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Allegato B
Seduta n. 270 del 21/1/2008
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UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
alla luce dei cambiamenti intervenuti nel settore universitario, quali: l'introduzione della riforma universitaria, le riforme parziali apportate dalla legge n. 210 del 1998, l'adesione dell'Italia ai princìpi della «strategia di Lisbona» e il dispiegarsi del «Processo di Bologna», nonché l'evoluzione della comunità scientifica internazionale e del mercato del lavoro della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, si rende necessario procedere con una riforma organica dell'istituto del Dottorato di ricerca;
alcuni osservatori sostengono che dietro la stessa parola «dottorato di ricerca» ci sarebbero visioni nettamente divergenti sulla struttura e funzionamento di un dottorato di ricerca nonché sulla sua necessità o meno di preparare alla ricerca sia essa di tipo accademico (quasi unica in Italia) o industriale (molto rara in Italia) -:
la frequente assenza di riferimenti legislativi lascia che il «dottorando» sia considerato ora come uno studente ora come un ricercatore. Questa duplice condizione trova eco anche nella normativa europea. Da una parte, i documenti del Processo di Bologna definiscono il dottorato come il terzo ciclo della formazione superiore accomunando quindi il dottorando allo studente universitario. Dall'altra, la Carta europea dei ricercatori definisce «ricercatori nella fase iniziale della carriera» i ricercatori nei primi quattro anni di attività di ricerca, inclusi i periodi di formazione. Da queste definizioni discende senza ombra di dubbio interpretativo che il dottorando è a tutti gli effetti un «ricercatore in formazione».
i sopra menzionati due aspetti (studente universitario e professionista della ricerca) sono essenziali e andrebbero chiariti accuratamente. Al dottorando dovrebbero essere riconosciuti, oltre ai diritti previsti dalla normativa sul diritto allo studio (mense, alloggi, trasporti, attività culturali, eccetera), anche i diritti/doveri previsti dalla Carta europea dei ricercatori, primo fra tutti il diritto ad essere considerati come professionisti ed essere trattati di conseguenza;
i dottorandi ricevono la misera cifra di 850 euro al mese, e coloro che dispongono di una borsa di studio, devono sostenere a proprio carico i soggiorni obbligatori all'estero, senza poter contare sulle missioni internazionali a carico delle università -:
se non ritenga opportuno intervenire con una iniziativa legislativa ad hoc che preveda una ridefinizione del ruolo delle borse di studio, preservando il diritto di chi si avvia agli studi dottorali ad una condizione economica dignitosa ed autonoma dalla famiglia di origine, tale da consentire sia alle donne che agli uomini di conciliare la ricerca e la carriera con la costituzione di un nuovo nucleo familiare;
se non ritenga che sarebbe altresì necessario garantire una borsa di studio a ciascun dottorando giudicato idoneo alla selezione in ingresso, eliminando così la figura del dottorando senza borsa, attraverso un'adeguata copertura economica di tutti i posti, onde evitare di ridurre il numero totale di posti banditi, contrastando con l'esigenza, riconosciuta sia a livello nazionale che europeo negli obbiettivi della Strategia di Lisbona, di elevare il numero dei ricercatori e il livello complessivo di istruzione della popolazione europea;
se non ritenga indispensabile richiedere ad ogni corso di dottorato di garantire la copertura economica di tutto il percorso formativo, compresi gli eventuali periodi trascorsi all'estero per motivi di studio, strutture e risorse adeguate, e un percorso formativo di qualità mirato al raggiungimento di obiettivi scientifici precisi e rilevabili;
quali iniziative intenda intraprendere per emanare quindi una «Carta dei diritti e dei doveri dei dottorandi», consentendo a questi di esercitare la partecipazione alla vita democratica delle università e ai suoi processi decisionali, ai processi di valutazione delle università, dei centri di ricerca, dei corsi di dottorato; il diritto ad una formazione di alto livello; il bisogno di un rapporto trasparente e costante con il supervisore del lavoro di ricerca; il diritto ad un trattamento economico equo e dignitoso che preveda anche adeguati contributi previdenziali; il diritto alla salute e alla maternità nel rispetto delle politiche di pari opportunità anche nel campo della Ricerca (periodi di sospensione per malattia, maternità, eccetera); (diritto all'accesso ai servizi per il diritto allo studio; il diritto alla mobilità e a periodi di studio e di soggiorno all'estero; il diritto in generale al conseguimento del titolo in tempi dettati solo dalle necessità della ricerca e non da efficienze o inefficienze dell'apparato amministrativo dei singoli atenei; il diritto ad una informazione trasparente sulle opportunità di lavoro che il titolo di dottore di ricerca può offrire, secondo le statistiche nazionali della spendibilità del dottorato nel mondo del lavoro; il diritto ad essere informati sulle possibilità e sui finanziamenti alla ricerca sia pubblica che privata cui il dottorando può accedere durante il corso di dottorato e dopo il conseguimento del titolo.
(4-06144)
D'ELIA. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 si è attuato quanto previsto dalla legge n. 368 del 1999 prevedendo per i medici specializzandi un contratto di formazione in luogo delle precedenti borse di studio, in conformità con la normativa europea, con un sensibile aumento di stipendio e garanzie per i giorni di malattia, i contributi previdenziali e la maternità;
vi sono medici specializzandi che avevano intrapreso il corso a fronte di borse di studio: pubbliche o private;
si registra un diverso trattamento, a seguito dell'applicazione dei contratti di formazione nelle diverse università, rispetto a coloro che esercitavano la specializzazione sulla base di una borsa di studio;
in particolare, si segnala un'attuazione differente fra la Scuola di specializzazione dell'università La Sapienza di Roma rispetto ad esempio a quelle di Trieste e Bari;
si registrano situazioni per le quali medici specializzandi, dopo tre anni di corso, si ritrovano oggi, nel dover sottoscrivere il contratto, a prendere atto che l'ente erogatore, non essendo in grado di sostenere la differenza economica fra la borsa di studio assegnata e i nuovi criteri contrattuali, in alcuni casi corrisponde compensi senza l'adeguamento contrattuale, in altri addirittura invalida la borsa stessa (è il caso de La Sapienza a Roma), con la inevitabile decadenza e con il conseguente disagio per lo specializzando che vede pressoché vanificati i tre anni investiti, peraltro a fronte di un contratto stipulato con l'università e non con l'ente erogatore;
coloro che vengono a trovarsi in una situazione così lesiva rispetto agli investimenti fatti nel triennio, tendenzialmente
preferiranno scelte di praticantato in altri Paesi piuttosto che rischiare nuovamente in Italia;
le università presenti sul territorio nazionale stanno procedendo in modo differenziato -:
se il Ministro ritenga di dover intervenire con urgenza al fine di:
a) predisporre una circolare che regolamenti in modo uniforme il trattamento di tutti gli specializzandi;
b) regolamentare la fase di transizione per coloro che hanno iniziato la specializzazione grazie alle borse di studio, affinché possano portarla a termine, senza che la nuova contrattazione vada a loro scapito.
(4-06147)
MELONI, RAMPELLI e ALEMANNO. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il clima di disordine e di illegalità instauratosi in diverse università statali, e in particolare nell'ateneo «La Sapienza» di Roma, ad opera di gruppi estremisti spalleggiati da docenti ideologizzati, è diventato ormai inammissibile;
la forzata rinuncia del Santo Padre, Benedetto XVI, ad intervenire in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico alla Sapienza, è solo l'ultima ed ennesima dimostrazione dell'intolleranza e della violenza che da anni imperversano in alcune università italiane;
tale gravissimo episodio ha compromesso l'immagine internazionale dell'Italia, per il mancato rispetto delle più elementari regole di democrazia e per la sconfitta delle autorità di fronte ad una minoranza non rappresentativa;
un gruppo di docenti ha reputato legittimo intervenire pubblicamente, non per contestare il pensiero del Papa, ma per chiedere che fosse negato a questi di esprimere le proprie idee;
nonostante già da alcuni giorni si profilasse il rischio di una possibile rinuncia del Pontefice a presenziare l'inaugurazione dell'anno accademico, il Governo non ha intrapreso alcuna concreta iniziativa per scongiurare tale eventualità e ha espresso solo una tardiva solidarietà a Benedetto XVI;
già in passato, nella medesima università, era stato impedito di parlare ad autorevoli esponenti della società civile e del mondo politico, tra cui l'allora Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Fini, invitato alla Sapienza nel novembre 2004 per un dibattito sulla Costituzione europea, in quanto rappresentante italiano alla Convenzione Europea;
non si ricordano, al contrario, manifestazioni di protesta e di intolleranza, né da parte del corpo accademico né da parte degli studenti, nelle occasioni in cui ex brigatisti e «predicatori dell'odio» hanno arringato gli universitari dall'interno degli atenei, come ad esempio nel caso di Oreste Scalzone che, nel febbraio 2006, tenne un'assemblea dinanzi al Rettorato de «La Sapienza»;
in numerose circostanze non è stato garantito a molti studenti il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni all'interno delle facoltà, con continue e ripetute minacce ed aggressioni da parte di esponenti della sinistra antagonista e con il colpevole silenzio delle istituzioni accademiche;
l'Università è un luogo di studio e di ricerca, foro di discussione e sede di confronto intellettuale nonché di dialogo;
la violazione del pluralismo all'interno dell'Università «La Sapienza» di Roma è un problema che esiste da decenni e numerosi atenei si sono ridotti ad essere «zone franche» per bande di facinorosi, spesso estranei al corpo studentesco -:
per quali ragioni, in occasione dell'invito rivolto al Santo Padre da parte del Rettore de «La Sapienza», non abbia provveduto, per quanto di Sua competenza, a svelenire il clima di tensione e a garantire la massima agibilità dell'ateneo romano;
quali urgenti iniziative intenda intraprendere in relazione alla situazione di docenti che, ad avviso degli interroganti, in spregio alla loro missione, si rendono partecipi di connivenza e di palese sostegno nei confronti di chi usa l'intolleranza come metodo dell'agire politico all'interno degli atenei italiani;
in che altro modo intenda tutelare il pluralismo e garantire la libertà di espressione nelle università italiane e impedire che minoranze rumorose e violente possano prevaricare il diritto di tutti al manifestare le proprie idee.
(4-06150)