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Allegato B
Seduta n. 72 del 15/11/2006
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GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CRAXI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Legge 13 febbraio 2001, n. 45 «Modifica della disciplina della protezione
e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza» al Capo I prevede modifiche alle norme per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia;
in particolare, l'articolo 1 della predetta legge per i collaboratori di giustizia sostituisce l'articolato della precedente legge così disponendo: 1. Il titolo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente: «Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia».
l'intento del legislatore della riforma legislativa che ha introdotto nuove norme in materia di misure di protezione per i collaboratori di giustizia, approdato nella legge n. 45 del 2001 dopo lungo lavoro parlamentare iniziato nel 1997 e terminato in Senato con atto S. 2207-B approvato definitivamente e divenuto legge dello Stato, sarebbe quello di garantire il sacramento della verità a chi invoca basi probatorie più certe, ma controversa è stata nel frattempo la disquisizione dottrinale e giurisprudenziale sull'argomento;
nell'ottica di detta legge che si sofferma sulle «speciali misure di protezione» (articolo 2) e sulla «Commissione Centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione» istituita con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri interessati (articolo 3), parrebbeindubbio che scopo precipuo è il notevole contributo che nella lotta alla mafia hanno dato i pentiti (è forse il caso di accennare ad una distinzione che il nostro legislatore sembra non accogliere: «pentito» è colui al quale si rimprovera la commissione di delitti e che decide di collaborare con la giustizia; «collaboratore di giustizia» è colui al quale non viene attribuito alcun delitto ma che avendone conoscenza, decide di collaborare con i magistrati) ma è altrettanto vero che la loro gestione, spesso frammentaria, non coordinata, a volte strumentalizzata, ha prestato il fianco a fondate critiche non sorvolabili sulla base di una, seppure improrogabile, lotta alla criminalità organizzata;
allora, la nuova legge, avrebbe inteso, tra l'altro:
a) la completezza, la rilevanza, delle informazioni date, circostanza, altresì che costituisce il presupposto per l'applicabilità delle misure di protezione;
b) la intrinseca veridicità delle dichiarazioni;
c) istituire la predetta «Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione» che all'articolo 10 del decreto legge 15 gennaio 1991 conv. con modificazioni della legge 15 marzo 1991, n. 82, aggiunge: c) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri interessati, è istituita una commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione.»; il comma «2-bis. La commissione centrale è composta da un Sottosegretario di Stato all'interno che la presiede, da due magistrati e da cinque funzionari e ufficiali. I componenti della commissione diversi dal presidente sono preferibilmente scelti tra coloro che hanno maturato specifiche esperienze nel settore e che siano in possesso di cognizioni relative alle attuali tendenze della criminalità organizzata, ma che non sono addetti ad uffici che svolgono attività di investigazione, di indagine preliminare sui fatti o procedimenti relativi alla criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo.»;
ordunque, ci si sarebbe atteso un incisivo intervento nel contrasto alla criminalità organizzata, tramite il fenomeno della collaborazione processuale, visto l'utilizzo dello strumento della protezione
speciale, l'ampliamento dei poteri del Procuratorenazionale antimafia e dei Procuratorigenerali, nonché vista l'istituzione delle Direzioni distrettuali antimafia presso i Tribunali del capoluogo del distretto;
per quanto sopra si allude all'operato del «Poolanticamorra» di Napoli, che a quanto si apprende, sta allargando la pianta organica per iniziativa del Procuratore capo, attuando in questi giorni un rafforzamento del pool di magistrati a seguito dei noti fatti di camorra -:
quanti sono gli imputati di camorra della provincia di Napoli sottoposti a programmi di protezione dal 1993 al 31 dicembre 2005 e quanti di essi siano in libertà e, se del caso, come abbia deliberato la speciale Commissione centrale per la definizione e l'applicazione delle speciali misure di protezione di cui all'articolo 9, comma 2, decreto-legge n. 8 del 1991 convertito dalla legge n.82 del 1991;
se risulti vero che Carmine Alfieri e Giuseppe Galasso, due camorristi eccellenti accusati di decine di omicidi, siano da molti anni liberi in località sconosciute con nuove identità e senza alcun obbligo di polizia;
quali iniziative siano state assunte contro i due predetti camorristi dopo che le accuse a tre Ministri della Repubblica degli anni '89-'92 si sono dimostrate del tutto infondate;
se il pool anticamorra presso la procura di Napoli sia dal '93 ad oggi, costituito dagli stessi magistrati e se tra questi vi siano anche i magistrati che firmarono la richiesta di autorizzazione a procedere per il reato di cui all'articolo 416-bis, del codice penale contro alcuni Ministri della Repubblica, reato che, come è noto, riguarda l'associazione di tipo mafioso;
quali decisioni siano state assunte circa i patrimoni accumulati dai condannati per reati di camorra e sottoposti a programmi di protezione e se questi ultimi siano destinatari di somme da parte dello Stato ed in quali misure.
(5-00397)
Interrogazioni a risposta scritta:
MELONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ormai da diverse settimane sono stati resi noti i risultati della prima prova d'esame per l'iscrizione all'albo degli avvocati;
in alcuni distretti - si pensi a quello di Napoli solo per fare un esempio - dall'entrata in vigore della riforma si è registrato un progressivo aumento della percentuale dei non ammessi agli orali;
più in generale occorre evidenziare che il numero dei candidati che supera le prove scritte cambia in maniera radicale a secondo dell'ubicazione, a nord o a sud dell'Italia, delle commissioni addette alla correzione;
tale circostanza si evince da un altro dato esemplificativo, anch'esso allarmante: nel 2004 la Corte di appello di Brescia ammise alla prova orale solo il 27 per cento dei messinesi; quest'anno gli elaborati di Messina sono stati corretti a Reggio Calabria e la percentuale degli ammessi è salita a quasi il 70 per cento;
è necessario scongiurare la possibilità che si stia alimentando una competizione fra i futuri professionisti del nord e quelli del sud;
da più parti si sostiene che l'attuale sistema di correzioni non consenta una corretta valutazione delle potenzialità e capacità dei candidati;
lo scorso anno molti praticanti accertarono che i propri compiti, pur non riportando alcun tipo di correzione, furono giudicati insufficienti dalla commissione esaminatrice;
in alcuni casi sembrerebbe che le commissioni esaminatrici abbiano dedicato pochissimi minuti per la correzione del singolo atto, un tempo così breve che non sarebbe sufficiente nemmeno per terminare una prima lettura dell'elaborato -:
quali iniziative intenda adottare per rendere noti i criteri di valutazione delle prove scritte adottati dalle commissioni esaminatrici;
per quali motivi anche quest'anno tempi e modi di correzione siano stati così approssimativi;
se non ritenga necessario adottare le opportune iniziative sul piano normativo per riformare la disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense - di cui alla legge n. 180 del 2003 e al decreto legislativo n. 115 del 1992 - nel senso di prevedere lo svolgimento di una prova preselettiva nonché l'istituzione di una commissione unica nazionale, così come previsto per l'accesso in magistratura.
(4-01638)
LONGHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
domenica 5 novembre 2006 l'interrogante si trovava a Savona dove ha potuto notare lo stato in cui versa il palazzo di giustizia che pur essendo giorno festivo aveva comunque un cancello spalancato;
pur non essendo entrato dentro ai locali chiusi, negli spazi di pertinenza esterni l'interrogante potevano notare cumuli di sporcizia, tracce evidenti di bivacchi e accampamenti notturni, lampade posizionate a poche decine di centimetri da terra, prive di plafoniera, a volte divelte, che contribuivano a rendere l'ambiente oltre che degradato anche pericoloso -:
se il Ministro intenda intervenire per dare dignità al palazzo di giustizia di Savona.
(4-01639)
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in data 13 novembre 2006, da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, è stato sottoposto a sequestro preventivo il sito del Gruppo Regionale del Partito dei comunisti italiani della Calabria, al fine di censurare la pubblicazione integrale della relazione conclusiva della commissione d'accesso relativa agli accertamenti effettuati presso l'Asl 9 di Locri (Reggio Calabria);
tale provvedimento, eseguito dal Compartimento Polizia postale e comunicazioni «Calabria», fa seguito a quello compiuto nei confronti del sito internet del quotidiano calabrese Calabria Ora e di diversi altri siti web di rilievo nazionale;
tale misura che l'interrogante reputa indebita, inopportuna e gravemente lesiva della libertà di informazione, mirando a vietare la lettura di un documento di straordinario valore non solo giuridico, impedisce in tal modo a tutti i cittadini di venire a conoscenza di importanti questioni che dovrebbero essere invece di dominio pubblico;
tale misura ha provocato diverse reazioni di sdegno provenienti dal mondo politico e culturale al fine di esprimere vicinanza e solidarietà, e soprattutto per affermare che l'informazione deve essere garantita libera da ogni condizionamento e censura;
il provvedimento di sequestro compiuto è, secondo l'interrogante, gravissimo ed inaccettabile, in quanto il sito web del gruppo regionale del PdCI calabrese rappresenta un'importante risorsa d'informazione che consente a tantissimi cittadini ogni giorno di conoscere una voce libera di fronte alla tanta omertà che regna ancora purtroppo in Calabria;
la natura di tale atto è - secondo l'interrogante - ancora più grave e condannabile, se si considera che è stato effettuato in Calabria, dove dopo l'uccisione
dell'onorevole Francesco Fortugno, si cerca tra le enormi difficoltà sociali e politiche, di venire fuori da una situazione che richiederebbe ben altri provvedimenti da parte della Giustizia;
nessuna comunicazione preventiva è pervenuta alle sedi del gruppo regionale dei comunisti italiani e, considerati i numerosi accessi quotidiani al sito internet de quo, il contenuto della relazione sugli accertamenti espletati presso l'Asl 9 di Locri (Reggio Calabria) non è da considerare più segreto;
secondo l'interrogante è intollerabile che nella Repubblica italiana sia possibile percorrere tali iniziative lesive di qualsiasi prerogativa e offensive dei più elementari principi di democrazia e dello Stato di diritto così consentendo la violazione di diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione italiana -:
se e come il Ministro della giustizia, secondo le proprie prerogative, intenda disporre un'ispezione sull'operato della Procura della Repubblica di Reggio Calabria che ha avviato un'attività che risulta assai discutibile.
(4-01660)