A
seguito del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo, celebrato nel dicembre 1998, il Consiglio europeo di Colonia (3-4
giugno 1999) decise di avviare i lavori per la redazione di una Carta dei
diritti fondamentali. Si voleva in tal modo raccogliere in un unico testo i
diritti fondamentali in vigore a livello dell'Unione (e basati sui trattati
comunitari, sulle convenzioni internazionali, nonché sulle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri), in modo da conferire loro maggiore
visibilità[1].
L'elaborazione
venne affidata ad una speciale Assemblea - che decise di darsi il nome di
Convenzione - composta da 62 membri, rappresentanti dei Parlamenti nazionali,
del Parlamento europeo, dei governi degli Stati membri e del Presidente della
Commissione europea.
I lavori ebbero inizio il 17 dicembre 1999 e terminarono con la
proclamazione, a latere del Consiglio europeo di Nizza, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, il 7 dicembre 2000, nella forma di solenne Dichiarazione
congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, con
l’auspicio che alla Carta fosse data la più ampia diffusione possibile presso i
cittadini dell’Unione. Nulla in quella sede è stato deciso circa il valore
giuridico della Carta stessa e l’esame della questione è stato rinviato ad un
secondo momento.
La Carta è stata successivamente stata integrata nella parte II del Trattato Costituzionale europeo (artt. da II-61 a II-114), firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e ratificato dall’Italia con legge 7 aprile 2005, n. 57 (v. scheda Il Trattato costituzionale). Poiché il Trattato entrerà in vigore solo dopo la ratifica da parte di tutti i 25 Stati membri secondo le proprie procedure costituzionali, allo stato attuale non è possibile fare una previsione circa la sua entrata in vigore, stante la bocciatura del Trattato nei referendum tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi.
Si ricorda, infatti, che a fronte di
questi risultati, il Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 ha infatti
ritenuto la scadenza del 1° novembre 2006, che era stata inizialmente prevista
per l’entrata in vigore della Costituzione, non più perseguibile, in quanto gli
Stati che non hanno ancora ratificato il trattato non saranno in grado di
fornire una buona risposta prima della metà del 2007. Tutti gli Stati membri,
che abbiano o non abbiano ratificato la Costituzione, si sono così presi una
pausa di riflessione ed il Consiglio
europeo del 15 e 16 giugno 2006 dovrebbe procedere ad una valutazione
globale dei dibattiti nazionali e decidere sul seguito del processo.
Al momento pertanto, la Carta dei diritti fondamentali non contiene, in quanto tale, disposizioni giuridicamente vincolanti comparabili a quelle del diritto primario ed ha un valore più politico che giuridico, non essendo formalmente inserita nell’ambito dei Trattati. Peraltro, essa fornisce, quantomeno quale fonte di cognizione, indicazioni sui diritti fondamentali garantiti dall'ordinamento comunitario, come evidenziato più volte nelle conclusioni dell’avvocato generale presso la Corte di Giustizia[2], ed essa non può pertanto essere trascurata nella soluzione di controversie giurisdizionali relative ai diritti fondamentali. Del resto, il Tribunale di prima istanza ha a volte richiamato specifici articoli della Carta, in quanto confermativi di principi costituzionali comuni degli Stati membri, ai sensi dell’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea[3], ed anche la Corte costituzionale italiana ha fatto espresso richiamo ad essa, in quanto espressiva di principi comuni agli ordinamenti europei, anche se priva di efficacia giuridica[4]. Secondo una parte della dottrina resta comunque innegabile che la Carta introduca un criterio interpretativo forte, che si salda con il dettato costituzionale, in modo da orientare gli operatori giuridici ed il legislatore: è piuttosto difficile, infatti, che un testo redatto ricorrendo alla tecnica giuridica “non assuma di fatto rilevanza giuridica (…), costituendo quantomeno un immediato ausilio interpretativo per rafforzare conclusioni raggiungibili comunque su altre basi” (A. PACE).
La
Carta, alla quale è premesso un Preambolo, si compone di 54 articoli suddivisi in sette titoli:
·
dignità
(artt. da 1 a 5);
·
libertà
(artt. da 6 a 19);
·
uguaglianza
(artt. da 20 a 26);
·
solidarietà
(artt. da 27 a 38);
·
cittadinanza
(artt. da 39 a 46);
·
giustizia
(artt. da 47 a 50);
·
disposizioni
generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione
della Carta (artt. da 51 a 54).
Nel Preambolo si richiama il retaggio
spirituale e morale dell’Europa, da cui discendono i valori universali della
dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, ai quali
l'Unione Europea ispira la propria azione, unitamente al principi di democrazia
e dello stato di diritto. Si assicura inoltre il rispetto del principio di
sussidiarietà, ribadendo i diritti
derivanti dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni
agli Stati membri.
Titolo I: dignità. Accanto ai diritti “classici”, quali la tutela della
dignità umana, il diritto alla vita (con conseguente divieto della pena di
morte), il diritto all’integrità fisica e psichica, il divieto della tortura e
della schiavitù, la proibizione della tratta degli esseri umani, vengono
enunciati princìpi di “nuova generazione” da applicare in particolare nel campo
della medicina e della biologia: il diritto al consenso libero e informato, il divieto delle pratiche
eugenetiche e della clonazione riproduttiva degli esseri umani.
Titolo
II: libertà. Anche in
questo caso la Carta amplia lo spettro delle tutele: accanto ai diritti
tradizionali, quali la libertà personale, il rispetto della vita privata e
familiare, la libertà di pensiero, coscienza o religione, e la libertà di
espressione e di informazione (compreso il rispetto della libertà dei media e
del loro pluralismo), la libertà di riunione e di associazione, della scienza e
delle arti, vengono introdotti nuovi diritti, come il diritto all'obiezione di
coscienza, la protezione dei dati personali o l'estensione del diritto di
proprietà alle opere intellettuali . Si prevede altresì il diritto di sposarsi
e di costituire una famiglia. Il principio generale del diritto all’istruzione
viene integrato con il diritto alla formazione professionale e continua, la
gratuità dell'istruzione obbligatoria, la libertà di creare istituti di
insegnamento e per le famiglie di scegliere il tipo di istruzione da impartire
ai loro figli. Viene assicurata la libertà professionale e il diritto per ogni
cittadino di circolare, risiedere liberamente e lavorare in tutto il territorio
dell'Unione (tale diritto si applica anche ai cittadini di Paesi terzi che
siano autorizzati a lavorare negli Stati membri). Analogamente è garantita
anche la libertà di impresa. Si sancisce inoltre il diritto d'asilo e il
divieto delle espulsioni collettive, nonché il divieto di estradizione verso
Paesi in cui esista il rischio di tortura o pena di morte.
Titolo
III: uguaglianza. Dal
diritto fondamentale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge
deriva il divieto di ogni forma di discriminazione di sesso, razza, estrazione
sociale o origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o
convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura,
appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o
orientamento sessuale. Correlativamente, si afferma il rispetto di ogni
diversità culturale, religiosa e linguistica e il diritto per tutti ad un pari
trattamento e a pari opportunità in ogni settore della vita e del lavoro. Una
tutela speciale è garantita ai minori (cui è riconosciuto il diritto alla
protezione e alla cura, nonché il diritto di esprimere liberamente le proprie
opinioni), agli anziani e ai disabili (a cui l’Unione riconosce il diritto a
beneficiare di misure intese a garantirne l'inserimento sociale e la
partecipazione alla vita della comunità).
Titolo
IV: solidarietà. Si
riprendono alcuni diritti sanciti dalla Carta sociale europea e dalla Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nonché da altre
disposizioni del Trattato costituzionale, da direttive vigenti e sentenze della
Corte di giustizia. In particolare, si riconosce il diritto dei lavoratori
all'informazione e alla consultazione nell'ambito dell'impresa; il diritto per
i lavoratori ed i datori di lavoro di negoziare e ricorrere, in caso di
conflitti di interesse, ad azioni collettive, compresi lo sciopero (per i
lavoratori) e la serrata (per i datori di lavoro); il diritto di accesso ad un
servizio di collocamento gratuito; il diritto alla protezione contro il
licenziamento ingiustificato, ad una efficace tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro, inclusa la limitazione della durata massima del lavoro, il
diritto a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali
retribuite. È prevista una tutela rafforzata per i minori (l’età minima per
l’ammissione al lavoro non può essere inferiore a quella in cui termina la
scuola dell’obbligo). Si garantisce la protezione giuridica, sociale ed
economica per le famiglie e la tutela della maternità, prevedendo la
possibilità di usufruire di congedi per la nascita o l'adozione di un figlio e
la tutela contro il licenziamento per motivi legati alla maternità. Si
stabilisce il diritto all'assistenza sociale nei casi di maternità, malattia,
infortuni sul lavoro, dipendenza o vecchiaia, perdita del posto di lavoro, come
pure il diritto all’assistenza abitativa per chi non dispone di risorse
sufficienti. Si garantisce il diritto all’assistenza sanitaria, prevedendo che
nella definizione ed attuazione di tutte le politiche comunitarie si garantisca
un elevato livello di protezione della salute umana. Particolarmente innovativi
risultano gli articoli che prevedono la tutela dell'ambiente, la protezione dei
consumatori e il diritto ad accedere a servizi di interesse economico generale.
Titolo
V: cittadinanza. Vengono
enunciati alcuni diritti il cui contenuto è ripreso e precisato in altri
articoli del Trattato costituzionale, in particolare: il diritto di voto e di
eleggibilità al Parlamento europeo e alle elezioni comunali negli Stati membri,
il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo, la libertà di
circolazione e di soggiorno nel territorio dell'Unione, la tutela diplomatica e
consolare, il diritto di ricorrere al Mediatore dell'Unione per casi di cattiva
amministrazione. Una novità significativa è costituita dall’introduzione del
diritto ad una buona amministrazione, riconosciuto a tutti gli individui e
accompagnato dal diritto di accesso agli atti amministrativi.
Titolo
VI: giustizia. In primo luogo si stabilisce il diritto di ricorso dinanzi a un giudice
in caso di violazione dei propri diritti garantiti dal diritto dell’Unione; ad
esso è correlato il diritto all'assistenza legale e a una difesa gratuita, nel
caso in cui non si disponga di mezzi sufficienti. Sono sanciti inoltre i
princìpi di presunzione di innocenza, irretroattività delle leggi in materia
penale, proporzionalità della pena, e da ultimo, il principio ne bis in idem, in base la quale nessuno
può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è stato già
assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva
conformemente alla legge.
Titolo VII: Disposizioni generali. Si tratta di disposizioni che
disciplinano l’interpretazione e
l’applicazione della Carta. Per quanto
concerne l’ambito di applicazione,
l’articolo 51, stabilisce che le disposizioni della Carta si applicano in primo
luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione, nel rispetto del principio
di sussidiarietà, come pure agli Stati membri, esclusivamente nell’attuazione
del diritto comunitario, come già sancito dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia in materia di diritti fondamentali comunitari[5]. Si chiarisce poi che la Carta non introduce competenze
nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica quelle definite dai Trattati.
Alla luce di queste disposizioni, dunque, la Carta dei diritti non
dovrebbe sovrapporsi alle Costituzioni nazionali, essendo a queste demandata la
disciplina dell’attività degli Stati membri per tutta la parte che non attiene
all’attuazione del diritto dell’Unione europea.
Sussiste peraltro il problema, di non facile soluzione, relativo alla
distinzione dell’attività degli Stati membri attuativa del diritto dell’Unione
dalla restante attività degli Stati nazionali: è noto infatti che le pubbliche
amministrazioni e i giudici sono tenuti a dare applicazione sia al diritto
interno che a quello comunitario, dando a quest’ultimo prevalenza nel caso in
cui il primo risulti con esso incompatibile.
E’ inoltre piuttosto evidente come, ponendosi nell’ottica del
cittadino, sia tutt’altro che
agevole individuare, da un lato, un fascio di diritti, disciplinato dalla Carta
dei diritti dell’Unione europea, di cui egli sarebbe titolare nei confronti
degli Stati membri quando agiscono nell’attuazione del diritto dell’Unione
europea e, dall’altro, un altro fascio di diritti, disciplinato dalle
Costituzioni degli Stati membri, di cui egli sarebbe titolare nei confronti
degli Stati membri allorquando questi agiscano “indipendentemente” dal diritto
comunitario.
Inoltre, come è stato da più parti rilevato (CARTABIA), occorre anche
verificare l’interpretazione dell’espressione “attuazione del diritto comunitario”, se essa cioè verrà circoscritta alle attività degli Stati membri
di esecuzione degli obblighi comunitari, o se verrà estesa alle attività
statali che ricadono nel più ampio “ambito di applicazione” del diritto
comunitario: in quest’ultimo caso, la portata della Carta potrebbe arrivare a
coprire tutte le attività di competenza dell’Unione.
L’art. 52 dispone che eventuali limitazioni
all’esercizio dei diritti sanciti
dalla Carta debbano essere previste
dalla legge; tali limitazioni possono essere apportate solo laddove siano
necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale
riconociute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà
altrui. Lo stesso art. 52 prevede che, laddove la Carta riconosca diritti che
trovano fondamento nei Trattati comunitari o nel Trattato sull’Ue, questi si
esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai Trattati stessi.
Oltre alla clausola di carattere generale dell’art. 52, all’interno
delle singole disposizioni della Carta dei diritti compaiono una serie di
previsioni specifiche, dirette a demandare al legislatore nazionale o l’attuazione o la limitazione dei diritti
enunciati: ad esempio, del diritto di sposarsi e di costituire una famiglia
(art. 69), del diritto all’obiezione di coscienza (art. 70), del diritto dei
genitori di provvedere all’educazione dei figli secondo le loro convinzioni
religiose, filosofiche e pedagogiche (art. 74), etc.
Sotto il profilo interpretativo, il par. 3 dell’art. 52 prevede poi che nel caso in cui la Carta
contenga diritti che risultino corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali il significato e la portata degli stessi debbano
essere uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione. E’ fatta salva la
facoltà dell’Unione di concedere una protezione più estesa.
L’art. 53
sancisce, inoltre, come clausola di
salvaguardia, che nessuna disposizione della Carta possa essere
interpretata in senso limitativo dei diritti e delle libertà fondamentali
riconosciute nelle Costituzioni degli
Stati membri, nonché, nel rispettivo campo di applicazione, dai vari testi
in vigore nell’Unione, in particolare dalla Convenzione europea sui diritti
dell’uomo e le libertà fondamentali. La disposizione fa quindi salvo il
pluralismo esistente nella protezione dei diritti fondamentali in Europa e
implica che in caso di divergenze tra i vari livelli di tutela si ricorra ad
un’interpretazione dei diritti protetti dalla Carta che non pregiudichi le
garanzie accordate dalle Costituzioni degli stati membri o da altri livelli di
tutela (es. CEDU).
L’art. 54, sul divieto dell’abuso del diritto, infine è inteso ad evitare che le disposizioni della
Carta possano essere interpretate nel senso di consentire attività che mirino a
limitare o a distruggere diritti o libertà riconosciuti dalla Carta stessa. Sono
pertanto vietate, agli organi dell’Unione e agli Stati, interpretazioni ed
applicazioni improprie dei diritti e delle libertà recate dalla Carta.
In relazione alla titolarità
dei diritti, la Carta cerca di rispettare il principio dell’universalità dei diritti fondamentali, di conferire
cioè ad ogni individuo i diritti in essa contemplati. Questo principio,
tuttavia, non è esclusivo e pertanto incontra alcuni limiti dovuti
essenzialmente alla particolare qualificazione giuridica che l’ordinamento
comunitario attribuisce di volta in volta agli individui (cittadini, cittadini
di Stati terzi, ecc.). Si possono pertanto classificare i diritti in relazione
ai soggetti cui è riconosciuta dalla Carta la piena titolarità:
Tutti gli individui |
Cittadini dell’Unione |
Lavoratori |
|
|||
|
¨
diritto alla vita ¨
integrità della persona ¨
libertà e sicurezza ¨
diritto al rispetto della vita privata e
familiare ¨
diritto alla protezione dei dati di
carattere personale ¨
libertà di pensiero, di coscienza e di
religione ¨
libertà di espressione e d’informazione ¨
libertà di riunione e associazione ¨
diritto all’istruzione, ¨
diritto al lavoro ¨
diritto all’accesso a servizi di
collocamento gratuiti ¨
diritto a costituire sindacati ¨
diritto alla proprietà ¨
diritto alle prestazioni di sicurezza
sociale ¨
diritto alla buona amministrazione ¨
diritto al risarcimento da parte
dell’Unione dei danni cagionati dalle sue istituzioni e agenti, ad un ricorso
effettivo davanti ad un giudice imparziale, rivolgersi alle istituzioni
dell’Unione e a ricevere risposta in una delle lingue del Trattato |
¨
libertà di cercare un lavoro, di lavorare,
di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro ¨
diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiedono ¨
diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni comunali ¨
diritto di accesso ai documenti delle
istituzioni ¨
diritto di rivolgersi al Mediatore ¨
diritto di presentare una petizione al
Parlamento europeo ¨
libertà di circolazione e di soggiorno nel
territorio degli Stati membri ¨
tutela diplomatica e consolare nel
territorio di paesi terzi da parte delle autorità diplomatiche di qualsiasi
Stato membro |
¨
diritto all’informazione e consultazione
nell’ambito dell’impresa ¨
diritto a condizioni di lavoro giuste ed
eque ¨
diritto di negoziazione e di azioni
collettive ¨
tutela contro l’ingiustificato
licenziamento ¨
diritto dei giovani alla protezione sul
luogo di lavoro ¨
tutela contro il licenziamento per un
motivo legato alla maternità ed i congedi di maternità e parentali |
|||
Altri soggetti
considerati nella Carta ed a cui viene attribuita la titolarità di diritti sono
i seguenti:
Persone che risiedono nell’Unione |
Altri soggetti titolari |
¨
diritto alle prestazioni di sicurezza
sociale e ai benefici sociali ¨
diritto di accesso ai documenti delle
istituzioni ¨
diritto di adire il Mediatore ¨
diritto di petizione |
¨
i minori , che godono di una particolare
tutela ¨
i cittadini dei paesi terzi, che hanno il
diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle dei cittadini
dell’Unione, se autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri, ed
ai quali può essere accordata la libertà di circolazione e di soggiorno se
risiedono legalmente in uno Stato membro ¨
i disabili ¨
gli anziani |
La compresenza e le sovrapposizioni di diversi livelli di protezione dei diritti fondamentali in Europa vanno valutate con estrema attenzione, anche in ragione della diversità dei “cataloghi” dei diritti contenuti nelle rispettive Carte di riferimento. Un confronto tra la Carta dei diritti e la nostra Costituzione può essere utile per individuare in primo luogo una serie di diritti che nella Carta trovano formale riconoscimento e che invece, nel nostro ordinamento, trovano una diversa forma di tutela.
All’art. 3, nell’ambito del
diritto all’integrità della persona,
si prevedono espressamente il diritto al consenso libero e informato, il
divieto delle pratiche eugenetiche e il divieto della clonazione riproduttiva
degli esseri umani.
All’art. 8, è espressamente previsto il
diritto di ogni individuo alla protezione
dei dati di carattere personale che lo riguardano, che deve essere affidato
al controllo di un’autorità indipendente. Tale diritto non compare nella
Costituzione italiana, ma solo nella legislazione ordinaria (L. 675/1996 e
successive modificazioni), peraltro attuativa di direttive comunitarie, che ha
istituito l’Autorità garante per la protezione dei dati personali.
All’art. 10, è espressamente riconosciuto
(secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio) il diritto all’obiezione di coscienza. Anche in questo
caso si tratta di un diritto che la Costituzione italiana non prevede, ma che
il legislatore e la Corte costituzionale hanno tutelato, in particolare
relativamente al servizio militare obbligatorio e ai medici con riguardo
all’interruzione volontaria della gravidanza.
All’art. 17, co. 2, viene introdotta
espressamente la protezione della proprietà
intellettuale, nel nostro ordinamento tutelata dalla legislazione
ordinaria.
Agli
artt. 24 e 25 si enunciano
distintamente i diritti del minore e degli anziani.
L’art. 28 stabilisce il diritto di negoziazione collettiva tra le parti
sociali e riconosce il diritto delle stesse di far ricorso, in caso di
conflitti di interesse, ad azioni collettive, compreso lo sciopero. Si dà
quindi pari riconoscimento anche al diritto di serrata che, al contrario, la
Costituzione italiana espressamente non prevede.
All’art. 29, si prevede il diritto di ogni
individuo ad accedere ad un servizio di collocamento gratuito.
All’art. 30, si stabilisce (conformemente
al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali) che ogni
individuo ha diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato.
Agli
artt. 36, 37 e 38 vengono
espressamente garantiti, rispettivamente, l’accesso ai servizi di interesse
economico generale (come previsto dalle legislazioni e prassi nazionali), un
livello elevato di tutela dell’ambiente
(in Italia ricavato per via interpretativa dalla Corte costituzionale) e la
protezione dei consumatori (nel
nostro ordinamento oggetto di protezione di rango legislativo, peraltro
adottata in attuazione della normativa comunitaria).
All’art. 41, nell’ambito del diritto ad una
buona amministrazione, si procede ad
una codificazione di alcuni diritti sanciti in Italia dalla L. 241/1990 e
riconosciuti dalla giurisprudenza amministrativa: si tratta del diritto del
cittadino alla partecipazione ai procedimenti diretti alla produzione di atti
individuali che gli rechino un pregiudizio; del diritto di accesso;
dell’obbligo di motivazione delle decisioni dell’amministrazione.
All’art. 50, si stabilisce il divieto di
essere perseguiti o condannati per reati
per i quali si sia stati assolti o condannati nell’Unione europea a seguito di
una sentenza penale definitiva.
Si
tratta principalmente dei seguenti.
All’art. 2, sono sanciti l’espressa tutela
del diritto alla vita e il radicale divieto della pena di morte. Nella Costituzione italiana non vi è un’espressa
tutela del diritto alla vita e il divieto della pena di morte non include i
casi previsti dalle leggi militari di guerra. A quest’ultimo proposito, si
ricorda peraltro che ormai la pena di morte è scomparsa anche dalle leggi militari
di guerra (L. 589/1994) e che il Parlamento il 4 giugno 2002 ha approvato, in
prima lettura, una proposta di legge di revisione costituzionale volta a
sopprimere all’art. 27, quarto comma, Cost., le parole: “se non nei caso
previsti dalle leggi militari di guerra”.
L’art. 9 riconosce il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, secondo le leggi
nazionali che ne disciplinano l’esercizio. La nostra Costituzione reca una
formulazione diversa al riguardo, prevedendo il riconoscimento dei diritti
della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
All’art.
10, comma 1, non compare, nel
riconoscimento della libertà di culto,
il limite del buon costume previsto dall’art. 19 della Costituzione italiana.
In tema si ricorda inoltre che l’art. 7 della nostra Costituzione disciplina
specificamente il rapporto tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica,
regolato dai Patti Lateranensi.
L’art. 11 prevede espressamente la libertà dei media (e non solo della stampa, come nell’art. 21 della
Costituzione italiana), nonché la necessità del loro pluralismo (in Italia affermata dal legislatore e dalla Corte
costituzionale).
L’art. 12, al par. 1, nel proclamare la libertà
di associazione non prevede, come fa la Costituzione italiana all’art. 18,
il divieto di dar vita ad associazioni segrete e ad associazioni che perseguano
scopi politici con organizzazioni di carattere militare.
Lo
stesso articolo, al par. 2,
disciplina i partiti politici a livello
dell’Unione i quali contribuiscono a esprimere la volontà politica dei
cittadini dell’Unione. Al riguardo si evidenzia che tale disposizione è
inserita nell’ambito del capo concernente la libertà e non in quello sulla
cittadinanza (Capo V). L’art. 49 della Costituzione italiana non solo inserisce
il diritto ad associarsi in partiti politici nell’ambito delle libertà
politiche ma richiede l’ulteriore requisito del “metodo democratico” quale
strumento di attività politica.
L’art. 15 sancisce la libertà professionale e la libertà di lavoro. Si ricorda che il
riconoscimento del diritto al lavoro – così come affermato dall’articolo 4
della Costituzione italiana – non ha incontrato il consenso dei componenti la
Convenzione. Si segnala che la Carta attribuisce espressamente ai cittadini dei Paesi terzi che lavorino
regolarmente nel territorio degli Stati membri il diritto a condizioni di
lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione.
L’art. 16 garantisce la libertà di impresa, che incontra il limite della “conformità” al diritto
comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali. Si è così venuto
incontro alle diverse impostazioni costituzionali che disciplinano quello che
la nostra Costituzione definisce “libertà di iniziativa economica” (si ricorda,
infatti, che la Costituzione italiana, all’art. 41, precisa che tale libertà
non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale).
All’art. 21, il divieto di discriminazione è riferito ad elementi anche ulteriori
rispetto a quelli enunciati nell’articolo 3, primo comma, della Costituzione
italiana. Si introduce, in particolare, espressamente
il divieto di discriminazione in base
all’orientamento sessuale.
All’art. 23, si prevede che il principio
della parità tra uomini e donne non
osta alle cosiddette “azioni positive”, ossia al mantenimento o all’adozione di
misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.
Si ricorda a tal riguardo che la legge costituzionale 1/2003 ha introdotto
nell’art. 51 della Costituzione italiana la previsione secondo cui “la
Repubblica promuove con appositi provvedimenti la parità di accesso tra donne e
uomini”.
L’art. 31 stabilisce il diritto per i lavoratori alla durata massima del lavoro e a periodi
di riposo giornalieri e settimanali e
a ferie annuali retribuite. Tali disposizioni non prevedono, tuttavia, come
nella Costituzione italiana, la irrinunciabilità di tali diritti.
All’art. 32, si precisa che l’età minima per l’ammissione al lavoro
non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo.
All’art.
33, comma 2, si prevede espressamente
il diritto di ogni individuo ad un congedo di maternità retribuito e ad un congedo parentale
dopo la nascita o l’adozione di un figlio (previsioni non contemplate nell’art.
37 della nostra Costituzione).
L’art. 48 sancisce la presunzione di innocenza fino alla
prova di colpevolezza “legalmente provata”. Secondo la nostra Costituzione,
tuttavia, (art. 27) la presunzione di innocenza vale fino “alla condanna
definitiva”.
Si ricordano in particolare le seguenti:
§
art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli
altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che
assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”;
§
art. 14, ultimo comma: “Gli accertamenti e le
ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e
fiscali sono regolati da leggi speciali”;
§
art. 22: “Nessuno può essere privato, per motivi
politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”;
§
art. 23: “Nessuna prestazione personale o
patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”;
§
art. 24, ultimo comma: “La legge determina le
condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”;
§
art. 25, primo comma: “Nessuno può essere
distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, e ultimo comma,
“Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti
dalla legge”;
§
art. 30, secondo comma: “Nei casi di incapacità
dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”; terzo
comma, “La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela
giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia
legittima”, e ultimo comma, “La legge detta le norme e i limiti per la ricerca
della paternità”;
§
art. 45: “La Repubblica riconosce la funzione
sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di
speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi
più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le
finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”;
§
art. 47: “La Repubblica incoraggia e tutela il
risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio
del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà
dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto
investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”;
§
art. 51, ultimo comma: “Chi è chiamato a
funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro
adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.
Come già ricordato, l’art. I-9 del Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa, al par. 1, reca il formale e solenne
riconoscimento dei diritti e delle libertà sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a
Nizza il 7 dicembre 2000, che viene a sua volta incorporata nel Trattato, a costituirne l’intera Parte II. L’art. I-9 dispone inoltre
l’adesione dell’Unione alla Convenzione
europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e stabilisce il
principio in base al quale i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione
e risultanti dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri, “fanno parte
del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.
Rispetto al testo
di Nizza, si prevede esplicitamente che le disposizioni della Carta
siano interpretate dai giudici dell’Unione e degli Stati membri alla luce delle spiegazioni
predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed
aggiornate dal Praesidium della Convenzione che ha elaborato il progetto di
Trattato costituzionale. Tali spiegazioni
sono contenute in una dichiarazione allegata
al Trattato.
Le disposizioni della Carta si applicano in primo luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione
nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto
dell’Unione.
La suddivisione della Carta in Titoli e in articoli
prende una diversa numerazione in virtù dell’inserimento nella Parte II del
Trattato costituzionale. In particolare:
·
dignità (artt. da II-61 a II-65);
·
libertà (artt. da II-66 a II-79);
·
uguaglianza (artt. da II-80
a II-86);
·
solidarietà (artt. da II-87 a II-98);
·
cittadinanza (artt. da II-99 a II-106);
·
giustizia (artt. da II-107 a II-110);
·
disposizioni generali che disciplinano
l’interpretazione e l’applicazione della Carta (artt. da II-111 a II-114).
Il Titolo VII contiene le disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta.
L’articolo II-111 del Trattato costituzionale, stabilendo che le disposizioni della Carta si applicano in primo luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione, come pure agli Stati membri nell’attuazione del diritto comunitario (come peraltro già sancito in precedenza dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di diritti fondamentali comunitari[6].), chiarisce che la Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto comunitario stesso al di là delle competenze dell’UE e non introduce competenze nuove per l’Unione.
Alla
luce di queste disposizioni, dunque, la Carta dei diritti non dovrebbe sovrapporsi
alle Costituzioni nazionali, essendo a queste demandata la disciplina
dell’attività degli Stati membri per tutta la parte che non attiene
all’attuazione del diritto dell’Unione europea.
L’art. II-113 sancisce, inoltre, come clausola di salvaguardia, che nessuna
disposizione della Carta può essere interpretata in senso limitativo dei
diritti e delle libertà fondamentali riconosciute nelle Costituzioni degli Stati membri, nonché, nel rispettivo campo di
applicazione, dai vari testi in vigore nell’Unione, in particolare dalla
Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali.
L’art. II-114 infine è inteso ad evitare che le
disposizioni della Carta possano essere interpretate nel senso di consentire
attività che mirino a limitare o a distruggere diritti o libertà riconosciuti
dalla Carta stessa.
L’art. II-112 dispone che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti
sanciti dalla Carta debbano essere previste dalla legge; tali limitazioni possono
essere apportate solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a
finalità di interesse generale riconociute dall’Unione o all’esigenza di
proteggere i diritti e le libertà altrui.
E’
opportuno rilevare che, oltre alle norme di carattere generale sopra citate, vi
sono talune disposizioni che demandano esplicitamente al legislatore nazionale l’attuazione o la limitazione dei diritti
enunciati (precisamente: il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia
(art. II-69); il diritto all’obiezione di coscienza (art. II-70); la libertà di
creare istituti d’insegnamento e il diritto dei genitori di provvedere
all’educazione dei figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e
pedagogiche (art. II-74); la libertà di impresa (art. II-76); il diritto dei
lavoratori ad esser informati e consultati nell’ambito dell’impresa (art.
II-87); il diritto di negoziare e concludere contratti collettivi (art. II-88);
la tutela in caso di licenziamento ingiustificato (art. II-90); il diritto
all’assistenza sociale (art. II-94); il diritto alla salute (art. II-95); il
diritto di accesso ai servizi di interesse economico generale (art. II-96).
In relazione alla titolarità dei diritti, la Carta
cerca di rispettare il principio dell’universalità
dei diritti fondamentali, di conferire cioè ad ogni individuo i diritti in essa
contemplati. Questo principio, tuttavia, non è esclusivo e pertanto incontra
alcuni limiti dovuti essenzialmente alla particolare qualificazione giuridica
che l’ordinamento comunitario attribuisce di volta in volta agli individui
(cittadini, cittadini di Stati terzi, ecc.).
[1] Già in una
sentenza del 1969, la Corte di giustizia aveva riconosciuto l’esistenza dei
diritti fondamentali a livello comunitario ed aveva stabilito che tali diritti
rientrano tra i principi giuridici generali che essa deve salvaguardare facendo
anche riferimento alle “tradizioni costituzionali comuni” degli Stati membri.
Anche sulla base di questa prassi giurisprudenziale, il vigente art. 6 del
Trattato sull’Unione europea (introdotto a Maastricht) stabilisce che “L'Unione
rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata
a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali
comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto
comunitario”.
[2] In tal senso le conclusioni
dell’avvocato generale Juliane Kokott del 15/12/2005 nella causa C-10/05. Cfr.
anche sul punto le conclusioni dell'8 settembre 2005 nella causa C‑540/03,
Parlamento/Consiglio e il 14 ottobre 2004 nelle cause riunite C‑387/02, C‑391/02
e C‑403/02, Berlusconi e altri; nello stesso senso le conclusioni
dell'avvocato generale Poiares Maduro presentate il 29 giugno 2004 nella causa
C‑181/03 P, Nardone, dell'avvocato generale Mischo, presentate il 20
settembre 2001 nelle cause riunite C‑20/00 e C‑64/00, Booker
Aquaculture e Hydro Seafood, dell'avvocato generale Tizzano, presentate l'8
febbraio 2001 nella causa C‑173/99, e dell'avvocato generale Léger,
presentate il 10 luglio 2001 nella causa C‑353/99 P, Hautala; più
prudentemente si è espresso l'avvocato generale Alber nelle conclusioni da lui
presentate il 24 ottobre 2002 nella causa C‑63/01, Evans.
[3] Si vedano, ad esempio, le sentenze relative alle cause T-112/98 e T-54/99.
[4] Cfr. sentenza n. 135 del 2002.
[5] La giurisprudenza della Corte di giustizia ha da tempo esteso
l’ambito di applicazione dei diritti fondamentali comunitari anche agli Stati
membri nella misura in cui questi agivano “nel campo di applicazione del
diritto comunitario”, escludendo dalla propria giurisdizione solo le attività
statali inerenti a materie del tutto estranee al diritto comunitario. E’ stata
così elaborata la dottrina così detta della incorporation, alla luce
della quale i diritti fondamentali comunitari (finora elaborati dalla Corte di
giustizia, in assenza di un Bill of rights comunitario, attraverso
estrapolazione dalla CEDU o dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati
membri) vincolano non solo le istituzioni e gli organi comunitari ma anche le
istituzioni nazionali quando esse agiscono per dare esecuzione ad obblighi
comunitari, oppure quando gli Stati membri invocano una clausola di giustificazione
contenuta nel diritto comunitario per non applicare un obbligo comunitario in
uno specifico caso (M. Cartabia, 2001) (cfr. tra le molte, le sentt. 13 luglio
1989, 5/88, Wachauf; 8 aprile 1992,
62/90, Commissione c. Germania; 26
giugno 1997, C-368/95, Familiapress;
13 aprile 2000, C-292/97, Karlsson).
[6] La giurisprudenza della Corte di giustizia ha da tempo esteso
l’ambito di applicazione dei diritti fondamentali comunitari anche agli Stati
membri nella misura in cui questi agivano “nel campo di applicazione del
diritto comunitario”, escludendo dalla propria giurisdizione solo le attività
statali inerenti a materie del tutto estranee al diritto comunitario. E’ stata
così elaborata la dottrina così detta della incorporation, alla luce
della quale i diritti fondamentali comunitari (finora elaborati dalla Corte di
giustizia, in assenza di un Bill of rights comunitario, attraverso
estrapolazione dalla CEDU o dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati
membri) vincolano non solo le istituzioni e gli organi comunitari ma anche le
istituzioni nazionali quando esse agiscono per dare esecuzione ad obblighi
comunitari, oppure quando gli Stati membri invocano una clausola di
giustificazione contenuta nel diritto comunitario per non applicare un obbligo
comunitario in uno specifico caso (M. Cartabia, 2001) (cfr. tra le molte, le
sentt. 13 luglio 1989, 5/88, Wachauf; 8
aprile 1992, 62/90, Commissione c.
Germania; 26 giugno 1997, C-368/95, Familiapress;
13 aprile 2000, C-292/97, Karlsson).