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Allegato B
Seduta n. 74 del 17/11/2006
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
il quadro negoziale tra Turchia ed Unione europea approvato dal Consiglio europeo del 3 ottobre 2005 sottolinea chiaramente che il negoziato con la Turchia è un processo aperto, il cui esito non può dirsi scontato. In altri termini, il negoziato non porterà necessariamente all'adesione ma eventualmente anche a forme alternative di partenariato, potrà essere sospeso in qualsiasi momento e non ha orizzonti definiti di durata;
lo stesso quadro negoziale, in considerazione dell'impatto economico potenzialmente destrutturante di un'ingresso della Turchia per l'Unione, impedisce che possa procedere all'adesione prima della definizione delle prospettive finanziarie dell'Unione per gli anni dopo il 2014, e che ogni decisione deve tenere conto in primis della coesione e della tenuta dell'Unione stessa;
l'8 novembre 2006 la Commissione europea ha adottato il rapporto dell'esecutivo Ue sui progressi fatti dai paesi candidati all'ingresso nell'Unione per venire incontro ai criteri per l'adesione;
per quel che riguarda la Turchia il rapporto è tranchant, e fotografa in 73 pagine di analisi puntuale gli scarsi progressi, e in alcuni casi i passi indietro, della Turchia nella sua marcia di avvicinamento all'Ue, soprattutto in campo politico;
il documento è tale da giustificare - secondo i sottoscritti - il congelamento dei negoziati di adesione con Ankara, come previsto peraltro esplicitamente dal punto 5 dell'accordo negoziale del 2005;
ogni decisione in merito è demandata al Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006, che analizzerà il rapporto della Commissione ed eventuali cambiamenti di scenario nel frattempo intervenuti, cambiamenti abbastanza improbabili data l'esiguità del tempo a disposizione;
fra gli aspetti più critici del rapporto sulla Turchia, emerge l'ancora preoccupante influenza dei militari nella società civile e nella politica, nodo sul quale il governo turco ha dimostrato di non avere sufficiente forza. Il rapporto denuncia che la legge relativa alle forze armate «resta invariata» e contiene articoli «che assicurano ai militari un ampio margine di manovra». Inoltre «non sono state prese misure per migliorare il controllo civile sulla gendarmeria» né per rafforzare «il controllo parlamentare del bilancio e delle spese militari» e resta un protocollo segreto del 1997 che consente di attuare operazioni militari per questioni di sicurezza interna;
anche nella lotta alla corruzione i progressi sono «limitati» secondo il rapporto della Commissione, soprattutto «nell'aumento di trasparenza della pubblica amministrazione». Il risultato è quindi che «la corruzione rimane diffusa e le autorità anti-corruzione e la polizia sono ancora deboli» e continua a non esserci una strategia complessiva ed un piano d'azione per impedire e combattere la corruzione;
sul nodo delicato dei diritti umani la Commissione sottolinea che la Turchia «ha fatto progressi nella ratifica degli strumenti internazionali» ma nel concreto si registrano tuttora «casi di tortura fuori dai centri di detenzione», «violazioni dei diritti umani nel sud-est curdo» casi di «impunità» di «maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie» e «l'applicazione troppo estesa dell'isolamento per i prigionieri». Rimane problematico il rispetto dei diritti delle donne, soprattutto nelle aree più povere del paese; infine, la Commissione constata che «la Turchia ha fatto scarsi progressi nell'assicurare la diversità culturale e nella promozione del rispetto e della protezione delle minoranze in accordo con gli standard internazionali»;
nessun progresso è stato compiuto riguardo alle difficoltà incontrate dalle comunità religiose non musulmane sul terreno e «vi sono restrizioni all'addestramento del clero e nei confronti degli ecclesiastici stranieri che vogliono lavorare in Turchia» scrive la Commissione;
il divieto di insegnamento nelle scuole pubbliche in lingue diverse dal turco e la chiusura nel 2004 di tutti gli istituti privati che davano lezioni in lingua curda fanno sì che «oggi non ci sono possibilità di apprendere il curdo nel sistema scolastico turco»;
il quadro generale è, secondo i sottoscrittori, quello di un adeguamento legislativo abbastanza superficiale e completamente disatteso sul piano reale, con una mancanza di potere o di interesse del Governo verso le aree più periferiche e più povere del paese;
resta uno strumento molto pericoloso l'articolo 301 del codice penale turco, giudicato «illiberale» anche dal ministro D'Alema, che sotto la condanna di «vilipendio all'identità turca» reprime la stampa, la scrittura e ogni forma di libera espressione (e ha colpito il premio nobel Ohran Pamuk), e in particolare condanna chiunque osi parlare di genocidio armeno;
al momento dell'avvio dei negoziati il 3 ottobre 2005 la Turchia si era impegnata ad estendere entro un anno a tutta l'Unione il protocollo che estende l'Unione doganale ai membri entrati nel maggio 2004, aprendo dunque anche ai ciprioti i propri porti ed aeroporti, impegno che era stato salutato dagli europei come implicito riconoscimento di Cipro da parte turca, ma cedendo di fatto al ricatto e all'orgoglio di Ankara che si era impuntata nel rifiuto di un atto esplicito di riconoscimento, atto pienamente dovuto;
ad un anno di distanza, come ha sottolineato la Commissione europea nel rapporto dell'8 ottobre «nessun progresso è stato fatto su nessun aspetto della normalizzazione delle relazioni delle relazioni bilaterali tra Turchia e Cipro». Ad Ankara si rimprovera di «continuare ad imporre il veto sull'adesione di Cipro ad alcune organizzazioni internazionali come l'Oecd» e di bandire l'accesso nei propri porti delle navi cipriote;
il Governo turco, in un comunicato ufficiale, sulla questione del riconoscimento di Cipro ha dichiarato: «Cipro è un problema politico, quindi non costituisce un obbligo rispetto al nostro processo negoziale che è di natura tecnica»;
seppure si sia già sottolineata in passato l'insufficienza e l'inadeguatezza dei criteri di adesione, cosiddetti «criteri di Copenaghen», per le carenze sul piano politico ed identitario, la posizione di Ankara è comunque - secondo i sottoscrittori - indifendibile sul piano giuridico: l'adesione all'UE non può prescindere dal riconoscimento di uno Stato che già ne è parte, anche perché l'adesione richiede un voto all'unanimità;
a differenza di quanto sostenuto dal Governo italiano, il rapporto della Commissione europea e l'oggettiva situazione della Turchia hanno suscitato nelle altre cancellerie europee perplessità e cautela, e anche il Presidente del Parlamento europeo Borrell a margine di un incontro del 9 novembre 2006 con il premier Prodi, ha affermato che per l'adesione della Turchia «ancora non ci sono le condizioni e per la decisione passeranno altri 15-20 anni»,
impegna il Governo:
a farsi portavoce in seno al Consiglio di un atteggiamento di massimo rigore nella valutazione dei profili di compatibilità della Turchia con il contesto comunitario;
a farsi promotore della messa a punto di nuovi e più adeguati criteri di carattere identitario e valoriale prima di avviare nuovi processi di adesione.
(1-00050) «Maroni, Pini, Alessandri, Allasia, Bodega, Bricolo, Brigandì, Caparini, Cota, Dozzo, Dussin, Fava, Filippi, Fugatti, Garavaglia, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lussana, Montani, Pottino, Stucchi».
Risoluzione in Commissione:
La XII Commissione,
premesso che:
a seguito di alcuni articoli di stampa, si è diffusa in alcune comunità ad alta concentrazione industriale della regione siciliana una forte preoccupazione per i possibili danni alla salute, derivanti dall'esposizione ad agenti chimici;
con un'indagine conoscitiva sulla prevalenza di alcune patologie è stato riscontrato, nella popolazione di Gela, un aumento significativo di bambini nati malformati negli anni compresi tra il 1992 e il 2001. In particolare è stata rilevata una prevalenza di ipospadie paragonabile a quella, già misurata, nelle zone industriali di Priolo, Melilli ed Augusta;
sembra che siano in aumento anche alcuni tumori, anche se non può essere espresso un definitivo giudizio critico, in quanto mancano del tutto i dati di incidenza. Il paventato aumento, infatti, è stato misurato solo attraverso i tassi di mortalità per cause che, come è noto, risentono di numerosi «bias», come per esempio la guaribilità collegata alla funzionalità delle strutture sanitarie;
di fronte alla doverosa salvaguardia della salute della popolazione bisogna, con rigore, ricercare le cause ed eliminare le fonti d'inquinamento,
impegna il Governo:
a predisporre delle iniziative interministeriali di concerto con la Regione siciliana, gli enti locali, le università e gli enti territoriali al fine di:
1) registrare le cause di morte di tutti gli abitanti di Gela, Butera e Niscemi;
2) individuare eventuali «clusters» di particolari patologie, come i tumori;
3) ricercare epidiologicamente e scientificamente i fattori di rischio sia per i tumori che i teratogeni;
4) ricercare ed individuare le eventuali fonti d'inquinamento;
a fare una ricognizione delle strutture sanitarie presenti nel territorio e a prevedere l'attivazione di un dipartimento oncologico di terzo livello a Caltanissetta, fornito del servizio di biologia molecolare e di uno di secondo livello a Gela;
predisporre un piano d'azione per Gela e per le aree ad intensa attività petrolchimica italiana che riproponga la centralità della tutela della salute, del risanamento ambientale e del rilancio occupazionale.
(7-00075) «Burtone, Cardinale, Dioguardi, Lomaglio, Zanotti, Piro, Grassi, Latteri, Li Causi, Raiti, Laratta, Mattarella, Cancrini, Lumia, Mosella, Bianchi, Leoluca Orlando, Licandro, Violante, Pellegrino».