ministero degli affari esteri si è avvalso dell'Agenzia del demanio per predisporre un piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all'estero. Tale piano è stato messo a punto sulla base degli esiti di un tavolo tecnico, formato da rappresentanti del Ministero degli affari esteri e dell'Agenzia del demanio, che ha proceduto alla ricognizione, alla stima, nonché - previa analisi comparativa di costi e benefici - all'individuazione dei cespiti per i quali proporre la dismissione.
L'attività è stata completata entro il 30 luglio 2007, termine indicato dalla Legge. Non vi è dunque alcuna inadempienza del Governo, al contrario di quanto sostenuto dall'interrogante: come si evince dal combinato disposto dei commi 1311 e 1312 dell'articolo 1 della Legge finanziaria, il suddetto termine si riferisce infatti all'elaborazione del piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato all'estero, non anche all'emanazione del decreto da parte del Ministro degli affari esteri.
Stanno peraltro proseguendo le attività e gli approfondimenti tecnici finalizzati all'elaborazione del decreto che realizzerà la dismissione dei cespiti.
Pur non avendo la Legge finanziaria per il 2007 previsto specifiche modalità di informazione del Parlamento né altra forma di notizia pubblica, l'Amministrazione si riserva di approfondire questo aspetto alla conclusione dei lavori.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
PROIETTI COSIMI e LAMORTE. - Al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
da molto tempo, ormai, il Gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale è impegnato nel chiedere al Governo di attivarsi per abrogare esplicitamente l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165
del 2001, e successive modificazioni, che consente a persone estranee alla pubblica amministrazione di diventare titolari di incarichi dirigenziali di prima e seconda fascia rinnovabili all'infinito, il cui costo, per le casse dell'Erario, è di difficile giustificazione a fronte di una pletora di dirigenti di ruolo che ben potrebbero, invece, esercitare tali funzioni;
in particolare, nonostante la presentazione di vari atti di sindacato ispettivo concernenti questo tema (ad esempio: gli atti n. 3-01184 del 10 settembre 2007, 3-00990 del 18 giugno 2007, 4-04619 del 1 agosto 2007), il Governo non ha ancora risposto. Solo durante il question time del 1 agosto 2007, il Governo ha risposto all'interrogazione n. 3-01158, senza peraltro fare alcuna menzione di tale tematica che, pur non essendo specificamente oggetto del quesito, era comunque illustrata nel testo dell'atto in correlazione al tema del quesito;
l'applicazione dell'articolo 19, comma 6, del succitato decreto è stata fallimentare, poiché oltre ad avere leso, irrimediabilmente, la suscettibilità professionale dei dirigenti vincitori di concorso pubblico, ha dimostrato il grado di modestia tecnico-professionale di coloro ai quali sono stati conferiti lucrosi incarichi di livello dirigenziale generale e non generale -:
se il Governo non ritenga necessario, infine, assumere urgenti iniziative normative per l'abrogazione della citata normativa, iniziative sulle quali vi sarebbe un ampio consenso politico.
(4-04824)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la disciplina relativa al conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, si sottolinea che il Governo, anche al fine del contenimento dei costi della pubblica amministrazione, ha introdotto, nella legge finanziaria 2007, alcune disposizioni volte, da un lato, a «razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese dei ministeri» mediante la riduzione degli uffici dirigenziali e, dall'altro, a fissare precisi limiti alle retribuzioni dei dirigenti nominati ex articolo 19 comma 6 del richiamato decreto legislativo.
Su tale punto si ricorda, inoltre, che la legge finanziaria per il 2007 prevede l'obbligo di pubblicazione sul sito web dell'amministrazione interessata, dei dati relativi ai compensi ed alle retribuzioni dei dirigenti titolari di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19, comma 6 del già citato decreto legislativo n. 165 del 2001.
Al riguardo, con la direttiva n. 1 del 2007, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione ha precisato che tutte le pubbliche amministrazioni, oltre a verificare i presupposti di legittimità degli incarichi da esse conferiti o conferiti da altri soggetti a propri dipendenti, sono, altresì, chiamate ad ottemperare agli obblighi di pubblicità anche tramite la pubblicazione dei relativi dati sui propri siti istituzionali.
Peraltro, non si può sottacere che il Governo ha avuto modo di palesare in più occasioni la volontà di valorizzare l'attività del personale «interno» alle pubbliche amministrazioni: si ricordino, a tal proposito, i protocolli d'intesa siglati con le organizzazioni sindacali il 18 gennaio ed il 6 aprile 2007, nell'ambito dei quali è previsto che nei concorsi per la dirigenza verranno individuati criteri adeguati a dare rilievo alle attività ed ai risultati conseguiti dai candidati interni.
In generale, dunque, il Governo ha voluto fortemente sottolineare la necessità di valorizzare il ruolo della dirigenza pubblica, assicurandone, da un lato, l'effettivo riconoscimento dell'autonomia gestionale, organizzativa e finanziaria e, dall'altro, la correzione delle disfunzioni - conseguenti anche ad un improprio funzionamento dello spoil system - che, in passato, hanno negativamente pesato sul funzionamento delle amministrazioni e, quindi, sul successo delle riforme.
In merito, poi, ad eventuali interventi di modifica dell'attuale disciplina prevista dal citato articolo 19, comma 6, sollecitati
dall'onorevole interrogante, si evidenzia che, conformemente al programma di Governo, si sta procedendo alla riforma della normativa in materia di pubblico impiego.
L'adozione di un provvedimento integrativo e correttivo del sopra citato decreto legislativo n. 165 del 2001 appare, infatti, senz'altro opportuna al fine di risolvere i notevoli problemi di ordine interpretativo, le difficoltà e le incertezze sorte in sede di attuazione. A ciò si aggiunge la necessità di adeguare la disciplina medesima ai principi affermati da recenti decisioni della Corte costituzionale, al fine di valorizzare i principi di buon andamento dell'azione amministrativa e di esclusività del rapporto di servizio dei dirigenti, rafforzando, al contempo, l'altrettanto rilevante principio di separazione tra politica e amministrazione.
Tra i criteri ai quali il Governo intende ispirarsi nell'elaborazione della proposta normativa, vi è, appunto, anche quello di ridurre rigorosamente le ipotesi di affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali delle amministrazioni, circoscrivendo tale possibilità ai soli casi in cui, in considerazione dell'impossibilità di reperire tali competenze nell'ambito della dirigenza di ruolo, essa si renda necessaria ai fini dell'acquisizione dì specifiche competenze professionali in relazione ai compiti da svolgere.
Al contempo, sembra, tuttavia, opportuno salvaguardare una certa flessibilità nel reperimento delle risorse umane, sia all'interno delle medesime strutture pubbliche, sia mediante il ricorso al mercato del lavoro, al fine di avvalersi di professionalità di sicuro valore e prestigio; ciò, comunque, sempre nei limiti della reale necessità dell'amministrazione e secondo criteri di economicità e trasparenza.
A quanto detto si accompagna, altresì, l'intento di ottimizzare l'istituto del pubblico concorso; in tal senso si intende provvedere al riordino dei sistemi finalizzati al reclutamento del personale e dei dirigenti, in modo da assicurare la periodicità e la continuità nonché l'accelerazione ed il decongestionamento delle procedure selettive.
Pertanto - come già ampiamente chiarito dal Ministro Chiti rispondendo, nel corso del question time del 19 settembre sulla stessa tematica - risulta evidente che i suddetti principi e criteri, ai quali il Governo intende ispirarsi per riformare la normativa sul pubblico impiego, sono sostanzialmente affini ai profili di interesse rappresentati dall'interrogante.
In definitiva, il Governo auspica una convergenza di tutte le forze politiche, anche di opposizione, sulla necessità di aggiornare la disciplina del pubblico impiego con particolare riguardo alla modifica dell'istituto previsto dall'articolo 19, comma 6 in materia di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla pubblica amministrazione.
Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione: Luigi Nicolais.
RAISI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con lettera del 24 maggio 2006 l'interrogante onorevole Raisi richiedeva alla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio dell'Emilia, nella persona del Soprintendente dottoressa Sabina Ferrari, se la stessa fosse a conoscenza della modifica del Piano delle aree e il numero dei posteggi su aree pubbliche votato dalla giunta del comune di Bologna in data 16 novembre 2004, ed in consiglio comunale in data 5 settembre 2005, nel quale erano stati trasferiti da Piazza dei Martiri ai portici di via Marconi e piazza Malpighi alcuni posteggi per commercianti cosiddetti ambulanti senza il preventivo parere e/o richiesta di parere alla Soprintendenza per i beni architettonici, così come previsto dalla normativa vigente;
a parere dell'interrogante, contenuto anche nella predetta lettera, tale trasferimento altro non era che il frutto di un escamotage, utilizzato dal Direttore del settore economia e attività turistiche del
comune di Bologna atteso, che è stato utilizzato il termine «Mercati Sperimentali», (non esistente in alcuna normativa sul commercio) al fine di aggirare il predetto parere, e si chiedeva pertanto alla Sopraintendente di intervenire;
nella predetta pertanto l'interrogante onorevole Raisi richiedeva un intervento della Sopraintendente, o almeno auspicava una risposta chiarificativa, affinché fossero tutelati i portici del centro storico della città di Bologna;
invero, l'atto del comune, oltre ad essere - sotto la forma e sostanza - illegittimo, veniva fatto passare sotto silenzio, pur avendo negli anni passati visto la stessa Sopraintendenza tra i primi nella battaglia per eliminare i posteggi degli ambulanti sotto i portici di Bologna, considerati da tutti un bene architettonico della nostra città e da salvaguardare, ad oggi dalla Sopraintendente non è arrivata alcuna risposta -:
se sia a conoscenza della situazione sopra descritta, e nello specifico, se non ritenga opportuno attivarsi per la tutela dei portici di Bologna considerati un bene architettonico da difendere, anche alla luce del passato orientamento della stessa Sopraintendenza.
(4-01216)
Risposta. - In riferimento ai quesiti posti dall'interrogante si fa presente, in via preliminare, che le aree coperte da portici nei comune di Bologna hanno una situazione proprietaria diversificata che di norma coincide con la situazione proprietaria dello stabile cui appartengono.
Mentre su tutte dette aree insiste un diritto di uso pubblico essendo esse ordinariamente destinate al transito delle persone, per quanto riguarda il regime proprietario esse sono, a seconda del regime dei palazzi prospicienti, pubbliche o private.
È evidente che le funzioni di tutela che gli uffici periferici di questa amministrazione possono legittimamente esercitare sono differenti in ragione della proprietà pubblica o privata degli spazi in questione.
Si deve aggiungere, per quanto riguarda il corretto inquadramento delle potestà di tutela spettanti agli uffici dell'Amministrazione, che il comune di Bologna, con riferimento all'uso di dette aree, si è orientato per la messa a punto di un piano complessivo per il commercio ambulante nell'ambito del quale ha ritenuto di considerare unitariamente tutti gli spazi porticati al fine di disporre regole per il loro utilizzo anche come posteggio per i banchi degli ambulanti.
In ogni caso, con riferimento al primo quesito posto dall'interrogante, si chiarisce che la Soprintendenza non era a conoscenza delle modifiche che il comune ha apportato al piano delle aree destinate al commercio ambulante ed al numero dei posteggi da assegnare per detta attività tanto che, a seguito della prima interrogazione formulata dal medesimo interrogante in data 24 maggio 2006, con due distinte note (n. 7949 del 24 maggio 2006 e n. 10112 dei 28 giungo 2006), ha chiesto chiarimenti.
In proposito il comune, con nota del 28 luglio 2006, ha precisato che:
la materia dell'utilizzo degli spazi porticati per attività di commercio era disciplinata dal Regolamento dei mercati e delle fiere inerente l'esercizio del commercio su aree pubbliche ai sensi del decreto legislativo n. 114 del 1998, della legge regionale n. 12 del 1999, e della delibera della giunta regionale 26 luglio 1999, n. 1368 ratificata con delibera del consiglio comunale del 21 giugno 2000;
con successiva delibera consiliare del 26 aprile 2004, era stato approvato un atto ricognitorio delle aree e del numero dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche all'interno del quale, in sede di confronto con i consigli di quartiere, erano stati previsti sperimentalmente alcuni mercati ai fine di verificare l'idoneità delle aree prescelte come aree mercatali anche alla luce dell'impatto che un tale uso avrebbe avuto sul tessuto economico e commerciale cittadino;
l'esito di tale confronto aveva evidenziato la necessità di una revisione complessiva
del piano, il cui iter era stato già avviato secondo quanto indicato dal consiglio comunale ed i cui esiti ultimi sarebbero stati sottoposti al parere della Soprintendenza, ai sensi degli articoli 11 e 52 del Codice dei beni culturali.
Atteso che, finora, nessun documento contenente la prospettata rivisitazione complessiva del piano comunale di utilizzo delle aree mercatali cittadine è stato presentato agli uffici periferici di questa amministrazione, tali uffici non hanno espresso alcun parere in merito e non sono a conoscenza delle scelte eventualmente maturate al riguardo da parte dell'amministrazione comunale.
Quanto al secondo quesito posto dall'interrogante, se cioè l'amministrazione non ritenga opportuno attivarsi per la tutela dei portici di Bologna, è da precisare, in coerenza con quanto già esposto in premessa, che in materia le potestà di tutela di questa amministrazione sono definite dalla legge in funzione della proprietà pubblica o privata dei suoli. Infatti, se le aree su cui insistono i portici sono di proprietà pubblica, i portici medesimi, ancorché non ne sia stato verificato l'interesse storico artistico ai sensi dell'articolo 12 del Codice, sono, a termini del comma 1 dello stesso articolo 12, comunque sottoposti, fino a quando non venga effettuata la verifica del loro interesse culturale, a tutte le disposizioni di tutela. Ne consegue che su detti spazi l'Amministrazione ben può esprimere le proprie valutazioni in merito alle iniziative mercatali che su di esse vadano ad incidere, come è peraltro accaduto nel caso dell'attivazione del mercatino sperimentale del «vintage» in piazza Verdi.
Viceversa, quando le aree su cui insistono i portici sono di proprietà privata, in assenza di un preventivo accertamento del loro interesse storico ed artistico, l'amministrazione è legittimata a pronunciarsi sul loro utilizzo per fini mercatali solo se il comune ritenga di richiedere il parere dell'Amministrazione ai sensi degli articoli 11 e 52 del Codice precedentemente richiamati. E, finora, come già detto, i competenti uffici periferici non hanno ancora ricevuto dal comune il relativo piano.
Pertanto, non vi è nessun cambiamento di orientamento relativamente alla funzione di tutela svolta dagli uffici dell'amministrazione ma semplicemente una graduazione dell'attività in funzione dei poteri legittimamente esercitabili.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
RAITI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il sistema viario della Sicilia è antico e poco sicuro, per tale motivo sono necessari diversi interventi di ammodernamento su tutta la rete stradale dell'isola ed esistono già diversi dei progetti necessari: di questi alcuni sono già in corso di esecuzione;
la strada statale 115, dopo gli interventi sul tratto tra Palma di Montechiaro e Licata, richiede un ulteriore ammodernamento, ma ancora non c'è un progetto concreto;
la strada statale n. 189 è l'arteria che consentirebbe di tagliare verticalmente la Sicilia, ne è previsto il finanziamento con fondi ordinari dello Stato e straordinari per la sua realizzazione;
la strada statale 626 ha visto interventi recenti nei quali sono stati eseguiti alcuni degli interventi necessari, per gli altri, pur giudicati prioritari, non sono ancora previsti finanziamenti;
per quanto riguarda la strada statale 514, Ragusa-Catania, essa è luogo di costanti rallentamenti a causa del passaggio di mezzi pesanti, per questo tratto è previsto il finanziamento per la realizzazione della nuova autostrada;
in riferimento ai progetti attualmente in esecuzione, come risulta anche da articoli di stampa, si sono creati grossi problemi e sono tuttora attuali, sulla A18, Messina-Catania, per l'attivazione dei lavori tra gli svincoli tra Giarre e Fiumefreddo
verso Messina dove si sta effettuando la nuova pavimentazione;
i lavori stazionano già dai primi di giugno e si stendono attraverso zone ad alta densità turistica proprio in questo periodo dove gli spostamenti di isolani e non per le vacanze sono più massicci;
la cronaca racconta le disavventure di giovani «ritardatari» nella notte bianca taorminese, di turisti spiazzati mentre si dirigevano nei loro alberghi, di famiglie costrette a trascorrere nell'autovettura una buona parte del tempo immaginato per il relax;
altri gravi rallentamenti del traffico si stanno verificando sulla tangenziale est di Catania nel tratto che collega la Messina-Catania con l'aeroporto di Fontanarossa e l'imbocco della statale Catania-Siracusa;
situazione di grande disagio si riscontra sulla strada statale 114, Catania-Siracusa, dove si stanno realizzando lavori all'altezza del Ponte Primosole per la costruzione di una rotatoria all'incrocio con la Catania-Lentini che dovrebbe essere ultimata intorno alla metà di luglio, mentre sulla stessa tratta ci sono altri rallentamenti a causa dei cantieri dove si lavora per completare la nuova autostrada la cui conclusione è prevista nel 2009;
i disagi sopra menzionati costituiscono un grave pericolo per la sicurezza degli utenti ed un danno non solo allo spirito delle persone costrette a subirli, ma anche sul piano economico: gli operatori stimano in oltre il 40 per cento le perdita di arrivi nei week-end dovuta alle difficoltà createsi sulle strade;
è compito dello Stato garantire la sicurezza, l'incolumità e l'interesse di ciascuna persona che circoli e soggiorni sul territorio nazionale -:
se il Ministro non reputi opportuno intervenire, nell'ambito delle sue competenze, affinché, nei limiti del possibile, i lavori in corso sui tratti sopra menzionati vengano sospesi e ripresi in un periodo dell'anno più consono o quanto meno vengano eseguiti nelle ore notturne nelle quali il flusso del traffico è ridotto;
se non ritenga possibile che si possa procedere ad una revisione della calendarizzazione dei lavori sulle strade della Sicilia in modo che la contemporaneità degli stessi non rischi di paralizzare la mobilità e l'economia locale.
(4-04112)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In riferimento alla strada statale 115 ed in particolare al tratto S. Bartolo-Sciacca, tra i km 99+000 e 117+300, Anas informa che a causa della forte incidenza di interferenze con sottoservizi, ha proceduto a consegne parziali in data 15 luglio 2005, 30 gennaio 2006 e 8 novembre 2006; ciò ha comportato la necessità della redazione di una perizia di variante tecnica, in corso d'istruttoria. I lavori, seppur limitati come sopra evidenziato, proseguono attualmente con un avanzamento pari al 52 per cento e non presentano particolari problemi per la circolazione sulla Statale.
Relativamente al tratto tra i km 93+140 e 101+380 Anas fa presente che i lavori relativi a opere di consolidamento delle pile dei viadotti Carboi e gli interventi di messa in sicurezza degli impalcati dei viadotti Carboi, San Vincenzo 1 e 2, proseguono regolarmente; l'avanzamento delle lavorazioni è pari all'88 per cento e l'intervento stesso non presenta particolari problemi per la circolazione sulla Statale. L'ultimazione prevista dei lavori è aprile 2008.
Per quanto riguarda la strada statale 118 tra i km 18+700 ed il km 24+650 è in corso l'approvazione del progetto esecutivo e si prevede l'avvio dei lavori per il prossimo mese di novembre 2007.
Infine per quanto attiene i lavori sulla strada statale n. 114 per la sistemazione e l'ammodernamento dello svincolo di raccordo con la strada statale 194 al km 110+000 in prossimità del ponte sul fiume Simeto, si evidenzia che la costruenda rotatoria, progettata secondo i più moderni canoni europei dell'ingegneria stradale ed in conformità alle disposizioni contenute nel
decreto ministeriale 19 aprile 2006, costituirà un importante snodo viabilistico della Sicilia orientale in particolare della zona sud della città di Catania.
Anas riferisce che dal luglio 2007, al fine di eseguire alcune lavorazioni necessarie e propedeutiche alla ultimazione dell'appalto, è stata totalmente interdetta al transito la strada statale 194 e quindi il conseguente innesto sulla strada statale n. 114 che creava un rallentamento alla circolazione stradale di quest'ultima.
Ad oggi, i flussi sulla strada statale n. 114 Catania-Siracusa e viceversa, risultano notevolmente più scorrevoli. L'apertura al traffico della rotatoria, originariamente prevista entro luglio 2007, è slittata al 18 novembre, in considerazione del fatto che le operazioni di apertura avrebbero inciso fortemente sulla regolarità del transito lungo la strada statale n. 114, soprattutto nel periodo estivo di massimo picco.
Tale decisione di posticipare l'apertura al traffico è stata assunta in pieno accordo con il comitato provinciale per la mobilità in sede prefettizia.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
RAMPELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è il quarto anno di seguito che a Roma si svolge il concerto estivo, sponsorizzato da Telecom, nell'area archeologica dei Fori imperiali;
tale evento richiama l'arrivo di circa mezzo milione di persone che si accalca davanti al Colosseo e a tutta l'area dei Fori;
l'utilizzo di un volume di decibel elevatissimo crea disagi all'intera popolazione residente nell'area Cavour-Fori, causando addirittura l'impossibilità a stare dentro casa;
fin dal 2000 era stata allestita dal Comune di Roma l'area di Tor Vergata per eventi e grandi manifestazioni che richiamano una massa elevata di visitatori;
in virtù della tutela dei beni archeologici ed architettonici e garanzia della loro conservazione, la Sovrintendenza Archeologica ha vietato e allontanato da siti a forte caratterizzazione archeologica manifestazioni a ben più ridotto impatto e che non richiamassero il numero elevato di persone previste per il concerto ma enormemente inferiore -:
quali siano i motivi che inducono la Sovrintendenza ai beni archeologici a vietare manifestazioni di ben più misurato impatto ambientale rispetto a questo concerto estivo che richiama un numero spropositato di persone in una delle zone culturali più preziose del mondo;
se la Sovrintendenza non intenda vietare questo tipo di manifestazione fortemente impattante per la Città.
(4-01034)
Risposta. - La soprintendenza archeologica di Roma, con nota del 28 luglio 2006, ha impartito puntuali disposizioni per lo svolgimento della manifestazione «Telecomcerto 2006» relative alle modalità di allestimento e smontaggio delle strutture funzionali ed alle zone inibite al transito ai mezzi pesanti, in quest'ultimo caso allegando apposita planimetria dell'area interessata dal divieto.
Al fine di un corretto esercizio dell'azione di tutela, la soprintendenza ha rappresentato al comune di Roma l'esigenza di adottare particolari cautele nella produzione di sollecitazioni esterne, considerata la fragilità di alcuni monumenti, e l'opportunità di inibire, per il futuro, usi non compatibili con la conservazione, il decoro e la pubblica fruizione dell'area.
In particolare, la soprintendenza ha sottolineato come il degrado dello spazio monumentale, dovuto ad una carente manutenzione ed alla presenza diffusa di attività commerciali incongrue, leda l'immagine stessa della città trattandosi di un sito di eccezionale rilievo e di prestigio internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
RAMPELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in occasione degli ultimi restauri che hanno interessato il complesso del Vittoriano in Roma sono stati realizzati degli ascensori in acciaio e cristallo che si appoggiano alle spalle del monumento svettando al di sopra di esso con una pensilina ovale;
da qualunque parte si guardi il Vittoriano tale struttura è visibile: da piazza del Popolo seguendo via del Corso fino a Piazza Venezia dove sbuca al centro della facciata; ai piedi della scalinata della Chiesa dell'Ara Coeli da dove la struttura svetta per tutta la sua altezza; dalla Michelangiolesca Piazza del Campidoglio dove l'ascensore viola l'elegante struttura laterizia della Chiesa dell'Ara Coeli e l'attico ornato di statue del Palazzo del Museo Capitolino; dalla terrazza del Pincio, da dove ora non è più distinguibile la torre campanaria del Palazzo Senatorio; e per finire sino al romantico verde affaccio del Palatino;
questi ascensori - posti sulla sommità del monumento di Sacconi - oltre a modificare sostanzialmente il prospetto centrale dell'Altare della Patria, sono un oltraggio alla sacralità del luogo;
il Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici ha di recente approvato un ordine del giorno nel quale si chiede al Governo di intervenire tempestivamente per modificare la nuova struttura che ha alterato sensibilmente il profilo dell'Altare della Patria e ripristinarne l'originale configurazione;
allo stesso tempo è stata realizzata una caffetteria al livello della terrazza, una sorta di bivacco la cui presenza è difficile da giustificare in quanto sorge proprio accanto alle spoglie di un martire che rappresenta tutti i caduti d'Italia che non hanno nome;
anche Italia Nostra, associazione per la salvaguardia e la conservazione dell'ambiente e del territorio in Italia, ha recentemente richiesto la rimozione dei nuovi ascensori e della caffetteria posta sulla terrazza del primo piano;
la vicenda sta assumendo grande rilievo non solo nella comunità tecnico-scientifica italiana ma anche in quella internazionale;
già nel 2003 sono state presentate interrogazioni contro l'apertura di un ristorante in quella che - è bene ricordarlo - è una tomba, la più sacra della nostra Patria, perché conserva i resti del milite ignoto;
la questione travalica i confini del buon gusto e quelli della pur doverosa tutela dei nostri beni architettonici, sconfinando nel rispetto del senso dei luoghi e del loro significato più autentico;
l'auspicio dell'interrogante è che prevalga il buon senso e l'identità del monumento sia salvaguardata -:
se non ritenga opportuno procedere in tempi rapidi alla rimozione degli ascensori e della caffetteria sulla terrazza, ciò al fine di tutelare un'opera che rappresenta il tributo di un'intera nazione ai suoi martiri.
(4-04667)
Risposta. - Gli ascensori sono stati inaugurati il 31 maggio 2007 alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal Vice presidente del Consiglio e Ministro per i beni e le attività culturali Francesco Rutelli, del Sindaco di Roma Walter Veltroni.
Le dichiarazioni degli intervenuti, così come riportate dagli organi di stampa, sono state assolutamente positive in termini di valorizzazione del monumento.
Nel periodo compreso fra il 1o giugno 2007 e fine settembre, fra cittadini e turisti, hanno utilizzato gli ascensori oltre 100.000 persone.
Tali ascensori peraltro costituiscono solo il primo stralcio dell'appalto concorso per l'affidamento dei lavori di restauro conservativo e recupero funzionale del Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II in Roma, progetto che nel complesso prevede
interventi per circa dieci milioni di euro. I lavori proseguono, infatti, da contratto con l'impresa aggiudicataria.
L'attuale struttura di copertura degli ascensori è stata realizzata in via provvisoria al fine di consentire la verifica dell'andamento termico nella struttura in funzione dell'insolazione e delle temperature esterne. Tale verifica ha avuto esito positivo e, di conseguenza, tale copertura potrà essere sostituita da una struttura definitiva in cristallo, senza ulteriori oneri.
Va precisato che l'affidamento delle opere risale al bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 2002 e sulla Gazzetta Ufficiale Comunità Europee.
La Commissione giudicatrice dei progetti è stata nominata dal Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio di Roma il 3 luglio 2003; si è riunita 45 volte nel periodo compreso fra il novembre 2003 ed il maggio 2006 ed ha individuato come progetto vincitore dell'appalto quello presentato dall'impresa Ati Mannelli costruzioni srl, Saiva sri, Erma srl. L'esecuzione e realizzazione degli ascensori è stata quindi effettuata da tale ditta.
Si precisa che erano state ammesse alla gara d'appalto 11 imprese.
Il bando di gara e la successiva lettera di invito individuavano i parametri ed il rispettivo punteggio percentuale, sulla base dei quali la Commissione avrebbe dovuto formulare il proprio giudizio nella valutazione dei progetti.
La somma matematica dei punteggi attribuiti a ciascun parametro ha automaticamente determinato il progetto vincitore dell'appalto.
Si fa presente che il progetto scelto dalla Commissione, giudicatrice si pone in linea con le disposizioni della Carta del restauro del 1972, che impone di non modificare irreversibiimente i monumenti, ad esempio con demolizioni identificate come «sottrazioni» di materia, ma semmai di opere con «aggiunte» chiaramente riconoscibili e completamente reversibili.
Il Ministero per i beni e le attività culturali ha peraltro istituito un gruppo di lavoro al quale è stato demandato il compito di verificare se ci siano i presupposti e le ragioni di opportunità per una modifica al progetto approvato, ciò in collaborazione con il Comitato tecnico-scientifico del Ministro per i beni e le attività culturali che nella riunione del 17 settembre 2007, ha avviato l'esame di proposte migliorative del progetto.
Si rammenta che l'inaugurazione della caffetteria alla quale si riferisce l'interrogante risale al 1 giugno 2002.
La struttura è stata realizzata in linea con i dettami del «regolamento d'uso del monumento» approvato dall'allora Segretario generale del Ministro per i beni e le attività culturali dottor Carmelo Rocca).
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il lago d'Idro è un bacino lacustre di circa 11 chilometri quadrati per una profondità massima di 120 metri, ricadente Nelle provincie di Brescia e di Trento e nel bacino idrografico del fiume Po, alimentato da significativi apporti idrici di fusione nivoglaciale, in cui il livello delle acque, similmente a quanto avviene negli altri grandi laghi prealpini, è regolato da opere idrauliche, realizzate a partire dagli anni '20 del secolo scorso, che assicurano l'accumulo idrico e la modulazione degli approvvigionamenti agli utilizzatori idroelettrici ed irrigui a valle;
il sistema delle regolazioni ha accresciuto la sua complessità, dopo che, alla fine degli anni '50, anche nel bacino imbrifero del lago (posto prevalentemente in territorio trentino) sono state realizzate grandi dighe e derivazioni idroelettriche che incidono sul regime dell'immissario, fiume Chiese, e del lago stesso, considerato che la capacità complessiva di invaso dei
serbatoi alpini è pari all'intero volume di invaso del Lago d'Idro;
carattere di particolare criticità, legata al picco stagionale di fabbisogno, riveste la richiesta di acque destinate ad uso irriguo, che il decreto del Presidente della Repubblica 4696 del 16 novembre 1950 ha fissato in 24 mc/s (metri cubi al secondo) per la pianura bresciana, a cui si somma un fabbisogno di ulteriori 3,7 mc/s per le utenze agricole mantovane. Alla data di scadenza della concessione (anno 1987) le richieste di rinnovo delle derivazioni irrigue ammontavano a 32,4 mc/s. Si tratta di un fabbisogno assai elevato in rapporto alla dimensione del bacino, tanto che fino al 1996 sono state consentite escursioni del livello lacustre fino a 7 metri. A causa degli aspetti di grave compromissione del paesaggio, degli ambienti naturali ripari e dell'attrattiva turistica del lago, tale escursione è stata ridotta a 3,25 metri, nell'ambito di un quinquennio di sperimentazione (1996-2001) concordato da Ministero dei lavori pubblici, Regione Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Autorità di bacino del fiume Po, che ha consentito un certo miglioramento del quadro ambientale, ma pur sempre a fronte di un'escursione stagionale di livello più che doppio rispetto a quella mediamente consentita negli altri grandi laghi prealpini, sebbene il rapporto tra superficie del lago e superfici irrigue servite sia allineato alla media dei medesimi laghi;
a partire dagli anni '60 si è registrato un progressivo deterioramento della qualità delle acque, a seguito dell'accumularsi nel lago di azoto e, soprattutto, di fosforo derivante da scarichi civili e industriali, che ha comportato lo stabilirsi di condizioni di progressiva e grave eutrofizzazione;
a causa delle peculiari caratteristiche limnologiche del lago d'Idro che si caratterizza per una condizione definita di «meromissi», ovvero di persistenza di uno strato profondo di acque che non si rimescolano con le acque superficiali e in cui pertanto l'accumulo di inquinanti riveste carattere di irreversibilità - e dell'assenza di importanti interventi di risanamento, il quadro qualitativo delle acque ha seguitato a degenerare, con il ripetersi di fenomeni di totale anossia delle acque profonde, morie di fauna ittica, incontrollate proliferazioni di alghe e cianobatteri correlate alla produzione di tossine, aumento dell'alcalinità con valori di pH superiori a 9,0. Dall'estate 2006 il lago è interamente precluso alla balneazione e la situazione, estremamente critica per l'economia turistica, è destinata a protrarsi;
sopravvenute ragioni di sicurezza, connesse con le preoccupazioni circa i possibili movimenti di una paleofrana incombente sugli attuali emissari emissario naturale, scarico di fondo, derivazione idroelettrica), hanno recentemente indotto il servizio dighe ad imporre una limitazione della quota massima di accumulo pari a 367,00 mslm (metri sul livello del mare), inferiore alla quota (367,40 mslm) di naturale deflusso dall'emissario, che comporta l'emunzione di acque dal lago esclusivamente da parte dell'opera di derivazione idroelettrica. Tale abbassamento di soglia determina rilevanti effetti sia sullo stato ambientale dell'emissario, di fatto privato delle acque dell'Eridio, fino al punto di restituzione delle acque dalla centrale di Carpeneda di Vobarno, sia su quella del lago, per l'arretramento della linea di battigia e la compromissione di pregiati ambienti ripari tra i quali merita di essere citata la zona umida del SIC IT3120065 «Lago d'Idro» in provincia di Trento, tanto che, nelle more della predisposizione di un piano di misure e di opere di messa in sicurezza, a cura di Regione Lombardia, a seguito delle fondate proteste di residenti e ambientalisti si è dovuto derogare temporaneamente alla prescrizione e provvedere a ripristinare il deflusso dalla quota naturale e il recupero di un franco di regolazione necessario a ripristinare la capacità di accumulo;
da quanto sopra descritto si intuisce come gli aspetti relativi alla regolazione delle portate (peraltro severamente aggravati dalla ricorrenza sempre più frequente
di condizioni anomale di siccità estiva ed invernale) e quelli connessi alla qualità delle acque e delle compromissioni di fonte antropica siano reciprocamente connessi e concorrano alla progressione del degrado ambientale complessivo, come attestato da ARPA Lombardia (Lago d'Idro - Studio sulla qualità di acque superficiali e sedimenti, 2005) secondo cui i principali fattori che condizionano l'equilibrio ecologico del lago sono:
1)lo stato meromittico naturale aggravato dall'immissione continua di carichi eutrofizzanti;
2) l'emunzione dello strato di mixolimnio nella stagione estiva per le utenze irrigue;
3) le diminuzioni dei livelli in estate in conseguenza dei prelievi;
4) l'estrema variabilità temporale dei livelli del lago.
la Regione Lombardia ha inoltre approvato (DGR 2244 del 29 marzo 2006) il programma di tutela e uso delle acque (PTUA) ai sensi del decreto legislativo 152 del 1999 in cui, pur riconoscendo nelle valutazioni propedeutiche la grave carenza di dati e conoscenze relative all'evoluzione delle dinamiche lacustri, dichiara per il lago d'Idro l'irraggiungibilità degli obiettivi di qualità imposti dalla direttiva quadro CE 2000/60, prendendo atto dell'attuale concentrazione di fosforo pari a 95 microgrammi/litro nelle acque superficiali (nelle acque profonde invece la concentrazione è di gran lunga superiore) limitandosi a definire un obiettivo di 50 microgrammi/litro, ben più alto di quello necessario ad adeguarsi alle direttive di CE e Autorità di Bacino (15 microgrammi litro entro il 2016), senza nemmeno fissare una soglia temporale per il suo perseguimento;
la Regione Lombardia e la Provincia autonoma di Trento lo scorso 14 dicembre 2006 hanno sottoscritto un accordo per l'armonizzazione delle azioni di salvaguardia del lago d'Idro, che attesta la buona volontà di collaborazione e coordinamento delle azioni di monitoraggio, ricerca, regolazione idrica, programmazione delle infrastrutture del servizio idrico, ma che - secondo l'interrogante - elude gli obblighi derivanti dal recepimento della direttiva stessa e che appare carente sotto il profilo del reperimento delle risorse necessarie ad attuare gli investimenti atti al risanamento del bacino;
per tutto quanto esposto si chiede ai Ministri dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e della salute se intendano considerare la grave situazione del lago d'Idro quale essa appare sulla base delle evidenze scientifiche, ovvero una emergenza ambientale di eccezionale rilevanza e di potenziali gravi impatti sull'economia locale, sul turismo e sulla salute pubblica, che espone il Paese alla possibilità di interventi e sanzioni da parte della Corte di giustizia delle comunità europee in caso di accertate violazioni o inadempienze di quanto prescritto dalle direttive 43/92/CE e 60/00/CE, e se pertanto ritengano di attivare con urgenza le strutture ministeriali e l'Autorità di bacino del fiume Po, a supporto delle Regioni e degli enti territorialmente competenti e di emanare specifici provvedimenti atti a consentire la mobilizzazione di risorse economiche, volte a praticare efficaci e tempestive misure di risanamento.
(4-02439)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame vengono poste in evidenza le problematiche afferenti la regolazione artificiale del lago d'Idro, in merito si rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che il lago d'Idro è stato oggetto di riduzione a serbatoio regolato mediante una concessione di regolazione, rilasciata nel 1917 e scaduta nel l987. La citata concessione aveva lo scopo, mediante la realizzazione e l'esercizio di apposite opere (diga e galleria di scarico), di trattenere e rilasciare, mediante la regolazione artificiale dei livelli eseguita secondo le regole stabilite nella concessione, maggiori volumi d'acqua, le cosiddette «acque
nuove», da utilizzarsi nelle derivazioni (irrigue ed idroelettriche) già esistenti e distribuite lungo l'intero corso del fiume Chiese, sublacuale decine di chilometri a valle del lago d'Idro.
Nonostante le attuali opere di regolazione siano ubicate nel territorio della regione Lombardia, il lago d'Idro è rivierasco anche della Provincia Autonoma di Trento e, pertanto, la concessione in argomento deve essere rilasciata d'intesa tra le due amministrazioni.
Nelle more dell'affidamento della concessione, la regolazione è esercitata dalla regione Lombardia tramite un commissario regolatore di nomina regionale, sulla base di una regola provvisoria del marzo 2001 e discendente da una sperimentazione realizzata nel periodo 1993-2001.
La Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente, interessata alle problematiche relative al lago dell'Idro, ha promosso il confronto tra le amministrazioni statali e territoriali per approfondire le diverse problematiche e per cercare una giusta ed appropriata soluzione delle stesse. A tal fine, sono stati organizzati appositi incontri con i soggetti interessati per l'esame delle problematiche da ciascuno segnalate e la composizione dei contrapposti interessi.
In considerazione della stretta interconnessione tra la porzione trentina del bacino del fiume Chiese e del lago d'Idro e la pozione lombarda del medesimo lago e del fiume nel tratto sub lacuale, si è pervenuto da parte delle due amministrazioni, il 14 dicembre 2006, alla sottoscrizione di uno specifico accordo al fine di armonizzare le azioni di salvaguardia delle accuse del lago d'Idro e del fiume Chiese, nonché per disciplinare le modalità amministrative connesse all'esercizio delle funzioni concessorie relative alle utilizzazioni praticate con le acque del bacino di interesse, ivi compreso il lago, e con riferimento al quadro ambientale, paesaggistico e di fruizione turistica.
In tale accordo sono definite e modalità di espressione dei pareri e delle intese di rispettiva competenza per affrontare e addivenire, tra l'altro, ad una soluzione definitiva della concessione di regolazione del lago, anche in relazione agli aspetti paesaggistici ed ambientali, compresi quelli relativi al SIC «Lago d'Idro».
Infatti, a seguito dei risultati negativi delle verifiche effettuate su dette opere da una apposita commissione di collaudo, il Registro, italiano dighe (Rid), come atto dovuto per motivi di prevenzione di salute e sicurezza pubblica, ha imposto la limitazione dell'invaso del lago d'Idro.
Sulla base degli aggiornamenti forniti dalla regione Lombardia, risulta che sono state espletate le procedure di affidamento della progettazione preliminare delle nuove opere, comprensive dell'esecuzione delle indagini geologiche e geotecniche finanziate dalla regione, da parte del Consorzio del Chiese di bonifica di 2 grado, già affidatario dell'esecuzione di opere di consolidamento e manutenzione della vecchia diga e galleria.
In sede di progettazione delle nuove opere sarà predisposto, secondo la vigente normativa che recepisce le direttive comunitarie in materia, lo studio di impatto ambientale compressivo dello studio di incidenza.
Il livello del lago d'Idro non dipende soltanto dalla concessione di regolazione o derivazione delle risorse idriche, ma anche da persistenti necessità di sicurezza pubblica, determinate dalla potenziale minaccia di una paleofrana, all'incolumità delle popolazioni rivierasche che rende parzialmente inutilizzabili le esistenti opere di regolazione.
A seguito dell'Accordo per l'armonizzazione delle azioni di salvaguardia delle acque del lago d'Idro e del fiume Chiese intercorso tra la regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento, l'Enel, per esigenze di manutenzione, ha messo fuori servizio la propria galleria di derivazione.
In considerazione di ciò ed al fine di permettere il graduale riempimento del lago e lo sfioro naturale della traversa di Idro, la regione Lombardia aveva dato indicazioni al commissario regolatore di limitare, in concomitanza della messa fuori esercizio della galleria di derivazione, le erogazioni dal lago al minimo previsto dalla regola (10 mc/s).
Tuttavia, a causa dei ridotti afflussi al lago (inferiori alle serie storiche) il livello del lago, al momento della chiusura della galleria, si trovava al di sotto della quota di sfioro di 367,00 metri sul livello del mare (79 cm).
Con la messa fuori servizio della galleria di derivazione Enel ed in considerazione dei bassi livelli che ancora permanevano nel lago, il Commissario regolatore, ha disposto che venisse mantenuta l'erogazione della minima portata (10 mc/s) attraverso la «galleria degli agricoltori».
Tale situazione ha provocato un ennesimo esposto alla Procura della Repubblica di Brescia da parte del «Coordinamento delle Pro Loco» che contestava la scelta di far defluire l'acqua nel fiume Chiese attraverso la «galleria degli agricoltori», piuttosto che invasarla nel lago e poi farla defluire tramite la traversa nel fiume Chiese.
Al fine di raggiungere più rapidamente la quota naturale di sfioro di 367,00 metri sul livello del mare, l'11 gennaio 2007, si è tenuto, presso la Prefettura di Brescia, un incontro nel corso del quale si è concordato di ridurre ulteriormente e temporaneamente l'erogazione dal lago al fiume Chiese, attraverso la «galleria degli agricoltori». Pertanto, in deroga alla regola di gestione, con decreto direttoriale 22 gennaio 2007, la regione Lombardia ha disposto la riduzione temporanea della portata da erogarsi dal lago a 7 mc/s, in seguito ridotta ulteriormente a 3,3 mc/s (valore del minimo deflusso vitale sul fiume Chiese a Gavardo), fino al raggiungimento della quota di sfioro presso la traversa di Idro.
Una volta raggiunta la quota di sfioro, la «galleria degli agricoltori» sarebbe stata chiusa ed il lago esercito a deflusso naturale con portate di deflusso corrispondente agli afflussi naturali al lago, fino alla riapertura della galleria di derivazione Enel.
Successivamente, con nota del 7 febbraio 2007, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha invitato gli enti coinvolti nella gestione del lago d'Idro ad assicurare il minimo deflusso vitale del fiume Chiese attraverso lo sfioro delle portate effluenti dal lago tramite la traversa d'Idro, impedendo la riduzione del livello del lago al di sotto del limite di 367,00 metri sul livello del mare.
Il Consiglio Provinciale di Brescia con delibera n. 11 del 30 marzo 2007, in ottemperanza al Documento di intesa del 10 novembre 2006, ha approvato il documento «Pianificazione di emergenza provinciale per il rischio idrogeologico e idraulico del lago d'Idro - stralcio del piano di emergenza provinciale».
Nella stessa data il comune di Idro con ordinanza n. 1629 ingiungeva e ordinava alla ditta Enel SpA di non togliere, non asportare e non rimuovere il materiale ghiaioso, ciottoloso (detto «tura») depositato tra il canale di derivazione Enel ed il lago di Idro. Ordinanze di pari contenuto sono state in seguito emesse anche dai comuni rivieraschi Anfo e Bagolino.
Lo stesso comune con successiva ordinanza diffidava ed ingiungeva all'Enel produzione SpA di installare adeguati strumenti di misura in prossimità della derivazione, di trasmettere i dati completi di misurazione delle acque e di attivare tutte le misure necessarie al rispetto sia del minimo deflusso vitale che della salvaguardia del Lago.
La Comunità montana Valle Sabbia, in merito all'esigenza di mantenere il minimo deflusso vitale e, pertanto, la quota del lago al di sopra di 367,00 metri sul livello del mare anche successivamente alla riapertura del canale di derivazione dell'Enel, si dichiarava intenzionata a realizzare a spese proprie una soglia che innalzasse la quota di presa del canale, limitandone, in tal modo, la possibilità di utilizzo.
Il 4 aprile il Registro italiano dighe comunicava le modifiche alla limitazione di invaso, defluendo la nuova quota di esercizio ordinario a 368,50 metri sul livello del mare la nuova quota di 369,00 sul livello del mare), raggiungibile in caso di eventi eccezionali. Successivamente lo stesso Rid esprimeva parere negativo sul progetto della proposta opera di sbarramento fisso a quota 367,50 368,00 nell'opera di presa del lago dell'impianto idroelettrico di Vobarno.
Al fine di pervenire ad una soluzione condivisa delle problematiche avanzate da soggetti portatori di diversi interessi, il 23 maggio 2007, presso la Prefettura di Brescia, alla presenza del Prefetto e delle amministrazioni interessate, è stato sottoscritto un protocollo di intesa per mezzo del quale:
sono state revocate le ordinanze del comune di Idro e quelle dei comuni di Anfo e Bagolino;
l'Enel si è impegnata ad:
erogare attraverso la produzione della centrale di Storo, al fine di sostenere la quota di 367,20 metri sul livello del mare limitatamente alla stagione irrigua 2007;
essere disponibile, nel caso di conclamata emergenza idrica, ad erogare ulteriori volumi d'acqua, fino ad un massimo di 5 ML mc;
avviare, a partire dal 24 maggio 2007, le operazioni di rimozione dell'opera provvisionale detta «tura».
Le amministrazioni comunali si sono impegnate ad attivare gli interventi di pulitura e di ripristino della funzionalità del breve tratto di alveo compreso tra la traversa naturale e l'incile naturale del lago, per garantire il mantenimento del deflusso minimo vitale alle quote minime.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
nella risposta alla precedente interrogazione n. 5-01170 lo stesso Ministero indicava l'apertura al traffico della SGC Firenze-Pisa-Livorno entro la fine di luglio 2007;
a metà settembre 2007 ancora non risulterebbe essere stato effettuato il collaudo del tratto finale nonostante i lavori sembrerebbero essere stati terminati;
nella stessa risposta si indica come periodo necessario al completamento dei lavori 500 giorni, un impegno assunto dal Ministero delle infrastrutture, necessari a completare le opere di viabilità che renderanno scorrevole il nodo tra Aurelia, SGC e autostrada zona Navicelli-Aeroporto ma senza che sia chiara la data di avvio dei lavori -:
quale sia la data del collaudo del nuovo tratto SGC;
quale sia la data del conseguente rilascio delle autorizzazioni a SALT al fine di procedere all'esecuzione delle opere di raccordo;
quale sia la data in cui partiranno i lavori (stimati in 500 giorni) per il completamento delle opere e della viabilità di raccordo.
(4-04827)
Risposta. - In data 13 ottobre 2007 è stato aperto al traffico l'ultimo tratto ammodernato della SGC Firenze-Pisa-Livorno a seguito del completamento dei lavori relativi al lotto 13o, tronco Pontedera-Pisa che hanno riguardato essenzialmente il raddoppio della carreggiata nel tratto lungo circa 1250 metri, prospiciente l'aeroporto Galileo Galilei di Pisa.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
SALERNO e BUONTEMPO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'attuale Governo ha depennato il ponte sullo stretto dalle proprie priorità;
in recenti dichiarazioni il Ministro Di Pietro ha parlato di non meglio precisati investimenti per la mobilità in Sicilia che potrebbero essere realizzati a valere sui fondi già stanziati per il Ponte sullo Stretto;
nessun documento formale di programmazione governativa parla di detti investimenti;
fin dal varo dell'attuale Governo, in sede di CIPE il sud in generale e la Sicilia in particolare hanno sempre avuto definanziamenti anziché finanziamenti (con l'eccezione che si ritiene non casuale del comune di Napoli) e non risulta che vi sia stata alcuna opposizione a detta tendenza da parte del ministro delle infrastrutture;
si ritiene pertanto che vada chiarito il nodo degli investimenti nel sud d'Italia ed in particolare in Sicilia alla luce di quanto pubblicamente dichiarato dal ministro -:
a quali progetti per la mobilità siciliana si riferisse nella suddetta dichiarazione del 25 ottobre ultimo scorso e la entità economica connessa.
(4-05500)
Risposta. - Si fa presente che in data 4 ottobre 2007, sono stati conclusi tra questo Ministero e le Regioni Sicilia e Calabria gli accordi preliminari finalizzati all'individuazione e selezione degli interventi infrastrutturali prioritari ricadenti nel territorio delle due Regioni, da finanziare a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (fondi Fintecna).
Per quanto attiene, in particolare, alla Regione Siciliana, sono stati individuati i seguenti interventi destinati alle aree urbane o metropolitane dei capoluoghi di provincia, in coerenza il Piano regionale dei trasporti e della mobilità predisposto dalla Regione Siciliana:
1) area metropolitana di Palermo: linea della metropolitana leggera di Palermo - 10 stralcio funzionale;
2) area metropolitana di Catania: Ferrovia circumetnea-tratta urbana con funzione di metropolitana - 2o lotto funzionale Stesicoro-aeroporto;
3) area metropolitana di Messina: completamento piattaforma logistica intermodale con annesso scalo portuale e relativi assi viari, ivi compreso l'approdo esistente presso il villaggio Tremestieri, e nodo di interscambio per l'accesso delle reti viarie;
4) 2o lotto Agrigento-Caltanisetta-A19. Tratto dal km 74. Con riferimento a questo ultimo intervento, in sede di accordo le parti hanno altresì convenuto che quanto concordato resta valido a condizione che la Regione Siciliana completi il finanziamento del 2o lotto di cui al punto 4, a valere sui fondi FAS assegnati alla Regione medesima, di cui per non meno di 300 milioni di euro sui fondi FAS 2006.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
SAMPERI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i valori del vanadio, del ferro e del manganese registrati, negli ultimi mesi, dall'Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA), Dipartimento Provinciale di Catania, in diversi centri della zona pedemontana etnea hanno superato notevolmente i limiti consentiti dal citato decreto legislativo n. 31 del 2001, raggiungendo valori assurdi, come per esempio: il vanadio (179 a S.P. Clarenza, 177 a Camporotondo e 159 a Mascalucia), rispetto al parametro consentito (50 microgrammi/litro); il ferro (2700 a Gravina, 993 a Trecastagni, 289 a Tremestieri e 245 a Valverde) rispetto al parametro previsto (200 microgrammi/litro); il manganese (1458 a Nicolosi, 983 a Gravina 107 a Tremestieri, 117 a Viagrande e 115 a Valverde) rispetto al parametro previsto (50 microgrammi/litro);
la Regione Sicilia, «visto il decreto del Ministero alla salute del 22 dicembre 2004, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il quale veniva concesso alla regione Sicilia il potere di deroga ai requisiti di qualità delle acque destinate al consumo umano per i parametri di boro e vanadio per un valore massimo ammissibile, per le acque in distribuzione potabile nei comuni interessati del massiccio etneo», con decreto dell'Assessorato alla salute del 27 maggio 2005 aveva consentito deroghe (per il boro e il vanadio) al limite
previsto dalla normativa nazionale, fino al 31 dicembre 2005, disponendo, nel contempo, che l'ACOSET ed altri Enti acquedottiferi ivi identificati informassero la popolazione circa le eventuali refluenze sulla salute connesse all'uso di acque in distribuzione con eccedenza dei parametri, e inoltre predisponessero interventi operativi, con relativa copertura finanziaria, per rientrare nei limiti richiesti dalla vigente normativa;
a più di un anno della scadenza del decreto di proroga, gli Enti acquedottiferi non solo non si sono attivati per porre in essere le opere richieste dalla Regione, ma nemmeno hanno assolto all'obbligo di informazione sui rischi alla salute dall'utilizzo dell'acqua in questione;
l'ACOSET, l'Ente acquedottifero che, in prevalenza, gestisce i servizi di fornitura per i paesi etnei, non ha altresì ritenuto di partecipare ad incontri con gli Enti Locali interessati, ai quali era stato invitato, anche ai fini di una necessaria chiarezza e degli impegni di competenza da assumere;
da risultati scaturiti dall'Università degli Studi di Catania, Dipartimento di Ingegneria, sono ritenuti possibili interventi per la rimozione dei valori esorbitanti nell'acqua, sia per quanto riguarda il vanadio che il ferro e il manganese;
la mancata attuazione di quanto previsto dalla Regione col decreto di deroga del 2005 preoccupa enormemente i cittadini interessati per i rischi alla salute derivanti dal consumo di acqua non conforme alle direttive europee, codificate dal decreto legislativo n. 31 del 2001, che, per altro aveva allargato il concetto di potabilità, non solo alle acque destinate all'alimentazione, ma anche ad usi igienici o, più in generale, domestici (pulizia, innaffiamento, eccetera, in quanto i rischi potrebbero sussistere anche dall'uso non alimentare dell'acqua (dermatite da contatto con sostanze contenenti nichel, rischi di tumori cutanei per contatto con idrocarburi policiclici) -:
se, anziché consentire, con nuovo provvedimento ministeriale, che la regione Sicilia proceda ad eventuali nuove e ingiustificate deroghe ai limiti previsti nei parametri del decreto legislativo n. 31 del 2001, non ritenga invece intervenire nei confronti della Regione Sicilia medesima perché vengano obbligati i Soggetti Acquedottiferi interessati a predisporre le opere occorrenti, in tempi brevi, per riportare i valori dei contaminanti nelle sorgenti idriche nell'ambito delle concentrazioni consentite dalla normativa nazionale vigente, prevedendo, per gli Enti inadempienti apposite sanzioni ed esercitando eventuali poteri di controllo e/o di surroga;
se non ritenga opportuno prevedere, non solo per gli Enti Acquedottiferi, ma anche per l'ASL e per gli Enti Locali interessati, l'onere della più ampia diffusione informativa circa le refluenze sulla salute connesse all'uso di acque in distribuzione con eccedenza dei parametri di contaminanti nelle sorgenti idriche in concentrazioni superiori alla Concentrazione Massima Consentita;
se non ritenga che, nel caso di inerzia di tutti gli Enti suddetti, sia pubblici che privati, a tutela della salute dei cittadini e tenuto conto del vigente decreto legislativo n. 31 del 2001, diventi indispensabile un incisivo intervento degli Organi Ministeriali, anche con provvedimenti sostitutivi.
(4-02801)
Risposta. - In merito alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano distribuita nel territorio pedemontano etneo, è doveroso specificare che i limiti dei parametri ferro e manganese, sono stati inseriti nell'allegato I parte C «Parametri indicatori» del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, di attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.
Tali parametri hanno la funzione di indicatori della qualità dell'acqua e non sono assoggettabili a regime di deroga. La gestione dei casi di non conformità ai valori indicati per tali parametri è affidata all'Autorità d'ambito, sentito il parere della competente Azienda sanitaria locale in merito al possibile rischio della salute umana (articolo
14 del decreto legislativo 31/01), mentre la concessione di deroghe e tutti gli adempimenti conseguenti sono di competenza dell'Autorità regionale.
Diverso è il caso dei parametri boro e vanadio che, essendo ricompresi nell'allegato I parte B, sono assoggettabili ai procedimenti di deroga ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo.
Per gli anni 2004 e 2005 sono stati determinati, sentito il Consiglio superiore di sanità, specifici Valori massimi ammissibili (VMA), (3 mg/l per il boro e 160 mcg/l per vanadio), entro i quali la Regione Siciliana poteva stabilire eventuali deroghe. Con i medesimi provvedimenti di determinazione dei Valori Massimi Ammissibili, questo ministero ha dettato anche disposizioni in merito agli obblighi delle Autorità regionali di garantire l'attuazione da parte dei gestori delle misure correttive di competenza e del programma degli interventi necessari al ripristino della qualità delle acque, in conformità alle misure adottate dalle Autorità d'ambito.
Con nota del 19 dicembre 2005, la Regione Siciliana ha richiesto per l'anno 2006 il rinnovo della individuazione dei Valori Massimi Ammissibili per i parametri boro e vanadio, ma, poiché non ha fornito una documentazione adeguata ai sensi del suddetto articolo 13, come specificamente richiesto anche nei decreti interministeriali del 23 dicembre 2003 e 22 dicembre 2004, il ministero della salute non ha potuto dar seguito a tale richiesta, dandone formale e motivata comunicazione alla Regione.
Ciò nonostante, la regione ha rinnovato per l'anno 2007 la richiesta di deroga; il ministero della salute, con nota del 24 gennaio 2007, ha richiesto la necessaria e integrale documentazione di supporto, che è stata trasmessa il 29 maggio 2007.
Si precisa, inoltre, che il 22 febbraio 2007 presso questo ministero, alla presenza del Sottosegretario di Stato delegato nella materia, si è svolto un incontro con il rappresentante dell'Asl n. 3 di Catania e con il presidente dell'Acoset.
Si segnala che nello scorso mese di giugno è stata formulata richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità (CSS) circa la revisione parametrica del vanadio e la conferma o meno dei Valori Massimi Ammissibili in precedenza stabiliti.
Nella seduta del 19 luglio 2007 il Consiglio superiore di Stato, considerato, tra l'altro, che l'arricchimento in boro e vanadio delle acque captate in tutto il settore sud-occidentale dell'Etna è legato alle caratteristiche geologiche naturali delle lave vulcaniche e non ad inquinanti superficiali e tenuto conto dei benefici per la popolazione e dell'insostituibilità della risorsa idrica in questione, ha espresso parere favorevole alla richiesta della Regione Sicilia di poter concedere il rinnovo delle deroghe per i parametri boro e vanadio.
Inoltre il Consiglio ha fissato, fino al 31 dicembre 2007, il VMA di 3 mg/l per il parametro boro ed il VMA di 160 mg/l, per il parametro vanadio, fermo restando che il vanadio pentavalente non deve superare il VMA di 50 mg/l.
Il parere del Consiglio contiene una serie di indicazioni per la Regione Sicilia, tra cui il richiamo all'obbligo dell'informazione alla cittadinanza e alla necessità di intensificare i controlli sui parametri in deroga fino alla risoluzione del problema.
La Regione Sicilia è stata invitata inoltre a realizzare misure volte alla riduzione della concentrazione del boro e vanadio anche attraverso opportune miscelazioni con acque aventi concentrazioni molto basse di tali elementi.
Proprio riguardo all'aspetto dell'informazione della popolazione, si rappresenta che l'articolo 13, comma 11, del decreto legislativo citato individua nelle competenze regionali tali obblighi, specificando anche che le informazioni e raccomandazioni fornite alla popolazione devono far parte integrante del provvedimento di deroga.
A tale proposito, il Servizio di igiene Pubblica della ASL citata ha comunicato di «aver curato l'aspetto della comunicazione ai cittadini e agli enti interessati (Autorità comunali e provinciali, gestori di acquedotto, attuali ATO) mediante mass-media (interviste giornalistiche-televisive) e partecipazioni a Consigli comunali e provinciali, nel corso dei quali è stata ribadita la massima disponibilità a partecipare ad
eventuali incontri con cittadini interessati alla problematica, riunioni con l'acquedotto interessato (Acoset) per monitorare l'andamento dei lavori di adeguamento per l'abbattimento dei parametri eccedenti e per verificare l'avvenuta comunicazione agli utenti delle informazioni relative alla presenza del parametro vanadio eccedente i valori di legge».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
STRIZZOLO, PERTOLDI e MARAN. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'Autostrada A4 Venezia-Trieste costituisce uno dei tratti del Progetto prioritario n. 6, più comunemente noto come Corridoio V e, nel contempo, una delle dorsali della mobilità del Nord Est, nonché della connessione tra l'Italia e l'Europa Centro orientale; l'infrastruttura è di anno in anno sempre più obsoleta a causa del costante aumento del traffico, soprattutto pesante, originato nel Nord Est e proveniente da oltre frontiera;
l'obsolescenza comporta un progressivo venir meno dei requisiti di sicurezza per la circolazione. A riprova di ciò basti pensare all'alto numero di incidenti che si verificano soprattutto nella tratta San Donà di Piave-Quarto D'Altino;
non è pertanto più rinviabile la costruzione della terza corsia dell'intera tratta compresa fra Quarto D'Altino e Villesse, indispensabile al fine di ripristinare una adeguata capacità di trasporto dell'infrastruttura e i dovuti standard di sicurezza;
la concessionaria pubblica Autovie Venete è da tempo impegnata per la progettazione e costruzione della menzionata terza corsia, proponendo di realizzare l'intera tratta da Quarto D'Altino a Villesse;
il concedente ANAS ha fino ad oggi consentito di inserire nel Piano finanziario della società la sola tratta di terza corsia Quarto D'Altino-San Donà di Piave, con la conseguenza di assentire solamente alla realizzazione di tale segmento di infrastruttura;
la realizzazione dell'intera terza corsia non è più rinviabile e pertanto essa va rapidamente inserita nel Piano finanziario di Autovie Venete in modo che la Concessionaria possa disporre di entrate tariffarie tali da finanziare l'opera;
una parte delle presenti entrate tariffarie di Autovie Venete deriva dalla attuale gestione della Tangenziale di Mestre. Il Governo ha recentemente definito un'intesa con la Regione Veneto che ristorna le entrate del sistema vecchia Tangenziale più nuovo Passante a favore di una società mista Stato-Regione Veneto, facendo così venire meno una porzione essenziale del flusso di cassa ad Autovie Venete e, pertanto, una parte significativa degli utili aziendali da indirizzare alla costruzione della terza corsia;
è necessario garantire ad Autovie Venete adeguate entrate tariffarie per poter dare seguito alla costruzione della terza corsia per l'intera tratta Quarto D'Altino-San Donà di Piave -:
se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario sollecitare l'ANAS affinché collabori con Autovie Venete per la più rapida definizione ed approvazione del Piano finanziario della Concessionaria, includendovi l'intera terza corsia;
se non ritenga opportuna la massima collaborazione tra Stato, Concessionaria e Regioni interessate al fine di accelerare il rilascio delle autorizzazioni necessarie ad avviare i lavori della terza corsia, ricorrendo anche all'ausilio di un Commissario governativo.
(4-05448)
Risposta. - In data 7 novembre 2007 presso il Ministero delle infrastrutture è stata sottoscritta la nuova convenzione unica tra Anas e la concessionaria Autovie venete SpA che scadrà nel 2017 e prevede un programma d'investimenti di 1.340,6 milioni di euro di cui gli interventi principali
sono costituiti dall'adeguamento dell'autostrada A4 con realizzazione della terza corsia sul tratto Quarto d'Altino-Villesse (1.198 milioni di euro) e dall'adeguamento della Villesse-Gorizia (142 milioni di euro).
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ULIVI e MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
alcune delle nostre Ambasciate si sono dotate, presumibilmente per carenza di personale, di call centers per la prenotazione di appuntamenti da parte dei cittadini stranieri che devono presentare i documenti richiesti per ottenere il visto di ingresso in Italia;
i suddetti call centers vengono affidati a società esterne che, a fronte di un esiguo stipendio agli operatori, addebitano ai chiamanti tariffe molto alte, spesso lasciando l'interlocutore in attesa per molti minuti e a volte costringendo a richiamare, il tutto per un costo che può anche arrivare a 30 euro per telefonata, per esempio nei mesi estivi quando l'afflusso delle telefonate si incrementa per una maggiore richiesta di visti -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto premesso e, in caso affermativo, quali siano le società in questione e con quali criteri siano state scelte, se la scelta da parte delle Ambasciate venga fatta per contrattazione privata o bando pubblico, che tipo di contratto venga stipulato e con quali accordi economici.
(4-04606)
Risposta. - Sempre più spesso negli ultimi anni le ambasciate italiane ricorrono allo strumento del call center per fissare appuntamenti e fornire informazioni agli utenti, evitando lunghe e sgradevoli file fuori dagli uffici e migliorando la qualità dei servizi, offerti.
L'ambasciata a Belgrado è stata, nel 2003, tra le prime Sedi ad aver utilizzato questo sistema, sul cui modello sono stati stipulati i successivi accordi firmati tra altre Rappresentanze italiane e i locali gestori di società di outsourcing nei Paesi interessati da un forte incremento nel rilascio dei visti d'ingresso.
Il ricorso ai call center è molto diffuso anche tra le rappresentanze di altri Paesi Schengen quali Francia, Spagna, Belgio, Grecia ed è disciplinato dall'Istruzione e consolare comune Schengen, che prevede la possibilità di utilizzare società esterne per il disbrigo di alcuni servizi connessi al rilascio dei visti.
Le aziende cui tengono affidati tali servizi, spesso leader mondiali nel settore, vengono selezionate tra quelle di comprovata professionalità, anche sulla base delle esperienze maturate da altri Partner Schengen ed occidentali, che pure fanno un massiccio ricorso a tali forme di outsourcing.
I sistemi di esternalizzazione in uso presso le nostre Sedi sono il risultato di un'accurata preparazione (formazione del personale, dettagliata messa a punto delle procedure, sua diffusione presso gli ambienti interessati) e di un periodo di rodaggio da parte della Rappresentanza per correggerne eventuali anomalie.
Gli operatori dei call center sono infatti istruiti dal personale dell'Ambasciata in merito alle informazioni da offrire al pubblico e sono sottoposti a costante vigilanza da parte dell'ambasciata stessa.
I Funzionari dell'ufficio visti del ministero degli affari esteri effettuano frequentemente controlli non preannunciati, sotto il profilo funzionale e di sicurezza, anche telematicamente nel caso di sistemi di appuntamenti, e provvedono ad ispezioni senza preavviso presso le società di outsourcing.
Per quanto concerne l'aspetto economico, il servizio viene prestato esclusivamente su pagamento degli utenti, senza costi per l'erario italiano. In base agli accordi sottoscritti con le società erogatrici, la clientela viene informata dal risponditore automatico del costo della telefonata appena entra in linea con il call center e prima che scatti l'addebito della chiamata. Gli introiti spettano interamente alla società che eroga il servizio.
Il ricorso al call center non è tuttavia obbligatorio per l'utente, cui rimane la possibilità di rivolgersi direttamente alla rappresentanza diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti tramite le modalità tradizionali (centralino, fax, lettera, posta elettronica o altro).
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
VICO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la situazione occupazionale della città di Taranto, dopo la nota dichiarazione di dissesto dell'Ente comunale, ormai versa in gravi condizioni, a causa di un indotto costretto a correre ai ripari dopo il drastico ridimensionamento delle commesse;
l'emergenza tra l'altro riguarda anche i lavoratori impegnati nell'appalto delle pulizie delle scuole statali nella provincia jonica. In tutto 800 lavoratori e lavoratrici, di cui 472 nella sola città di Taranto provenienti proprio dalle imprese locali;
l'11 aprile scorso, infatti, l'Ufficio Scolastico Regionale Pugliese rendeva nota, attraverso un incontro con le organizzazioni sindacali Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e Uiltrasporti, l'aggiudicazione della gara d'appalto regionale alla Dussmann Service, e annunciava l'ulteriore ridimensionamento degli orari di lavoro al 50 per cento;
i 472 lavoratori impegnati nella città di Taranto, occupati dall'ATI Vega Bolognini e Polignano, partivano già da un monte ore fortemente penalizzante di 4 o 3 ore giornaliere e da dieci anni subiscono l'anomalia della sospensione dell'attività senza retribuzione per i periodi di sospensione dell'attività scolastica (vacanze di Natale, Pasqua o periodi estivi) diversamente dalle restanti province pugliesi;
il ridimensionamento proposto dalla Dussman Service riduce ancora e drasticamente la capacità di reddito di questi lavoratori, consegnando a fine mese alle 472 famiglie collegate all'appalto delle pulizie scolastiche una busta paga formatasi su un monte ore di due ore o un'ora e mezza giornaliere;
i sindacati di fronte ad una situazione che si fa sempre più d'emergenza e che rischia di far traballare ulteriormente l'equilibrio sociale della città, si sono già rivolti al Prefetto di Taranto che immediatamente ha segnalato la situazione al Governo, ai rappresentanti regionali del Ministero della pubblica istruzione, alla Direzione Provinciale del Ministero del lavoro e ai parlamentari del territorio;
se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta, quali iniziative intenda assumere e quali direttive indicare all'Ufficio Scolastico Regionale al fine di assicurare l'occupazione dignitosa ed annuale ai 472 lavoratori.
(4-03577)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare in esame concernente la situazione salariale dei lavoratori dei servizi di pulizia delle scuole statali di Taranto, nel quadro dell'appalto aggiudicato alla Ditta «Dussmann service s.r.l.» a conclusione della gara espletata dall'ufficio scolastico regionale per la Puglia secondo la direttiva ministeriale n. 68 del 28 giugno 2005.
L'interrogante paventa una riduzione dei salari dei lavoratori interessati per effetto del ridimensionamento degli orari di lavoro al 50 per cento proposto dalla suddetta ditta aggiudicataria, subentrante alle imprese che in precedenza operavano nelle scuole della provincia di Taranto, e richiede interventi volti a garantire i livelli di reddito dei lavoratori medesimi; ciò al fine di evitare ulteriori situazioni di disagio in un contesto territoriale in cui la situazione occupazionale è divenuta critica dopo la dichiarazione di dissesto dell'ente comunale.
Della questione è stata interessata la Presidenza del Consiglio dei Ministri e in data 28 giugno 2007 è intervenuto un accordo sottoscritto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, dal Ministro della pubblica istruzione e dal Ministro del lavoro, nonché dal presidente della regione
Puglia, dal presidente della provincia di Taranto e dal sindaco del comune di Taranto; l'accordo, muovendosi nella prospettiva di garantire a tutti i lavoratori dei servizi di pulizia in argomento almeno il medesimo livello retributivo percepito in costanza del rapporto di lavoro con le ditte perdenti l'appalto, prevede, in particolare, l'estensione delle misure di salvaguardia dei livelli di reddito dei lavoratori dei servizi di pulizia della città di Taranto attivabili ai sensi dell'articolo 1, comma 1190, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che reca disposizioni ai fini della concessione in deroga alla normativa vigente degli ammortizzatori sociali.
La direzione scolastica regionale per la Puglia ha comunicato che l'esecuzione del suddetto accordo, con la partecipazione degli organi periferici del ministero del lavoro e dell'Inps, ha consentito il cambio di appalto con il subentro della aggiudicataria «Dussmann Service s.r.l.», a far data dal 16 luglio decorso.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in molte nazioni le nostre ambasciate - per agevolare il flusso dei richiedenti visti o documenti - indirizzano gli utenti verso dei «call center» che predispongono gli appuntamenti;
molto spesso il ricorso a tale sistema implica lunghi periodi di attesa sia per trovare un operatore disponibile che per ottenere numeri liberi;
dopo telefonate che spesso durano decine di minuti cade la linea, si scopre che l'appuntamento è ottenibile solo molti mesi dopo la data necessaria o semplicemente si è invitati a richiamare;
il prezzo delle chiamate è molto ingente soprattutto in nazioni dove la moneta locale non ha il potere di acquisto dell'euro;
a questo procedimento sono obbligati anche i cittadini italiani residenti all'estero che devono servirsi degli uffici consolari per passaporti, pratiche, documenti -:
quali siano le ambasciate italiane che ricorrono a questo sistema, quanto costi al minuto l'attesa telefonica nei diversi paesi;
se il Ministro non ritenga di dover intervenire al fine di ridurre questi costi che sono a volte insostenibili per persone di modeste capacità economiche;
se più in generale venga effettuato un controllo sulla funzionalità e costi dei «call center» anche per stabilire a chi vadano gli ingenti profitti di questo servizio che in alcuni casi avviene addirittura con «call center» esteri rispetto al paese dove si deve contattare la nostra locale rappresentanza consolare.
(4-04236)
Risposta. - Sempre più spesso negli ultimi anni le ambasciate italiane ricorrono allo strumento del call center per fissare appuntamenti e fornire informazioni agli utenti, evitando lunghe e sgradevoli file fuori dagli Uffici e migliorando la qualità dei servizi offerti.
L'ambasciata a Belgrado è stata, nel 2003, tra le prime Sedi ad aver utilizzato questo sistema, sul cui modello sono stati stipulati i successivi accordi firmati tra altre rappresentanze italiane e i locali gestori di società di outsourcing nei Paesi interessati da un forte incremento nel rilascio dei visti d'ingresso.
Il ricorso ai call center è molto diffuso anche tra le rappresentanze di altri Paesi Schengen quali Francia, Spagna, Belgio, Grecia ed è disciplinato dall'Istruzione consolare comune Schengen, che prevede la possibilità di utilizzare società esterne per il disbrigo di alcuni servizi connessi al rilascio dei visti.
Le aziende cui vengono affidati tali servizi, spesso leader mondiali nel settore, vengono selezionate tra quelle di comprovata professionalità, anche sulla base delle esperienze maturate da altri Partner Schengen ed occidentali, che pure fanno un massiccio ricorso a tali forme di outsourcing.
I sistemi di esternalizzazione in uso presso le nostre Sedi sono il risultato di un'accurata preparazione (formazione del personale, dettagliata messa a punto delle procedure, sua diffusione presso gli ambienti interessati) e di un periodo di rodaggio da parte della rappresentanza per correggerne eventuali anomalie.
Gli operatori dei call center sono infatti istruiti dal personale dell'ambasciata in merito alle informazioni da offrire al pubblico e sono sottoposti a costante vigilanza da parte dell'Ambasciata stessa.
I funzionari dell'ufficio visti del ministero degli affari esteri effettuano frequentemente controlli non preannunciati, sotto il profilo funzionale e di sicurezza, anche telematicamente nel caso di sistemi di appuntamenti, e provvedono ad ispezioni senza preavviso presso le società di outsourcing.
Per quanto concerne l'aspetto economico, il servizio viene prestato esclusivamente su pagamento degli utenti, senza costi per l'erario italiano. In base agli accordi sottoscritti con le società erogatrici, la clientela viene informata dal risponditore automatico del costo della telefonata appena entra in linea con il call center e prima che scatti l'addebito della chiamata. Gli introiti spettano interamente alla società che eroga il servizio.
Il ricorso al call center non è tuttavia obbligatorio per l'utente, cui rimane la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti tramite le modalità tradizionali (centralino, fax, lettera, posta elettronica o altro).
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
ZACCHERA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come già segnalato per l'Argentina in altro atto parlamentare, risulta all'interrogante che anche per i pensionati del Brasile l'INPS abbia cambiato l'Istituto di Credito tramite il quale erogare le pensioni dovute;
ciò ha creato problemi ai pensionati -:
se quanto sopra corrisponda a verità, quali siano stati i motivi che hanno portato a tale decisione;
se il servizio assicurato oggi sia più sollecito o preciso del passato e se si sia tenuto conto dei problemi causati ai pensionati nell'accredito e riscossione delle pensioni dovute;
se, infine, siano dovute all'istituto bancario erogante provvigioni, percentuali o oneri per riscuotere la pensione da parte dei beneficiari.
(4-04470)
Risposta. - Nel 2006 l'Inps ha indetto una gara d'appalto per il pagamento delle pensioni di quasi 410.000 beneficiari, residenti in 34 Paesi, tra i quali il Brasile.
A seguito dell'aggiudicazione della gara, dal 1o maggio 2007 il servizio di pagamento delle pensioni all'estero è stato affidato all'Istituto centrale delle Banche popolari italiane, che si avvale, nei vari Paesi, di banche locali designate dall'Istituto stesso e facenti parte del proprio gruppo societario.
Nell'adottare tale modus operandi, l'Inps si è prefisso di gestire con criteri manageriali l'erogazione delle pensioni all'estero, garantendo un miglioramento del servizio, una maggiore trasparenza, un più efficace controllo dell'esistenza in vita dei beneficiari, l'assenza di commissioni bancarie a carico dei pensionati e nuove e diverse opzioni nelle modalità di riscossione della pensione.
Nella fase iniziale, l'applicazione del nuovo sistema di pagamento ha causato alcuni problemi, dovuti alla pendenza di un ricorso, presentato da uno degli Istituti bancari partecipanti alla gara d'appalto, ed dalla mancata proroga del servizio da parte delle banche che avevano fino ad allora assicurato il pagamento delle pensioni.
L'istituto centrale delle banche popolari italiane si è formalmente impegnato fin dall'inizio a risolvere tutte le problematiche e ad assicurare lo svolgimento del servizio,
garantendo che nessuna commissione graverà sul pensionato, così come previsto dalla convenzione con l'Inps. Rimangono escluse dall'accordo le commissioni dovute per il cambio di valuta, posto che le pensioni all'estero vengono erogate in euro, così come avviene in Italia.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
ZANELLA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il decreto 16 febbraio 2007 recante disposizioni circa l'Approvazione del piano di comunicazione per l'anno 2007 per l'organizzazione di iniziative di comunicazione finalizzate all'informazione del cittadino, all'affermazione di una corretta alimentazione, al sostegno dell'intero comparto agricolo e agroalimentare, per la valorizzazione delle produzioni, la tutela della salute dei consumatori, l'educazione alimentare e le altre attività di competenza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali prevede: «Riguardo alla promozione di consumi di prodotti ortofrutticoli, l'inserimento nella rivista «Spazio Rurale», edita dalla Società Edizione Spazio Rurale S.c.r.l., di una pubblicazione informativa mirata alla promozione dei consumi di frutta e verdura, da distribuire anche presso i punti vendita della G.D.O. Conad, nei reparti in cui i prodotti ortofrutticoli sono in vendita;
l'inserimento di questo periodico nel suddetto piano di comunicazioni suscita oggi non poche perplessità anche perché la rivista in questione si è di recente (segnatamente nel numero 7 e 8 2007) distinta per accesi attacchi all'operato dell'INRAN (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) ente pubblico che, per l'appunto, coniuga l'attività di ricerca nel campo degli alimenti e della nutrizione con l'attività di informazione ed educazione del consumatore;
in particolare la rivista «Spazio Rurale» ha recentemente auspicato che l'INRAN sia visitato da «una squadra di ispettori amministrativi»;
principale oggetto delle critiche sono state le ricerche, basate sulla sperimentazione in campo aperto di un mais resistente alla piralide (il mais mono 810 di proprietà della Monsanto, già approvato a livello comunitario dal 1998 anche per la coltivazione) tali ricerche che rappresentano un potenziale pericolo per gli interessi della multinazionale menzionata essendo il prodotto in questione una sorta di apripista per il mercato Europeo;
in particolare, i primi dati sulla risposta immunitaria dei topi di laboratorio nutriti con mais bt, indicano una diversa risposta immunitaria sia intestinale che periferica, un dato che suggerisce la necessità di ulteriori studi;
un orientamento di massima prudenza da parte del Ministero dell'Ambiente ha attualmente sospeso le sperimentazioni in campo aperto;
nel corso del 2007 si sono quindi moltiplicati degli attacchi all'operato dell'ente INRAN, (assumendo talvolta anche la forma di un attacco personale al suo Direttore, come nel caso dell'articolo apparso, su Il Sole 24 Ore l'8 luglio a firma Gilberto Corbellini);
in un campo delicato come quello degli OGM, in cui il principio di precauzione deve essere fatto valere con fermezza, e in cui gli interessi privatistici sono enormi, la ricerca di un ente pubblico indipendente appare fondamentale -:
quali ragioni abbiano spinto il Ministero a inserire e quindi finanziare la rivista «Spazio Rurale» nel piano di comunicazione per l'anno 2007;
se non si ritenga che l'INRAN debba continuare a svolgere attività di ricerca nelle migliori condizioni di autonomia;
quali siano gli indirizzi per l'attività futura dell'Inran.
(4-04757)
Risposta. - L'interrogazione in esame pone l'attenzione sulla scelta operata dall'Amministrazione
di avvalersi dell'opera divulgativa della rivista «Spazio Rurale» presso i punti vendita della grande distribuzione organizzata (GDO) Conad-reparto vendita prodotti ortofrutticoli e su alcuni articoli apparsi sulla rivista relativi alle modalità di svolgimento ed agli indirizzi futuri dell'attività di ricerca posta in essere dall'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran).
Al riguardo, si fa presente che la previsione, contenuta nel Piano di comunicazione per l'anno 2007, di inserire nella rivista Spazio rurale una pubblicazione informativa mirata alla promozione dei consumi di frutta e verdura, da distribuire anche presso i punti vendita della grande distribuzione organizzata (GDO). Conad, vale per l'anno in corso ed è suscettibile di revisione, in sede di ridefinizione di futuri finanziamenti, in considerazione dei risultati ottenuti.
Quanto alla specifica attività di ricerca svolta dall'Inran, si sottolinea il valore dell'autonomia in tale ambito e l'atteggiamento che ha da sempre connotato l'Amministrazione volta a garantire la piena autonomia dell'attività di ricerca.
Tale orientamento trova il proprio fondamento nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, concernente la «Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59» laddove è previsto che l'Istituto è dotato di autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
Infine, quanto agli indirizzi futuri dell'attività di ricerca posta in essere dall'Istituto, si precisa che gli stessi sono definiti sulla scorta delle previsioni contenute nel Piano nazionale ricerca (Pnr), sulla base degli obiettivi prioritari per la ricerca delle regioni e del VII programma quadro europeo.
In particolare, gli indirizzi per la futura attività dell'Inran possono essere così sintetizzati:
1) ricerca nel campo degli alimenti e della nutrizione, condotta in rapporto sinergico con altre strutture analoghe e complementari, finalizzata all'approfondimento delle tematiche nutrizionali a sostegno del prodotto agroalimentare nazionale attraverso progetti strategici;
2) informazione ed educazione in campo, nutrizionale ed alimentare, attraverso lo sviluppo e la diffusione di prodotti e strumenti finalizzati, e realizzazione di servizi di consulenza per il consumatore;
3) sostegno alle imprese del settore agroalimentare, mediante accreditamento/certificazione di prodotti alimentari, su caratterizzazione nutrizionale e sicurezza, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.