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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 124 di lunedì 12 marzo 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI
La seduta comincia alle 14,30.
MARIZA BAFILE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 marzo 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Bersani, Bindi, Boco, Bonino, Chiti, Colucci, D'Antoni, Damiano, De Castro, De Piccoli, Di Pietro, Donadi, Fabbri, Fioroni, Folena, Forgione, Franceschini, Galante, Gentiloni Silveri, Gozi, Grimaldi, Landolfi, Lanzillotta, Levi, Marcenaro, Maroni, Melandri, Meloni, Meta, Minniti, Misiti, Leoluca Orlando, Parisi, Pecoraro Scanio, Camillo Piazza, Pisicchio, Pollastrini, Prodi, Ranieri, Rigoni, Rugghia, Rutelli, Santagata, Sgobio, Visco ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Di Virgilio ed altri; Castellani ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (A.C. 780-1891-A) (ore 14,33).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Di Virgilio ed altri; Castellani ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Di Virgilio, ha facoltà di svolgere la relazione.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, illustri colleghi, in Italia ogni anno muoiono circa 60 mila persone per arresto cardiaco improvviso: uno ogni mille abitanti, uno ogni diciannove minuti.
Si tratta di un numero enorme, che corrisponde al 10 per cento dei decessi che si verificano complessivamente ogni anno nel nostro paese.Pag. 2
Si calcola che in Europa le vittime di tale evento siano oltre trecentomila. Spesso - ahimé! - si tratta di giovani. La percentuale di sopravvivenza all'arresto cardiaco è inferiore al 2 per cento, poiché i sistemi tradizionali di soccorso molto spesso non arrivano in tempo per eseguire con successo l'unica terapia in grado di ristabilire la normale attività cardiaca, ovvero la defibrillazione elettrica applicata in tempi brevi.
Molto spesso i sistemi di soccorso hanno purtroppo tempi di intervento troppo lunghi a causa delle distanze e del traffico cittadino, mentre nel caso di arresto cardiaco siamo in presenza di una seria e decisiva lotta contro il tempo.
La morte improvvisa è un evento drammatico con ripercussioni sociali ed economiche e costituisce una modalità frequente di decesso nei paesi industrializzati. Infatti, a dispetto degli enormi sforzi profusi negli ultimi decenni per migliorare il tasso di sopravvivenza, l'arresto cardiaco extraospedaliero continua ad essere una delle principali cause di morte in tutto il mondo, soprattutto nei paesi industrializzati.
Le cronache dei quotidiani non raramente riferiscono di giovani che improvvisamente si accasciano a terra nei campi di calcio, da tennis, durante corse per dilettanti e così via. Dopo un arresto cardiaco, il tempo è cruciale: ogni minuto di ritardo nel somministrare la scarica elettrica riduce del 5 o 10 per cento le possibilità di riavviare il cuore.
Un miglioramento nel tasso di sopravvivenza si ottiene quando i testimoni del malore sono in grado di riconoscerne la gravità, dare subito l'allarme e indicare correttamente i dati sulle condizioni del paziente, che vengono richiesti dalla centrale operativa. Il passo successivo è l'esecuzione, da parte dei testimoni, di manovre di rianimazione cardio-polmonare, utili a guadagnare tempo in attesa dell'arrivo dei soccorsi.
In questi casi il terzo anello della catena della sopravvivenza, quello più critico, è la defibrillazione precoce, poiché l'arresto del cuore molto spesso determina una condizione di aritmia grave, denominata fibrillazione ventricolare. L'ultimo anello è il veloce trasporto in un centro specialistico di rianimazione.
È allora indispensabile diffondere a fasce larghe della popolazione la cultura dell'emergenza, formando i comuni cittadini, così come previsto da queste proposte di legge, ad essere soccorritori in caso di necessità. L'unico intervento terapeutico risolutore in queste specifiche emergenze è rappresentato - come ricordavo - dalla defibrillazione elettrica, che deve peraltro essere attuata con grande tempestività dal momento della perdita di conoscenza, pena la morte, il coma irreversibile o il permanere di gravissimi danni neurologici.
In tal senso i defibrillatori semiautomatici sono uno strumento tecnologicamente avanzato in caso di primo intervento per salvare vite umane, che rischiano di essere stroncate in caso di arresto cardiocircolatorio ed una condizione di successo è la velocità con la quale vengono utilizzati.
Il termine generico di «defibrillazione automatica esterna» si riferisce ad un sistema di analisi del ritmo cardiaco in grado di indicare al soccorritore se la scossa salvavita sia necessaria o meno ed un sistema di caricamento automatico.
L'operatore che utilizza un defibrillatore completamente automatico deve semplicemente collegare gli elettrodi al paziente ed accendere l'apparecchio: dopo pochi secondi si determina automaticamente l'analisi del ritmo cardiaco e, se si è in presenza di fibrillazione ventricolare (o di tachicardia ventricolare con caratteristiche prestabilite), il dispositivo carica i propri condensatori ed eroga lo shock automaticamente. Nel caso di apparecchi semiautomatici, l'erogazione dello shock elettrico avviene dopo la conferma dell'operatore, informato dalla macchina stessa della presenza di un ritmo defibrillabile.
I defibrillatori disponibili sono apparecchiature complesse nella loro struttura, ma di facile impiego attraverso semplici manovre eseguite da qualsiasi cittadino che abbia seguito un corso di formazione, Pag. 3come previsto dall'articolo 1, comma 2, e dall'articolo 2 della presente proposta di legge. Essi sono forniti di una segnaletica, che di volta in volta guida l'operatore.
I defibrillatori semiautomatici sono stati ideati per interventi urgenti e per personale adeguatamente addestrato, cui però non viene richiesto l'onere della diagnosi elettrocardiografica, che è svolta automaticamente dall'apparecchio, che invia un messaggio visivo ed anche sonoro all'operatore, che è deputato all'erogazione della scarica elettrica.
I defibrillatori automatici esterni sono simili a quelli semiautomatici, con la differenza tecnica che sono dotati sono del tasto di accensione ed erogano in automatico lo shock, se indicato.
La defibrillazione è quindi un procedimento semplice allo stato dell'attuale tecnologia: attuata in occasione di emergenze cardiocircolatorie che determinino un arresto cardiaco può essere considerata un intervento salvavita, in quanto la possibilità di sopravvivenza dell'individuo è strettamente correlata al minor tempo, che intercorre dal momento del collasso all'applicazione dello shock elettrico. La ripresa dell'attività della pompa cardiaca ed il ripristino del ritmo del cuore evitano la morte cardiaca.
Il tempo di intervento è quindi un fattore determinante per il successo della defibrillazione. La tempestività e la correttezza dell'applicazione della scarica permettono di interrompere i fenomeni aritmici, potenzialmente fatali per l'individuo colpito di fibrillazione o da tachicardia ventricolare.
Va altresì detto che l'utilizzo di questi apparecchi è diventato oggi più semplice grazie alle tecnologie di avanguardia delle aziende produttrici. I defibrillatori semiautomatici per la defibrillazione precoce erano stati studiati appositamente per essere utilizzati anche dai soccorritori cosiddetti laici. Si tratta, infatti, di apparecchi portatili di piccole dimensioni e di facile utilizzo, che analizzano automaticamente il ritmo cardiaco del paziente e sono in grado, guidando l'operatore, di erogare uno shock salvavita così da ripristinare il normale battito cardiaco.
Le istruzioni vocali su schermo emesse dal dispositivo assistono l'operatore durante le fasi del soccorso, rendendone estremamente intuitivo l'utilizzo. Non è quindi necessaria alcuna esperienza medica per utilizzare appropriatamente i defibrillatori.
L'arresto cardiaco è un evento molto pericoloso. Nel 95 per cento dei casi il decesso avviene perché l'intervento di defibrillazione, in grado di ripristinare il corretto ritmo cardiaco del paziente, non viene effettuato entro cinque-sei minuti dalla perdita di coscienza. La morte cardiaca improvvisa è definita come una morte naturale, che avviene istantaneamente e inaspettatamente, dovuta ad una patologia cardiaca non nota - o nota ma stabile - al momento della comparsa di sintomi.
L'arresto cardiaco rappresenta per oltre il cinquanta per cento la causa di tutti i decessi per malattie cardiovascolari; in Italia le percentuali di sopravvivenza si allineano con quelle più basse di altri paesi europei e di alcune aree del Nord America.
Dai corsi di defibrillazione veloce, tenuti ormai da tempo nel nostro paese, è emerso che gli operatori laici sono in grado di apprendere il loro corretto uso più facilmente e rapidamente di quanto non avvenga con le manovre di rianimazione cardiopolmonare di base, comunque necessarie.
Esperienze cliniche hanno dimostrato che i defibrillatori semiautomatici hanno alta specificità (93 per cento) e sensibilità diagnostica (98 per cento) e non vengono ingannati da fattori esterni e contingenti, come potrebbero essere i movimenti del paziente (convulsioni e respirazione agonica) o quelli causati da altri al paziente.
La materia è regolamentata dalla legge n. 120 del 2001, che nella scorsa legislatura è stata oggetto di due interventi normativi di iniziativa dell'allora maggioranza di centrodestra: essa è stata integrata, infatti, dall'articolo 1 della legge 15 Pag. 4marzo 2004, n. 69, con il quale si è estesa la possibilità di utilizzare i defibrillatori, oltre che in sede ospedaliera, anche extraospedaliera, a tutto il personale debitamente addestrato, anche non medico e non sanitario; successivamente dall'articolo 29-vicies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge 23 febbraio 2006, n. 51, con il quale si è disposto che la formazione del personale sanitario non medico e del personale non sanitario possa essere svolta anche dalle organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro, nonché dagli enti operanti nel settore dell'emergenza sanitaria.
La stessa legge n. 120 del 2001 ha inoltre disposto l'adozione, con decreto del ministro della salute, di apposite linee guida per il rilascio della prevista autorizzazione da parte delle regioni all'utilizzo extraospedaliero dei defibrillatori da parte del predetto personale.
A seguito delle modifiche intervenute al Titolo V della Costituzione, le linee guida sono state adottate nella forma dell'accordo del 27 febbraio 2003 in sede di Conferenza Stato-Regioni. Con tale provvedimento sono disciplinati i criteri per l'utilizzo dei defibrillatori semiautomatici, le modalità ed i termini per l'autorizzazione al loro impiego e la formazione degli operatori autorizzati all'utilizzo di tale apparecchiatura. Si specifica, inoltre, che l'accreditamento e la certificazione dei formatori sono di competenza delle regioni, sentiti i comitati regionali per l'emergenza.
Essa, infatti, consente anche al personale non medico di utilizzare sul territorio questi strumenti, che riconoscono automaticamente l'aritmia responsabile dell'arresto di cuore e possono erogare la scarica elettrica. Il riconoscimento automatico dell'aritmia ha rappresentato, infatti, l'elemento di svolta per togliere la responsabilità medico legale agli operatori non medici e per permettere, quindi, l'affidamento degli strumenti a questi ultimi. Leggi analoghe sono patrimonio di numerosi stati europei e nordamericani nei quali, a seguito della loro introduzione, si è assistito ad un notevole incremento della sopravvivenza all'arresto cardiaco, che può raggiungere anche il 35-40 per cento.
Lo scopo di questo provvedimento è proprio quello di promuovere la diffusione dei defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni, indicando i criteri per l'individuazione dei luoghi, delle strutture e dei mezzi di trasporto ove è prevista la detenzione (articoli 1 e 5).
Altro punto cardine del provvedimento (articolo 1, comma 2, e articolo 2) è quello di porre particolare attenzione alla formazione e addestramento del personale di soccorso non medico per l'utilizzo dei defibrillatori semiautomatici con certificazione di idoneità e istituzione di un apposito registro per l'iscrizione dei soggetti abilitati (articolo 4). Anche i privati potranno possedere e utilizzare per uso personale i defibrillatori, fermo restando l'obbligo per chi lo utilizza di conseguire l'attestato, come previsto dal provvedimento.
Se ne deduce che la finalità fondamentale del provvedimento è quella di diffondere una cultura di emergenza cardiologica e formare la popolazione ad un corretto uso dei defibrillatori in conformità alle linee guida stabilite con l'accordo 27 febbraio 2003 alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché a quelle internazionali vigenti in materia.
Infatti, l'introduzione e la diffusione del defibrillatore semiautomatico in ambiente extraospedaliero si integra in una filosofia di sviluppo e valorizzazione della sopravvivenza anche da parte del personale non medico.
Tuttavia la diffusione della defibrillazione extraospedaliera è condizionata da altri fattori, che questo provvedimento affronta con un intervento legislativo ad hoc: una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle istituzioni sulle dimensioni del fenomeno e degli strumenti a disposizione; lo stanziamento delle risorse economiche (articolo 5); la prescrizione che rende obbligatoria l'installazione dei defibrillatori in ambienti pubblici, Pag. 5strutture e mezzi di trasporto, che verranno regolamentati dalle regioni; l'introduzione di detrazioni fiscali per coloro i quali intendano acquistare un defibrillatore automatico (articolo 7).
Sebbene l'Unione europea nel 1997 abbia emanato una raccomandazione che invita i paesi membri ad attivare il numero telefonico di emergenza medico 112, alcuni paesi, oltre a non avere una legge che regolamenta l'utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni, sono ancora lontani dal recepimento.
In Europa vi sono differenze sostanziali nell'organizzazione del servizio di emergenza medica fra paesi del Centro ed Est Europa e quelli dell'Europa occidentale. Nella maggior parte dei paesi del Centro ed Est Europa e in pochissimi paesi occidentali, il medico ha un ruolo attivo nella squadra di primo soccorso e molto spesso è responsabile per l'utilizzo del defibrillatore a bordo dell'autoambulanza. Nel resto dell'Europa occidentale la squadra di pronto soccorso è composta da personale dell'autoambulanza addestrato per il basic life support.
Inoltre, nella maggior parte dei paesi europei le forze di polizia non sono integrate nel sistema di emergenza medica, che in molti paesi comprende invece i vigili del fuoco. In Europa, in definitiva, non vi è una legislazione chiara ed omogenea che regolamenti la defibrillazione precoce, forse a causa di una limitata percezione dell'importanza di attivare programmi in tal senso, mentre se ne potrebbe avere una forte promozione attraverso un impegno europeo di carattere politico supportato dalle maggiori società scientifiche.
Per recepire informazioni utili ad un provvedimento di legge come questo, che è rivolto ad esclusivo vantaggio dei cittadini, la XII Commissione affari sociali della Camera ha svolto audizioni di esperti e rappresentanti di particolari categorie di cittadini, come la Società italiana di cardiologia, la Società italiana di aritmologia e cardiostimolazione, la Commissione nazionale per la rianimazione cardiopolmonare, il direttore del centro di emergenza 118 della regione Lazio, il presidente del Coordinamento nazionale delle associazioni del cuore (CONACuore), i rappresentanti della Confcommercio e dell'Associazione nazionale cooperative tra dettaglianti, oltre ad aver avuto contatti con la Conferenza Stato-Regioni.
Proficuo è stato il contributo di tutti colleghi parlamentari e del presidente della XII Commissione affari sociali, che ringrazio vivamente.
Si tratta di un provvedimento di grande rilevanza socio-sanitaria e vi prego, quindi, di andare oltre l'ideologia politica, come è stato fatto finora in Commissione, e pensare che si tratta di uno strumento il cui unico scopo è il bene comune e che, dunque, è giusto sostenerlo e votarlo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI. Cercherò di essere sintetica, anche perché molte cose sono state già ampiamente descritte dall'onorevole Di Virgilio. La cosa fondamentale è che oggi iniziamo l'esame in Assemblea del testo unificato di due proposte di legge che intervengono sulla normativa che regolamenta l'impiego dei defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni. Il testo che noi analizziamo risulta dall'elaborazione in sede di Comitato ristretto presso la XII Commissione affari sociali di due distinte proposte di legge, una delle quali presentata proprio dall'onorevole Di Virgilio. Ci tengo a sottolinearlo, perché ciò dimostra come il centrodestra, in particolare il gruppo di Forza Italia, abbia sempre manifestato un'alta sensibilità in questa materia. D'altronde, anche quanto ricordato proprio dall'onorevole Di Virgilio ci conferma l'impegno che l'allora maggioranza Pag. 6di centrodestra ha profuso in materia con i due interventi normativi sulla legge n. 120 del 2001.
Vorrei anche ricordare che proprio a seguito delle modifiche intervenute al Titolo V della Costituzione, come ha ricordato l'onorevole Di Virgilio, le linee guida sono state adottate nella forma dell'accordo del 27 febbraio 2003 in sede di Conferenza Stato-regioni. Voglio sottolineare, quindi, come l'approvazione del testo in esame consenta di elevare il livello effettivo di tutela della salute nel rispetto e nella valorizzazione delle competenze di tutti i soggetti coinvolti, a cominciare dalle regioni. Mi sembra questo un punto molto importante.
Mi piace poi ricordare, forse perché sono veneta, anche quella campagna di informazione nazionale, partita proprio dalla mia regione nel 2004, sotto l'egida del Ministero della salute, per diffondere la conoscenza sui fattori che permettono di identificare i soggetti a rischio di morte cardiaca improvvisa e le soluzioni preventive oggi disponibili. A dimostrazione proprio che negli ultimi anni vi è stata un'intensificazione di attenzione rivolta a questa causa di morte per la quale sempre di più sappiamo che si può fare molto per arginarla e, ci auguriamo, sconfiggerla in tempi brevi, l'allora assessore alla sanità, Fabio Gava, che era anche il coordinatore degli assessori alla sanità delle regioni italiane, riportava i dati del suo osservatorio. Nella mia regione, il Veneto, ogni anno risultavano esserci 4.800 decessi per morte cardiaca improvvisa, ossia 1,08 morti ogni mille abitanti. I dati nazionali li ha già riportati l'onorevole Di Virgilio: in Italia le vittime di morte cardiaca improvvisa sono fra i 50 ed i 60 mila.
Studi effettuati da gruppi di ricerca diversi portano sempre a dati molto simili, dai quali si evidenzia che la morte cardiaca improvvisa rappresenta da sola la causa di oltre il 10 per cento di tutte le morti che avvengono in Italia. Qualcuno sostiene che la letalità della morte cardiaca improvvisa è paragonabile a quella determinata dalla somma dei principali tumori conosciuti ed è sette volte superiore a quella causata dagli incidenti stradali.
Ciò che a noi preme sottolineare è che non si tratta di eventi ineluttabili: sono decessi che si possono evitare utilizzando tutti gli strumenti diagnostici e terapeutici che abbiamo a disposizione. Sappiamo che una radicata cultura preventiva basata sull'individuazione delle persone a rischio porta ad una riduzione della mortalità, ma questo si verifica solo tra i soggetti che già sanno di essere cardiopatici; ci si riferisce, quindi, più o meno al 50 per cento dei soggetti colpiti da morte cardiaca improvvisa, ma vi è almeno un altro 50 per cento di persone che non sanno di essere cardiopatiche e non sanno di esserlo fino al momento dell'evento.
Ed è proprio per questo 50 per cento di soggetti che lo sviluppo su tutto il territorio di una rete di defibrillatori semiautomatici o automatici, utilizzabili da personale addestrato, rappresenta una parte essenziale della strategia volta a fronteggiare la morte cardiaca improvvisa. Se è vero che ogni giorno molti cuori cessano di battere, in molti casi la cessazione dell'attività cardiaca è prematura: il cuore di queste persone è sano, comunque troppo sano perché esse muoiano. È qui che entra in campo il fattore tempo (sul quale non mi soffermo, in quanto ne ha bene illustrato la rilevanza l'onorevole Di Virgilio). Purtroppo, le cronache ci informano con cadenza inquietante dei decessi di persone anche giovani e giovanissime.
Per tutto quanto è stato detto, desidero sottolineare, in questo mio breve intervento, l'elevato impatto sociale del provvedimento in esame: noi siamo qui, oggi, ad occuparci di proposte che hanno lo scopo di salvare vite umane. Per questo, siamo convinti che il provvedimento riscuoterà l'approvazione di tutti i colleghi, sia della maggioranza sia dell'opposizione, com'è già avvenuto in Commissione affari sociali.
Nella letteratura medica, diversi studi specifici hanno sempre più rafforzato la tesi secondo la quale la defibrillazione precoce, fornita a brevissima distanza Pag. 7dalla comparsa dell'arresto cardiocircolatorio, produce una notevole riduzione della mortalità e delle sequele invalidanti secondarie ad arresto cardiaco primario. L'altissimo numero di decessi correlati a morte cardiaca improvvisa ha portato, fin dai primi anni Settanta, allo studio di tecnologie che potessero permettere l'utilizzo del defibrillatore da parte di personale non medico, sollevando l'operatore, come abbiamo sentito, dall'onere della diagnosi, dal momento che l'analisi del ritmo viene effettuata dall'apparecchio stesso. Quindi, parliamo di un problema dal forte impatto sociale, oltre che sanitario.
Quindi, è necessario prevedere la presenza di tali apparecchiature sui mezzi adibiti al soccorso sanitario della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della polizia municipale, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo forestale dello Stato, del Dipartimento della protezione civile, del Corpo delle capitanerie di porto, sui mezzi aerei adibiti al soccorso ed al trasporto degli infermi, nonché su tutti i mezzi di soccorso del sistema di emergenza 118, nei poliambulatori del Servizio sanitario nazionale, negli ambulatori dei medici di medicina generale convenzionati e strutture socio-sanitarie autorizzate, nei grandi scali e sui mezzi di trasporto aerei, ferroviari e marittimi, negli istituti penitenziari, negli istituti penali per i minori e centri di permanenza temporanea e assistenza, nelle strutture sedi di grandi avvenimenti socioculturali e grandi strutture commerciali ed industriali, nei luoghi in cui si pratica attività ricreativa, ludica o sportiva, agonistica e non agonistica, anche a livello dilettantistico, nonché nelle strutture scolastiche e universitarie e nelle farmacie.
Un altro elemento chiave è rappresentato dall'elevata e garantita sicurezza dei defibrillatori automatici o semiautomatici esterni, che non incorrono in errore, ma soprattutto non cagionano danni, neanche in caso di uso improprio dell'apparecchio e, quindi, possono essere adoperati anche da soccorritori «laici» addestrati. Quindi l'obiettivo è quello di far sì che tutti i luoghi e i mezzi di trasporto nei quali vi è un forte accentramento di persone siano dotati di defibrillatore automatico esterno destinato a prestare un tempestivo soccorso qualora si verifichi una situazione di arresto cardiaco improvviso.
È altresì opportuna un'azione culturale ad ampio raggio, anche attraverso i mezzi di comunicazione, al fine di diffondere una diversa mentalità riguardo agli interventi di soccorso in situazioni di emergenza.
Altro elemento importante è rappresentato dalle agevolazioni fiscali: l'articolo 7 del provvedimento in esame prevede, per l'acquisto di un defibrillatore semiautomatico o automatico esterno, una detrazione fino a un massimo di mille euro.
In conclusione, l'impiego allargato dei DAE rappresenta senza dubbio una forma di tutela della salute della collettività provvista delle necessarie garanzie per il paziente e per l'operatore. Vogliamo evidenziare il ruolo sempre maggiore della comunità nella catena di sopravvivenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cancrini. Ne ha facoltà.
LUIGI CANCRINI. Concordo innanzi tutto con quanto affermato dal relatore, che è stato chiarissimo nella sua esposizione e che ha fornito gli argomenti di merito del provvedimento oggi in discussione.
Credo anch'io che sia davvero importante occuparsi di una tra le cause di morte più rilevanti dal punto di vista statistico nella popolazione di oggi e credo che sia importante riuscire a ragionare in termini di inversione di una tendenza medica tutta incentrata sull'ospedale e su un pronto soccorso che non arriva mai in tempo in queste situazioni.
Vorrei sottolineare alcuni punti a mio avviso significativi di queste proposte di legge. Uno riguarda la laicità non medica dell'intervento. Ritengo che di ciò si abbia sempre più bisogno, anche se in Italia abbiamo per lungo tempo trovato difficoltà Pag. 8a superare gli ostacoli frapposti proprio dal medico all'accettazione dell'idea che alcuni interventi importanti e decisivi, come in questo caso, per la vita della persona possano essere affidati a soggetti che non sono medici. Questo è un punto sul quale dobbiamo riflettere seriamente; infatti, la tutela della salute non può passare soltanto attraverso l'azione del medico, che resta ovviamente centrale. Credo che la laicità dell'intervento sia sempre più richiesta, anche al di là di questa situazione specifica.
Un secondo aspetto rilevante riguarda la scelta operata in ordine ai luoghi. Mi soffermo in particolare sulle farmacie. Quando si è discusso il cosiddetto primo decreto Bersani, si è parlato ampiamente del ruolo che la farmacia può svolgere in un sistema sanitario più vicino all'utenza e al territorio.
Ritengo che dotare le farmacie della capacità di intervenire in termini di pronto soccorso su un paziente grave costituisca un passaggio importante in questa direzione. È stato detto - credo che su ciò siamo tutti d'accordo - che oggi il farmacista e la farmacia rappresentano il primo e più facile punto di riferimento per il cittadino che ha una domanda di salute.
Credo che questo intervento facilitato, in parte finanziato dallo Stato, consenta alle farmacie di darsi uno ruolo nella direzione giusta e aiuti il cittadino a sentire nella farmacia il punto di riferimento più vicino e più efficace quando è necessario un intervento urgente. Un altro punto rilevante è quello relativo alle strutture sanitarie autorizzate. In una ricerca che avevo svolto tanti anni fa sull'ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà a Roma - quando era ancora aperto -, mi ero reso conto del fatto che la percentuale di morti improvvise è particolarmente alta nei pazienti psichiatrici che ricevono trattamenti di lunga durata con farmaci neurolettici. Ho trovato poi conferma di questa affermazione nella letteratura; dunque ritengo sia davvero importante che nelle strutture sanitarie in cui risiedono persone per lunghi periodi - parliamo di strutture di degenza spesso soltanto autorizzate, come dice la legge - la presenza del defibrillatore ricordi il diritto alla vita di persone - mi riferisco soprattutto agli anziani - che altrimenti sarebbero messe da parte.
Un altro aspetto che ritengo assai rilevante è quello del collegamento alle centrali operative del 118. Mi permetto di esprimere qualche perplessità sul fatto che le previsioni giuste contenute nella legge vengano effettivamente attuate con la necessaria rapidità. Infatti, parliamo di situazioni nelle quali si gioca sui secondi più che sui minuti.
Quindi, il fatto che il 118 possa rapidamente fornire indicazioni sul posto più vicino dove è presente un defibrillatore merita certamente - non so se da parte delle regioni o del livello centrale - un'attenzione specifica. Insomma, in sede di attuazione del provvedimento, il Ministero della salute dovrà ben preoccuparsi di tale questione.
Tuttavia, il fatto che esista un riferimento centrale a cui ci si può rivolgere per ottenere indicazioni sul defibrillatore più vicino mi sembra un aspetto importante, poiché si assegna al 118 una nuova attività, la cui utilità risulta del tutto evidente.
L'ultima questione che vorrei sottolineare, peraltro con piacere, è il clima nel quale si è svolto il lavoro condotto dalla XII Commissione in occasione dell'esame del presente progetto provvedimento. Ricordo che le due proposte di legge vedono, come primi firmatari, alcuni deputati dell'attuale opposizione.
Credo che abbiamo lavorato bene insieme e ritengo, altresì, che abbiamo compreso appieno l'importanza di un provvedimento sul quale venivano a cadere steccati e divisioni più o meno «ideologiche» (bisognerebbe capire un po' meglio, poi, cosa significhi lo stesso termine «ideologico»).
Mi sembra che il presidente Lucà abbia aiutato lo svolgimento dei nostri lavori in tal senso, così come sempre fa in occasione dell'esame degli altri progetti di legge. Per me, che sono un parlamentare alla prima legislatura nonostante l'età veneranda, è stata un'esperienza molto positiva: Pag. 9pertanto, ringrazio tutti i colleghi, con i quali ho collaborato molto volentieri.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ceccacci Rubino. Ne ha facoltà.
FIORELLA CECCACCI RUBINO. Signor Presidente, finalmente il Parlamento torna ad essere protagonista, con l'approvazione di un progetto di legge che avrà un grande impatto sulla vita di milioni di cittadini. Infatti, come ha ricordato il mio collega relatore sul provvedimento, onorevole Di Virgilio, l'arresto cardiaco continua ad essere una delle principali cause di morte in tutto il mondo, soprattutto nei paesi industrializzati. Ricordo che, in Italia, esso provoca tra i 50 mila ed i 70 mila casi di morte all'anno; più del 50 per cento potrebbe essere scongiurato intervenendo prontamente con defibrillatori semiautomatici, utilizzabili, in contesti extraospedalieri, anche da personale non sanitario.
Quest'ultimo è uno dei punti che ha richiesto un maggiore chiarimento, in quanto il provvedimento che ci approntiamo a discutere oggi si è reso necessario per integrare la legge n. 120 del 2001, la quale consente l'uso del defibrillatore semiautomatico, in sede extraospedaliera, al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare.
Quindi, si è reso necessario integrare, attraverso la predisposizione di nuove norme, la precedente legge del 2001, disciplinando non solo l'ubicazione dei defibrillatori in luoghi più corrispondenti alle esigenze di intervento, ma anche le modalità di conduzione ed erogazione dei corsi di formazione e di addestramento del personale non sanitario, recependo le linee guida stabilite dall'accordo del 27 febbraio 2003 tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sancito in sede di Conferenza permanente, nonché le linee guida internazionali vigenti in materia.
Vorrei segnalare che, in Commissione affari sociali, si è sostenuta la necessità di coniugare le esigenze di rigore dei protocolli formativi con una dose di elasticità dell'impegno, al fine di non rendere troppo complicati tali procedimenti di addestramento, nel timore di disincentivare la partecipazione di personale che ricordo non possedere alcuna competenza sanitaria, se non approssimativa.
La stessa formazione, d'altronde, è facilitata dalla tecnologia sempre più avanzata di questi apparecchi, la cui grandezza è pari a quella di un computer portatile. Essi sono estremamente affidabili, sono agevoli da usare e che consentono all'operatore di intervenire con una procedura guidata ed automatica per la rianimazione del paziente. Tali strumenti, infatti, sono in grado di analizzare automaticamente il ritmo cardiaco, fornendo, quindi, tutte le indicazioni sulle azioni necessarie da intraprendere in caso di emergenza.
Vorrei osservare che, forse, la parte più difficile dei programmi di formazione e di addestramento per i soccorritori non medici risulta essere proprio l'acquisizione della capacità di mantenere il controllo della situazione, vale a dire riconoscere la gravità dell'infartuato, dare subito l'allarme (indicando correttamente i dati sulle condizioni del paziente, richiesti dalla centrale operativa) ed eseguire le manovre guidate di rianimazione cardiopolmonare del defibrillatore, utili a guadagnare tempo in attesa dell'arrivo dei soccorsi.
Si tratta, quindi, di una formazione che non richiede tempi lunghi di apprendimento e che può essere facilmente impartita anche a personale non sanitario, il quale dovrà essere addestrato, in questo caso, ad individuare un attacco cardiaco e ad usare in modo mirato tale apparecchio.
Chiaramente la formazione deve essere dispensata da istruttori certificati, tra i quali deve essere compreso un medico con documentata esperienza in emergenza e didattica, che assume funzioni di responsabilità e coordinamento.
Al comma 2 del testo unificato si individuano nelle Università, nelle organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro, negli ordini professionali e negli enti nazionali senza scopo di lucro operanti nel Pag. 10settore dell'emergenza sanitaria, i soggetti che possono accreditarsi per l'erogazione di questi corsi. L'accreditamento avviene presso le regioni e le province autonome di competenza e previo consenso della commissione nazionale per la rianimazione cardiopolmonare, ovvero l'organo tecnico-scientifico di controllo. Questi corsi verrebbero comunque sempre condotti in collaborazione con le ASL, con le regioni, con le strutture ospedaliere e con le centrali operative del sistema di emergenza del 118. L'obiettivo è quello di creare una rete integrata di intervento tale da assicurare la tempestività del soccorso.
Come ha ricordato l'onorevole Di Virgilio, il tempo infatti è un fattore fondamentale per la sopravvivenza perché in circa il 25 per cento dei casi il malato potrebbe essere rianimato se venisse defibrillato entro quattro o cinque minuti dal malessere. Per ogni minuto di ritardo la possibilità di sopravvivenza diminuisce del 10 per cento. Anche quando si riesce ad impedire la morte, un intervento fuori tempo purtroppo può comportare gravi danni cerebrali irreversibili, come ad esempio lo stato vegetativo permanente, con costi sociali ed economici elevatissimi per la persona, per la famiglia e quindi anche per l'intera società.
Considerando l'importanza di avere personale adeguatamente preparato a riconoscere un attacco cardiaco e ad intervenire con efficacia, è assolutamente necessario che i protocolli formativi presentino caratteristiche di qualità, di efficienza, di omogeneità e soprattutto di economicità. Sono questi i criteri individuati al comma 3 del testo unificato, che saranno condizione essenziale all'accreditamento dei soggetti interessati alla realizzazione dei corsi di formazione. Il criterio dell'economicità, subentrato dopo un'attenta valutazione, si è reso necessario in virtù della decisione di ancorare l'onere di spesa prevista per l'approvazione di questo provvedimento ad un tetto massimo di spesa annuo di quattro milioni di euro.
Infine, è importante ricordare che l'autorizzazione all'uso del defibrillatore in sede extraospedaliera è nominativa ed ha una durata di 12 mesi, rinnovabili solo in seguito a successiva verifica. Le regioni e le province autonome, attraverso le ASL, le strutture ospedaliere e le sedi del 118 o territorialmente competenti, effettuano la verifica ed il controllo di qualità delle prestazioni anche mediante l'istituzione di un apposito registro di soccorritori. Infatti, la formazione dovrà prevedere, in accordo con le linee guida internazionali, la conoscenza di metodi di rianimazione cardiopolmonare di base con relativa parte teorica e pratica.
In conclusione, il passo che ci accingiamo a fare oggi è di cruciale importanza perché molte vite potranno essere salvate. Credo che all'approvazione di tale provvedimento debba seguire una campagna informativa di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, partendo magari dalle scuole. Infatti, si tratta di un problema che riguarda tutti, nessuno escluso (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.
CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, il provvedimento oggi in discussione, inerente nuove norme in materia di utilizzo dei defribillatori semiautomatici ed automatici in ambiente extraospedaliero, sottende un profilo di grande valenza sociale oltre che sanitaria, prefiggendosi lo scopo di incrementare su tutto il territorio nazionale la presenza dei soccorritori laici, qualificarne la formazione e dotare di defibrillatori automatici esterni (i cosiddetti DAE), tutti i mezzi di soccorso nonché postazioni fisse selezionate sulla base di un'analisi svolta da apposite commissioni di esperti per valutare l'incidenza delle morti cardiache improvvise nei luoghi ad alta densità di popolazione.
Il provvedimento incentiva anche i soggetti privati a dotarsi di DAE prevedendo per essi, in caso di acquisto, apposite detrazioni fiscali.
La valenza di questo provvedimento è legata alla considerazione che nella gran Pag. 11parte dei paesi industrializzati le malattie cardiovascolari rappresentano la prima tra le cause di morte, superiore anche all'incidenza dei decessi per cause oncologiche. In Italia, studi recenti stimano in circa 57 mila l'anno le persone che muoiono per morte cardiaca improvvisa, evenienza che può colpire, in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento, non solo pazienti cardiopatici, ma anche soggetti assolutamente ignari di rientrare nelle cosiddette categorie a rischio. Tale dato è così numericamente e socialmente rilevante da meritare un'attenta riflessione anche in questa Assemblea circa la necessità inderogabile di mettere in atto tutte le strategie possibili per contenere questa strage che viene considerata una vera e propria piaga sociale dei nostri tempi.
Certamente, corretti stile di vita, l'attività fisica, l'attuazione di una costante e corretta prevenzione primaria e secondaria, diagnosi precoci e terapie adeguate, la stessa ricerca scientifica in materia possono contribuire a contenere, nei pazienti cardiopatici, il rischio di infarto e di arresto cardiaco. Ma tutto ciò non basta .
Anche in occasione dell'ultimo congresso della Società europea di cardiologia è stato ribadito che nelle realtà territoriali dove l'organizzazione sanitaria si è attivata con una tempestiva, capillare ed efficace rete di soccorso si è ridotta, rispetto al passato, l'incidenza dei decessi per arresto cardiaco, come pure l'incidenza delle complicanze neurologiche da anossia cerebrale, tenuto conto che i tempi e le modalità di intervento, in caso di morte cardiaca improvvisa, sono realmente cruciali per la sopravvivenza dei pazienti, sia quoad vitam sia quoad valetudinem. Ed è sulla base di tale consapevolezza che le società scientifiche internazionali di cardiologia hanno definito linee guida per comportamenti comuni volti a promuovere la diffusione capillare delle tecniche di basic life support defibrillation e per incrementare la partecipazione qualificata di soccorritori occasionali o volontari laici a progetti di defibrillazione precoce sul territorio con l'intento di realizzare quella rete di soccorso in grado di ridurre l'incidenza dei decessi per cause cardiache.
L'elemento di svolta per tale obiettivo sono stati i defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni che, con il riconoscimento automatico delle aritmie defibrillabili, hanno permesso di affidare l'utilizzo di tali dispositivi anche a soccorritori non medici appositamente formati sollevandoli da ogni responsabilità di carattere medico-legale.
In alcune realtà territoriali (purtroppo, ancora troppo poche) del nostro paese - ad esempio, nella mia provincia, Teramo, dove, da tempo, è in corso una diffusione capillare sul territorio -, i DAE hanno portato ad un miglioramento del tasso di sopravvivenza, grazie anche all'opera di soccorritori laici. Soccorritori che, dimostratisi capaci di riconoscere la gravità delle condizioni cliniche del soggetto soccorso, hanno allertato le centrali operative del sistema dell'emergenza e hanno saputo praticare la rianimazione cardiopolmonare ed utilizzare in tempi rapidi il defibrillatore semiautomatico esterno, organizzando poi un trasferimento veloce e protetto del paziente nel più vicino centro specialistico di rianimazione.
Tale primo avanzamento verso l'istituzione di una rete di soccorso è stato possibile grazie all'approvazione, da parte del Parlamento, della legge n. 120 del 3 aprile 2001, provvedimento che in Senato recava la prima firma del senatore Monteleone di Alleanza Nazionale e che fu approvato, all'unanimità, dapprima, al Senato, dalla Commissione sanità in sede deliberante, e quindi, alla Camera, dalla Commissione affari sociali, in sede legislativa. Vorrei far quindi notare al collega Cancrini che già nella precedente legislatura il Parlamento è stato in grado di approvare unanimemente una legge così importante.
Tale disciplina del 2001, recante l'utilizzo dei defribillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero, integrata poi dall'articolo 1 della legge 15 marzo 2004, n. 69, e dall'articolo 39-vicies quater del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, ha garantito maggiori possibilità di intervento Pag. 12in caso di arresto cardiocircolatorio, autorizzando l'uso del defibrillatore semiautomatico in sede sia intraospedaliera che extraospedaliera, anche dal parte del personale sanitario non medico, nonché del personale non sanitario in possesso di formazione specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare.
La legge n. 120 ha demandato alle regioni la disciplina per il rilascio dell'autorizzazione all'utilizzo extraospedaliero dei defibrillatori, sempre nell'ambito del sistema di emergenza competente per territorio, o sotto la responsabilità dell'azienda sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera di competenza. Ha previsto altresì la formazione dei soggetti autorizzati anche da parte di organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro, nonché da enti operanti nel settore dell'emergenza sanitaria, purché avessero un rilievo nazionale ed una adeguata rete di formazione.
La legge n. 120 ha stabilito infine che fossero adottate con decreto del Ministero della salute, apposite linee guida per il rilascio della prevista autorizzazione da parte delle regioni, linee guida che, a seguito delle modifiche del titolo V della Costituzione, sono state adottate nella forma di accordo del 27 febbraio 2003, in sede di Conferenza Stato-regioni.
Con tale provvedimento sono state disciplinati i criteri per l'utilizzo dei DAE, la formazione degli operatori autorizzati all'utilizzo di tali dispositivi, inoltre è stato specificato che l'accreditamento e la certificazione dei formatori fossero di competenza delle regioni, sentiti i comitati regionali per l'emergenza.
Mi avvio a concludere ricordando che è ormai passato più di un lustro dall'approvazione della legge n. 120 del 2001, e poichè, in diversi Stati europei e negli Stati Uniti d'America, dove la diffusione dei DAE è cresciuta in maniera esponenziale, si è verificato un aumento abbastanza significativo della sopravvivenza all'arresto cardiaco, e poichè, grazie alla legge n. 120, è notevolmente cresciuto il numero dei volontari laici in grado di effettuare manovre di rianimazione cardiopolmonare e di utilizzare i DAE, si avverte la necessità di integrare la normativa vigente con il provvedimento oggi in discussione, la cui finalità, come ho già detto all'inizio del mio intervento, è quella di individuare i criteri basilari per una capillare diffusione sul territorio dei DAE, prevedere l'istituzione di un registro di soccorritori e degli istruttori di rianimazione cardiopolmonare per una migliore organizzazione della rete di soccorso, qualificare in maniera sempre più efficace ed efficiente i soccorritori laici anche con l'obiettivo di diffondere, soprattutto tra i giovani, una cultura crescente e consapevole per un approccio corretto alle emergenze sanitarie.
Il mio auspicio, e quello del gruppo di Alleanza nazionale, è che questo provvedimento trovi in Assemblea un'ampia convergenza, nella consapevolezza che la sua approvazione non potrà rappresentare l'intera soluzione della complessa problematica legata alle morti cardiache improvvise, ma nella certezza che una migliore e più capillare organizzazione della rete della sopravvivenza sarà in grado di salvare un numero sempre maggiore di vite umane.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bafile. Ne ha facoltà.
MARIZA BAFILE. Signor Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, il testo unificato recante nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero, approvato all'unanimità dalla Commissione affari sociali, dopo aver recepito i pareri delle altre Commissioni competenti, integra la legge n. 120 del 2001, prevedendo la progressiva installazione di un defibrillatore automatico nelle sedi preposte, con una spesa di 4 milioni di euro all'anno, a decorrere dal 2007.
Le sedi preposte sono, innanzitutto, i mezzi adibiti al soccorso sanitario della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della polizia municipale, della Guardia di finanza, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo forestale dello Stato, del Pag. 13Dipartimento della protezione civile, del Corpo delle capitanerie di porto.
La progressiva installazione dei defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni è prevista, altresì, all'interno di mezzi aerei adibiti al soccorso ed al trasporto degli infermi, di tutti i mezzi di trasporto e di soccorso del sistema di emergenza 118, dei poliambulatori del Servizio sanitario nazionale, degli ambulatori di medicina generale convenzionati, delle strutture sociosanitarie autorizzate, nonché all'interno di grandi scali e mezzi di trasporto aereo, ferroviario e marittimo, degli istituti penitenziari, degli istituti penali per i minori e dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, delle strutture sedi di grandi avvenimenti socio-culturali, delle grandi strutture commerciali e industriali, dei luoghi in cui si pratica attività ricreativa, ludica e sportiva, agonistica e non agonistica, anche a livello dilettantistico, delle strutture scolastiche e universitarie e delle farmacie.
Il gruppo dell'Ulivo ha ritenuto importante sostenere questa proposta, per la quale ha sempre mostrato grande attenzione e sensibilità, come dimostra il fatto che il testo sia oggi all'esame dell'Assemblea. La sostiene in quanto, come emerso dall'audizione svolta in Commissione affari sociali dei rappresentanti del Coordinamento operativo nazionale cuore (CONA Cuore) e come ha ribadito il relatore, onorevole Di Virgilio, ogni anno in Italia circa 60 mila persone muoiono di morte cardiaca improvvisa. Una cifra davvero ragguardevole pari alla popolazione di intere cittadine. Come hanno sottolineato gli esperti del CONA Cuore, è come se, ogni anno, scomparissero centri urbani pari a Carpi, Avellino o Cuneo.
In tutti i paesi industrializzati riscontriamo la stessa problematica: secondo l'Associazione italiana di aritmologia e cardiostimolazione, la morte cardiaca improvvisa rappresenta il 20 per cento di tutte le morti registrate nel mondo occidentale. L'incidenza è di 300 mila morti l'anno sia in Europa che negli Stati uniti. Tali eventi colpiscono nella maggioranza dei casi soggetti apparentemente sani, più frequentemente al di fuori delle strutture ospedaliere (proprio domicilio, luoghi di lavoro, strutture ricreative, luoghi pubblici eccetera). Spesso, alla base dell'arresto di cuore vi è la malattia coronarica (misconosciuta o asintomatica), ma anche altre patologie del cuore o di altri organi possono evolvere improvvisamente ed inaspettatamente in questa complicanza letale, così come l'uso o l'abuso di alcuni farmaci e droghe.
La causa più frequente dell'arresto cardiocircolatorio è un'aritmia ventricolare, detta fibrillazione ventricolare, che interrompe istantaneamente la funzione di pompa del cuore e determina l'arresto della circolazione, lesioni cerebrali e la morte nel giro di pochissimi minuti. In questo caso, il muscolo cardiaco, invece di contrarsi regolarmente, vibra in modo parossistico e la circolazione si arresta. Per i successivi quattro minuti, gli organi consumano la riserva di ossigeno di cui dispongono, ma, se il circolo non riparte, cominciano a morire. Come è noto, il primo a rimetterci è il cervello. Dopo quattro minuti di mancata ossigenazione, cominciano i danni irreversibili. Per ogni minuto dopo il collasso senza un adeguato intervento, le possibilità di rimanere in vita diminuiscono del 10 per cento.
Questa aritmia è spesso suscettibile di cura, purché attuata nel giro di una manciata di minuti: la defibrillazione elettrica, eventualmente coadiuvata dalle manovre rianimatorie di base, ossia dal massaggio cardiaco e dalla ventilazione, e successivamente da quelle avanzate. Ove attuato accuratamente e tempestivamente, questo tipo di soccorso permette una sopravvivenza del 15-20 per cento o più, contro lo zero per cento della sopravvivenza spontanea. Il risultato è dunque fortemente influenzato dal fattore tempo. Già dagli anni Ottanta esisteva anche la dimostrazione dell'efficacia, in termini di salvataggio di vite umane, dell'utilizzo dei particolari defibrillatori semiautomatici da parte del personale non sanitario, opportunamente addestrato.
Sono palesi, dunque, le ragioni che ci muovono a sostenere la normativa che ci Pag. 14accingiamo ad approvare. Essa risponde, per un verso, alla necessità di accorciare i tempi d'intervento della rianimazione cardiopolmonare per prevenire il danno tossico cerebrale e, per l'altro, a garantire la preparazione dei soccorritori non medici. I defibrillatori semiautomatici e automatici esterni di cui alla presente legge sono di facile impiego e per tale motivo possono essere utilizzati anche da soccorritori non medici, ma a condizione che gli stessi siano adeguatamente formati, come dispone la norma dell'articolo 2. Quest'ultimo prevede che, in conformità alle linee guida stabilite dall'accordo del 27 febbraio 2003 sancito, in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tra il Ministero della salute e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché in conformità alle linee guida internazionali vigenti in materia, i corsi hanno l'obiettivo di permettere l'utilizzo ed il funzionamento, in piena sicurezza, dei defibrillatori sulle persone colpite da arresto cardiocircolatorio.
La normativa attuale, non prevedendo linee guida nella formazione dei soccorritori non medici, ha determinato lo sviluppo di numerosi progetti di addestramento e di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni, in maniera frequentemente casuale e certamente senza sufficiente coordinazione. La mancanza di precisi riferimenti a contenuti scientifici dei corsi di formazione per i soccorritori non sanitari, alla durata degli stessi e alle modalità di attuazione pratica e di verifica dell'apprendimento ha talora determinato la formazione di soccorritori con diversi livelli di capacità di intervento. Questo sviluppo a macchia di leopardo di numerosi progetti di defibrillazione ha comportato un enorme impiego di denaro pubblico e privato, senza che a ciò corrispondesse un efficace intervento sul territorio.
È per tale motivo che il testo unificato in esame prevede, al comma 2 dell'articolo 2, che le università e le organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro operanti nel settore dell'emergenza e del soccorso che dispongono di una rete di formazione, provvedano, previo accreditamento ed in collaborazione con le regioni, le aziende sanitarie locali ed ospedaliere e le centrali operative del sistema di emergenza 118, alla realizzazione dei corsi di formazione e di addestramento. Inoltre, per garantire l'aggiornamento periodico del soccorritore non medico, si prevede, all'articolo 3, che il rinnovo della certificazione di idoneità all'utilizzo in ambiente extraospedaliero dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni debba avvenire non oltre sei mesi dalla sua scadenza, previa verifica del permanere delle necessarie competenze teoriche e pratiche.
I defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni rappresentano un aiuto sostanziale per evitare agli infortunati danni neurologici severi, il coma o la morte, qualora non si intervenga con un'azione immediata dal momento della perdita di conoscenza, in considerazione del fatto che, se trascorrono più di dieci minuti dal momento dell'arresto cardiaco, il rischio di danni gravi è altissimo. La diffusione capillare di defibrillatori semiautomatici e automatici esterni, congiuntamente ad una accurata preparazione dei soccorritori non medici, ha come finalità quella di far sì che l'Italia non rimanga indietro su temi basilari come quelli che riguardano la vita di migliaia di persone nonché quella di promuovere ed elevare la cultura e l'attenzione nel nostro paese sulle malattie cardiovascolari. Basti pensare che, ancora oggi, alcuni medici continuano a sostenere che certe operazioni di soccorso possano essere attuate solamente dal personale medico, laddove, in altri paesi, si riesce a salvare molte vite umane grazie ad una generalizzata attività di formazione in ordine agli interventi di soccorso basilari.
Consideriamo opportuno, quindi, sostenere parallelamente un'azione culturale ad ampio raggio, anche attraverso i mezzi di comunicazione, al fine di diffondere una diversa mentalità sugli interventi di soccorso in situazione di emergenza. Sarà necessario un forte impegno affinché in Italia si ottenga una maggiore diffusione della cultura della prevenzione, della solidarietà, Pag. 15del trattamento precoce ed efficace della sindrome di morte improvvisa attraverso una tempestiva rianimazione, per diminuire il numero delle vittime che miete ogni anno l'arresto cardiaco.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ulivi. Ne ha facoltà.
ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, signori sottosegretari, onorevoli colleghi, la morte cardiaca improvvisa rappresenta il 20 per cento di tutte le morti registrate nel mondo occidentale. Si verificano circa 300 mila morti all'anno per questa causa sia in Europa che negli Stati Uniti. È dimostrato che somministrare una rianimazione cardio-polmonare nei primi minuti successivi ad un arresto cardiaco dimezza la probabilità di decesso della vittima. Oggi il primo trattamento dell'emergenza aritmica, ed in particolare dell'arresto cardiaco, non viene procrastinato all'arrivo in ospedale, ma deve essere attuato sul luogo dove avviene l'evento. In caso di arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare, la defibrillazione elettrica rappresenta l'unico presidio terapeutico efficace, purché tale intervento avvenga entro cinque-sei minuti dal verificarsi dell'evento. I programmi di defibrillazione precoce, con la possibilità di utilizzare il defibrillatore semiautomatico esterno anche da parte dei cittadini adeguatamente addestrati, ha aumentato la sopravvivenza in maniera incredibile fino al 40 per cento. In Italia sono stati avviati numerosi progetti locali, aumentando la sopravvivenza all'arresto cardiaco al 20 per cento. Alleanza Nazionale è da sempre molto sensibile a questa problematica e lo dimostra la legge che porta il nome del senatore Monteleone, nonché la proposta di legge recentemente presentata dall'onorevole Castellani, che, insieme a quella dell'onorevole Di Virgilio, ha portato al testo al nostro esame.
Queste semplici considerazioni dimostrano l'importanza e l'utilità della legge in esame, che individua i luoghi, le strutture, i mezzi di trasporto da dotare dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni, cioè in ambiente extraospedaliero. Molto importante è l'articolo 2, che stabilisce come e da chi devono essere organizzati i corsi di formazione e di addestramento. L'articolo 3 prescrive che al termine dei corsi sia rilasciata una certificazione di idoneità all'utilizzo dei DAE, che la stessa sia nominativa ed abbia la durata di diciotto mesi. Sulla durata di diciotto mesi in Commissione è stata svolta un'ampia discussione ed io stesso ho presentato un emendamento per ridurla a dodici mesi. Il rinnovo della certificazione di idoneità all'utilizzo nell'ambiente extraospedaliero dei DAE deve avvenire non oltre sei mesi dalla sua scadenza.
Credo che la possibilità di detrarre le spese sostenute per l'acquisto di defibrillatori semiautomatici ed automatici extraospedalieri fino ad un importo di 1.000 euro possa aiutare notevolmente il posizionamento di questi strumenti nei luoghi indicati. Su questa legge, che completa la legge n. 120 del 3 aprile 2001, credo quindi che si possa esprimere un parere certamente favorevole.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Di Virgilio.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Rinuncio alla replica, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Intanto ringrazio i deputati intervenuti in questo dibattito, certamente positivo non solo per il clima, ma soprattutto per la soluzione che si intende dare con questa proposta di legge, che, voglio ricordarlo, è di iniziativa parlamentare. Ciò significa che il Parlamento, Pag. 16in sinergia in questo caso con il Governo, è in grado di dare risposte puntuali ad un problema che, com'è stato evidenziato, è di notevole gravità. Si è detto infatti come 60 mila cittadini muoiano ogni anno a causa di questo problema. Questo è dunque un dato su cui davvero bene ha fatto il Parlamento a riflettere.
Il dibattito che vi è stato in Commissione ha registrato l'unanimità: non soltanto in Commissione affari sociali, ma anche in Commissione bilancio, ai cui lavori ho partecipato e dove il Governo si è premurato di trovare la necessaria copertura. Sul merito del provvedimento, interverrà in sede di esame degli articoli del provvedimento il collega Gaglione, il quale ha seguito specificatamente questo problema.
A me preme sottolineare semplicemente l'impegno del Governo a sostenere questa iniziativa e a fare in modo che ad essa si dia la più ampia diffusione, nonché l'impegno a coordinare con le regioni gli interventi di formazione, perché è vero che la laicità dei soccorritori comporta l'esigenza di un minimo di formazione, sebbene i defibrillatori abbiano un certo grado di automatismo, che in un certo senso ne facilita l'utilizzazione.
Infine mi preme sottolineare come la legge n. 120 del 2001, anche quella di iniziativa parlamentare, porti la firma - mi sia consentito dirlo - di un senatore lucano, medico; si tratta di una legge che, superando quelle diatribe inutili tra i sostenitori dell'uso soltanto da parte dei medici e i sostenitori dell'uso anche da parte di altri, è stata applicata, ma solo parzialmente. Adesso invece, puntualmente, l'onorevole Di Virgilio e l'onorevole Castellani hanno ritenuto di proporre una modifica normativa, che si è resa necessaria per rendere sempre più diffuso l'uso dei defibrillatori.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 15,55.
Discussione della proposta di legge: Contento: Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale (A.C. 782-A); e degli abbinati progetti di legge Ascierto; d'iniziativa del Governo (A.C. 809-1967).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa del deputato Contento: Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale; e degli abbinati progetti di legge d'iniziativa del deputato Ascierto; d'iniziativa del Governo.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 782-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Palomba, ha facoltà di svolgere la relazione.
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario di Stato, onorevoli colleghi, il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea è volto a colmare un vuoto normativo che limita significativamente l'attività di indagine della magistratura, privandola di un importante mezzo di ricerca della prova. Il vuoto normativo si è creato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 9 luglio 1996, che ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 224, secondo comma, del codice di procedura penale nella parte Pag. 17in cui consentiva al giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, di disporre misure che incidevano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste, nei casi e nei modi, dalla legge.
In particolare, in assenza di una legge che disciplini specificamente la materia, è venuta meno la possibilità di effettuare accertamenti quali il prelievo di materiale biologico al fine della individuazione del profilo genetico dell'individuo e del successivo raffronto con il profilo genetico ricavato dalle tracce del reato.
Il provvedimento in discussione si occupa prevalentemente delle situazioni nelle quali non vi sia il consenso della persona offesa e disciplina minuziosamente tutti i casi in cui è possibile procedere agli accertamenti tecnici.
Resta un punto da specificare meglio, ossia quale possa essere la disciplina nel caso di consenso da parte della persona interessata. Ritengo che il Comitato dei nove potrà esprimersi proficuamente a questo riguardo, anche al fine di verificare la possibilità di avanzare all'Assemblea proposte in merito.
Nel 2005 il legislatore è parzialmente intervenuto su tale argomento, in occasione dell'introduzione di nuove norme di contrasto al terrorismo, prevedendo che il prelievo obbligatorio di saliva o capelli, anche in mancanza di consenso dell'interessato, sia possibile ma ai soli fini identificativi della persona nei cui confronti le indagini sono svolte e non già a fini probatori. Inoltre, alla polizia giudiziaria è stato dato il potere di procedere a prelievi di capelli e saliva sia nei confronti dell'indagato, sia nei confronti di persona non sottoposta ad indagini - ad esempio, persona offesa o testimone - quando il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente ovvero quando non ha ancora assunto la direzione delle indagini e sempre nel rispetto del presupposto che vi debba essere pericolo che le cose, tracce e luoghi indicati dall'articolo 354, comma 1, si alterino o si disperdano o, comunque, si modifichino.
Tali disposizioni, comunque, non sono sufficienti a colmare il vuoto normativo di cui sopra, per cui appare necessario un intervento riparatore del legislatore.
Il provvedimento elaborato dalla Commissione giustizia è finalizzato proprio ad introdurre nel codice di rito una disciplina per il compimento, su persone viventi, di prelievi di campioni biologici o accertamenti medici che possa costituire un corretto bilanciamento tra le esigenze del processo e l'inviolabilità della libertà personale dell'individuo, garantita dall'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
Prima di descrivere il testo, in qualità di relatore, ritengo opportuno effettuare una precisazione di natura regolamentare sulla mancata adozione del disegno di legge del Governo quale testo base, come invece solitamente avviene quando tra i progetti di legge abbinati si trovi anche un disegno di legge governativo e come lo stesso relatore avrebbe preferito. Si è trattato non di una scelta dettata da valutazioni critiche sul merito del provvedimento quanto, piuttosto, della conseguenza del fatto che questo è stato presentato quando la Commissione era già passata alla fase dell'esame delle proposte emendative presentate alla proposta di legge n. 782, d'iniziativa dell'onorevole Contento, alla quale era stata abbinata, nel frattempo, la proposta di legge d'iniziativa dall'onorevole Ascierto. Tuttavia, il testo che la Commissione ha elaborato recepisce in gran parte le indicazioni contenute nel disegno di legge del Governo. Inoltre, esso è il risultato di un lavoro che ha coinvolto, con il medesimo spirito costruttivo, i deputati di maggioranza e di opposizione della Commissione ed i rappresentanti del Governo. Si tratta, quindi, di un testo sostanzialmente condiviso e aperto a tutti i miglioramenti tecnici che potranno risultare necessari anche a seguito dell'esame da parte dell'Assemblea.
Sicuramente sarà necessario procedere ad alcuni aggiustamenti di natura formale e di coordinamento del testo, che per una semplice lettura sostanziale si è preferito riservare all'Assemblea.Pag. 18
Il provvedimento si compone di sei articoli. L'articolo 1 stabilisce i presupposti necessari per l'adozione dei provvedimenti del giudice con cui si dispongono le perizie che richiedono il compimento di atti incidenti sulla libertà personale delle persone, comportando prelievi o accertamenti coattivi.
Sono previste due diverse discipline a seconda che si tratti di indagato o di imputato ovvero di persona diversa. La prima scelta è stata quella di delimitare o meno la portata applicativa dei predetti mezzi di ricerca della prova. Secondo le linee tracciate dalla predetta sentenza della Corte costituzionale, si è ritenuto di fissare dei paletti ben precisi entro i quali la magistratura possa muoversi. In primo luogo, si è stabilito di limitare lo strumento di prova in questione ai soli casi in cui si proceda per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, ovvero qualora si tratti di delitto per il quale sia espressamente prevista dalla legge tale possibilità.
Il secondo requisito necessario per disporre l'accertamento è quella dell'assoluta indispensabilità dello stesso al fine della prova dei fatti: deve trattarsi, quindi, di un fine non diversamente perseguibile.
Si sono poi descritti i tipi di prelievo da effettuare ai fini della determinazione del profilo del DNA, individuandoli nel prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale come accertamenti preferenziali. In tutti questi casi, il giudice, anche d'ufficio, può disporre con ordinanza motivata l'esecuzione della perizia coattiva.
Il soggetto sottoposto ad essa può farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia, in mancanza del quale dovrà essere nominato un difensore d'ufficio, considerato che l'atto è nullo se la persona sottoposta a prelievo o ad accertamento non è assistita da un difensore.
Sempre con finalità garantista, si è previsto che l'ordinanza debba essere motivata, dovendo indicare specificatamente, oltre che il prelievo o l'accertamento da effettuare, le ragioni che lo rendono assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. Nell'ordinanza, tra l'altro, deve essere dato avviso che, in caso di mancata comparizione non dovuta ad un legittimo impedimento, nei confronti della persona che vi si deve sottoporre potrà essere ordinato l'accompagnamento coattivo. Deve anche essere indicato il luogo, il giorno e l'ora stabiliti per il compimento dell'atto e le relative modalità.
Al fine di ridurre al minimo indispensabile l'aggressività dell'accertamento, si è ritenuto opportuno specificare espressamente che non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastino con espressi divieti disposti dalla legge o che possano mettere in pericolo la vita, l'integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che secondo la scienza medica possano provocare sofferenze di non lieve entità. In ogni caso, a parità di risultato il giudice deve prescegliere le tecniche meno invasive e più rispettose della dignità e del decoro della persona, le quali comunque devono essere eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto.
Con apposita disposizione da introdurre nel codice di procedura penale, si prevede che le disposizioni di cui sopra si applichino anche nei confronti di persona non indagata o non imputata, in quanto applicabili. In tale caso, la persona può essere accompagnata o assistita da un esperto o da persona di fiducia.
L'articolo 2 riprende l'articolo 3 del disegno di legge del Governo, avente ad oggetto i casi in cui alle operazioni di prelievo procede il pubblico ministero. Per evitare qualsiasi possibile dubbio interpretativo, si è voluto comunque precisare che rimane fermo quanto disposto dall'articolo 349, comma 2-bis, circa gli accertamenti che possono essere effettuati ai fini identificativi dalla polizia giudiziaria.
Per quanto attiene alla disciplina che si intende introdurre, si prevede che, nel caso in cui il pubblico ministero intenda procedere a consulenza tecnica che presuppone il prelievo coattivo di materiale biologico, ai fini della determinazione dell'impronta genetica dell'individuo, richiede Pag. 19l'autorizzazione al giudice per le indagini preliminari, il quale provvede con ordinanza che deve avere il medesimo contenuto di quello sopra delineato per il giudice.
Si è prevista, inoltre, una procedura d'urgenza calibrata sulla base di quanto previsto dall'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. Il pubblico ministero, pertanto, nei casi d'urgenza, quando vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave e irreparabile danno per le indagini, può disporre lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato. Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell'eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e, comunque, entro le settantadue ore successive, dandone immediatamente avviso al pubblico ministero e al difensore. In caso di mancata osservanza dei presupposti e dei tempi stabiliti dalla norma, si è prevista espressamente l'inutilizzabilità del prelievo.
Gli articoli 3, 4 e 5 prevedono alcune modifiche al codice di procedura penale che possono essere considerate di coordinamento con quanto previsto dai primi due articoli del provvedimento in esame.
L'articolo 3 riprende l'articolo 1 del disegno di legge. Con esso si modifica l'articolo 133 del codice di procedura penale, avente ad oggetto l'accompagnamento coattivo di persone diverse dall'imputato. Considerato che il prelievo obbligatorio potrebbe essere disposto anche nei confronti di un soggetto non indagato né imputato, attraverso l'integrazione dell'articolo 133, già richiamato, si può disporre l'accompagnamento coattivo di qualsiasi persona sottoposta all'esame del perito che sia diversa dall'imputato. Per l'accompagnamento coattivo dell'imputato è previsto l'articolo 132.
La modifica al codice in esame è applicabile a qualsiasi esame disposto da un perito e non solo alle perizie previste dal provvedimento oggi in esame. Come è dato conto nella relazione del Governo, con la modifica all'articolo 133 del codice di procedura penale, si mira a rendere esplicito il potere del giudice di disporre l'accompagnamento coattivo della persona sottoposta all'esame del perito diversa dall'imputato. Invero, per quest'ultimo, già provvedono gli articoli 399 e 490 del codice di procedura penale. Tale potere veniva in precedenza desunto dalla norma di cui all'articolo 224, comma 2, del codice di procedura penale poi dichiarata incostituzionale, sicché tale regolamentazione appare necessaria alla luce del vuoto normativo.
Sul punto va altresì precisato che già l'attuale formulazione dell'articolo 224 del codice di procedura penale contempla il caso in cui la perizia si svolga nei confronti di soggetti diversi dall'imputato indagato, allorquando, al comma 2 del medesimo articolo, è prevista da parte del giudice la citazione del perito e l'adozione di opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all'esame del perito stesso.
L'articolo 4 è diretto a modificare l'articolo 354, comma 3, del codice di procedura penale, sopprimendo l'ultimo periodo. Anche in questo caso si tratta di una disposizione tratta dal disegno di legge del Governo adottata nell'ottica di rendere coerente al rispetto del dettato costituzionale la disciplina del prelievo obbligatorio a fini investigativi o di prova.
L'articolo 5, che riproduce l'articolo 4 del disegno di legge, opera sull'articolo 392, comma 2, del codice di procedura penale, che ha per oggetto la disciplina dei casi in cui è ammesso l'incidente probatorio per l'espletamento di una perizia. Si è stabilito pertanto che, a tale eccezionale strumento di anticipazione nella raccolta della prova durante la fase delle indagini preliminari si possa fare ricorso non più solo nei casi in cui sia necessario procedere a perizia, che, se disposta in dibattimento, importerebbe la sospensione dello stesso per un periodo superiore a 60 giorni, ma anche nel caso in cui si intenda richiedere al giudice l'espletamento della perizia per la quale risulta necessario Pag. 20procedere al prelievo di campioni biologici o ad accertamenti medici su persona vivente.
L'articolo 6 introduce tre nuovi articoli delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
L'articolo 72-bis è diretto ad individuare i soggetti che possono validamente esprimere il consenso ovvero negarlo, nel caso in cui la persona da sottoporre al prelievo di campioni biologici o agli accertamenti medici si trovi in stato di incapacità legale o naturale. Qualora poi le persone indicate per esprimere il consenso o il dissenso manchino o non siano reperibili o siano in conflitto di interesse con la persona interessata, il consenso è prestato da un curatore speciale nominato dal giudice.
L'articolo 72-ter contiene un richiamo esplicito alle modalità di documentazione degli atti previsti dal codice di procedura penale e fissa un obbligo a carico di volta in volta del giudice, del perito, ovvero del consulente tecnico o del pubblico ministero di menzionare espressamente nel verbale il consenso prestato dalla persona interessata.
L'articolo 72-quater disciplina la sorte dei campioni biologici prelevati, i quali, a seguito all'esito della perizia o della consulenza tecnica, sono immediatamente distrutti, salvo che non si ritenga la conservazione assolutamente indispensabile. La distruzione è effettuata a cura del consulente o del perito che ha proceduto alle relative analisi che ne redige un verbale da allegare agli atti. Dopo la definizione del procedimento con decreto di archiviazione o dopo che è stata pronunciata sentenza non più soggetta ad impugnazione, la cancelleria procede, in ogni caso e senza ritardo, alla distruzione dei campioni biologici prelevati.
La Commissione, in considerazione della mancanza di una copertura finanziaria, ha ritenuto di sopprimere dal testo base le disposizioni relative all'istituenda banca dati per la raccolta e la gestione dei prelievi di materiale biologico finalizzato all'analisi e al confronto del DNA. Si tratta di un tema estremamente serio che necessita di un intervento normativo specifico, accompagnato da una approfondita riflessione che tenga conto anche delle conseguenze di una utilizzazione strumentale dei dati ivi raccolti. Su tale tema, il Governo, comunque, ha preannunciato la presentazione di uno specifico disegno di legge (Applausi).
PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, signor rappresentante del Governo, come è noto, la presentazione della proposta di legge in discussione, nel testo base adottato dalla Commissione Giustizia, si è resa necessaria, poiché, a dieci anni dalla sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 9 luglio 1996, non era stato ancora colmato il vuoto normativo che aveva privato l'autorità giudiziaria della facoltà di effettuare, anche a mezzo di perizia, il prelievo di materiale biologico volto all'individuazione del profilo genetico dell'individuo da raffrontare poi con il profilo genetico ricavato dalle tracce del reato.
In particolare, la Corte costituzionale, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale, aveva affermato che nessun rilievo peritale del menzionato genere si sarebbe potuto disporre da parte del giudice fino a quando il legislatore non fosse intervenuto ad individuare le tipologie di misure restrittive della libertà personale, nonché a precisare i casi ed i modi nei quali le stesse potessero essere adottate.
Ebbene, passati dieci anni dalla pronuncia in questione risulta ora necessario il vuoto normativo recato dalla stessa, recuperando un mezzo di ricerca della prova che oggi rappresenta un momento irrinunciabile laddove si vogliano utilizzare nella loro pienezza tutte le potenzialità offerte dalle investigazioni scientifiche. Ciò peraltro, tanto più in considerazione Pag. 21di come il quadro di riferimento scientifico rispetto ai tempi della menzionata pronuncia della Corte costituzionale si sia profondamente mutato, essendosi nel frattempo consolidati tecniche e metodi che permettono l'estrazione del profilo genetico, utile ai fini dell'investigazione, anche da ridotte quantità di materiale biologico e tramite interventi perlopiù incruenti e comunque non invasivi.
Ed allora, in tale contesto, l'intervento legislativo oggi all'esame della Camera dei deputati, rappresenta senz'altro un passo importante al fine di dotare il nostro ordinamento, nella direzione indicata dalla pronuncia della Corte costituzionale, di uno strumento assai efficace ed idoneo a garantire maggiore certezza giuridica nella fase di costituzione della prova investigativa e processuale.
Ciò premesso in linea generale, nel merito del provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea riteniamo, come gruppo dei Comunisti italiani, un fatto positivo che, nell'introduzione dell'artico 224-bis del codice di procedura penale, la possibilità per il giudice di disporre, anche d'ufficio, l'esecuzione coatta di atti idonei ad incidere sulla libertà personale sia stata ancorata alla necessità di procedere per delitti consumati o tentati per i quali la legge stabilisca la pena dell'ergastolo e della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni. Tale previsione va nella direzione da noi auspicata, nel senso di circoscrivere l'applicazione per i reati più gravi.
A tale proposito si prende peraltro favorevolmente atto di come il testo licenziato dalla Commissione giustizia abbia sposato appieno la linea di sviluppo espressa dal gruppo dei Comunisti italiani, mediante la presentazione di apposito emendamento, innanzitutto in ordine all'inopportunità dell'applicazione di sanzioni penali in caso di immotivato rifiuto da parte del soggetto per cui sia stato disposto l'accompagnamento coattivo di collaborare all'esecuzione di un atto indispensabile per lo svolgimento di una perizia.
Valutiamo, altresì, positivamente il fatto che l'ordinanza del giudice che dispone la citata esecuzione coattiva debba essere adeguatamente motivata a tutela del soggetto coinvolto, mediante l'indicazione del reato per cui si procede, mediante la descrizione sommaria del fatto, nonché mediante l'indicazione specifica del prelievo o dell'accertamento da effettuare e delle ragioni che lo rendano assolutamente indispensabile per l'accertamento del fatto. Il tutto, peraltro, nel contesto di operazioni da effettuarsi comunque nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi sia sottoposto, con uso dei mezzi di coercizione ridotto al minimo indispensabile e consentito per il solo tempo strettamente necessario all'esecuzione del prelievo e dell'accertamento, come previsto dal testo in esame.
Infine, appare opportuna la previsione, contenuta nella proposta di legge, di una procedura di urgenza ad iniziativa del pubblico ministero per tutti i casi in cui non vi sia il consenso della persona da sottoporre alle operazioni di prelievo e vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini.
In tale contesto, la previsione dell'obbligo di richiesta di convalida da parte del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminare nelle 48 ore successive all'esecuzione coattiva si ritiene idonea ad evitare eventuali abusi nell'utilizzo di strumenti indubbiamente idonei ad incidere sensibilmente sulla libertà personale.
Alla luce di tutte le suesposte argomentazioni concludo osservando come la proposta di legge in esame rappresenti un elemento indubbiamente positivo per il nostro paese, poiché idonea da una parte a colmare un vuoto normativo durato oltre dieci anni, dall'altra a dotare l'ordinamento di un efficace mezzo investigativo, dotato di un assai elevato grado di affidabilità ai fini dell'identificazione di un individuo. Va da sé che, laddove si riuscirà a garantire, come si ritiene che detta proposta di legge consentirà di fare, che l'applicazione delle modalità di accertamento in esame non dia luogo ad ingiustificate compressioni della libertà personale dei cittadini o ad invasivi trattamenti, Pag. 22la legge in questione non potrà che essere valutata in modo del tutto favorevole, ovvero come un provvedimento imprescindibile per una giustizia efficace e moderna.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'intervento normativo proposto incide sulla delicata materia del prelievo obbligatorio di materiale biologico su persone viventi non consenzienti volto all'individuazione del profilo genetico dell'individuo a fini di prova nel processo penale.
Il provvedimento si è reso necessario perché sono passati, ormai, più di dieci anni dalla sentenza della Corte costituzionale 9 luglio 1996, n. 238, senza che sia stato colmato il vuoto legislativo che priva l'autorità giudiziaria della facoltà di effettuare, anche a mezzo di perizia, il prelievo obbligatorio di materiale biologico per la determinazione del DNA di persone viventi che non hanno prestato il loro consenso, da raffrontare con il profilo genetico ricavato dalle tracce del reato a fini investigativi o di prova.
Con la menzionata decisione la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 224, comma 2, del codice di procedura penale «nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei "casi" e nei "modi" dalla legge». I progetti di legge in esame propongono di disciplinare, mediante un provvedimento legislativo, i predetti casi e modi.
Si punta, quindi, a recuperare un mezzo di ricerca della prova che oggi è sicuramente irrinunciabile se si vogliono utilizzare tutte le potenzialità offerte dalle investigazioni scientifiche. Infatti, il test del DNA rappresenta uno dei più importanti ed utili strumenti attualmente a disposizione della scienza forense per l'identificazione degli autori dei reati. Tale prova ha fatto ingresso nel processo penale statunitense nel 1987 e, da allora, è utilizzata come base per la formulazione dell'imputazione contro ignoti. Negli Stati Uniti, il test è molto utilizzato addirittura nel post-conviction, successivamente alla condanna, per ottenere una revisione, una verifica successiva di presupposti fondati su elementi scientificamente inattendibili.
Per quel che riguarda il contenuto del provvedimento, sono state individuate alcune garanzie che vanno ad affiancare il lavoro del pubblico ministero e del giudice. Innanzitutto, è stato stabilito un limite di pena, affinché la misura non sia applicata in modo indiscriminato, contro la volontà della persona, anche quando vengono in rilievo reati di minore importanza (non dico bagatellari). Inoltre, è previsto che la perizia sia disposta non dal pubblico ministero, bensì da un giudice (il giudice per le indagini preliminari), ed abbia luogo un incidente probatorio di cui all'articolo 392 del codice di procedura penale.
Sono stati individuati anche alcuni elementi che debbono accompagnare tanto la richiesta del pubblico ministero quanto l'ordinanza del giudice che dispone l'esecuzione della perizia. Innanzitutto, sono necessarie l'identificazione del soggetto e la descrizione sommaria del fatto. Inoltre - e la previsione è molto importante - l'ordinanza deve contenere l'indicazione specifica delle ragioni che rendono assolutamente indispensabile il mezzo di prova per l'accertamento dei fatti. Poiché la dizione della disposizione è generica - il legislatore non può individuare i presupposti in modo specifico -, sarà fondamentale, al riguardo, l'interpretazione della giurisprudenza.
Il gruppo di Forza Italia aveva presentato un emendamento - che è stato respinto in Commissione e che auspichiamo possa essere valutato favorevolmente dall'Assemblea - che prevedeva, tra questi presupposti, anche la presenza di gravi indizi di colpevolezza. Infatti, l'utilizzo di questo mezzo di ricerca della prova - che, evidentemente, non può essere considerato Pag. 23tra quelli invasivi, ma tra quelli che incidono sulla libertà personale - necessita sicuramente di un filtro, come appunto la valutazione della presenza di gravi indizi di colpevolezza.
Inoltre, è stata prevista un'ipotesi di urgenza, da attivarsi attraverso un decreto del pubblico ministero, che il giudice dovrà convalidare nelle successive 48 ore. Ciò comporta il sacrificio del provvedimento giudiziale, ma consente, nell'ipotesi in cui non si possa ottenere immediatamente l'ordinanza del giudice, di non disperdere la prova.
Vi sono alcuni aspetti che occorre rimarcare. Ad esempio, la mancata distinzione, ai fini della modalità applicativa, tra soggetto indagato e soggetto non indagato. Chiaramente, se si possono sacrificare alcune garanzie a fronte di un soggetto indagato nei confronti del quale vi siano indizi di colpevolezza o un fumus di notizia di reato, nel caso in cui il soggetto non sia indagato e non presti il consenso non si possono porre alla base del provvedimento giudiziale le medesime condizioni.
Inoltre, vi è una norma che prevede la distruzione dei prelievi eseguiti una volta terminata la perizia. Teniamo conto che, in buona parte dei casi, siamo nella fase delle indagini preliminari, pertanto occorre riflettere sull'urgenza di effettuare una distruzione, in quanto può sorgere l'esigenza di ritornare su quegli elementi. Pertanto, una distruzione prevista per legge, che sicuramente garantisce il soggetto che è stato sottoposto al prelievo, può compromettere un nuovo esame su tali reperti.
Infine - su questo profilo si è già espresso il relatore -, occorre sottolineare l'aspetto relativo alla banca dati del DNA. Ricordo che nel primo provvedimento sottoposto l'attenzione della Commissione giustizia, la proposta di legge Contento, era contenuta una norma che evidenziava la necessità di creare la banca dati del DNA, rimandando poi ad un regolamento gli adempimenti esecutivi.
Ieri Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo, una sorta di grido d'allarme, intitolato: «DNA, banche dati, senza legge», evidenziando la contraddizione esistente a fronte di una situazione nella quale il Parlamento affronta e disciplina una materia, attendendo tuttavia che il Governo licenzi il provvedimento di disciplina della banca dati del DNA. Si rischia - ma siamo ancora in tempo per cercare di trovare una disciplina comune - di effettuare un buon lavoro, che però può essere incompleto.
Il Sole 24 Ore cita anche una dichiarazione del Garante della privacy, il professor Pizzetti, il quale evidenzia come anche una struttura simbolo delle nuove frontiere investigative, come il RIS di Parma, senza una normativa sulle banche dati rischi di muoversi oggi in uno spazio extra legem.
Ricordo, tra l'altro, che l'Italia ha recentemente aderito anche ad un trattato internazionale che rende automatico, tra i paesi dell'Unione europea, l'accesso alle banche dati del DNA. Sono numerosi, tra i ventisette Stati membri dell'UE, i paesi che hanno sottoscritto tale accordo, proprio per agevolare uno scambio di documenti. Sussiste il rischio, quindi, che l'Italia si trovi, sotto questo profilo, ad essere anche inadempiente nei confronti di altri paesi europei.
Mi rendo certamente conto delle difficoltà che il Governo incontra nella ricerca del migliore equilibrio possibile, nonché dei necessari pesi e dei contrappesi, in una materia così delicata; tuttavia, ritengo opportuno riuscire ad affrontare tale problema in modo compiuto e completo.
Vorrei tornare un attimo sulla questione che mi sta particolarmente a cuore, vale a dire l'eliminazione della condizione di affinità tra soggetto indagato e persona non indagata. La mia analisi muove proprio dall'esperienza statunitense, nell'ambito della quale il prelievo coattivo è rigidamente regolato. Rilevo che, anche in questo caso, si prevede non solo la necessaria autorizzazione di un magistrato, ma anche la sussistenza di una probable cause. Si tratta della probabilità esistente quando Pag. 24gli elementi raccolti fanno ritenere che un reato sia stato commesso dalla persona nei cui confronti è emesso il mandato.
La giurisprudenza ha successivamente verificato che forse tale elemento era troppo restrittivo e, quindi, si è giunti a ritenere sufficiente il legittimo sospetto (dunque, un grado inferiore alla probabilità). Tuttavia, doveva comunque sussistere la necessità che il soggetto fosse in qualche modo coinvolto nell'indagine: nel nostro caso, si può sicuramente prevedere che si tratti di un soggetto iscritto nel registro degli indagati.
Diverso, invece, è il caso in cui il soggetto non sia consenziente all'esecuzione dell'esame del DNA, ma magari gli investigatori, nell'ambito delle indagini, cercano di ottenere campioni testabili non direttamente dall'indagato (con o senza il suo consenso), bensì da altre fonti. Pensiamo, ad esempio, alla sottrazione di un bicchiere dove ha bevuto l'indagato, come è capitato spesso. In tal caso, infatti, il soggetto indagato ha chiaramente abbandonato tale bicchiere, dimostrando di non preoccuparsi dei profili di privacy; pertanto, non si può parlare di assenza di consenso.
Ricordo che, sempre nell'esperienza statunitense, si è giunti addirittura ad emettere alcuni provvedimenti nei confronti di una persona di cui si conosceva non il nome anagrafico, ma solamente il codice genetico; in molti casi, ciò è stato compiuto per cercare di interrompere la prescrizione. Chiaramente, ciò non è valso a nulla, perché ci si è fermati di fronte alla giurisprudenza; in alcuni casi, tuttavia, si è tentato di emettere provvedimenti che potessero interrompere la prescrizione, giungendo alla persona in questione soltanto attraverso l'identificazione di un profilo genetico!
Questa esperienza si è successivamente rivelata molto importante. Desidero formulare tali considerazioni proprio per evidenziare quanto sia fondamentale questo strumento di indagine nel nostro paese. Segnalo, inoltre, il caso della post-convition, vale a dire l'esecuzione del test del DNA a fronte di condanne già comminate in assenza dell'esecuzione di tale esame. Vorrei infatti rilevare che, successivamente, sono state compiute nuove analisi sui reperti e si sono individuate situazioni diverse, arrivando, in alcune occasioni, anche a proclamare l'innocenza del soggetto condannato.
Pertanto, ritengo che il provvedimento in esame vada nella direzione giusta, poiché prevede sicuramente delle garanzie.
È stato presentato un emendamento, fortunatamente accolto dal relatore, come prima evidenziato anche dall'onorevole Crapolicchio, in base al quale si evita di comminare una sanzione penale a seguito del mancato consenso del soggetto. È chiaro che un conto è l'accompagnamento coattivo ed altro la sanzione penale, in quanto essa avrebbe presentato evidenti profili di incostituzionalità. Quindi, a fronte di tale norma e del conseguente rischio di incostituzionalità, bene ha fatto il relatore con la sua proposta emendativa a rimarcare tale difetto e a correggerlo.
A fronte di queste considerazioni, occorre considerare il testo in oggetto come sicuramente migliorabile. Auspichiamo che in sede di Comitato dei nove si possa procedere in tal senso e che il Governo in sede di Consiglio dei ministri licenzi quanto prima il testo relativo alla banca dati del DNA, in modo tale che si possa prevedere un percorso unitario tra provvedimenti che sicuramente presentano tratti in comune e che pertanto devono corrispondere ad una visione di insieme (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, il provvedimento che stiamo discutendo - è stato più volte rilevato, ma vale la pena ripeterlo - tende a colmare un ormai antico vuoto normativo, ovvero quello aperto dalla Corte costituzionale fin dal 1996 con la dichiarazione di illegittimità dell'articolo 224, secondo comma, del codice di procedura penale, rispetto all'articolo 13 Pag. 25della Costituzione. Fin qua direi che siamo tutti d'accordo. Da allora molte cose sono successe, perché ovviamente il 1996 non è l'oggi. Tra queste, vi è l'evoluzione delle tecniche di indagine legate all'analisi del DNA, ma anche il numero e la qualità delle informazioni che da esso sono ottenibili. Si potrebbe dire che nel periodo trascorso vi è stato un netto innalzamento della sensibilità dei dati.
È cambiato anche il contesto internazionale, perché saremmo ciechi se pensassimo che gli eventi del settembre 2001 e quanto ne è seguito non si riverberassero in prospettiva, in tendenza ed in potenza sulle scelte legislative, pur limitate in questa materia. Quindi, non commettiamo l'errore di considerare questo provvedimento solo puntualmente, come mera modifica tecnico-procedurale sui prelievi coattivi di materiale biologico a fini di accertamento processuale del reato e dell'efficienza dell'indagine. Infatti, per renderci conto delle implicazioni sul versante della libertà dei cittadini e del diritto alla riservatezza è sufficiente estendere lo sguardo a ciò che nel provvedimento non è presente, ma che invece in alcuni progetti di legge concorrenti è previsto o a quelle misure che comunque sono ritenute una naturale evoluzione della normativa, compresa quella in oggetto. Mi riferisco alle disposizioni - anch'esse citate da alcuni colleghi - relative alla conservazione ed ai limiti di utilizzo dei dati raccolti in questo modo.
Il riferimento è proprio alle banche dati che, come citavo prima, i colleghi ad esempio di Alleanza Nazionale vorrebbero istituire con regolamento ministeriale (è un po' poco, direi) e che invece il testo in discussione correttamente stralcia e di fatto rimanda ad un altro provvedimento, in qualche modo del Governo. Non dubito che su quel provvedimento molto avremo da discutere.
Infatti, dovremmo guardare con grande preoccupazione al fatto che, al di fuori di ogni regolamentazione legislativa, qualcosa di simile ad una banca dati (quello che manca in questo provvedimento) già esiste. Qualcuno faceva riferimento (diamo anche i numeri) ai quindicimila reperti o campioni oggi custoditi dal RIS di Parma.
L'urgenza di questo provvedimento, a mio avviso, si spiega, in tal modo, anche sulla base della necessità di colmare un vuoto normativo che induce a seguire procedure che, seppure apprestate con le migliori intenzioni, pongono, tuttavia, seri interrogativi. Dunque, sui temi che stiamo trattando e che tratteremo deve assolutamente imporsi il principio che è vietato tutto quanto non sia esplicitamente previsto e permesso dalla legge.
È difficilmente possibile, altrimenti, sfuggire a rischi che si spingono fino al timore - oggi ovviamente teorico; ma domando: fino a quando? - di una schedatura dei cittadini o di alcune particolari categorie. E se qualcuno ritiene che si esageri e che si sia, invero, molto lontani dalla possibilità di un rischio attuale, basti ricordare che un caso simile si è già verificato, come molti di voi sanno, in Gran Bretagna fin dal 2002, con grave imbarazzo, devo riconoscere, del Governo Blair.
È quindi, questo delle banche dati, un problema fortemente connesso alla materia sulla quale stiamo per legiferare; non è un caso che il Garante per la protezione dei dati personali sia intervenuto più volte su entrambi i versanti, sui limiti e le metodologie dell'accertamento (e, in particolare, su quello in esame) e sul problema della costituzione delle banche dati.
Quanto ci apprestiamo a compiere rappresenta dunque un primo passo; proprio perciò è necessario che sia compiuto con un'idea di futuro, con la consapevolezza dei passi ulteriori e dei rischi che questi comportano. Sono qui le ragioni per cui, differentemente dal parere espresso dal Consiglio superiore della magistratura sul disegno di legge del Governo, in questo momento, la distruzione del campione, salvo circostanze di assoluta indispensabilità, ad opera del perito e da esso certificata, non è un limite ma una necessità, almeno fino a quando non si interverrà specificamente sulla materia.
Anzi, l'assoluta indispensabilità ha già in sé una stringenza, tesa ad evitare la Pag. 26costituzione di esperienze (quale quella che citavo del RIS di Parma) per così dire un po' «fai da te». E giudicare, come fa il Consiglio superiore della magistratura, «facilmente fronteggiabili» i rischi di una schedatura di massa, mi sembra - lo dico con grande umiltà - un parere non sufficientemente attento al fatto che l'esperienza concreta del mondo ci insegna in realtà l'esatto contrario.
I rischi, che l'onorevole Costa rilevava per il diritto alla difesa, hanno un certo fondamento relativamente alla distruzione dei campioni; però, dobbiamo confrontarli con quelli, di cui ho lungamente parlato, assai maggiori che implicherebbe la conservazione in assenza di una normativa specifica, essendo in tal caso i campioni potenzialmente soggetti ad usi impropri, se non addirittura a successive manipolazioni.
Devo concludere invece confessando che trovo assai più convincente delle osservazioni espresse dal collega Costa l'idea di una eccessiva nonchalance con cui il testo in esame assimila il trattamento della persona imputata o indagata con quella che invece non lo è. L'ambito di applicazione della misura coattiva appare a me, almeno in questo senso, particolarmente ampia, forse troppo. Ma ritengo che, nel corso del proseguimento di questo dibattito, avremo in sede emendativa il tempo di porre rimedio, se possibile, ad eventuali lacune.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gambescia. Ne ha facoltà.
PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, vi sono almeno quattro motivi per ritenere questo provvedimento non solo opportuno ma anche necessario.
Il primo, ampiamente trattato dal relatore e poi ripreso negli interventi successivi dei colleghi, è che, finalmente, dopo dieci anni, mettiamo fine ad un 'buco' legislativo che non aveva più senso. Anzi, veramente non l'aveva neanche dieci anni fa; si sarebbe dovuto provvedere subito, e invece si è aspettato.
Devo osservare che dei tentativi, anche nella precedente legislatura - e ancora prima, nel 1998 -, sono stati fatti ma non sono andati a buon fine. Speriamo dunque questa volta di raggiungere il risultato.
Quindi, il provvedimento è una risposta alla sentenza della Corte costituzionale del 1996.
Il secondo buon motivo è che noi stiamo parlando di mezzi di prova. Noi non parliamo solamente del DNA. Abbiamo ovviamente discusso del DNA perché i massmedia, perché la cronaca, ci offre più motivi di attenzione su questo tema, ma il provvedimento riguarda anche accertamenti medici. Facciamo l'esempio della radiografia, per citare l'accertamento più comune.
Se ci riferiamo comunque solamente al DNA, noi siamo di fronte a un mezzo di prova che è diventato sempre più preciso, offre sempre maggiori possibilità di accertamento di responsabilità, ma anche di proscioglimenti, di restituzione della libertà a chi colpevole non è.
È uno strumento che si affina giorno per giorno, e dovevamo assolutamente creare una struttura giuridica entro la quale muoversi per ottenere il massimo dell'efficacia dal punto di vista investigativo ma, proprio perché è diventato uno strumento così preciso, e qualche volta va oltre anche la legislazione vigente, che rispettasse i diritti individuali, i diritti soggettivi.
Il terzo motivo è che noi ci dovevamo mettere in sintonia con l'Europa, e non solo perché adesso tra poco discuteremo della polizia europea, di come coordinarla, di quali ne siano i compiti, di come fare a trasmettere da polizia a polizia, nei diversi paesi, i risultati di indagine.
La criminalità non si ferma davanti a una sbarra, e quindi è chiaro che avevamo la necessità di cominciare a mettere in piedi un sistema che ci tenesse in Europa. L'Europa stessa ci ha sollecitato più volte in questo senso, e ci avrebbe quindi chiesto in modo più drastico di provvedere.
Il quarto motivo, che non è l'ultimo, è che si è ricondotto tutto, a proposito delle perplessità di molti colleghi sulla tutela dei Pag. 27diritti individuali (alcune le ho anch'io), che sono stati una preoccupazione di questo provvedimento, si riconduce tutto alla decisione del magistrato, e ad un magistrato terzo. Questo, in un sistema come il nostro che spesso, da questo punto di vista, è un po', diciamo, facilone, rappresenta invece, mi pare, una linea di rigore che credo il Parlamento intenda seguire.
Ma tutto questo probabilmente non basterà a dare un esito positivo alla legislazione che ci accingiamo a varare nella finalità, secondo noi che abbiamo discusso in Commissione, di dare sia grande riassicurazione alla collettività, sia grandi opportunità investigative, se poi la giurisprudenza non saprà creare pesi e contrappesi, in quei passaggi, sottolineati anche dagli interventi di altri colleghi, nei quali, come dire, il diritto individuale può cedere alla esigenza, alla richiesta della collettività di accertamenti che siano i più diffusi possibili, che vadano ad indagare anche dove non c'è neanche un sospetto, ma c'è una possibilità.
Tutto ciò dipenderà molto dal giudice. Con questo rispondo anche alle obiezioni che alcuni colleghi hanno fatto.
Sono molto preoccupato quando si comincia a dire: quale sarà la struttura incaricata di fare ciò? A chi la affidiamo? È vero, c'è il problema di una struttura come quella del RIS di Parma che, in assenza di qualsiasi norma, fa quello che può. Essa ovviamente, dovendo cercare di assicurare il maggior numero di criminali alla giustizia, cerca di mettere insieme, nei fatti, una sorta di schedario, chiamiamolo così.
Tuttavia, sono sempre molto preoccupato in mancanza di una legge! In assenza della legge - che mi auguro sia varata al più presto (mi rassicura il fatto che, secondo il rappresentante del Governo, sarebbe già pronto un disegno di legge sulla banca dati) -, forse, sarebbe meglio imputare la responsabilità al magistrato. Il magistrato, assumendosi la responsabilità, dovrà rivelare i motivi per cui ha affidato un'indagine a quella struttura piuttosto che ad un'altra.
Rimane, tuttavia, un problema che non viene risolto dalla legge (bisogna riconoscerlo in previsione dell'istituzione della banca dati): in alcuni casi, dopo l'espletamento degli accertamenti, i reperti, che, secondo le disposizioni di legge, dovrebbero essere distrutti a cura del perito, non subiscono tale sorte per decisione del giudice. Mi chiedo, allora, dove li conserviamo! Non si tratta di reperti cartacei! È vero, vi è la traccia, il dischetto, ma il reperto in quanto tale dove verrà conservato (il giudice avrà dei motivi per disporne la conservazione)? Si avverte, pertanto, la necessità di istituire una banca dati che può avere anche questo scopo, con una sorta di sezione staccata nella quale si conserveranno i reperti che non fanno parte dello schedario generale, al quale attingere informazioni per verificare la compatibilità di dati in casi, per esempio, di delitti seriali. Ritengo che le disposizioni che stiamo per varare presentino un pericolo, nonostante tutte le barriere che sono state erette in difesa dei diritti individuali (il provvedimento in esame è molto attento alle garanzie individuali).
Il magistrato, così come le forze investigative di polizia, una volta varato tale provvedimento, non si potrà comportare come vuole! Tuttavia, ho un dubbio: se non si fa riferimento alla figura del sospettato, se si prevede la possibilità di effettuare i prelievi con le stesse modalità e con le stesse garanzie anche a coloro che non sono indiziati (per esempio, un testimone o addirittura la vittima), fin dove si può spingere l'accertamento? Vi saranno dei casi in cui - ci auguriamo che non accada - ci si spingerà molto oltre!
È anche vero (è una questione su cui il Parlamento dovrà porre molta attenzione, affrontandola in modo approfondito) che vi sono degli accertamenti che non riguardano imputati o indiziati e che diventano necessari ai fini della prova. Pensiamo solamente alle vittime delle violenze sessuali o ad alcuni reati che poi si sono rivelati delle truffe (mi riferisco ai cosiddetti miracoli o pseudomiracoli che sono stati smascherati). In questi casi, come si dispone l'accertamento, se non vi è un Pag. 28imputato, ma solo il sospetto che vi sia qualcuno, che non si conosce, che abbia perpetrato la truffa?
Forse, bisognerebbe intervenire sul testo, con una formulazione più precisa che non metta sullo stesso piano il sospettato e il terzo, sul quale, comunque, si effettuano degli accertamenti solo ai fini della ricerca della prova.
Ad esempio, a proposito di questa equiparazione, secondo la legge i non indagati possono essere assistiti da persona di fiducia, ma cosa significa questa espressione? Si tratta di un perito che, tuttavia, non è tale ai fini processuali, ma è solo un accompagnatore?
Non è un avvocato ai fini processuali perché non è indiziato e non può essere assistito da un avvocato. Dunque, che cos'è questa figura? Ne abbiamo discusso in Commissione. Tuttavia, ci è sembrato di mantenere questa dicitura perché era - o almeno così ci è sembrato - un'ulteriore garanzia che veniva data a chi era sottoposto ad accertamento.
Faccio un'altra osservazione rispetto alla struttura del provvedimento in esame. Io credo che si sia andati un po' oltre, anche se, alla fine, ho condiviso il voto, dunque dal mio punto di vista va bene che la norma preveda un meccanismo per snellire la giustizia e velocizzarla. Tuttavia, capisco l'ergastolo, ma un minimo di tre anni per un reato che prevede questo tipo di accertamento così generalizzato, forse è eccessivo. Ovviamente, non voglio sottrarre alcun ladro alla possibilità di essere individuato ma, forse, abbiamo allargato troppo l'ambito della disposizione che prevede tale possibilità. Nulla di male: se il Parlamento lo riterrà, si possono fare delle correzioni in itinere e pertanto non c'è alcun problema.
In conclusione, io dico che questa è un buon provvedimento che ha cercato di contemperare diverse esigenze e la possibilità di indagare; inoltre, ha riportato il magistrato ad essere responsabile, offrendo maggiori garanzie ai cittadini. Tuttavia, per noi è ancora un provvedimento monco, in quanto manca di una parte importantissima che risolverebbe molti dei quesiti che io ho posto e dei quali - lo ripeto ancora - in Commissione abbiamo lungamente discusso. Senza la banca dati e senza la possibilità di un intervento serio per conservare, quando è necessario, il reperto e distruggerlo, si corre il rischio che esso possa essere manipolato. Al riguardo sono accordo con il collega di Rifondazione Comunista, poiché quando non è necessario, è meglio che questi reperti si distruggano e non circolino, magari anche con referti legati ad essi. Ma se non miglioriamo questo provvedimento di legge, esso rimarrà monco. Lo stesso provvedimento di legge potrebbe sanare delle situazioni sin qui lasciate in quel «buco nero» della non legiferazione, dopo l'intervento della Corte costituzionale, ma potrebbe aprirne anche altre. Poiché abbiamo messo mano ad una materia molto delicata, credo che il Governo faccia bene ad intervenire subito per completare il quadro. Allora, forse, potremmo dire di avere sistemato un argomento in materia penale, soprattutto per la sensibilità che i cittadini hanno dimostrato nei confronti del problema dell'accertamento della responsabilità penale e quindi della punizione dei colpevoli. Inoltre, in questo modo, i cittadini sanno che i loro dati vengono conservati nel momento in cui arrivano davanti al magistrato per una situazione contingente e, pertanto, non debbono temere.
Io credo che questo sia l'obiettivo che ci dobbiamo prefiggere. Se il Governo ci manderà il testo, dobbiamo esaminarlo al più presto per non lasciare monca la nostra legislazione.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'Istituto tecnico commerciale statale Aldo Moro di Trani, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, come è stato fatto presente precedentemente dai colleghi Crapolicchio, Costa, Farina e Gambescia, è dal Pag. 29lontano 9 luglio 1996 che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 238, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale, nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che, comunque, incidono sulla libertà personale dell'indagato, dell'imputato o dei terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei casi e nei modi dalla legge. Il giudice delle leggi, cioè la Corte costituzionale, afferma che nessun rilievo peritale di questo genere potrà essere disposto dal giudice fino a quando il legislatore non sarà intervenuto ad individuare i tipi di misure restrittive della libertà personale che possano essere disposte ai fini processuali, nonché a precisare i casi e i modi in cui le stesse possono essere adottate.
Si trattava e si tratta di una sollecitazione importante, perché effettuata nei confronti del legislatore affinché lo stesso intervenisse con una nuova disciplina positiva in grado di superare le obiezioni opportunamente mosse dalla Corte. Tuttavia, signor Presidente, signor rappresentante del Governo e colleghi, sono ormai trascorsi dieci anni dalla pronuncia di questa decisione così importante della Corte costituzionale. Alleanza Nazionale non può che essere soddisfatta dell'iniziativa legislativa volta ad introdurre in via organica le disposizioni in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale, ma nello stesso tempo non può non sottolineare l'enorme lasso di tempo trascorso, che, purtroppo, non torna ad onore del legislatore. Infatti, la Corte ha interpretato la corretta adozione di una normativa che incide anche sulla libertà personale di tutti noi e non è tollerabile che si aspettino dieci anni per porvi rimedio. Comunque, il meglio è nemico del bene e, quindi, per ora accontentiamoci del fatto che si stia per varare la proposta di legge atto Camera n. 782. Alleanza Nazionale è soddisfatta del provvedimento di legge in esame - il quale dimostra che, quando c'è concordia, il legislatore legifera - ed evidenzia una serie di ragioni che vale la pena sottolineare.
La prima riguarda il fatto che la proposta da cui è partito il confronto parlamentare sul tema in esame appartiene proprio a quel patrimonio di idee che il gruppo di Alleanza Nazionale ha proficuamente espresso in più occasioni e, soprattutto, quando vengono in gioco questioni che richiedono un bilanciamento - per onestà intellettuale devo dire assai difficile - tra esigenze, da una parte, di giustizia e, dall'altra, di tutela dei diritti di libertà dei cittadini. È il fulcro su cui si sono precedentemente soffermati il relatore e il collega Gambescia.
La seconda ragione di soddisfazione può essere individuata nell'adempimento che la Camera si accinge a compiere dopo l'invito rivolto al legislatore dalla sentenza plurimenzionata da tutti.
Si tratta di un invito importante, perché relativo all'esigenza di offrire alla magistratura uno strumento aggiornato, con il quale rendere ancora più efficace l'azione di contrasto alla criminalità e, ancor prima, favorire ulteriormente l'accertamento della verità.
Un terzo motivo di favore va ravvisato, bisogna dirlo, nel lavoro svolto dalla Commissione Giustizia della Camera e nel lavoro svolto in particolare dal relatore. Non era e non è facile affrontare argomenti di questo tipo. Pertanto va dato atto del lavoro svolto, anche perché sono accertamenti idonei ad incidere sulla libertà personale e quindi occorre tutelare quel right to privacy, quel diritto alla riservatezza, quel diritto alla tutela dei dati personali, del quale tutti noi, grazie al precetto costituzionale, usufruiamo e godiamo.
Un'enfatizzazione eccessiva delle finalità processuali delle nuove disposizioni avrebbe potuto incidere in misura poco appropriata sui diritti individuali e nello stesso tempo una limitazione diretta ad elencare pedissequamente gli accertamenti ammissibili avrebbe rischiato di pregiudicare strumenti ed iniziative, che, grazie ai processi tecnologici ed allo sviluppo della Pag. 30scienza, possono contribuire all'azione certo non facile, bisogna riconoscerlo, che spetta alla nostra magistratura. Verremmo meno però a un dovere di serietà se non ricordassimo - bisogna avere memoria lunga - che il dibattito svolto nella XIV legislatura è servito da guida importante al lavoro che è stato svolto in modo molto serio ed approfondito, ripeto, in Commissione. Per comprendere l'importanza del risultato, che potrà essere raggiunto con il voto della Camera e con quello del Senato - da ex senatore me lo auguro -, è sufficiente riferirsi al rilievo che il test del DNA ha assunto nell'ambito di importanti indagini. Ne parlavo proprio adesso con il collega Ulivi: ormai il test del DNA è qualcosa del quale si sono impadroniti tutti quanti, è diventato un argomento di conversazione, grazie anche all'importanza che i media hanno attribuito a questo specifico fatto di rilevanza scientifica, che può essere utile per le indagini e che qualche decennio, non esistendo, non poteva invece essere usato.
È notorio che alcune inchieste relative ad alcuni efferati delitti - li vediamo sui giornali, non è il caso di ricordarli - sono state riaperte, perché grazie alle nuove tecnologie la magistratura correttamente continua ad indagare e ciò proprio per consentire l'utilizzo di moderne tecniche di analisi su reperti raccolti e risalenti anche a diverso tempo addietro.
L'individuazione del DNA su quella che chiamiamo la scena del crimine o sulle vittime dei reati non avrebbe senso però in assenza di una contestuale disciplina che, attraverso l'accertamento previsto dalla proposta di legge di cui stiamo parlando, ne permettesse il confronto con l'indagato. Si tratta in verità del caso più evidente, quello dell'accertamento della verità attraverso l'esame dei campioni del DNA. A ben riflettere, l'accertamento in questione però può rilevarsi - questo forse è un argomento che sfugge al grande pubblico - non solo a fini di colpevolezza. Mi diceva, per la sua esperienza, il collega Ulivi, che quello del DNA è un test formidabile anche e soprattutto, essendo una mappa genetica, per scagionare colui che eventualmente sia stato ingiustamente indagato, quindi le persone innocenti.
Si dimostra così la necessità di questa modifica del nostro codice di procedura penale, perché troveranno così risposta quei problemi nell'ambito di quelle attività peritali che si affiancano all'attività del giudice, e che costituiscono un valido ausilio per le determinazioni in merito all'esercizio dell'azione penale.
Quanto all'articolato del provvedimento, si possono ricordare alcuni aspetti significativi; intanto, la determinazione delle fattispecie nei confronti delle quali è possibile ricorrere all'accertamento tecnico, anche in assenza del consenso da parte dell'interessato. Questa determinazione si è attestata su una soglia delimitata che, ovviamente, esclude un ricorso generalizzato a tale strumento. Certamente (lo constateremo nel corso dei lavori dell'Assemblea), potremmo discutere sull'individuazione della soglia, ma il principio accolto dalla Commissione rappresenta il giusto equilibrio, quell'equilibrio che, come hanno detto i colleghi e il relatore, è volto a bilanciare gli interessi in gioco e, come tale, personalmente e come gruppo, lo condividiamo in toto.
Non va dimenticato, tra l'altro, che non solo i diritti della persona, ma anche la complessità e i costi di alcune operazioni peritali, sconsigliano un utilizzo delle indagini per reati di modesto allarme sociale (per fare un parallelo con le intercettazioni telefoniche, il rapporto costo-benefici sarebbe tale da sconsigliare - in effetti, il legislatore lo prevede - le intercettazioni in alcuni casi; così come le indagini sul DNA per reati bagatellari sono da sconsigliare del tutto).
Un secondo presupposto è stato indicato nell'assoluta indispensabilità per la prova dei fatti che l'accertamento deve rivestire e che impone al magistrato una valutazione certo non superficiale, prima di sacrificare la libertà della persona coinvolta. Nello stesso senso va la disciplina del provvedimento con cui il giudice dispone la perizia, l'attenzione che la norma attribuisce al divieto di operazioni vietate Pag. 31o che mettano in pericolo la vita o la salute delle persone o, ancora, l'attenzione per la dignità della persona stessa. Così è per il diritto di difesa, che viene assicurato attraverso la nullità specifica dell'atto, qualora esso sia avvenuto in assenza del difensore.
Concordo con le perplessità espresse dal collega Gambescia, quando parlava di una persona che assisteva, senza capire bene (e chi vi parla in questo momento ancora non ha compreso) che qualifica rivestisse la persona di fiducia.
Altrettanta rilevanza assume poi la previsione circa la possibilità che l'accertamento sia disposto, ovviamente ricorrendo le condizioni di legge, su persone diverse dall'indagato o dall'imputato, ma anche in tal caso con le opportune garanzie. Ulteriori disposizioni regolano sotto il profilo processuale il ruolo del pubblico ministero nei casi di urgenza e la successiva convalida da parte dei giudici che sono cosa ben diversa dai pubblici ministeri. Lo sappiamo: il giudice è terzo e il pubblico amministrare è una parte processuale.
Quindi, come si può vedere, lo sforzo del relatore e della Commissione ha permesso di delineare, di disegnare e di preparare una riforma organica, ben inserita nel codice di rito, e completata dalla casistica riferita agli accertamenti sulle persone incapaci e dagli ulteriori accorgimenti in ordine al verbale delle operazioni e alla distruzione dei campioni biologici.
Resta da dire - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - di un unica residua questione che la proposta di legge dell'onorevole Contento aveva sollevato su una specifica previsione relativa all'istituzione di una o più banche dati per la raccolta o la gestione di prelievi di materiale biologico finalizzati all'analisi e al confronto del DNA.
Si tratta di un aspetto tutt'altro che secondario, anche in considerazione di recenti iniziative assunte nei confronti di importanti uffici investigativi dall'Autorità garante per la protezione dei dati personali. La delicatezza di tali aspetti, del resto, è confermata da altri episodi che hanno registrato l'intervento della competente Autorità in campi rimasti riservati al magistrato inquirente (almeno sino ad oggi), come nel caso di stretta attualità - i colleghi della Commissione lo sanno meglio di me - riguardante le modalità di trasmissione dei dati relativi ai tabulati telefonici.
Il tempo, colleghi, è quindi maturo per cercare di mettere ordine ad un'acquisizione crescente di dati sensibili che permea necessariamente anche il procedimento penale.
Se è indubbia la piena legittimità delle iniziative volte ad accertare la verità o a individuare la responsabilità di alcuno in relazione al reato per cui si procede, riesce veramente difficile credere che la conservazione dei risultati possa sottrarsi a una specifica regolamentazione che ne disciplini l'archiviazione e l'utilizzo. Non serve insistere sui profili di delicatezza che involge, ad esempio, la conoscenza dell'identità genetica di una persona o il possibile utilizzo di informazioni del genere anche per scopi illeciti.
È ovvio che tutti noi siamo propensi a ritenere le strutture investigative e gli uffici giudiziari al di sopra di ogni sospetto per quanto concerne i trattamenti dei dati sensibili, ma ciò non è sufficiente per escludere l'esistenza del problema: quest'ultimo esiste ed è serio! Quali dati, infatti, possono essere conservati, con quali modalità, in base a quali presupposti? Sono interrogativi - e mi avvio alla conclusione - non più rinviabili, anche per ragioni di pubblica sicurezza.
Si immagini, ad esempio, la possibilità di disporre dei profili genetici di persone già condannate per confrontarli con i campioni biologici riscontrati nel corso delle indagini. Sulla base di quale provvedimento e da chi il trattamento del dato può essere svolto? E con quali garanzie per gli interessati? Come possiamo vedere, l'idea di poter accompagnare la nuova disciplina con l'istituzione e la regolamentazione delle banche dati in possesso dell'autorità pubblica era, è e rimarrà sempre coerente con le necessità di una giustizia moderna, efficiente, ma sempre rispettosa dei diritti della persona.Pag. 32
Vi è, infine, un'ulteriore circostanza che rende urgente l'introduzione di una disciplina sulla conservazione e il trattamento dei dati in questione. Mi riferisco - lo ha ricordato il collega che mi ha preceduto - alla collaborazione già esistente a livello europeo e internazionale. Altri paesi hanno già regolato questi aspetti; l'Italia non lo ha fatto.
Nel quadro dello scambio di informazioni volto a rendere più forti la lotta e il contrasto alla criminalità e al terrorismo (vediamo cosa succede in questi giorni: ormai il terrorismo è un problema internazionale) l'esigenza di poter contare sull'esistenza di un quadro normativo certo è improcrastinabile.
Lasciamo, quindi, agli atti di questo confronto parlamentare una richiesta rivolta al Governo - signor sottosegretario, ne prenda nota - affinché venga accelerata ogni iniziativa in tal senso (mi dicono che è pronta e ne prendo atto con soddisfazione). È necessario dare ordine e risposte a tali aspetti che non è stato possibile affrontare in questo contesto per la complessità della materia e per il rischio di ritardare l'esame della proposta di legge in discussione alla quale, per Alleanza Nazionale, l'onorevole Contento ha dato un contributo serio e approfondito.
D'altra parte - e concludo - non sarebbe stato opportuno rinviare la discussione su una proposta di legge che, grazie all'impegno del relatore e dell'intera Commissione, registrerà - ne sono sicuro - un largo consenso. Questo è certamente l'auspicio del gruppo di Alleanza Nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Illustre Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la proposta di legge sulla quale oggi si apre la discussione riguarda, come è già stato rilevato dai colleghi che mi hanno preceduto, una materia particolarmente delicata sia sotto il profilo tecnico e giuridico sia sotto quello dei beni e degli interessi coinvolti.
L'articolato in esame va infatti a disciplinare le modalità e le garanzie con le quali potranno essere eseguiti sulla persona gli accertamenti tecnici suscettibili di limitare, o comunque di invadere, la sfera della libertà personale dei cittadini che sono a diverso titolo coinvolti in un procedimento penale. Si tratta di una normativa - e questo è già stato detto più volte dai colleghi - che deve tener conto delle disposizioni costituzionali in tema di libertà personale, come pure dei principi affermati dalla Consulta nella nota sentenza n. 238 del 1996.
La Corte costituzionale, quasi undici anni fa, dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224, secondo comma, del codice di procedura penale nella parte in cui consentiva che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, potesse disporre misure idonee a incidere sulla libertà personale dell'indagato, dell'imputato, di terzi, al di fuori dei casi e dei modi specificatamente previsti dalla legge. In quella pronuncia, la Corte evidenziò che, in una materia sottoposta alla duplice garanzia della riserva di legge e di quella di giurisdizione, il legislatore dovesse necessariamente tipizzare i casi e i modi attraverso i quali la libertà personale potesse venire legittimamente compressa.
In questi anni è rimasta una lacuna legislativa che si profilava assai grave perché, da un lato, finiva per frustrare le esigenze della ricerca della prova nell'ambito di un procedimento penale e, dall'altro, rischiava di mettere a repentaglio i diritti di libertà della persona, a causa della mancanza di un quadro giuridico certo.
Altro aspetto che è stato evidenziato in maniera egregia dai colleghi che mi hanno preceduto è che, dopo dieci anni, finalmente si compie un tentativo per adeguarci alla normativa europea. L'Italia, come tutti sappiamo, viene sempre più penalizzata per quanto riguarda il mancato adeguamento alla normativa europea.
Presso la Commissione giustizia si è lavorato tanto e i problemi sono stati innumerevoli. Devo qui dare atto al relatore del grande sforzo e del lavoro di Pag. 33sintesi da lui compiuto per la ricostruzione di una normativa intorno ad una proposta di legge che giaceva da molti anni in Parlamento, e mi fa piacere che un collega dell'opposizione abbia osservato come finalmente si stia arrivando in dirittura d'arrivo (ma dieci anni sono tanti e probabilmente questo risultato lo si sarebbe potuto raggiungere prima anche nella passata legislatura).
Credo che siamo tutti d'accordo (al riguardo oggi ho ascoltato le parole dei colleghi che mi hanno preceduto) sul fatto che, rispetto all'argomento in esame, vi è sempre l'annoso, noto, delicatissimo problema, già riscontrato in materia di intercettazioni, che tanto ci hanno occupato e preoccupato, del rapporto tra libertà e autorità: dove si toccano questi limiti e questo discrimine, le scelte legislative diventano sempre molto difficili. Da un lato, vi è il concetto di autorità e quindi l'esigenza della speditezza delle indagini e, più che dell'accertamento della verità, della individuazione dei mezzi di prova che possono portare ad una sentenza; dall'altro, vi è il diritto inviolabile della libertà personale che, nel caso che ci occupa, è tutelato dall'articolo 13 della Costituzione e rispetto al quale il legislatore prevede una duplice riserva (di legge e di giurisdizione) nonché, aspetto cui farò riferimento tra poco, anche l'indicazione tipizzata e tassativa dei casi e dei modi nei quali può essere limitata la libertà personale.
Abbiamo fatto dei passi in avanti, perché il tema era delicatissimo. Non voglio ripetere le osservazioni puntuali e precise fatte dal collega Gambescia, ma anche da tutti gli altri colleghi intervenuti, dall'onorevole Farina allo stesso relatore, il quale, nonostante il grande sforzo che ha dovuto compiere per adempiere al suo mandato di relatore di una proposta di legge che da tanto tempo giaceva in Parlamento, ha espresso talune perplessità sul testo. Noi crediamo che, alla fine, quello in esame sia un testo molto importante e forte, rispetto al quale siamo sicuramente disponibili ad apportare qualche modifica in sede di dibattito parlamentare.
Quali sono state le modifiche apportate, con riferimento alle quali siamo veramente grati al relatore per il lavoro svolto? La prima è la previsione di un illecito finalizzato a reprimere penalmente il rifiuto di collaborazione all'esecuzione dell'atto e la seconda, sulla quale vorrei esprimere qualche perplessità, è relativa alla disposizione che prevedeva l'istituzione di apposite banche dati per la raccolta e la gestione del materiale biologico così prelevato.
Con riguardo a tale ultimo aspetto, ritenevamo necessario rinviare ogni decisione concernente l'opportunità, nonché le modalità ed i fini dell'istituzione di un'eventuale banca dati del DNA ad una legge ad hoc, trattandosi di una materia troppo delicata per poter essere trattata nel presente provvedimento, dal momento che, come tutti sappiamo, riguarda la privacy dei cittadini, il diritto alla riservatezza, anche in rapporto ai dati sensibili. Peraltro, siamo in attesa di un disegno di legge governativo e riteniamo positivo armonizzare tutti i nostri sforzi, sia della Camera sia del Governo, per fare in modo che, in questa legislatura, si possano finalmente varare leggi utili, efficienti e funzionali.
Sempre per quanto attiene alla banca dati del DNA, vi sono anche perplessità per la scelta intrapresa di rinviare ad una normativa. Vorrei che questa osservazione rimanesse agli atti: la scelta che abbiamo voluto, riguardo alla distruzione dei campioni, determina peraltro alcune problematiche, ma intendo precisare che, per così dire, non ci siamo nascosti dietro un dito, anche perché, molto spesso, il problema si pone anche a tutela dell'indagato; faccio degli esempi: nel caso di riapertura delle indagini ai sensi dell'articolo 414 del codice di procedura penale, di revoca della sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 434, di richiesta di revisione della sentenza di condanna o anche nell'ipotesi in cui sopraggiungano nuove tecniche di indagine sul materiale biologico più sofisticate e precise e non sia possibile procedere ad un nuovo prelievo. Comunque, la soluzione adottata di assegnare il Pag. 34compito di una rimodulazione e di una riformulazione al disegno di legge governativo, che dovrà essere coordinato con l'intervento della Camera, ci è parsa sicuramente la soluzione più ragionevole. Insisto e ribadisco nuovamente che, quando si parla di rapporti fra autorità e libertà, ogni scelta è sempre difficile e pone soluzioni che possono essere viste da differenti visuali.
Avviandomi alla conclusione, anche perché i colleghi che mi hanno preceduto hanno affrontato l'argomento in tutte le sue dinamiche, vorrei accennare al tema dell'efficienza procedimentale. Rivolgendo ancora una volta i complimenti al relatore per il lavoro svolto, rilevo che l'articolato non riguarda solo l'efficienza procedimentale, ma salvaguarda anche, in via di principio, il diritto alla vita, all'integrità fisica e alla salute della persona o del nascituro e tiene in debito conto l'esigenza di rispettare la dignità e il pudore di coloro che sono sottoposti a tali accertamenti.
Considerata la complessità del tema, non ci possiamo tuttavia nascondere che, come è già stato sottolineato dai colleghi, alcune parti di questo provvedimento potranno eventualmente essere migliorate. C'è soprattutto il problema di limitare i casi nei quali potrà essere eseguito l'accertamento. La norma in questione, l'articolo 224-bis del codice di procedura penale, fa espresso richiamo al prelievo di capelli, peli o mucosa del cavo orale, ma rinvia, poi, alla nozione residuale di accertamenti medici.
Con riguardo a tale ultimo concetto, se è vero che la proposta di legge doveva necessariamente utilizzare una clausola aperta, in modo da dare accesso alle nuove e diverse tipologie di accertamento, che non sono suscettibili di una predeterminazione legislativa, è anche vero che tale norma dovrà essere interpretata dal giudice nella sua giusta dimensione costituzionale e, quindi, in maniera restrittiva, pena un pericoloso slabbramento della norma in senso di un'eventuale violazione dell'articolo 13 della Costituzione.
Va infatti rammentato che, se la persona che deve sottoporsi all'accertamento peritale non compare, il giudice potrà disporre il suo accompagnamento e prevedere, in caso di rifiuto, che gli accertamenti vengano disposti coattivamente. Vero è che l'uso di mezzi di mezzi di coercizione fisica deve essere ridotto al minino e che è consentito solo per il tempo strettamente necessario all'esecuzione dell'atto, ma non bisogna mai dimenticare che qui vengono in considerazione accertamenti sanitari a volte particolarmente delicati. Quando viene in considerazione la sfera intima della persona, a mio avviso, occorre tenere conto delle particolari sensibilità di ognuno, il che impone al legislatore di essere cauto e scrupoloso nel predeterminare i casi ed i modi in cui consentire tale invasione nella sfera privata e nella dignità dell'individuo e al giudice di farsi carico di una particolare sensibilità nel decidere.
Faccio mie le osservazioni dei colleghi che mi hanno preceduto, osservazioni che, secondo me, sono volte a migliorare un testo che è assolutamente positivo ed importante in quanto fissa una pietra miliare in questo vuoto legislativo che attendeva una riforma da dieci anni.
È evidente che il rapporto tra autorità e libertà comporta sempre la necessità di un accorto bilanciamento tra gli interessi in gioco e che ciò impone al legislatore di non abbassare mai la guardia di fronte al pericolo di intollerabili sconfinamenti nella sfera privata dei cittadini. La Costituzione è il faro che deve guidare l'attività legislativa e l'interpretazione, le quali, è bene ribadirlo, si devono sempre muovere nel quadro delle garanzie costituzionali e non devono mai sconfinare oltre i limiti consentiti dall'ordinamento (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, coloro che mi Pag. 35hanno preceduto hanno ampiamente interloquito in ordine al noto pronunciamento della Corte costituzionale n. 238 del 9 luglio 1996, ai rapporti di bilanciamento che necessariamente stanno tra la sentenza accennata e l'articolo 13 della Costituzione, ma anche tutte le altre disposizioni costituzionali, superiori nel rango rispetto alle leggi ordinarie, che trattano della tutela dei diritti di libertà. Questi ultimi fanno parte dei cosiddetti diritti indisponibili e necessariamente ci impongono una riflessione ulteriore nel momento in cui ci accingiamo a legiferare, una riflessione che deve però essere rapportata alle problematiche attuali. È vero che noi viviamo oggi, nel terzo millennio, un tempo più veloce rispetto al passato che quotidianamente ci pone esigenze diverse e nuove, ma è altrettanto vero che è nostro dovere dare risposte alle nuove sollecitazioni e, quindi, mettere in condizione la magistratura e anche gli investigatori di operare celermente nell'interesse superiore dei cittadini.
Si potrebbe aprire un dibattito ampio su quella che io definisco - rifacendomi ad un noto trattato del professor Verde - strana tendenza del diritto italiano e della giurisprudenza a fissare il livello di garanzia sempre al massimo anziché al minimo. Una tendenza alla dilatazione che poi, nelle sue interpretazioni abnormi, produce effetti processuali che hanno risultati dilatori e mettono il nostro paese in condizioni di essere sanzionato dalle autorità europee. Non essendo questo il tema in discussione oggi, mi limito semplicemente ad accennarlo in breve in quanto dovremmo tenerlo presente nel momento in cui trattiamo queste dinamiche.
Credo che il testo elaborato dalla Commissione sia equilibrato e metta finalmente la magistratura e gli investigatori nelle condizioni di accertare la verità, laddove non vi siano altre possibilità, con tecniche, seppure limitatamente, invasive. La forma processuale è ciò che dà la misura della garanzia e quindi la possibilità di esperire la riserva di incidente probatorio oltre la prassi - mi riferisco all'articolo 360 del codice di procedura penale - di procedere per incidente probatorio segna la misura di garanzia minima che certamente può far stare tranquilli tutti i colleghi che prima hanno mosso qualche riserva sul punto.
In particolare, mi dispiace che non sia presente, in questo momento, l'onorevole Costa, il quale ha fatto riferimento, in precedenza, alla gravità, precisione e concordanza delle presunzioni. Al riguardo, ricordo che i requisiti di gravità, precisione e concordanza sono tipicamente disciplinati dal codice civile e dal codice di procedura civile e che le presunzioni sono oggetto di una disciplina diversa nel codice di procedura penale.
È chiaro che dobbiamo tenere conto dell'esigenza della persona offesa dal reato, la quale si accinge a costituirsi parte civile, e dell'esigenza della giustizia in generale, dell'esigenza di reprimere e punire una condotta che ha violato l'ordinamento: non sostengo che questa sia superiore, ma ritengo che essa vada coordinata e bilanciata con quelle che possono essere considerate misure coercitive minime.
Quindi, recepiamo un orientamento già ampiamente sperimentato nel mondo anglosassone (che tante volte ci piace citare ed indicare ad esempio), il quale conosce, tuttavia, una disciplina della materia che è molto più invasiva rispetto a quella che i progetti di legge in esame propongono di introdurre nel nostro ordinamento.
Ritengo che, di fronte alle iniziative legislative in esame, possiamo spezzare una lancia, come si suole dire, in favore della Commissione e del Governo. In primo luogo, va rimarcato che, in materia di giustizia, questo Governo sta procedendo speditamente (mi riferisco, in particolare, alla legge di modifica dell'ordinamento giudiziario ed al decreto sulle intercettazioni, ma molte altre iniziative andrebbero ricordate).
La Commissione ha saputo trovare in un contraddittorio onesto e leale un punto di equilibrio che ha permesso di recuperare la funzione del Parlamento. Per questo, desidero ringraziare il relatore e tutti i colleghi.Pag. 36
Un'ultima considerazione riguarda la banca dati. Credo che possa essere condivisa da tutta l'Assemblea la riflessione che ci ha indotto a demandare ad un diverso progetto di legge, in un'ottica garantistica, l'istituzione di un'apposita banca dati. Finalmente, nel terzo millennio, si potrà cominciare a disciplinare le modalità di conservazione di dati che, talvolta, è necessario considerare (fermo restando il mio apprezzamento per l'immediata cancellazione nell'ambito del singolo procedimento penale, come in qualche modo prevede il testo in esame).
Il gruppo dei Popolari-Udeur si esprime più che favorevolmente sul provvedimento in esame e lo sosterrà. Si tratta di un inizio: quando discuteremo il provvedimento riguardante la banca dati, avremo modo di completare l'insieme in maniera più rispondente alle necessità della società civile.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 782-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, spenderò pochissime parole, ovviamente non per i presenti, perché le considerazioni svolte meritano obiettivamente alcune precisazioni.
Il testo all'esame dell'Assemblea risponde alle esigenze della riserva di legge e della riserva di giurisdizione posta dalla Corte costituzionale nel momento in cui ha dichiarato illegittimo il secondo comma dell'articolo 224 del codice di procedura penale. È rispettata la riserva di legge perché stiamo approvando una legge proprio per disciplinare i casi previsti dall'articolo 13. È rispettata la riserva di giurisdizione nel senso che, trattandosi di accertamenti idonei ad incidere sulla libertà personale, è previsto che solo la giurisdizione con determinate garanzie - puntigliosamente esplicitate all'interno del testo - possa disporre gli accertamenti medesimi e, di conseguenza, comprimere in qualche modo la libertà personale.
Nel ringraziare i colleghi che hanno espresso ringraziamento od apprezzamento per il relatore, che estendo a tutti i componenti della Commissione per il positivo lavoro svolto, desidero replicare in merito a tre punti importanti.
Il primo è quello cui ha fatto esplicito riferimento il collega Gambescia, il quale, quando si è soffermato sulla tipologia dei reati, si è posto il problema se sia troppo bassa, per la praticabilità dell'accertamento peritale, la soglia di tre anni di pena edittale minima. Vorrei rassicurare l'onorevole Gambescia, perché i reati puniti con pena edittale minima di tre anni sono quelli più gravi (ad esempio, rapina, rapina aggravata, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione). Il sequestro di persona semplice è punito con una pena edittale da sei mesi a 8 anni e, nell'ipotesi aggravata, è punito con pena edittale minima di un anno. Quindi, il sequestro di persona semplice non rientra tra le tipologie di reati che possono richiedere questo accertamento peritale. Siamo stati estremamente prudenti nel prevedere le tipologie di reati di particolare gravità per i quali è possibile procedere a questi accertamenti.
Vorrei ricordare che l'ipotesi che ha dato origine all'intervento della Corte costituzionale, vale a dire la questione della Madonnina che trasudava sangue a Civitavecchia, non rientrerebbe tra le tipologie di reato per le quali è possibile disporre questi accertamenti. Infatti, la truffa è punita con una pena minima di sei mesi o di un anno se aggravata e l'abuso della credulità popolare prevede una pena minima ancora minore. Quindi, siamo stati giustamente garantisti nel restringere l'arco di reati per i quali può essere applicato questo particolare tipo di indagine.
Per quanto riguarda le persone non indagate, siccome abbiamo previsto l'indispensabilità dell'accertamento ai fini del raggiungimento della verità, è evidente che può essere necessario procedere a tali accertamenti anche rispetto a tali persone. Ad esempio, nel caso in cui nei confronti di una persona indagata vengano trovati capelli, tracce di saliva o di altri liquidi biologici, occorre verificare se queste tracce siano riferibili alla persona offesa. Nel caso subisca minacce, se la persona offesa volesse sottrarsi a tale accertamento, è assolutamente indispensabile procedere all'accertamento per affermare la verità, che dunque dovrà essere disposto anche se con tutte le garanzie del caso.
Infine, in ordine al mantenimento o alla distruzione dei reperti, vorrei sottolineare l'importanza della loro distruzione. Infatti, alla banca dati potrà essere conferito - a seconda del testo che si adotterà - sia il materiale biologico, sia i risultati degli accertamenti tecnici su tale materiale.
In ogni caso, vorrei sdrammatizzare la questione, poiché si tratta, comunque, di accertamenti che sono ampiamente ripetibili, salvo che si verifichi la morte della persona in questione...
PAOLA BALDUCCI. O la fuga...!
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Anche in detta circostanza, il prelievo sul cadavere dà i medesimi risultati. La fuga, come segnalato dalla collega, è un'ipotesi sempre praticabile, ma ad essa non possiamo rispondere con interventi di carattere eccezionale.
Ringrazio lei, signor Presidente, nonché tutti coloro che sono intervenuti nell'ambito dell'odierna discussione. Penso che il Comitato dei nove potrà farsi carico di proporre eventuali aggiustamenti del testo che sono stati indicati, anche se ritengo, come peraltro sottolineato da tutti gli intervenuti, che il provvedimento sia ampiamente soddisfacente. Di ciò ringrazio anche il Governo, al quale il relatore, nel predisporre il testo base, si è ampiamente richiamato (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Verdi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, rinuncio alla replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Su un lutto del deputato Vincenzo De Luca.
PRESIDENTE. Comunico che il collega Vincenzo De Luca è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 13 marzo 2007, alle 11:
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (2201-A).
- Relatore: Lulli.
2. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.
3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.
4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (1638-A)
e delle abbinate proposte di legge: MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.
5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.
6. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DI VIRGILIO ed altri; CASTELLANI ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (780-1891-A).
- Relatore: Di Virgilio.
7. - Seguito della discussione della proposta di legge:
CONTENTO: Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale (782-A)
e degli abbinati progetti di legge: ASCIERTO; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO (809-1967).
- Relatore: Palomba.
La seduta termina alle 17,40.