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Allegato B
Seduta n. 62 del 30/10/2006
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta scritta:
D'ULIZIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la riforma del diritto societario, prevista dal decreto legislativo n. 6 del 2003 e successive modifiche, conferma, all'articolo 2545-quater, comma 2 del codice civile, l'obbligo di versamento di una quota di utili netti annuali ai Fondi Mutualistici per la Promozione e lo Sviluppo della Cooperazione;
per le cooperative non aderenti ad alcuna associazione, o per quelle che aderiscono ad Associazioni che non abbiano costituito il Fondo Mutualistico, resta l'indicazione dell'articolo 20 della legge n. 59 del 1992 secondo cui il gettito dei contributi relativi al 3 per cento sono utilizzati per alimentare appositi capitoli dello stato di previsione del ministero di competenza (attualmente il ministero dello sviluppo economico, prima il ministero delle attività produttive e prima ancora il ministero del lavoro);
a seguito della suddetta legge, è stato aperto un apposito conto corrente postale intestato alla Tesoreria dello Stato sul quale affluiscono i versamenti relativi: al contributo biennale; il 3 per cento dell'utile di esercizio; gli avanzi della gestione soppressa, in quanto non impegnati; e,
come disposto dall'articolo 20, comma 1, lettera c)) della legge 31 gennaio 1992 n. 59, i contributi determinati ai sensi dei precedenti articoli 1 e 3, maggiorati del 10 per cento per le cooperative edilizie di abitazione e i loro consorzi, ivi compresi quelli aventi sede nelle regioni a statuto speciale;
mensilmente la Tesoreria dello Stato comunica alla Direzione generale della Cooperazione, l'importo mensile dei versamenti e la Direzione generale della Cooperazione richiede, tramite la Ragioneria competente, la rassegnazione ai relativi capitoli di spesa;
i capitoli di spesa sopra menzionati, attualmente nel bilancio del ministero dello sviluppo economico, devono essere destinati alla copertura delle spese comunque connesse con le ispezioni ordinarie, comprese quelle per la formazione di personale qualificato per l'esecuzione delle medesime;
il contributo dovuto dagli enti cooperativi a copertura delle spese relative alle ispezioni ordinarie è accertato e riscosso dal ministero dello sviluppo economico (per le cooperative non aderenti) o dalle associazioni nazionali di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo (per le cooperative aderenti);
il contributo dovuto dalle cooperative al ministero dello sviluppo economico od alle associazioni nazionali riconosciute è obbligatorio -:
se corrisponda al vero che nell'ultima riunione presso il ministero dello sviluppo economico, tenutasi il 12 luglio 2006 si è fatto presente la mancanza di fondi nelle casse del ministero, tenuto conto che l'utilizzo di tali fondi deve essere inteso solo ed esclusivamente per le attività di vigilanza, di promozione e sviluppo della cooperazione, come previsto dalla legge n. 59 del 1992;
se ciò corrispondesse a verità, come siano stati utilizzati i contributi relativi al 3 per cento dell'utile di esercizio versati dalle cooperative non aderenti alle centrali, tenuto conto che tale versamento viene effettuato negli appositi capitoli dello stato di previsione del ministero di competenza e possono essere utilizzati solo ed esclusivamente per la promozione cooperativa, come previsto dall'articolo 11 comma 4, della legge n. 59 del 1992;
se ciò corrispondesse a verità, come siano stati utilizzati i contributi versati dalle cooperative non aderenti alle centrali per l'attività revisionale, tenuto conto che tali contributi possono essere utilizzati solo per lo svolgimento dell'attività di vigilanza, come previsto dall'articolo 15 della legge n. 59 del 1992;
quali iniziative intenda attuare il Ministro per verificare, se abbia avuto luogo l'utilizzo, per usi cooperativi, di tutti i contributi versati dalle cooperative e comunque inseriti nel bilancio, quali provvedimenti intenda assumere se ciò non fosse stato rispettato, e quali accorgimenti intenda mettere in atto per far ripristinare quanto previsto dalla legge n. 59 del 1992.
(4-01456)
D'ULIZIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Decreto Legislativo n. 220 del 2002, che ha portato una significativa riforma in materia di vigilanza delle società cooperative, stabilisce, all'articolo 1, comma 1, che la vigilanza su tutte le forme di società cooperative e loro consorzi è attribuita al Ministero dello Sviluppo Economico (già Ministero delle attività Produttive);
il Ministero dello Sviluppo Economico può avvalersi dei revisori delle associazioni riconosciute sulla base di apposite convenzioni per la realizzazione della vigilanza sulle cooperative non aderenti;
l'articolo 2 del Decreto Legislativo n. 220 del 2002, comma 7o, considera aderenti ad un'Associazione sia le cooperative che sono assoggettate alla revisione da parte della Centrale a cui abbiano già aderito, sia quelle cooperative che, pur non aderenti ad alcuna Associazione e non
ancora vigilate dal Ministero dello Sviluppo Economico, abbiano versato ad una Centrale il contributo previsto dalla normativa vigente;
la finalità del Decreto Legislativo n. 220 del 2002, è quello di assicurare il concreto svolgimento dell'attività di vigilanza nei confronti di tutte le cooperative, anche di quelle che, seppur non aderenti ad alcuna Centrale, manifestino l'intenzione di essere vigilate da un'Associazione;
il fatto che il Ministero possa avvalersi, secondo l'articolo 7 - comma 2 - del Decreto Legislativo in oggetto, dei revisori delle Associazioni riconosciute per svolgere la vigilanza sulle cooperative non aderenti, sulla base di convenzioni, non esclude che un ente cooperativo non aderente possa versare il contributo di revisione ad un'Associazione ed essere da questa vigilata;
sino ad oggi la vigilanza sulle società cooperative è stata esercitata dal suddetto dicastero in virtù di una convenzione tra lo stesso ministero dello Sviluppo Economico (già Ministero delle Attività Produttive) e il Ministero del Lavoro, stipulata in data 30 novembre 2001;
secondo l'articolo 45 della Costituzione della Repubblica, lo Stato deve assicurare, per legge, gli opportuni controlli su tutte le forme di società cooperative;
di fatto, ad oggi, secondo l'interrogante, la vigilanza sulle cooperative non associate non viene esercitata pienamente e correttamente -:
se il Ministro dello Sviluppo Economico non ritenga il caso di stipulare una convenzione, di cui all'articolo 7, comma 2, del Decreto Legislativo n. 220 del 2002, con le Associazioni di rappresentanza, assistenza e revisione del movimento cooperativo;
se il Governo intenda tener conto della volontà delle cooperative che, sebbene non abbiano formalizzato alcuna adesione ad un'Associazione, desiderino essere sottoposte a vigilanza, avvalorando tale decisione con il versamento del contributo di revisione alla centrale cooperativa scelta, anziché al Ministero.
(4-01458)
GIORDANO, FORGIONE, DIOGUARDI e ZIPPONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Ip.Osas S.r.l., azienda operante nell'ambito dell'indotto Fiat di Termini Imerese, è l'emblema di quella parte della Sicilia imprenditoriale che, «vittima» o «complice» del sistema malavitoso, nei fatti muore a causa della mafia;
l'azienda che si trova nella località di Borgo Manganaro nel comune di Vicari (Palermo) nasce all'inizio degli anni '70 all'indomani dell'apertura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese; questo stabilimento viene aperto da un imprenditore siciliano nei pressi del suo stesso paese di origine e ad 80 km da Termini Imerese. L'azienda opera in un territorio privo di realtà industriali, rappresentando nei fatti l'unica alternativa all'economia locale dedita all'agricoltura e alla pastorizia;
i destini della Ip.Osas sono strettamente collegati alle vicende Fiat e l'andamento economico della stessa subisce la crisi Fiat essendo un'azienda monocliente. Comunque negli anni si consolida nel territorio dando occupazione stabile a 45/50 unità con picchi di occupazione nei momenti di maggiori vendite di auto prodotte nello stabilimento di Termini Imerese;
sul fronte del territorio, l'azienda subisce negli anni alcuni atti intimidatori che lasciano supporre che è nel mirino del racket delle estorsioni. Alla fine del 1978 è avviato al lavoro come operaio Salvatore Umina (di recente indagato a seguito delle segnalazioni del pentito Giuffrè che lo indica come vicinissimo a Provenzano, avendone tra l'altro garantito la latitanza e reggente della mafia locale). Umina, con una interruzione tra il 1984 ed il 1988 (condannato nell'ambito del 1o maxi processo), è rimasto per tutto il periodo in
azienda come dipendente, inquadrato come un normale operaio, ma assumendo negli anni un peso sempre maggiore nell'ambito delle scelte aziendali. Nei fatti l'Umina più che essere impiegato nella produzione, svolgeva compiti, di «guardiano» assicurando in un certo modo che non avvenissero penetrazioni esterne (furti, danneggiamenti, etc.) e tendendo ad assicurare altresì una pax sociale all'interno dell'azienda (impedendo la conflittualità sindacale). Mentre sul fronte esterno la presenza di Umina ha sicuramente prodotto i suoi effetti (tranne che per casi episodici e poco rilevanti, attribuibili a balordi, l'azienda non subì mai invadenze, si pensi che l'azienda non era dotata né di sistemi di video sorveglianza, né pagava vigilanti), sul fronte interno invece la presenza di Umina si scontrò con la presenza di dirigenti sindacali. La resistenza di questi ultimi ad intimidazioni varie e la testardaggine degli stessi a non voler riconoscere il ruolo che Umina via via andava assumendo, creò tensioni all'interno dell'azienda, dove la figura di Umina ledeva il prestigio dell'azienda al proprio interno e nel territorio;
tra coloro che non si «allinearono» si distinse Angelo Graziano; quest'ultimo in quel periodo fu oggetto di «attenzioni» che sfociarono in due incendi della propria residenza di campagna e in danneggiamenti alla propria auto, oltre che in varie intimidazioni personali. Per questi atti fu avviato un procedimento a carico di Umina, che comunque fu assolto per insufficienza di prove;
la proprietà nel corso degli anni decentrò la direzione a Moncalieri e si limitava a verificare solo gli aspetti economici e finanziari;
negli anni 1999 e 2000 grazie all'incremento delle vendite della Fiat Punto l'azienda ebbe performances estremamente positive e avviò una seconda linea di produzione pomeridiana, aumentando considerevolmente le unità lavorative per assecondare i volumi produttivi richieste da Fiat. L'assunzione di una ventina di giovani fu gestita direttamente dallo stabilimento di Vicari. La proprietà curando solo gli aspetti legati al lay-out di produzione si disinteressò della selezione, avendo dato come parametro solo quella dell'età, utile all'assunzione con contratti di contenuto formativo;
la crisi Fiat della fine del 2002 e ciò che ne seguì rappresentò la causa finale che fece emergere in modo inequivocabile la crisi della Ip.Osas. Lo stabilimento, non seppe reagire al contraccolpo del calo della produzione, agendo con gli strumenti idonei consentiti dalla legge. La pesante riduzione delle commesse (si passa da 160.000 vetture prodotte nel 2000 a 67.000 prodotte nel 2002) non viene affrontata, secondo gli interroganti, in modo corretto e si ripercuote pesantemente in termini di bilancio con consistenti perdite nel biennio 2002/2003. La crisi, grave per tutto il sistema Fiat, ha prodotto danni enormi alla Ip.Osas. per le peculiarità della stessa ed in particolare per l'incapacità di essere affrontata in quanto i «reggenti» nello stabilimento non erano né in grado di capire ciò che accadeva, né, tanto meno, di trovare strumenti legali di soluzione;
l'azienda aveva una situazione debitoria fisiologica, anzi sottoesposta, con un conto economico in perdita ed inoltre viveva di commesse che in situazioni di normalità garantiscono il sostentamento proprio, senza necessità di percorrere strade tortuose;
sebbene le condizioni risultassero non disastrose,la proprietà iniziava a manifestare l'intenzione di disimpegnarsi, sfinita da pressioni che hanno origini differenti rispetto alle fisiologiche difficoltà imprenditoriali;
nello stesso periodo viene arrestato per mafia Salvatore Umina. In queste condizioni l'azienda in una «normale» situazione di crisi, risolvibile con maggiore efficienza nella conduzione, inizia, invece, a navigare a vista, abbandonata da Fiat e senza commesse. L'arresto dell'Umina aggrava la situazione. In particolare, rivestono un ruolo determinante le volontà
per il proseguo dell'attività da parte della proprietà, che, per paura, nel tempo, assume anche atteggiamenti ambigui. La proprietà, consta agli interroganti, non si occupa di costruire relazioni industriali né di predisporre un piano di lavoro che salvaguardi l'occupazione. A questo punto il Sindacato, la Prefettura di Palermo e la Regione Sicilia si attivano per un piano di riconversione industriale avendo riscontrato la disponibilità di un imprenditore (Perrotta della ditta Calabrese) che vorrebbe rilevare la Ip.Osas. e la possibilità di coinvolgere Sviluppo Italia per garantire i livelli occupazionali. Il Sindacato si muove su due livelli: rinnovo del contratto di fornitura da Ittica (principale fornitore di componenti Auto per Fiat) e Fiat e piano di riconversione per il rilancio dell'azienda;
l'azienda Ip.Osas. nel 2004 viene esclusa dall'azienda Ittica dal contratto di sub fornitura di componenti per la Fiat Punto e successivamente della Y, attualmente prodotta nello stabilimento di Termini Imerese. Il mancato rinnovo del contratto di fornitura e il fallimento del piano di riconversione industriale, concordato presso la Prefettura di Palermo tra la Presidenza della Regione Siciliana e l'imprenditore Perrotta (proprietario dell'azienda Calabrese che produce cassoni e materiali per la tutela dell'ambiente), hanno decretato il fallimento dell'azienda, avvenuto su decisione del tribunale di Palermo il 9 agosto 2006;
il piano prevedeva il coinvolgimento di Sviluppo Italia, ritenuto indispensabile dalla stessa Prefettura sia per il sostegno finanziario, che per una garanzia dell'imprenditore, rispetto alle ostilità di natura criminale del territorio di Vicari. La Presidenza della Regione Sicilia si era fata garante dell'intervento di Sviluppo Italia. L'imprenditore Perrotta sia per le lungaggini burocratiche sia per il disimpegno di Sviluppo Italia e della Regione Sicilia, ha deciso di rinunciare all'investimento;
il Sindacato (confortato dal parere del Curatore Fallimentare) ritiene ancora possibile la prosecuzione dell'attività di impresa; l'Azienda, infatti, ha una buona dotazione produttiva ed, inoltre, le eventuali nuove società interessate all'acquisto avrebbero l'enorme vantaggio di iniziare nella propria attività senza il carico dei problemi di natura economico-finanziari della gestione precedente;
l'urgenza e la necessità dell'intervento sono determinate soprattutto dal bisogno di sconfiggere l'ipoteca mafiosa dal territorio e dall'insediamento produttivo rialimentando per questa via il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori all'occupazione -:
se non ritenga necessario riattivare il percorso della riconversione industriale, coinvolgendo Sviluppo Italia e cercando possibile partner industriali anche per fare assegnare una commessa, facendosi carico della particolarità del caso Ip.Osas. reinvestendo gli utili per salvaguardare l'occupazione e rilanciare l'attività.
(4-01461)