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Allegato B
Seduta n. 268 del 17/1/2008
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GIUSTIZIA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro della salute, il Ministro della solidarietà sociale, per sapere - premesso che:
è crescente nel nostro Paese l'allarme per lo sfruttamento ed i maltrattamenti cui sono sottoposti i minori, con particolare riguardo ai minori stranieri ed ai rom; pur disponendo di un bagaglio di normative sufficientemente adeguato tribunali e servizi sociali non riescono nemmeno a scalfire il fenomeno, mentre agiscono implacabilmente nei riguardi delle famiglie di cittadini italiani, che si trovano in difficoltà nell'esercizio delle cure parentali e della potestà genitoriale; matura nei cittadini la convinzione che ormai esistano in tale ambito due diversi metri di misura;
paradossale e drammatica a tal proposito è l'odissea giudiziaria, non ancora giunta a conclusione, dei coniugi Marco Romani e Luisa Padroni di Perugia, alla quale gli organi d'informazione hanno dato ampio risalto in questi anni;
in base alle notizie ed ai documenti raccolti dagli interpellanti, nel 1995 alla coppia sono stati tolti i figli dai Servizi sociali (SS) e dal Tribunale per i minori (TM) di Perugia. Prima quello piccolo, di un mese, poi il primogenito di 3 anni, a causa della patologia della madre (depressione post-partum), e della presunta inaffidabilità del padre, motivata dal servizio ospedaliero e dai Servizi sociali della A.S.L. n. 2, di volta in volta con ragioni diverse: il padre avrebbe avvelenato il figlio più piccolo e tenuto segregata in casa la moglie; la moglie avrebbe abbandonato il figlio minore; entrambi avrebbero commesso gravi azioni nei confronti dei loro due figli, mettendone in pericolo la vita;
la madre dei bambini, separata da essi, ha visto aggravarsi le sue condizioni depressive, fino al punto in cui nel luglio 1995, recatasi ad un appuntamento fissatole dai Servizi sociali, per programmare la ripresa delle visite ai figli, le operatrici (pur consapevoli delle conseguenze che il loro comportamento avrebbe avuto su una persona già fragile e provata da depressione post-partum), non si presentavano ed ella, colta da profonda disperazione si gettava nel vuoto dal palazzo comunale di Perugia. Segue almeno un lustro di sofferenze e di cure, durante il quale i coniugi avevano tentato più volte di rivedere i loro figli, ma inutilmente. Al più piccolo, i Servizi sociali avevano anche cambiato le generalità;
nel dicembre del 2000, sulla base delle informazioni fornite dai Servizi sociali, il secondogenito risultava essere stato abbandonato dai genitori e il Tribunale per i minori, prendendo in considerazione la richiesta della famiglia affidataria che
teneva con sé il bambino ormai da 6 anni, emanava un decreto di adozione; i coniugi Romani - Padroni facevano opposizione, presentando ricorso, ma il Tribunale per i minori si pronunciava nuovamente a favore dell'adozione;
nell'Ottobre del 2002 i coniugi presentavano ancora una volta ricorso, questa volta presso la sezione minori della Corte d'Appello di Perugia, in questa sede venivano riconosciute le loro ragioni, revocato il dichiarato stato di adottabilità del secondogenito e imputata ai Servizi sociali e al Tribunale per i minori, la responsabilità dei mancati incontri tra genitori e figli, resi impossibili dai continui divieti; con detta sentenza si prescriveva inoltre il reinserimento del secondogenito nella sua famiglia originaria, attraverso un opportuno percorso preparatorio sia del bambino sia dei suoi genitori;
nel 2003, in seguito al grande risalto dato dai mass-media alla vicenda, il Tribunale per i minori rivedeva i propri provvedimenti e decretava che i Servizi sociali predisponessero un programma di recupero della genitorialità anche nei confronti del figlio maggiore; nel luglio 2004 la I sez. civile della Corte di Cassazione confermava la sentenza della Corte d'Appello di Perugia;
le principali responsabili di questa triste storia, tre psicologhe e due assistenti sociali dell'A.S.L. n. 2, a seguito di denuncia-querela da parte dei coniugi, hanno dichiarato durante gli interrogatori dell'autorità giudiziaria, trattarsi di involontari errori di valutazione. In realtà appare dai documenti che le operatrici dei Servizi sociali, mediante le loro dichiarazioni e le loro azioni, hanno irrimediabilmente offeso la reputazione dei coniugi, hanno fatto sì che i minori fossero strappati ai genitori contro la loro volontà, privandoli in questo modo del loro patrimonio naturale e rendendo a tutt'oggi difficile e doloroso il recupero delle relazioni familiari; hanno cagionato lesioni gravi in danno della madre, compromettendo il suo stato psicofisico (presenta un'invalidità dell'85 per cento), hanno innumerevoli volte accusato il padre di aver posto in essere varie fattispecie di reato a danno dei minori, accuse dimostratesi false in quanto mai sfociate, come d'obbligo per i Servizi sociali in una denuncia penale nei suoi confronti;
quanto non sarebbe mai dovuto accadere, è oggi difficilmente rimediabile: due bambini sono stati strappati alla loro famiglia e la difficoltà nel tornarvi è dovuta ora non più a presunti difetti della medesima, bensì alla necessità di non turbare, dopo 11 anni, l'equilibrio raggiunto all'interno dei nuovi ambienti. Attualmente, a distanza di quasi 4 anni dalla sentenza della Corte d'Appello di Perugia, nessuno dei due figli, ormai rispettivamente di 12 e 15 anni, è tornato in famiglia;
peraltro gli attuali responsabili dei Servizi sociali continuano a perseguire una politica se non ostruzionista, quanto meno superficiale nella conduzione della vicenda e di conseguenza allontanando la possibilità di avviare un dialogo costruttivo per fare in modo che i ragazzi fosse data la possibilità di un rientro senza traumi in famiglia; nonostante siano trascorsi circa 4 anni dalle sentenze in oggetto, persistendo l'estrema rarefazione degli incontri, è impossibile che il processo di riavvicinamento tra i coniugi e i loro figli possa progredire -:
se i Ministri interrogati non ritengano inaccettabile, ciascuno per la parte di propria competenza che, a distanza di circa quattro anni dalla sentenza definitiva essa risulti di fatto inapplicata;
se non ritengano, alla luce degli elementi esposti, che i Servizi sociali della Asl n. 2 ed il Tribunale per i minori di Perugia, abbiano trattato la vicenda secondo modalità che agli interpellanti appaiono da un lato di estrema approssimazione e noncuranza, dall'altro pervicacemente vessatorie, predisponendo, eventualmente per quanto di competenza, eventualmente un'ispezione ministeriale, per verificare il funzionamento degli organi interessati;
se non ritengano opportuno, ciascuno per la parte di propria competenza, richiamare le strutture che si occupano di tutela dei minori ad un'applicazione univoca delle norme vigenti senza distinzione tra cittadini italiani, comunitari, extracomunitari ed apolidi;
se non intendano intervenire anche mediante iniziative normative affinché ai coniugi che si trovano in situazioni come quella descritta in premessa sia riconosciuto in via amministrativa un adeguato indennizzo per il gravissimo danno morale ed esistenziale sofferto e per le ingenti spese sopportate, nel corso di quella che può essere a ragione definita una vera e propria odissea umana e giudiziaria.
(2-00923) «Santelli».
Interrogazione a risposta in Commissione:
SPERANDIO e ACERBO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
vi sono varie denunce e segnalazioni riguardanti la gestione della categoria degli agrotecnici come condotta dal suo Presidente Nazionale agrotecnico Roberto Orlandi;
tale agrotecnico Orlandi ricopre ininterrottamente la medesima carica di Presidente nazionale della categoria sin dalla sua creazione ed istituzione, cioè dal 1988;
a quanto consta agli interroganti ogni flebile tentativo da parte degli iscritti, di rinnovare tale rappresentanza è stato soffocato dallo stesso agrotecnico Orlandi, attraverso misure disciplinari e commissariamenti dei collegi «non allineati» e «dissenzienti»;
ultimo episodio eclatante di tale comportamento è avvenuto con il collegio provinciale di Rovigo, peraltro penultimo nella serie di commissariamenti che hanno interessato i collegi provinciali di Bologna, Ferrara, Padova, Vicenza, Venezia, Grosseto, Roma, Udine e successivamente quello di Treviso;
tutti i predetti collegi avevano infatti costituito un gruppo «Com.Agro» per l'elezione di candidati alternativi alla linea «presidenziale» dell'agrotecnico Orlandi, in previsione delle elezioni nazionali del 2000;
il progetto «Com.Agro» nasce dall'esigenza di sanare un paradosso riscontrato nella gestione dell'ente «collegio Nazionale»;
il comitato infatti sospettò una gestione «poco ortodossa» delle finanze del collegio, che risulta socio sovventore di strutture private facenti capo, tra gli altri, al Presidente Nazionale, agrotecnico Orlandi, quali le Cooperative Agrifuturo Scarl ed Agrifuturo II;
il Collegio degli agrotecnici risulta istituito e regolamentato dal combinato disposto della alla legge n. 251 del 1986 e della legge n. 91 del 1991; per tali disposizioni tutti i collegi si configurano come «Enti di diritto pubblico» ascrivibili alla categoria degli enti non economici;
proprio per la natura attribuita ai collegi essi determinano «... la misura del contributo annuo da corrispondersi, da parte degli iscritti negli albi, nei limiti strettamente necessari a coprire le spese per il proprio, funzionamento»;
tali attribuzioni di fatto corrispondono all'impossibilità di investire a fini lucrativi le risorse finanziarie del collegio, nonché all'impossibilità di finanziarie strutture private;
il sostegno economico di una cooperativa privata non appare in alcun modo rientrare nelle fattispecie di gestione contabile consentite a tale tipologia di enti;
il Ministero, nonostante le numerose segnalazioni ricevute, ha tralasciato di verificare e vigilare sull'operato del Collegio nazionale, così come prevede il compito istituzionale di vigilanza attribuitogli, e soprattutto non ha considerato le richieste e le memorie depositate in proposito, proprio dagli agrotecnici rodigini;
gli interroganti hanno avuto accesso a tutta una serie di documenti, a dir poco stupefacenti, che dimostrano come un gruppo di Agrotecnici della provincia di Rovigo componenti il consiglio del collegio locale, sia stato dapprima Commissariato con motivazioni artefatte, con le medesime insinuazioni, poi denunciato alla Procura della Repubblica e dalla stessa prontamente e pienamente scagionato, attraverso l'accertamento dell'assoluta infondatezza delle accuse mosse;
nonostante la chiarezza posta dalla Procura essi sono stati comunque radiati e/o sospesi per le medesime ragioni, senza alcun intervento di controllo e verifica da parte di codesto Ministero, ripetutamente chiamato in causa ed interessato da segnalazioni rappresentanti i gravi abusi commessi dal Collegio Nazionale e dai collegi locali operanti in suo nome;
tutta questa triste ed assurda vicenda è imperniata sulle attività private del presidente nazionale (cooperative Agrifuturo ed altre) il quale, per salvaguardarne gli interessi, sembra non lesinare strumentalizzazioni del proprio ruolo istituzionale pur di sopraffare la concorrenza: tutti gli agrotecnici vittime dei provvedimenti disciplinari svolgevano attività concorrenti a quelle delle cooperative Agrifuturo -:
se il Ministro, quale Ente preposto all'Alta vigilanza ed al controllo sugli ordini professionali, non ritenga opportuno intraprendere adeguate e necessarie procedure di verifica sull'operato del Collegio nazionale degli agrotecnici ed agrotecnici laureati, anche al fine di accertare quanto sin qui segnalato;
se il Ministro intenda adottare idonei provvedimenti, di scioglimento dei collegi responsabili degli abusi segnalati, nonché attivare le conseguenti azioni disciplinari, finalizzate a ricondurre la gestione della categoria a quei principi deontologici di imparzialità, dignità e decoro che le si addicono;
se il Ministero intenda svolgere tempestivamente anche una verifica fiscale/patrimoniale sul Collegio nazionale e sui Collegi Locali che risultano «soci sovventori» delle Cooperative Agrifuturo, verifiche che devono necessariamente riguardare i bilanci sia degli Enti Pubblici in questione che quelli delle strutture private da questi finanziate.
(5-01924)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIOVANARDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 6 marzo ed il 7 giugno 2007 il sottoscritto interrogante ha presentato due interrogazioni volte a conoscere le misure adottate da codesto ministero, quale ente di controllo, al fine di porre soluzione ad una vicenda dai contorni paradossali che ha gravemente ed ingiustamente colpito alcuni professionisti appartenenti alla categoria degli agrotecnici;
in data 17 ottobre 2007 il sottoscritto presentava un'ulteriore interrogazione;
per quanto di conoscenza continuano ad insistere notevoli irregolarità nella gestione del collegio agrotecnici ed in particolare in quella del collegio territoriale di Rovigo;
al riguardo tali irregolarità sono state prontamente e ripetutamente segnalate a codesto Ministero, sia dagli iscritti che dai consiglieri del collegio agrotecnici di Rovigo;
i consiglieri del collegio agrotecnici di Rovigo reintegrati nel consiglio al termine dei provvedimenti disciplinari illegittimamente subiti, Modenese, Baroncini e Stocco, hanno ripetutamente segnalato e denunciato le irregolarità gestionali e contabili commesse dall'autoproclamato Presidente Angelo Zanellato;
le citate irregolarità attengono prevalentemente alla gestione sia amministrativa che contabile del collegio agrotecnici -:
se corrisponda a verità ce gli organi competenti del Ministero abbiano avanzato
al Ministro interrogato la proposta di commissariare l'ordine di Rovigo.
(4-06124)
CAMPA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 2 gennaio 2008, sul blog di Beppe Grillo, è stato riportato il seguente articolo:
«La Giustizia di Barbablù.
Per chi vuole liberarsi della moglie per una ventenne dell'Est o per ereditare l'appartamento la legge italiana offre grandi possibilità.
Il giudice Bruno Tinti nel libro Toghe Rotte fornisce preziosi ragguagli agli aspiranti uxoricidi. Per prima cosa bisogna disporre di una moglie e di un buon motivo per sopprimerla, quindi la si può eliminare. Chi vuole potrà dar sfogo al suo sadismo in quanto non considerato una seria aggravante.
Dopo l'omicidio bisogna correre subito dai Carabinieri per autodenunciarsi, spiegare i dettagli del delitto e far rintracciare gli strumenti utilizzati per compierlo (punteruolo, pistola, martello, eccetera).
Non sussistono più i pericoli di inquinamento delle prove e di fuga. L'arresto non è perciò necessario. In attesa del processo si potrà continuare la propria normale attività.
Per l'uxoricidio è previsto l'ergastolo, ma il marito può dimostrare di "aver agito in stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui" (articolo 62 n. 2), ad esempio le corna, essere disponibile a risarcire i parenti della ex moglie (articolo 62 n. 6) e chiedere il rito abbreviato.
Il giudice, dotato di calcolatrice, comincia a detrarre:
la pena, senza le aggravanti, non è più l'ergastolo, ma il carcere per 24 anni;
meno un terzo, articolo 62 n. 2 (stato d'ira) = 16 anni;
meno un terzo, articolo 62 n. 6 (risarcimento) = 11,33 anni periodico;
meno un terzo, articolo 62-bis, attenuanti generiche (concesse a tutti) = 7,5 anni;
meno un terzo per il rito abbreviato = 5 anni;
se l'omicidio è avvenuto prima del maggio 2006 sono scontati tre anni per l'indulto ceppalonico = 2 anni con la sospensione condizionale della pena.
Nel caso la Giustizia sia particolarmente severa con una condanna a tre anni, il marito verrebbe affidato ai servizi sociali.
L'uxoricidio conviene. Un libro, la sponsorizzazione di una linea intimo maschile e una serata da Vespa. Si può raggiungere la tranquillità economica. In Italia le mogli sono utili anche da morte.
P.S.: l'iter giudiziario è valido anche per i mariti.» -:
se ciò che viene riportato nel blog di Beppe Grillo, e tratto dal libro del giudice Bruno Tinti, corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare per eliminare tale paradosso giuridico consentito dalla legge italiana che, nel prevedere tali sconti di pena, anziché costituire un disincentivo alla delinquenza sembra al contrario incoraggiarla, minando gravemente le garanzie di giustizia, oltre che di sicurezza, dei cittadini.
(4-06125)
GASPARRI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
consta all'interrogante che la Segreteria regionale del Piemonte dell'Osnapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) in data 9 gennaio 2008 ha inviato una lettera, indirizzata al Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria (e, per conoscenza, al Prefetto di Cuneo; al Sindaco della città di Alba; al Direttore della Casa circondariale di Alba; al Segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci; al Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Presidente Ettore Ferrara; all'Ufficio relazioni
sindacali; a tutti i lavoratori della Casa circondariale di Alba; a tutti i Parlamentari di maggioranza e opposizione; a tutti gli organi di stampa) avente ad oggetto i «gravissimi problemi della Casa circondariale di Alba» e «la sofferenza del personale di Polizia penitenziaria in località Vivaro»;
si riporta, per maggiore chiarezza il testo della missiva;
«Egregio Signor Provveditore,
nostro malgrado, siamo costretti a segnalarLe presso la Casa Circondariale di Alba una gestione del personale di Polizia Penitenziaria effettuata con modalità che definire "discrezionali" da parte del locale Comandante di Reparto appare un eufemismo.
Ciò che si verifica in tale struttura, infatti, è in assoluta difformità agli accordi siglati tra le Parti, in quanto organizzare non significa stravolgere le regole vigenti non rispettando la professionalità del personale effettivo ad Alba e sottraendo, nel contempo, qualsiasi possibilità di confronto sindacale quale unico strumento guida per il bene sia del personale che dell'Amministrazione stessa.
Peraltro le molteplici e unilaterali decisioni assunte in tale sede turbano il clima di serenità lavorativa creando, crescente malessere tra tutto il personale tanto da incentivare l'apatia e la disaffezione al lavoro e determinano, per contro, assenteismo da parte del personale ed aumenti di tensione tra i medesimi al limite della sopportabilità.
Gli accordi siglati tra le Parti, devono essere osservati e non disattesi innanzitutto ed in via esemplare, dal Comandante che gestisce, si badi bene, risorse umane e non birilli o ancora peggio pedine che possono essere spostate a proprio piacimento.
A completezza e supporto di quanto suesposto, rispetto a detto agire, si riscontra l'assoluta inerzia della Direzione che ad oggi osserva silente e senza assumere decisioni nell'interesse della stessa Amministrazione, quasi ad indicare una sorta di subordinazione nei confronti del Comandante che sembrerebbe scavalcare accordi e regole vigenti.
La quasi totalità del personale mal sopporta questo clima poco trasparente determinato da scelte di "governo" che condanniamo con assoluta fermezza visti anche i molteplici ordini di servizio che in questo ultimo periodo vengono emanati e che hanno determinato e determinano un vero e proprio "caos" (come ad esempio: rientri, cambi turno, block house, sala convegno ed altro ancora).
Chiediamo, quindi, immediati, concreti e trasparenti correttivi che ripristinino la "sana" gestione del personale secondo le regole e gli accordi siglati e vigenti, atteso che sino ad oggi abbiamo assistito, come già detto, solo a scelte unilaterali ed a null'altro se non ad "aria fritta"!
Decorsi dieci giorni dalla ricezione della presente, qualora non sarà ripristinata la corretta gestione del personale di Polizia Penitenziaria auspicata dalla totalità del personale in servizio ad Alba, l'OSAPP, manifesterà pubblicamente nel piazzale antistante l'istituto con un sit-in e successivo corteo per la città sino a raggiungere il Comune dove sarà richiesto un incontro con il Sindaco, affinché l'opinione pubblica e Organi esterni all'Amministrazione Penitenziaria vengano sensibilizzati e portati a conoscenza di tale erronea e poco trasparente gestione.
Per concludere, riteniamo che l'Amministrazione debba da subito assumere seri provvedimenti destinando ad altro incarico l'attuale Comandante.
Infine, come O.S., non riteniamo di chiedere nulla di straordinario, desideriamo solo che il Direttore faccia il Direttore e ripristini legalità e trasparenza in ordine al puntuale rispetto delle regole al fine di restituire serenità e fiducia al personale di Polizia Penitenziaria poiché è già duramente provato dal duro e rischioso lavoro che quotidianamente svolge.
In attesa di cortese ed urgentissimo riscontro si inviano distinti saluti» -:
quali iniziative intenda assumere a tutela del personale di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale
di Alba, già oggetto di atti di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante, rimasti a tutt'oggi senza risposta.
(4-06131)