Inquinamento elettromagnetico – Giurisprudenza costituzionale

Può essere utile un breve richiamo alle due sentenze della Corte costituzionale - successive all’emanazione dei due DPCM dell’8 luglio 2003 – che hanno fissato ulteriori criteri di valutazione in ordine alla questione dell'esposizione ai campi elettromagnetici, con riferimento anche alle problematiche emerse dopo l'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione[1].

 

 

Con la sentenza n. 303 del 2003, la Corte è intervenuta sulla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cosiddetta “legge obiettivo”) e sui relativi decreti delegati (d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 e d. lgs. 4 settembre 2002, n. 198 - cd. “decreto Gasparri”), ossia sull’impianto normativo posto in essere nel corso della XIV legislatura, al fine di garantire la definizione di un regime giuridico accelerato e, per certi versi, prioritario, per la progettazione e realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche sul territorio nazionale, ivi incluse le infrastrutture di comunicazioni.

Con specifico riferimento al “decreto Gasparri”, che prevedeva una procedura semplificata per l'installazione di reti di comunicazione, la Corte, pur non pronunciandosi sul merito del provvedimento, ha colpito con dichiarazione di illegittimità il rapporto tra il decreto e la legge di delega. Nel caso di specie, secondo la Corte, l’eccesso di delega era evidente, posto che l’impostazione della legge obiettivo, che si basa sulla previa individuazione (ogni anno e attraverso definiti passaggi procedurali) delle opere strategiche di interesse nazionale, non era compatibile con l’attribuzione di «strategicità» illimitata e indeterminata (nel tempo e nello spazio) ad una intera categoria di opere, soprattutto nel caso di opere di concorrente interesse regionale.

 

Si rileva che i contenuti del decreto n. 198 del 2002 sono stati trasfusi (e, in taluni casi, modificati per tenere conto dei rilievi della Corte), nel decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche (sul quale v. capitolo Le comunicazioni elettroniche. Il codice disciplina ex novo la materia, per quanto concerne, appunto, gli aspetti localizzativi e procedimentali dell'installazione di strutture di comunicazione, insieme alle norme della legge n. 36 del 2001, che restano tuttora in vigore.

 

Con la successiva sentenza n. 307 del 2003, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di disposizioni di leggi regionali incidenti sulla materia della tutela dall'inquinamento elettromagnetico (v. anche la scheda Ambiente e territorio – Sentenza 307/2003).

Sulla base di una premessa di carattere generale sulla ripartizione della competenza legislativa tra Stato e Regioni nella materia della «tutela dell'ambiente», essa ha ribadito quanto già affermato con le sentenze n. 407 del 2002 e 222 del 2003.

La Corte ha chiarito, in particolare, che la modifica al Titolo V della Costituzione, e la conseguente attribuzione allo Stato della competenza esclusiva in materia di «tutela ambientale», non comporta l'impossibilità per le Regioni di intervenire, con proprie norme, nella disciplina della materia. La “tutela dell’ambiente”, infatti, ha carattere «trasversale» ed è pertanto idonea ad abbracciare profili che possono rientrare di volta in volta anche in materie di competenza «concorrente» o «esclusiva» delle Regioni, sicché non va esclusa, in via generale e ipotetica, la possibilità delle regioni di legiferare anche con finalità di tutela dall'inquinamento elettromagnetico.

Secondo la Corte, tuttavia, fra gli aspetti della tutela ambientale (e quindi della tutela dai campi elettromagnetici) che richiedono una disciplina unitaria su tutto il territorio nazionale, rientra senz'altro «il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste».

Coerente con tale impostazione è il sistema complessivo delineato dalla legge-quadro in materia (legge n. 36 del 2001), che prevede che la competenza a fissare i valori-soglia in materia di emissioni elettromagnetiche appartenga allo Stato, mentre le Regioni assumano un ruolo centrale nella determinazione della disciplina dell'uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti.

 

È interessante osservare che la ricostruzione del riparto di competenze viene operata attraverso l'evidenziazione della stretta correlazione fra i due temi della tutela dell'ambiente e della garanzia di esigenze produttive (distribuzione di energia elettrica e sussistenza di una adeguata rete di telecomunicazioni). È nell'assicurare un bilanciamento fra questi due valori che la competenza dello Stato assume quel carattere di esclusività evocato dall'articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, mentre la competenza regionale in materia urbanistica e di governo del territorio (fra l'altro concorrente e non esclusiva) sembra chiamata ad articolarsi entro (e non oltre) i termini di tale bilanciamento.

 



[1] Per ulteriori approfondimenti sulle varie pronunce della Corte si legga R.Chieppa, Inquinamento elettromagnetico ed installazione di infrastrutture per comunicazioni: è finita l’incertezza dopo le sentenze della Corte costituzionale?, tratto dalla rivista internet www.giustizia-amministrativa.it.