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Allegato B
Seduta n. 37 del 19/9/2006
TESTO AGGIORNATO AL 20 SETTEMBRE 2006
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
risulta che negli anni 1999-2004 la società Nomisma di Bologna, abbia ricevuto
dall'Unione Europea finanziamenti per 8,4 milioni di euro;
dal 2001 al 2004, mentre Romano Prodi era Presidente della Commissione europea, la società Nomisma venne presieduta da Paolo Di Castro, attuale ministro dell'Agricoltura del Governo Prodi;
lo stesso Di Castro sarebbe stato chiamato nel 2000 da Romano Prodi a Bruxelles come suo consulente per l'Agricoltura;
secondo notizie di stampa Romano Prodi e suoi familiari «intersecano» il gruppo Rovati attraverso il 50 per cento dell'immobiliare Aquitania s.r.l.;
Angelo Rovati è il dimissionario consulente di Prodi coinvolto nella vicenda Telecom;
in questi intrecci societari emergono altri grossi nomi dell'imprenditoria privata -:
se tali notizie corrispondano a verità e cosa intenda fare il Governo per chiarire questo intreccio di piramidi societarie, anche alla luce dell'attuale normativa sul conflitto di interessi.
(2-00129) «Giovanardi, Volontè».
Interpellanze:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
con il decreto legge 28 agosto 2006, n. 253 è stata autorizzata dal Governo Italiano la partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano, denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), di cui alla risoluzione 1701 (2006), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l'11 agosto 2006;
l'invio del contingente internazionale si è reso necessario al fine di porre termine alle operazioni militari intraprese dal Governo Israeliano nel territorio Libanese che hanno determinato una escalation di morte (anche e soprattutto fra i civili Libanesi) e distruzione;
tra gli obiettivi che la comunità internazionale si è dato c'è quello di far rispettare il cessate il fuoco e di collaborare alla ripresa di negoziati di pace che siano rispettosi del diritto internazionale;
nelle parole del Ministro degli esteri Massimo D'Alema emerge con chiarezza la volontà di addivenire ad una soluzione definitiva dell'intera «questione medio orientale» a cominciare dalla soluzione, ormai non più procrastinabile, della «questione palestinese»;
per compiere nella maniera più egregia possibile il compito assegnato alle forze di interposizione è necessario che tale forza internazionale sia realmente sentita come una forza «terza» da tutti i contendenti dell'area;
è evidente che il presupposto di «terzietà» (richiamato anche dal diritto internazionale) può effettivamente realizzarsi solo se del contingente internazionale non ne facciano parte militari di un paese che non sia rigorosamente equidistante tra i due belligeranti;
nel caso italiano tale equidistanza (richiamata negli ultimi mesi anche dal Ministro D'Alema) può essere seriamente messa in pericolo in forza degli accordi militari sottoscritti nella scorsa legislatura (legge n. 94 del 3 maggio 2005) che istituzionalizzano la cooperazione nel settore militare della Difesa tra Italia ed Israele. Si tratta di un accordo quadro che regola la cooperazione tra le parti, nel cui ambito potranno essere conclusi accordi tecnici specifici. I campi di cooperazione comprendono, tra l'altro, l'interscambio di materiale di armamento, l'organizzazione delle forze armate, la formazione e l'addestramento del personale militare, la ricerca e sviluppo in campo militare;
a giudizio degli interpellanti questo potrebbe determinare sia il venir meno della funzione assegnata al nostro contingente,
sia la possibilità di esporre i nostri militari a pericoli maggiori rispetto a quelli gia molto alti che tale tipo di missione richiede -:
se il ruolo che l'Italia ha assunto, in relazione alla missione internazionale in Libano, non ponga la necessità di rivedere gli accordi militari sottoscritti nella scorsa legislatura (legge n. 94 del 3 maggio 2005) che istituzionalizzano la cooperazione nel settore militare della Difesa tra Italia ed Israele, come garanzia di neutralità del nostro Paese;
se il nostro Paese non possa costituire un elemento importante per facilitare la risoluzione della questione mediorientale.
(2-00120) «Cannavò, Deiana, Duranti».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
la legge 4 agosto 2006, n. 248 di conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 ha liberalizzato la vendita di tutti i farmaci o prodotti comunque non soggetti a prescrizione medica i quali possono ora essere distribuiti anche negli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e quindi al di fuori delle farmacie;
come dichiarato da vari articoli di stampa, già il giorno successivo alla entrata in vigore della legge 248/06 sono stati inaugurati, in alcuni ipermercati della catena Coop Estense, i «corner della salute» per la vendita di circa 200 specialità medicinali;
anche altre catene della grande distribuzione hanno allestito appositi reparti e da notizie di stampa si è di recente appreso che nella parafarmacia del Carrefour di Le Gru a Grugliasco, in provincia di Torino, è stato messo in vendita, con possibili gravi conseguenze per la salute dei clienti, un integratore a base di cimicifuga racemosa ritirato dal commercio in via cautelativa lo scorso 7 agosto, in quanto potenzialmente tossico per il fegato;
sempre nella stessa parafarmacia sono state inoltre messe in vendita alcune confezioni di Ketur Test, prodotto per l'autodiagnosi del diabete, prive della fustella obbligatoria per legge ai fini del rimborso del prodotto da parte della regione. Soltanto la denuncia di tale evenienza presso le autorità competenti ha condotto all'intervento del NAS e al conseguente sequestro della merce;
si evidenzia, peraltro, che i suddetti esercizi non sono oggetto di controlli sovrapponibili a quelli previsti per le farmacie da parte dei NAS, delle ASL, della Guardia di finanza e dell'Ordine professionale;
quanto sopra esposto pone dimostrerebbe come tali esercizi non siano in grado di assicurare standards di garanzia e sicurezza equivalenti a quelli forniti dalle farmacie ed è anche causa di viva preoccupazione sul fronte erariale per la possibilità di frodi a danno della pubblica amministrazione -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto premesso e quali interventi intenda urgentemente adottare per assicurare ai cittadini il fondamentale diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione, anche concordando con le regioni un programma di interventi delle competenti autorità al fine di garantire, anche negli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, standards di garanzia e sicurezza equivalenti a quelli forniti dalle farmacie e un'assimilabile rete di controlli, sia preventivi che successivi all'apertura dell'esercizio.
(2-00123) «Ulivi».
La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
tutte le relazioni sulla criminalità organizzata predisposte dal Ministero dell'interno,
dalla DIA (Direzione investigativa antimafia) e dalle Commissioni parlamentari antimafia hanno sempre evidenziato l'assoluto controllo della `ndrangheta sul territorio calabrese, attraverso l'accaparramento degli appalti pubblici, la capacità di sostituirsi all'economia legale e di inserirsi nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione;
in Calabria la `ndrangheta riesce persino ad avere un illecito e cospicuo reddito dal settore della sanità, la cui spesa negli ultimi anni ha provocato un danno all'erario per quanto risulta all'interpellante per oltre cento milioni (su un totale nazionale di 288,8 milioni);
non v'è dubbio che in Calabria esiste un forte sodalizio tra politica, `ndrangheta, imprenditoria e massoneria deviata che, ad oggi, nonostante il grande e costante impegno delle Forze dell'Ordine e della Magistratura, è stato impossibile disarticolare;
a fronte di quanto sopra le amministrazioni locali calabresi ed i relativi Consigli dovrebbero essere composti da persone capaci di amministrare la «cosa pubblica» con assoluta trasparenza e con il rifiuto di qualsiasi contiguità o collusione con ambienti del malaffare;
l'attuale Consiglio regionale calabrese, a maggioranza di centro-sinistra, eletto nell'aprile del 2005, è stato supportato da numerosi suffragi che hanno consentito una vittoria con ben 20 punti di distacco dalla coalizione di centro-destra uscente;
diversi consiglieri regionali calabresi eletti avevano già avuto problemi con la giustizia, tanto che sembrerebbe sia stata avviata, a suo tempo, un'indagine su eventuale «voto di scambio»;
a pochi mesi dal nuovo insediamento consiliare regionale calabrese, il 16 ottobre 2005, è stato ucciso il Vice presidente, dottor Francesco Fortugno;
il delitto, definito da subito «politico-mafioso», ha richiamato l'attenzione dei massimi vertici istituzionali, ma, a quasi un anno di distanza la verità sullo stesso rimane avvolta dal mistero, considerato che, fino ad oggi, sono stati catturati «presunti» killer e mandante;
ha destato molta perplessità in tutti i cittadini calabresi che il titolare delle indagini sull'omicidio Fortugno, dottor Giuseppe Creazzo, sostituto procuratore della DIA (Direzione investigativa antimafia) di Reggio Calabria, sia stato chiamato a ricoprire un incarico presso il ministero della giustizia;
il professor Tonino Perna, economista e sociologo, ex Presidente del Parco Nazionale dell'Aspromonte, in una intervista rilasciata al giornale Vita il 4 novembre 2005, ha testualmente dichiarato: «L'omicidio Fortugno è il frutto dell'ostinazione del centro-sinistra a voler vincere le elezioni a tutti i costi ....... e il centro-sinistra nella locride è passato dal 35 per cento al 70 per cento. In una zona a forte controllo mafioso uno spostamento di voti così massiccio significa che è stato stipulato un patto con la `ndrangheta e Loiero lo sa bene»;
il settimanale L'Espresso del 3 novembre 2005 in un articolo intitolato «Politica Calibro Nove», dove si afferma che «la chiave del delitto Fortugno è nei flussi elettorali ..... perché le cosche hanno scommesso sulla sinistra ..... ma ora temono di perdere i grandi affari», si iniziano a fare i nomi di alcuni consiglieri regionali eletti, anche quello del governatore Loiero, appartenenti alla Margherita e all'Udeur, che avrebbero frequentato uomini delle cosche, dalle quali avrebbero ricevuto favori elettorali in cambio di «crediti» dei quali non si conosce la natura;
il 6 dicembre 2005 in un articolo pubblicato su Il Sole 24 ore si parlava di una voce secondo cui ben undici consiglieri regionali calabresi sarebbero implicati in provvedimenti giudiziari o sotto processo;
nel mese di giugno 2006 il giornale inglese The Guardian, riferendosi al movente
dell'omicidio Fortugno, lo legava «agli sforzi della `ndrangheta di entrare nella sanità locale», sforzi agevolati dal supporto elettorale che la criminalità organizzata avrebbe dato alle forze politiche calabresi del centro-sinistra durante le elezioni regionali del 2005;
alcuni mesi fa un'agenzia di stampa, suffragata da voci ricorrenti anche in Parlamento, riferiva di ben cinque consiglieri regionali calabresi ai quali sarebbe stato imposto «il divieto di espatrio»;
il 16 agosto 2006 il capogruppo dei DS in Consiglio regionale della Calabria, Franco Pacienza, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza, con l'accusa di truffa per i fondi UE e concussione; in data 29 agosto 2006 il Tribunale della Libertà ne ha annullato la misura della custodia cautelare in carcere;
l'interrogante, già nella precedente legislatura, e da ultimo in data 27 luglio 2006, ha presentato l'atto ispettivo n. 4/00735 per chiedere un'indagine ministeriale proprio sulla elargizione dei fondi della legge n. 488 del 1992 in Calabria;
notizie di stampa hanno riferito di una indagine sull'utilizzo in Calabria dei fondi della legge n. 488 del 1992, operata nei mesi scorsi dallo Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di Finanza, nella quale compaiono tutte le truffe attuate da varie aziende e società, alcune delle quali non avrebbero avuto neppure i requisiti per poter usufruire dei fondi; nell'indagine in questione compaiono anche gli interessi della `ndrangheta, la quale conosce bene i metodi per infiltrarsi laddove è possibile lucrare illecitamente, anche individuando canali attraverso i quali entrare in contatto con le istituzioni;
in data 5 settembre 2006 è stata emessa una informazione di garanzia nei confronti del Vice Presidente della Giunta Regionale Calabrese, Nicola Adamo, con l'accusa di truffa, associazione per delinquere e abuso d'ufficio, nell'ambito di un'inchiesta che riguarda presunti illeciti nell'erogazione di finanziamenti a società operanti in vari settori tra cui l'informatica dove avrebbe svolto un ruolo, in diversi periodi, la propria moglie;
nell'indagine sul complesso intreccio di società che riuscivano ad accaparrarsi i milioni dei finanziamenti europei, statali e regionali, «ve ne sarebbero alcune direttamente o indirettamente collegabili a famiglie della `ndrangheta calabrese»;
il quotidiano Calabria Ora del 6 settembre 2006 indica, senza precisarne i nomi, in ben 22 i consiglieri regionali calabresi che presentano conti in sospeso con la giustizia, per i reati che vanno dall'associazione mafiosa alla truffa, dall'associazione a delinquere all'abuso d'ufficio;
il quotidiano Il Giornale dell'8 settembre 2006 nell'articolo dal titolo «Calabria, tutti gli scandali che imbarazzano l'Unione» cita, indicandone le generalità, alcuni dei Consiglieri e Assessori regionali calabresi, evidenziando i relativi reati commessi e quelli risultanti da attività investigative;
quanto sopra riportato evidenzia in modo inconfutabile la gravità della situazione in cui versano la Giunta ed il Consiglio regionale della Calabria, sia dal punto di vista giudiziario che morale; il tutto crea grave inquietudine nei cittadini calabresi e un grave danno d'immagine per l'intera istituzione regionale -:
se non ritengano necessario ed urgente assumere idonee iniziative per giungere allo scioglimento del Consiglio Regionale della Calabria.
(2-00125) «Angela Napoli».
Interrogazioni a risposta immediata:
CATONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
pochi giorni fa il Santo Padre Benedetto XVI in un suo discorso in Germania ha affrontato un tema di elevato spessore teologico;
le sue affermazioni, subito chiarite in varie sedi, sono state fraintese e stigmatizzate da alcuni Paesi islamici con reazioni clamorose, che hanno anche provocato, da notizie di stampa, l'uccisione di suor Leonella, un'italiana impegnata in Somalia come operatrice di pace;
questo gruppo parlamentare non intende chiedere una difesa del Governo a favore del Papa, ma intervenire per la salvaguardia di un diritto costituzionalmente garantito, quello della libertà di espressione -:
se il Governo, al di là di semplici dichiarazioni di alcuni suoi esponenti, non intenda prendere una posizione ufficiale sull'accaduto, esprimendo una dura condanna verso una reazione violenta, come risposta ad un sacrosanto diritto che il nostro Paese ha conquistato nei secoli, quale la libertà, compresa quella religiosa.
(3-00224)
MARONI, GIBELLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, COTA, DOZZO, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GARAVAGLIA, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI, POTTINO e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
alcuni passaggi del recente intervento di Sua Santità Benedetto XVI all'università di Ratisbona hanno determinato non soltanto viva irritazione negli ambienti prossimi all'Islam politico radicale ed al mondo del jihadismo, ma, altresì, la reazione ufficiale di un vasto complesso di autorità politiche e religiose del mondo islamico, che vantano un seguito significativo tra i fedeli musulmani;
sono apparsi sul web proclami e messaggi che invitano apertamente ad attaccare il Vaticano e la persona del Papa, al fine di «conquistare Roma»;
al contesto delle reazioni al discorso di Benedetto XVI può essere ricondotto anche l'assassinio a sangue freddo compiuto il 17 settembre 2006 ai danni di una religiosa italiana operante in Somalia;
malgrado le parole distensive e concilianti pronunciate il medesimo 17 settembre 2006 dal Papa in occasione dell'angelus recitato a Castel Gandolfo, continuano ad udirsi voci nel mondo dell'estremismo islamico - e non solo - che invocano ulteriori scuse e spiegazioni, minacciando reazioni in caso contrario -:
quali provvedimenti il Governo abbia assunto ed intenda assumere per proteggere il Santo Padre, la Santa Sede ed i luoghi di culto considerabili come particolarmente esposti alla minaccia che si sta profilando, a Roma e nel resto del Paese; altresì, se si intenda o meno rafforzare almeno l'azione di monitoraggio e vigilanza sulle moschee ed i centri sospettati di ospitare cellule affiliate a movimenti islamici radicali o apertamente jihadisti.
(3-00225)
VOLONTÈ, CASINI, CESA, GIOVANARDI, DRAGO, RONCONI, D'AGRÒ e TASSONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
ai violenti attacchi subiti dal Papa a seguito del suo intervento all'università di Ratisbona, che hanno destato un manifesto sconcerto e condanna di gran parte dell'opinione pubblica mondiale, sono seguiti gli attentati che hanno colpito le chiese cristiane di Nablus, in Cisgiordania, oltre a numerosi altri episodi di violenza in molti Paesi a maggioranza musulmana;
su internet sono comparse nuove minacce legate al discorso del Papa da parte del consiglio dei mujahedin, in cui, «come promesso dal Profeta», si annuncia la prossima conquista di Roma, facendo paventare fortissimi rischi di attentati da parte dei fondamentalisti islamici;
le reazioni al discorso del Papa sono state stigmatizzate dall'Unione europea, considerate «sproporzionate ed inaccettabili» dal portavoce del Presidente Barroso;
si registra l'assoluto silenzio del Governo rispetto a tale vicenda, ad eccezione del Ministro Di Pietro, che sabato 16 settembre 2006 ha addirittura auspicato le scuse di Benedetto XVI -:
quali atti intenda adottare nei confronti di quei Paesi che maggiormente hanno consentito lo svolgersi di manifestazioni apertamente intimidatorie nei confronti del Papa e come giustifichi il silenzio del Governo di una nazione che nel cattolicesimo e nel cristianesimo trova uno degli elementi fondamentali della propria civiltà.
(3-00226)
ELIO VITO, BONDI, LEONE, LA LOGGIA, DI VIRGILIO, GARAGNANI e ROSSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
interpretazioni del discorso di Ratisbona di Papa Benedetto XVI hanno dato luogo ad attacchi e minacce del tutto ingiustificate da parte di estremisti islamici nei confronti della persona del Papa, della città di Roma e dei cristiani in genere;
critiche sono arrivate anche da alcuni Governi di Stati con popolazioni a prevalenza mussulmana;
non sembra che il Governo ed in particolare il Presidente del Consiglio dei ministri, abbiano fino ad oggi preso un'adeguata posizione su questa delicata vicenda -:
quali siano le ragioni che sono alla base di questa eccessiva prudenza e timidezza del Governo e se non si ritenga opportuno, oltre che doveroso, svolgere un'azione a livello diplomatico su questi fatti.
(3-00227)
LICANDRO, DILIBERTO, SGOBIO, SOFFRITTI e FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Movimento per le autonomie ha organizzato il 19 settembre 2006 una marcia a Roma per manifestare contro la posizione, emersa dalle dichiarazioni ufficiali e dal programma, del nuovo Governo di centro-sinistra di accantonare il progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina;
la grande opera, infatti, non è ritenuta prioritaria dall'attuale Governo, secondo il quale occorre piuttosto mettere in campo un programma straordinario per la realizzazione di infrastrutture nel Mezzogiorno;
con tale atteggiamento, secondo gli interroganti, il Governo ha inteso invertire una linea di tendenza politica e mettere così la parola fine ad anni di sperperi in nome di un progetto faraonico, come quello appunto del ponte sullo stretto, frutto di una dissennata propaganda mediatica ordita dal precedente Governo Berlusconi e di scelte governative imposte ai cittadini italiani, che prevedono in tutta Italia la realizzazione, senza alcuna seria analisi degli impatti ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità, di oltre 250 interventi, sfruttando quei meccanismi antidemocratici di semplificazione ed accelerazione delle procedure previste dalla cosiddetta «legge obiettivo»;
è volontà del Governo Prodi che i fondi economici necessari all'opera siano dirottati in altre opere di maggior rilievo per il bene comune, tra cui, ad esempio, il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, o che, come ha precisato l'attuale Ministro dei trasporti, le risorse umane e finanziarie destinate alla realizzazione del ponte vadano convertite per la realizzazione di infrastrutture utili nell'area, cioè in Calabria ed in Sicilia, in particolare per l'ammodernamento e potenziamento delle reti ferroviarie ed autostradali siciliani;
di fronte a due regioni, la Calabria e la Sicilia, piegate dalla carenza di infrastrutture, il centrodestra si è ostinato per ben cinque anni ad impegnarsi su di un progetto-simbolo, la cui realizzazione avrebbe arrecato solo danni all'ambiente, oltre che all'economia del Paese. La realizzazione
del ponte, infatti, avrebbe distratto risorse a quelle infrastrutture di cui la Sicilia e la Calabria necessitano per incrementare la produttività economica delle imprese, soprattutto quelle del turismo;
secondo l'opinione degli interroganti, altro motivo per frenare l'avvio di un'assurda opera dalla sola valenza simbolica di struttura dall'alto profilo ingegneristico, sono i dubbi e le incertezze tecniche legate alla fattibilità dell'opera, che allo stato attuale permangono tra gli esperti. Infatti, oltre all'esito negativo delle valutazioni di impatto sociale e ambientale, bastano gli appelli e le relazioni dei numerosi esperti, che intendono difendere la ricchezza paesaggistica, ambientale e naturalistica del mare e delle terre tra Calabria e Sicilia da interventi il cui impatto sarebbe irreversibile, per capire l'insensatezza di un'opera che si vuole costruire in una zona ad elevato rischio sismico e dai precari equilibri urbanistici e territoriali;
anche la posizione dell'Unione europea è stata oggetto di mistificazione. Infatti, la stessa Unione europea, circa il carattere di priorità dell'opera, l'ha menzionata soltanto al 17o posto tra le infrastrutture da realizzare per lo sviluppo del Meridione;
inoltre, non sono certamente da sottovalutare le reiterate segnalazioni che la Direzione nazionale antimafia, gli organi investigativi e lo stesso ministero dell'interno hanno più volte avanzato in merito al grande interesse della 'ndrangheta e delle organizzazioni mafiose siciliane per l'enorme «affare» rappresentato dal ponte sullo stretto di Messina. Il ponte sullo stretto di Messina, infatti, rientra tra gli interessi delle tradizionali organizzazioni mafiose, in considerazione dei notevoli flussi economici attivati, al punto da poter ipotizzare forme di intesa tra «cosa nostra» e 'ndrangheta;
a tal fine è stato stipulato un protocollo tra il comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere e la società Stretto di Messina spa, che ha affidato alla Direzione nazionale antimafia un ruolo centrale nella complessa attività di controllo sulla realizzazione dell'opera, accordo che punta a monitorare, ai fini della prevenzione delle infiltrazioni mafiose, anche il sistema della provvista finanziaria dell'opera e a stabilire procedure utili alla «tracciabilità» dei relativi flussi finanziari che intercorrono tra tutti i soggetti che parteciperanno alla realizzazione del ponte, progetto che punta a cogliere in anticipo le eventuali anomalie dei flussi finanziari, favorendo, contemporaneamente, l'avvio di mirate e penetranti attività di indagine;
la società Stretto di Messina ed Impregilo, il 29 marzo 2006, in piena campagna elettorale, hanno firmato il contratto per l'affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva del ponte del valore di 3,9 miliardi di euro;
con tale contratto viene confermato che saranno le risorse pubbliche a rendere possibile la realizzazione dell'opera e che il rischio di gestione dei capitali privati verrà garantito da un onerosissimo canone pagato dalle Ferrovie dello Stato e da un intervento finale da parte dello Stato. Infatti, il vero motivo per cui la realizzazione e gestione del progetto non è affidata a soggetti privati sta proprio nella difficile affidabilità delle stime dei costi dell'opera, ma soprattutto dei flussi. L'esperienza dell'Eurotunnel ha fatto scuola: le stime sbagliate e le sovrastimate previsioni di traffico hanno prodotto per il tunnel sotto la Manica un debito di 9 miliardi di euro ed una gestione catastrofica, tanto da far dichiarare al direttore generale, Richard Schirrefs, l'8 febbraio 2006: «Se l'avessimo saputo, non l'avremmo costruito»;
inoltre, vi è la diffidenza degli istituti di credito, che si fonda sull'analisi dei pochissimi dati messi a disposizione dalla Stretto di Messina, le cui cifre principali sono le previsioni di crescita del prodotto interno lordo meridionale e le previsioni sui flussi di traffico;
quanto a queste ultime, lo studio degli advisor nominati dal ministero dei
lavori pubblici nel 2000 per valutare il progetto evidenzia come il ponte avrà una forte sottoutilizzazione stradale, perché «non attrae in misura significativa nuovo traffico a media e lunga distanza, né lo sottrae al mare e all'aereo». Lo stesso studio, inoltre, sottolinea come «le tendenze di traffico esistenti non verranno significativamente modificate dalla disponibilità del ponte come itinerario alternativo: è questa la principale ragione per cui l'utilizzo del ponte rimane modesta»;
alla luce di quanto premesso, non si capisce come e perché la società Stretto di Messina continui a spendere ed a sprecare denaro, affidando incarichi per consulenze e pubblicizzazioni, con avvisi sui media locali e nazionali, sottraendolo ad investimenti assai più urgenti nel Meridione d'Italia;
da quanto emerso, infatti, da un recente articolo apparso il 31 agosto 2006 sul settimanale l'Espresso, a firma di Luca Domenichini, la società Stretto di Messina, concessionaria del ministero dell'economia e delle finanze, ha sborsato tra il 2002 ed il 2005 quattro milioni e mezzo di euro per emolumenti e gettoni di presenza degli amministratori e tre milioni di euro volatilizzatisi per cadeaux, pubblicità e libri di propaganda. Nei quattro anni di sogno ingegneristico, i dipendenti, dai 29 impiegati e 7 dirigenti del 2002, sono passati agli 85 del 2005, di cui 13 manager, e nel solo 2005 il salario medio è arrivato a sfiorare i 5000 euro al mese;
si pone il problema, stante la decisione del Governo di accantonare sine die la realizzazione del ponte sullo stretto, di quale destino toccherà alla società Stretto di Messina, controllata da Fintecna, Rete ferroviaria italiana, Anas, regione Calabria e regione Sicilia, i cui bilanci nel futuro prossimo continuerebbero inevitabilmente a lievitare, con seria compromissione per le casse dello Stato -:
quali siano le ragioni che a tutt'oggi giustificano l'esistenza della suddetta società e, conseguentemente, quali siano gli orientamenti del Governo in ordine alla sua eventuale riconversione per finalità di riqualificazione dell'area interessata al vecchio progetto.
(3-00228)
FOLENA, LOMBARDI e FRIAS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il settimanale l'Espresso ha pubblicato un reportage del giornalista Fabrizio Gatti, che, fingendosi un immigrato, ha lavorato nel mese di agosto 2006 a fianco dei lavoratori immigrati nelle campagne della provincia di Foggia;
il reportage rivela particolari drammatici di una situazione peraltro nota, ma che spesso viene derubricata a sfruttamento del lavoro nero e «giustificata» con le necessità dell'agricoltura (non solo quella della capitanata) di abbassare i costi, nel quadro della competizione nel settore con le agricolture di altri Paesi;
la situazione, invece, per come emerge dal reportage, è quella di una vera riduzione in schiavitù, alla quale non si può far fronte con banali misure per favorire l'emersione, che, in questi anni, si sono rivelate fallimentari;
in particolare, si sottolinea come gli immigrati siano vittime di violenze, privi di assistenza sanitaria, vittime del caporalato e in certi casi di abusi sessuali e che spesso le denunce alle autorità di polizia giudiziaria si risolvano nell'espulsione o nella reclusione dell'immigrato denunciante, piuttosto che nella punizione del denunciato -:
quali misure, legislative e non, intenda adottare il Governo per sradicare la schiavitù dalle campagne della capitanata e del Mezzogiorno e per assicurare agli immigrati, anche irregolari, gli elementari diritti giuridici e sociali.
(3-00229)
BUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
da una recente inchiesta de l'Espresso, pubblicata la scorsa settimana,
viene alla luce un gravissimo problema, che da anni si presenta soprattutto in Puglia. Infatti, in questa regione vive una parte notevole di immigrati sfruttati e sottopagati che lavorano i campi e vengono usati per la raccolta stagionale di pomodori, alloggiati in posti luridi, massacrati di botte se protestano;
negli ultimi tempi si sono verificate anche sparizioni di immigrati e non sono valse a nulla le ricerche per sapere dove e come siano finiti nel nulla;
la situazione degradata in cui vivono questi lavoratori è una vera piaga sociale, che va risolta al più presto, ed è indegno di un Paese civile sfruttare in questo modo esseri umani, che lavorano onestamente, ma che è doveroso che abbiano condizioni di lavoro e di vita dignitose -:
se il Governo abbia già predisposto delle concrete soluzioni a questa piaga sociale o cosa ritenga di fare con la massima urgenza per fronteggiare questo fenomeno negativo ed aberrante.
(3-00230)
ADENTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
dal 12 al 17 agosto 2006, in provincia di Pavia, nel territorio compreso fra i comuni di Cava Manara, Sommo e Bressana Bottarone, si è svolto un rave party di natura del tutto illegale, che ha coinvolto oltre 13 mila persone provenienti dall'Italia e dall'estero;
seppur trattandosi di casi isolati, si sono verificate aggressioni ai danni di pubblici ufficiali e cittadini (fra cui una troupe della redazione regionale della Rai), oltre ad altri fenomeni di violenza e violazioni della legge n. 110 del 1975, che regola la detenzione di armi;
sono state danneggiate proprietà pubbliche e private nei comuni di Sommo e Cava Manara;
è stata gravemente disturbata la quiete pubblica, con la diffusione continua e ininterrotta di musica a migliaia di watt;
è stato documentato un diffuso fenomeno di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti;
la viabilità e la stessa accessibilità viabilistica all'Oltrepò pavese è stata pregiudicata dal blocco della statale dei Giovi a causa di questo avvenimento e, in particolare, dall'abbandono delle auto dei partecipanti lungo il ponte sul Po tra Bressana e Cava Manara;
gravi risultano essere i danni ambientali arrecati al territorio e significative le spese che le amministrazioni locali stanno affrontando per il ripristino della zona;
risultano presentate molte denunce da parte dei cittadini a causa dei danni subiti -:
quali provvedimenti il Governo intenda assumere al fine di porre rimedio a quanto descritto dalla presente interrogazione, con particolare riferimento a ciò che concerne l'accertamento delle responsabilità di un mancato intervento di corretta prevenzione dagli atti di devastazione volti contro immobili e a danno dei cittadini, e, nel caso ravvisata tale omissione, come il Governo intenda aiutare le amministrazioni comunali colpite da questo prolungato atto vandalico, che in nessun modo può e deve essere tollerato.
(3-00231)
IANNUZZI, BARBI, MARIANI, FRANCESCHINI, BRESSA, SERENI, GIACHETTI, QUARTIANI, REALACCI, BURTONE, OLIVERIO, MATTARELLA, MARGIOTTA, SUPPA, LARATTA, LAGANÀ FORTUGNO, SQUEGLIA, CESARIO, TUCCILLO, DUILIO, ATTILI, BOFFA, ROTONDO e LOMAGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il potenziamento e lo sviluppo della rete ferroviaria e la realizzazione della rete dell'Alta velocità-Alta capacità ferroviaria (Tav) sono di straordinario rilievo per il sistema di mobilità e delle comunicazioni e per i processi di sviluppo economico e produttivo dell'intero Paese;
opere di così grande valenza strategica - che inevitabilmente suscitano rilevanti
problemi e forti ripercussioni in territori intensamente antropizzati ed urbanizzati, come succede in tante aree del nostro Paese - vanno progettate e realizzate ricercando il massimo coinvolgimento ed il più ampio accordo possibile con le comunità locali interessate;
rilevanti, pertanto, sono l'ammodernamento e la messa in sicurezza della rete ferroviaria, nonché l'estensione della rete Tav nel Mezzogiorno da Napoli verso Salerno, Battipaglia, Reggio Calabria e fino alla Sicilia, anche quale parte integrante ed essenziale del corridoio europeo 1 «Berlino-Milano-Bologna-Napoli-Palermo»;
in questa prospettiva occorre - anche alla luce delle opere previste nel piano decennale dei trasporti e della logistica approvato alla fine della XIV legislatura - un programma generale ed organico di interventi sulle infrastrutture ferroviarie meridionali nel loro complesso;
infatti, è fondamentale la modernizzazione della rete ferroviaria nel Mezzogiorno e in Sicilia, il cui potenziamento ed adeguamento tecnologico e velocizzazione sono obiettivi irrinunciabili;
in questo contesto strategico è il progetto di quadruplicamento della linea «Salerno-Battipaglia», quale primo segmento del progetto di prolungamento della rete Tav nel Mezzogiorno -:
quale sia la volontà del Governo rispetto al progetto di estensione della rete dell'Alta velocità/Alta capacità ferroviaria dal nodo napoletano di Afragola verso Salerno-Battipaglia-Reggio Calabria-Catania-Palermo, nonché rispetto all'obiettivo strategico irrinunciabile del potenziamento, della messa in sicurezza e dello sviluppo della rete ferroviaria nel Mezzogiorno ed in Sicilia.
(3-00232)
PALOMBA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2006 il Parlamento ha approvato, non senza perplessità, il provvedimento di indulto, motivato principalmente sulla base del sovraffollamento dei nostri istituti penitenziari;
a quanto si apprende, il numero dei beneficiari di questo provvedimento di clemenza sarebbe di gran lunga superiore alle 12.000 unità in un primo momento previste;
questo dato di per sé giustifica la legittima preoccupazione di una recrudescenza dei reati nel nostro Paese;
allo stato attuale delle cose non pare che siano iniziate le procedure necessarie per la costruzione di nuovi e più adeguati istituti penitenziari, in mancanza dei quali il problema del loro sovraffollamento si riproporrà inevitabilmente quanto prima -:
in quali tempi il Governo intenda procedere alla predisposizione e alla presentazione di una riforma strutturale del procedimento penale, finalizzata, tra le altre cose, ad evitare che si riproducano le condizioni di sovraffollamento carcerario, che - nelle parole dei sostenitori del provvedimento clemenziale - hanno rappresentato una delle motivazioni fondamentali della sua adozione.
(3-00233)
LA RUSSA, GARNERO SANTANCHÈ, AIRAGHI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ARMANI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTELLANI, CASTIELLO, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, CONSOLO, GIORGIO CONTE, CONTENTO, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FILIPPONIO TATARELLA, GIANFRANCO FINI, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, HOLZMANN, LAMORTE, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI, MELONI, MENIA, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PEDRIZZI, ANTONIO PEPE, PERINA, PEZZELLA, PORCU, PROIETTI COSIMI,
RAISI, RAMPELLI, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SALERNO, SCALIA, TAGLIALATELA, TREMAGLIA, ULIVI, URSO e ZACCHERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 12 agosto 2006 l'Italia intera veniva turbata dalla terribile notizia del rinvenimento del corpo della giovane pakistana Saleem Hina, barbaramente sgozzata dai suoi stessi familiari e sepolta nel giardino della sua casa di Sarezzo (Brescia), per il solo fatto di aver scelto per se stessa una vita «all'occidentale»;
Hina aveva 21 anni, viveva da tempo nel nostro Paese ed era fidanzata con un ragazzo italiano. Come hanno raccontato i «vicini di casa» agli organi di stampa, da diverso tempo i rapporti tra lei e la sua famiglia si erano incrinati, poiché da loro, specialmente dal padre, era considerata una «ribelle», accusata di voler vivere una vita diversa da quella impostale dal «clan familiare». Per quest'ultimo, infatti, vestiva «troppo» all'occidentale, lavorava in una pizzeria e, soprattutto, desiderava sposare un italiano. La famiglia, invece, aveva già deciso il futuro sentimentale della ragazza, promettendola in sposa ad un cugino in Pakistan;
secondo le testimonianze del fidanzato, delle colleghe e dei «vicini di casa», la giovane non voleva sposare una persona diversa dall'uomo che amava, né, tanto meno, voleva tornare in Pakistan: voleva solo vivere la vita normale che desiderava;
i vigili del fuoco hanno lavorato diverse ore per riesumare il corpo della giovane, segnato da diverse coltellate, avvolto in alcuni sacchetti di plastica e sepolto ad oltre un metro di profondità nel giardino della casa dove viveva con i propri familiari. Dai rilievi della polizia scientifica risulta, peraltro, che la giovane ha tentato, invano, di difendersi: ovunque, infatti, sono state rinvenute tracce di sangue, soprattutto nel sottotetto, ossia la cameretta di Hina, luogo scelto per il suo sacrificio;
prima dell'efferato crimine compiuto dal padre di lei, i dissapori con i familiari erano sfociati in percosse, secondo la denuncia alle forze di polizia. Denuncia che poi, ella stessa, fu costretta a ritirare sotto le minacce dei familiari;
i carabinieri hanno fermato il padre della giovane Hina, il cognato e lo zio, con l'accusa di omicidio premeditato ed occultamento di cadavere;
la madre, ascoltata dagli inquirenti, ha dichiarato che il marito ha fatto giustizia, esprimendo parole di accusa non per il marito omicida, bensì per la figlia, sentenziando che «non era una buona pakistana» ;
proprio la madre, il 24 agosto 2006, ha presentato richiesta formale perché il cadavere della figlia fosse trasferito in Pakistan e lì seppellito. Successivamente a questa istanza, ne è stata presentata un'altra, con cui la difesa del fidanzato chiedeva che la salma venisse seppellita in Italia perché sono in corso le relative indagini giudiziarie. La procura di Brescia ha respinto l'istanza della madre, disponendo che la salma restasse in Italia -:
quali siano le ragioni che, a tutt'oggi, ostano ad un funerale - così come richiesto dal fidanzato con il quale conviveva - che renda pubblico omaggio alla memoria della giovane innocente trucidata in modo barbaro, funerale ancor più necessario per riparare all'assordante silenzio di troppe coscienze in altre occasioni pronte a mobilitarsi, e se non ritenga di adottare iniziative, anche normative, volte ad evitare - in questo come in casi simili - il pericolo che il corpo della vittima di un omicidio venga riconsegnato proprio ai familiari che lo hanno commesso o che ne hanno condiviso le ragioni.
(3-00234)
Interrogazioni a risposta orale:
LUCCHESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
ormai Lampedusa è stata cancellata dal turismo nazionale internazionale per il
quotidiano sbarco di afroasiatici e l'approdo delle «carrette del mare»;
la Sicilia subisce un danno notevole da questi sbarchi sulle sue coste, tant'è che le prenotazioni negli alberghi sui litorali si sono ridotti al minimo;
la Sicilia paga un alto prezzo per questi sbarchi che allarmano la gente ed il Governo nazionale, purtroppo, non riesce minimamente a porre rimedio a questa situazione -:
quali iniziative intendano adottare per bloccare il quotidiano sbarco di centinaia di clandestini sulle nostre spiagge.
(3-00195)
GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'oncologo Francesco Cognetti è stato revocato dall'incarico di responsabile dell'Istituto di ricerca Regina Elena di Roma con decisione del Ministro della Salute;
il Consiglio di Stato, con ordinanza, ha di fatto sospeso gli effetti della revoca, annullando il provvedimento di nomina di Paola Muti adottato dal Ministro della Salute -:
quali siano le valutazioni del Governo su questa grave vicenda che ha visto il Ministro della Salute assumere decisioni, secondo l'interrogante, in contrasto con la legge e con i diritti del professor Francesco Cognetti.
(3-00204)
GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
lunedì 18 settembre, il consigliere della Presidenza del Consiglio Angelo Rovati ha lasciato il suo incarico -:
quali siano state le ragioni che avevano portato in precedenza Rovati a predisporre un piano per il riassetto della Telecom inviato all'allora presidente del gruppo di telecomunicazioni;
quali siano state le reali motivazioni che hanno portato Rovati alle dimissioni;
quali siano stati i rapporti in questi mesi tra il Presidente del Consiglio e Rovati, in riferimento all'attività di quest'ultimo come consigliere economico del Presidente del Consiglio.
(3-00214)
GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il contratto degli appartenenti al Comparto sicurezza è scaduto il 31 dicembre 2005;
da recenti notizie apparse sulla stampa nel mirino della prossima legge finanziaria ci sarebbero anche gli appartenenti alle Forze di polizia, con un risparmio di spesa di 250 milioni di euro derivanti dal blocco del turn-over;
risulta all'interrogante che vi sia l'intenzione di bloccare i contratti integrativi per il pubblico impiego, tra cui quelli delle Forze di polizia;
sempre da dichiarazioni rilasciate alla stampa sembrerebbe che i precedenti contratti stipulati con i rappresentanti delle Forze di polizia abbiano reso, dal punto di vista economico, ben oltre il tasso di inflazione programmata, per cui nel prossimo rinnovo dovrebbe operarsi una sorta di recupero e, quindi, gli stanziamenti da prevedersi in Finanziaria sarebbero inferiori di molto rispetto a quelli stanziati dal precedente governo -:
se le suddette dichiarazioni corrispondano al reale intendimento del governo;
se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda tenere in considerazione le peculiarità delle Forze di polizia e delle Forze armate, attraverso opportuni stanziamenti per il rinnovo contrattuale e per le assunzioni, necessarie ad un adeguato turn-over, che deve essere garantito ai predetti operatori, affinché gli stessi possano assolvere al meglio alle esigenze di
ordine e sicurezza pubblica, nonché alle missioni internazionali, di cui l'Italia deve essere garante nei confronti dei cittadini e degli altri Paesi.
(3-00215)
GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere:
chi abbia autorizzato la predisposizione di un documento con quelle che all'interrogante appaiono delle vere e proprie direttive alla Telecom Italia che sarebbe stato inviato da Angelo Rovati, collaboratore del Presidente del Consiglio, ai vertici dell'azienda italiana di telecomunicazioni -:
quale sia il ruolo esatto di Angelo Rovati;
quali siano stati i contatti tra la Presidenza del Consiglio, i propri collaboratori e la Telecom;
se siano state avviate iniziative concrete per far acquistare la rete di telefonia fissa alla Cassa Depositi e Prestiti, e se tali obiettivi siano compatibili con le attività di una struttura pubblica e con le regole del mercato;
se le iniziative della Presidenza del Consiglio e del suo braccio operativo Rovati, che a parere dell'interrogante appaiono improprie, non sembrano riproporre i fasti del passato quando anche attorno alla Telecom si svilupparono polemiche che portarono alcuni a definire una merchant bank quella che si era costituita intorno a D'Alema a Palazzo Chigi;
se tali comportamenti attraverso attività che l'interrogante giudica improprie di stretti collaboratori del Presidente del Consiglio che, utilizzando mezzi, uffici e carta intestata di Palazzo Chigi, sembrano impartire direttive alle aziende, non rendano plausibili il rinnovarsi di preoccupazioni da parte dell'interrogante.
(3-00216)
GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
è in corso un'importante riorganizzazione societaria dell'azienda Telecom Italia e sono state annunciate rilevanti iniziative che possono avere riflessi anche sull'uso della rete di telefonia fissa -:
se risponda al vero l'interessamento da parte della Cassa Depositi e Prestiti all'acquisizione del controllo o di una partecipazione nella rete stessa di Telecom Italia;
se, in riferimento alla vicenda Telecom, sia lecito che il Governo assuma iniziative che in qualche modo possano poi tradursi in una interferenza sulle libere dinamiche di mercato.
(3-00217)
GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Angelo Rovati che tempo fa, polemizzando con la stampa a proposito dei finanziamenti destinati a Romano Prodi, si firmò pseudo tesoriere della campagna elettorale del candidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, è la stessa persona che, nominato consigliere di Prodi a Palazzo Chigi, invia lettere su carta intestata del Governo alle aziende con quelli che, secondo l'interrogante, sono «consigli-ordini» su cosa si deve vendere o no -:
se non appaia inopportuno al Presidente del Consiglio in carica che chi si è dedicato per suo conto e nome alla raccolta di fondi per la campagna elettorale si rivolga poi a nome del Governo ad imprese che potrebbero, nella confusione dei ruoli, sentirsi intimidite;
se non ci si trovi di fronte ad un macroscopico conflitto di interesse che sarebbe bene affrontare in sede politica, intanto con le dimissioni di Rovati, poi con gli accertamenti del caso.
(3-00218)
CIRINO POMICINO, CATONE, BARANI, FRANCESCO DE LUCA, DEL BUE
e NARDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. - Per sapere:
a quanto ammonti l'indebitamento rispettivamente di Telecom, Olimpia e Pirelli;
quali siano i motivi per cui qualche settimana fa alcune banche abbiano preso in carico oltre il 30 per cento di Pirelli tyre un giorno dopo la decisione della proprietà di non collocare più la società in borsa;
se risponda al vero che dopo il preannunciato riassetto del gruppo Telecom deciso dal suo c.d.a. l'11 settembre, le maggiori banche italiane abbiano comunicato a Tronchetti Provera che non avrebbero più sostenuto l'indebitamento del gruppo;
se risponda al vero che in concomitanza di questa possibile evenienza la Goldman-Sachs abbia approntato uno schema di soluzione nel riassetto del gruppo Telecom facendolo passare attraverso la presidenza del consiglio dei ministri;
se risponda al vero che il sottosegretario Tononi con la delega alle privatizzazioni è ancora oggi dipendente della Goldman-Sachs o lo è stato sino a qualche mese fa;
se risponda al vero che in data 5 giugno 2006 il ministro dell'economia ha ricevuto formale richiesta di un Gruppo parlamentare di conoscere gli affari trattati dalla Goldman-Sachs in Italia allorquando in Europa a dirigerla era l'attuale governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e se, in mancanza di tali informazioni, non sarebbe stato eticamente e politicamente corretto la chiusura almeno per 2 anni di qualunque rapporto con la pubblica amministrazione della stessa Goldman-Sachs;
se al Governo risulti che nell'ambito delle indagini avviate dalla Procura di Milano, e pubblicizzate dalla stampa, per le intercettazioni illegali siano indagati anche i vertici della Telecom;
se corrisponde al vero che una o più persone abbiano convinto il dr. Tronchetti a rassegnare improvvisamente le proprie dimissioni con motivazioni finanziarie e/o giudiziarie;
se non ritiene di attivare anche parzialmente soggetti pubblici come la cassa depositi e prestiti, Fintecna o altri per evitare il rischio di una ennesima evenienza colonizzatrice che nel caso di Telecom trasferirebbe la proprietà non solo dell'unica società di telefonia mobile italiana ma anche la rete del cosiddetto ultimo miglio.
(3-00221)
LUCCHESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere:
se risulti a verità che la delegazione della missione in Cina era composta da ben millecinquecento persone;
se la spesa del trasporto aereo e degli alberghi sia stata a carico della finanza pubblica;
quanto sia costata in totale questa «missione» in Cina;
se anche le spese del presidente della confindustria siano state a carico dello Stato.
(3-00223)
Interrogazioni a risposta scritta:
RAITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi ha riconosciuto l'importanza fondamentale dell'istituzione di una efficiente Banca Euro-mediterranea per gli investimenti sia nelle dichiarazioni programmatiche d'insediamento consegnate presso questo ramo del Parlamento nella seduta del 18 maggio 2006, sia in sede di replica al dibattito sulla fiducia al Governo nella seduta del 23 maggio 2006, anche alla luce delle sollecitazioni del sottoscritto in occasione dell'intervento in occasione del dibattito sulla fiducia nella seduta del medesimo 23 maggio 2006;
a quanto si apprende dalle agenzie di stampa il Presidente Prodi in un summit dell'Unione europea tenutosi a Bruxelles lo scorso giugno ha rilanciato la proposta di una banca per il bacino mediterraneo, incontrando però le perplessità del Commissario Almunia, il quale ha sostenuto che, allo stato attuale delle cose, è necessario utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalla Banca europea per gli investimenti;
lo scorso 26 giugno 2006 si è riunita a Gammarth, vicino Tunisi la Conferenza dei Ministri delle Finanze Euro-Mediterranei che, sempre a quanto si apprende dalle Agenzie di stampa, si è chiusa con un Accordo per «allargare» la «Misura per
gli Investimenti e il Partenariato Euro-Mediterraneo (FEMIP)» attualmente gestita della Banca Europea degli Investimenti (EIB) del Lussemburgo;
tale allargamento ha come conseguenza che nel medio-periodo il progetto di istituzione della Banca euromediterranea è stato accantonato;
la dichiarazione finale della conferenza di Gammarth sottolinea, tra l'altro, che il FEMIP organizzerà, nell'autunno del 2006, un Forum sull'estensione delle «Reti Trans-Europee» (Trans-European Networks TEN) con la partecipazione delle rappresentanze governative e di esperti da entrambe le sponde del Mediterraneo;
anche il Ministro per le politiche comunitarie e il commercio internazionale onorevole Emma Bonino lo scorso 17 luglio ha sostenuto che il progetto di una Banca euromediterranea «deve essere avviato perché è uno strumento fondamentale» -:
quali siano state le reali determinazioni assunte in proposito dalla Conferenza dei Ministri delle Finanze euro-mediterranei tenutasi a Gammarth (Tunisia) lo scorso 26 giugno;
laddove sia stato effettivamente messo da parte il progetto di accordo per l'istituzione della Banca Euro-Mediterranea, quali accorgimenti intenda assumere il Governo italiano affinché questo progetto venga ripreso alla luce della sua fondamentale importanza strategica con particolare riferimento al partenariato euro-mediterraneo.
(4-00893)
CASTAGNETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la polizia della città di Zhangjiakou ha arrestato il 30 luglio scorso il vescovo ausiliare della diocesi di Xiwanzi, mons. Yao Liang, un sacerdote della stessa diocesi e 90 loro fedeli che ne chiedevano il rilascio. La notizia, oggi su tutti i giornali, è trapelata solo il 3 agosto, attraverso la Kung Foundation, organizzazione che opera per la libertà religiosa in Cina con sede negli Stati Uniti, ed è stata poi diffusa dall'agenzia missionaria AsiaNews (http://www.asianews.it);
nella regione è in atto da anni una dura campagna di repressione contro i cattolici «non ufficiali», cioè quelli non riconosciuti dal governo;
con l'arresto di mons. Yao, si allunga la lista dei vescovi al momento in carcere. Secondo quanto riferito dall'agenzia AsiaNews, il vescovo della diocesi di Baoding, mons. Giacomo Su Zhimin, 72 anni, è stato arrestato nel 1996 e da allora è scomparso; il suo ausiliario, mons. Francesco An Shuxin, 54 anni, ha subito la stessa sorte un anno dopo; mons. Han Dingxian, vescovo di Yongnian, scomparso dalla fine del 2005 e mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo di Zhengding, che viene rapito in continuazione dagli agenti di pubblica sicurezza. Sarebbero invece circa 23 i sacerdoti in prigione -:
di quali informazioni disponga il governo;
quali iniziative, anche nelle sedi internazionali, intenda porre in essere per richiamare il governo della Repubblica popolare cinese al rispetto dei diritti umani e in particolar modo della libertà religiosa.
(4-00904)
FUNDARÒ e LION. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Padre Saad Sirop Hanna è un sacerdote cattolico caldeo di Baghdad, rapito il 15 agosto 2006, subito dopo la Messa pomeridiana nel pericolosissimo quartiere meridionale di Dora. A seguito dell'atto criminoso, fino ad oggi, non esistono notizie relative allo stato dello stesso sacerdote, tranne che sarebbe stata avanzata una ingente richiesta di riscatto;
questo sequestro segue, dopo appena un mese, quello di un altro sacerdote cattolico caldeo, Padre Raad Washan
Sawa, liberato il giorno dopo il rapimento con la minaccia di ucciderlo se non fosse stato pagato un riscatto di 200.000 dollari usa;
lo Stato del Vaticano, al pari di molte altre istituzioni internazionali, ha chiesto un urgente intervento sulla vicenda, affinché possa concludersi in maniera positiva. A tal proposito, domenica 20 agosto 2006 un appello del Pontefice Benedetto XVI per la liberazione del sacerdote ha seguito quello che tutti i capi religiosi cristiani iracheni, cattolici ed ortodossi, hanno rivolto al governo iracheno con una lettera indirizzata al Presidente Jalal Talabani ed al Primo Ministro Nouri al-Maliki;
Padre Saad Sirop è giovane, ha solo 34 anni, a Baghdad è parroco della chiesa di Saint Jacob e dirige la sezione teologica del Babel College, l'unica facoltà di insegnamento cristiano in Iraq, avendo già vissuto a Roma per alcuni anni per motivi di studio dove sarebbe dovuto tornare per la specializzazione -:
se sia a conoscenza del rapimento del sacerdote, Padre Saad Sirop Hanna, e se abbia informazioni sul sequestro indicato in premessa;
se non ritenga di necessario provvedere ad intraprendere le opportune iniziative atte a contribuire alla liberazione del sacerdote, anche attivando le vie diplomatiche allo scopo previste e se del caso la cooperazione italiana e la croce rossa italiana;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di giungere alla immediata liberazione del sacerdote sequestrato, nonché di tutelare la sicurezza dei caldei e in genere dei cristiani irakeni.
(4-00907)
BENEDETTI VALENTINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sono tre anni che è chiusa la strada provinciale 249 in territorio di Assisi a causa della frana di Torgiovannetto, con indescrivibili disagi per la popolazione e rilevantissimo danno per una delle zone più pregiate dell'Umbria, area naturale protetta e dichiarata Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO;
sono trascorsi più di cinque mesi da quando in Roma, presso la sede della Protezione Civile, con il concorso di tutti i livelli istituzionali governativi e locali, venne stabilito un percorso indicato come concreto e impegnativo per la soluzione di un problema, come quello della frana, che avrebbe richiesto interventi ben più efficaci e tempestivi, ma nulla è stato più fatto e addirittura si apprende che non è disponibile alcun fondo per la progettazione e realizzazione di primi interventi per la riapertura della provinciale 249;
a quanto risulta all'interrogante, di fronte alla scandalosa situazione, il Comitato rappresentativo dei cittadini residenti e più direttamente coinvolti ha messo perentoriamente in mora il Governo, la Protezione civile, tutte le Amministrazioni regionale, provinciale, comunale, perché siano effettuati gli interventi risolutivi e comunque si proceda alla riapertura della detta provinciale, prospettando, comprensibilmente, clamorose azioni contestative di tutela, oltre a denunce volte ad accertare le cause reali della frana, le responsabilità dei mancati controlli, la dilapidazione di oltre 1,5 milioni di euro senza risultato -:
quali azioni concrete e con quali risultati il Governo abbia posto in essere o sollecitato, per realizzare gli impegni formalizzati alla Protezione civile il 26 aprile 2006;
quali risorse il Governo, in sinergia con regione ed enti locali, intenda rendere disponibili e spendibili per risolvere il grave problema della frana di Torgiovannetto d'Assisi e comunque permettere la riapertura della strada provinciale 249;
se il Governo non ritenga di riconvocare immediatamente il «tavolo» istituzionale con il Comitato dei cittadini per
fare nuovamente il punto trasparente a far seguire doverosamente alle parole i fatti.
(4-00911)
PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2006 ha riconosciuto un bonus di 1000 euro per tutti i cittadini italiani e comunitari nati nel 2005 e nel 2006;
nel gennaio 2006 la Presidenza del Consiglio ha inviato ai nuovi nati una lettera invitandoli alla riscossione del bonus;
questa lettera è stata inviata, per errore, anche a bambini stranieri;
i genitori dei bambini stranieri, espressamente invitati dal Presidente del Consiglio, hanno riscosso il bonus presso l'ufficio postale indicato nella lettera. Secondo stime non ufficiali, la lettera sarebbe stata inviata per errore a circa 600.000 nuovi nati stranieri, ed il bonus sarebbe stato riscosso da circa 3.000 famiglie straniere;
con una nota del 21 aprile 2006 il ministero dell'economia ha comunicato le modalità di restituzione del bonus erroneamente corrisposto;
il 21 luglio 2006 il consiglio dei ministri ha annunciato un provvedimento con il quale il ministero dell'economia rinuncia a chiedere la restituzione dei bonus bebè erroneamente incassati da cittadini extracomunitari;
seppur tale provvedimento (finora solo annunciato) ponga fine alla questione delle restituzioni, condonando le somme, lascia aperto un problema ben più grave: le conseguenze penali della vicenda. Chi ha erroneamente ritirato il bonus, come ha fatto rilevare l'Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori) fin dallo scorso 26 luglio, sarà infatti perseguito per diversi reati che vanno, a seconda dell'interpretazione data dalle singole procure della Repubblica, dall'appropriazione indebita, alla indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, alla falsità ideologica - reato punito con la reclusione fino a due anni - e alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche - reato punito con la reclusione da uno a sei anni. Ciò comporterà esborsi ben più onerosi di mille euro per pagare le spese di giudizio ed il rischio di una pesante condanna penale;
diverse procure della Repubblica (Cuneo, Perugia, Rovigo, Verona, Varese, Treviso, Firenze) hanno già provveduto ad inviare gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari per questi reati, atto prodromico all'instaurazione di un processo penale;
alle conseguenze penali dell'accaduto si aggiungono quelle relative alle condizioni di soggiorno in Italia. Infatti, l'esistenza di un procedimento penale a proprio carico per questo tipo di reato è motivo ostativo al rilascio della carta di soggiorno, ed una eventuale condanna ne è motivo di revoca. I «colpevoli» dunque non potranno mai più richiedere la carta di soggiorno, titolo decisamente più garantistico rispetto al permesso di soggiorno che deve essere rinnovato ogni anno ed è sempre imprescindibilmente legato ad un contratto di lavoro;
in buona sostanza, le conseguenze dell'errore della Presidenza del Consiglio rischiano di ricadere su chi, in buona fede, ha presentato un modulo sul quale era prestampata la autocertificazione di cittadinanza italiana. La buona fede di chi ha riscosso il bonus è incontestabile, avallata dalla lettera ricevuta che ha indotto in errore i riceventi. Questi ultimi peraltro si sono recati all'ufficio postale muniti di documento di identità dal quale chiaramente si evince la cittadinanza: qualsiasi operatore di sportello avrebbe potuto (e dovuto) verificare la mancanza del requisito. Da un punto di vista generale, questo errore porterà all'instaurazione di circa 3.000 processi penali, che contribuiranno
alla (già grave) congestione dei tribunali penali, pagati con i soldi dei contribuenti, esattamente come le 600.000 lettere inviate -:
in che modo il Governo intenda porre rimedio agli errori commessi dalla presidenza del Consiglio, tenuto conto della gravità delle conseguenze penali della vicenda, che si ripercuoterebbero altresì sulle modalità del soggiorno in Italia;
se sia intenzione del Governo adottare un provvedimento legislativo d'urgenza che escluda le conseguenze penali dell'accaduto, sia per i processi già terminati che per quelli in corso, e con quale tempistica.
(4-00937)
PELLEGRINO, LION, CAMILLO PIAZZA e TREPICCIONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
le pagine dei quotidiani di questa prima decade di settembre riportano il caso di «Maria» la piccola Bielorussa, pare di 10 anni, che più volte era venuta nel nostro paese ospite di una famiglia, per poi tornare in patria dove rinchiusa in un orfanotrofio aveva subito delle «inaudite violenze»;
da qui la decisione degli affidatari che la ospitavano di non riconsegnarla a chi l'avrebbe fatta salire su un aereo e riportata via;
certamente la vicenda è diversa dal solito «dramma» conosciuto da chi ogni giorno si trova ad operare nei casi di famiglie che si lacerano, o di figli che vengono negati all'altro «perché così impara...». Il caso di «Maria» merita una considerazione in più;
in tal senso giova alla concreta comprensione della vicenda riportare alcune considerazioni fatte da operatori della giurisprudenza che hanno nella materia della tutela dei diritti dei minori e del diritto della famiglia una puntuale competenza, tra cui il presidente del circolo psicogiuridico di Roma, che nel merito afferma «Se è vero che in tutta Italia il lavoro dei Tribunali dei Minorenni è reso difficilissimo dal carico immenso di lavoro, tanto che noi stessi, ci troviamo a dover giustificare ai nostri assistiti dei ritardi spesso "ingiustificabili" con una sincera e convinta comprensione per la mole di lavoro degli uffici guidiziarii minorili, allora "come mai" per un caso così delicato dove è in ballo una minore "senza la famiglia di origine" e quindi senza che i suoi veri e naturali genitori se ne possano occupare o richiederla a casa, perché Maria non ha una casa (se non quella che per pochi mesi all'anno le hanno dato i suoi "genitori ospitanti"), "come mai se" le accuse di violenza subita hanno avuto riscontri importanti tanto da far emettere, al medesimo Tribunale dei Minorenni, un provvedimento di affidamento ai servizi sociali del Comune ove la piccola si trovava ospite, "come mai se" Maria non è richiesta indietro se non da Uffici, Funzionari, Consoli ed Ambasciatori ma, certo da nessuno che le abbia mai fatto una carezza, "come mai" proprio in questo caso è arrivata così "fulminea" la decisione di autorizzare il rientro della bambina in paese dove "Maria" non ha nessun affetto. Se dovessimo, dalle pagine di questo periodico, richiedere ai Colleghi di farci per tutta Italia un calendario dei tempi medi di attesa dei Provvedimenti dei Tribunali dei Minorenni, sono certo che "il tempo di attesa" di questo caso stupirebbe più di un osservatore. Vi sono mille modi, soprattutto non scritti, per tutelare un minore dagli abusi e dalle violenze.
Non sta a me indicare cosa i giudicanti avrebbero potuto fare, in quanto la loro esperienza non ha bisogno di consigli, ma qui non è della cultura giuridica che si nota la mancanza, ma di quella attenzione che vuole che nessuno possa vedere un bambino sparire verso un luogo dove non troverà nulla che lo sappia accogliere ed amare».
la vicenda di Maria rientra in un fenomeno degli affidi temporanei di ragazzi della Bielorussia ormai molto conosciuto in Italia e che non pochi problemi
provoca nella società e soprattutto presso le istituzioni che lo gestiscono;
Maria fa parte del gruppo di bambini che da anni vengono inviati dagli istituti della Bielorussia in Italia per periodi di «vacanza» che durano anche due/tre mesi per curarsi (probabilmente dalla solitudine che attanaglia questi piccoli tutti costretti a vivere in istituti);
la fanciulla era già venuta in Italia altre volte ed era ospite della medesima famiglia, ma quest'anno i due «genitori» avevano deciso di fare una festa ed avevano invitato anche un altro bambino Bielorusso, che Maria conosceva per essere anche lui ospite del medesimo istituto;
i piccoli hanno subito manifestato fastidio nell'incontrarsi ed alle domande dei grandi Maria, questa volta, ha trovato il coraggio di confidarsi e di denunciare le violenze subite;
dal suo racconto emerge che l'altro bambino era costretto dai più grandi dell'istituto ad abusare di lei, e poi i più grandi proseguivano nelle loro torture (sembra che a Maria abbiano spento delle sigarette tra le gambine!!);
di questi fatti la famiglia di Oneglia informava il Tribunale dei minori di Genova che emetteva un provvedimento di affido ai servizi sociali del Comune e disponeva una perizia medica che confermava la denuncia;
di contro si metteva in moto la «diplomazia» Bielorussa che richiedeva la «restituzione» della piccola, perché terminato il periodo di «affido temporaneo» non vi erano altri motivi per restare in Italia per Maria, solo genericamente dichiarando che la piccola non avrebbe fatto ritorno nell'istituto incriminato;
i genitori «temporanei» di fatto hanno rifiutato di eseguire l'ordine di restituzione del Tribunale di Genova emesso in maniera inusualmente tempestiva;
ogni intervento effettuato sembra aver avuto come principio ispiratore l'osservanza formalistica delle procedure e del rispetto delle competenze, ma purtroppo non sembra siano state date le prioritarie osservanze al principio del superiore interesse del minore, che norme nazionali e Convenzioni internazionali, segnatamente la legge 27 maggio 1991, n. 176 che ratifica e dà esecuzione alla convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, nonché, quali norme che fissano i principi sulla protezione dei minori, la legge 20 marzo 2003, n. 77 relativa alla ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, e la legge 20 marzo 2003, n. 77 concernente ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, esplicitamente prescrivono -:
se nell'ambito dei rapporti con lo Stato della Bielorussia non sia opportuno e necessario verificare, come sostenuto da cattedratici di neuropsichiatria infantile, che il recupero della piccola in istituti sia letteralmente «impossibile», e, in tale direzione, dal momento che a Maria si vuole al contrario assicurare il recupero dalla violenza subita presso un istituto in Bielorussia, non sia più corretto effettuare lo stesso recupero in un ambito familiare confacente;
se, sempre in tale ambito, nella vicenda si stia tenendo conto del superiore interesse del minore, anche alla luce del fatto che Maria non è richiesta in patria dalla propria famiglia di origine.
(4-00953)
OLIVERIO, LAGANÀ FORTUGNO e LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 3 luglio 2006 si è registrato un evento pluviometrico eccezionale che ha interessato in particolare il comune di Vibo Valentia;
l'evento è stato concentrato sia dal punto di vista temporale, occupando un intervallo di poco superiore alle tre ore,
che spaziale in quanto in alcune zone prossime a quelle richiamate si sono registrati valori molto bassi di pioggia;
i valori massimi di pioggia di durata 1,3 e 6 ore nella stazione pluviometrica di Vibo Valentia sono risultati pari a 130 millimetri, 199 millimetri e 203 millimetri;
il confronto con i dati storici mostra che nella stazione pluviometrica di Vibo Valentia si sono registrati, in questo evento, i massimi storici su tutte le durate che in alcuni casi risultano anche superiori al doppio dei massimi precedentemente registrati;
il dato assume maggiore rilevanza nella stazione di Vibo Valentia, nella quale la serie storica è di durata quasi cinquantennale;
l'area interessata dall'evento pluviometrico è caratterizzata, dal punto di vista idrogeologico, da diffuse condizioni di rischio con una superficie, classificata nel piano di assetto idrogeologico della Calabria, a rischio alluvione R3 e R4 di 1 chilometro quadrato e rischio frana in contesto urbano di 16 ettari. Sul tratto interessato - circa 10 chilometri - risulta intrusione su 4 chilometri. In tale contesto e nelle condizioni dell'evento si sono registrate esondazioni e colate detritiche che hanno sconvolto il territorio, danneggiato infrastrutture e purtroppo provocato 4 vittime, tra cui un bimbo di quindici mesi strappato dalle braccia della mamma dalla potenza delle acque;
i lutti hanno esasperato, anche dal punto di vista psicologico, le popolazioni fortemente provate per gli ingenti danni materiali e per le condizioni di indigenza nelle quali si sono ritrovate;
le già precarie condizioni socio-economiche si sono aggravate anche a causa degli indiscutibili danni provocati alle attività produttive e soprattutto turistico ricettive;
il Governo ha tempestivamente dichiarato lo stato di emergenza ed emanato in data 7 luglio 2006 l'ordinanza di protezione civile n. 3531;
di difficile accertamento risulta essere l'ammontare certo dei danni economici complessivi;
ingente sembrerebbe essere la necessità finanziaria per la messa in sicurezza del territorio colpito dall'evento e dell'intero comprensorio vibonese;
non inverosimile potrebbe risultare la stima in 200 milioni di euro;
le amministrazioni locali interessate ed in particolare il comune di Vibo Valentia hanno urgente necessità di un piano di interventi per la messa in sicurezza del territorio, per il riefficientamento delle infrastrutture e dei servizi e per il riposizionamento sui mercati delle attività economiche e produttive;
l'assenza di queste attività programmatiche cui facciano seguito coerenti impegni finanziari da parte del Governo stanno esasperando la popolazione, angosciata per l'imminente stagione delle piogge, con preoccupazione per la tenuta dell'ordine pubblico. Diversi gli impegni assunti a tutti i livelli istituzionali, modeste ad oggi le concrete azioni -:
quali iniziative il Governo, anche in vista della prossima legge finanziaria per il 2007, intenda varare con il coinvolgimento degli enti locali, per accelerare la fase di messa in sicurezza e di ricostruzione del territorio.
(4-00955)
CARTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Pomezia, in provincia di Roma, dopo le dimissioni del sindaco Stefano Zappalà, è subentrato il Commissario prefettizio Francesco Avallone il quale, anziché limitarsi all'ordinaria amministrazione fino all'indizione delle successive elezioni comunali, ha repentinamente approvato una convenzione urbanistica per l'edificazione di 650.000 metri cubi di strutture nell'area comunale del Sughereto, che è l'unico polmone verde della città, e per l'insediamento abitativo di
ulteriori 8.000-10.000 persone in una realtà, a giudizio dell'interrogante, già seriamente compromessa in termini di infrastrutture primarie, di servizi e di allarme sociale;
a quanto risulta all'interrogante, in esito a tale decisione, nell'aprile del 2006, a Pomezia sono state repentinamente presentate le migliaia di firme richieste dallo Statuto comunale per l'indizione di un referendum consultivo della popolazione;
sennonché, le istituzioni commissariali, prima, e la neo eletta amministrazione comunale, poi, non hanno ancora indetto il referendum richiesto, con ciò omettendo di adempiere un preciso obbligo di legge e rendendo vana la legittima aspettativa dei promotori del referendum di far pronunciare la cittadinanza su una questione locale così importante prima che essa divenga definitiva ed irreversibile;
secondo l'interrogante, quanto sta avvenendo nel comune di Pomezia, quindi, denota da parte sia delle istituzioni locali che di quelle regionali il mancato rispetto delle più elementari regole democratiche. La Regione Lazio, infatti, ha parimenti ignorato una interrogazione (prot. 296) scritta all'uopo presentata lo scorso 2 marzo da un consigliere regionale;
ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo n. 267/2000 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), il prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni, quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge;
ai sensi dell'articolo 138 del medesimo decreto legislativo n. 267/2000, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità;
ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo n. 267/2000, i consigli comunali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;
ai sensi dell'articolo 142 del decreto legislativo n. 267/2000, con decreto del Ministro dell'interno il sindaco e i componenti dei consigli e delle giunte possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico;
quali concrete misure il Governo e, in particolare, il Ministro dell'interno intendano adottare per la tutela del diritto di partecipazione popolare secondo l'interrogante, di fatto illegittimamente oggi negato ai cittadini di Pomezia -:
se e quali soluzioni il Governo ed il Ministro dell'interno, nell'ambito delle competenze loro attribuite dalla legge, intendano adottare per ovviare ai sopra descritti abusi dell'amministrazione comunale di Pomezia, sia quella prefettizia che quella elettiva.
(4-00958)
OSVALDO NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 206, recante «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice» introduce, con decorrenza 1o gennaio 2003, nuovi benefici per le vittime di eventi terroristici verificatisi all'estero;
la suddetta legge, con l'indicazione di tale decorrenza, stabilisce anche un diverso
trattamento tra coloro che sono caduti prima del 1o gennaio 2003 e coloro che sono caduti dopo questa data;
la legge 20 febbraio 2006, n. 91, recante «Norme in favore dei familiari superstiti degli aviatori italiani vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961», estende i suddetti benefìci anche alle vittime di Kindù, in deroga a quanto disposto dall'articolo 15 della legge n. 206 del 2004 -:
se il Ministro in indirizzo e la Presidenza del Consiglio dei ministri non ritengano tali misure lesive e discriminatorie nei confronti delle famiglie dei caduti prima del 2003;
se non ritengano che la legge 20 febbraio 2006, n. 91, possa rappresentare un valido precedente per equiparare il trattamento riservato alle vittime del terrorismo e ai loro familiari;
qualiiniziative normative intendano adottare per porre fine a tale situazione discriminante.
(4-00959)
RAMPELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 13 al 18 settembre il governo italiano è stato in missione in Cina per partecipare alla Fiera Internazionale di Canton;
la delegazione di tale missione era composta dal presidente del Consiglio dei Ministri, 4 ministri, 3 sottosegretari, un viceministro, 11 Regioni tra le quali il Lazio, la Lombardia, la Puglia, la Basilicata, la Campania, l'Emilia Romagna, il Molise, il Piemonte, la Toscana, la Liguria e le Marche, 700 imprese, 26 associazioni di industriali e 20 banche;
il numero complessivo dei partecipanti ha superato le 1000 persone;
lo scopo principale della missione è stata quello di favorire lo sviluppo delle relazioni commerciali italo-cinesi e di delocalizzare le imprese italiane nel Paese di Mezzo;
la delocalizzazione delle aziende in Cina rischia di produrre un depauperamento della produttività e dell'occupazione italiane che si vedono prediligere un Paese in cui la forza lavoro costa molto meno e in cui i diritti dei lavoratori, dei bambini, delle donne, dell'ambiente naturale non sono tutelati;
in Cina vengono annualmente eseguite circa 2000 condanne a morte e ne vengono emesse quasi il doppio; viene perseguitato chi dissente dal regime comunista; viene repressa da decenni la libertà religiosa; viene negata la libertà di accesso all'informazione, imposta la censura preventiva ai motori di ricerca su internet più diffusi al mondo, negato - infine - il rapporto diretto con le agenzie di stampa occidentali -:
in cosa consisterebbero concretamente le azioni volte a porre al governo cinese la questione dei diritti civili e delle libertà personali di cui ha parlato il Presidente del Consiglio, e che in Cina, secondo l'interrogane, sono sistematicamente violati;
quali siano stati i costi di tale viaggio;
se i costi della missione gravino tutti sulle casse dello Stato;
in caso contrario, a quanto ammonti la quota di partecipazione di ciascun componente.
(4-00961)
BERTOLINI e PAOLETTI TANGHERONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, si trova attualmente in missione in Cina e sostiene di avere ottimi rapporti con quel governo;
nella Repubblica popolare cinese i diritti umani vengono calpestati da oltre
cinquant'anni come denunciato dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani;
in particolare la libertà di culto viene negata e perseguitata;
secondo notizie di stampa la polizia della provincia settentrionale dello Shaanxi ha arrestato il vescovo di Zhouzhi, Mons. Martino Wu Qinjing, l'11 settembre 2006, il quale, in ottemperanza alla sua fede ed alla sua lealtà al Santo Padre, aveva celebrato una messa solenne, nonostante le minacce del Governo cinese;
il presule è stato ordinato vescovo - con approvazione della Santa Sede - nell'ottobre del 2005 dal defunto arcivescovo di Xian, Mons. Antonio Li Duan, ma tale ordinazione non è stata riconosciuta dal Governo cinese, che la definisce illegale;
sin dall'ordinazione egli è stato molestato continuamente dalla polizia, tanto da impedirgli di svolgere appieno il suo ministero;
tale episodio è solo l'ultimo di una serie di gravi fatti perpetrati contro i cattolici, come quello avvenuto il 30 luglio 2006 quando la polizia della città di Zhangjiakou ha arrestato un vescovo ausiliare della diocesi di Xiwanzi, o contro altri culti, come oppure quello ai danni del religioso tibetano Nyima Drapka, rinchiuso nelle carceri di Dawu, per aver affisso alcuni manifesti contro la politica cinese e che prima di morire, scrisse una lettera nella quale raccontò delle terribili condizioni di reclusione a cui è stato sottoposto -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri, nel corso della sua visita in Cina, non intenda sollevare la questione dell'arresto del Vescovo di Zhouzhi, Mons. Martino Wu Qinjing;
se intenda affrontare la più generale questione dei diritti umani, politici, sociali e culturali delle minoranze religiose, etniche e di altro genere, secondo l'interrogante, costantemente violati dal Governo cinese, chiedendone il rispetto.
(4-00974)
OSVALDO NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che ci si riferisce al cosiddetto «caso Telecom» -:
chi abbia commissionato e abbia pagato ad una grande banca d'affari uno studio di ristrutturazione di un grande gruppo privato italiano e a quale titolo e a quale scopo;
quale sia tale grande banca d'affari (molto imbarazzante se fosse la Goldman Sachs, dalla quale proviene un grande esperto di finanza, candidato da molti alla guida della Cassa depositi e prestiti);
a quale titolo un Governo si faccia dare da una grande banca d'affari un progetto strutturale di riassetto di un grande gruppo privato;
a quale titolo un Governo trasmetta tale progetto ad un grande gruppo privato, brevi manu;
a quale titolo un Governo che, a suo tempo, ha privatizzato Telecom mandi suggerimenti alla Telecom privata;
a quale titolo un Governo si irriti per non essere stato informato, quando non solo sapeva ma addirittura suggeriva soluzioni alternative e preferenze tra le varie soluzioni;
con quale coerenza un Governo che privatizzò Telecom suggerisca quella che all'interrogante appare una subdola ripubblicizzazione ipotizzando di farlo partecipare da Cassa depositi e prestiti, cioè dalla più grande banca pubblica che raccoglie il risparmio di milioni di «piccoli» italiani con gli sportelli delle poste pubbliche italiane;
se corrisponda al vero che tale progetto con allegati sia stato scritto e consegnato con carta intestata «Presidenza del Consiglio»;
quali provvedimenti si ritenga di assumere per chi eventualmente abbia usato in modo improprio la sigla istituzionale a scopi privati.
(4-00979)
CICCHITTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
un piano alternativo per la modifica degli assetti proprietari di Telecom, scritto su carta intestata della segreteria del presidente del Consiglio, nel quale, ad avviso dell'interrogante, si afferma che solo conferendo la telefonia fissa alla Cassa Depositi e Prestiti quell'impresa privata avrebbe potuto salvarsi dai debiti e dall'intervento dell'autorità delle comunicazioni, è stato fatto pervenire ad un imprenditore privato, il dott. Tronchetti Provera, ad opera di Angelo Rovati, uno dei più stretti collaboratori del Presidente del Consiglio;
il Presidente del Consiglio ha affermato di non essere stato debitamente informato dal dott. Tronchetti Provera su ciò che riguardava Telecom nonostante l'iniziativa presa dal suo stretto collaboratore;
sono state rese pubbliche dal Presidente del Consiglio notizie riservate che riguardavano anche altre aziende come la Time Warner e la General Electric riferendo anche quello che l'amministratore delegato della Telecom in un colloquio del tutto privato e riservato gli aveva riferito sulle trattative con Murdoch, sia sui contatti con la General Electric e la Time Warner e l'importo (da 7 a 9 miliardi di euro) che l'attuale proprietà di Telecom intendeva ricavare dalla vendita della Telecom Brasile;
infine, Angelo Rovati, incalzato dagli eventi ha ritenuto opportuno dimettersi dall'incarico di consigliere economico e politico del Presidente del Consiglio on. Prodi -:
se il suddetto piano di modifica degli assetti proprietari di Telecom scritto su carta intestata della segreteria del Presidente del Consiglio sia stato redatto sotto la responsabilità politica del capo del Governo o si sia trattato di una iniziativa tanto estemporanea quanto artigianale del Rovati;
se, anche nel caso in cui il Presidente del Consiglio non fosse stato a conoscenza di questo progetto del Rovati, non sia comunque cosa gravissima che su carta intestata della Segreteria del Presidente del Consiglio sia stata fatta pervenire ad opera di uno dei più stretti collaboratori del medesimo ad un imprenditore privato il suddetto piano di riassetto proprietario di Telecom, secondo l'interrogante, mettendo in atto una azione dirigista della Presidenza del Consiglio;
se il Governo reputi ammissibile che in un piano comunque redatto su carta intestata del Presidente del Consiglio si affermi che solo conferendo la telefonia fissa alla Cassa Depositi e Prestiti quell'impresa privata avrebbe potuto salvarsi dai debiti e dall'intervento dell'autorità delle comunicazioni;
se non ritenga di aver messo in condizioni di grande difficoltà l'Autorità per le comunicazioni, che per sua natura è autonoma dal Governo, avendola indebitamente chiamata in causa;
se ritenga legittimo sia sul piano politico, sia terreno della lettera e della sostanza del trattato di Maastricht, sia dal punto di vista del rispetto della legge, sia sul piano del rapporto con i mercati azionari che comunque il Presidente del Consiglio intervenga con quelli che secondo l'interrogante sono attacchi e intimidazioni nei confronti di un'impresa privata e che questa azione sia stata accompagnata dalla redazione e dall'invio di un piano alternativo da parte di uno stretto collaboratore del Presidente del Consiglio;
se non ritenga che sia del tutto scorretto e istituzionalmente devastante che il Presidente del Consiglio abbia riferito quello che l'amministratore delegato della Telecom in un colloquio del tutto privato e riservato gli aveva riferito sulle trattative con Murdoch, sia sui contatti con la General Electric e la Time Warner e l'importo che l'attuale proprietà di Telecom intendeva ricavare dalla vendita della Telecom Brasile;
se, in seguito a tutto ciò, non ci sia stata anche una indebita ingerenza sui valori di mercato;
se reputi legittima una simile trasformazione delle funzioni della Presidenza dei Consiglio;
se, oltre alle avvenute dimissioni di Angelo Rovati, anche il Presidente del Consiglio, in seguito a tutte quelle che l'interrogante ritiene le distorsioni istituzionali, legali e politiche avvenute in questa vicenda, non ritenga di trarre le logiche conseguenze in seguito aisuddetti gravissimi fatti.
(4-00981)
LUCCHESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Ministro dei trasporti ha affermato che l'Alitalia è costata alle casse dello Stato ben 5 miliardi di euro negli ultimi 10 anni;
a giudizio dell'interrogante, appaiono fondati i suggerimenti del notiziario L'informatore: «Adesso ci si aspetta, anche per salvare i piccoli risparmiatori, un deciso intervento di rinnovamento all'interno del management aziendale, con persone che rappresentano per la loro storia un potenziale bagaglio di novità e una vera ancora di salvezza per il gruppo aereo» -:
quanto sia costata l'Alitalia alla finanza pubblica durante la gestione Cimoli, secondo l'interrogante, fallimentare;
se non si ritenga opportuno sostituire tutto il vertice di Alitalia con la dovuta tempestività.
(4-00982)