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Allegato B
Seduta n. 34 del 31/7/2006
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
LION. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Nucleo di Vigilanza Faunistico Ambientale dell'Associazione Verdi Ambiente e Società Onlus di Cetraro (Cosenza) nella persona del suo Responsabile Emilio Quintieri, in qualità di Pubblico Ufficiale ed Agente di Polizia Giudiziaria, con nota Prot. nr. 520/2006 del 6 giugno 2006 depositata in data 13 giugno 2006, ha informato la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Paola nella persona del Sostituto Dott. Domenico Fiordalisi, di essere venuto a conoscenza tramite l'Ispettore Capo del Corpo Forestale dello Stato Romeo Borgia in servizio presso l'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Cosenza, che nella località montana denominata «Serra Nicolino» in agro e di proprietà del Comune di Guardia Piemontese (Cosenza) sono state abbattute abusivamente e lasciate sul letto di caduta circa 750 piante di Faggio Selvatico, in ottimo stato di vegetazione e di alto valore commerciale;
numerose piante sono state abbattute anche nella vicina Riserva Naturale Biogenetica «Serra Nicolino - Piano d'Albero» istituita dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste con decreto del 13 luglio 1977 per tutelare una magnifica faggeta pura, gestita dal Corpo Forestale dello Stato - Ufficio Territoriale per la Biodiversità (Gestione Beni Ex A.S.F.D.) con Sede in Cosenza - Viale della Repubblica nr. 26;
la località «Serra Nicolino» di proprietà del Comune di Guardia Piemontese è stata proposta insieme ad altre zone alla Commissione europea dalla Regione Calabria come «Sito di Importanza Comunitaria» nell'ambito del progetto Bioitaly ai sensi della Direttiva nr. 92/43/CEE, conosciuta meglio come «Direttiva Habitat» nonché a far parte dell'istituendo Parco Naturale Regionale della Catena Costiera;
la vicenda di cui trattasi è di una gravità inaudita proprio perché l'abbattimento di queste rare essenze arboree è avvenuto in un area sottoposta a speciale protezione da parte dello Stato e, non è stato identificato nessuno degli autori dal Corpo Forestale dello Stato di Fuscaldo, competente per territorio, organo preposto al suo controllo e gestione;
sul caso, il Nucleo di Vigilanza dell'Associazione Verdi Ambiente e Società Onlus, ha chiesto alla Procura della Repubblica di Paola di disporre adeguate indagini volte a verificare eventuali responsabilità ;
alcuni Consiglieri Comunali di Guardia Piemontese in data 5 Giugno 2006 hanno fatto una circostanziata Interrogazione a risposta scritta al Sindaco Andrea Muglia a norma dell'Art. 9 dello Statuto Comunale relativa alla vicenda in argomento, facendo rilevare proprio come è stato possibile un fatto di tale gravità e quali controlli si effettuano sul territorio a tutela del patrimonio boschivo comunale;
successivamente, in seguito ad alcuni sopralluoghi si è appurato che le piante abbattute sono circa 1.000;
a giudizio dell'interrogante sarebbe necessario arrivare celermente alla individuazione di tutti i responsabili del fatto accaduto e perseguibili secondo le vigenti disposizioni penali -:
se siano a conoscenza dei fatti richiamati in premessa e se questi corrispondano
al vero, se non ritengano opportuno attivarsi costituendosi parte civile nei confronti di chiunque per eventuali reati che dovessero essere riscontrati oltre che per i danni recati all'ambiente.
(4-00746)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1.830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia alcun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione Europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora quantità veramente spaventose di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro stato europeo (699 chilogrammi, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 chilogrammi, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con 670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 chilogrammi (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 chilogrammi (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170mila t/annue di cloro, è stato riconvertito
alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 chilogrammi di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 chilogrammi in aria (22 per cento) e 128 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 chilogrammi di mercurio, su un totale nazionale di 660 chilogrammi, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier intitolato «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato per realizzare la campagna «Stop al mercurio» nata nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promossa dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
in questo scenario non certo ottimistico un'eccezione positiva c'è, e riguarda l'impianto Solvay di Rosignano. È infatti della scorsa settimana la notizia che, anche se con ritardo rispetto ai tempi previsti nell'Accordo di programma locale, stanno finalmente iniziando i lavori per la riconversione a membrana dell'impianto cloro-soda. Un impianto che ha trasformato il litorale di Rosignano quasi in una spiaggia caraibica per la consistenza e il colore della sabbia, ma che in realtà grazie alle stimate 500 tonnellate di mercurio depositate lungo le spiagge bianche è stato classificato dall'Unep fra le 15 località costiere più inquinate d'Italia;
una buona notizia che conferma, oggi come ieri, che abbandonare una tecnologia che ha creato tanti danni ambientali al nostro Paese, che consuma una quantità enorme di energia e che non sta più sul mercato globale, è un'operazione praticabile;
inoltre, sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio», Legambiente ha organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso il sito industriale Solvay di Rosignano provincia di Livorno (Toscana), una manifestazione per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari. Si evidenzia che questo impianto su un totale di 637 chilogrammi di mercurio emesso in atmosfera nel 2001 dagli impianti cloro soda italiani ha emesso in atmosfera 8 chilogrammi pari al 13,2 per cento del totale, e 71 kg, in acqua pari al 60,9 per cento del totale;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e contaminando le scorte alimentari globali. I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche -:
se intendano realizzare la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010 - firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda» elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica - data assolutamente non proibitiva dal momento che è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri e non entro la data del 2020 sancita dall'accordo volontario di Madrid firmato nel 1999 da Commissione europea ed Euroclor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese avviato con il Programma nazionale di bonifica;
se anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire da queste aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda riattivare una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, per il rilancio del settore della chimica di base italiana, attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione, che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intendano urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, le quali, non preoccupandosi dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali.
(4-00755)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1.830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia alcun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora quantità veramente spaventose di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro stato europeo (699 kg, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 kg, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con 670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 kg (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 kg (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982 mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170 mila t/annue di cloro, è stato riconvertito alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 kg di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 kg in aria (22 per cento) e 12,8 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 kg di mercurio, su un totale nazionale di 660 kg, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier intitolato «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato per realizzare la campagna «Stop al mercurio» nata nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promossa dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
inoltre sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio» Legambiente ha organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso il sito industriale Caffaro di Torviscosa, Provincia di Udine (Friuli-Venezia Giulia) una manifestazione per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari. Si evidenzia che questo impianto su un totale di 637 kg di mercurio emesso in atmosfera nel 2001 dagli impianti cloro soda italiani ha emesso in atmosfera 69 kg pari al 10,9 per cento del totale;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e contaminando le scorte alimentari globali. I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche -:
se intendano realizzare la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010 - firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda» elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica - data assolutamente non proibitiva dal momento che è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri e non entro la data del 2020 sancita dall'accordo volontario di Madrid firmato nel 1999 da Commissione europea ed Euroclor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese avviato con il Programma nazionale di bonifica,
se anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono
pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire da queste aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda attivando una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, di rilanciare il settore della chimica di base italiana attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione, che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intenda urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, i quali non preoccupandosi dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali.
(4-00756)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e della pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia alcun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione Europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora quantità veramente spaventose di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro stato europeo (699 kg, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 kg, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con
670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 kg (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 kg (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170mila annue di cloro, è stato riconvertito alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 kg di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 kg in aria (22 per cento) e 128 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 kg di mercurio, su un totale nazionale di 660 kg, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promosso dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
inoltre sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio» Legambiente ha organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso il sito industriale di Tessenderlo di Pieve Vergonte provincia di Verbano Usio Ossola (Piemonte), una manifestazione per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari. Si evidenzia che questo impianto su un totale di 637 Kg di mercurio emesso in atmosfera nel 2001 dagli impianti cloro soda italiani ha emesso in atmosfera 28 Kg pari al 4,5 per cento del totale, e 5 kg, in acqua pari al 3,9 per cento del totale;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché, una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e contaminando le scorte alimentari globali. I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche -:
se intendano favorire la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010 - firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda», elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica - data assolutamente non proibitiva dal momento che è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri e non entro la data del 2020 sancita dall'accordo volontario di Madrid firmato nel 1999 da Commissione europea ed Eurochlor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese, avviato con il Programma nazionale di bonifica;
se, anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare, non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire da queste aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda riattivare una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, per il rilancio del settore della chimica di base italiana, attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione, che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intenda urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, le quali, non preoccupandosi dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali.
(4-00757)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia nessun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione Europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora quantità veramente spaventose di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro stato europeo (699 kg, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 kg, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con 670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 kg (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 kg (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170 mila annue di cloro, è stato riconvertito alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 kg di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 kg in aria (22 per cento) e 128 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 kg di mercurio, su un totale nazionale di 660 kg, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier intitolato «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato per realizzare la campagna «Stop al mercurio» nata nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promossa dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
in questo scenario non certo ottimistico un'eccezione positiva c'è, e riguarda l'impianto Solvay di Rosignano. È infatti della scorsa settimana la notizia che, anche se con ritardo rispetto ai tempi previsti nell'Accordo di programma locale, stanno finalmente iniziando i lavori per la riconversione a membrana dell'impianto cloro-soda. Un impianto che ha trasformato il litorale di Rosignano quasi in una spiaggia caraibica per la consistenza e il colore della sabbia, ma che in realtà grazie alle stimate 500 tonnellate di mercurio depositate lungo le spiagge bianche è stato classificato dall'Unep fra le 15 località costiere più inquinate d'Italia;
una buona notizia che conferma, oggi come ieri, che abbandonare una tecnologia che ha creato tanti danni ambientali al nostro Paese, che consuma una quantità enorme di energia e che non sta più sul mercato globale, è un'operazione praticabile;
altra notizia positiva è lo studio di fattibilità che Solvay sta elaborando sulla riconversione dell'impianto di Bussi (PE) nell'ambito delle iniziative promosse dall'Osservatorio locale sulla chimica coordinato dalla Provincia di Pescara per rilanciare l'area industriale sul fiume Tirino;
inoltre sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio» Legambiente ha, organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso il sito industriale Solvay Solexis di Bussi, provincia di Pescara (Abruzzo), una manifestazione per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari. Si evidenzia che questo impianto su un totale di 637 kg di mercurio emesso in atmosfera nel 2001 dagli impianti cloro soda italiani ha emesso in atmosfera 44 kg pari al 7 per cento del totale, e 22 kg, in acqua pari al 19 per cento del totale;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e contaminando le scorte alimentari globali.
I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche -:
se intendano realizzare la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010 - firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda» elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica - data assolutamente non proibitiva dal momento che è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri e non entro la data del 2020 sancita dall'accordo volontario di Madrid firmato nel 1999 da Commissione europea ed Euroclor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese, avviato con il Programma nazionale di bonifica;
se anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire da queste aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda riattivare una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, per il rilancio del settore della chimica di base italiana - attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione - che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intendano urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, le quali, non preoccupandosi dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali.
(4-00758)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1.830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia alcun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora
quantità veramente ingenti di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro stato europeo (699 kg, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 kg, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con 670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 kg (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 kg (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170mila t/annue di cloro, è stato riconvertito alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 kg di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 kg in aria (22 per cento) e 128 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 kg di mercurio, su un totale nazionale di 660 kg, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier intitolato «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato per realizzare la campagna «Stop al mercurio» nata nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promossa dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
in questo scenario non certo ottimistico un'eccezione positiva c'è, e riguarda l'impianto Solvay di Rosignano. È infatti della scorsa settimana la notizia che, anche se con ritardo rispetto ai tempi previsti nell'Accordo di programma locale, stanno finalmente iniziando i lavori per la riconversione a membrana dell'impianto cloro-soda. Un impianto che ha trasformato il litorale di Rosignano quasi in una spiaggia caraibica per la consistenza e il colore della sabbia, ma che in realtà grazie alle stimate 500 tonnellate di mercurio depositate lungo le spiagge bianche è stato classificato dall'Unep fra le 15 località costiere più inquinate d'Italia;
una buona notizia che conferma, oggi come ieri, che abbandonare una tecnologia che ha creato tanti danni ambientali al nostro Paese, che consuma una quantità enorme di energia e che non sta più sul mercato globale, è un'operazione praticabile;
altra notizia positiva è lo studio di fattibilità che Solvay sta elaborando sulla riconversione dell'impianto di Bussi (Pescara) nell'ambito delle iniziative promosse dall'Osservatorio locale sulla chimica coordinato dalla Provincia di Pescara per rilanciare l'area industriale sul fiume Tirino;
inoltre sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio» Legambiente ha organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso i siti industriali di: la Tessenderlo di Pieve Vergonte, la Caffaro di Torviscosa, la Syndial di Porto Marghera, la Solvay di Rosignano, la Solvay Solexis di Bussi, gli stabilimenti Syndial di Priolo al centro dello scandalo che portò all'arresto dei dirigenti del petrolchimico siciliano nel gennaio del 2003, delle manifestazioni per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e contaminando le scorte alimentari globali. I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche -:
se intendano realizzare la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010, firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda», elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica, un obiettivo realistico visto che tale data è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri, anticipando così la scadenza del 2020 sancita dall'accordo volontario
di Madrid firmato nel 1999 da Commissione europea ed Euroclor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese avviato con il Programma nazionale di bonifica;
se anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire dalle aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda riattivare una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, per il rilancio del settore della chimica di base italiana - attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione - che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intendano urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, che non preoccupandosi né dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali;
se non intendano immediatamente attivare, per quanto riguarda il sito industriale di Porto Marghera, le procedure per arrivare in tempi brevi alla dismissione della linea produttiva del cloro.
(4-00759)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1.830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia alcun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora quantità veramente spaventose di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro
Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro stato europeo (699 kg, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 kg, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con 670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 kg (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 kg (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170mila t/annue di cloro, è stato riconvertito alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 kg di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 kg in aria (22 per cento) e 128 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 kg di mercurio, su un totale nazionale di 660 kg, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier intitolato «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato per realizzare la campagna «Stop al mercurio» nata nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promossa dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza
grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
inoltre sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio» Legambiente ha organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso il sito industriale la Syndial di Porto Marghera, provincia di Venezia (Veneto), una manifestazione per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari. Si evidenzia che questo impianto su un totale di 637 Kg di mercurio emesso in atmosfera nel 2001 dagli impianti cloro soda italiani ha emesso in atmosfera 12 Kg pari al 19,2 per cento del totale, e 4 kg, in acqua pari al 3,3 per cento del totale e 11 Kg indirettamente in acqua pari al 89,1 per cento;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e contaminando le scorte alimentari globali. I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche;
se intendano realizzare la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010 - firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda» elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica - data assolutamente non proibitiva dal momento che è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri e non entro la data del 2020 sancita dall'accordo volontario di Madrid firmato nel 1999 da Commissione Europea ed Euroclor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese avviato con il Programma nazionale di bonifica;
se, anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare, non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire da queste aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda riattivare una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, per il rilancio del settore della chimica di base italiana - attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione - che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intendano urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche
per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, i quali, non preoccupandosi dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali;
se non intendano immediatamente per quanto riguarda il sito industriale di Porto Marghera attivare le procedure per arrivare in tempi brevi alla dismissione della linea produttiva del cloro.
(4-00760)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercurio è ancora utilizzato per estrarre l'oro dalle miniere, per le otturazioni dentali, negli strumenti di misurazione della temperatura e pressione, ma anche per la produzione delle lampade fluorescenti a basso consumo. Se ne consumano nel mondo ancora oltre 3.200 tonnellate all'anno, domanda soddisfatta soprattutto grazie all'estrazione dalle miniere (1830 tonnellate nel 2004, di cui 625 solo da quella spagnola di Almadèn) ma anche all'approvvigionamento derivante dal riciclaggio (650) o recuperandolo dai sottoprodotti industriali (550);
il mercurio è un metallo pesante che resta ancora oggi un problema ambientale e sanitario, di fatto planetario, che non risparmia alcun paese, in via di sviluppo o industrializzato. E che ha portato l'Unione europea nel gennaio 2005 ad approvare una Strategia comunitaria con l'obiettivo di ridurne la domanda, l'offerta e ovviamente le emissioni nell'ambiente e l'esposizione dell'uomo;
stando a quanto emerge dall'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, vengono smaltite nell'ambiente ancora quantità veramente spaventose di mercurio: sono state 26 le tonnellate emesse in Europa nel 2001, di cui 24 in atmosfera (di queste oltre 7, pari al 31 per cento del totale, sono state emesse dai grandi impianti di combustione e circa 5, pari al 20 per cento circa del totale, dall'industria metallurgica), mentre 2 sono quelle sversate in acqua. Lo Stato che ha emesso più mercurio in atmosfera è stata la Germania (7,3 tonnellate, pari a oltre il 30 per cento del totale), mentre il nostro Paese ne ha invece emesse 2,9 tonnellate, pari al 12 per cento del totale europeo in aria, ma ne ha sversati in acqua più di ogni altro Stato europeo (699 kg, tra emissioni dirette e indirette, pari a oltre il 31 per cento del totale europeo), seguita «a distanza» dalla Francia (389 kg, 17 per cento);
uno degli usi più classici del mercurio è nella cella elettrolitica per la produzione industriale del cloro e della soda: nel 2001 in Europa erano ancora 50 i siti chimici che utilizzavano questo metallo come catodo nel processo produttivo di quasi 6 milioni di tonnellate di cloro, coprendo di fatto oltre il 50 per cento della produzione totale europea. Con impatti più che evidenti: sono state infatti 4 le tonnellate emesse in aria dagli impianti cloro-soda europei nel 2001 (pari al 17 per cento del totale), terza fonte di inquinamento atmosferico dopo centrali termoelettriche e impianti della metallurgia e prima fonte inquinante delle acque con 670 kg emessi (pari al 30 per cento dei reflui liquidi emessi dall'industria europea);
in questo contesto generale di serio inquinamento da mercurio l'Italia gioca un ruolo purtroppo importante. Stando ai dati pubblicati dall'Ines, la versione italiana dell'Eper curata da Apat, nel 2004 sono state emesse in atmosfera 2,16 tonnellate di mercurio, di cui 1,13 tonnellate (pari al 52 per cento del totale) emesse dal settore metallurgico, 552 kg (26 per cento) dagli impianti della chimica inorganica, 174 kg (8 per cento) dai cementifici e 154 (7 per cento) dalle centrali termoelettriche;
nel nostro Paese sono 10 gli impianti cloro-soda censiti da Eurochlor, l'associazione europea dei produttori di cloro, e da Federchimica, per un capacità complessiva di circa 982mila tonnellate di cloro all'anno. Di questi 10, solo l'impianto di Assemini, in provincia di Cagliari, da 170mila annue di cloro, è stato riconvertito alla tecnologia più sostenibile oggi disponibile sul mercato, e cioè quella a membrana. Dei 9 impianti cloro-soda che utilizzano il mercurio solo 7 sono realmente operativi - perché i siti di Porto Torres e Priolo sono fermi da tempo - e questi sette impianti hanno emesso nell'ambiente nel 2001 ben 765 kg di mercurio su un totale nazionale di 3,6 tonnellate (pari al 21 per cento del totale), di cui 637 kg in aria (22 per cento) e 128 in acqua (18 per cento);
entrando nel dettaglio dei singoli impianti, solo l'Ilva di Taranto, stando a quanto riportato nell'Eper, ha emesso in atmosfera oltre 1 tonnellata di mercurio su 2,9 nel 2001, pari al 36 per cento del totale nazionale. E che lo stesso stabilimento siderurgico tarantino ha sversato in via diretta in acqua 118 kg di mercurio, su un totale nazionale di 660 kg, pari a quasi il 18 per cento;
analogamente gli impianti cloro-soda italiani non «sfigurano» nella classifica delle emissioni di mercurio;
Legambiente ha presentato nei giorni scorsi un dettagliato dossier intitolato «Stop al Mercurio». Questo dossier è una delle iniziative che Legambiente ha organizzato per realizzare la campagna «Stop al mercurio», nata nell'ambito del progetto europeo «Zero Mercury», promossa dall'European environmental bureau (Eeb), in collaborazione con il Gruppo di lavoro per il bando del mercurio, la Rete ambientale dell'alleanza europea per la sanità pubblica e l'Associazione europea per la cura della salute senza danni per l'ambiente volta a sensibilizzare l'opinione pubblica, la politica, i lavoratori e le aziende sui gravi rischi legati all'inquinamento da mercurio;
il quadro che emerge dal dossier è di sostanziale smobilitazione, seppur con qualche incoraggiante eccezione. Dei 9 impianti che producono cloro e soda utilizzando le celle al mercurio, uno è fermo dal 2002 (Porto Torres), un altro (Priolo) è ufficialmente fermo per manutenzione straordinaria ma probabilmente andrà in dismissione definitiva, altri (Porto Marghera e Torviscosa) sono in attesa, senza grande fretta, che si completi l'iter autorizzativo della riconversione, altri ancora (Pieve Vergonte) hanno iniziato la procedura per cambiare tecnologia senza concluderla, facendo intendere che l'impianto andrà in chiusura e le produzioni trasferite in Paesi meno esigenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quelli più strettamente ambientali e sociali;
inoltre, sempre nell'ambito dell'iniziativa «Stop al Mercurio», Legambiente ha organizzato, sabato 17 giugno 2006, presso i siti industriali degli stabilimenti Syndial di Priolo provincia di Siracusa (Sicilia), una manifestazione per chiedere immediatamente la riconversione degli impianti cloro soda, che utilizzano celle a catodo di mercurio, provocando la dispersione nell'ambiente del metallo, con gravi rischi sanitari. Si evidenzia che questo impianto su un totale di 637 Kg di mercurio emesso in atmosfera nel 2001 dagli impianti cloro soda italiani ha emesso in atmosfera 25 Kg pari al 39,3 per cento del totale, e 15 kg, in acqua pari al 12,9 per cento del totale;
l'industria chimica nel nostro Paese deve affrontare una importante sfida: quella della competitività che non si può sostenere se non attraverso la realizzazione di materiali e prodotti innovativi (come ad esempio le plastiche biodegradabili e i biocarburanti per autotrazione);
bisogna, però, tenere presente che l'obiettivo da raggiungere è minimizzare la concentrazione del mercurio nell'ambiente, riducendone emissioni, domanda ed offerta. Questo perché una volta emesso, il mercurio non ha confini nazionali o regionali, viaggiando in atmosfera e
contaminando le scorte alimentari globali. I livelli di mercurio sono triplicati negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche -:
se intendano realizzare la riconversione delle celle al mercurio degli impianti cloro-soda italiani entro il 2010 - firmando in tempi brevi le «Linee Guida per la riconversione degli impianti cloro soda» elaborate dal Gruppo Tecnico Ristretto sugli impianti di trasformazione chimica - data assolutamente non proibitiva dal momento che è la stessa raccomandata dalla Decisione 90/3 del 14 giugno 1990 sulla riduzione delle emissioni atmosferiche da questi impianti, scaturita nell'ambito delle attività previste dalla Convenzione di Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino da fonti terrestri e non entro la data del 2020 sancita dall'accordo volontario di Madrid firmato nel 1999 da Commissione europea ed Euroclor;
se non si reputi opportuno modificare e integrare immediatamente - utilizzando la delega per le disposizioni correttive e integrative ai sensi della legge n. 308 del 2004 - la parte relativa alle bonifiche (fondata solo ed esclusivamente sull'analisi di rischio) del decreto legislativo n. 152 del 2006, approvato dal precedente Governo, perché con l'attuale formulazione si rischia pesantemente di arrestare il già lento processo di risanamento ambientale del nostro Paese, avviato con il Programma nazionale di bonifica;
se, anche alla luce dei dati che emergono dagli studi epidemiologici che vengono pubblicati sulle aree a rischio di crisi ambientale e sui siti di interesse nazionale da bonificare, non si intenda immediatamente finanziare altri monitoraggi sulle interazioni tra inquinamento e salute, a partire da queste aree dove è maggiore il degrado ambientale;
se non si intenda riattivare una concreta azione politica, anche mediante un serio confronto con il sistema imprenditoriale e in particolare con quello relativo alle produzioni chimiche, per il rilancio del settore della chimica di base italiana - attraverso una riconversione delle tecnologie di produzione - che rischia altrimenti di restare ai margini del mercato globale;
se non si intendano urgentemente attivare azioni concrete affinché nel nostro Paese si inizi veramente ad investire sempre più risorse, pubbliche e private, in ricerca e innovazione tecnologica, anche per allungare il passo nei confronti dei Paesi con economie emergenti, come Cina e India, i quali, non preoccupandosi dell'impatto ambientale né di quello sociale delle loro lavorazioni industriali, agiscono sui mercati internazionali facendo sempre più concorrenza nei confronti dei paesi occidentali.
(4-00761)
MISITI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 19 luglio 2006 il Ministero per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare ha annunciato la chiusura della fase pubblica per la bonifica e messa in sicurezza d'emergenza dei siti di interesse nazionale toscani e precisamente di Livorno, Piombino, Massa Carrara e Orbetello (area ex Sitoco);
ciò comporta la revoca dell'incarico affidato a Sviluppo Italia S.p.A., di redazione dello studio di fattibilità e messa in sicurezza della falda acquifera dei siti inquinati;
le aziende che insistono in aree contenute nei perimetri di interesse nazionale dovranno provvedere con interventi autonomi di messa in sicurezza entro 30 giorni -:
se il termine di cui sopra sia da intendersi ordinatorio o perentorio, e in tale ultimo caso se il Ministro non ritenga eccessivamente esigua la scadenza per consentire ai soggetti interessati di eseguire la pianificazione di interventi di bonifica e messa in sicurezza dei siti di
interesse nazionale che comportano, come è noto, l'impiego di cospicue risorse umane e di mezzi;
quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché sia concesso un termine congruo per evitare che l'impossibilità di osservare quello attualmente prescritto possa eventualmente comportare la realizzazione di fattispecie penalmente rilevanti che creano uno stato di forte tensione sociale nei territori interessati.
(4-00772)