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Allegato A
Seduta n. 96 del 23/1/2007
COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 86 DEL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, COME MODIFICATO DALL'ARTICOLO 2, COMMA 29, DELLA LEGGE 25 LUGLIO 2005, N. 150.
(Sezione 1 - Risoluzioni)
La Camera,
premesso che:
il Governo ha annunciato, e continua ad annunciare, riforme della giustizia che dovrebbero garantire l'efficienza della magistratura e la ragionevole durata dei processi, ma che, in realtà, nessuna riforma è stata fatta, né vi sono all'esame del Parlamento riforme che possano far sperare nella concreta attuazione di impegni e promesse, destinate a restare lettera morta;
il solo intervento legislativo sino ad oggi realizzato dalla maggioranza è consistito nel «congelamento» di quella parte dell'ordinamento giudiziario che avrebbe invece garantito una maggiore professionalità dei magistrati attraverso la scuola superiore della magistratura e una carriera fondata sul merito e non sulla appartenenza alle correnti politiche;
il ministro ha annunciato «severi controlli sui magistrati», sino al loro allontanamento dal servizio, e che tali controlli saranno affidati al CSM, e non a un organo indipendente, sia pure espressione dell'autonomia della magistratura, come era nella riforma del ministro Castelli;
come è a tutti noto, nel CSM dominano ben individuate correnti politiche, cosicché è in pericolo, a giudizio dei sottoscrittori della presente risoluzione, l'indipendenza di ogni magistrato che non ne faccia parte, esposto anche ad eventuali sanzioni;
anche in materia di sicurezza dei cittadini il Governo non ha assunto nessuna iniziativa, nonostante 1a gravità della situazione, e che, anzi, la legge finanziaria del 2007 ha drasticamente ridotto le disponibilità economiche dei Ministeri della giustizia e degli interni, così da rendere ancor più precaria ogni iniziativa per garantire una maggiore sicurezza e un sistema giudiziario più efficiente;
per di più, in concomitanza con l'approvazione dell'indulto, che una significativa parte del Parlamento non ha condiviso, non ha predisposto alcuna struttura di sostegno per coloro che erano rimessi in libertà creando le condizioni per la reiterazione dei reati e per un più che giustificato allarme sociale;
il ministro della giustizia ha preannunciato l'intenzione di rendere i reati non più soggetti a prescrizione dopo la sentenza di primo grado andando così in senso decisamente contrario sia all'esigenza della ragionevole durata dei processi, che alla funzione rieducativa della pena;
il ministro ha dichiarato altresì che non rientra nei programmi di governo la separazione delle carriere dei giudici da quella dei pubblici ministeri, benché ciò sia imposto dall'articolo 111 della Costituzione che considera la parità tra accusa e difesa un carattere essenziale del giusto processo, e nonostante che questo fosse l'impegno elettorale dichiarato da una parte di questa maggioranza;
sono evidenti gli errori e i gravi ritardi di questo Governo in materia di giustizia e di sicurezza;
il Governo ha fatto proprie tutte le proposte della ANM ignorando le istanze che provengono da altri settori del mondo della giustizia, ed in primo luogo dall'avvocatura;
i presentatori della presente risoluzione sono disposti ad un confronto franco e costruttivo purché il Governo dichiari la propria disponibilità alla separazione dei ruoli tra giudici e pubblici ministeri, quantomeno nei limiti dell'attuale Costituzione e proponga un eventuale perfezionamento delle riforme della XIV Legislatura e non il loro azzeramento;
impegna il Governo e in particolare il ministro della giustizia
ad aprire un franco e serio confronto con l'opposizione indicando le riforme possibili, le priorità ed i tempi di realizzazione.
(6-00010)
«Elio Vito, Pecorella, Leone, Bondi, Costa, Craxi, Gelmini, Laurini, Mormino, Paniz, Mario Pepe, Vitali».
(23 gennaio 2006).
La Camera,
sentite le comunicazioni del ministro
le approva.
(6-00011)
«Maran, Daniele Farina, Crapolicchio, Palomba, Capotosti, Buemi, Boato».
(23 gennaio 2006).
La Camera,
udita la relazione del ministro della giustizia
impegna il Governo ed in particolare il ministro guardasigilli
ad appoggiare in ogni sede le iniziative legislative preannunciate in materia di risarcimento del danno ad opera dello Stato nei casi di applicazione a favore del reo di provvedimenti di clemenza.
(6-00012) «Consolo».
(23 gennaio 2006).
La Camera,
considerato che uno dei primi interventi legislativi di questo Governo ha avuto per oggetto la riforma dell'ordinamento giudiziario emanata dal ministro Castelli con legge n. 105 del 2005 e con quattordici decreti delegati relativi, ciascuno al settore di pertinenza nell'ordinamento stesso;
considerato che i decreti citati sono stati tutti emanati e la successiva approvazione della legge n. 269 del 2006 da parte di questo Governo ha finito con l'apportare alcune limitate modifiche ai decreti legislativi nn. 106 e 109 riguardanti la titolarità dell'azione penale e la responsabilità disciplinare, a conferma che la tanto criticata riforma Castelli non era così disastrosa;
valutato che sono stati mantenuti fermi alcuni princìpi, a conferma che si è ormai assestata una modifica rilevante dell'ordinamento giudiziario, quali la gerarchizzazione degli uffici di procura e la tipizzazione degli illeciti disciplinari in ossequio al principio di legalità;
visto che la legge n. 269, per ciò che concerne la progressione in carriera e la distinzione delle funzioni, sospende l'efficacia
del decreto legislativo n. 160 del 2006 fino al 31 luglio 2007 ed impegna il Governo a varare prima di tale data un'adeguata riforma della materia;
ritenuto che, in base alle anticipazioni dello stesso ministro circa la futura emanazione di questa legge, la revisione del sistema di accesso in magistratura dovrebbe prevedere la soppressione di una vincolante scelta delle funzioni da parte dei vincitori di concorso così che, in luogo della marcata separazione tra funzioni giudicanti e requirenti della riforma Castelli, appare delinearsi una più blanda distinzione di funzioni, in cui il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa viene consentito;
valutato che in base ai dati forniti dall'ultima relazione sull'attività giudiziaria, uno dei problemi più seri che affliggono la giustizia italiana concerne la ragionevole durata del processo, al punto che la durata media dei processi è pari a 35 mesi per il giudizio di primo grado e 65 mesi per il giudizio di appello, con una attesa anche di dieci anni per emettere una sentenza definitiva, al punto che il Consiglio d'Europa giudica il sistema italiano tra i peggiori del continente, evidenziando un grave ritardo nelle procedure giudiziarie che violano l'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo sul diritto ad un processo equo;
considerato che il provvedimento di clemenza adottato con legge n. 241 del 2006 è stato il più ampio della storia repubblicana (se ne contano diciotto) rispetto al numero di anni di pena condonati (tre anni contro i due degli ultimi indulti), il numero e il tipo di reati inclusi nel beneficio, l'entità della pena pecuniaria, al punto che è sotto gli occhi di tutti come abbia influito negativamente sulla fiducia che i cittadini ripongono nella giustizia;
considerato che il Consiglio d'Europa ha adottato nel lontano 1953 uno strumento volto ad introdurre regimi di risarcimento da parte dello Stato sul cui territorio i reati violenti sono stati commessi, che la maggior parte degli Stati membri della Unione europea ha adottato o è in procinto di adottare strumenti giuridici che istituiscano regimi del genere, mentre l'Italia non ha ancora provveduto a ratificare né firmare la Convenzione e nel nostro paese non esiste neppure un regime generale di risarcimento da parte dello Stato, circostanza che ha spinto il mio gruppo a presentare una proposta di legge di adesione alla Convenzione in oggetto per tutelare le vittime dei reati violenti;
preso atto che la nostra situazione sociale evidenzia una crisi dell'istituto familiare, con un aumento di divorzi e separazioni, un aumento dei casi di soppressione di neonati nonostante la possibilità concessa dal diritto di non riconoscere i figli all'atto di nascita, la crescita esponenziale e la sempre maggiore efferatezza degli episodi di criminalità con protagonisti i minori legata ad una evidente incapacità della famiglia di educare i propri figli, tanto che nella passata legislatura avevamo proposto una riforma organica della giustizia della famiglia e della giustizia minorile con un progetto ambizioso ma concretizzabile che andava incontro alla famiglia italiana, da sempre al centro dei nostri obiettivi primari;
impegna il Governo:
a rivedere quanto deciso in materia di distinzione delle funzioni, in nome di una più marcata separazione delle stesse ovvero optare verso la separazione delle carriere, che rappresenta l'asse portante di ogni riforma ordinamentale, dove i magistrati della decisione e dell'accusa appartengano a distinte organizzazioni di ordinamento giudiziario e abbiano conseguentemente distinte configurazioni istituzionali, in modo tale che possa finalmente realizzarsi un valore primario quale l'imparzialità di giudizio che esige la distinzione dei due ordini di magistrati in ragione dalla diversa natura dalle rispettive funzioni al fine di realizzare i princìpi del processo di parti, come delineato dall'articolo 111 della Costituzione;
ad intraprendere la strada di riforma del nostro sistema processuale, intervenendo sulla struttura del processo per risolvere definitivamente i problemi della giustizia legati alla ragionevole durata del processo, anche in ragione dei pressanti inviti rivolti al nostro Stato ad esibire risultati concreti o piani d'azione realistici per risolvere le gravi carenze strutturali della giustizia, i cui ritardi causano violazioni ripetitive dei diritti umani e costituiscono una seria minaccia al principio dello Stato di diritto;
a razionalizzare il sistema dei riti alternativi quali strumenti premiali di contenimento del processo alla fase dibattimentale, che rappresenta una riforma urgente anche a seguito della legge n. 241 del 31 luglio 2006 recante «Concessione di indulto», che, presentata come unica soluzione possibile per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, ha creato una situazione paradossale in cui migliaia di processi sono destinati a chiudersi con condanne a pene già estinte;
a voler dare seguito nel più breve tempo possibile alla nostra proposta di legge per aderire alla Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime dei reati violenti che, ancora aperta alla firma degli Stati, obbliga le parti a prevedere nelle loro legislazioni un sistema di compensazione per risarcire le vittime di infrazioni violente, dolose che abbiano causato gravi lesioni corporali o la morte;
a riformare la giustizia per la famiglia e per i minori con la previsione di un giudice unico che raccolga sotto una sola istituzione, professionalità ed enti che lavorano per i minori ed oggi sono frammentati in ambiti differenti, continuando la strada coraggiosamente intrapresa dal nostro gruppo la scorsa legislatura nella convinzione della necessità di considerare adeguatamente i problemi connessi alla famiglia, alle controversie di stato civile, nonché tutta l'area del disagio minorile e la materia penale - eventualmente con la previsione di limiti più rigorosi alla concessione dell'istituto della messa alla prova - per fare in modo che un dibattito aperto per troppi anni e da tempo all'attenzione degli studiosi non continui a rimanere inascoltato e finalmente possa essere fornita una risposta adeguata e coerente con i cambiamenti strutturali e le legittime esigenze della famiglia.
(6-00013) «Lussana».
(23 gennaio 2006).