La Carta dei diritti fondamentali

Premessa

A seguito del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, celebrato nel dicembre 1998, il Consiglio europeo di Colonia (3-4 giugno 1999) decise di avviare i lavori per la redazione di una Carta dei diritti fondamentali. Si voleva in tal modo raccogliere in un unico testo i diritti fondamentali in vigore a livello dell'Unione (e basati sui trattati comunitari, sulle convenzioni internazionali, nonché sulle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri), in modo da conferire loro maggiore visibilità[1].

L'elaborazione venne affidata ad una speciale Assemblea - che decise di darsi il nome di Convenzione - composta da 62 membri, rappresentanti dei Parlamenti nazionali, del Parlamento europeo, dei governi degli Stati membri e del Presidente della Commissione europea.

I lavori ebbero inizio il 17 dicembre 1999 e terminarono con la proclamazione, a latere del Consiglio europeo di Nizza, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il 7 dicembre 2000, nella forma di solenne Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, con l’auspicio che alla Carta fosse data la più ampia diffusione possibile presso i cittadini dell’Unione. Nulla in quella sede è stato deciso circa il valore giuridico della Carta stessa e l’esame della questione è stato rinviato ad un secondo momento.

La Carta è stata successivamente stata integrata nella parte II del Trattato Costituzionale europeo (artt. da II-61 a II-114), firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e ratificato dall’Italia con legge 7 aprile 2005, n. 57 (v. scheda Il Trattato costituzionale). Poiché il Trattato entrerà in vigore solo dopo la ratifica da parte di tutti i 25 Stati membri secondo le proprie procedure costituzionali, allo stato attuale non è possibile fare una previsione circa la sua entrata in vigore, stante la bocciatura del Trattato nei referendum tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi.

Si ricorda, infatti, che a fronte di questi risultati, il Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 ha infatti ritenuto la scadenza del 1° novembre 2006, che era stata inizialmente prevista per l’entrata in vigore della Costituzione, non più perseguibile, in quanto gli Stati che non hanno ancora ratificato il trattato non saranno in grado di fornire una buona risposta prima della metà del 2007. Tutti gli Stati membri, che abbiano o non abbiano ratificato la Costituzione, si sono così presi una pausa di riflessione ed il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 dovrebbe procedere ad una valutazione globale dei dibattiti nazionali e decidere sul seguito del processo.

Al momento pertanto, la Carta dei diritti fondamentali non contiene, in quanto tale, disposizioni giuridicamente vincolanti comparabili a quelle del diritto primario ed ha un valore più politico che giuridico, non essendo formalmente inserita nell’ambito dei Trattati. Peraltro, essa fornisce, quantomeno quale fonte di cognizione, indicazioni sui diritti fondamentali garantiti dall'ordinamento comunitario, come evidenziato più volte nelle conclusioni dell’avvocato generale presso la Corte di Giustizia[2], ed essa non può pertanto essere trascurata nella soluzione di controversie giurisdizionali relative ai diritti fondamentali. Del resto, il Tribunale di prima istanza ha a volte richiamato specifici articoli della Carta, in quanto confermativi di principi costituzionali comuni degli Stati membri, ai sensi dell’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea[3], ed anche la Corte costituzionale italiana ha fatto espresso richiamo ad essa, in quanto espressiva di principi comuni agli ordinamenti europei, anche se priva di efficacia giuridica[4]. Secondo una parte della dottrina resta comunque innegabile che la Carta introduca un criterio interpretativo forte, che si salda con il dettato costituzionale, in modo da orientare gli operatori giuridici ed il legislatore: è piuttosto difficile, infatti, che un testo redatto ricorrendo alla tecnica giuridica “non assuma di fatto rilevanza giuridica (…), costituendo quantomeno un immediato ausilio interpretativo per rafforzare conclusioni raggiungibili comunque su altre basi” (A. PACE).

Struttura della Carta dei diritti

La Carta, alla quale è premesso un Preambolo, si compone di 54 articoli suddivisi in sette titoli:

·         dignità (artt. da 1 a 5);

·         libertà (artt. da 6 a 19);

·         uguaglianza (artt.  da 20 a 26);

·         solidarietà (artt. da 27 a 38);

·         cittadinanza (artt. da 39 a 46);

·         giustizia (artt. da 47 a 50);

·         disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta (artt. da 51 a 54).

 

Nel Preambolo si richiama il retaggio spirituale e morale dell’Europa, da cui discendono i valori universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, ai quali l'Unione Europea ispira la propria azione, unitamente al principi di democrazia e dello stato di diritto. Si assicura inoltre il rispetto del principio di sussidiarietà,  ribadendo i diritti derivanti dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri.

Titolo I: dignità. Accanto ai diritti “classici”, quali la tutela della dignità umana, il diritto alla vita (con conseguente divieto della pena di morte), il diritto all’integrità fisica e psichica, il divieto della tortura e della schiavitù, la proibizione della tratta degli esseri umani, vengono enunciati princìpi di “nuova generazione” da applicare in particolare nel campo della medicina e della biologia: il diritto al consenso libero e informato, il divieto delle pratiche eugenetiche e della clonazione riproduttiva degli esseri umani.

Titolo II: libertà. Anche in questo caso la Carta amplia lo spettro delle tutele: accanto ai diritti tradizionali, quali la libertà personale, il rispetto della vita privata e familiare, la libertà di pensiero, coscienza o religione, e la libertà di espressione e di informazione (compreso il rispetto della libertà dei media e del loro pluralismo), la libertà di riunione e di associazione, della scienza e delle arti, vengono introdotti nuovi diritti, come il diritto all'obiezione di coscienza, la protezione dei dati personali o l'estensione del diritto di proprietà alle opere intellettuali . Si prevede altresì il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia. Il principio generale del diritto all’istruzione viene integrato con il diritto alla formazione professionale e continua, la gratuità dell'istruzione obbligatoria, la libertà di creare istituti di insegnamento e per le famiglie di scegliere il tipo di istruzione da impartire ai loro figli. Viene assicurata la libertà professionale e il diritto per ogni cittadino di circolare, risiedere liberamente e lavorare in tutto il territorio dell'Unione (tale diritto si applica anche ai cittadini di Paesi terzi che siano autorizzati a lavorare negli Stati membri). Analogamente è garantita anche la libertà di impresa. Si sancisce inoltre il diritto d'asilo e il divieto delle espulsioni collettive, nonché il divieto di estradizione verso Paesi in cui esista il rischio di tortura o pena di morte.

Titolo III: uguaglianza. Dal diritto fondamentale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge deriva il divieto di ogni forma di discriminazione di sesso, razza, estrazione sociale o origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o orientamento sessuale. Correlativamente, si afferma il rispetto di ogni diversità culturale, religiosa e linguistica e il diritto per tutti ad un pari trattamento e a pari opportunità in ogni settore della vita e del lavoro. Una tutela speciale è garantita ai minori (cui è riconosciuto il diritto alla protezione e alla cura, nonché il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni), agli anziani e ai disabili (a cui l’Unione riconosce il diritto a beneficiare di misure intese a garantirne l'inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunità).

Titolo IV: solidarietà. Si riprendono alcuni diritti sanciti dalla Carta sociale europea e dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nonché da altre disposizioni del Trattato costituzionale, da direttive vigenti e sentenze della Corte di giustizia. In particolare, si riconosce il diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione nell'ambito dell'impresa; il diritto per i lavoratori ed i datori di lavoro di negoziare e ricorrere, in caso di conflitti di interesse, ad azioni collettive, compresi lo sciopero (per i lavoratori) e la serrata (per i datori di lavoro); il diritto di accesso ad un servizio di collocamento gratuito; il diritto alla protezione contro il licenziamento ingiustificato, ad una efficace tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, inclusa la limitazione della durata massima del lavoro, il diritto a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite. È prevista una tutela rafforzata per i minori (l’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore a quella in cui termina la scuola dell’obbligo). Si garantisce la protezione giuridica, sociale ed economica per le famiglie e la tutela della maternità, prevedendo la possibilità di usufruire di congedi per la nascita o l'adozione di un figlio e la tutela contro il licenziamento per motivi legati alla maternità. Si stabilisce il diritto all'assistenza sociale nei casi di maternità, malattia, infortuni sul lavoro, dipendenza o vecchiaia, perdita del posto di lavoro, come pure il diritto all’assistenza abitativa per chi non dispone di risorse sufficienti. Si garantisce il diritto all’assistenza sanitaria, prevedendo che nella definizione ed attuazione di tutte le politiche comunitarie si garantisca un elevato livello di protezione della salute umana. Particolarmente innovativi risultano gli articoli che prevedono la tutela dell'ambiente, la protezione dei consumatori e il diritto ad accedere a servizi di interesse economico generale.

Titolo V: cittadinanza. Vengono enunciati alcuni diritti il cui contenuto è ripreso e precisato in altri articoli del Trattato costituzionale, in particolare: il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo e alle elezioni comunali negli Stati membri, il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo, la libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio dell'Unione, la tutela diplomatica e consolare, il diritto di ricorrere al Mediatore dell'Unione per casi di cattiva amministrazione. Una novità significativa è costituita dall’introduzione del diritto ad una buona amministrazione, riconosciuto a tutti gli individui e accompagnato dal diritto di accesso agli atti amministrativi.

Titolo VI: giustizia. In primo luogo si stabilisce il diritto di ricorso dinanzi a un giudice in caso di violazione dei propri diritti garantiti dal diritto dell’Unione; ad esso è correlato il diritto all'assistenza legale e a una difesa gratuita, nel caso in cui non si disponga di mezzi sufficienti. Sono sanciti inoltre i princìpi di presunzione di innocenza, irretroattività delle leggi in materia penale, proporzionalità della pena, e da ultimo, il principio ne bis in idem, in base la quale nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è stato già assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.

Titolo VII: Disposizioni generali. Si tratta di disposizioni che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta. Per quanto concerne l’ambito di applicazione, l’articolo 51, stabilisce che le disposizioni della Carta si applicano in primo luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri, esclusivamente nell’attuazione del diritto comunitario, come già sancito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di diritti fondamentali comunitari[5]. Si chiarisce poi che la Carta non introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica quelle definite dai Trattati.

Alla luce di queste disposizioni, dunque, la Carta dei diritti non dovrebbe sovrapporsi alle Costituzioni nazionali, essendo a queste demandata la disciplina dell’attività degli Stati membri per tutta la parte che non attiene all’attuazione del diritto dell’Unione europea.

Sussiste peraltro il problema, di non facile soluzione, relativo alla distinzione dell’attività degli Stati membri attuativa del diritto dell’Unione dalla restante attività degli Stati nazionali: è noto infatti che le pubbliche amministrazioni e i giudici sono tenuti a dare applicazione sia al diritto interno che a quello comunitario, dando a quest’ultimo prevalenza nel caso in cui il primo risulti con esso incompatibile.

E’ inoltre piuttosto evidente come, ponendosi nell’ottica del cittadino, sia tutt’altro che agevole individuare, da un lato, un fascio di diritti, disciplinato dalla Carta dei diritti dell’Unione europea, di cui egli sarebbe titolare nei confronti degli Stati membri quando agiscono nell’attuazione del diritto dell’Unione europea e, dall’altro, un altro fascio di diritti, disciplinato dalle Costituzioni degli Stati membri, di cui egli sarebbe titolare nei confronti degli Stati membri allorquando questi agiscano “indipendentemente” dal diritto comunitario.

Inoltre, come è stato da più parti rilevato (CARTABIA), occorre anche verificare l’interpretazione dell’espressione “attuazione del diritto comunitario, se essa cioè verrà circoscritta alle attività degli Stati membri di esecuzione degli obblighi comunitari, o se verrà estesa alle attività statali che ricadono nel più ampio “ambito di applicazione” del diritto comunitario: in quest’ultimo caso, la portata della Carta potrebbe arrivare a coprire tutte le attività di competenza dell’Unione.

L’art. 52 dispone che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti sanciti dalla Carta debbano essere previste dalla legge; tali limitazioni possono essere apportate solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconociute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Lo stesso art. 52 prevede che, laddove la Carta riconosca diritti che trovano fondamento nei Trattati comunitari o nel Trattato sull’Ue, questi si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai Trattati stessi.

Oltre alla clausola di carattere generale dell’art. 52, all’interno delle singole disposizioni della Carta dei diritti compaiono una serie di previsioni specifiche, dirette a demandare al legislatore nazionale o l’attuazione o la limitazione dei diritti enunciati: ad esempio, del diritto di sposarsi e di costituire una famiglia (art. 69), del diritto all’obiezione di coscienza (art. 70), del diritto dei genitori di provvedere all’educazione dei figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche (art. 74), etc.

Sotto il profilo interpretativo, il par. 3 dell’art. 52 prevede poi che nel caso in cui la Carta contenga diritti che risultino corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali il significato e la portata degli stessi debbano essere uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione. E’ fatta salva la facoltà dell’Unione di concedere una protezione più estesa.

 

L’art. 53 sancisce, inoltre, come clausola di salvaguardia, che nessuna disposizione della Carta possa essere interpretata in senso limitativo dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciute nelle Costituzioni degli Stati membri, nonché, nel rispettivo campo di applicazione, dai vari testi in vigore nell’Unione, in particolare dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. La disposizione fa quindi salvo il pluralismo esistente nella protezione dei diritti fondamentali in Europa e implica che in caso di divergenze tra i vari livelli di tutela si ricorra ad un’interpretazione dei diritti protetti dalla Carta che non pregiudichi le garanzie accordate dalle Costituzioni degli stati membri o da altri livelli di tutela (es. CEDU).

 

L’art. 54, sul divieto dell’abuso del diritto, infine è inteso ad evitare che le disposizioni della Carta possano essere interpretate nel senso di consentire attività che mirino a limitare o a distruggere diritti o libertà riconosciuti dalla Carta stessa. Sono pertanto vietate, agli organi dell’Unione e agli Stati, interpretazioni ed applicazioni improprie dei diritti e delle libertà recate dalla Carta.

Titolarità dei diritti e loro attuazione

In relazione alla titolarità dei diritti, la Carta cerca di rispettare il principio dell’universalità dei diritti fondamentali, di conferire cioè ad ogni individuo i diritti in essa contemplati. Questo principio, tuttavia, non è esclusivo e pertanto incontra alcuni limiti dovuti essenzialmente alla particolare qualificazione giuridica che l’ordinamento comunitario attribuisce di volta in volta agli individui (cittadini, cittadini di Stati terzi, ecc.). Si possono pertanto classificare i diritti in relazione ai soggetti cui è riconosciuta dalla Carta la piena titolarità:

 

Tutti gli individui

Cittadini dell’Unione

Lavoratori

 

 

¨        diritto alla vita

¨        integrità della persona

¨        libertà e sicurezza

¨        diritto al rispetto della vita privata e familiare

¨        diritto alla protezione dei dati di carattere personale

¨        libertà di pensiero, di coscienza e di religione

¨        libertà di espressione e d’informazione

¨        libertà di riunione e associazione

¨        diritto all’istruzione,

¨        diritto al lavoro

¨        diritto all’accesso a servizi di collocamento gratuiti

¨        diritto a costituire sindacati

¨        diritto alla proprietà

¨        diritto alle prestazioni di sicurezza sociale

¨        diritto alla buona amministrazione

¨        diritto al risarcimento da parte dell’Unione dei danni cagionati dalle sue istituzioni e agenti, ad un ricorso effettivo davanti ad un giudice imparziale, rivolgersi alle istituzioni dell’Unione e a ricevere risposta in una delle lingue del Trattato

¨        libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro

¨        diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiedono

¨        diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali

¨        diritto di accesso ai documenti delle istituzioni

¨        diritto di rivolgersi al Mediatore

¨        diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo

¨        libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri

¨        tutela diplomatica e consolare nel territorio di paesi terzi da parte delle autorità diplomatiche di qualsiasi Stato membro

¨        diritto all’informazione e consultazione nell’ambito dell’impresa

¨        diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque

¨        diritto di negoziazione e di azioni collettive

¨        tutela contro l’ingiustificato licenziamento

¨        diritto dei giovani alla protezione sul luogo di lavoro

¨        tutela contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità ed i congedi di maternità e parentali

Altri soggetti considerati nella Carta ed a cui viene attribuita la titolarità di diritti sono i seguenti:

Persone che risiedono nell’Unione

Altri soggetti titolari

¨        diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali

¨        diritto di accesso ai documenti delle istituzioni

¨        diritto di adire il Mediatore

¨        diritto di petizione

¨        i minori , che godono di una particolare tutela

¨        i cittadini dei paesi terzi, che hanno il diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle dei cittadini dell’Unione, se autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri, ed ai quali può essere accordata la libertà di circolazione e di soggiorno se risiedono legalmente in uno Stato membro

¨        i disabili

¨        gli anziani

 

Carta dei diritti e Costituzione italiana

La compresenza e le sovrapposizioni di diversi livelli di protezione dei diritti fondamentali in Europa vanno valutate con estrema attenzione, anche in ragione della diversità dei “cataloghi” dei diritti contenuti nelle rispettive Carte di riferimento. Un confronto tra la Carta dei diritti e la nostra Costituzione può essere utile per individuare in primo luogo una serie di diritti che nella Carta trovano formale riconoscimento e che invece, nel nostro ordinamento, trovano una diversa forma di tutela.

I principali elementi di innovazione contenuti nella Carta dei diritti rispetto al contenuto della Costituzione italiana

All’art. 3, nell’ambito del diritto all’integrità della persona, si prevedono espressamente il diritto al consenso libero e informato, il divieto delle pratiche eugenetiche e il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.

All’art. 8, è espressamente previsto il diritto di ogni individuo alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano, che deve essere affidato al controllo di un’autorità indipendente. Tale diritto non compare nella Costituzione italiana, ma solo nella legislazione ordinaria (L. 675/1996 e successive modificazioni), peraltro attuativa di direttive comunitarie, che ha istituito l’Autorità garante per la protezione dei dati personali.

All’art. 10, è espressamente riconosciuto (secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio) il diritto all’obiezione di coscienza. Anche in questo caso si tratta di un diritto che la Costituzione italiana non prevede, ma che il legislatore e la Corte costituzionale hanno tutelato, in particolare relativamente al servizio militare obbligatorio e ai medici con riguardo all’interruzione volontaria della gravidanza.

All’art. 17, co. 2, viene introdotta espressamente la protezione della proprietà intellettuale, nel nostro ordinamento tutelata dalla legislazione ordinaria.

Agli artt. 24 e 25 si enunciano distintamente i diritti del minore e degli anziani.

L’art. 28 stabilisce il diritto di negoziazione collettiva tra le parti sociali e riconosce il diritto delle stesse di far ricorso, in caso di conflitti di interesse, ad azioni collettive, compreso lo sciopero. Si dà quindi pari riconoscimento anche al diritto di serrata che, al contrario, la Costituzione italiana espressamente non prevede.

All’art. 29, si prevede il diritto di ogni individuo ad accedere ad un servizio di collocamento gratuito.

All’art. 30, si stabilisce (conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali) che ogni individuo ha diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato.

Agli artt. 36, 37 e 38 vengono espressamente garantiti, rispettivamente, l’accesso ai servizi di interesse economico generale (come previsto dalle legislazioni e prassi nazionali), un livello elevato di tutela dell’ambiente (in Italia ricavato per via interpretativa dalla Corte costituzionale) e la protezione dei consumatori (nel nostro ordinamento oggetto di protezione di rango legislativo, peraltro adottata in attuazione della normativa comunitaria).

All’art. 41, nell’ambito del diritto ad una buona amministrazione, si procede ad una codificazione di alcuni diritti sanciti in Italia dalla L. 241/1990 e riconosciuti dalla giurisprudenza amministrativa: si tratta del diritto del cittadino alla partecipazione ai procedimenti diretti alla produzione di atti individuali che gli rechino un pregiudizio; del diritto di accesso; dell’obbligo di motivazione delle decisioni dell’amministrazione.

All’art. 50, si stabilisce il divieto di essere perseguiti o condannati per reati per i quali si sia stati assolti o condannati nell’Unione europea a seguito di una sentenza penale definitiva.

I diritti già garantiti dalla nostra Costituzione, ma in forma differente.

Si tratta principalmente dei seguenti.

All’art. 2, sono sanciti l’espressa tutela del diritto alla vita e il radicale divieto della pena di morte. Nella Costituzione italiana non vi è un’espressa tutela del diritto alla vita e il divieto della pena di morte non include i casi previsti dalle leggi militari di guerra. A quest’ultimo proposito, si ricorda peraltro che ormai la pena di morte è scomparsa anche dalle leggi militari di guerra (L. 589/1994) e che il Parlamento il 4 giugno 2002 ha approvato, in prima lettura, una proposta di legge di revisione costituzionale volta a sopprimere all’art. 27, quarto comma, Cost., le parole: “se non nei caso previsti dalle leggi militari di guerra”.

L’art. 9 riconosce il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio. La nostra Costituzione reca una formulazione diversa al riguardo, prevedendo il riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

All’art. 10, comma 1, non compare, nel riconoscimento della libertà di culto, il limite del buon costume previsto dall’art. 19 della Costituzione italiana. In tema si ricorda inoltre che l’art. 7 della nostra Costituzione disciplina specificamente il rapporto tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, regolato dai Patti Lateranensi.

L’art. 11 prevede espressamente la libertà dei media (e non solo della stampa, come nell’art. 21 della Costituzione italiana), nonché la necessità del loro pluralismo (in Italia affermata dal legislatore e dalla Corte costituzionale).

L’art. 12, al par. 1, nel proclamare la libertà di associazione non prevede, come fa la Costituzione italiana all’art. 18, il divieto di dar vita ad associazioni segrete e ad associazioni che perseguano scopi politici con organizzazioni di carattere militare.

Lo stesso articolo, al par. 2, disciplina i partiti politici a livello dell’Unione i quali contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione. Al riguardo si evidenzia che tale disposizione è inserita nell’ambito del capo concernente la libertà e non in quello sulla cittadinanza (Capo V). L’art. 49 della Costituzione italiana non solo inserisce il diritto ad associarsi in partiti politici nell’ambito delle libertà politiche ma richiede l’ulteriore requisito del “metodo democratico” quale strumento di attività politica.

L’art. 15 sancisce la libertà professionale e la libertà di lavoro. Si ricorda che il riconoscimento del diritto al lavoro – così come affermato dall’articolo 4 della Costituzione italiana – non ha incontrato il consenso dei componenti la Convenzione. Si segnala che la Carta attribuisce espressamente ai cittadini dei Paesi terzi che lavorino regolarmente nel territorio degli Stati membri il diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione.

L’art. 16 garantisce la libertà di impresa, che incontra il limite della “conformità” al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali. Si è così venuto incontro alle diverse impostazioni costituzionali che disciplinano quello che la nostra Costituzione definisce “libertà di iniziativa economica” (si ricorda, infatti, che la Costituzione italiana, all’art. 41, precisa che tale libertà non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale).

All’art. 21, il divieto di discriminazione è riferito ad elementi anche ulteriori rispetto a quelli enunciati nell’articolo 3, primo comma, della Costituzione italiana. Si introduce, in particolare, espressamente il divieto di discriminazione in base all’orientamento sessuale.

All’art. 23, si prevede che il principio della parità tra uomini e donne non osta alle cosiddette “azioni positive”, ossia al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato. Si ricorda a tal riguardo che la legge costituzionale 1/2003 ha introdotto nell’art. 51 della Costituzione italiana la previsione secondo cui “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti la parità di accesso tra donne e uomini”.

L’art. 31 stabilisce il diritto per i lavoratori alla durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite. Tali disposizioni non prevedono, tuttavia, come nella Costituzione italiana, la irrinunciabilità di tali diritti.

All’art. 32, si precisa che l’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo.

All’art. 33, comma 2, si prevede espressamente il diritto di ogni individuo ad un congedo di maternità retribuito e ad un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio (previsioni non contemplate nell’art. 37 della nostra Costituzione).

L’art. 48 sancisce la presunzione di innocenza fino alla prova di colpevolezza “legalmente provata”. Secondo la nostra Costituzione, tuttavia, (art. 27) la presunzione di innocenza vale fino “alla condanna definitiva”.

Previsioni della Costituzione italiana che non trovano corrispondenze nella Carta dei diritti fondamentali.

Si ricordano in particolare le seguenti:

§      art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”;

§      art. 14, ultimo comma: “Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali”;

§      art. 22: “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”;

§      art. 23: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”;

§      art. 24, ultimo comma: “La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”;

§      art. 25, primo comma: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, e ultimo comma, “Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”;

§      art. 30, secondo comma: “Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”; terzo comma, “La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima”, e ultimo comma, “La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”;

§      art. 45: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”;

§      art. 47: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”;

§      art. 51, ultimo comma: “Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.

La Carta dei diritti nel Trattato Costituzionale europeo

Come già ricordato, l’art. I-9 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, al par. 1, reca il formale e solenne riconoscimento dei diritti e delle libertà sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che viene a sua volta incorporata nel Trattato, a costituirne l’intera Parte II. L’art. I-9 dispone inoltre l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e stabilisce il principio in base al quale i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione e risultanti dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri, “fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

Rispetto al testo di Nizza, si prevede esplicitamente che le disposizioni della Carta siano interpretate dai giudici dell’Unione e degli Stati membri alla luce delle spiegazioni predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed aggiornate dal Praesidium della Convenzione che ha elaborato il progetto di Trattato costituzionale. Tali spiegazioni sono contenute in una dichiarazione allegata al Trattato.

Le disposizioni della Carta si applicano in primo luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

La suddivisione della Carta in Titoli e in articoli prende una diversa numerazione in virtù dell’inserimento nella Parte II del Trattato costituzionale. In particolare:

·         dignità (artt. da II-61 a II-65);

·         libertà (artt. da II-66 a II-79);

·         uguaglianza (artt.  da II-80 a II-86);

·         solidarietà (artt. da II-87 a II-98);

·         cittadinanza (artt. da II-99 a II-106);

·         giustizia (artt. da II-107 a II-110);

·         disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta (artt. da II-111 a II-114).

Ambito di applicazione della Carta dei diritti

Il Titolo VII contiene le disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta.

L’articolo II-111 del Trattato costituzionale, stabilendo che le disposizioni della Carta si applicano in primo luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione, come pure agli Stati membri nell’attuazione del diritto comunitario (come peraltro già sancito in precedenza dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di diritti fondamentali comunitari[6].), chiarisce che la Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto comunitario stesso al di là delle competenze dell’UE  e non introduce competenze nuove per l’Unione.

Alla luce di queste disposizioni, dunque, la Carta dei diritti non dovrebbe sovrapporsi alle Costituzioni nazionali, essendo a queste demandata la disciplina dell’attività degli Stati membri per tutta la parte che non attiene all’attuazione del diritto dell’Unione europea.

 L’art. II-113 sancisce, inoltre, come clausola di salvaguardia, che nessuna disposizione della Carta può essere interpretata in senso limitativo dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciute nelle Costituzioni degli Stati membri, nonché, nel rispettivo campo di applicazione, dai vari testi in vigore nell’Unione, in particolare dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali.

L’art. II-114 infine è inteso ad evitare che le disposizioni della Carta possano essere interpretate nel senso di consentire attività che mirino a limitare o a distruggere diritti o libertà riconosciuti dalla Carta stessa.

Portata e limiti dei diritti garantiti

L’art. II-112 dispone che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti sanciti dalla Carta debbano essere previste dalla legge; tali limitazioni possono essere apportate solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconociute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

Attuazione e titolarità dei diritti

E’ opportuno rilevare che, oltre alle norme di carattere generale sopra citate, vi sono talune disposizioni che demandano esplicitamente al legislatore nazionale l’attuazione o la limitazione dei diritti enunciati (precisamente: il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia (art. II-69); il diritto all’obiezione di coscienza (art. II-70); la libertà di creare istituti d’insegnamento e il diritto dei genitori di provvedere all’educazione dei figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche (art. II-74); la libertà di impresa (art. II-76); il diritto dei lavoratori ad esser informati e consultati nell’ambito dell’impresa (art. II-87); il diritto di negoziare e concludere contratti collettivi (art. II-88); la tutela in caso di licenziamento ingiustificato (art. II-90); il diritto all’assistenza sociale (art. II-94); il diritto alla salute (art. II-95); il diritto di accesso ai servizi di interesse economico generale (art. II-96).

In relazione alla titolarità dei diritti, la Carta cerca di rispettare il principio dell’universalità dei diritti fondamentali, di conferire cioè ad ogni individuo i diritti in essa contemplati. Questo principio, tuttavia, non è esclusivo e pertanto incontra alcuni limiti dovuti essenzialmente alla particolare qualificazione giuridica che l’ordinamento comunitario attribuisce di volta in volta agli individui (cittadini, cittadini di Stati terzi, ecc.).

 



[1]    Già in una sentenza del 1969, la Corte di giustizia aveva riconosciuto l’esistenza dei diritti fondamentali a livello comunitario ed aveva stabilito che tali diritti rientrano tra i principi giuridici generali che essa deve salvaguardare facendo anche riferimento alle “tradizioni costituzionali comuni” degli Stati membri. Anche sulla base di questa prassi giurisprudenziale, il vigente art. 6 del Trattato sull’Unione europea (introdotto a Maastricht) stabilisce che “L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”.

[2]     In tal senso le conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott del 15/12/2005 nella causa C-10/05. Cfr. anche sul punto le conclusioni dell'8 settembre 2005 nella causa C‑540/03, Parlamento/Consiglio e il 14 ottobre 2004 nelle cause riunite C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, Berlusconi e altri; nello stesso senso le conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro presentate il 29 giugno 2004 nella causa C‑181/03 P, Nardone, dell'avvocato generale Mischo, presentate il 20 settembre 2001 nelle cause riunite C‑20/00 e C‑64/00, Booker Aquaculture e Hydro Seafood, dell'avvocato generale Tizzano, presentate l'8 febbraio 2001 nella causa C‑173/99, e dell'avvocato generale Léger, presentate il 10 luglio 2001 nella causa C‑353/99 P, Hautala; più prudentemente si è espresso l'avvocato generale Alber nelle conclusioni da lui presentate il 24 ottobre 2002 nella causa C‑63/01, Evans.

[3] Si vedano, ad esempio, le sentenze relative alle cause T-112/98 e T-54/99.

[4]     Cfr. sentenza n. 135 del 2002.

[5]     La giurisprudenza della Corte di giustizia ha da tempo esteso l’ambito di applicazione dei diritti fondamentali comunitari anche agli Stati membri nella misura in cui questi agivano “nel campo di applicazione del diritto comunitario”, escludendo dalla propria giurisdizione solo le attività statali inerenti a materie del tutto estranee al diritto comunitario. E’ stata così elaborata la dottrina così detta della incorporation, alla luce della quale i diritti fondamentali comunitari (finora elaborati dalla Corte di giustizia, in assenza di un Bill of rights comunitario, attraverso estrapolazione dalla CEDU o dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri) vincolano non solo le istituzioni e gli organi comunitari ma anche le istituzioni nazionali quando esse agiscono per dare esecuzione ad obblighi comunitari, oppure quando gli Stati membri invocano una clausola di giustificazione contenuta nel diritto comunitario per non applicare un obbligo comunitario in uno specifico caso (M. Cartabia, 2001) (cfr. tra le molte, le sentt. 13 luglio 1989, 5/88, Wachauf; 8 aprile 1992, 62/90, Commissione c. Germania; 26 giugno 1997, C-368/95, Familiapress; 13 aprile 2000, C-292/97, Karlsson).

[6]     La giurisprudenza della Corte di giustizia ha da tempo esteso l’ambito di applicazione dei diritti fondamentali comunitari anche agli Stati membri nella misura in cui questi agivano “nel campo di applicazione del diritto comunitario”, escludendo dalla propria giurisdizione solo le attività statali inerenti a materie del tutto estranee al diritto comunitario. E’ stata così elaborata la dottrina così detta della incorporation, alla luce della quale i diritti fondamentali comunitari (finora elaborati dalla Corte di giustizia, in assenza di un Bill of rights comunitario, attraverso estrapolazione dalla CEDU o dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri) vincolano non solo le istituzioni e gli organi comunitari ma anche le istituzioni nazionali quando esse agiscono per dare esecuzione ad obblighi comunitari, oppure quando gli Stati membri invocano una clausola di giustificazione contenuta nel diritto comunitario per non applicare un obbligo comunitario in uno specifico caso (M. Cartabia, 2001) (cfr. tra le molte, le sentt. 13 luglio 1989, 5/88, Wachauf; 8 aprile 1992, 62/90, Commissione c. Germania; 26 giugno 1997, C-368/95, Familiapress; 13 aprile 2000, C-292/97, Karlsson).