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Allegato B
Seduta n. 8 del 31/5/2006
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta orale:
BUONTEMPO, ANTONIO PEPE e GERMONTANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
fin dalla costituzione del nuovo Governo sono stati chiamati a collaborare, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed in tutti i ministeri della Repubblica, numerosi ed autorevoli consiglieri di Stato e di TAR, i quali hanno assunto, nei vari «Uffici di diretta collaborazione», le funzioni di capi di gabinetto, capi uffici legislativi, consiglieri giuridici, eccetera;
per la maggior parte dei predetti magistrati amministrativi non è stata neppure attivata la procedura per la relativa collocazione in posizione di fuori ruolo e che, pertanto, quest'ultimi, una volta ottenuta la semplice autorizzazione, da parte dell'Ufficio di Presidenza della Giustizia amministrativa, a svolgere part time le summenzionate funzioni, si troveranno in una oggettiva posizione di conflitto di interesse, dal momento che è evidente il fatto della commistione in capo ai singoli magistrati del ruolo di giudice e di consigliere del Governo e dell'Amministrazione;
da molto tempo si discute, non solo a livello di dottrina pubblicistica, sulla necessità sia di introdurre una disciplina normativa più restrittiva in materia di incarichi governativi da conferire, ai magistrati amministrativi, sia di modificare la stessa Costituzione nella parte in cui cumula nel medesimo Consiglio di Stato la funzione consultiva e quella giurisdizionale;
la garanzia dell'imparzialità del giudice esige che questi non sia «prevenuto» e che ogni suo convincimento sull'oggetto della causa si formi all'interno del processo e nel contraddittorio delle parti e che, pertanto, il persistente collegamento strutturale della magistratura amministrativa con il Governo si configura come una lesione delle posizioni giuridiche soggettive dei cittadini a fronte della loro esigenza di ottenere una piena tutela giurisdizionale nei confronti dell'Amministrazione;
ciò che maggiormente può nuocere all'immagine stessa del giudice amministrativo è l'impiego troppo frequente ed esteso da parte del Governo del suo potere di conferimento di incarichi extragiudiziari ai magistrati amministrativi;
come ebbe a rilevare molti anni fa un grande giurista, Aldo Sandulli, la prassi degli incarichi extragiudiziari mina l'indipendenza e l'imparzialità dei magistrati, dal momento che «sebbene questo pericolo sia bilanciato dalla probità dei magistrati, la moglie di Cesare non deve neppure essere sospettata»;
una puntuale applicazione dei princìpi costituzionali soprattutto in materia di giusto processo esigerebbe che i giudici dell'Amministrazione non venissero in alcun modo utilizzati come ausiliari del potere o della pubblica amministrazione;
in uno Stato democratico la legittimazione del giudice si fonda sulla fiducia dei cittadini per i quali è essenziale che il giudice, oltre ad esserlo, appaia imparziale -:
quanti siano, da un punto di vista numerico, i magistrati del Consiglio di Stato e dei TAR chiamati a far parte dei vari «Uffici cli Gabinetto» dei Ministeri e quanti siano, invece, quelli che, a vario titolo, collaborano presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
quale sia l'esatto costo finanziario che grava sul bilancio dello Stato derivante dal riconoscimento degli emolumenti aggiuntivi per tutti i numerosi magistrati amministrativi ai quali sono stati conferiti incarichi di governo nelle strutture di diretta collaborazione delle autorità politiche;
quali opportune ed urgenti iniziative si intendano assumere per garantire che il contemporaneo svolgimento delle predette funzioni non si configuri come lesivo del principio costituzionale dell'imparzialità dell'azione amministrativa e dell'esercizio delle funzioni consultive e giurisdizionali, nel preciso momento in cui i medesimi soggetti, dopo aver curato, nelle competenti sedi governative, la predisposizione di atti amministrativi e normativi, ne vengano a conoscenza anche nelle aule di giustizia del Consiglio di Stato e dei TAR.
(3-00024)
Interrogazione a risposta scritta:
BELLOTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
il personale della amministrazione è, per consueta prassi del diritto amministrativo italiano, considerato autonomo dalla sfera politica e rappresenta un patrimonio umano e di competenze comune alla cittadinanza;
fermi restando i vincoli fiduciari che devono sussistere tra i più alti dirigenti amministrativi e le cariche politiche che li sovrintendono e ne indirizzano l'attività, va rispettata la terzietà della pubblica amministrazione al fine di mantenerla in massimo grado avulsa dalla politica per garantire i principi di imparzialità e buon andamento, di ragionevolezza e di correttezza, così come vengono garantiti dalle vigenti normative;
da quanto riferisce, pero, l'articolo apparso su Il Giornale del 30 maggio 2006 «Palazzo Chigi manda i facchini per sfrattare i dirigenti antidroga», si sarebbe verificata una pesante ed ingiustificata ingerenza nel lavoro del Dipartimento antidroga, sito in via della Mercede, 9 a Roma;
il Capo Ufficio acquisizione beni, servizi e gestioni della presidenza del Consiglio avrebbe ultimato lo sgombero dei funzionari del Dipartimento in tempi strettissimi, interrompendo e pregiudicando la loro opera e non indicando neppure dove fosse possibile per essi proseguirla;
da quanto si evince dallo stesso articolo apparso su Il Giornale in data 30 maggio 2006, alcuni tra i 70 funzionari si sarebbero sentiti domandare a che partito essi aderissero, con un comportamento tale da far supporre che una funzione svolta per la collettività nell'applicazione delle leggi fosse, secondo l'interrogante, invece, segno di una militanza politica;
in ogni caso la militanza politica del personale della pubblica amministrazione non dovrebbe essere causa di discriminazione, ponendosi quest'atto in pieno disaccordo con norme costituzionali imprescindibili per l'ordine democratico;
seppure l'intensità della lotta contro la droga sia frutto di valutazioni politiche, essa, nei suoi principi fondamentali che investono la difesa della salute pubblica, è attualmente un dovere dello Stato indipendentemente da quale maggioranza lo governi;
l'atto di sgombero del personale del Dipartimento Antidroga, inoltre, non avrebbe goduto di legittimità dal punto di vista normativo o regolamentare dato che, da quanto si evince dal sopraccitato articolo del quotidiano Il Giornale del 30 maggio 2006, il decreto legge che attribuisce la competenza in materia di droga in capo al Ministero per la solidarietà sociale
non porrebbe in discussione la posizione in presidenza del personale del Dipartimento Antidroga -:
se, sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure concrete di propria competenza intenda adottare affinché non si compiano discriminazioni per l'appartenenza politica all'interno della pubblica amministrazione;
se sia intenzione del Governo abbandonare la lotta alla droga, dato il comportamento tenuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nei confronti dei dipendenti del Dipartimento Antidroga.
(4-00158)