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Allegato B
Seduta n. 89 del 20/12/2006
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
l'industria del marmo rappresenta in alcune parti del territorio, e in particolare, nel Comune di Grezzana, in provincia di Verona, l'attività economica di gran lunga più importante, con circa 70 aziende produttive ed un consistente numero di addetti, che traina anche un rilevante «indotto» nel campo del commercio, dell'artigianato e dei servizi;
lo smaltimento dei residui della lavorazione della pietra (marmo e affini) ha sempre rappresentato un grave problema per lo sviluppo di detta attività, problema derivante soprattutto dalla qualificazione come rifiuti dei predetti residui, con conseguenti gravi difficoltà di carattere burocratico per il reperimento e l'allestimento di siti idonei, con alti costi a carico delle imprese;
tale normativa era del tutto ingiustificata dal momento che i residui della lavorazione della pietra costituiscono «inerti», senza alcun potere inquinante;
finalmente, il decreto legislativo 3 aprile 2006 (cosiddetto Codice dell'Ambiente), approvato dal precedente Governo, ha previsto all'articolo 186 che i residui della lavorazione della pietra erano assimilati alle «terre e rocce di scavo» e possano pertanto essere utilizzati anche per rinterri, riempimenti, rilevati, macinati e per il riempimento delle cave coltivate e che non costituiscono rifiuti, sempre che sia accertato dall'Autorità competente il carattere non inquinante del materiale;
la Regione Veneto ha adottato la deliberazione n. 1749 del 6 giugno 2006, con la quale ha dato indicazioni ed istruzioni operative per applicare l'articolo 186 del decreto legislativo 152/2006, ed è ora finalmente possibile intravedere una soluzione all'annoso problema dello smaltimento dei residui della lavorazione della pietra con lo snellimento degli adempimenti burocratici, il recupero produttivo del medesimo materiale, la riduzione dei costi, garantendo comunque la prioritaria tutela della natura e dell'ambiente;
assurdamente, il nuovo Governo ha approvato in Consiglio dei Ministri uno schema di modifica del decreto legislativo in oggetto, e in particolare all'articolo 186 si prevede di togliere i residui della lavorazione della pietra dall'assimilazione alle «terre e rocce di scavo», per cui gli stessi
residui tornano ad essere considerati rifiuti ad ogni effetto, con conseguente ritorno alle gravi difficoltà di reperire siti idonei a realizzare «discariche» dove collocare gli «inerti», aggravio di tempi e procedure burocratiche, alti costi e, in alcuni casi, rischio di arresto delle attività delle aziende produttive;
tale problema riguarda la generalità dell'industria del marmo -:
se non ritenga, alla luce delle considerazioni svolte, che sia opportuno un attento ripensamento dei cambiamenti contenuti nello schema di modifica al decreto legislativo 152/2006 in relazione all'articolo 186, lasciando immutata l'attuale previsione che assimila i residui della lavorazione della pietra alle «terre e rocce di scavo» e non ai rifiuti come prevede invece la nuova formulazione.
(2-00295)«Volontè, Peretti».
Interrogazioni a risposta scritta:
ANTONIO PEPE, LEONE, LEO, ARMANI, LAMORTE, PATARINO, LISI e GASPARRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'Ente Parco Nazionale del Gargano è uno dei parchi più grandi d'Italia, con circa 121.000 ha;
esso è anche tra i più antropizzati con oltre 210.000 abitanti residenti e si estende quasi per intero sui territori di 18 comuni della provincia di Foggia, comprende anche la riserva Marina delle Isole Tremiti, il cui pregio ambientale è la complessità dell'ecosistema sono fonte di grande interesse scientifico;
l'Ente Parco Nazionale del Gargano è fortemente impegnato a consolidare e potenziare la sua azione per valorizzare e tutelare la biodiversità del suo territorio e per far questo, l'attuale amministrazione ha appositamente predisposto interventi mirati per realizzare studi e analisi in diversi campi quali quelli delle zone umide, per la salvaguardia delle specie autoctone, per la rinaturalizzazione delle aree boschive;
l'ente è, altresì, impegnato in collaborazioni scientifiche con i più importanti Istituti di Ricerca universitari del nostro territorio, costituendo per essi un motore, anche finanziario, grazie ai progetti che sovvenziona, per l'analisi scientifica e la sperimentazione;
in questi ultimi anni non ha fatto mancare interventi di supporto all'agricoltura, alla zootecnia ed ai prodotti derivati, con il positivo effetto di incentivare le colture tipiche e l'allevamento di qualità;
il Parco, come struttura amministrativa ed operativa, dispone di appena 28 unità lavorative in virtù di una pianta organica del lontano 1999, di cui effettive 26 (due unità, infatti, sono in mobilità), impiegate in modo assiduo per la risoluzione di tutte le complesse problematiche che gravano sul territorio amministrato, a cui si sono aggiunte tutte le nuove competenze sopraggiunte in ottemperanza alle ultime disposizioni di legge: privacy, sicurezza informatica, eccetera; tale pianta organica è assolutamente sottodimensionata rispetto alla molteplicità delle azioni di competenza del Parco ed alla enorme mole di lavoro da evadere -:
quali iniziative intenda porre in essere al fine di supportare e potenziare gli interventi dell'Ente Nazionale Parco del Gargano sul territorio, e, in particolare, se non ritenga di dover trovare rimedio alla limitatezza di personale disponibile ed in servizio, se non ritenga di dover incrementare gli stanziamenti di bilancio considerato l'altissimo numero di incombenze per l'ente stesso, dovuto ad una estensione territoriale di 121.000 ha ed all'elevato tasso di antropizzazione (circa 210.000 residenti), e se al fine di potenziare il controllo non ritenga, di concerto con i ministeri competenti, di chiedere la dislocazione di un numero più elevato di guardie forestali (C.T.A. - Coordinamento Territoriale per l'Ambiente) che possano
presidiare il territorio o di istituire fondi speciali per l'istituzione di guardie-parco.
(4-02034)
EVANGELISTI e MARIO RICCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi dieci anni la diffusione della telefonia mobile ha acquisito dimensioni considerevoli e il nostro Paese si colloca tra i primi posti per diffusione di telefoni cellulari;
la diffusione di questa nuova tecnologia necessita dell'installazione di impianti radioelettrici (antenne), che nell'ultimo periodo hanno avuto una crescita più che esponenziale, i cittadini coinvolti continuano a protestare e l'amministrazione continua a non dare risposte positive e convincenti alle fondate preoccupazioni dei cittadini stessi;
l'inquinamento elettromagnetico è una forma di avvelenamento subdola perché non si vede, non si sente, non emana alcun odore e non provoca alcun allarme sociale tanto che i telefonini vengono messi in mano ai bambini come fossero banali e innocui giocattoli;
la ragione di fondo della situazione attuale trova la sua causa nella contraddizione evidente tra la legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico del 22 febbraio 2001, n. 36, che assegna ai comuni il compito fondamentale di minimizzare l'esposizione dei cittadini attraverso la pianificazione razionale delle stazioni radio base, e i decreti attuativi del 2003, che hanno privato i comuni stessi di ogni strumento adeguato per perseguire tale obiettivo;
le sentenze dei TAR in materia degli ultimi anni hanno vietato la pianificazione effettuata sulla base delle distanze dai luoghi sensibili o anche sulla ragionevole motivazione della tutela della salute dei cittadini e alle amministrazioni rimane a disposizione solamente il criterio della compatibilità urbanistica delle antenne;
la scarsità delle possibilità di intervento delle amministrazioni, combinata con la loro sudditanza verso i gestori, toglie ogni spazio ai comitati dei cittadini con il risultato di avere un'azione di governo del territorio ingessata e una partecipazione democratica priva dell'ossigeno necessario per svilupparsi e incidere sulla politica;
in tal modo l'unica pianificazione possibile è quella voluta dai gestori, anche quando e dove il segnale è già presente, con l'interesse economico delle aziende che viene a sovrastare la necessità di tutelare la salute dei cittadini, rovesciando le priorità previste dall'articolo 32 della Costituzione;
il coordinamento dei comitati cittadini insieme all'associazione per la prevenzione e la lotta contro l'elettrosmog stanno studiando alcune proposte per modificare la legislazione attuale -:
se il Governo sia al corrente del vertiginoso aumento degli impianti per la telefonia mobile e delle relative concessioni, favorito dalla vigenza di un provvedimento che ne stabiliva la compatibilità urbanistica ex lege e che ha permesso l'installazione di impianti anche in prossimità di cosiddetti «siti sensibili» (scuole, ospedali, case di cura) o in zone densamente abitate;
se il Ministro della salute, alla luce di questa proliferazione degli impianti per la telefonia non intenda intervenire per garantire ai cittadini una piena tutela della salute in quanto fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
se il Ministro per gli affari regionali, anche alla luce delle riforme costituzionali in senso federalista del nostro ordinamento, non intenda adottare iniziative volte a modificare provvedimenti legislativi
fortemente limitativi dell'autonomia regionale ed in conflitto con l'intero impianto del titolo V della Costituzione;
se il Ministro delle comunicazioni non intenda adottare iniziative normative volte a ridefinire l'esatto assetto delle competenze in una materia che coinvolge direttamente la salute delle persone che, in quanto interesse della collettività e fondamentale diritto dell'individuo, deve venire prima di ogni semplificazione dei procedimenti amministrativi per la costruzione di impianti radioelettrici.
(4-02039)
FRATTA PASINI, BRANCHER, BRICOLO, ALBERTO GIORGETTI, FILIPPI, CAPARINI, CARLUCCI, PALMIERI, FUGATTI, GARAVAGLIA, MONTANI, SANZA, POTTINO, LAZZARI, FEDELE, GRIMOLDI, GIUSEPPE FINI, ROSSO, CAMPA, ALESSANDRI, TORTOLI, DI CAGNO ABBRESCIA, OSVALDO NAPOLI, ZANETTA, PAROLI, ALLASIA, PONZO e FERRIGNO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'industria dell'escavazione e della lavorazione del marmo rappresenta, per antica tradizione, in diverse Regioni del nostro Paese, un comparto produttivo di notevole importanza anche in considerazione dell'elevato numero di lavoratori addetti e dell'ampiezza dell'indotto;
un significativo esempio di forte concentrazione di tale attività è rappresentato dal Comune di Grezzana, in provincia di Verona, dove tale settore produttivo costituisce l'attività economica più rilevante, con circa 70 aziende produttive, ed un consistente numero di addetti, ed include anche un significativo indotto nei settori del commercio, dell'artigianato e dei servizi;
lo smaltimento dei residui della lavorazione della pietra, del marmo e del granito che rappresenta da sempre un problema per lo sviluppo della predetta attività, a giudizio degli interroganti, è stato recentemente aggravato dal Governo in carica con la identificazione come «rifiuti» dei predetti residui, con conseguenti gravi difficoltà di carattere burocratico per il reperimento e l'allestimento di siti idonei allo smaltimento, il che comporterà oneri elevati a carico delle imprese;
quanto predetto risulta agli interroganti ingiustificato in quanto i residui dell'estrazione e della lavorazione della pietra, come risulta evidente, costituiscono materiale «inerte» e senza alcun effetto inquinante;
l'articolo 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 recante «Norme in materia ambientale» aveva correttamente previsto che i residui della lavorazione della pietra siano assimilati alle «terre e rocce di scavo» e potessero essere pertanto utilizzati anche per rinterri, riempimenti, rilevati, nonché per il riempimento delle cave coltivate;
recentemente il Governo ha approvato uno schema di decreto di modifica per il suddetto articolo, tuttora in itinere, prevedendo di non considerare più i residui della lavorazione della pietra, come «terre e rocce di scavo», con la conseguenza che gli stessi residui verranno considerati come «rifiuti» a tutti gli effetti, con gravi difficoltà nel reperimento dei siti idonei alla realizzazione delle discariche di rifiuti in cui collocare materiale che è invece del tutto inerte;
tale decisione ingiustificata del Governo, renderà più gravosi i tempi e i costi per le imprese con seri danni per la loro competitività -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministro interpellato ad adottare iniziative volte a modificare l'articolo 186 del decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 per escludere i residui della lavorazione della pietra dalla possibilità di essere assimilati alle «terre e rocce di scavo» anche se non comportano alcun pericolo inquinante;
se il Ministro dell'Ambiente non ritenga assolutamente indispensabile e urgente rivedere tale decisione onde evitare
di apportare un danno ingiusto ed inutile all'importante comparto produttivo dell'estrazione e lavorazione del marmo.
(4-02044)
BERTOLINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è in corso di realizzazione, in una zona che coinvolge i territori compresi nei comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola, in provincia di Modena, e Crevalcore, in provincia di Bologna, un impianto finalizzato allo stoccaggio sotterraneo di gas metano in una struttura geologica naturale posta nel sottosuolo tra i 2500 e i 2900 metri di profondità;
tale progetto avrebbe carattere sperimentale e prevedrebbe la realizzazione di una centrale gas che si estenderebbe per circa 6,6 ettari;
l'estensione di tale progetto interesserebbe un'area del territorio nella quale risiedono circa 50.000 persone;
la costruzione di tale impianto avrebbe generato forti e legittime preoccupazioni tra i cittadini residenti nei comuni coinvolti nel progetto, preoccupati dai possibili effetti sull'ambiente, sul territorio e sulla salute pubblica connessi alla realizzazione stessa;
la costruzione di tale impianto e le relative caratteristiche tecniche sarebbe stata al centro di assemblee pubbliche organizzate dai diversi comitati dei cittadini nei comuni interessati dal progetto, alla presenza dei responsabili della suddetta società privata titolare del progetto e dei cittadini;
i comitati dei cittadini presenti a tali incontri avrebbero giustamente contestato la grave carenza di informazioni preventive a riguardo, sia da parte della società titolare del progetto, sia da parte degli amministratori pubblici dei Comuni interessati dal progetto;
i comitati dei cittadini si sarebbero dichiarati assolutamente insoddisfatti delle risposte date dai responsabili e dai tecnici della società titolare del progetto rispetto ai dubbi e alle perplessità sollevate;
a seguito dell'eventuale realizzazione di tale impianto l'area interessata sarebbe oggetto di una forte svalutazione urbanistica ed immobiliare -:
se i Ministri competenti siano a conoscenza dei fatti suesposti, se siano a conoscenza di ulteriori informazioni e vogliano informarne la Camera dei deputati, se e quali iniziative intendano porre in essere nei confronti di una realizzazione, la cui sostenibilità, sia sotto il profilo ambientale che di ordine pubblico, investe direttamente la salute e la sicurezza dei cittadini della zona interessata.
(4-02058)