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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 24 di mercoledì 12 luglio 2006
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
La seduta comincia alle 9,10.
MARIZA BAFILE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bimbi, De Piccoli, Del Mese, Galati, Lion, Maroni, Mussi, Parisi, Pisicchio e Scajola sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 379 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri (Approvato dal Senato) (A.C. 1287) (ore 9,14).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione sulle linee generali.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1287)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali.
Constato l'assenza della deputata Mazzoni, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.
LUIGI FABBRI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, mentre stiamo discutendo il decreto-legge che dispone una nuova suddivisione dei ministeri e le diverse funzioni attribuite ad essi, è singolare che dobbiamo ricordare che fu proprio ad opera di un Governo di centrosinistra, nel corso della XIII legislatura, che venne realizzato per l'appunto con la legge Bassanini e successivo decreto delegato n. 300 del 1999, l'accorpamento dei ministeri per ridurre le spese e per razionalizzare l'azione amministrativa. Va ricordato anche che questo provvedimento rinviava la riduzione dei ministeri con portafoglio da 18 a 12 a partire dalla XIV legislatura; oggi li riportiamo da 12 a 18.Pag. 2
Con questo provvedimento, il Governo si pone oggi in completa antitesi con le esigenze di una corretta ed efficiente azione amministrativa, che dovrebbe essere rivolta alla razionalizzazione e alla semplificazione della macchina amministrativa. È evidente, infatti, che l'aumento dei ministeri risponde soltanto a logiche di spartizione partitica del potere. In sostanza, le ragioni del cosiddetto «spacchettamento» dei ministeri sono da ricercare nella volontà di dare incarichi di governo al più alto numero di esponenti di tanti partiti e partitini del centrosinistra, al fine di accontentare la variegata e disomogenea maggioranza che sostiene il Governo Prodi: è sufficiente guardare le prime pagine dei giornali di oggi per vedere in politica estera quanto essa sia disomogenea. Avete superato il record dei centouno componenti il Governo; e devo dire che questa controriforma comporterà un notevole aggravio di costi, una proliferazione di ministri e viceministri, con le relative strutture: è un atto contraddittorio nei confronti della politica di rigore economico che il Governo di centrosinistra ha annunciato al paese.
È emblematico, oltre che paradossale, che questo sia il primo atto dell'attuale Governo. In particolare, lo sdoppiamento dei ministeri produrrà difficoltà funzionali per gli apparati ministeriali, senza contare i maggiori costi che peseranno sui conti pubblici. Osserviamo che c'è una grande concentrazione di funzioni alla Presidenza del Consiglio dei ministri che, accanto alle competenze che già possiede, avrà competenze in materia di sport, di vigilanza sull'albo dei segretari comunali e provinciali, nonché funzioni di indirizzo e di coordinamento in materia di politiche giovanili e di politiche per la famiglia.
Va rilevato anche che il decreto-legge contiene una delega legislativa per il riordino delle funzioni e dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, ponendosi ancora una volta in contrasto con la legge n. 400 del 1998, che espressamente vieta che i decreti-legge e le leggi di conversione contengano deleghe legislative. Ma tant'è: l'articolo 77 della Costituzione ormai non è più osservato. Nel disegno di legge di conversione c'è un'ampia e generica delega per il riordino dell'organizzazione e delle funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, con un termine di attuazione di ben 24 mesi. Ora, ditemi voi dove sono le questioni di urgenza! Il decreto-legge è considerato uno strumento normativo che consente un iter veloce e una scadenza certa. Io ricordo, nel 2001, le grandi critiche polemiche che il centrosinistra sollevò, quando il Presidente Ciampi firmò il decreto che manteneva il Ministero della salute distinto da quello del lavoro e delle politiche sociali e distingueva la materia delle comunicazioni dalle attività produttive, poichè non veniva data attuazione a quanto previsto dalla legge Bassanini. Con questo decreto-legge si è fatto di peggio: sono stati creati nuovi ministeri, mentre altri, di conseguenza, vedono il proprio ambito di competenza completamente stravolto.
Questa è anche una spia preoccupante del modo di concepire i rapporti tra politica e istituzioni o, meglio, tra il fare politica e il governare. Governare vuol dire anche assicurare continuità, coerenza ad una serie di funzioni che lo Stato svolge insieme ad altri soggetti, per affrontare e risolvere i problemi della collettività. Questo montare e smontare, con un tratto di penna, strutture organizzative ormai rodate ed il cui percorso operativo si snoda in sinergia con altri soggetti significa rendere complicata l'attività del Governo.
Desidero fare qualche riflessione sulla frammentazione che ha colpito il Ministero del lavoro: in questo caso si assiste ad una clamorosa smentita della legge Bassanini. Essa era stata approvata, come dicevo prima, da questo stesso Governo e aveva previsto la nascita di un maxiministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. L'accorpamento di queste competenze in un unico dicastero trovava allora la sua ragione nel fatto che i problemi che vengono affrontati hanno bisogno di una soluzione integrata, se è vero che le politiche del lavoro non possono ignorare i problemi della famiglia, che previdenza e assistenza devono distinguersiPag. 3ma anche parlarsi tra di loro e che, in un paese che invecchia, soprattutto l'assistenza sanitaria e quella sociale devono andare di pari passo. L'impostazione di questo decreto-legge risulta in palese contraddizione con la tendenza, affermata nella XIII legislatura - quella in cui avete governato voi - e rinforzatasi nell'ultima, a considerare le politiche sociali strettamente integrate alle politiche del lavoro. Tutto questo produrrà enormi inefficienze e conflitti di competenze tra i vari dicasteri. Peraltro, già nel corso dell'esame al Senato, il Governo è dovuto intervenire con sostanziali modifiche al testo del decreto-legge per precisare i rispettivi ambiti di competenza e disinnescare, in questo modo, i potenziali conflitti che potrebbero sorgere tra i vari dicasteri, quello del lavoro e quello della solidarietà sociale.
Sul piano delle criticità, scindere le politiche sociali dalle politiche attive del lavoro vuol dire avere la volontà di annullare le politiche attive del lavoro; vuol dire andare verso la cultura dell'assistenzialismo e contro non solo le riforme fatte dal Governo Berlusconi nell'ultima legislatura, ma anche contro le riforme che avete fatto voi a partire dal «pacchetto» Treu. Se pensiamo al sud, esso ha bisogno di politiche sociali che servono come volano per quelle del lavoro. Questa separazione non è compatibile neanche con le sfide che ci pone il mercato globale. Noi abbiamo una forza lavoro che è la meno istruita d'Europa, come ho detto anche al ministro Damiano intervenuto in Commissione lavoro. A parte che, in Europa, mediamente il 20 per cento della forza lavoro è laureato e il nostro paese registra soltanto il 10 per cento, noi abbiamo più della metà delle persone che svolgono un'attività di tipo operativo che non hanno la licenza media e quelli che la posseggono, ce l'hanno con gli istituti benemeriti previsti dalle normative vigenti in materia, ma che non portano cultura a nessuno. Voi dovete cimentarvi sugli ammortizzatori sociali e fare in modo di trovare i soldi per realizzarli. Infatti, il mercato è flessibile di per sé e non perché l'abbiamo voluto noi con la riforma Biagi. La riforma degli ammortizzatori deve prevedere che, per chi perde il lavoro, vi sia un'indennità automatica ma subordinata all'effettiva partecipazione ai piani individuali di inserimento lavorativo. Occorre fare formazione vera, non come accade oggi, che la formazione serve soltanto a chi la fa, cioè ai formatori. Oggi, assistiamo ad uno spettacolo indecoroso per un paese civile. Dovete tenere presente che le politiche del lavoro e il welfare sono due facce della stessa medaglia: penso ad un paese assimilabile al nostro, come l'Inghilterra, che spende la nostra stessa percentuale di PIL per il welfare ma, a differenza di noi, impegna tanti soldi per le politiche attive del lavoro e meno per le pensioni. Noi facciamo l'esatto contrario: spendiamo un sacco di soldi per le pensioni, per mantenere in pensione persone giovani che potrebbero dare ancora il loro contributo lavorativo. Oggi nel sud accade che con questi sussidi miserabili che il Patto per l'Italia aveva previsto di migliorare, e con un po' di nero, i giovani non sono più incentivati a cercare un lavoro: altro che inclusione sociale!
Per quanto riguarda gli altri ministeri, mi soffermo sul Ministero per la solidarietà, che ha la vigilanza sui flussi migratori che saranno svincolati dal fabbisogno di manodopera straniera.
Avete sbagliato; in questo sbagliate. È importante tenere in considerazione quanti lavoratori stranieri servono a noi. Tra l'altro, quanto a preparazione, devo dire che gli operai dei paesi dell'est saranno i concorrenti della nostra forza lavoro e, comunque, costoro hanno frequentato di più le scuole. A tal riguardo era d'accordo anche l'ex segretario della CISL Pezzotta. Inquadrare l'immigrazione in una prospettiva soltanto sociale ed assistenziale fa parte della vostra cultura. Penso al Ministero per le politiche per la famiglia, un Ministero senza portafoglio: che cosa potrà mai fare per un problema così importante come quello della famiglia? L'impressione è che sia stato istituito per buttare fumo negli occhi, per dare l'impressione, appunto, che anche voi vi interessate al problema. Ebbene, questoPag. 4Ministero senza portafoglio, previsto dall'articolo 1, comma 19, del decreto-legge in esame, si dice che dovrebbe regolare, incentivare e assistere la paternità e la maternità e consentire di conciliare i tempi di lavoro con i tempi per la famiglia. Questa non è politica del lavoro? Come può fare questo, un ministero che si interessa di assistenza? Non stiamo parlando, forse, di part time o, magari, delle tipologie contrattuali delle quali voi siete acerrimi nemici, perché siete spinti dalla furia iconoclasta della CGIL che vuole abolire integralmente la legge Biagi (non il ministro il quale, in sede di Commissione, ha fatto la parte del moderato)?
Allora, signor Presidente, l'impostazione di fondo del decreto-legge n. 181 del 2006 è da respingere totalmente. Si tratta di un provvedimento disorganico che provocherà un danno funzionale ed economico, con l'aumento dei costi della politica, all'amministrazione dello Stato. Questo decreto-legge costituisce un grave arretramento sia sul piano politico sia sul piano culturale [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, la Camera non può essere utilizzata come luogo di «intervallo» da parte del Governo! Noi abbiamo la nostra autonomia e una nostra autodeterminazione. Già da ieri sera, intorno alle 21,30, quando è ripresa la seduta, è sembrato che il Governo - se sarò smentito ne sarò felice - intendesse porre la questione di fiducia sul provvedimento in esame. Allora, mi chiedo per quale motivo la Camera debba spendere denaro per tenere una seduta notturna, come è accaduto ieri notte, e perché questa mattina si debba svolgere un dibattito inutile, tra sordi. Ove il Governo abbia deciso di porre la questione di fiducia, per rispetto del Parlamento lo faccia! Se non c'è questa eventualità, ne siamo felici. Il Governo potrebbe fare un accenno riguardo a questa ipotesi...
Non si tratta di una fiducia sugli eventi, signor Presidente. In qualunque momento del dibattito, il Governo, se ritiene che si siano create le opportune circostanze, può chiedere il voto di fiducia. In questo caso, invece, pare si tratti di un evento certo e, cioè, sembra che il Governo abbia già deciso di chiedere un voto di fiducia. Allora, per rispetto a questa Assemblea e alle funzioni che lei svolge in questo momento, signor Presidente, credo sia opportuno chiedere al Governo se intenda o meno porre la questione di fiducia, evitando di proseguire stancamente il dibattito, perché ne va dell'immagine della Camera. Quando si svolge il question time nell'aula vuota, quando si svolgono dibattiti stanchi che non portano ad alcunché, con riprese audio e video e persone che vi assistono, la Camera non ne esce assolutamente bene. Perciò, abbiamo il dovere - anche ieri sera ho svolto un intervento in questo senso - di difendere e rivendicare la separazione di poteri tra Camere e Governo. Non è possibile che da ieri sera, quando si è deciso - per quanto mi è dato sapere, ma potrei essere smentito - di porre la questione di fiducia, noi fungiamo da «intervallo» perché, magari, al Governo serve, per così dire, una motivazione, serve evidenziare che c'è un opposizione che fa ostruzionismo.
Non so che cosa il Governo stia aspettando ma, comunque, può smentire questa ipotesi. Altrimenti, signor Presidente, consiglierei di sospendere i lavori in attesa di una consultazione, se ci deve essere, tra Presidenza e rappresentanti del Governo, per capire come si intenda andare avanti con i lavori della Camera. Noi non possiamo stare qui a fare da «intervallo». Lei ci deve garantire, ci deve comunicare, all'inizio della seduta, qual è la programmazione dei lavori della nostra giornata. Anche perché ci sono colleghi che si trovano a Roma per svolgere la funzione parlamentare e che non possono essere trattenuti per i corridoi, come se questa sede fosse una anticamera, una sala d'attesaPag. 5per i comodi del Governo. Noi siamo il Parlamento! La invito, signor Presidente, a chiedere al Governo se questa consistente voce circa la volontà di porre la questione di fiducia risponda o meno al vero (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, raccolgo il significato politico del suo intervento. Lei si rende conto che, così come giustamente c'è l'autonomia della Camera nel disciplinare i propri lavori, c'è anche l'autonomia del Governo nell'assumere e comunicare le proprie decisioni. Normalmente, la richiesta di porre la questione di fiducia, come lei sa, è formulata da parte del Governo al termine della discussione sulle linee generali, in sede di replica. Io sono chiamato a garantire a tutti i colleghi la possibilità di partecipare alla discussione sulle linee generali. Si sono iscritti a parlare 178 colleghi e, quindi, dobbiamo proseguire.
GIACOMO STUCCHI. Fino all'ultimo!
PRESIDENTE. È del tutto evidente che, al momento, noi dobbiamo continuare la discussione sulle linee generali. La ringrazio, comunque, per il suo intervento.
È iscritto a parlare l'onorevole Brigandì.
GIACOMO STUCCHI. Presidente, è impegnato in una riunione della Giunta delle elezioni.
PRESIDENTE. Allora, il suo intervento sarà posticipato.
Constato l'assenza dell'onorevole Bosi, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Lazzari. Ne ha facoltà.
LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, con il mio intervento cercherò di spiegare perché noi consideriamo questo decreto-legge sbagliato sul piano politico e, soprattutto, dannoso per l'organizzazione e l'efficienza dell'azione di Governo. Credo sia difficile convincere il paese che aver portato gli incarichi di Governo a 102 unità, operando una sorta di moltiplicazione delle competenze e delle poltrone, sia stato un atto utile per dare efficienza ed efficacia al Governo. Penso, invece, che l'opinione pubblica abbia percepito la reale portata di questo provvedimento, il suo contenuto demagogico e la sua carica di disprezzo per le norme e i modelli organizzativi che, pure, erano stati sanciti da decisioni legislative assunte dalla stessa maggioranza che oggi li calpesta.
Non solo. Questa decisione è diventata, per gli italiani, l'immagine simbolo di una maggioranza risicata la quale, pur di occupare tutti gli spazi e le funzioni istituzionali, non indietreggia di fronte ad una operazione di grande spartizione di poltrone, in virtù della quale a nessun lamento si è negato, in regalo, una parte del grande «spezzatino» a cui è stato sottoposto il sistema organizzativo dello Stato. Anche il ricorso all'utilizzo del decreto-legge come primo atto del Governo Prodi rende esplicito questo desiderio diffuso e l'ansia di partecipare all'occupazione del potere.
Né sorprende che regista di tutto ciò sia stato il Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi. Il cinismo applicato per dirimere i desideri e la fame dei gruppi e dei singoli da parte del Capo del Governo ha arricchito il livello di conoscenza del personaggio Prodi, tanto bravo a moraleggiare sui comportamenti degli altri e spesso pronto a tracciare percorsi etici anche per i cittadini italiani, ma freddamente incurante di far valere per le proprie azioni gli stessi consigli e le stesse raccomandazioni elargite con estrema disinvoltura agli altri.
È ovvio che, nei cittadini italiani, si fa strada il confronto stridente tra i primi tre mesi del Governo Berlusconi ed i primi tre mesi del Governo Prodi. È netto il contrasto tra un'azione di governo, che potrà essere stata criticata, ma che non può non essere ricordata per la carica di riformismo e di aggressione ai problemi più urgenti del nostro paese, e l'attendismo, invece, la quasi paralisi di questo Governo,Pag. 6così cinicamente attento agli equilibri politici e così distratto rispetto alle necessità del paese.
In questa circostanza, emerge anche la relatività del concetto di verità che viene coltivata dall'attuale maggioranza. È evidente, infatti, il rovesciamento delle parti rispetto all'osservanza delle norme e all'organizzazione dello Stato. Sarebbe istruttivo per l'opinione pubblica far ascoltare quello che la sinistra diceva cinque anni fa, all'atto della formazione del Governo Berlusconi, in merito all'organizzazione dello stesso Governo. Così pure, la verità sulla vocazione al rispetto dell'Unione europea si dimostra perlomeno molto elastica nell'uso che l'attuale maggioranza ne fa a seconda delle necessità.
L'Accordo di Lisbona aveva sancito la saldatura tra le politiche del lavoro e dello sviluppo e quelle sociali. Lo «spacchettamento» messo in cantiere mi pare che mandi in soffitta le indicazioni dell'Unione europea. La verità che emerge è, invece, molto più semplice ed ovvia; quando si tratta di scegliere tra l'interesse del paese e quello della propria parte politica, non c'è la minima esitazione: la sinistra sceglie sempre la seconda.
Più preoccupante è il quadro delle scelte di assetto del Governo nel settore delle attività di sviluppo. Risulta di cattivo gusto aver dato un nome impegnativo «Ministero dello sviluppo» ad un ministero ormai spogliato di una serie di materie distribuite ad altri ministri, non ad altri ministeri. Penso alla gravità di aver sottratto il settore del turismo, che è sicuramente trainante per l'economia italiana, che contribuisce, in maniera significativa, alla produzione della ricchezza nazionale e che avrebbe avuto bisogno di un raccordo e di una armonizzazione con le altre attività economiche, soprattutto se si tiene conto che il turismo è materia, in gran parte, di competenza regionale e che necessita di rilancio con un'azione di coordinamento delle autonomie regionali. Averlo declassato ad un piccolo fardello da allocare dove meglio capita è un'offesa al lavoro di tanti operatori e di tanti lavoratori.
Ancor più grave è la situazione se si va alla verità vera di questo «spacchettamento», ossia un omaggio alle vocazioni del ministro alle quali cinicamente si piegano le ragioni dell'economia e della crescita. Altrettanto vale per il commercio estero: in questo caso, lo spostamento si è reso necessario come tranquillizzante, una specie di tisana servita per ovviare al mal di pancia della Rosa nel Pugno.
Fanno sorridere le giustificazioni recuperate a fatica per rendere presentabile l'operazione. Speravamo, sinceramente, che il cambio di Governo potesse significare un'occasione per dare slancio al sistema produttivo, nell'interesse esclusivo della crescita e dell'avanzamento della nostra economia. Nessuno pensi che questi siano problemi solo di schermaglia politica. Il mondo produttivo italiano è rimasto deluso da queste scelte; non c'è stata, infatti, una reazione di fiducia da parte degli operatori, quasi fosse subentrata una forma di rassegnazione e di scoramento alle speranze lecite che sempre accompagnano i cambiamenti politici. Voi avete risposto con questo atto di arroganza e di egoismo politico che allontana ancora di più la politica dal paese.
Per queste ragioni, signor Presidente, la nostra avversione al provvedimento in esame è totale e senza sconti (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Dussin e Campa, iscritti a parlare: si intende che vi abbiano rinunziato.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Pag. 7Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1287)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento trova la più netta contrarietà del gruppo della Lega Nord Padania. Abbiamo già manifestato tale contrarietà nel corso della discussione del provvedimento nell'altro ramo del Parlamento e alla Camera, in Commissione affari costituzionali. Questa contrarietà si manifesta non solo attraverso l'intervento che sto svolgendo e quelli che, più autorevolmente, hanno svolto altri colleghi del mio gruppo, ma anche con la presentazione di una serie di proposte emendative volte a mettere in luce gli aspetti più critici di un provvedimento che, complessivamente, consideriamo in maniera molto critica, e, se possibile, a correggerli. Ma facciamo la cronaca di ciò che è accaduto.
Il primo aspetto che va messo in luce è che non si tratta di un provvedimento di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri, come, in maniera aulica, recita il titolo di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame. Si tratta di un vergognoso provvedimento che è servito a Prodi per creare il Governo, sistemando i vari appetiti politici. Quindi, risponde alla logica non della funzionalità della pubblica amministrazione, ma di spartizione e di sistemazione degli equilibri interni alla maggioranza.
Avremmo potuto capire un riordino delle competenze, delle attribuzioni, dell'organizzazione dei ministeri, se, alla fine, il saldo fosse stato «in pareggio». Avremmo potuto discutere il merito delle scelte. Invece - l'ho ricordato ieri nel corso dell'intervento sulle questioni pregiudiziali -, la realtà è diversa e lo dimostra il fatto che i banchi del Governo non sono più sufficienti. Infatti, il provvedimento in esame ha partorito un numero senza precedenti di ministri, di viceministri e di sottosegretari. Questa è la prova che il provvedimento risponde non a logiche di funzionalità della pubblica amministrazione, ma a logiche meramente spartitorie.
L'iter del provvedimento è iniziato male, perché il giorno del giuramento del Governo Prodi, dopo lo stentato risultato elettorale, abbiamo appreso dalla televisione che erano stati nominati alcuni ministri a capo di ministeri che, in realtà, non esistevano. L'abbiamo appreso non da qualche velina, ma attraverso un comunicato emesso dalla Presidenza della Repubblica e, congiuntamente, dalla Presidenza dei Consiglio dei ministri. Sono stati indicati come referenti dei ministeri «spacchettati» i ministri prima ancora che vi fosse un atto normativo a sostegno delle relative scelte. L'atto normativo è intervenuto successivamente, cosa che, a nostro avviso, dal punto di vista politico e giuridico, non può sanare ciò che è accaduto. È intervenuto, successivamente, il decreto-legge che ha aumentato il numero dei ministeri e ha «spacchettato» le varie competenze.
Questo è il primo punto che, secondo me, va messo in luce. È mai possibile emanare un decreto-legge per riorganizzare, se questo dovesse veramente essere l'intento, la struttura e l'organizzazione dei ministeri? Quali sono i requisiti di necessità e d'urgenza posti a fondamento di un atto di questo tipo? È ovvio che essi non vi sono poiché sono legati soltanto, come dicevo, a logiche spartitorie di carattere politico.
Quindi, l'atto del Governo si è risolto in uno schiaffo politico nei confronti del Parlamento e di tutti i cittadini; non mi riferisco, infatti, soltanto a quelli che hanno votato per il Governo Prodi con maggioranze differenziate alla Camera ed e alla Senato e con una grossa ipoteca per quanto riguarda il risultato elettorale che ancora deve essere valutato nel suo complesso. È successo esattamente questo: è stato dato uno schiaffo al Parlamento chePag. 8si è ripetuto nel momento in cui il provvedimento è arrivato al Senato ed il Governo ha deciso di soffocare il dibattito parlamentare ponendo la questione di fiducia. La cosa penso si ripeterà oggi alla Camera, una volta terminato il balletto degli interventi.
Ciò che diceva l'onorevole Buontempo è vero: noi siamo qui per recitare una parte, per perdere, oggettivamente, del tempo perché sappiamo - come da comunicazioni di autorevoli esponenti della maggioranza in Commissione - che, fra pochi minuti, il Governo chiuderà tutto ponendo la questione di fiducia. In ogni caso, anche il fatto di porre la questione di fiducia, comprimendo così il dibattito parlamentare - di fatto impedendolo poiché non si terrà la discussione sugli emendamenti -, è molto grave dal punto di vista politico.
Detto questo, vorrei brevemente analizzare alcuni aspetti relativi al contenuto del provvedimento d'urgenza. Come dicevo, si tratta non di un provvedimento di riordino, bensì di una moltiplicazione delle poltrone e, conseguentemente, di un aumento della spesa pubblica.
Voi che chiedete il rigore e che intendete spingere verso una politica di sobrietà avete nominato 102 componenti del Governo le quali, lo sapete benissimo, aumenteranno ancora attestandosi, probabilmente, a 106-107 unità. Al riguardo, non so darvi ancora una precisa quantificazione perché mi sembra che ancora non abbiate individuato un sottosegretario per la gestione della legge finanziaria in Parlamento; tra l'altro, con la maggioranza che vi ritrovate si tratterà, sicuramente, di una partita assai complessa: alla faccia del risparmio delle spese!
Inoltre, nel provvedimento si fa presente che l'aumento del numero dei componenti il Governo non comporterà nuove spese, tranne l'aumento, la lievitazione delle somme per gli stipendi. Comunque questo è un fatto rilevante perché i sottosegretari e i ministri, normalmente, sono sempre stati parlamentari; si tratta di casi eccezionali per un breve periodo. Anch'io sono stato sottosegretario non parlamentare, ma si è trattato di un brevissimo lasso di tempo poiché avevo concluso un'esperienza in consiglio regionale. Voi invece avete scientificamente fatto dimettere i sottosegretari da parlamentari in modo da aumentare la schiera di persone pagate - i sottosegretari ed i ministri hanno un'indennità equiparabile a quella di parlamentare - con stipendio sistemando, oltretutto, gli equilibri politici con l'ovvia aggiunta di poltrone.
Quindi non è irrilevante l'aumento di spesa per quanto riguarda gli stipendi della classe politica, soprattutto nel momento in cui l'intero paese ci guarda, ci osserva e si aspetta da noi dei segnali di rigore.
Voi non solo non avete dato segnali di rigore, ma, vergognosamente, avete aumentato, moltiplicato le poltrone e le spese per venire incontro agli stipendi dei politici: questo è il dato.
A tutto ciò si aggiunge il costo dello stesso provvedimento per quanto riguarda le strutture e l'organizzazione conseguente all'interno dei ministeri. Voi affermate nel provvedimento che il costo sarà zero per ciò che concerne l'organizzazione e le strutture, perché utilizzerete personale e budget che già esistono. Con riferimento, per esempio, alla figura dei viceministri voi affermate, attraverso le disposizioni del provvedimento, che questi ultimi avranno la stessa dotazione dei sottosegretari. Peccato, però, che nello stesso testo, in seguito precisate che il ministro competente potrà apportare delle deroghe; nel caso in cui ciò dovesse accadere, ecco che il viceministro potrà nominare un capo della segreteria, un segretario particolare, un portavoce, un consigliere diplomatico, un capo dello staff tecnico. Quindi, fanno sorridere le affermazioni secondo cui il provvedimento sarà a costo zero e che si utilizzeranno le strutture all'interno dei ministeri. In realtà, questo provvedimento porterà ad un'ulteriore lievitazione senza precedenti delle strutture e dei relativi costi all'interno del ministero: altro che federalismo per il quale si batte la Lega, il movimento che oggi mi onoro di rappresentare attraverso questo intervento! Voi state andando nella direzione esattamente contraria,Pag. 9quella del centralismo. Voi rappresentate, impersonificate uno Stato che non si vuole asciugare, ma vuole aumentare ed espandersi continuamente. Se andate avanti così, la prossima volta ci ritroveremo ad avere 150 tra ministri e sottosegretari! Per questo è molto importante che si facciano le riforme in senso federale - noi lo ripetiamo in tutte le sedi - attraverso il federalismo istituzionale, ma soprattutto attraverso il federalismo fiscale.
Molti parlano delle potenzialità della riforma del Titolo V della Costituzione approvata dalla sinistra. È vero che questa riforma ha delle grandissime potenzialità, ma è anche vero che non è stata affatto attuata in questi cinque anni, anzi è stata lasciata lì aumentando e creando confusione sul punto. La riprova è che lo Stato non si è asciugato, il centralismo non è venuto meno ed oggi ci ritroviamo, infatti, 102 tra ministri e sottosegretari ed una moltiplicazione delle spese; quindi, l'aumento della spesa non è un aspetto secondario, ma, certamente, importante.
Questo provvedimento mina inoltre la funzionalità della pubblica amministrazione sotto l'aspetto dell'attività dei ministeri. Per esempio, nella XIV legislatura le politiche sociali erano viste in una prospettiva attiva ed integrata con le politiche del lavoro; infatti, molto opportunamente, si era creato il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (il Ministero del welfare), con l'individuazione del ministro Maroni quale responsabile.
Questo ministero ha lavorato molto bene, a detta non soltanto degli esponenti dell'allora maggioranza, realizzando una serie di riforme e di interventi significativi. Una delle ragioni del successo dell'attività del Ministero è stata la considerazione integrata delle politiche sociali e delle politiche del lavoro. Oggi, per ragioni di poltrone e per rispettare i vostri equilibri di maggioranza, questa dimensione, questa impostazione viene radicalmente cambiata, ed ecco che nascono ministri nuovi come il ministro per le politiche della famiglia e per la solidarietà sociale.
Tuttavia, dobbiamo anche svelare l'inganno: oltre ad essere assente una politica integrata (mi riferisco al principio per cui la mano destra finalmente sa cosa fa la mano sinistra), non avete nemmeno attribuito ai nuovi ministri gli strumenti necessari! Avete fatto crescere la spesa, ma non gli avete dato gli strumenti!
Vorrei citare l'esempio del Ministero per le politiche della famiglia. È stata prevista la figura del ministro Bindi, ma non è stato istituito il relativo ministero: si tratta di un ministro senza portafoglio. Pertanto, dovete spiegare come sia possibile l'attuazione delle politiche per la famiglia da parte di un ministro che non dispone delle risorse necessarie per intervenire a sostegno della stessa.
Le stesse considerazioni si possono svolgere in relazione ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale.
Al di là del nome che, da parte vostra, è certamente propagandistico, avete concepito una delega che rivela un'impostazione sbagliata delle politiche migratorie: avete, infatti, attribuito a questo ministero la funzione di vigilare sui flussi migratori che, invece, avrebbe dovuto essere di competenza del Ministero del lavoro. Attribuendola al Ministero della solidarietà sociale, avete previsto, anche dal punto di vista funzionale e amministrativo, una certa impostazione della politica dell'immigrazione: la considerate come qualcosa che non deve essere regolamentata e gestita, come accade in molti Stati occidentali (la regolamentazione dell'immigrazione dovrebbe essere un diritto e un dovere dello Stato), ma come qualcosa di ineluttabile, da considerare solo come un problema sociale ed assistenziale, indipendentemente dalla verifica dell'esistenza di un posto di lavoro o di un alloggio corrispondenti, e dell'integrazione, da parte di chi raggiunge il nostro territorio, nella nostra società, con il rispetto delle nostre regole, dei nostri usi e costumi, delle nostre tradizioni e lo svolgimento di un lavoro regolare.
Attribuendo tali competenze al ministro della solidarietà sociale, avete svelatoPag. 10una precisa linea politica, come del resto ribadito dal ministro dell'interno in diverse occasioni, nonché da altri esponenti del Governo, che hanno richiesto sanatorie generalizzate ed affermato, davanti alle coste della Libia, che tutti i cittadini libici potranno raggiungere tranquillamente il nostro territorio, in barba a qualunque regola, perché, tanto, è pronta la concessione del diritto di asilo!
Questa è la strategia che state portando avanti! Lo stesso ministro dell'interno, Amato, in sede di audizione in Commissione, invece di parlare dei problemi del terrorismo, anche alla luce di ciò che sta accadendo ai servizi di sicurezza, si è premurato di svolgere un discorso filosofico sulla concessione del diritto di cittadinanza: occorre, secondo la sua impostazione, superare il principio dello ius sanguinis per approdare al principio dello ius soli.
Tanto per usare espressioni più terra terra, la cittadinanza, secondo l'impostazione del Governo, del ministro Amato, verrebbe concessa a chiunque nasce sul nostro territorio. Quindi, tutti i figli degli immigrati, anche presenti da pochi giorni o da pochi mesi nel nostro paese, diventerebbero cittadini italiani.
Questi aspetti non sono secondari, perché la storia insegna che determinate strategie di solito o sono finalizzate ad apportare cambiamenti nella società, come in questo caso, oppure vengono adottate per far fronte a determinate esigenze concrete.
La concessione del diritto di cittadinanza secondo il principio dello ius soli è stata prevista negli Stati occidentali quando si intendeva favorire l'immigrazione; anzi, quando, addirittura, si avvertivano storicamente esigenze di colonizzazione (penso all'Australia, agli Stati Uniti alla fine dell'ottocento ed all'inizio del novecento); mai è stata adottata un'impostazione di questo tipo quando occorreva stringere le maglie dell'immigrazione!
Pertanto, in ordine a tale aspetto bisogna essere chiari! C'è o non c'è l'esigenza di stringere le maglie dell'immigrazione? A nostre avviso, tale esigenza si avverte!
Voi state portando avanti una politica per aprire le maglie dell'immigrazione, anzi per realizzare un processo di trasformazione della politica dell'immigrazione al fine di cambiarne completamente impostazione. State operando una rivoluzione per aumentare l'immigrazione: questa è la vostra strategia!
Ovviamente, di fronte a questa strategia che si manifesta in diversi atti, anche in questo provvedimento di «spacchettamento» dei ministeri, non ci faremo prendere in giro - non lo potete pretendere! -, consentendo l'invasione delle nostre città da parte degli immigrati.
Reagiremo duramente in Parlamento e nelle piazze delle nostre città. Abbiamo sopportato abbastanza! I cittadini del nord hanno subito abbastanza per quanto riguarda la qualità della vita, la sicurezza nelle nostre città!
Mi richiamo ancora all'audizione del ministro dell'interno relativamente agli aspetti legati alla sicurezza. Gli è stato fatto notare che il fenomeno dei furti in villa ha raggiunto un'elevata soglia di allarme sociale, ma il ministro ha affermato che costituiscono solo il 3 per cento delle rapine. È ovvio che i numeri si possono girare e rigirare come si vuole; in realtà, i numeri dicono che siamo di fronte all'aumento della criminalità, soprattutto, per l'incremento degli atti criminosi perpetrati dagli immigrati clandestini. Questa è la situazione!
È ovvio che chi è clandestino sul nostro territorio, deve arrivare alla fine della giornata e, quindi, per fare ciò, se non ha un lavoro lecito, si deve dedicare ad attività illecite. Pertanto, seguendo la vostra impostazione tendente a considerare l'immigrazione come una fenomeno libero, perché ineluttabile, si determinerà un aumento esponenziale della criminalità, di episodi considerati di piccola criminalità, anche se non è sempre così; spesso, infatti, dal punto di vista qualitativo, si registrano reati anche particolarmente gravi come quelli contro la persona. Tuttavia, considerando le statistiche, la percentuale più ampia riguarda i reati contro il patrimonio.Pag. 11
Pertanto, avremmo un aumento esponenziale dei reati, se la vostra filosofia dovesse essere messa a segno; qualora ciò accadesse, ci opporremmo nettamente.
Considerando altri aspetti del provvedimento, sempre in tema di Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all'articolo 1, comma 6, si rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione delle forme di esercizio coordinato delle funzioni aventi natura assistenziale o previdenziale, nonché delle funzioni di indirizzo e vigilanza sugli enti di settore.
Qui si dà una competenza al Governo, e segnatamente al Consiglio dei ministri, in una materia che invece dovrebbe essere oggetto di competenza e controllo da parte del Parlamento.
Questo è uno dei tanti aspetti che emergono dal provvedimento in esame. C'è indubbiamente un tentativo politico di non passare dal Parlamento. Questo per due motivi: perché dal punto di vista politico c'è una difficoltà obiettiva di questa maggioranza, che ha delle componenti estremamente eterogenee che dicono cose eterogenee, anche su punti particolarmente delicati (e quindi vi è un problema politico), e poi perché (e questo è un problema tecnico) questa maggioranza al Senato in realtà non ha la maggioranza e perciò è costretta a «ballare» con il voto dei senatori a vita.
A proposito: è indecoroso che degli uomini che sono stati nominati senatori per supposti meriti scientifici, e per aver onorato l'intera comunità, si prestino a giochi politici di basso profilo per tenere in piedi un Governo che non ha una maggioranza parlamentare! È indecoroso! Questo ci obbliga ad una riflessione sull'istituto dei senatori a vita, ed è indecoroso soprattutto che si usi lo strumento della sostituzione all'interno delle Commissioni. L'espressione del voto di fiducia già è qualcosa che ha ovviamente un significato politico, e il senatore a vita dovrebbe partecipare all'attività parlamentare facendo valere ovviamente la propria esperienza, ma non dovrebbe condizionare il risultato finale di quelle votazioni che hanno una valenza politica, per mantenere o meno in piedi maggioranze ed esecutivi. È ancora più indecoroso che utilizzino lo strumento della sostituzione di parte per gestire l'attività parlamentare all'interno delle Commissioni. Allora, è per questo motivo, perché non si ha una maggioranza parlamentare, che si ricorre a simili strumenti, spesso «infilando» riforme tra le pieghe dei provvedimenti che stiamo esaminando.
Passando all'esame di altri ministeri, devo innanzitutto porre in luce il fatto che viene «spacchettato» il percorso formativo attraverso la creazione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica. Si distingue quindi tra scuola e università, quasi che la persona non debba avere un unico percorso formativo. Anche qui si tratta dell'esigenza di redistribuire poltrone e poltroncine. Anche qui, questa scelta, dal punto di vista dell'organizzazione e delle strutture, è figlia di una idea molto pericolosa, e cioè dell'idea di voler smantellare le riforme che sono state fatte nella precedente legislatura.
Abbiamo infatti già visto ieri come, sempre utilizzando questo metodo subdolo della decretazione, delle deleghe, eccetera eccetera, nel provvedimento «mille proroghe» in realtà non ci fossero soltanto delle proroghe di carattere burocratico, ma uno smantellamento della riforma Moratti. Attraverso lo «spacchettamento» del ministero, si vuole realizzare anche qui uno smantellamento di una importante riforma che è stata fatta nella passata legislatura e che ha trasformato radicalmente l'istruzione, rendendola più vicina al cittadino e facendo in modo che si riducesse quel gap, che ormai era evidentissimo, per cui i nostri giovani uscivano con il pezzo di carta, ma non erano assolutamente pronti per il mondo del lavoro. C'era una grande distanza tra la scuola e il mondo del lavoro, tra la formazione e il mondo del lavoro, e proprio la riforma approvata con il sostegno della Lega nella passata legislatura ha creato una scuola più moderna, ha impostato una scuola più moderna.Pag. 12
Anche in questo caso voi mostrate di avere paura delle riforme, e infatti la prima cosa che avete fatto è cercare di smantellare una riforma importante per ritornare al passato! Nel testo del provvedimento si legge: «Ministero della pubblica istruzione». Nessuno è contro la scuola pubblica, ci mancherebbe altro, tutti la vogliamo sostenere, ma penso che tutti noi siamo contro, almeno per quanto riguarda la Lega, una scuola di Stato che abbia il monopolio dell'educazione e della cultura, perché questo tipo di scuola, questo tipo di impostazione è figlia dei regimi sovietici, è figlia della mancanza di libertà! Proprio per questo, nella passata legislatura si è andati nella direzione opposta rispetto a quella verso al quale voi state andando in questa legislatura.
PRESIDENTE. Onorevole Cota, la invito a concludere, perché ha terminato i suoi 30 minuti.
ROBERTO COTA. Grazie, Presidente.
Ricordo, ancora, lo «spacchettamento» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, diviso in due in un momento particolarmente importante, e per finire (concludo, e ringrazio tutti i colleghi per l'attenzione) il fatto grave di togliere le deleghe sul turismo, e quindi le competenze in materia di turismo al Ministero delle attività produttive. I nostri imprenditori hanno bisogno di considerare il turismo come una attività imprenditoriale ed industriale, non soltanto come un bene culturale da ricomprendere sotto le competenze del Ministero per i beni culturali.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ronconi, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Ritengo necessario fare un riferimento alla rubrica del provvedimento alla nostra attenzione. La scelta, nella rubrica di questo provvedimento, del termine «riordino» è a mio avviso un pochino, in un certo senso, infelice. È infelice perché, laddove si legge riordino, questo termine evoca sicuramente uno snellimento della macchina amministrativa, della struttura burocratica del nostro Stato. È sufficiente una superficiale lettura, però, dell'articolato del testo, per ravvisare una palese contraddizione tra il termine «riordino» e i contenuti dello stesso provvedimento.
Se noi avessimo veramente di fronte un riordino dei ministeri, un riordino della macchina amministrativa, non ci sarebbe che da essere soddisfatti. Il Presidente del Consiglio, in campagna elettorale, ha parlato di semplificazione, di sburocratizzazione, di riduzione delle spese ingiustificate, ha parlato di rendere più snella la struttura amministrativa. Ebbene, questo testo, che rappresenta il primo provvedimento che egli, come Presidente del Consiglio, ha posto in essere, è un provvedimento che sicuramente contraddice tutte queste premesse.
Penso quindi che rispetto a questo provvedimento, il termine «riordino» nel vocabolario di questo Governo possa essere tradotto come una operazione urgente e necessaria, finalizzata però a creare degli spazi vitali per i partiti della coalizione. Il termine volgare di questo provvedimento è: «spacchettamento».
Lo «spacchettamento» forse evoca anche l'apertura di alcuni regali: lo spacchettamento dei regali natalizi, per esempio. Sicuramente questo provvedimento di regali ne ha fatti alcuni, ad alcune forze politiche: certamente al ministro Bianchi, certamente al ministro Ferrero, al ministro Bonino, al ministro Mussi, per i quali ha trovato certamente degli spazi di azione che non c'erano in precedenza. Mi sia permessa la battuta: Prodi ha «spacchettato» per non incartarsi! Se pensiamo che con Cavour c'erano sette ministri e nessun sottosegretario, e facciamo il confronto con questo Governo, dove sono 102 le persone che ne fanno parte, sicuramente si nota una bella differenza!
Infatti, ad ogni figura in più, ad ogni compito in più corrisponde una struttura, del personale, dirigenti, funzionari, uffici, telefoni, ed ognuno vuole ritagliarsi compitiPag. 13con conseguente conflittualità. Abbiamo visto come il ministro Ferrero, abilmente dal suo punto di vista, abbia cercato di occupare spazi, creando conflittualità, anticipando alcuni temi ai giornali rispetto a quanto avrebbe dovuto fare in Parlamento.
Vi è poi un problema di metodo, particolarmente importante, che riguarda l'utilizzo dello strumento del decreto-legge. Signor Presidente, l'utilizzo della decretazione d'urgenza è stato valutato in termini e modi diversi nel corso degli anni da parte della Corte costituzionale. Sappiamo che, inizialmente, la Corte aveva effettuato una valutazione diversa da quella attuale sui presupposti di necessità e di urgenza affermando, in sostanza, che tali presupposti dovessero essere ancorati ad una valutazione politica, per cui il giudice delle leggi non sarebbe potuto entrare in tale valutazione ma solo rispettare le ragioni che avessero supportato la scelta.
Oggi, però, non è più così. La Corte costituzionale opera una valutazione tecnico-giuridica sui presupposti di necessità e di urgenza. Certo, è molto difficile che la Corte possa formulare un giudizio su di essi nei 60 giorni di vita di un decreto-legge. Però, in alcune pronunce ha esteso la propria valutazione alla legge di conversione, affermando che se vi è un vizio nella decretazione d'urgenza, se vi è un'assenza palese dei presupposti, la Corte la ravvisa ritenendo che tale vizio si estenda alla legge di conversione. Quindi, può pendere - diciamo così - una spada di Damocle sulla legge di conversione, una spada di Damocle che auspichiamo la Corte costituzionale ponga in essere.
Il 17 maggio 2006, per ritornare al problema di metodo, il Governo Prodi giura nelle mani del Presidente della Repubblica e nel decreto presidenziale di nomina, pubblicato due giorni dopo, il 19 maggio, figurano undici ministri senza portafoglio e quattordici ministri con portafoglio. Alla fine del giuramento, il Presidente del Consiglio annunciando la lista dei ministri, menziona quattro dicasteri inesistenti: solidarietà sociale, commercio internazionale, trasporti e istruzione. Il 18 maggio, in un'apposita riunione del Consiglio dei ministri viene emanato il decreto-legge n. 181 del 2006, che riordina l'attribuzione dei quattro ministeri, creando quattro dicasteri con portafoglio, assegnati a ministri che hanno giurato senza portafoglio, le cui attribuzioni sono state modificate con un decreto-legge successivo: Bianchi, Fioroni, Ferrero e Bonino.
Questo è un problema di metodo e ritengo utile rileggere ciò che è stato detto dal relatore, l'onorevole Boato, memoria storica del Parlamento, che con grande onestà intellettuale, nella relazione non ha toccato l'argomento della decretazione d'urgenza. Nel 2001, di fronte al Governo Berlusconi, l'odierno relatore disse: «Continuo a conservare un dubbio di costituzionalità per quanto riguarda l'adozione di questo decreto-legge. Il Governo aveva sì giurato al momento della sua adozione e quindi era legittimamente in carica, ma a mio parere non avendo ancora ricevuto la fiducia da parte neppure di un ramo del Parlamento, non mi pare che fosse in quel momento nella pienezza costituzionale dei poteri». Oggi, siamo nella medesima situazione. Aggiungeva, inoltre, l'onorevole Boato: «Il Governo non era legittimato, o - se vogliamo sfumare il giudizio - pienamente legittimato, ad adottare tale provvedimento, a meno che non immaginiamo, nella forma del Governo parlamentare che caratterizza la nostra Repubblica e la nostra Costituzione, che la fiducia delle Camere sia un orpello aggiuntivo o, come dite voi giuristi, ultronea, anziché rappresentare un atto costitutivo di corretto rapporto tra Governo e Parlamento». Aggiungeva, ancora, l'onorevole Boato: «Vi è un secondo profilo di costituzionalità che mi sembra giusto mettere in risalto e che non è sanato dal fatto che, nel frattempo, il Governo Berlusconi» - si riferiva chiaramente al 2001 - «ha avuto con amplissimo margine la fiducia da entrambi i rami del Parlamento» ed evidenziava appunto l'utilizzo della decretazione di urgenza.Pag. 14
Nel 2001, non so se si tratti di un caso di omonimia, l'onorevole Dario Franceschini, che mi sembra sia il capogruppo dell'Ulivo alla Camera, con riferimento alla decretazione d'urgenza utilizzata dal precedente Governo, affermava: «Abbiamo sottolineato quanto sia discutibile la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, ma ricorrendo alla forma del decreto-legge si è costretto il Parlamento a votare una specie di fiducia condizionata. Se questo decreto-legge non venisse convertito in legge, che tipo di fiducia avremmo dato ad un Governo in una composizione che poi deriverebbe realmente dalla mancata conversione del decreto-legge? Lo strumento non vi è dubbio era il disegno di legge, uno strumento lineare, che avrebbe corrisposto alla necessità del Governo di adeguare alla propria volontà la struttura, e non sarebbe stato un dramma per due ministri e qualche sottosegretario aspettare del tempo, prima di poter occupare quei posti».
Ritengo che, nonostante siano passati dall'opposizione al sostegno al Governo, queste idee, valutazioni, considerazioni giuridiche permangano nella mente e nella cultura dei due autorevoli parlamentari che ho citato. Considero l'utilizzo della decretazione d'urgenza censurabile o meglio censurabile laddove difettino i presupposti reali di necessità e di urgenza. Il Governo attuale ha avviato il rapporto con il Parlamento in modo poco lineare. Prendiamo il provvedimento che sarà esaminato prossimamente riguardante le liberalizzazioni: anche in quella circostanza, è stato utilizzato lo strumento della decretazione d'urgenza. Addirittura, vi sono ministri che non hanno partecipato al Consiglio dei ministri e che si sono trovati, nel proprio settore di competenza, il provvedimento senza neppure essere stati consultati. Ebbene, come evidenziava nel suo intervento l'onorevole Franceschini, vi sono strumenti idonei a fare ciò, ed uno di questi è sicuramente il disegno di legge.
Tornando al cosiddetto provvedimento sullo «spacchettamento», forse, una ragione di necessità ed urgenza era ravvisabile - lo confesso -, ed era quella di garantire la sopravvivenza o quantomeno la nascita del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. La discussione generale del provvedimento in esame sta durando da quasi otto ore.
Sono ancora iscritti a parlare quasi 200 colleghi dell'opposizione. Credo che di fronte ad un atteggiamento che spinge l'ostruzionismo al limite della sopportabilità istituzionale, anche la maggioranza, supportata dalle norme regolamentari, per evitare che si vada verso l'incongruenza dei lavori, debba garantire che vengano approvati gli strumenti e gli obiettivi legislativi attraverso i quali è possibile con efficacia dare governabilità al paese, che non può attendere un lunghissimo dibattito parlamentare spinto agli eccessi.
Chiedo pertanto, a norma dell'articolo 44 del regolamento, la chiusura della discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Avverto che sulla richiesta testé avanzata dall'onorevole Quartiani a norma dell'articolo 44, comma 1, del regolamento, darò la parola ad un oratore contro e ad uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare contro.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Intervengo solo per esprimere il mio rammarico per avere urtato la «sopportabilità» e la suscettibilità non solo del collega Quartiani, ma dell'intera maggioranza. Ricordo, però, che non vi è stato un solo intervento in discussione generale che possa essere attribuito a ragioni ostruzionistiche. Gli interventi sono entrati nel merito di un provvedimento che, badate bene, ha assunto una forma quasi kafkiana nellaPag. 15gestione da parte della maggioranza. Si tratta del primo provvedimento di questo Governo relativo all'organizzazione dell'esecutivo. Dopo avere richiesto la fiducia al Senato, cosa comprensibile vista l'esiguità dei numeri, si chiederà sicuramente la fiducia anche in questa Assemblea pur disponendo di 60 voti in più da parte della maggioranza! Ciò significa che non siete in grado di portare avanti i provvedimenti e vi appigliate ad una presunta e inesistente azione di ostruzionismo da parte dell'opposizione.
Noi voteremo contro questa richiesta perché ciò significa voler strozzare il dibattito su un provvedimento che, torno a ripetere, ha assunto una connotazione incredibile nel momento in cui la maggioranza ha deciso di chiedere la fiducia su delle norme nate per poter operare, cosa mai avvenuta in nessun Parlamento. Ritengo che ciò sia il segno dell'inizio di ciò che questa maggioranza intende fare in questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, mi pare evidente che noi stiamo operando in una condizione parlamentare che non garantisce, se non viene modificata, la conversione del decreto-legge entro i termini stabiliti. Ci troviamo di fronte non ad una presunta azione ostruzionistica, ma ad una reale azione ostruzionistica! Ovviamente, l'opposizione ha il diritto di utilizzare tutti gli strumenti che il regolamento le consente, allo stesso tempo anche la maggioranza ha il diritto di utilizzare gli strumenti che il regolamento le mette a disposizione per poter portare avanti le sue scelte, le sue proposte ed il suo programma. Per questa ragione esprimiamo il nostro consenso alla proposta avanzata dal collega Quartiani.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di chiusura della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione n. 1287.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 420
Maggioranza 211
Hanno votato sì 267
Hanno votato no 153).
Prendo atto che i deputati Bono, Rositani, Sanna, Di Gioia, Germontani, Carbonella e Verini non sono riusciti ad esprimere il proprio voto. Prendo atto altresì che il deputato Simeoni non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Ricordo che, essendo stata deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, a norma dell'articolo 44, comma 2, del regolamento, ha facoltà di parlare per non più di 30 minuti un deputato fra gli iscritti non ancora intervenuti nella discussione per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Uggè...
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
TEODORO BUONTEMPO. L'articolo 44, comma 3, del regolamento stabilisce che, dopo un intervento a favore ed uno contrario e la votazione, può parlare riguardo a ciò che si è votato, ossia la chiusura della discussione, un deputato che ne faccia richiesta...
MARCO BOATO. Dove l'ha letto?
TEODORO BUONTEMPO. Vuole che lo legga? L'articolo stabilisce che dopo che è stata deliberata la chiusura della discussionePag. 16ha facoltà di parlare un deputato per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
PRESIDENTE. Non è questo il caso...
TEODORO BUONTEMPO. Come non è il caso? Noi abbiamo votato la chiusura della discussione!
PRESIDENTE. Non siamo in fase di dichiarazione di voto. Comunque stavo dando la parola all'onorevole Uggè proprio perché, in base al regolamento, può parlare un deputato per gruppo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.
PAOLO UGGÈ. Credo che qualche considerazione di fondo sul perché questo provvedimento non meriti il consenso da parte mia e del nostro gruppo parlamentare vada fatta. Innanzitutto, dobbiamo denunciare una situazione grave. Di fatto, con questo modo di agire il Governo e la maggioranza parlamentare, che non corrisponde a quella del paese, dimostrano tutta la loro debolezza. Essi sono riusciti ad approvare provvedimenti esclusivamente attraverso voti di fiducia e questo la dice lunga sulla tenuta della vostra maggioranza.
Il senatore Panetta è arrivato addirittura a chiedere la riduzione dell'indennità parlamentare in quanto, giustamente, dopo aver riconosciuto la ridotta attività del Senato non se l'è sentita di percepirla integralmente. Egli, dopo aver constato il limitato esercizio dei suoi diritti e doveri di eletto, ha chiesto di vedersi ridurre l'indennità parlamentare.
Si tratta di dimostrazioni che attestano un'azione da parte della maggioranza che rasenta l'arroganza. Voi state commettendo un gravissimo errore a non impegnare il Parlamento nelle discussioni su fatti fondamentali, come può essere la struttura del Governo, che consentirà al vostro esecutivo, messo insieme in modo raffazzonato, di andare avanti nei prossimi mesi per tentare di governare il nostro paese.
Come ricordava ieri il collega Boscetto, noi riteniamo tutto ciò una manifestazione di arroganza. Ciò che mi fa riflettere è proprio la richiesta della fiducia su uno «spacchettamento» che voi stessi avete individuato dopo trattative e accordi. Non avete il coraggio di accettare un dibattito in Parlamento! Non è questo il modo di affrontare le cose seriamente, eppure sapete benissimo quanta importanza abbia la riorganizzazione della struttura del Governo. Per gestire il potere, perché solo questo a voi interessa, avete immediatamente dimenticato le ragioni per le quali un vostro ministro, Bassanini, presentò un disegno di legge che venne discusso approfonditamente e approvato, anche se con pochi voti di scarto. Esso stabiliva la riduzione dei ministeri con portafoglio da 18 a 12, adducendo ragioni di funzionalità, di organizzazione e di risparmio della spesa.
Oggi, all'inizio della legislatura, voi tutto ciò lo avete dimenticato. Trovate la soluzione alle contraddizioni presenti all'interno della vostra compagine creando nuovi ministeri e nuove poltrone. Questa è la serietà che il governo Prodi aveva annunziato in campagna elettorale? Voi, per soddisfare le vostre contraddizioni interne, avete pensato solo ad aumentare le poltrone. In ciò siete incoerenti e vi è discontinuità rispetto alle scelte che il centrosinistra fece nella penultima legislatura. Bassanini tentava di ridurre al minimo i ministeri per dare più funzionalità al Governo. Ciò aveva un senso. Egli arrivò persino ad eliminare il Ministero delle comunicazioni ed il Ministero della sanità. Oggi la sanità è divenuta sicuramente un punto di riferimento importante e voi ne esaltate l'esigenza per il nostro popolo, per la nostra gente, ma avevate addirittura pensato di «sospendere» o di sopprimere tale ministero.
Naturalmente, quando all'inizio della scorsa legislatura, per consentire la ripresa della funzionalità di un Governo serio, il Governo Berlusconi tentò di porre rimedio alle vostre decisioni profondamente sbagliate, voi strillaste come aquile: «Il Governo Berlusconi vuole occupare spazi diPag. 17potere, crea ministeri per soddisfare la fame di potere dei propri gruppi!». Ma noi abbiamo fatto funzionare il paese senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, abbiamo varato 36 grandi riforme, con l'istituzione di un Governo che ha saputo rispondere alle aspettative. Arrivate voi al Governo e, pur non avendo la maggioranza del paese, subito inventate lo «spacchettamento» dei ministeri, trovate un accordo politico e, successivamente, poiché avete paura del confronto e pensate che attraverso il dibattito qualcuno potrebbe ricredersi, ecco che «democraticamente» interrompete il confronto e chiedete la votazione di fiducia.
Avete anche detto cose che non stanno né in cielo né in terra! Ma come? Avete promesso la riduzione dei costi dello Stato: forse aumentare ministeri è una diminuzione? Quanti capi di gabinetto, quanti capi segreteria, quanti sottosegretari, quante strutture di segreteria, quanti autisti! Tutti costoro costano, non sono persone che vengono a lavorare gratuitamente, ma persone cui debbono essere attribuite indennità. Dov'è, allora, la riduzione dei costi che avete promesso? Avete preso in giro e continuate a prendere in giro la gente, perché già state pensando, per consentire di lavorare al vostro Governo - che non ha la maggioranza, soprattutto al Senato - di estendere tutte le indennità riconosciute ai parlamentari anche ai «tecnici», per rendere interessante a tali «tecnici» la copertura di posti nel vostro Governo! Non è certo questo il modo di affrontare i problemi in modo serio!
Per quanto riguarda la riduzione dei costi, come pensate di affrontare gli aspetti fondamentali ed economici del paese? Per finanziare lo «spacchettamento» dei ministeri avete addirittura sottratto risorse alla legge 14 maggio 2005, n. 80, la cosiddetta legge sulla competitività. Il Governo Berlusconi aveva messo a disposizione alcune risorse per rilanciare il paese, eppure voi prevedete uno stanziamento di 250 mila euro per il 2006 e di 375 mila euro per il 2007, e via di questo passo. Altro che competitività! Bisognava utilizzare la citata legge e, in merito, purtroppo dobbiamo evidenziare che chi nella passata legislatura non perdeva occasione per ricordare come la competitività fosse l'elemento fondamentale per lo sviluppo del paese e come il Governo dovesse intervenire sulla stessa competitività, come la competitività e la logistica fossero due facce della stessa medaglia e, quindi, attraverso i processi di logistica si potessero ridurre i costi - in tutti i convegni il presidente di Confindustria parlava del time to market: «Noi dobbiamo garantire la consegna delle merci in tempo reale, perché l'Italia altrimenti uscirà dai mercati europei» - oggi non parla più. Oggi il time to market è diventato la richiesta della riduzione del cuneo fiscale, che certamente fa comodo alle grandi imprese, a quelle che hanno molto, molto personale da accontentare, non a quelle che fanno investimenti sulla ricerca. Questa è la vostra risposta su un punto fondamentale, che può essere l'elemento che consente al paese di riprendere competitività!
Voi sottraete al citato provvedimento risorse che, invece, noi avevamo pensato di valorizzare, ed avevamo pensato di farlo proprio attraverso un ministero fondamentale per lo sviluppo del paese, ossia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, perché si fa la politica dei trasporti e, attraverso quest'ultima, si realizzano gli interventi sulle infrastrutture. Per tale motivo avevamo realizzato l'unificazione di tale ministero, identificando tutta la rete sul territorio, creando i SIT, che oggi voi sarete costretti ad abbandonare, facendo perdere tempo e creando problemi alla cittadinanza ed all'utenza, che si troverà di fronte ad uffici che non sono in grado di rispondere ai reali bisogni.
Faccio un piccolo inciso sulla questione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Occorre anzitutto capire perché, nella legislatura antecedente, il Governo Berlusconi ritenne opportuno aggregare in un unico dicastero le competenze di quattro dicasteri diversi: trasporti, lavori pubblici, marina mercantile ed aree urbane. In realtà, il dicastero della marina mercantile era già stato inglobato nei dicasteriPag. 18dei trasporti e dei lavori pubblici sin dal 1993, ma era rimasta, in ogni caso, poco chiara la collocazione di alcune competenze, quali le capitanerie di porto o le autorità portuali. Tale aggregazione di dicasteri rispondeva ad un'esigenza di omogeneità con gli altri paesi dell'Unione europea, soprattutto perché finalmente dal 1986, ossia dalla data di approvazione del piano generale dei trasporti, si attuava la prima condizione che lo stesso piano indicava per la corretta gestione dell'offerta trasportistica del paese. Addirittura, il piano generale dei trasporti prevedeva l'aggregazione del dicastero dell'ambiente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, cari colleghi della maggioranza di Governo!
Per comprendere tale esigenza di unitarietà ritengo utile approfondire ed analizzare alcuni esempi. La costruzione di un asse ferroviario e stradale ricade oggi, alla luce dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nelle competenze del ministro dei lavori pubblici, la sicurezza dei treni e delle auto che si muovono su tali assi è di competenza del Ministero dei trasporti, l'accesso di un asse ferroviario o stradale ad un impianto portuale o interportuale ricade nelle competenze dei Lavori pubblici, il controllo sulla gestione e sull'evoluzione dei singoli impianti ricade nella competenza del Ministero dei trasporti, la costruzione delle reti metropolitane nei Lavori pubblici, la sicurezza delle stesse reti metropolitane nel Ministero dei trasporti, la realizzazione degli impianti aeroportuali nella competenza del Ministero dei lavori pubblici, la sicurezza degli aeromobili ricade nella competenza del Ministero dei trasporti. Tutto ciò è in contrasto con quanto definito dalla legge di riforma del trasporto aereo del 2004. Ma voi ciò fate finta di ignorarlo o non lo sapete, infatti non sapete neanche ciò che avete fatto, non sapete neanche ciò che è scritto sul vostro sito Internet (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Il ministro dei trasporti parla del piano della logistica e non sa che sul sito del Ministero dei trasporti è pubblicato, dai primi mesi del 2006, lo stesso piano della logistica. Il ministro afferma che non c'è, che non è stato fatto! Guardi il sito del suo ministero! Questo approccio, da solo, denunzia quanto sia inaccettabile questa operazione, che non solo mette in crisi l'identificazione della responsabilità, ma, ancor peggio, fa venir meno la certezza dei soggetti preposti alla gestione delle risorse: viene meno, in altre parole, l'identificazione dei soggetti preposti alla gestione delle risorse, correlate sia alla realizzazione sia alla gestione degli interventi. Tale anomala articolazione «esploderà», in modo irreversibile, in occasione sia della predisposizione del DPEF sia del disegno di legge finanziaria per il 2007. In tale occasione, infatti, non solo emergeranno le assurdità di una simile gratuita divisione, ma anche le difficoltà a dare trasparenza tra competenza e cassa nelle varie assegnazioni. Tale frantumazione di competenze distrugge un concetto chiave che il Governo Berlusconi è riuscito ad introdurre nella cultura della logistica e dei trasporti, che voi dimostrate di non avere! Lo dimostra il ministro dei trasporti, quando afferma che vuole sottoscrivere il Protocollo dei trasporti della Convenzione delle Alpi, perché l'autotrasporto, a suo giudizio, deve spostarsi attraverso altre modalità: ferrovia e mare! Ma non si rende conto che il trasporto stradale non viaggia per diporto, ma porta le merci prodotte e trasformate nel paese? Non si rende conto che se i tempi di attraversamento delle Alpi si allungano a pagarne le conseguenze è l'intera economia nazionale?
Non si rende conto, quando dice che «brinderà» il giorno che un mezzo pesante su strada si trasferirà da quest'ultima al mare, che è pronto un regolamento ma manca il decreto di attuazione che deve essere firmato da lui: non lo ha ancora firmato dopo 50 giorni!
Il ministro dichiara sui giornali: «Noi rilanceremo le autostrade del mare», ma il provvedimento già c'è, è stato approvato, è stato sottoscritto, è lì pronto e manca solo il decreto attuativo! Non sapete neanche di che cosa parlate e poi voletePag. 19discutere di competitività (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Il paese aveva finalmente capito che la realizzazione di un'infrastruttura non rappresenta un arricchimento infrastrutturale del territorio, non rappresenta un supporto settoriale alla fluidità della mobilità ma un'immediata crescita dell'economia! Voi questo non lo avete capito. Il paese si stava rendendo conto che la politica delle infrastrutture e dei trasporti non è né potrà mai essere una politica di settore. Ci sono tanti esempi che aiutano a capire una simile peculiarità: l'incidenza del costo della logistica e del trasporto sulla produzione industriale è pari al 22 per cento.
Poiché il valore della produzione industriale in Italia nel 2005 è stato pari a 964 miliardi di euro, il costo del trasporto e della logistica risulta pari a 212 miliardi di euro. Negli altri paesi dell'Unione europea l'incidenza del costo della logistica e del trasporto non arriva al 14 per cento. Il costo della congestione, sempre più sul prodotto industriale, è pari al 2,4 per cento. In realtà, nel 2005, il nostro paese, per la carenza di un sistema di rete di trasporto intermodale efficiente, ha praticamente bruciato 23 miliardi di euro: il valore di una legge finanziaria!
I nostri impianti intermodali, porti, interporti, aeroporti hanno un costo dell'ultimo miglio talmente elevato da invalidare un'intera filiera logistica. È sufficiente pensare al tempo che impiega un Tir per uscire dal casello autostradale di Napoli - sulla A1 - e arrivare al porto di Napoli: lo stesso tempo che impiega per percorre il tratto Napoli-Roma!
Noi avevamo invece capito la forza e l'incidenza dell'efficienza logistica e trasportistica nell'economia del paese, ma questo Governo ha preferito ignorare queste peculiarità, azzerando un dicastero che dava ruolo e funzione a tale singolarità. Avevamo compreso che la mobilità delle persone, in un paese in cui le attività del terziario si attestano intorno al 70 per cento, è determinante per la crescita del PIL, e che tale mobilità è garantita proprio dalla capacità di rendere organiche le azioni legate sia all'offerta infrastrutturale, sia alla gestione dei servizi che su tale offerta insistono. Avevamo, cioè, capito che il dicastero unico, attraverso l'allegato infrastrutture, garantiva un'immediata prospettazione programmatica sia degli interventi infrastrutturali, sia di quelli gestionali. Avevamo capito quanto sia indispensabile un approccio unitario nell'identificazione e nella gestione dei provvedimenti relativi alla sicurezza nelle varie modalità di trasporto.
Ebbene, non solo tutto questo, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ridisegna i due dicasteri, viene meno, ma si produce un blocco reale nella gestione della cosa pubblica. In realtà, il fattore tempo burocratico produrrà una stasi strutturale nella crescita del paese: noi tutto questo lo avevamo capito!
Avevamo realizzato un patto per la logistica, avevamo coinvolto i rappresentanti degli interessi presenti nel paese, sottoscritto da Confindustria, Confcommercio, Confederazione dell'artigianato, Confederazione delle cooperative, rappresentanti del mondo della spedizione. Abbiamo realizzato un piano della logistica - che l'attuale Governo fa finta di dimenticare esista - condiviso, non un piano calato dall'alto! Così si fa la concertazione: si discute e ci si confronta e, alla fine, il Governo decide. I risultati ci sono stati perché noi siamo stati anche in grado di fare una modifica - questa sì nella logica della liberalizzazione - di due settori, autotrasporto persone e merci, viste le norme che erano vecchie di 97 anni: la legge delega era del 1996!
Il centrosinistra, nella passata legislatura, non è stato in grado di fare questa riforma. Così come state operando per i tassisti, allo stesso modo, non avete saputo realizzare una riforma del mondo del trasporto delle merci e della logistica. Noi l'abbiamo fatta con il consenso delle parti, non concertando ma discutendo e, alla fine, assumendoci le responsabilità della decisione, e la riforma è andata avanti. Oggi, però, questa riforma è ferma perché il ministro dei trasporti non ha ancoraPag. 20capito il senso di quella riforma, non ha ancora ricostituito la consulta dei trasporti e della logistica!
Il ministro ha convocato le associazioni degli autotrasportatori dopo 50 giorni e dopo una minaccia di iniziative di mobilitazione! Sapete, inoltre, cosa ha avuto il coraggio di dire? Che quanto sottoscritto con un protocollo d'intesa dal precedente Governo non obbliga minimamente l'attuale esecutivo a rispettarlo. Ma come: e la continuità dove va a finire? Ma perché non va a dire agli statali che i contratti che ha firmato non si devono applicare? Non riconosce gli accordi che sono stati sottoscritti dal precedente Governo: questo è il modo in cui volete affrontare le tematiche legate all'economia, non comprendendo questo fatto!
Ritengo di avere evidenziato come voi affrontate la questione della competitività, che è alla base dello sforzo che il paese deve fare per recuperare terreno in questa direzione e ridare, quindi, opportunità e benessere ai cittadini. Con questa iniziativa, voi dimostrate di avere a cuore non gli interessi del paese, ma solo quelli di bottega dei partiti che vi sorreggono (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Mi pare che, a questo punto, non ci sarà bisogno di parlare 30 minuti. Come si diceva poco fa, bisogna affrettare i tempi posto che il tempo è denaro (e non lo si può sprecare).
Voglio intervenire affinché rimanga agli atti il mio giudizio sullo spirito di questo decreto-legge. Si tratta di un decreto-legge emanato secondo necessità ed urgenza e, infatti, tale necessità ed urgenza vi sono, solo che si tratta di necessità e urgenza per la maggioranza, non per il paese o per questo Parlamento! Vi sono una necessità ed una urgenza di provvedere al cosiddetto riordino di una materia che era stata già ordinata, guarda caso nella XIII legislatura, da questa maggioranza che ora si trova al Governo. Tutto era stato fatto al suono di trombe e con rullo di tamburi perché, finalmente, si trattava di un riordino serio: bisognava spendere meno e garantire maggiore efficienza. Noi abbiamo un po' criticato tale riordino, cercando di migliorare la norma che poi abbiamo anche approvato. Quando però si costituì il Governo Berlusconi, si gridò allo scandalo perché ci si era permessi di dividere le competenze di qualche Ministero, in particolare quello della salute e del lavoro (furono divisi). Ora, però, questo stesso Ministero è stato diviso in quattro: lavoro e previdenza, Ministero della salute, Ministero della solidarietà sociale e, poi, Ministero della famiglia.
Cosa è successo? Ad un certo punto, i portafogli non sono più bastati ma c'era il bisogno di dare un ministero a qualcuno (alla Bindi). Purtroppo, si trattava di un ministero senza portafoglio, ma tanto - così avete pensato - con o senza portafoglio un ministro è sempre tale.
Questo fatto si è poi ripetuto per altri ministri, guarda caso donne. Ricordo che in quest'aula abbiamo sentito i colleghi della sinistra stracciarsi le vesti per le quote rosa, per la presenza delle donne nelle istituzioni ma, alla prima occasione, vediamo che le stesse donne o non ci sono o non hanno diritto al portafoglio, perché forse non sanno amministrare (noi sappiamo bene che le nostre donne sanno amministrare). In questa occasione questo è ciò che è accaduto.
Questo provvedimento è stato poi assunto in modo affrettato perché i contenuti non c'erano: bisognava solo creare un certo numero di ministri, viceministri e sottosegretari che, poi, in definitiva non sono neppure bastati. C'era infatti bisogno di altri tre sottosegretari e così è stato fatto: per le deleghe, poi, si vedrà. Nel frattempo, però, tali deleghe non sono ancora state date ad alcuni sottosegretari e viceministri, guarda caso quelli della Sicilia. I viceministri della Sicilia non hanno avuto la delega (l'ha avuta solo l'onorevole D'Antoni ma è molto generica). Non ha però avuto la delega l'onorevolePag. 21Capodicasa, che apprezzo perché, in mancanza di lavoro al ministero, se ne sta qui in Parlamento utilizzando bene il suo tempo: viene qui a lavorare, va nelle Commissioni, insomma, espleta bene il suo impegno. Di questo dobbiamo dargli atto.
Le competenze dei ministeri, inoltre, non erano chiaramente determinate. Se chi ha un po' di esperienza esaminasse l'atto parlamentare, constaterebbe che il testo a sinistra è scritto in un modo, mentre a destra vi sono frasi riportate in grassetto. Ciò che è scritto in grassetto sono, ovviamente, le modifiche apportate dal Senato, vale a dire il vero contenuto del decreto-legge.
Il Senato, in sede sia di Commissione sia di Assemblea, ha stabilito quali fossero le competenze dei ministeri, e si tratta di tutte le parti del testo scritte in neretto ed in corsivo nella parte destra dello stampato del provvedimento. Ciò significa che le idee non erano chiare e che vi era solamente una necessità: creare 102 posti di governo. Se facciamo il conto, vi è un rappresentante dell'esecutivo ogni nove parlamentari; in rapporto alla Camera, vi è un rappresentante del Governo ogni sei deputati, mentre con riferimento al Senato vi è un componente governativo ogni tre senatori. Mi pare che si tratti di una buona percentuale!
Peraltro, ciò non è bastato, perché, nel frattempo, il Governo ha fatto dimettere alcuni parlamentari dal loro incarico, in quanto bisognava farne subentrare altri. Tutto questo ha determinato maggiori spese: infatti, bisogna pagare sia il deputato subentrante, sia il sottosegretario che sta al Governo. Dove sono, allora, l'efficienza e l'economicità che il precedente Governo di centrosinistra si prefiggeva di ottenere?
Non ho ascoltato alcuno spiegare quali fossero i presupposti di necessità e di urgenza del decreto-legge in esame, oppure chiarire i motivi di efficienza che hanno indotto a creare così tanti ministri, viceministri e sottosegretari. Non me lo ha spiegato nessuno né sui giornali, né sui comunicati stampa, né in qualsiasi altro luogo. Ci è stato solo detto che, operando in questo modo, si sarebbe governato meglio.
Mi sembra che tutto ciò che sto affermando dimostri chiaramente i motivi alla base di questo riordino che, con un po' di fantasia, i giornalisti hanno chiamato «spacchettamento». Che cosa si spacchetta, infatti? Si spacchetta un pacco, e quindi il provvedimento in esame è un «pacco» confezionato da questo Governo e che noi spacchettiamo.
Dopo che lo abbiamo spacchettato, vediamo, allora, cosa troviamo all'interno di tale «pacco». Vi troviamo attribuzioni conferite a diversi ministeri in modo piuttosto confusionario e raffazzonato, perché prima si è costituito l'organo e dopo è stata creata la funzione. Vorrei tuttavia rilevare che, in genere, non è così: l'organo deve essere in rapporto con la funzione da esercitare, e lo sostengo anche in qualità di medico!
Nel caso di specie, invece, è stato prima creato un organo, sostenendo che ciò non aveva importanza, perché il problema sarebbe stato affrontato successivamente. Speriamo che non vi siano altri «appetiti» e che non abbiano successivamente luogo altre nomine, perché ciò sarebbe abominevole e comporterebbe nuove spese! Vorrei osservare che la buona amministrazione deve essere conseguita anche con oculatezza, come farebbe, del resto, un buon padre di famiglia.
Peraltro, come è stato fatto notare poc'anzi, la Sicilia ha solo due viceministri ed un sottosegretario di Stato. Vorrei pertanto chiedere a questo Governo dove sia l'attenzione verso il meridione e la Sicilia, visto che non ha ritenuto di nominare i ministri siciliani: forse, noi siciliani non siamo considerati persone in grado di assumere incarichi di governo? Mi sembra che ciò dimostri scarsa attenzione e considerazione nei confronti dei miei colleghi siciliani della maggioranza, i quali, a mio avviso, erano a tutti gli effetti idonei ad assumere l'incarico di ministro!
Si afferma, tuttavia, che c'è attenzione verso il meridione, ma vorrei ricordare che il primo segno di tale attenzione èPag. 22stato l'annuncio, diffuso con grande enfasi, della «chiusura» del progetto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Sembra che tale ponte sia il rimedio di tutti i mali: si afferma, infatti, sia che non vi sarà sviluppo senza la sua realizzazione, sia l'esatto contrario. Pare, quindi, che sul ponte sullo stretto di Messina si giochi tutto.
Proprio ieri sera rileggevo la mia relazione ad una proposta di legge che ho presentato in materia di imposte sulla benzina in Sicilia. Ebbene, in tale documento affermavo che la Sicilia è isolata perché, tra l'altro, è un'isola e non esiste una continuità né territoriale, né ferroviaria, né stradale e tutto finisce con il mare. Pertanto, ricordo che per noi siciliani il ponte ha rappresentato, per molto tempo, un'occasione di riscatto, vale a dire un mezzo di collegamento non solo con l'Italia, ma anche con il continente europeo: le grandi vie di comunicazione, infatti, finiscono nel cuore dell'Europa. Se non dovesse essere più realizzato il ponte sullo stretto di Messina, dunque, la Sicilia non avrà altre vie di comunicazione.
Sappiamo, tra l'altro, che anche senza tale infrastruttura la Sicilia rappresenta comunque il crocevia con il Medio Oriente e con l'Africa, poiché si trova al centro del Mediterraneo. Vorrei altresì osservare che la mia regione rappresenta dal punto di vista non solo geografico, ma anche culturale - grazie al suo tradizionale rapporto con i paesi del Medio Oriente - il punto di incontro della civiltà italiana con il mondo arabo.
La realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, dunque, è anche un segnale di natura culturale, nonché un segno di civiltà, poiché dobbiamo sviluppare i contatti con l'area euromediterranea. Ricordo che affermiamo sempre che dobbiamo avere, nel 2010, un rapporto con i paesi della riviera euromediterranea, ma tutto ciò non potrà avvenire se verranno cancellate le proposte che, dal punto di vista anche ideale, possano consentire lo sviluppo non solo della Sicilia, ma anche dell'intero meridione.
Per tutte queste motivazioni che ho brevemente esposto - non voglio dilungarmi ulteriormente, perché sono stato già abbastanza chiaro -, preannuncio che il gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) non potrà votare a favore del provvedimento in esame. Infatti, esso è necessario ed urgente non per i nostri cittadini, bensì per questa maggioranza. Tale provvedimento non è sufficientemente motivato e nessuno nella maggioranza governativa ha spiegato con chiarezza i presupposti della sua adozione.
Le motivazioni, tuttavia, sono chiare: si tratta di un decreto-legge fondato solamente su una questione di potere, poiché mira a ridurre l'appetito di alcuni componenti della maggioranza per garantire la sua tenuta; peraltro, mi sembra che il ricorso alla posizione della questione di fiducia la dica lunga! Vorrei rilevare, infatti, che si pone la questione di fiducia quando non vi è la sicurezza che, all'interno della maggioranza, tutti voteranno a favore del provvedimento. Con la maggioranza che voi avete, la richiesta di fiducia dimostra che avete qualche problema numerico all'interno della vostra coalizione, e che forse molti di voi non avrebbero votato a favore della conversione in legge del decreto-legge in esame.
Ciò significa che anche la vostra stessa maggioranza esprime un giudizio negativo sul provvedimento in oggetto. Pertanto, se la vostra maggioranza non è d'accordo, neppure noi condividiamo il decreto-legge in esame, e dunque preannuncio che voteremo sicuramente contro la sua conversione in legge (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche se mi corre l'obbligo di intervenire sul tema in oggetto, vorrei svolgere preliminarmente una riflessione sull'atteggiamento che stanno assumendo il Governo e la maggioranza nei confronti delle opposizioni. Si tratta di unPag. 23atteggiamento di chiusura, che denota la mancanza della volontà di instaurare un dialogo.
Tale atteggiamento si è peraltro esplicitato attraverso la votazione alla quale abbiamo poc'anzi partecipato: dal nostro punto di vista, infatti, essa rappresenta la quintessenza della mancanza di volontà e, soprattutto, di disponibilità al confronto.
Ci troviamo nella necessità di intervenire non solo per svolgere quella che comunemente viene definita un'opera di ostruzionismo parlamentare, ma anche perché crediamo fermamente nella necessità di rivedere le norme che hanno ispirato il testo del decreto-legge in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio e dei ministeri. Abbiamo partecipato attivamente ad una campagna elettorale lunghissima, durata molto più dei canonici trenta giorni previsti dalla legge, durante la quale abbiamo assistito ad un continuo richiamo a quelli che sono stati motivi importanti, e credo anche determinanti nella scelta di molti elettori, e che evocavano la necessità di una moralizzazione della macchina amministrativa e di un miglioramento del suo rapporto con i cittadini, in termini di funzioni che essa esercita nei loro confronti.
Soprattutto, attendevamo con ansia che questo Governo e la nuova maggioranza riuscissero a dare seguito a una delle premesse fondamentali, cioè la possibilità di vedere finalmente un Governo snello e compatto, che si attenesse rigidamente alla finalità della moralizzazione e del miglioramento della macchina amministrativa stessa. Lo stesso giorno, abbiamo assistito esattamente al contrario: le promesse si sono rivelate come sempre un qualcosa che viene naturale e spontaneo ai politici di lungo corso, ma il mantenimento delle stesse evidentemente non è un dogma. Ne prendiamo atto. Siamo tutti abbastanza adulti per comprendere quali siano state le difficoltà che la politica ha dovuto affrontare nella costruzione di una compagine governativa nell'ambito della quale bisognava riconoscere qualcosa un po' a tutti. Allora, ecco i fautori dello snellimento della macchina amministrativa e governativa che improvvisamente passano dalle promesse ai fatti concreti: a quel punto non bastano più 14 ministri o 10 viceministri. Non basta più niente per nessuno, perché c'è da accontentare una pletora di soggetti che hanno contribuito, in modo più o meno furbesco, alla nascita di questo Governo e alla risicata maggioranza nel paese, che l'ha sostenuto.
Il caso più emblematico e divertente, per chi lombardo come me lo ha vissuto dal vivo, è quello dei premi alle liste «patacca». Abbiamo un tal senatore Elidio De Paoli, della sedicente Lega alleanza lombarda, che viene premiato per avere scippato 45 mila voti, che legittimamente sarebbero finiti in condizioni diverse, se pensiamo a ciò che è l'alveo naturale e a ciò che gli elettori di quel territorio avrebbero ritenuto giusto fare. Di fatto, quei voti hanno dato la possibilità ad una maggioranza che sta in piedi per poco più di 20mila voti di essere appunto, oggi, maggioranza. Allora, il senatore De Paoli, esperto di nulla, viene improvvisamente promosso a sottosegretario allo sport. Due giorni dopo, sui giornali locali delle mie parti - lo dico perché ci sono anche delle parti ludiche; la comicità non ha limiti -, questo sottosegretario, un po' sorpreso della delega ottenuta, dice che la cosa un po' lo aveva stupito perché non aveva mai fatto sport in vita sua!
Questa è la sintesi estrema del tema di cui stiamo parlando. Avete dovuto accontentare tutti! Tutti e più di tutti! Per fare questo, siete riusciti a porre in essere un meccanismo volgarmente definito di «spacchettamento», che prevede una serie di passaggi che non sono del tutto indolori, anche dal punto di vista dell'efficienza della macchina amministrativa. Abbiamo fortemente contestato, ad esempio, la distruzione del Ministero delle attività produttive, che di fatto oggi è in balia di una difficilissima capacità di interpretazione, anche da parte della X Commissione, nella quale non abbiamo ancora ben chiaro quali siano le competenze dei ministri e nemmeno quelle dei sottosegretari. Tutte le volte che ci poniamo di fronte ad unPag. 24quesito nuovo, non riusciamo ancora ad individuare con esattezza quale sia il nostro interlocutore. Questo lo si vede poi nella concretezza dell'attività delle Commissioni stesse. La X Commissione, come la maggior parte delle altre Commissioni, è assolutamente imbalsamata e incartata su se stessa: da un mese a questa parte, si discutono quattro righe di un provvedimento, che è quello che arriverà, penso e spero, lunedì prossimo in Assemblea. Decine di riunioni, audizioni, meccanismi che si incrociano e sostanzialmente inefficienza ed inefficacia. Questo è il vero problema.
Credo che non ci sia nulla di immorale nel fatto che una maggioranza debba trovare al proprio interno degli equilibri. Le maggioranze di coalizione hanno la necessità di trovare degli equilibri al proprio interno e credo che questo sia assolutamente comprensibile. Ciò che però non è comprensibile è come questi equilibri vengano garantiti in spregio delle più elementari norme della buona amministrazione.
Altro caso assolutamente emblematico dal nostro punto di vista è quello che riguarda lo smantellamento scientifico del Ministero del welfare, che si trova a dover gestire diverse competenze «a cavallo» su diversi ministeri. Il conflitto di attribuzione è all'ordine del giorno. Infatti, assistiamo quotidianamente a bisticci di tutti i tipi. Abbiamo assistito, quasi divertiti, anche alla necessità del Presidente del Consiglio di riunire i membri del proprio Governo in una specie di eremo chic, in Umbria, scelta dettata dal fatto che bisognava spiegare bene a tutti cosa sarebbero andati a fare. Da quanto ci risulta, perlomeno dalle cronache giornalistiche, l'impresa è stata ardua, stante il fatto che nemmeno il Presidente del Consiglio e i suoi più stretti collaboratori avevano capito esattamente cosa far fare a chi e chi doveva fare cosa.
Questa è una situazione che si ripercuote normalmente su tutte le questioni che affrontiamo quotidianamente. Noi riteniamo che lo smantellamento del Ministero del welfare in questo sistema «spacchettato» creerà grossi problemi, perché continuare a legiferare, soprattutto in materia di politiche del lavoro, prescindendo dalle politiche dell'immigrazione, è assolutamente sbagliato e soprattutto non in linea con i tempi. È di questi giorni la notizia, che avete letto tutti, che nel nostro paese l'indice anagrafico è un indice deficitario, cioè sostanzialmente le morti superano le nascite, anche se in realtà cresciamo di numero, ma questo grazie all'immigrazione. Ci è stato sempre detto che l'immigrazione è un meccanismo che rientra in un quadro di necessità, soprattutto di tipo lavorativo.
Allora, non riesco a capire come si possa pensare che si possono gestire, da un lato, le politiche del lavoro e, dall'altro, le politiche di immigrazione con due dicasteri assolutamente distinti, che peraltro non ci risulta nemmeno abbiano la volontà in questo momento di collaborare in modo particolarmente attivo; e soprattutto non capiamo come questo possa tornare a beneficio dei cittadini. Il problema dell'immigrazione, che sembra a volte un disturbo - a volte, quando la Lega si esprime sul tema dell'immigrazione, grazie anche ad una devastante campagna denigratoria da parte dei media, appare quasi disturbata, come se l'immigrazione, la sicurezza, la nostra cultura e la nostra identità costituissero un problema politico ascrivibile ad un singolo partito -, noi crediamo sia prima di tutto e sostanzialmente un problema sociale, che va affrontato dalla politica, la quale deve dare delle risposte.
Allora, non si può essere contraddittori, come siete stati in questi anni. Non si può sistematicamente giustificare l'immigrazione - a prescindere poi da valutazioni meramente solidaristiche e un po' astratte, che appartengono a una parte della vostra maggioranza -, con riferimento ad un contesto di lavoro.
Quindi, si dice ai cittadini italiani che devono sopportare i disagi di una convivenza e coesistenza un po' forzosa - che ha creato non pochi problemi anche in termini di equità sociale, di accesso al servizio sanitario piuttosto che di sicurezza, che è la grande e vera emergenza diPag. 25questo paese - perché, comunque, c'è bisogno di manodopera. L'italiano medio non lavora più: io queste frasi le ho sentite dire più volte. Allora, abbiamo bisogno che la manodopera che oggi si «affaccia» nel nostro paese non sia particolarmente qualificata e venga da quei paesi terzi dove, invece, esiste un problema contrario, cioè un esubero di disponibilità di manodopera ed una difficoltà a trovare un mercato del lavoro vero.
Ci stato detto che si tratta di una concezione nuova, ma, poi, non è nemmeno particolarmente nuova perché, per certi versi, rievoca quanto è accaduto anche nei secoli scorsi al contrario. Noi siamo stati sicuramente un popolo di emigranti e, quindi, sappiamo che cosa vuol dire andare negli altri paesi a lavorare; però, si tratta di una realtà che richiama la necessità di accompagnare le politiche di immigrazione alle politiche del lavoro. In difetto di questo principio, noi usciamo dalle regole della convivenza civile e democratica. Questo non può rappresentare un problema di parte, non può essere solo un problema della Lega Nord, ma deve essere affrontato all'interno di tutto il Parlamento. Allora, non credo che, forzando con colpi di mano - come è avvenuto questa mattina, cercando di zittire l'opposizione, di impedirci il dialogo e il confronto democratico -, si possa pensare di affrontare e risolvere i grandi problemi che attanagliano il paese. Così come non credo che semplicemente ridistribuendo deleghe, sulla scorta di una necessità meramente politica e non istituzionale, si possano affrontare meglio i problemi che attanagliano la grande richiesta di modernizzazione che viene dal paese.
Devo poi affrontare un tema, ahimè, indigesto in modo trasversale in quest'aula, quello che oggi viene banalmente definito del cosiddetto Lombardo-Veneto, ciò di quella parte del paese che chiede alle proprie strutture istituzionali uno sforzo serio e concreto in un'ottica di riorganizzazione e ammodernamento del paese. In questo momento, la crisi istituzionale che affrontiamo non è solo di tipo politico, ma soprattutto di tipo organizzativo. Allora, è lì che pensavamo di vedere lo sforzo di questo Governo e di trovare, in effetti, un «colpo di reni»: francamente, ce lo aspettavamo. Siamo convinti che voi abbiate creato tutte le condizioni per governare, con formule alterne, perché non siamo sicuri che questa formula duri a lungo, in ogni caso, con una maggioranza che si potrà anche modificare ma che sostanzialmente resterà intatta per i prossimi cinque anni. Credo che stiate lavorando in questa direzione e capisco che in questa fase organizzativa da parte vostra ci sia qualche disagio; comunque, c'era anche una grande risorsa, cioè la capacità e la possibilità di guardare avanti.
Avete cinque anni davanti per sistemare il «mal di pancia» di qualche vostro parlamentare che - come ha fatto, continuando a predicare bene e a razzolare male, Rifondazione Comunista con la vergognosa sceneggiata delle dimissioni dei sottosegretari dalla carica di parlamentare - va, invece, nella direzione opposta. In questo caso c'è la forsennata, continua ricerca di «gemmazioni» di tipo pseudogovernativo, per le quali si possono incrementare incarichi, stipendi, compensi, costi. Il tutto stride con le dichiarazioni che vengono fatte alla stampa, soprattutto perché questo Governo, con queste caratteristiche, è nato esattamente all'indomani - o qualche giorno prima, a seconda dei punti di vista e del tipo di stampa che leggiamo - di dichiarazioni del Presidente del Consiglio che assicuravano gli italiani in tal senso. Gli italiani si dovevano sentire tranquilli: noi andremo a realizzare, noi taglieremo gli sprechi, noi combatteremo le strutture sbagliate e le storture di questo sistema paese che in cinque anni il Governo di centrodestra probabilmente non è riuscito a risolvere. Invece, nei fatti, siete riusciti a peggiorare una situazione già decisamente difficile, compromessa, e con questo vostro pessimo esempio state per avviare una nuova stagione definitiva della disillusione.
Credo che tutti quegli italiani - non sono nemmeno pochi - che, innocentemente e con un certo spirito di rinnovamento, hanno scelto di assegnarvi il proprioPag. 26consenso si aspettassero qualcosa di diverso. Tuttavia, non spetta a noi stabilire e definire quelle che devono essere le giuste o sbagliate scelte politiche dell'esecutivo, ma dobbiamo esercitare il nostro ruolo, un ruolo fortemente critico che vi deve richiamare all'attenzione tutti i giorni, un ruolo che viene svilito da questa attività parlamentare. Nella giornata di ieri questa maggioranza è stata evanescente ed inconsistente ed io sono uno dei pochi superstiti che è riuscito a stare in aula fino quasi a mezzanotte: eravamo una decina, e tutti di opposizione.
MARCO BOATO. Quasi tutti...!
GIOVANNI FAVA. Riconosco all'onorevole Boato di essere riuscito a resistere, come l'ultimo dei giapponesi, insieme a noi, ieri: quindi, c'era solo Boato, a parte il Presidente di turno!
Noi non possiamo essere presi in giro. Ieri sera, siamo rimasti in aula con l'entusiasmo di chi, come il sottoscritto, si è affacciato per la prima volta all'avventura parlamentare ed è entrato con l'entusiasmo di chi vuole dare il proprio contributo ed esprimere la propria opinione nell'ambito di un'aula parlamentare, che dovrebbe essere la massima espressione della democrazia di un paese. Invece, l'aula parlamentare ormai è stata ridotta, sostanzialmente, ad una specie di luogo di ristoro, ove venire a prendere il fresco nella calura estiva, nel momento in cui all'esterno l'aria risultasse troppo opprimente, e si viene solo occasionalmente per consumare qualche pasto frugale alla buvette. Poi, tutto il resto si fa nelle segrete stanze attigue al Governo e, sostanzialmente, non ci viene data la possibilità e la disponibilità del confronto: questo è il vero problema.
Noi siamo coloro che politicamente rivendicano un confronto assolutamente poco conciliante. Ne siamo ben consci, noi non siamo inclini a facili compromessi. Certo, se vogliamo dare la possibilità a questo Parlamento di continuare ad esercitare un ruolo di tipo politico, crediamo che questo non possa essere sistematicamente svilito dalla maggioranza. Questa maggioranza si trova sempre compatta dopo che i parlamentari sono stati richiamati con gli sms all'esterno per informarli del voto imminente ed improvvisamente la Camera si è popolata. Diversamente, la discussione viene disattesa, snobbata e il ruolo del parlamentare di opposizione perde il significato che dovrebbe avere in una democrazia occidentale evoluta. Credo che il tema del giorno, così come quello di ieri, sia di grande importanza e che occorra un approfondimento tecnico vero, a prescindere dalle problematiche politiche, soprattutto quando ci si trova di fronte ad almeno tre violazioni della Carta costituzionale, nel caso specifico degli articoli 77, 81 e 97: il sistematico ricorso a provvedimenti di urgenza anche quando questi non siano giustificati o motivati da reali esigenze.
Voi ci avete fatto passare per urgente un qualcosa che urgente non era; era urgente per gli equilibri dell'attuale maggioranza parlamentare, ma non lo era o, perlomeno, non è stato inteso tale, per nessuno dei cittadini di questo paese, che ancora oggi non hanno capito di cosa stiamo parlando. L'unico messaggio che è uscito all'esterno è un messaggio ancora una volta negativo delle istituzioni, perché è stato recepito dal singolo cittadino come l'ennesima e la solita commedia italiana consumatasi, ahimè, ai danni dei contribuenti e di tutti coloro che in questi anni hanno creduto che qualcosa potesse cambiare, anche stavolta. Peraltro, credo che non sia assolutamente provato.
Nessuno dei relatori di maggioranza, nemmeno l'onorevole Boato nella sua relazione introduttiva, che ho ascoltato con interesse, è riuscito a dimostrare quali siano i vantaggi che possono derivare da questa legge, soprattutto nei confronti della pubblica amministrazione. Ecco il punto. Dobbiamo capire una volta per tutte quale sia il ruolo che deve avere il Parlamento, ma anche quale sia il ruolo che deve avere il Governo. Se il ruolo di questo Governo è di riuscire a dare un accogliente ed ospitale spazio a tutti coloro che - a prescindere dal messaggioPag. 27politico, dalla forza delle idee, soprattutto dal radicamento territoriale - hanno portato avanti una campagna elettorale, durante la quale il collante - e qui esce allo scoperto il loro problema - non è stato tanto negli obiettivi comuni e nella vera volontà di cambiamento e di miglioramento del paese, ma in una personalissima, crudele e devo dire anche ingiusta (soprattutto per quello che stiamo vedendo in questi giorni) battaglia contro il precedente Presidente del Consiglio, credo che allora abbiamo in modo definitivo svilito il ruolo della politica anche in questo paese.
Lo «spacchettamento» in sé presenta una serie di modifiche che nulla hanno a che vedere con i bisogni dei cittadini, ma al contrario molto hanno a che vedere con la necessità di creare quelle alchimie politiche che siano a garanzia di una maggioranza che non ha identità politica al proprio interno e che è stata sorretta in questi ultimi cinque anni soltanto dall'obiettivo comune dell'abbattimento del Governo precedente, soprattutto della distruzione personale del Presidente del Consiglio precedente e di alcuni ministri, che hanno subito la violenza politica di quella opposizione che oggi dovrebbe essere maggioranza.
Ebbene, con questo decreto-legge si evince una volta per tutte quello che temevamo fin dall'inizio. Mi avvio alla conclusione del mio intervento, chiedendo al Presidente Castagnetti, che so essere uomo con profondo senso delle istituzioni - oltretutto è un uomo cresciuto e vissuto lungo l'asse del Po, non molto lontano da dove sono nato, cresciuto e vivo tutt'ora io -, di esortare l'attuale maggioranza, affinché il lavoro parlamentare non diventi effettivamente il ricettacolo di frustrazioni dei singoli parlamentari, che si divertono a sentirsi parlare.
Credo che in quest'aula, Presidente, si debba tornare a parlare di politica e lo si debba fare in fretta. Sono convinto che, se si affrontassero i temi veri della politica che riguardano il paese e non provvedimenti ad hoc, come quello che stiamo discutendo quest'oggi, con ogni probabilità la partecipazione sarebbe maggiore sia dai banchi dell'opposizione sia - mi auguro - dai banchi della maggioranza.
Questo è un paese che ha bisogno di profonde riforme. Noi abbiamo una nostra ricetta, abbiamo cercato di spiegarla in questi mesi, con grande difficoltà e con risultati e fortune alterne, però la prima vera riforma che deve essere compiuta è una riforma di tipo culturale, una riforma della vita istituzionale e della vita parlamentare. Dobbiamo entrare nell'ordine di idee che i nostri antenati ci hanno trasmesso una forma di vita democratica che si basava sul confronto parlamentare, un confronto anche aspro. Non ci siamo mai tirati indietro, quando è stato necessario siamo intervenuti e l'abbiamo fatto anche con i nostri modi, forse a volte un po' folkloristici, a detta di qualcuno, ma sicuramente con la capacità e la volontà di rappresentare qualcuno o qualcosa. Continuiamo a pensare che le istanze che vengono portate avanti in quest'aula, soprattutto dal gruppo parlamentare che rappresento, vadano al di là del singolo risultato elettorale ottenuto. Siamo convinti che in quella che viene definito il profondo nord del paese, in quello che noi per molto tempo abbiamo definito la Padania - e che continuiamo a definire tale -, ci sia la consapevolezza che da queste parti qualcosa non va, al di là dei singoli risultati che ottiene il nostro partito.
Quindi, noi sentiamo di dover rappresentare un territorio in quest'aula, sentiamo la necessità che le istanze che provengono dal nostro territorio debbano essere argomento di confronto politico. Chiediamo che si discuta qui, e non nei convegni che vengono organizzati da qualche ex presidente a capo di qualche fondazione, dai quali siamo sistematicamente esclusi perché scomodi. Non siamo per gli «inciuci» e non siamo per le cose strane; siamo per le cose alla luce del sole. Vogliamo essere residuali, ma coerenti con noi stessi, vogliamo essere espressione di un territorio; non siamo diventati settari, non siamo mai stati identitari fino in fondo; vogliamo rappresentare le istanzePag. 28del nostro paese e del nostro territorio e vogliamo farlo in modo vero e concreto.
Chiediamo pertanto al Governo, e soprattutto ai Presidenti che si susseguono nella conduzione dei lavori di quest'aula, di valutare con serietà e con attenzione la programmazione della vita parlamentare politica, affinchè nei prossimi anni si possa veder tornare ad essere la Camera dei deputati il centro vero della legislazione del nostro paese, il centro vero del confronto politico, il centro del dibattito e - perché no? - il centro dell'avvio di un vero meccanismo di spinta riformista, che ci porti, come noi auspichiamo, alla nascita di un paese nuovo, di un paese federale, di un paese fortemente rispettoso delle autonomie, un paese che preferisca confrontarsi con i bisogni dei cittadini e che qualche volta si dimentichi di quelli che sono i pruriti - ahimè! - fin troppo evidenti di una maggioranza che rischia di sembrarci al capolinea prima ancora di aver dimostrato di poter iniziare (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, abbiamo ascoltato le motivazioni dell'esponente del centrosinistra che ha chiesto la chiusura della discussione. Egli ha detto che il dibattito ormai si è sufficientemente sviluppato e che, quindi, se si andasse avanti così, esso avrebbe un sapore ostruzionistico; pertanto, a nome del centrosinistra, egli ha chiesto la chiusura della discussione.
Ebbene, onorevole Presidente, se il collega non ha una lingua biforcuta, alla fine di questi interventi, che rappresentano, come da regolamento, la conclusione del dibattito, si deve passare agli emendamenti. Chi impedisce al Governo di passare alla fase degli emendamenti? Noi siamo a disposizione, siamo qui in aula. O si passa agli emendamenti oppure l'intervento del collega è stato pretestuoso, semplicemente per chiedere il voto di fiducia. Questo è un inganno nei confronti del Parlamento. Ognuno si deve assumere la propria responsabilità...
MARCO BOATO. Ma se l'aveva chiesto lei!
PRESIDENTE. Vi prego di non disturbare l'onorevole Buontempo.
MARCO BOATO. Lo ha chiesto lei due ore fa di chiudere la discussione! Basta leggere il resoconto stenografico!
TEODORO BUONTEMPO. Capisco il collega Boato: lui fa bene il parlamentare, ma eccedendo, esagerando, spesso va in tilt e non capisce tutto fino in fondo. Ho chiesto di non perdere tempo questa mattina, onorevole Boato - anzi mi rivolgo al Presidente affinché l'onorevole Boato ascolti -, come da regolamento, per passare agli emendamenti su questo decreto-legge.
Voi state impedendo al Parlamento di passare all'esame degli emendamenti. Voi avete la responsabilità, non l'opposizione, che prima si è iscritta parlare e poi si è resa disponibile a passare alla fase degli emendamenti! È bene che i cittadini sappiano che la Camera dei deputati è vittima di un intrigo e di un imbroglio da parte di esponenti della maggioranza e dello stesso Governo!
Vedete, anche la nostra Costituzione, in ben due articoli, dice in maniera molto chiara, onorevoli colleghi, che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. I nostri costituenti volevano intendere che, proprio per assicurare l'imparzialità della pubblica amministrazione, non può essere il Governo a definire come si deve organizzare la pubblica amministrazione, ma è il Parlamento che ha questo compito. Si sta modificando la legge Bassanini, vale a dire una legge votata dal Parlamento che viene modificata con il provvedimento sul quale il Governo, che è beneficiario di questi poteri,Pag. 29pone la questione di fiducia. Qui c'è un problema vero di democrazia, perché è una violazione dell'articolo 97 della nostra Costituzione.
Inoltre, onorevole Presidente, l'articolo 98 della Costituzione recita: «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione», non del Governo! Quindi, i nostri costituenti hanno voluto separare il ruolo del Governo dalla funzione pubblica al servizio della nazione da parte della pubblica amministrazione. È assolutamente anticostituzionale il momento in cui l'esecutivo fa propria la decisione di una ristrutturazione dei suoi poteri e dei ministeri della pubblica amministrazione, escludendo il Parlamento dalla possibilità di emendare la proposta che viene formulata.
Non ritengo che questa sia una cosa di poco conto, onorevoli colleghi, perché ci sono ben due articoli della Costituzione i quali dicono che il Governo non può mettere le mani su talune questioni, ma è il Parlamento che decide quale assetto si deve dare lo Stato: non lo decide il Governo, ma lo decide il Parlamento.
Questo avrebbe dovuto rilevarlo anche la Presidenza della Camera, la quale - non lei, Presidente, che è stato corretto, come anche gli altri, formalmente corretti - sta esagerando: il Presidente della Camera non è un dipendente dell'esecutivo, ma rappresenta interamente la Camera dei deputati e ne deve tutelare la dignità e le prerogative (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e Forza Italia)! Quindi, il Presidente della Camera avrebbe dovuto svolgere una funzione di mediazione e far capire al Governo che i poteri che gli vengono attribuiti non se li può prendere da solo, a scatola chiusa, ma li deve avere dalla maggioranza del Parlamento, che liberamente deve discutere, approvare, respingere o emendare la materia. Così come ieri si è stati di «manica larga» nell'accettare una certa idea del Parlamento, in un intreccio con l'esecutivo, oggi ci siamo di nuovo: invito i colleghi ad alzare la guardia, a vigilare, perché la Presidenza della Camera non sta svolgendo la sua funzione terza e autonoma, ma sembra un organo agli ordini del Governo.
E in proposito, due articoli della Costituzione ci confermano che non può essere il Governo a decidere come ritiene opportuno. Si potrebbe entrare nel merito della questione - parlo per esempio del settore del turismo o della sicurezza - di come questo cosiddetto «spacchettamento» crei una situazione di caos e di incertezza e creerà, nei prossimi mesi, grossi problemi anche ai dipendenti pubblici.
Vedete, io vorrei sottoporre alla vostra attenzione un altro elemento: come è potuto accadere che il Governo abbia fatto giurare i propri ministri nel momento in cui quei ministeri non esistevano? Come è stato possibile che i ministri abbiamo giurato per ricoprire il vertice di ministeri che dovevano ancora essere istituiti? Questo è un mistero al quale le altre istituzioni devono rivolgere attenzione, proprio per il ruolo forte riconosciuto dalla nostra Costituzione alla separazione dei poteri.
Vedete, quando la Camera è aperta, anche se viene il Capo dello Stato, che rappresenta la nazione e l'unità nazionale, come Presidente della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura, egli non può entrare in questo emiciclo ma si deve accomodare nel loggione a lui riservato. È una formalità visiva che diventa sostanza per ribadire che il cuore del nostro sistema democratico non è il Governo ma il Parlamento, finché non si modificherà questa norma. Persino quando in quest'aula arriva il Capo dello Stato, egli non può entrare nell'emiciclo proprio per ribadire la forte, autorevole autonomia della Camera e del Parlamento nei confronti degli altri organi dello Stato!
A me pare che verso il Governo si vada affievolendo questa diversità e specificità di ruoli: consentiamo al Governo di fare giuramenti per ministeri che non ci sono e di creare ministeri per decreto, la qual cosa non esiste in alcuna norma.
Infatti, non basta il decreto, ma vi è un altro articolo della Costituzione: ho citato gli articoli 97 e 98, ma esiste anchePag. 30l'articolo 81 della Costituzione, che recita, all'ultimo comma: «Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte». Ora, questo «spacchettamento» tra sottosegretari nuovi, funzionari nuovi, auto blu nuove, uffici di consulenza nuovi, comporta o no una maggiore spesa? Allora anche qui, la Camera, tramite il suo Presidente, doveva richiamare l'attenzione dei parlamentari su quale sia la copertura di spesa con cui si può far fronte a questa decisione assunta dal Governo.
Abbiamo, ancora, l'articolo 77 della Costituzione: «Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria»; più legge ordinaria di questa che definisce un riassetto dello Stato non c'è! Anche qui si vede che il decreto-legge è una strada assolutamente impropria. Ancora, sempre sulla base dell'articolo 77 della Costituzione, si potrebbero contestare anche le procedure.
Quindi, Presidente, io la ringrazio e mi avvio alla conclusione. Credo che occorra, anche da parte dei partiti e in sede di Conferenza dei capigruppo, ridefinire un po' il ruolo che sta svolgendo la Camera, che appare di sudditanza nei confronti dell'esecutivo. L'assetto organizzativo dello Stato deve essere fatto proprio per legge, per ribadire come il Governo esiste e può operare perché ottiene la fiducia del Parlamento. Noi non facciamo i deputati perché abbiamo la fiducia del Governo, ma è esattamente il contrario! Questo io credo che vada ribadito. Inoltre, onorevole Presidente, ritengo che il disordine amministrativo che verrà fuori da questo cosiddetto «spacchettamento» lo pagheranno i cittadini. Ormai siamo a diversi mesi dall'insediamento delle Camere e abbiamo l'80 per cento del Governo che non opera e non può operare perchè questa legge non è stata ancora approvata. Se lo avesse fatto, avremmo dovuto procedere a denunce perché avrebbe operato con un evidente e chiaro abuso di potere.
Disagio per i cittadini, disagio per gli impiegati pubblici, disagio e offesa per i parlamentari e per il Parlamento. Insomma, non ci si deve poi lamentare se la piazza si mobilita democraticamente, signor Presidente. Attenzione, colleghi deputati: quando sono violate le prerogative del Parlamento, io invito anche voi a uscire da quest'aula ed a recarvi sotto la Presidenza della Repubblica! Se la Presidenza della Camera non è in grado o non vuole tutelare i diritti e le prerogative della Camera, noi ci dobbiamo appellare al Capo dello Stato. Altrimenti, apriremmo una grande autostrada che può condurre a mettere in ginocchio la democrazia nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, voglio rassicurarla poiché la Presidenza della Camera ha sempre tutelato, anche nel corso di questa discussione, l'autonomia e le prerogative del Parlamento e dei singoli parlamentari. È del tutto evidente che non saremmo potuti passare all'esame delle proposte emendative finché non si fosse conclusa la discussione sulle linee generali.
Dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ANTONIO LEONE. Per fatto personale!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Nessun fatto personale, signor Presidente, ma per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non so a quale titolo abbia parlato il collega Buontempo, visto che siamo nella fase conclusiva della discussione sulle linee generali e che gli interventi dei colleghi si debbono intendere, a norma dell'articolo 44, comma 2, del regolamento, come conclusivi di una fase del nostro dibattito. Quindi, vorrei che restasse a verbale che il collega Buontempo non aveva diritto diPag. 31intervenire, essendo già intervenuto, e vorrei che questo costituisse non un precedente, per noi, ma un caso isolato.
TEODORO BUONTEMPO. Legga il comma 3 dell'articolo 44: non si fermi al comma 2! Ignorante del regolamento!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non intendo replicare nel merito al collega Buontempo, ma semplicemente sottolineare una questione oggettiva che riguarda il buon funzionamento dei nostri lavori parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Verdi).
TEODORO BUONTEMPO. Glielo ha suggerito Boato!
PRESIDENTE. Il Presidente ha ritenuto di concedere la parola all'onorevole Buontempo non avendo egli preso la parola in sede di discussione sulle linee generali e rappresentando un gruppo che non era intervenuto dopo la chiusura della stessa discussione.
(Repliche del relatore e del Governo e posizione della questione di fiducia - A.C. 1287)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Boato.
MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, vorrei intanto ringraziare i colleghi che sono intervenuti nella discussione sulle linee generali, Giovanelli, Giorgio Conte, Franco Russo, Giovanardi, Boscetto, Sandra Cioffi, Alessandri, Jole Santelli, D'Alia, Allasia, Biancofiore, Bodega, Forlani, Aprea, Caparini, Fabbri, Lazzari, Cota, Costa, Uggè, Lucchese e Fava, che ho ascoltato tutti con assoluta attenzione, anche quando questa Assemblea non era affollatissima. Del resto, il dovere del relatore è, ovviamente, quello di essere sempre presente.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ti sei dimenticato di Buontempo!
MARCO BOATO, Relatore. Dopo avere ascoltato tutti, posso pronunciare alcune parole anch'io? Esprimo rispetto per tutti, salvo per coloro che mancano sistematicamente di rispetto. Comunque, sto intervenendo io e non lei.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Boato.
MARCO BOATO, Relatore. Grazie, signor Presidente.
Ringrazio tutti i colleghi per i loro interventi, sia quelli della maggioranza sia, prevalentemente, quelli dell'opposizione. Rispetto, ovviamente, tutte le valutazioni politiche che fanno parte del normale dibattito parlamentare. Voglio solo svolgere alcune osservazioni su altrettanti aspetti di carattere meramente tecnico-giuridico, per rispetto agli interventi che ci sono stati.
La collega Aprea, ieri sera, ha fatto riferimento al testo originario del decreto-legge riguardo al Ministero dell'istruzione - attualmente, della pubblica istruzione - non essendosi accorta, probabilmente per la fretta, che al Senato il testo era stato modificato all'articolo 1, comma 1, numero 15, con l'introduzione, appunto, della definizione di Ministero della pubblica istruzione. La collega Aprea non riusciva a rendersi conto del perché la stessa fosse utilizzata: è utilizzata perché è stata introdotta una norma legislativa al riguardo.
Il collega D'Alia, in un intervento - devo dire - pregevole e che ho ascoltato con grande interesse, si è lamentato di una norma introdotta dall'articolo 1, comma 22-ter, che riguarda le competenze dei ministri senza portafoglio. A me pare che questa norma sia stata introdotta opportunamente per modificare l'articolo 9, comma 2, della legge n. 400 del 1988 sulla Presidenza del Consiglio dei ministri. Essa prevede che ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un ministroPag. 32senza portafoglio, ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli stessi si intendono comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio dei ministri, che può delegarli a un ministro o a un sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ciò appare ovvio. Infatti, essendo i ministeri senza portafoglio istituiti non per legge e potendo di volta in volta essere mutevoli, mentre i ministeri con portafoglio hanno bisogno di un provvedimento legislativo per la loro istituzione o per le loro trasformazioni, ogni qual volta negli atti normativi si faccia riferimento a competenze di ministri senza portafoglio queste ultime sono da ritenersi attribuite per al Presidente del Consiglio dei ministri. A norma dello stesso articolo 9 della legge n. 400 del 1988, il Presidente del Consiglio provvede, con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ad attribuire le funzioni con le quali si esercitano le deleghe che egli intenda attribuire ai ministri senza portafoglio.
Un'altra osservazione, signor Presidente, voglio svolgerla in riferimento all'intervento della collega Jole Santelli che mi dispiace non sia presente ma che ho ascoltato con grande attenzione questa notte. Anche il collega D'Alia è intervenuto in proposito. Ha lamentato, in particolare, la collega Santelli, che con questo provvedimento si reintroduca l'istituto delle direzioni generali, in alternativa ai dipartimenti che sarebbero stati, invece, la scelta prevalente in precedenza. Purtroppo, non è così. Dico purtroppo perché c'è stata un po' di fretta nell'analizzare questa materia che ho cercato di ricostruire. Nella scelta originaria compiuta con il decreto legislativo n. 300 del 1999, moltissime volte citato in questa discussione, c'era una elencazione dei ministeri organizzati per dipartimenti e di quelli articolati in direzioni generali, con una prevalenza per la cosiddetta dipartimentalizzazione. Questo, per intenderci, all'epoca del Governo di centrosinistra, nella XIII legislatura. Nella fase di attuazione di quella riforma, nella scorsa legislatura, quella del Governo Berlusconi, il decreto legislativo del 6 dicembre 2002, n. 287, ha stabilito, in via generale che nei ministeri costituiscono strutture di primo livello, alternativamente, i dipartimenti e le direzioni generali. Se si verifica che cosa in concreto è successo quanto alle scelte che sono state compiute nella scorsa legislatura, è accaduto esattamente l'opposto di quanto hanno lamentato i colleghi Santelli e D'Alia. Infatti, nella scorsa legislatura è emersa, in tutti i provvedimenti legislativi, una preferenza per il modello di organizzazione per direzioni generali rispetto a quella per dipartimento. Mi riferisco al Ministero dell'ambiente, al Ministero del lavoro, al Ministero delle attività produttive, oltre ai Ministeri degli affari esteri, della difesa e al Ministero delle comunicazioni. Invece, il Ministero dei beni culturali, con decreto legislativo n. 3, del 2004, fu organizzato attraverso quattro dipartimenti. Con l'attuale scelta legislativa - che si può condividere o meno, faccio solo una precisazione di carattere tecnico - risulterà di nuovo prevalente il modello di organizzazione per dipartimenti, quello che del resto auspicavano i colleghi Santelli e D'Alia.
Non intervengo, invece, nel merito del dibattito politico perché questo fa parte del normale confronto parlamentare, in questa Assemblea, e non è compito del relatore intervenire al riguardo. Rinnovo il ringraziamento a lei, signor Presidente, ai rappresentanti del Governo, al presidente della I Commissione, Violante, ed a tutti i colleghi che sono intervenuti.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il provvedimento oggetto del nostro esame è funzionale all'attuazione del programma di Governo. La riorganizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri tende a questo.
Vorrei richiamare alcuni esempi (certamente, non tutti, per non abusare delPag. 33tempo), ricollegandomi a diverse considerazioni che sono state svolte nel corso della discussione di questa notte e di questa mattina e che riguardavano il merito del provvedimento e non si limitavano a giudizi, schemi o luoghi comuni.
Mi riferisco agli interventi - lo ricordava precedentemente anche il relatore Boato - degli onorevoli D'Alia, Aprea, Santelli e di altri ancora. Quando, ad esempio, l'onorevole D'Alia sostiene di essere contrario alla costituzione di un ministero per la famiglia perché le politiche per la famiglia sono trasversali, intersettoriali, fa una considerazione che, dal suo punto di vista, può essere legittima, ma si può sostenere esattamente il contrario.
In campagna elettorale, abbiamo dichiarato (lo avete sostenuto anche voi dell'opposizione) che la famiglia ha un rilievo di fondo, che in Italia la famiglia ha bisogno di politiche attente e che tali politiche sono effettivamente di carattere orizzontale. Noi riteniamo che, per rispondere a questa impostazione, sia necessario avere un ministero che abbia questo richiamo, al fine di attuare il programma che abbiamo presentato ai cittadini italiani e con il quale abbiamo vinto le elezioni.
La stessa questione, negli stessi termini, potrei sollevarla con riferimento alle politiche giovanili. Per quanto riguarda le giovani generazioni, nel nostro paese esiste un deficit che ruba futuro, che attiene a molti campi, dall'istruzione al diritto permanente alla formazione, alla possibilità di formarsi per tempo una vita familiare, ad una precarietà che va distinta dalla flessibilità, agli ordinamenti professionali e via dicendo. Noi vogliamo avere un ministero che, in collaborazione con le regioni e gli enti locali, cerchi di portare avanti queste politiche.
D'altra parte, a nostro giudizio, la stessa esperienza è stata vissuta nei cinque anni precedenti dal Governo Berlusconi, e su questo non c'è polemica. Avete citato più volte il senatore Bassanini e le sue leggi: accade spesso che venga citato e valorizzato colui che non svolge più il suo ruolo da chi precedentemente si era opposto alle sue proposte. È normale.
Abbiamo valutato l'esperienza compiuta nell'unificazione della ricerca scientifica, dell'università e della pubblica istruzione, tanto più quando vogliamo che nel sistema dell'istruzione entrino a far parte, con una visione diversa, gli asili nido, o dell'economia e delle politiche di sostegno all'economia, che, a nostro giudizio, sono state assenti in questi anni. E potrei continuare.
Su questi temi, sulla scelta di istituire un ministero per la famiglia ed uno per le politiche giovanili e di prevedere una separazione tra ricerca scientifica, università e pubblica istruzione, tra politiche allo sviluppo ed economia, il senatore Bassanini, che legittimamente e pubblicamente ha espresso alcuni elementi di dissenso rispetto a questa riorganizzazione, aveva manifestato il suo accordo, a dimostrazione che le questioni sono un po' meno strumentali di come sono state presentate in questa sede.
A noi è apparsa fondata anche la distinzione tra infrastrutture e trasporti. In Italia c'è un bisogno enorme di modernizzazione infrastrutturale. Ormai, non è più un problema solo del sud, del centro o del nord; è un problema di tutta l'Italia che deve essere affrontato e che richiede un'autonomia per la nostra valutazione rispetto alle politiche specifiche per i trasporti.
Potrei continuare, facendo riferimento all'organizzazione di tutte le politiche sociali all'interno di uno specifico ministero che faccia della solidarietà un'opportunità per la coesione, per la civiltà e la giustizia, per uno sviluppo che sia umanamente di maggiore qualità e più ricco.
Non stiamo facendo una filosofia dell'organizzazione del Governo fine a se stessa, una lode della perfetta organizzazione della Presidenza del Consiglio e dei ministeri (ho superato da molti anni la fase in cui credevo che vi fosse un'organizzazione perfetta e permanente). Forse tutti noi dovremmo riflettere maggiormente (e qui c'è un elemento di autocritica). Le strutture dei governi hanno qualcosa di permanente e qualcosa di flessibile; ciò deve essere ancorato alla situazionePag. 34di un paese e alla priorità che il programma di governo vuole portare avanti. Quindi, non sto facendo una lode della perfetta organizzazione. Io stesso constato che, in questa organizzazione, vi sono aspetti di cui non sarei sicuro. L'esperienza ci dirà se funzioneranno o se dovremo metterci mano. E, dunque, proprio per questo, non pretendo - ne lo riterrei possibile - che su queste scelte possa essere convinta l'opposizione.
Questa è l'organizzazione che il Governo, in questa fase, ha ritenuto giusta e possibile per attuare il suo programma, quel programma con il quale si è presentato ai cittadini e sul quale ha ottenuto la fiducia delle Camere.
Queste misure di organizzazione della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri sono una parte integrante e, di fatto, collegata a quella scelta e a quel rapporto di fiducia con le Camere. Comprendo la sfida dell'opposizione. L'opposizione, legittimamente, giustamente, così è in democrazia, è alternativa al programma della nostra coalizione, alle nostre priorità, agli strumenti con cui vogliamo realizzare questa priorità.
Comprendo la critica, il confronto ed anche il voto negativo. Quello che capisco meno, cari colleghi, lo voglio dire con franchezza e con tranquillità, anche se non ne discuto la legittimità (è del tutto legittimo), è che l'opposizione contrasti per giorni e giorni (Commenti dell'onorevole Buontempo). ..Onorevole Buontempo, poi le risponderò con i numeri, ma veda, se tra noi vogliamo che ci sia un confronto franco e serio, se si fa ostruzionismo, lo si chiami ostruzionismo. Se si fa ostruzionismo e lo si chiama volontà di confronto amorevole, non si ottiene alcun risultato serio! È come se dicessi di volermi recare a Milano, prendendo il treno per Palermo: non posso convincere i miei compagni di viaggio che stiamo andando effettivamente a Milano!
In un paese normale, a mio avviso, e in un rapporto normale tra maggioranza ed opposizione, che si contrastino, ma che si rispettino, saranno i fatti, i risultati conseguiti, la verifica di questi fatti e di questi risultati conseguiti il terreno comprensibile - che noi non rifiutiamo, ma è legittimo volere, e vogliamo - per la sfida tra maggioranza ed opposizione; non la voglia di ostacolare le scelte di organizzazione di un Governo, non la contrarietà generica, senza reali indicazioni di merito, che si sa, non possono essere accolte! Infatti, l'organizzazione è parte di una impostazione e di un programma.
Quando, in sede di discussione sulle linee generali, ci si iscrive a parlare in 176 (ieri sera; oggi erano 170, l'ho chiesto al Presidente), si lancia - ma è legittimo - un segnale.
EMERENZIO BARBIERI. L'avete fatto voi, nella legislatura precedente!
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Quando, per la seconda volta in tre giorni, non si partecipa alla votazione, abbandonando l'aula, addirittura, ieri, sulle pregiudiziali di costituzionalità che l'opposizione aveva posto (ieri, purtroppo, anche con il concorso dell'UDC, che invece, la settimana scorsa, positivamente, aveva preferito la presenza ed il ruolo istituzionale), si lancia un segnale, certamente legittimo (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)... L'abbiamo fatto anche noi l'ostruzionismo, credo su temi e in modi diversi (Commenti del deputato Barbieri),... ma, certamente, su questo ognuno avrà una sua opinione. Lei non convincerà me della giustezza (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)...
ANTONIO LEONE. Ci vediamo oggi pomeriggio!
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Si lancia - dicevo - un segnale certamente legittimo, però si dà un'indicazione che non è di confronto; va bene forte, decisa, ma non di confronto.
Non spetta a me valutare il senso e la portata di queste strategie.
ANTONIO LEONE. Ma bravo, bravo, l'hai detta giusta!
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VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Non spetta a me valutarle.
Con certezza esprimo forti dubbi sul fatto che su questa strada si costruiscano costruttive e utili relazioni, visto che dobbiamo in questa sede confrontarci e lavorare insieme su ruoli diversi per cinque anni. Non credo che su questa strada si costruiscano relazioni costruttive tra maggioranza ed opposizione e neppure un confronto di merito che sia utile al paese. La mia convinzione è che il paese ci chieda altro.
Una parte di voi può anche ritenere che non sarà all'opposizione fino al 2011: questo lo vedrete. In ogni caso, penso che il tempo potrebbe essere impiegato per tutti in modo migliore (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Ritengo che il paese non chieda più la contrapposizione continua né la politica per non far fare, ma chieda invece una politica che sfidi nel fare, nell'agire e nell'assumersi le responsabilità.
Voglio ribadire che questo decreto-legge riguardo all'organizzazione della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri reca in sé l'obbligo, inserito nel decreto stesso già a partire dal confronto svoltosi in sede di Commissione bilancio al Senato, dell'invarianza della spesa e la previsione degli strumenti per poter esercitare il controllo da parte delle due Camere.
Noi ci siamo impegnati e intendiamo impegnarci ad andare oltre. Come è stato ricordato - ironizzandovi sopra, ma credo che a consuntivo non sarà motivo di ironia - con un atto di indirizzo la Presidenza del Consiglio ha determinato l'obbligo, e non solo l'impegno, per i ministeri di un risparmio di almeno il 10 per cento. A tale proposito sono in atto ricognizioni per ridurre fortemente le convenzioni sparse, le convenzioni di studio che forse «studiano» poco, così come sono state adottate, ad esempio, misure verso il personale di diretta collaborazione dei Ministeri e per la riduzione delle segreterie dei viceministri.
Il ministro Nicolais ha già portato alla Camera, a proposito della discussione di una mozione presentata dall'onorevole Vito ed altri, alcuni dati ed alcune nostre valutazioni. Alla fine dell'anno porteremo ulteriore cifre, dati ed esiti: su questo è giusto che vi sia un terreno di confronto e di sfida. È questo ciò che avviene in democrazia!
Vi sono stati poi alcuni interventi sia presso le Commissioni che in aula che hanno espresso preoccupazioni relativamente alle funzioni proprie di dirigenti o di aree del personale interessati alle riorganizzazioni. Tali timori - intendo dirlo perché del tutto legittimi - non hanno ragione di essere, in quanto le funzioni, le professionalità, il trattamento economico del personale sono salvaguardati e ciò è scritto nel decreto-legge: è aperto un tavolo di confronto con i sindacati, all'interno del quale verranno esaminati e risolti - e verso tale direzione va la nostra volontà e il nostro impegno - eventuali problemi che si dovessero porre.
Svolgerò un'ultima considerazione - e concludo - riguardante la delega prevista nel decreto-legge. Su questo punto non devo fare altro che riaffermare l'impegno assunto dal Governo una settimana fa, durante la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge sulla proroga dei termini, su sollecitazione sia della maggioranza che dell'opposizione, e con l'intervento del presidente Violante.
Ribadiamo che l'impegno sarà quello di non utilizzare la delega inserita nel decreto-legge, nonché di predisporre nei prossimi mesi un complessivo disegno di legge delega da presentare alle Camere, con il quale affrontare le problematiche aperte. Come è emerso nella discussione della scorsa settimana, vi sono differenti interpretazioni all'interno dei regolamenti della Camera e del Senato riguardo all'ammissibilità nei decreti-legge di previsioni di deleghe. A tale proposito esiste la questione del confronto autonomo, su cui, naturalmente, il Governo non ha né la volontà né la possibilità di intervenire, di Camera e Senato rispetto ad una opportuna omogeneità di comportamenti e, possibilmente, di norme regolamentari.Pag. 36
Per quanto ci riguarda, il Governo - questa è la responsabilità - si è già impegnato in quest'aula (e ribadisce oggi tale scelta) a non dare attuazione, come del resto è nelle nostre prerogative, a deleghe che siano state inserite in decreti e, soprattutto, a non inserire più previsioni di deleghe nei decreti-legge.
Per questi motivi, anticipo l'accoglimento di due ordini del giorno presentati su questo tema dall'onorevole Boato e dall'onorevole Boscetto, vale a dire da esponenti sia della maggioranza sia dell'opposizione. Questo è l'impegno che il Governo ribadisce.
Ho già detto, signor Presidente, che l'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri per me si collega in parte e discende dalle priorità programmatiche che abbiamo presentato alle Camere. Del resto, il Presidente del Consiglio Prodi vi ha fatto riferimento nel discorso di presentazione del Governo alle Camere.
A queste considerazioni si aggiunge che questo decreto-legge, già approvato dal Senato, scade il prossimo 17 luglio. Abbiamo tentato un'intesa con le opposizioni sull'organizzazione dei nostri lavori. Avremmo voluto non dover porre la questione di fiducia.
Abbiamo accolto l'indicazione politica relativa alle questioni delle deleghe avanzata dalla Camera dei deputati, che, dunque, su questo aspetto ha svolto un ruolo non passivo, ma determinante rispetto agli orientamenti e agli indirizzi del Governo. Il Governo, infatti, ha ascoltato, compreso e modificato le sue scelte. Darne atto alla Camera non costituisce certamente un elemento di debolezza, ma la considerazione del fatto che anche rispetto ai decreti, com'è stato fatto, sì può modificare un orientamento e un comportamento.
Tuttavia, questa intesa sull'organizzazione dei lavori non c'è stata e ho detto quando scade il decreto.
Per tutti questi motivi, a nome del Governo, a ciò espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi (Commenti dei deputati Barbieri e Buontempo), dell'articolo unico del disegno di legge n. 1287, di conversione del decreto-legge n. 181 del 2006, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (Applausi del deputato Boato - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle 12,30 nella biblioteca del Presidente per l'organizzazione del seguito del dibattito. La seduta dell'Assemblea riprenderà subito dopo la conclusione di tale riunione.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Innanzitutto, vorrei fare gli auguri all'onorevole Chiti e alla maggioranza. Siamo alla prima e riteniamo che non sarà l'ultima (Commenti del deputato Barbieri)...
PRESIDENTE. Onorevole Barbieri, non disturbi l'onorevole Leone...
ANTONIO LEONE. Siamo alla prima questione di fiducia. Non potrei tacere sul fatto che l'onorevole Chiti - per la verità, non ci è riuscito molto abilmente - ha tentato di far intendere agli italiani che questa fiducia deriva dall'ostruzionismo delle opposizioni. Gli italiani devono sapere, come diceva un vecchio brocardo nella scorsa legislatura, che questo decreto-legge è arrivato qui alla Camera a distanza di poche ore dalla sua scadenza, in quanto scade lunedì prossimo. Non comprendiamo il perché, oppure lo comprendiamo... ma dobbiamo puntare l'attenzione sul fatto che si tratta di un provvedimento basilare per il Governo.
Questo è il primo vero atto del Governo e l'organizzazione dello stesso, nonché il funzionamento e l'attuazione del programma dipendono solo da questo. Vi sembra normale, in un paese normale, inPag. 37un Parlamento normale, che si chieda la fiducia su un provvedimento che deve costituire l'avvio dei lavori del Governo? Per colpa dell'opposizione voi sareste costretti a chiedere la fiducia. Trovatemi un solo intervento ostruzionistico, nel momento in cui il relatore e lo stesso onorevole Chiti sono venuti a dare spiegazioni e risposte a richieste avanzate negli interventi dell'opposizione in materia di istruzione, di economia e finanze, di trasporti, di pesca e di agricoltura.
In questo provvedimento sono contenute delle nefandezze enormi. Pensate a cosa accadrà nel momento in cui esso sarà approvato e, quindi, passerà quell'appropriazione indebita, fatta da Pecoraro Scanio, della parola «mare». Con essa si sottrarrà tutto il settore della pesca a quello dell'agricoltura per trasferirlo all'ambiente. Vi siete chiesti quali saranno le conseguenze di tutto ciò (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)?
In questo provvedimento avete fatto di tutto e, poi, ci venite a dire che a causa della nostra posizione, del nostro ostruzionismo, siete stati costretti a porre la questione di fiducia. Il provvedimento in esame, a distanza di pochi giorni dalla sua scadenza, non siete stati capaci di approvarlo e, quindi, siete stati costretti, non a causa del nostro ostruzionismo ma per la vostra incapacità, a porre la questione di fiducia. Per tutto ciò vi faccio i miei migliori auguri!
Ho chiesto la parola anche per sollevare un'altra questione. Ieri, il gruppo di Forza Italia ha presentato un'interrogazione a risposta immediata alla quale il Governo sarebbe chiamato a rispondere nel corso del question time previsto per oggi. Data la posizione della questione di fiducia da parte del Governo, non so se il question time si svolgerà nel pomeriggio di oggi. La nostra interrogazione faceva riferimento all'alluvione che nei giorni scorsi ha colpito la zona di Vibo Valentia; a seguito di quell'evento, parte della popolazione locale si trova ancora in mezzo ad una strada, priva di acqua e di corrente elettrica. La nostra interrogazione non è stata neanche pubblicata e non ci sarà risposta da parte del Governo perché vi è stato un ballottamento di competenze su chi doveva rispondere.
Detto ciò, pongo una questione regolamentare e chiedo alla Presidenza che la stessa sia portata all'attenzione sia della Conferenza dei presidenti di gruppo sia della Giunta per il regolamento. A me pare che ciò che è accaduto rappresenti un fatto gravissimo: il nostro gruppo rimarrà senza interrogazione a risposta immediata perché il Governo non viene a rispondere. Faccio presente che noi non possiamo essere costretti a presentare interrogazioni sulla scorta di quelli che sono i desiderata del Governo. Noi interroghiamo il Governo anche attraverso, così come è stato sempre fatto, il ministro per i rapporti con il Parlamento, il quale deve venire e rispondere in questa sede alle nostre interrogazioni, altrimenti si configura un'ipotesi di violazione dei diritti del parlamentare e dei relativi gruppi parlamentari.
Questo è quello che sta accadendo e che pongo all'attenzione del Presidente della Camera affinché, una volta per tutte, siano rispettate, non con l'arroganza di questo Governo, i diritti dei singoli parlamentari e dei relativi gruppi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Antonio Leone, in merito alla questione da lei sollevata relativamente al question time, lei sa che è convocata, fra un quarto d'ora, la Conferenza dei presidenti di gruppo. In quella sede, pertanto, tale questione potrà essere posta e discussa.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, desidero smascherare, almeno per chi ci ascolta, questo imbroglio.
Nel corso del mio precedente intervento, avevo contestato l'affermazione con la quale si sosteneva che l'opposizionePag. 38avesse fatto ostruzionismo e, visto che la maggioranza chiedeva, come previsto dal regolamento, la chiusura anticipata della discussione sulle linee generali con un voto, avevo proposto che si passasse alla discussione sul complesso delle proposte emendative presentate.
Il ministro Chiti ha poc'anzi «depositato» la verità e se ne è andato. Si tratta di persone che non hanno una tradizione parlamentare e, quindi, fanno fatica a rispettare il Parlamento: se non si è entrati qui con il voto dei cittadini, alla fine, ci si ritiene degli impiegati della politica e si pensa di fare a meno del Parlamento. Comunque sia, il ministro Chiti non ha detto la verità, perché noi gruppi di opposizione, come ha sottolineato poc'anzi anche l'onorevole Antonio Leone, eravamo disponibili a procedere con la discussione sul complesso delle proposte emendative presentate. La maggioranza, anche per via delle divisioni presenti al suo interno sulla questione dei poteri - perché non dire della grande rissa scatenatasi dietro le quinte tra ministri e sottosegretari che si ritengono spogliati di quei poteri che hanno avuto sempre i ministri della Repubblica? -, proprio per mascherare queste divisioni, questi personalismi, questo modo misero di concepire la politica, ha posto la questione di fiducia sul provvedimento in esame. E ciò avviene non a causa dell'opposizione, ma perché si vuole imprigionare i deputati della maggioranza in una logica di potere assolutamente inaccettabile.
Concludo, signor Presidente: si pone la questione di fiducia non per l'ostruzionismo, bensì per ingabbiare i deputati della maggioranza!
Alcuni ministri, finora, hanno effettuato delle spese, mentre non potevano usare neppure le auto blu! È con l'approvazione di questo provvedimento che verranno attribuiti i poteri a tali ministri. Tutto ciò che è stato speso per consulenti, impiegati, autisti, macchine, uffici e lampadine non si poteva pagare: è un abuso d'ufficio, un abuso di potere!
Mi auguro che le opposizioni vogliano esaminare anche questo problema. Credo, infatti, si possa presentare una buona denuncia contro questi abusi di potere. Personalmente, valuterò insieme al gruppo di Alleanza Nazionale la possibilità di un ricorso alla Corte dei conti. Finché non interverrà il voto della Camera, quei ministri non sono tali, anche se hanno fatto un giuramento. E quest'ultimo somiglia più ad una comparsata di Cinecittà, che non ad un giuramento fatto nel rispetto della nostra Costituzione.
Voi siete colpevoli del fatto che non si passi all'esame degli emendamenti! Avete già disegnato questo percorso, e lo avete fatto alla Camera dove disponete di una maggioranza di oltre 60 deputati. Ebbene, al Senato, volete togliere ai nostri senatori il diritto di entrare a Palazzo Madama? Se in questa sede, dove disponete di una maggioranza schiacciante, avete paura di confrontarvi con l'opposizione, al Senato, dove avete una maggioranza «ortopedica» e «cardiologica» - poiché sono i medici che vi assicurano quella esigua maggioranza -, credo che la vostra impazienza ed intolleranza rischierà di portarvi a pensare che la democrazia sia cosa vostra, all'interno di voi e della vostra maggioranza.
Mi auguro che potremo dimostrarvi, insieme al popolo italiano, che vi sbagliate di molto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, devo ammettere che la questione di fiducia posta dal Governo e motivata dal ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Chiti, lascia veramente l'amaro in bocca. È l'ennesima dimostrazione che non è possibile ricorrere nemmeno ad un meccanismo che consenta, almeno a questa Assemblea, di continuare a discutere sulle questioni di merito. Viene negata anche a questo ramo del Parlamento la legittimità politica di utilizzare tutti gli strumenti previsti dalla democrazia parlamentare ePag. 39dal regolamento. Siamo assolutamente sconcertati dall'atteggiamento di questo Governo, che non ha una maggioranza al Senato e che utilizza lo strumento del voto di fiducia in maniera assolutamente strumentale, per mantenere in piedi un Governo che non c'è. Inoltre, utilizza lo stesso metro, la stessa mano pesante, anche in questo ramo del Parlamento.
Allora, non vi è alcuna possibilità - l'assenza del ministro Chiti lo dimostra - che nelle sue argomentazioni vi sia un giudizio politico sulla legittimità dell'uso, anche strumentale, dell'ostruzionismo. Questa considerazione verrà sollevata anche nell'interesse del Presidente della Camera, per assicurare il buon andamento dei lavori. Durante la passata legislatura, siamo stati tristemente testimoni dell'utilizzo indiscriminato e strumentale dell'ostruzionismo da parte dell'attuale maggioranza in tutte le forme possibili ed immaginabili. Evidentemente, abbiamo avuto cattivi maestri!
In quest'aula, sono state sostenute argomentazioni sulla legittimità del confronto democratico, sulla concertazione con il paese e con le parti sociali.
Oggi regalate poltrone: non si tratta, infatti, del legittimo utilizzo di strumenti parlamentari per la riorganizzazione dei ministeri in funzione della necessità di dare al Governo una composizione contingente. È stato sconfessato quanto era stato indicato non nella passata legislatura, ma nella legislatura ancora precedente, dall'allora ministro Bassanini. Non si usa il politichese in quest'aula per dimostrare che lo strumentale «spacchettamento» dei ministeri serve a tenere insieme una maggioranza che non c'è!
Ancora una volta, constatiamo, anche in questo ramo del Parlamento, l'uso strumentale della questione di fiducia per impedire ad una parte del paese, che legittimamente rappresentiamo, di usare tutti gli strumenti legittimi: questo è un fatto gravissimo. Signor Presidente, le chiedo di sottolineare alla Presidenza, e lo faremo comunque durante la Conferenza dei presidenti di gruppo, come non sia accettabile che in Commissioni, Giunte e quant'altro vi siano deroghe alla possibilità che si continui a lavorare. Il paese ha espresso un giudizio politico su questa maggioranza che non c'è. Usate gli strumenti della democrazia, ma ne risponderete alla democrazia ed al paese: state mettendo il bavaglio alla possibilità di continuare a confrontarsi con il Governo.
Inoltre, da dove nasce il giudizio sugli interventi strumentali ed evidentemente di carattere ostruzionistico? Decide l'onorevole Chiti, e questo Governo e questa maggioranza, nel merito degli interventi dei parlamentari dell'opposizione? Questo non sta scritto da nessuna parte! Se il motivo per contrastare diventa il giudizio espresso da quei banchi sulla legittimità degli interventi da parte dei deputati dell'opposizione, useremo sempre tutti gli strumenti che il regolamento ci mette a disposizione per sostenere le nostre sacrosante ragioni (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).
GABRIELE FRIGATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, credo che la posizione della questione di fiducia da parte del Governo sia sempre un elemento non ordinario. Però, vorrei ricordare ai colleghi che, quando ci troviamo ad esaminare un provvedimento sul quale, dopo diverse ore di discussione in quest'aula, mi pare fino alla mezzanotte scorsa, vi sono ancora 170 iscritti a parlare, probabilmente il sospetto che si tratti di qualche azione ostruzionistica mi pare legittimo.
Credo che, guardando a quanto ci aspetta per le prossime settimane - l'esame del cosiddetto decreto Bersani e del DPEF, un documento di programmazione economica che non riguarda i prossimi mesi ma tutta la prossima legislatura -, si debba riconoscere al Governo un atto di responsabilità. Infatti, non si vuole certamente tagliare il confronto, ma chiedere al Parlamento di creare condizioniPag. 40migliori di discussione ed anche di ragionare sugli elementi di rapporto tra i tempi della discussione e le domande presenti nel paese. Discuteremo dei temi posti dal decreto Bersani e dal DPEF, che mi paiono più pregnanti.
Con riguardo al numero dei ministeri, colleghi, non credo vi possano essere numeri positivi e numeri negativi. Non può essere una posizione ideologica quella di dire che dodici ministeri vanno bene, ma undici sono troppi. Non credo in questa valutazione e ritengo non sia utile arrabattarsi su questo. Vi sono temi molto più importanti sui quali siamo chiamati a confrontarci nelle prossime settimane, che riguardano le liberalizzazioni, il risanamento del bilancio dello Stato, la necessità e l'urgenza di dare certezza all'economia, al sistema produttivo, alle nostre imprese. Nessuno di noi potrà esimersi dall'affrontare tali questioni, che dovranno essere ampiamente discusse anche in Parlamento.
Pertanto, mi permetto di osservare che è stato l'ampio numero di iscrizioni a parlare in sede di discussione sulle linee generali, per una posizione ideologica riguardante il numero dei ministeri, a indurre il Governo a tale decisione. Non voglio affermare il contrario di quanto, fino a qualche mese fa, ho sostenuto dai banchi dell'opposizione. Riconosco che porre la questione di fiducia costituisce sempre un atto grave, che toglie la parola, blocca il confronto. Non mi pare che i temi sui quali il paese chiede il confronto e le decisioni siano il numero dei ministeri o le competenze di questo o quel sottosegretario, quanto invece quelli riguardanti il risanamento economico, lo sviluppo, vale a dire i temi che stanno a cuore alle nostre famiglie e alle nostre imprese. Su tali argomenti le prossime settimane evidenzieranno se effettivamente siamo all'altezza della situazione (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
LUCIO BARANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, vorrei precisare che non si può fare di tutta l'erba un fascio. Il gruppo che rappresento non si è iscritto a parlare in sede di discussione sulle linee generali e non ha presentato emendamenti. Intendevamo fornire il nostro contributo ascoltando una discussione che doveva essere svolta.
Non è possibile porre la questione di fiducia su un argomento così importante, trattandosi della partenza di quello che sarà il treno di questo Governo. Il ministro Chiti, da un punto di vista infrastrutturale, ha fatto un esempio, secondo il quale si andrebbe tutti a Milano: con lo sdoppiamento dei ministeri tra il ministro Bianchi e il ministro Di Pietro, a Milano non ci arriverà mai!
Il concetto del tiro della fune è un concetto serio. Infatti, se i vari partecipanti non tirano tutti nella stessa direzione, ma tirano in modo diverso, la partita si perde, con la conseguenza che non vi sarà né sviluppo, né occupazione, né risanamento.
Ammiro e riconosco l'onestà politica del relatore Boato, che ha dovuto ascoltare tutti gli interventi, che tra l'altro sarebbero stati molti di più se non fosse stata deliberata la chiusura della discussione. Proprio in tale discussione intendevamo portare avanti gli interessi del paese; infatti, il paese non può essere rappresentato solo da una parte che ha vinto le elezioni per una manciata di voti. Il paese è rappresentato da tutti!
Quindi, quando il ministro Chiti ha citato l'esempio della famiglia, che rappresenta un qualcosa di trasversale, mancava solo che nel presente decreto fosse previsto anche il Ministero della felicità perché questo Governo toccasse veramente il fondo!
Sull'ordine dei lavori (ore 12,31).
GIANFRANCO CONTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 41
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per chiederle, in qualità di Presidente della Camera, un intervento che riteniamo assolutamente urgente.
Ieri sera, alle ore 23,57, a Borsa chiusa, è stato diramato un comunicato del ministro Visco, il quale dichiarava che «in base alle nuove informazioni raccolte» il Governo ha deciso di modificare gli aspetti delle norme del cosiddetto decreto Bersani-Visco che si riferiscono al settore immobiliare.
Quanto accaduto è assolutamente grave; ritengo che tutti i colleghi sappiano che con quel provvedimento, per il settore immobiliare, si era fatta una stima, da parte del Governo, di un miliardo di euro; gli approfondimenti effettuati dagli uffici del Senato e dal settore colpito hanno messo in evidenza che l'intervento correttivo era pari a 30 miliardi di euro. Nel frattempo, si sono registrati movimenti di Borsa che hanno creato allarme e che hanno chiaramente danneggiato piccoli imprenditori e piccoli risparmiatori, ma anche grandi aziende.
Il ministro, anzi il viceministro Visco - il quale, mi si permetta di osservare, ha trattato questo settore con arroganza e con molta leggerezza -, dopo aver affermato, urbi et orbi, di avere lavorato per un mese intero sulla materia, oggi ci viene a dire che, forse, si è sbagliato. Dichiara che, forse, sarebbe il caso di rivedere le norme, ma non precisa come le vuole rivedere: nel frattempo, la Borsa, stamani, poiché vi è stata una fuga di notizie - la notizia è stata, infatti, data da tutti i giornali -, ha sofferto ripercussioni ancora gravi nel settore, con sbalzi sulle quotazioni che hanno danneggiato ancora una volta i risparmiatori.
Ritengo dunque sia il caso che il ministro, quello vero, venga in questa sede per rispondere alle interrogazioni che gli saranno poste sulla questione e, soprattutto, per chiarire come voglia intervenire per evitare che qualcuno, come sempre accade quando siete voi al Governo, guadagni dagli sbalzi provocati dal varo delle vostre norme (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Onorevole Conte, il rappresentante del Governo presente in aula ha ascoltato il suo intervento. In ogni caso, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, se lo riterrà, potrà riproporre la questione.
In attesa delle determinazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 15,10.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
Sugli attentati di Bombay.
PRESIDENTE
(Si leva in piedi e con lui l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Signore e signori deputati, una drammatica catena di attentati ha sconvolto ieri la città di Bombay, causando un numero altissimo di vittime e di feriti. Ci ritroviamo qui riuniti nello sgomento e nel dolore per la perdita di vite umane innocenti e per una gravissima offesa alle ragioni elementari della persona umana.
Al popolo indiano e alle autorità del paese rinnoviamo i sentimenti della nostra amicizia e indirizziamo la nostra più sincera e intensa solidarietà, unendoci al dolore dei familiari e delle vittime e alla trepidazione per la sorte di coloro che sono rimasti feriti.
Di fronte a una tragedia di simili proporzioni, le istituzioni democratiche italiane sono ferme nel contrastare il terrorismo ed i suoi disegni di disgregazione e ad operare per la costruzione di una convivenza civile in cui la ricchezza del dialogo, dell'accoglienza e della pace possa essere un patrimonio di tutti. Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bindi, Bonelli, Brugger, Chiti, Folena, Migliore, Ranieri, Sgobio e Stucchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori (ore 15,12).
PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
La votazione per appello nominale avrà luogo, a norma dell'articolo 116, comma 3, del regolamento, domani alle ore 12,10. Le dichiarazioni di voto avranno pertanto inizio alle ore 10, con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto in ordine crescente.
Gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti avranno luogo oggi dalle ore 15.
Domani, al termine della votazione sulla questione di fiducia, si passerà al seguito dell'esame del decreto-legge, a partire dall'illustrazione degli ordini del giorno, il cui termine di presentazione è fissato alle ore 18 di oggi.
Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, già previsto per oggi, avrà luogo domani, alle ore 15.
Dopo il question time riprenderà il seguito dell'esame del decreto-legge.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 15,14)
Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1287 (ore 15,15).
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri.
Ricordo che, nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali, hanno replicato il relatore ed il Governo, che ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1287 sezione 1), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1287 sezione 2).
Secondo quanto convenuto nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, avranno ora luogo alcuni interventi per l'illustrazione degli emendamenti (Per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato, ed all'articolo unico del disegno di legge di conversione, vedi l'allegato A - A.C. 1287 sezioni 3 e 4).
(Illustrazione delle proposte emendative - A.C. 1287)
PRESIDENTE. Passiamo dunque all'illustrazione delle proposte emendative presentate.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA. Onorevole Presidente, colleghi, per il mio primo intervento in aula avevo immaginato di dovermi occupare di cose ben più interessanti per i cittadini, ed invece mi trovo costretta ad affrontare un provvedimento che giudichiamo negativamente, perché completamente lontano da quello che interessa alla gente che è al di fuori di questo Palazzo.
È un provvedimento che ha come unico obiettivo quello di aumentare il numero di ministri e di sottosegretari, quindi di moltiplicare le poltrone, alle quali avete attaccato «pezzi» e «pezzettini» della vostra maggioranza per evitare che questa crollasse, ancor prima di cominciare.
Ebbene, avete ottenuto sì il risultato di tenere in piedi, almeno per il momento, la vostra coalizione, ma l'avete fatto pagando un prezzo altissimo, il prezzo più alto che in politica si possa pagare dinanzi all'elettorato. È iniziata infatti questa vostra travagliata legislatura all'insegna della menzogna: ecco perché pagate un prezzo alto dinanzi agli italiani!
Con il presente decreto-legge, con cui aumentate il numero di ministri e sottosegretari, sostanzialmente fate emergere due gravissime bugie che avete detto agli italiani. La prima è una bugia di cui è responsabile direttamente il Presidente del Consiglio Romano Prodi, ed è grave pensare che questa bugia non l'abbia detta in una riunione di partito, o al bar con gli amici, oppure in un'intervista giornalistica o televisiva: il vostro Presidente del Consiglio, Romano Prodi, quella menzogna l'ha detta dinanzi alla più alta carica dello Stato, all'interno della sede istituzionale più importante del nostro paese.
Il Presidente Prodi, infatti, dopo avere sciolto la riserva e presentato la lista dei ministri al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando alla stampa al momento del congedo dal Quirinale, annunciò la lista dei ministri dando ad Alessandro Bianchi il titolo di ministro dei trasporti, a Fabio Mussi quello di ministro dell'università e della ricerca scientifica, a Paolo Ferrero quello di ministro per la solidarietà sociale. Prodi mentiva e commetteva una grave scorrettezza istituzionale, perché sapeva benissimo che quei tre componenti del Governo, in quel momento, erano soltanto dei ministri senza portafoglio (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). In quel momento, infatti, i tre ministeri in questione non esistevano ancora, essendo stati istituiti soltanto alcune ore dopo con il primo decreto varato dal Consiglio dei ministri. Ecco allora la gravità della menzogna detta da Prodi al Quirinale, grave nei confronti del Presidente della Repubblica, del Parlamento e, ancora più grave, nei confronti dei cittadini italiani. Comprendiamo che se Prodi non avesse mentito dinanzi ai microfoni del Quirinale, probabilmente non sarebbe stato in grado neanche di tenere il primo Consiglio dei ministri, poiché alcuni componenti della sua maggioranza avrebbero protestato per non avere ottenuto quanto gli era stato promesso in cambio dell'appoggio politico.
Passiamo alla seconda menzogna. Avete mentito a voi stessi nel vostro programma, quello dell'Unione, quasi tutto scarsamente interessante e difficilmente leggibile. In quel programma però vi era un passaggio che aveva colpito tutti, noi che siamo all'opposizione, gli osservatori, gli opinionisti e, soprattutto, i cittadini. Avevate infatti promesso al paese la riduzione dei costi della politica, la riduzione delle poltrone, poiché volevate dare un segno di rispetto ai cittadini in un momento in cui ad essi si chiedono dei sacrifici.
Qualcuno probabilmente ha creduto a quello che avevate scritto; probabilmente 25 mila persone vi hanno votato solo ed esclusivamente perché avete promesso questo e proprio quelle 25 mila persone vi hanno permesso di superare elettoralmente la nostra coalizione. A quelle personePag. 44invece avete mentito, perché il vostro primo atto è andato in controtendenza, diametralmente opposto a quanto avevate garantito. Eppure, la storia della riduzione dei ministeri ha origine all'interno della vostra coalizione. Come è stato più volte detto, fu l'ex ministro Bassanini a volere una riforma che puntasse all'accorpamento dei ministeri.
Ebbene, noi, che siamo stati contrari all'impianto complessivo di questa riforma, abbiamo rispettato questo aspetto molto più di voi. È vero che nel 2001 costituimmo due nuovi ministeri, il Ministero delle comunicazioni e quello della salute, ma lo facemmo perché ritenevamo che ci fossero delle ragioni politiche, che il paese non potesse restare senza due dicasteri importanti: quello delle comunicazioni, dedicato ai problemi che riguardano questioni industriali, ma anche i contenuti e, quindi, questioni culturali, e quello della salute, capace di garantire le linee guida nazionali per riconoscere il sacrosanto diritto, costituzionalmente garantito, alla salute e per evitare la distinzione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, determinata dalla serie di competenze che voi avete delegato alle regioni in tema di salute.
Allora, che fine ha fatto la rivoluzione di Bassanini, la rivoluzione di chi, come voi, spiegava all'interno di quest'aula che bisognava ridurre il numero di ministeri e che poi, appena arrivati al Governo, si è spartito il potere, decidendo di fare esattamente il contrario? Ho ripercorso queste vostre contraddizioni per dimostrare che, come spesso accade, predicate bene e razzolate male. I cittadini devono saperlo e comprenderlo fin dal primo provvedimento che avete portato all'attenzione del Parlamento.
Aveva predicato bene Bassanini, ma alla prima occasione avete fatto l'esatto contrario di ciò che aveva previsto. Aveva predicato bene tutta l'Unione, scrivendo nel suo programma che voleva ridurre i costi della politica, ma ha razzolato male tutta l'Unione, aumentando i costi della politica, fino a dare vita al Governo più numeroso della storia della Repubblica italiana.
Siete arrivati anche all'assurdo: siete arrivati a toccare il fondo nel momento in cui non avete avuto il coraggio di schierarvi apertamente quando abbiamo discusso la mozione del nostro capogruppo Elio Vito sui costi della politica.
Aveva predicato bene il relatore di questo provvedimento, l'onorevole Marco Boato, persona nota per la sua coerenza e per la sua onestà intellettuale, che credo in questi giorni si trovi a disagio, perché, come relatore, deve sostenere la bontà di un provvedimento che lui sa essere un pessimo provvedimento. Quando cinque anni fa arrivò in aula il decreto-legge che istituiva i ministeri delle comunicazioni e della salute, l'onorevole Marco Boato fu molto attento a criticare quella scelta e disse una cosa molto importante, ossia che questi ordini di problemi non potevano essere affrontati con un decreto-legge, ma che c'era bisogno di rispettare maggiormente il Parlamento, portando all'attenzione delle Camere un disegno di legge e dando la possibilità al Parlamento di modificare un organo costituzionale quale il Governo mediante una procedura legislativa corretta.
Noi non critichiamo quanto egli disse l'altra volta, ma siamo d'accordo con l'onorevole Boato, non con quello di oggi, ma con quello di cinque anni fa, che disse che un Governo, prima di ricevere la fiducia, non è pienamente legittimato ad emanare un decreto-legge. Certo, comprendiamo che l'errore fu commesso anche dal centrodestra cinque anni fa, ma il centrodestra non lo ha fatto per una questione di poltrone, ma per una questione politica e, quindi, di merito.
Sarebbe stato auspicabile, allora, un intervento coerente da parte di Boato, con cui il relatore avesse detto all'aula, anche oggi, a distanza di cinque anni, nonostante il cambio di maggioranza, che questo provvedimento è scarsamente rispettoso del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Aveva predicato bene l'onorevole Franceschini, capogruppo in quest'aula dell'Ulivo, un gruppo importante, visto che è il maggior gruppo della maggioranza che sostiene il Governo. Franceschini, addirittura,Pag. 45paventò un rischio, sostenendo che in caso di mancata conversione del decreto-legge si sarebbe potuta mettere in discussione addirittura la validità della fiducia che il Governo aveva ottenuto in Parlamento. Ci piacerebbe sapere cosa pensa oggi l'onorevole Franceschini: se sostiene la stessa tesi che sosteneva cinque anni fa, o se, temendo che la maggioranza di cui è autorevole esponente possa trovarsi in crisi, pensa l'esatto contrario di quanto affermò allora.
Noi vorremmo confrontarci e scontrarci con la maggioranza su cose serie e concrete che riguardano i cittadini. Vorremmo parlare in quest'aula di sicurezza, dei problemi del lavoro, della modernizzazione del paese, dell'eccesso di burocrazia, della scarsa competitività del nostro paese, delle maggiori attenzioni che debbono essere rivolte alle donne, ai giovani, agli anziani e ai bambini. Invece, siamo qui, bloccati in questa prima fase della legislatura a parlare di «mille proroghe», di ministri e di sottosegretari in più, che voi dovete sistemare.
Questo è il danno che state facendo all'Italia. Questa è la più grave offesa che state facendo al nostro paese, tra l'altro mentendo e cambiando idea rispetto al passato, ed è per questo che siamo completamente e profondamente contrari a questo provvedimento. Siamo certi che, se continuerete così, il vostro lavoro sarà tutto a nostro favore, ossia sarà a favore di chi questo paese vuole cambiarlo davvero (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misuraca. Ne ha facoltà.
FILIPPO MISURACA. Onorevole Presidente, signor rappresentante del Governo, mi devo complimentare con la collega Carfagna la quale, facendo parte della Commissione affari costituzionali della Camera, ha dato al suo intervento un taglio politico molto ampio che mi sento di condividere. Come membro della Commissione agricoltura darò al mio intervento invece un taglio più tecnico.
Devo ringraziare il mio capogruppo, onorevole Elio Vito, per aver chiesto ed ottenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo che si procedesse in Assemblea all'illustrazione delle proposte emendative presentate al provvedimento in esame. Se ciò non fosse stato possibile - mi rivolgo, in particolare, al relatore Marco Boato - alcune argomentazioni contenute nel presente provvedimento sarebbero rimaste lettera morta ed altre sarebbero passate inosservate nonostante il grave danno e il nocumento che da questo provvedimento potrebbe derivare all'organizzazione dei vari Ministeri.
Onorevole Boato, nel corso di questi anni ho avuto modo di apprezzarla per la meticolosità e la puntualità dei suoi interventi. Desidererei che la stessa puntualità e la stessa meticolosità lei la dimostrasse anche adesso, in veste di relatore del provvedimento. Ma questo ormai lei non può più farlo perché il Governo ha posto la questione di fiducia e, quindi, non c'è più la possibilità di conoscere il suo pensiero sugli emendamenti presentati.
Io, insieme agli altri componenti della Commissione agricoltura, abbiamo presentato diverse proposte emendative. Tra queste, ce ne è una che mi stava particolarmente a cuore, peraltro non inserita nel fascicolo degli emendamenti forse perché dichiarata inammissibile. In tale emendamento si faceva riferimento non allo «spacchettamento», ma alla moltiplicazione dei Ministeri e delle relative competenze, con particolare attenzione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
Nel maxiemendamento presentato dal Governo si prevede che al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si estenda anche la competenza relativa al mare. Su tale estensione, onestamente, ho qualche perplessità. Finora, infatti, la competenza non del mare ma della pesca è stata esclusiva del Ministero dell'agricoltura, ora Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Questa estensione, onorevole Boato, mi preoccupa. È vero che la competenza relativa al mare si riferisce alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia marina, ma è altrettanto vero che, aPag. 46seguito dell'attribuzione di questa competenza al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, il ministro Pecoraro Scanio, molto affezionato ai temi ambientalisti, potrebbe anche sottoporre a vincoli alcune zone del mar Mediterraneo, del mar Ionio e così via, procurando grave nocumento ai nostri pescatori.
Quello che maggiormente mi preoccupa è che l'articolo 1 del disegno di legge di conversione in esame dà al Governo ventiquattro mesi di tempo per attribuire le competenze e le deleghe. Conseguentemente, potrebbe anche accadere che i ministri De Castro e Pecoraro Scanio interferiscano, nello svolgimento delle loro attività, in tema di mare. È su queste cose che noi riteniamo che, nel predisporre il maxiemendamento, sia stata fatta molta confusione, perché non sono state chiarite le competenze di ciascun ministero.
Come abbiamo avuto modo di dire al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali nel corso dell'audizione svoltasi in XIII Commissione, oggi si potrebbe aprire uno scenario per la politica italiana, lo scenario cioè del Governo di centrosinistra, nel quale vi sono ministri che non hanno l'autonomia di decidere perché, come risulta evidente, vi sono altri ministri più forti (quelli di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Comunisti Italiani e dei Verdi) che vogliono appropriarsi di determinate competenze e vincolare l'attività del Governo.
Di questo siamo preoccupati, e non siamo assolutamente fuori tema quando interveniamo su tali argomenti! Ciò che più ci preoccupa è il colpo di mano di questo Governo, allorquando inserisce nel maxiemendamento il comma 9-bis dell'articolo 1 del decreto-legge. Cosa ci «azzecca» - come direbbe un ministro di questo Governo - la riforma dei consorzi agrari, di cui all'articolo 9-bis, con la moltiplicazione dei Ministeri? Allora, questo lo definiamo veramente un colpo di mano.
Ricordo che in Parlamento, nelle precedenti legislature, vi fu un lungo dibattito al riguardo, e al Senato e alla Camera furono presentate diverse proposte di legge per la riorganizzazione dei consorzi agrari. Adesso, in un provvedimento che non ha niente a che vedere con questa materia, si inserisce un comma che rivoluziona la vita dei consorzi agrari! Se non è un colpo di mano questo, ditemi di cosa si tratta!
Inoltre, denuncio che dietro questo colpo di mano vi sono interessi estremamente grandi, cari colleghi. È evidente che la vita della Federconsorzi è stata un pilastro per questa nazione. Tanto danno ha arrecato che in Parlamento abbiamo istituito una Commissione di inchiesta sulla Federconsorzi. Forse, quella Commissione non ha dato tutte le risposte; ma indubbiamente la vicenda dei consorzi agrari mi preoccupa. E al riguardo avanziamo una denuncia. La Federconsorzi ha attivato nei confronti del Ministero delle politiche agricole e forestali - mi rivolgo a lei, signor rappresentante del Governo, casomai non lo sapesse - un contenzioso pari a mille miliardi delle vecchie lire. Allora, siamo preoccupati dell'azzeramento con questo comma delle responsabilità che vi potrebbero essere anche in tale vicenda. Ho la sensazione che l'azzeramento dei consorzi agrari, camuffato con un miglioramento degli stessi attraverso la trasformazione in cooperative (così recita l'articolato), apra nuovi scenari.
Onorevoli colleghi, ho fatto alcuni conti: in Italia sono settantadue i consorzi agrari che in questo momento sono in difficoltà. Li elencherò, perché ciò rimanga agli atti. Inoltre, svolgerò un ragionamento che metterà in evidenza che c'è qualcosa che non va, e mi permetterò di spiegarlo. Ci sono ventinove consorzi agrari in gestione ordinaria, sei in gestione commissariata, ventidue in liquidazione e quindici con il ritirato esercizio provvisorio, per un totale di settantadue strutture. Adesso, tutto ad un tratto, con questa norma, si stabilisce che i consorzi agrari escono dal regime della legge speciale per rientrare nel regime normale delle cooperative. Ma questo passaggio, evidentemente, ha bisogno dei suoi tempi ed è necessario un dibattito in Parlamento, qualora anche noi fossimo d'accordo.
È evidente che il comma 9-bis crea seri problemi. Innanzitutto, crea problemi agliPag. 47stessi dipendenti e lavoratori dei consorzi agrari. Infatti, la legge n. 410 del 1999, che ha voluto il Governo di centrosinistra presieduto dal Presidente D'Alema, è stata approvata da tutto il Parlamento. Come ho affermato in un altro mio intervento, i temi dell'agricoltura in Italia sono stati trattati sempre in maniera bipartsan. Il Parlamento non si è mai diviso su questi argomenti. Non capisco perché proprio adesso il Parlamento si debba dividere, e perché non ci venga data la possibilità di discuterne.
Ebbene, con la legge n. 410 del 1999 si garantiva ai lavoratori dei consorzi agrari la mobilità e la trasformazione di questi in enti pubblici o in enti privati. Adesso, con un colpo di mano, quella legge viene completamente cancellata e non si capisce che fine faranno i lavoratori.
Signor rappresentante del Governo, mi fa piacere che lei mi stia seguendo perché sto trattando temi che la devono far riflettere, così come hanno riflettuto in Commissione agricoltura i colleghi della maggioranza, di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, che tanto dicono di difendere gli interessi dei lavoratori ma al momento di esprimere il parere non hanno avuto il coraggio di opporsi e hanno votato a favore semplicemente chiedendo, in modo che restasse agli atti, un impegno al Governo. Signor rappresentante del Governo, se lei vuole assumere un impegno deve prenderlo per salvaguardare gli interessi dei lavoratori. Non lo faccia fare a noi che siamo definiti liberali, liberisti e ci dicono che non ci interessiamo dei lavoratori: ora più che mai, come nel 1999, lo stiamo facendo.
Signor Presidente, ho la sensazione che questo Governo non stia tutelando né i lavoratori, né l'economia, date le considerazioni svolte. Sono anche preoccupato per un altro motivo, ed il mio gruppo ha presentato emendamenti in proposito. I consorzi agrari devono trasformarsi in cooperative semplici entro il 30 giugno 2007. Signori miei, ci volete far ridere? Vi rendete conto che entro nove mesi tali cooperative si devono trasformare? Per chi conosce un minimo di economia, per chi sa che bisogna fare la valutazione dei cespiti, è evidente che tale termine non basta, è evidente che lo avete messo solo per camuffare la parte iniziale a cui facevo riferimento. Non è il caso che il 30 giugno 2007 ci si riveda in questo Parlamento per ottenere una proroga per l'adeguamento delle cooperative. Nei nostri emendamenti, che, ahimè, non possono essere esaminati, chiedevamo che quel termine fosse spostato quanto meno al 30 giugno 2008, ma la decorrenza di tutto ciò di cui ho parlato prima avrebbe dovuto aver luogo successivamente. Non ha senso attivare tutto quello che ho detto e trasformare le cooperative, perché dal momento che diventano cooperative semplici parte il principio della mutualità.
Su questi temi chiedo la vostra attenzione, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor relatore, che purtroppo si è distratto e me ne dispiace, pur con tutti i complimenti che gli avevo fatto a titolo personale. Mi auguro che in separata sede, in Transatlantico, mi dirà cosa ne pensa, lui che è stato sempre un garante, non un garantista, dei bisogni dei lavoratori: vorrei conoscere veramente il suo pensiero.
Non entro nel merito, signor Presidente, perché lo hanno fatto e lo faranno altri colleghi meglio di me, sulla spesa creata dal proliferare di ministri e sottosegretari. Mi lasci svolgere, come ha fatto l'onorevole Carfagna, qualche considerazione di carattere politico. Indubbiamente, come rappresentante del popolo, anch'io avrei voluto parlare al momento della fiducia al Governo Prodi, ma è evidente che i tempi non ce lo hanno consentito, non è stato possibile per tutti.
Caro collega Boscetto, credo che questa sia un'altra occasione per esprimere il nostro giudizio su questo Governo Prodi: il primo atto di tale Governo, quello dello «spacchettamento» e della moltiplicazione dei ministeri, ci fa esprimere un giudizio veramente negativo. Il Governo si era presentato come coalizione al paese con un programma preparato in una fabbrica e, signor Presidente, mi risulta che qualche volta anche lei sia andato a lavorare inPag. 48quella fabbrica. Purtroppo, adesso, nei fatti, quel programma vi sta creando seri problemi. Non poteva essere diversamente perché è indubbio che le culture, le provenienze, gli interessi che ognuno ha come parte politica nei confronti dei cittadini italiani vi portano distanti, dato che il così definito Governo di centrosinistra spazia dall'estrema sinistra ai centristi.
Concludo sottolineando che ciò rappresenta una preoccupazione per il paese. Non intendo bocciare il Governo, lo farò dopo con i fatti. Ma, dopo il decreto-legge in esame, possiamo veramente dire che questo è un esecutivo che non porterà bene al paese, che ha le idee confuse e che, quando si troverà ad affrontare problemi gravi, come quello delle missioni di pace e dei valori della famiglia e della libertà, dimostrerà i propri limiti.
Signor Presidente, la ringrazio, ma - mio malgrado - mi vedo costretto ad affermare che questo è un Governo che farà male al paese (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo ancora una volta alle prese con una chiara dimostrazione di bicameralismo imperfetto. Infatti, emerge una grave compressione del dibattito parlamentare con riferimento ad un decreto-legge che contiene una serie di norme estremamente importanti per il prosieguo della vita politica, amministrativa e istituzionale del nostro paese. Siamo di fronte ad un bicameralismo imperfetto, strabico, zoppo.
Poche settimane fa, il paese si è confrontato e si è diviso sul tema delle riforme costituzionali, che avevamo discusso in Parlamento e che erano state approvate nei modi previsti dalla legge. Dunque, il paese ha preso una decisione, è prevalsa una maggioranza. Invece, in questo caso, ci troviamo di fronte ad un qualcosa di diverso, vale a dire ad un utilizzo improprio degli strumenti parlamentari e costituzionali. In tal modo, si registra un grave pericolo per la nostra democrazia: non vorrei che vi fosse il rischio di un golpe istituzionale! Di tutto questo ci meravigliamo!
Proprio la Presidenza della Camera, che non deve essere espressione della maggioranza o della minoranza ma dell'intero popolo italiano, deve a nostro avviso farsi garante del rispetto di quelle regole che non possono essere a geometria variabile.
Il provvedimento in esame ha formato oggetto di diverse osservazioni del Comitato per la legislazione. Infatti, il testo contiene materie eterogenee: ad esempio, cosa c'entra con lo «spacchettamento» l'entrare a gamba tesa nelle questioni che riguardano i consorzi agrari, o altre questioni? Inoltre, l'urgenza che si sostanzia nell'esercizio della delega, vale a dire in 24 mesi, è veramente un'urgenza?
Ho l'impressione che la necessità e l'urgenza siano quelle di questa maggioranza di dare risposte a se stessa; ci troviamo, quindi, dinanzi ad una necessità e ad un' urgenza che non sono del paese. Altrimenti, sarebbe stato giustificato il ricorso al meccanismo della decretazione; ma si tratta, invece, di una necessità e di un'urgenza di natura assolutamente diverse.
Ancora una volta, a distanza di una settimana, siamo davanti ad un utilizzo assolutamente improprio della delega legislativa, nella fattispecie, per il riordino delle funzioni e dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio. Ci si pone in chiaro contrasto con la legge n. 400 del 1988 e, in particolare, con il comma 12 dell'articolo 15 di quella legge; dobbiamo ancora una volta sottolinearlo.
Ma, caro Governo, caro sottosegretario, per quante altre volte violerete la legge e la prassi di questo Parlamento? E per quante altre volte ancora dovremo assistere a questa sorta di balletto, quasi una commedia, di ordini del giorno condivisi dalla maggioranza e finanche accettati dal Governo con i quali si prende atto della situazione e ci si impegna a non esercitarePag. 49i poteri della delega? Per quante volte ancora dovremo far ridere il paese e dovremo vergognarci di noi stessi guardandoci allo specchio? Da parlamentare già della scorsa legislatura, mi meraviglio che un collega così attento alle regole ed al rispetto delle stesse come il relatore, l'onorevole Boato, cui vanno il nostro rispetto e la nostra considerazione, aldilà dell'utilizzo del mezzo telefonico che sta facendo in questo momento...
MARCO BOATO. L'ascolto lo stesso!
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. La ringrazio; non avevo alcun dubbio.
MARCO BOATO. La ringrazio anch'io.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ebbene, mi meraviglio di come un collega così attento al rispetto delle regole questa volta abbia accettato il mandato di relatore su un provvedimento che, invece, le viola in maniera assolutamente precisa e sostanziale!
Dunque, non entrerò, così come hanno fatto i miei colleghi, nel merito del cosiddetto «spacchettamento» (termine pessimo, assolutamente volgare); voglio piuttosto liquidare il discorso con una battuta, come ho già fatto la settimana scorsa, intervenendo sul cosiddetto decreto «mille proroghe». Ci troviamo di fronte, infatti, ad un ulteriore miracolo del Presidente Prodi e del vostro Governo: la volta scorsa, siete riusciti ad operare delle risurrezioni; adesso, ci troviamo dinanzi alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Infatti, si tratta di provvedimenti che non sono nell'interesse del paese, ma si risolvono in una vera e propria moltiplicazione dei pani e dei pesci, nell'interesse esclusivo dei vostri quadri dirigenti, della vostra politica, dei vostri apparati; provvedimenti che rappresentano un danno grave per il paese e per il sistema Italia.
Al riguardo, voglio citare brevemente alcuni dei punti da voi affrontati con il decreto-legge. Ad esempio, cosa vi ha spinto a prevedere, al comma 2-quater (concernente il CIPE) dell'articolo 1 del decreto-legge, l'intervento, nelle riunioni del Comitato stesso, non più del rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, bensì del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, quasi per introdurre un ulteriore elemento di controllo politico nei confronti di questo organismo che già, politico, a dire la verità, è? Cosa vi ha portato, in sede di rielaborazione del comma 6 dell'articolo 1 del decreto-legge, a conferire al Ministero della solidarietà sociale le competenze in materia di servizio civile nazionale, sottraendole alla Presidenza del Consiglio (quindi, sostanzialmente modificando la concezione sino ad oggi mantenutasi del servizio civile nazionale, che rappresenta un momento fondamentale per l'interesse della nostra nazione)? Tale servizio assolutamente non può essere limitato e ridotto a qualcosa che ha a che fare soltanto con la solidarietà; è piuttosto sostitutivo e complementare rispetto al servizio volontario militare, al servizio sotto l'egida della Difesa. Cosa vi ha portato, inoltre, a prevedere, nel comma 6 dell'articolo 1 del decreto-legge, la totalità delle competenze in materia di immigrazione in capo al Ministero della solidarietà quando, sul tema dell'immigrazione, vi sono tutta una serie di questioni che riguardano anche la sicurezza nazionale le quali, invece, a nostro avviso, meriterebbero ben più alti livelli di attenzione?
Nel comma 9-bis, che si occupa dei consorzi agrari, almeno avete inserito - bontà vostra... - una parziale, residuale vigilanza (secondaria, a dire la verità) del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. La verità è che state intervenendo sul sistema dei consorzi agrari perché dovete pagare una cambiale ad alcuni sistemi imprenditoriali, specialmente a quelli delle grandi cooperative, che hanno tradizionalmente rappresentato, in Italia, nel settore agricolo ed agroalimentare, una sorta di contraltare rispetto al sistema dei consorzi agrari. Tra qualche mese, ci rivedremo qui nelle aule parlamentari, nelle Commissioni competenti. Abbiamo il fondato sospetto che siPag. 50stia tentando un'operazione che non è né di programmazione economica né, tanto meno, politica, ma di ben altra natura (probabilmente, di bassa macelleria).
Del comma 13-bis ha parlato poc'anzi l'onorevole Misuraca, al quale avevo segnalato la problematica relativa al passaggio delle competenze nel settore «del mare» (tra virgolette) sotto l'egida del Ministero dell'ambiente e del territorio, che diventa, così, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Dovete sapere che alcune problematiche riguardanti il settore del mare si ponevano già nella passata legislatura: avevano competenze in materia il Ministero delle politiche agricole, per quanto riguardava la pesca, ed anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, interessandosi quest'ultimo, in particolare, della sorveglianza sulla Guardia costiera, della sicurezza dei trasporti marittimi e della sorveglianza sui porti, materia che passa, ora, al Ministero dei trasporti. Oggi, c'è un terzo incomodo: il Ministero dell'ambiente! La verità è che, ancora una volta, state pagando una cambiale alle aree più estreme e più ideologizzate del vostro schieramento politico.
Vedremo quanti e quali saranno i conflitti quando vi dovrete occupare di pesca mediterranea, di pesche speciali, del sistema produttivo e delle filiere della pesca! Vedremo come riuscirete a mettere d'accordo, totalmente o anche soltanto parzialmente, visioni di natura economica, sociale e storica che danno sostanza all'importante settore della pesca in Italia, un settore che, in alcune aree del paese (soprattutto nelle fasce costiere), è radicato in esperienze che hanno alle spalle secoli e addirittura millenni di storia. Cosa accadrà quando i soggetti interessati si dovranno confrontare con chi ha del mare una visione soltanto edonistica e, per certi versi, assolutamente al di fuori della realtà?
Infine, il comma 19 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri tutta una serie di competenze che, a mio avviso, difficilmente vedremo concretizzate in effetti reali e possibili nel prosieguo di questa legislatura.
La verità è che avete non tanto poche idee ma confuse, quanto idee confuse, contraddittorie e finanche pericolose per gli interessi della nazione. Sono convinto che gli italiani hanno cominciato a capirlo. Sono convinto, altresì, che gli italiani ci stanno guardando: sanno delle vostre divisioni e delle vostre divergenze; sanno che siete l'un contro l'altro armati e che alcune spinte interne stanno determinando la paralisi assoluta di questi primi mesi della vostra attività di governo e parlamentare. Sono convinto che i cittadini ci stanno guardando. Stanno riflettendo non tanto i nostri elettori - che già avevano capito prima - ma quella parte degli italiani moderati che vi aveva dato fiducia.
In ogni caso, noi saremo qui a sorvegliare e ad ingaggiare un confronto serio nelle sedi opportune, nelle aule parlamentari. Lo abbiamo fatto per questo provvedimento, che noi volevamo migliorare, se possibile, presentando una serie di emendamenti. Non è assolutamente colpa nostra se l'atto a cui ci riferiamo è arrivato qui soltanto due giorni addietro: è colpa della vostra inefficienza anche a programmare i lavori parlamentari, ed oggi siete costretti - non dall'ostruzionismo, ma dalla vostra inefficienza e, perché no?, anche dal vostro mero calcolo, dal vostro interesse - al voto di fiducia.
La verità è che voi volete sottrarvi al dibattito parlamentare anche per un altro motivo: non siete convinti non soltanto della bontà delle vostre ragioni, ma neanche della tenuta della vostra maggioranza, che inchiodate al voto di fiducia sia al Senato sia alla Camera. Siamo in presenza di una strana, distorta idea di democrazia e sono convinto che noi abbiamo il dovere di rappresentare queste cose, queste posizioni politiche, non soltanto all'interno dell'aula parlamentare, ma anche al paese.
Spero che coloro i quali sono chiamati oggi a farsi garanti delle istituzioni - torno a riferirmi alla Presidenza della Camera e al più alto scranno della nostra democrazia, del nostro sistema costituzionale, la Presidenza della Repubblica - trovino il sistema ed il modo di farvi riflettere.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Boscetto, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Nessun altro chiedendo di parlare, sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione delle proposte emendative.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 13 luglio 2006, alle 10:
(ore 10 e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 379 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri (Approvato dal Senato) (1287).
- Relatore: Boato.
(ore 15)
2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta termina alle 15,55.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | ddl 1287 - chiusura discussione | 420 | 420 | 211 | 267 | 153 | 38 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.