L’autorizzazione integrata ambientale

Con il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59[1] si è data integrale attuazione alla direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (cd. direttiva IPPC). Contestualmente, è stato abrogato il decreto legislativo n. 372/1999 con cui era stata parzialmente recepita la citata direttiva, limitatamente agli impianti esistenti.

Il nuovo decreto legislativo (n. 59/2005) ha confermato l’impianto generale dell’abrogato decreto del 1999, fra cui, in particolare, la sottoposizione degli impianti ricadenti nel campo di applicazione (allargato in modo da comprendere anche quelli nuovi o soggetti a modifica sostanziale) ad un’autorizzazione ambientale unica, denominata autorizzazione integrata ambientale (d’ora in poi AIA), sostitutiva di tutte le altre autorizzazioni ambientali eventualmente necessarie.

La direttiva 96/61/CE

La direttiva 96/61 del 24 settembre 1996 del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento richiede che l'autorizzazione all'esercizio per determinati impianti industriali venga attuata secondo un approccio integrato alla lotta contro le emissioni industriali, nell’aria, nelle acque e nel suolo[2].

A tal fine la direttiva ha quindi sottoposto la gestione degli stabilimenti industriali che svolgono attività rientranti nell’allegato I (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali), siano essi esistenti, nuovi o sostanzialmente modificati, alla concessione di un'autorizzazione, che deve includere valori limite di emissione, basati sulle migliori tecniche disponibili, e che deve essere concessa previa consultazione del pubblico ed eventualmente di un esame coordinato da parte delle varie autorità competenti.

In proposito si ricorda che tale direttiva è stata recentemente modificata dalla direttiva 2003/35/CE[3] (relativa alla partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale) che ha rinforzato ulteriormente i diritti del pubblico nel contesto delle procedure d’autorizzazione.

La direttiva 2003/35/CE modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, per renderla conforme alla Convenzione di Aarhus[4] del 1998. Tra le modifiche introdotte si ricordano quelle volte ad imporre agli Stati membri di garantire che al pubblico interessato sia offerta tempestivamente l'opportunità di partecipare alla procedura decisoria relativa alle autorizzazioni e di conoscere i motivi e le considerazioni su cui è basata la decisione, nonché l’aggiunta di un nuovo allegato (V) che fornisce disposizioni dettagliate in materia di partecipazione del pubblico.

Si ricorda, infine, che in materia è anche intervenuta la direttiva 2003/87/CE relativa allo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, che ha modificato la direttiva 96/61/CE al fine di chiarire la relazione tra il processo di autorizzazione imposto dalla direttiva e il sistema di scambio di quote di emissione (v. scheda L’attuazione del Protocollo di Kyoto).

Il decreto legislativo n. 372 del 1999 e i relativi provvedimenti di attuazione

Come si è già avuto modo di sottolineare, il decreto legislativo n. 372 del 1999 ha provveduto a recepire le disposizioni della direttiva 96/61 ma solo relativamente agli impianti esistenti. Ciò nonostante la direttiva accordasse un periodo transitorio di otto anni dalla entrata in vigore delle direttiva[5] proprio per l’adeguamento degli impianti esistenti. I nuovi impianti, per i quali le disposizioni della direttiva avrebbero dovuto essere recepite entro il 30 ottobre 1999, restavano invece esclusi dalla disciplina recata dal decreto n. 372. Ciò anche sulla base dell’esistenza di un progetto di legge (il cui esame tuttavia non si è concluso nel corso della XIII legislatura) che prevedeva, per tali impianti nuovi, l’assorbimento dell’IPPC nella procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA).

Ai fini dell’attuazione del decreto n. 372, nel corso della XIV legislatura sono stati emanati alcuni provvedimenti, tra i quali si segnala, innanzitutto, il DM 23 novembre 2001, Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, successivamente modificato dal DM 26 aprile 2002.

 

Con il DM 23 novembre 2001 si è data attuazione agli obblighi di trasmissione annuali da parte dei gestori degli impianti in esercizio relativi ai dati sulle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente, ai fini della costituzione dell'inventario delle principali emissioni e loro fonti.

Tale inventario, noto con l’acronimo di INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti), contiene informazioni su emissioni in aria ed acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale[6].

 

Successivamente il DPCM 24 dicembre 2002, recante Approvazione del nuovo modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2003 ha previsto che la trasmissione di tale nuovo modello “comporta l'adempimento dell'obbligo di trasmissione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”;

E’ stato poi emanato il DM ambiente 29 maggio 2003 recante Approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372/1999, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento che prevede l’obbligo di comunicazione triennale al Ministero dell’ambiente, da parte degli enti locali, delle autorizzazioni integrate ambientali rilasciate.

Si ricorda, infine, che con la circolare 13 luglio 2004 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (Circolare interpretativa in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, di cui al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con particolare riferimento all'allegato I) ha cercato di fare chiarezza in merito all'applicazione delle categorie e delle soglie riportate nell’allegato I al decreto n. 372/1999.

La delega per l’integrale recepimento della direttiva

La delega per l’emanazione del decreto legislativo n. 59/2005 era contenuta nell’art. 22 della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003), che riproponeva la norma di delega già contenuta nell’art. 41 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001), il cui termine era scaduto senza che vi fosse stata data attuazione.

Il citato art. 22 indica i criteri direttivi per il recepimento delle norme comunitarie:

§         l’estensione delle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 372 del 1999 anche agli impianti industriali nuovi e a quelli sostanzialmente modificati;

§         l’assorbimento nell'autorizzazione integrata di autorizzazioni già previste dalla normativa vigente e loro indicazione esemplificativa;

§         il coordinamento delle nuove norme con gli articoli 216 e 217 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 recante Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie attraverso l’adeguamento delle citate norme[7].

 

Altri provvedimenti nazionali in materia di IPPC

Nelle more dell’emanazione del decreto delegato previsto dalla legge comunitaria 2001, sono state introdotte alcune norme, successivamente abrogate dal d.lgs. n. 59/2005.

In particolare con l’art. 77, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), veniva previsto l’assoggettamento ad AIA statale di tutti gli impianti (non solo esistenti, ma anche nuovi) rientranti nell’ambito di applicazione della normativa comunitaria, individuato dall’Allegato I della direttiva 96/61/CE, seppur limitatamente a quelli relativi alle attività industriali elencate dall’articolo 1, comma 1, del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 recante Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (impianti soggetti a VIA statale).

Il successivo comma 4 aveva inoltre introdotto una disciplina specifica per le modalità di AIA per i casi in cui più impianti o parti di essi fossero localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore e soggetti ad AIA che deve essere rilasciata da più di una autorità competente.

Successivamente è intervenuto l’articolo 9 del decreto-legge n. 355 del 2003[8], che ha prorogato al 30 aprile 2005 il termine dei procedimenti relativi all’adeguamento degli impianti esistenti ai fini del rilascio dell’AIA, fissato al 30 ottobre 2004 dall’art. 4, comma 14, del D.Lgs. n. 372/1999.

Le principali novità introdotte dal decreto legislativo n. 59/2005

Come si è già avuto modo di evidenziare, la novità principale recata dal d.lgs. n. 59/2005 concerne il campo di applicazione che, rispetto all’abrogato d.lgs. n. 372/1999, è stato ampliato e ricomprende ora, oltre agli impianti esistenti, anche gli impianti nuovi e quelli sottoposti a modifiche sostanziali[9], che svolgono le attività indicate nell’allegato I (che riproduce, salvo limitate correzioni[10], il corrispondente allegato del d.lgs. n. 372/1999, a sua volta conforme a quello della direttiva).

 

Si ricorda, in proposito, che le attività incluse nell’allegato I sono:

-        attività energetiche;

-        produzione e trasformazione di metalli;

-        industria dei prodotti minerari;

-        industria chimica;

-        gestione dei rifiuti;

-        altre attività, quali, ad esempio, allevamenti, concerie, macelli, cartiere, industrie tessili e alimentari.

 

Un’altra novità di rilievo è rappresentata da una più chiara individuazione dell’autorità competente al rilascio dell’AIA (art. 2, comma 1, lettera i). Con una scelta analoga a quella adottata nella legislazione in materia di VIA, il decreto individua una AIA statale e una sorta di AIA regionale. Schematicamente:

 

 

AIA statale

AIA regionale

Impianti

Tutti gli impianti esistenti e nuovi indicati nell’Allegato V al d.lgs. n. 59/2005

Impianti non elencati nell’Allegato V

Autorità

Ministero dell’ambiente

Autorità individuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma, tenendo conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'AIA

note

Il Ministero si avvarrà di una apposita Commissione istruttoria IPPC prevista dall’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 59/2005

 

 

Di notevole importanza pratica è, altresì, l’espressa elencazione - nell’Allegato II al decreto n. 59 - delle autorizzazioni ambientali che saranno sostituite dall’AIA[11].

Oltre a questi elementi di discontinuità rispetto al precedente d.lgs. n. 372/1999, meritano di essere accennate le seguenti ulteriori previsioni recate dal decreto n. 59:

§         accentuazione delle forme di partecipazione del pubblico al processo decisionale di rilascio dell’AIA, in ossequio alle modifiche apportate dalla citata direttiva 2003/35/CE, abbinata alla fissazione di nuove regole poste a garanzia della posizione del gestore dell’impianto, soprattutto ai fini della tutela del segreto industriale (art. 5, commi 2 e 16);

§         maggiore coordinamento tra AIA e sistemi di certificazione ambientale e introduzione di norme agevolative speciali per i gestori che applicano i sistemi di gestione certificati ISO (norma UNI EN ISO 14001) accanto a quelle, già esistenti, per gli impianti con sistema di gestione registrato EMAS (ai sensi del regolamento n. 761/2001/CE).

 

Un’ulteriore novità prevista dal decreto (art. 13) è l’istituzione, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di un Osservatorio sull'applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva 96/61/CE e del decreto stesso a servizio delle autorità competenti.

La procedura per il rilascio dell’AIA

La procedura da seguire per ottenere e rinnovare l’AIA è disciplinata dagli articoli 5-11 del d.lgs. n. 59/2005 e può essere sintetizzata nei seguenti passaggi principali:

Casi di presentazione della domanda

La domanda per ottenere il rilascio dell’AIA deve essere presentata in caso di:

-        esercizio di impianti nuovi;

-        modifica sostanziale di impianti esistenti;

-        adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni del nuovo d.lgs. n. 59.

Contenuto della domanda

La citata domanda deve contenere:

-        le informazioni richieste dalla normativa specifica in materia di aria, acqua, suolo e rumore;

-        la descrizione dell’impianto, delle materie prime, delle fonti di emissione e della loro entità, nonché delle tecniche e delle misure previste per la loro riduzione e il loro controllo;

-        una sintesi non tecnica dei dati indicati al punto precedente;

-        l’indicazione delle informazioni che non debbono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale;

-        l’eventuale allegazione delle norme del sistema di gestione ambientale o di sicurezza utilizzato dall’impresa (ISO 14001, EMAS o altro).

Modifiche dell’impianto o del gestore

Ogniqualvolta il gestore intende apportare una modifica dell’impianto deve comunicare il relativo progetto all’autorità competente.

In caso di modifiche non sostanziali l’Autorità competente si limita ad aggiornare l’autorizzazione; diversamente in caso di modifiche sostanziali sarà necessario dare corso ad una nuova procedura per il rilascio di una nuova AIA.

Tra gli eventi da comunicare rientra anche la sostituzione del gestore. L’art. 10, comma 4 (introdotto dal d.lgs. n. 59/2005), prevede che sia il vecchio che il nuovo gestore debbano comunicare la sostituzione entro trenta giorni all’autorità competente.

Scadenze e obblighi per l’autorità competente

L’autorità competente, supportata dalla Commissione istruttoria IPPC, dovrà esaminare la domanda ed emanare il relativo provvedimento secondo la seguente tempistica:

§         entro 30 giorni dal ricevimento della domanda l’autorità competente deve comunicare al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge n. 241/1990. A tale obbligo corrisponde un obbligo per il richiedente di provvedere, entro 15 giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, alla pubblicazione di un annuncio sui quotidiani per consentire al pubblico di prendere visione degli atti e di trasmettere eventuali osservazioni;

§         successivamente l’autorità competente deve convocare una conferenza di servizi nel cui ambito verranno acquisite le prescrizioni del Sindaco previste dagli artt. 216-217 del R.D. 261 del 1934[12];

§         l’autorità competente rilascerà l’AIA tenendo conto:

-        delle considerazioni (riportate nell’allegato IV) e delle informazioni diffuse ai sensi dell’art. 14, comma 4 in merito all’individuazione delle migliori tecniche disponibili (MTD[13]);

-        di quanto previsto all’interno delle apposite linee guida per l’individuazione delle MTD;

 

Per quanto riguarda le MTD, si fa notare che il d.lgs. n. 59 conferma, nella sostanza, le disposizioni vigenti relative all’obbligo di adozione delle migliori tecniche disponibili, senza che vi sia l’obbligo di utilizzare una tecnica o tecnologia specifica (art. 7, commi 3 e 4).

Per quanto riguarda le MTD si ricorda che con il decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute 19 novembre 2002 è stata istituita la commissione prevista dall'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con la funzione di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida relativa all'individuazione, all'utilizzazione e all'aggiornamento delle MTD di cui al medesimo articolo e ne sono stati disciplinati composizione, compiti e modalità operative. I membri sono stati invece nominati con successivo D.M. emanato in data 15 aprile 2003.

All’emanazione delle linee guida per alcune delle attività elencate nell’Allegato I si è poi provveduto con il D.M. ambiente 31 gennaio 2005[14].

 

-        degli atti di indirizzo finalizzati a garantire l’applicazione del decreto su tutto il territorio nazionale[15];

-        dei requisiti generali previsti per particolari categorie di impianti[16];

-        di quanto previsto all’interno delle apposite linee guida per l’individuazione delle MTD;

§         in caso di nuovo impianto o modifica sostanziale, se si tratta di impianti sottoposti a VIA l’autorità competente dovrà prendere in considerazione anche le informazioni e le conclusioni risultanti dalla normativa in materia di VIA;

§         entro 150 giorni[17] dalla presentazione della domanda l’autorità competente (salvo la decorrenza del termine non sia stata sospesa in caso di richiesta di integrazioni o si debba attendere l’esito della procedura di VIA) adotta il provvedimento finale con il quale provvede espressamente a negare oppure al rilascio dell’AIA[18]. Il termine indicato deve comunque essere “integrato” con quanto previsto dall’art. 5, comma 18, che indica il 30 ottobre 2007 come data ultima per l’attuazione delle prescrizioni recate dai provvedimenti autorizzatori degli impianti esistenti;

§         l’autorità competente provvede, infine, a mettere una copia dell’AIA rilasciata a disposizione del pubblico.

Contenuto dell’AIA

L’AIA contiene, tra l’altro:

§         l’indicazione delle autorizzazioni sostituite;

§         i valori limite di emissione;

§         i requisiti per il controllo delle emissioni;

§         le misure da adottare in condizioni diverse da quelle di normale esercizio (p.es. per le fasi di avvio e di arresto);

§         le prescrizioni dettate ai fini della prevenzione contro i pericoli da incidenti rilevanti in attuazione del d.lgs. n. 334/1999 (cd. Seveso-bis[19]);

§         “altre condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorità competente” (art. 7, comma 9).

Durata dell’AIA

L’AIA è rinnovata ogni 5 anni:

§         a partire dal 30 ottobre 2007 per gli impianti esistenti;

§         a partire dalla data di rilascio negli altri casi[20].

 

Qualora il gestore abbia adottato un sistema di gestione ambientale certificato, il termine quinquennale viene esteso a:

§         6 anni per gli impianti certificati secondo le norme UNI EN ISO 14001;

§         8 anni per gli impianti registrati EMAS.

 

Le disposizioni di coordinamento tra IPPC e VIA introdotte dal d.lgs. n. 152/2006

Con la Parte seconda del d.lgs. n. 152/2006, emanato in attuazione della legge delega n. 308/2004[21] (v. capitolo Il riordino del diritto ambientale), sono state introdotte nell’ordinamento nazionale norme volte al coordinamento fra VIA, VAS e IPPC, la cui necessità è prevista da numerose disposizioni comunitarie.

Si fa notare che, anche se la rubrica della Parte seconda del d.lgs. n. 152/2006 dispone il riordino della normativa sull’IPPC, il testo del decreto reca solo alcune disposizioni di coordinamento (artt. 34 e 37, commi 8 e segg.), in quanto la relativa disciplina è ora contenuta nel citato decreto legislativo n. 59 del 2005 (che non è stato quindi compreso nella codificazione operata dal d.lgs. n. 152/2006).

Per quanto riguarda l’introduzione di meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA e quella di IPPC, viene previsto, in particolare, per le opere e gli interventi sottoposti a VIA rientranti anche nel campo di applicazione dell’IPPC, che il proponente possa richiedere che la procedura di VIA venga integrata nel procedimento per il rilascio dell’AIA e vengono dettate, quindi, le eventuali prescrizioni.

Si segnala, infine, l’istituzione di un’unica Commissione di 80 membri, per gestire tutte e tre le diverse valutazioni-autorizzazioni ambientali più importanti (VAS, VIA e AIA), cui spetteranno anche le attività della VIA sulle cosiddette grandi opere.

 



[1] Pubblicato nella G.U. del 22 aprile 2005, n. 93 – S.O. n. 72.

[2] Ciò in considerazione del fatto che “approcci distinti nel controllo delle emissioni nell'aria, nell'acqua o nel terreno possono incoraggiare il trasferimento dell'inquinamento tra i vari settori ambientali anziché proteggere l'ambiente nel suo complesso” (7° considerando della direttiva).

[3] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia.

[4] Convenzione sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale. Il testo tradotto della Convenzione è disponibile all’indirizzo www.arpat.toscana.it/comunicazione/co_aarhus.pdf.

[5] La direttiva, pubblicata sulla GUCE del 10 ottobre 1996, n. 257G, è entrata in vigore il 30 ottobre 1996.

[6] Le informazioni, riferite all’anno 2002, sono state fornite da 670 stabilimenti IPPC presenti sul territorio nazionale e raccolte sulla base dei criteri stabiliti dal D.M. 23 novembre 2001. Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare il sito internet www.eper.sinanet.apat.it.

[7] Tali norme attribuiscono al sindaco alcune competenze in materia di autorizzazione e controllo dell’attività di manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti.

[8] Convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge 27 febbraio 2004, n. 47.

[9] La nozione di impianto nuovo recata dall’art. 2, lett. e), che ovviamente non compariva nel decreto n. 372/1999, ha carattere residuale, qualificando come nuovo ogni impianto che non ricade nella definizione di impianto esistente, nozione quest’ultima, che fa riferimento alll’entrata in vigore del d.lgs. n. 372 (avvenuta il 10 novembre 1999), considerando come esistente ogni impianto che “al 10 novembre 1999, aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per il quale a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000”.

Anche la nozione di modifica sostanziale è stata ritoccata al fine di recepire le modifiche introdotte dall’art. 4 della direttiva 2003/35 che ha aggiunto un periodo alla definizione prevista dall’art. 2 della direttiva 96/61/CE volto a definire come sostanziali le modifiche o gli ampliamenti dell'impianto che “di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nell'allegato I”.

[10] Volte a recepire la rettifica della direttiva 96/61/CE, pubblicata sulla G.U.C.E. 30 maggio 2002 n. L 140 (punto 4.1) o a rendere il testo maggiormente aderente alla versione inglese della direttiva, in attesa di una rettifica che il Governo – secondo quanto indicato nella relazione illustrativa allo schema di decreto – intende chiedere alla Commissione Europea (punto 6.2).

[11] Si ricorda che tale elencazione attua il disposto del secondo criterio di delega recato dall’art. 22, lettera b), della legge 31 ottobre 2003, n. 306.

[12] Si ricorda che tale disposizione, insieme ad altre introdotte dal d.lgs. n. 59, consente di attuare il terzo criterio di delega previsto dall’art. 22, comma 1, lettera c), della legge comunitaria 2003.

[13] Indicate in letteratura anche con l’acronimo di derivazione inglese BAT (Best Availables Techniques).

[14] G.U. n. 135 del 13 giugno 2005 – S.O. n. 107.

[15] L’art. 6 prevede, infatti, che “Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere emanati indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del presente decreto legislativo da parte delle autorità competenti”.

[16] L’art. 4, comma 3, dispone che “Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere determinati dei requisiti per talune categorie di impianti, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso”.

[17] Che diventano 300 qualora, in considerazione del “particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto”, le parti coinvolte intendano concludere uno specifico accordo di programma (art. 5, comma 20).

[18] Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell'AIA entro i termini previsti, si applica il potere sostitutivo di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 112/1998 (art. 5, comma 17, del d.lgs. n. 59).

[19] Si ricorda, in proposito, che tale decreto è stato recentemente modificato dal decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238 recante Attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, pubblicato nella G.U. n. 271 del 21 novembre 2005 – S.O. n. 189.

[20] Salve le specifiche esclusioni per gli impianti indicati all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 59.

[21] Nelle materie per le quali il Governo era delegato ad emanare uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative erano comprese anche le procedure per l’AIA.