Le leggi comunitarie regionali

Com’è noto, l’articolo 117 della Costituzione, nel testo introdotto con la riforma del 2001, dedica il quinto comma al ruolo delle Regioni e delle Province autonome in ambito comunitario ed internazionale (v. scheda Titolo V e norme di attuazione). In particolare, esse, nelle materie di loro competenza, sono chiamate sia a partecipare alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, sia all’attuazione ed all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

Le innovative previsioni della disposizione costituzionale hanno trovato riscontro in un’intensa attività del legislatore statale e dei legislatori regionali.

In particolare, la legge 4 febbraio 2005, n. 11 (v. scheda La legge n. 11 del 2005) ha tra l’altro ridisegnato la disciplina della partecipazione delle Regioni e delle Province autonome al processo di formazione delle decisioni comunitarie ed all’attuazione di tali decisioni, sostituendo ed abrogando la legge 9 marzo 1989, n. 86 (cosiddetta “Legge La Pergola”). L’articolo 16 della nuova legge disciplina le competenze delle regioni e delle province autonome in materia, attribuendo loro la facoltà di dare immediata attuazione alla normativa comunitaria nelle materie di propria competenza.

Di particolare rilievo ai nostri fini, appare, inoltre, l’articolo 8, comma 5, che nel ridefinire i contenuti della relazione governativa di accompagnamento del disegno di legge comunitaria statale, stabilisce che essa debba fornire “l’elenco degli atti normativi con i quali nelle singole Regioni e Province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle Regioni e dalle Province autonome”.

È pertanto evidente come, a livello statale, sia particolarmente sentita l’esigenza di un maggior coordinamento tra centro e periferia ai fini dell’attuazione del diritto comunitario, esigenza che emerge, tra le righe, dalla disposizione appena ricordata, che fa riferimento all’introduzione di apposite leggi comunitarie regionali. L’adozione di queste è anche funzionale per colmare quel gap informativo che spesso caratterizza i rapporti tra Stato e Regioni in ordine alle questioni di carattere comunitario.

Sul fronte regionale, si registra una grande attenzione per l’argomento, tanto è vero che le Regioni hanno iniziato a disciplinare la materia, sia con leggi ordinarie, sia con gli Statuti.

Due Regioni (Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia) hanno deciso di intervenire prima con leggi ordinarie e quindi con gli Statuti, dotandosi dello strumento della legge comunitaria; altre Regioni (Calabria, Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia, Sicilia e  Toscana) si sono affidate agli Statuti, che in qualche caso rinviano a successive leggi regionali; in particolare, gli Statuti del Lazio e del Piemonte disciplinano la legge comunitaria regionale.

Si occupano quindi dell’argomento sette dei nove Statuti delle Regioni ordinarie entrati in vigore fino ad oggi e le due proposte di legge costituzionale approvate – rispettivamente – dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e dall’Assemblea regionale siciliana per la revisione dei rispettivi Statuti.

In particolare, le Regioni Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia hanno previsto, prima con legge ordinaria e poi nello Statuto, l’adozione di leggi comunitarie (annuali in Emilia-Romagna e periodiche in Friuli Venezia Giulia). Mentre la legge n. 10 del 2004 del Friuli è una legge organica, che reca disposizioni sulla partecipazione della regione ai processi normativi dell’UE e sull’esecuzione degli obblighi comunitari, la legge n. 6 del 2004 dell’Emilia riforma in via generale il sistema amministrativo regionale, dettando specifiche disposizioni sui rapporti con l’Unione europea.

In particolare, la prima disciplina:

·     la partecipazione della regione alla formazione degli atti comunitari;

·     la legge comunitaria regionale, contenente: disposizioni modificative o abrogative di norme legislative in contrasto con gli obblighi comunitari; disposizioni per dare attuazione ad atti comunitari; disposizioni che autorizzano la Giunta ad attuare le direttive in via regolamentare; disposizioni ricognitive delle direttive da attuare in via amministrativa;

·     relazione semestrale al Consiglio regionale sullo stato di attuazione della legge.

La legge della regione Emilia-Romagna prevede anch’essa forme di partecipazione della regione alla fase ascendente nonché una legge comunitaria regionale, volta a recepire gli atti normativi dell’UE e le sentenze della Corte di Giustizia. Inoltre, essa reca disposizioni modificative o abrogative di norme legislative necessarie all’attuazione degli obblighi comunitari e le disposizioni per l’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’UE, individuando infine gli atti comunitari da attuare in via amministrativa.

Le Regioni Lazio e Piemonte disciplinano nel proprio Statuto la legge comunitaria regionale. Il Lazio prevede l’istituzione di una Commissione competente per gli affari comunitari; entrambe le Regioni prevedono che la legge comunitaria venga approvata in una apposita sessione.

Per quanto riguarda le altre Regioni, si segnala che:

§      la Regione Calabria prevede l’istituzione di una Commissione preposta alla trattazione delle questioni relative ai rapporti con l’Unione europea e di quelle con le Regioni e i Paesi extra-europei del Mediterraneo, stabilendo altresì che la regione partecipa all’attuazione del diritto comunitario (Statuto, articoli 28, 3 e 42);

§      la Regione Umbria prevede nell’ambito del proprio Statuto, all’articolo 25, che essa procede con legge al periodico recepimento delle direttive e degli altri atti normativi comunitari che richiedono un intervento legislativo: probabilmente sarà una futura legge regionale a disciplinare le concrete modalità di attuazione della normativa comunitaria;

§      lo Statuto della Toscana rinvia alla legge regionale la definizione dei modi di partecipazione di Giunta e Consiglio all’attuazione degli atti comunitari (articolo 70);

§      gli Statuti della Liguria, della Puglia e delle Marche dedicano specifici articoli ai rapporti con l’Unione europea, ponendo essenzialmente norme di principio. In particolare, l’art. 4 dello Statuto della Liguria afferma la partecipazione della regione all’attuazione degli atti normativi comunitari, prevedendo che la regione realizza forme di collegamento con gli organi dell’UE. Inoltre, l’art. 50 stabilisce che i regolamenti regionali di esecuzione di atti normativi comunitari sono approvati dalla Giunta, previo parere della Commissione consiliare competente. L’art. 9 dello Statuto della Puglia e l’art. 1 dello Statuto delle Marche dichiarano, invece, che la regione opera nel quadro dei principi comunitari, cooperando con le regioni d’Europa e sostenendo i processi d’integrazione. Infine, lo statuto delle Marche pone varie norme volte a disciplinare le attività degli organi regionali in relazione ai rapporti con l’Unione europea (specie artt. 21 e 35).

§      la Regione Sicilia propone di integrare il proprio Statuto con una sezione specificamente dedicata ai rapporti internazionali e con l’Unione europea e con una innovativa previsione, volta a consentire, ai soli fini dell’attuazione del diritto dell’Unione europea, che il Governo regionale possa essere delegato con legge, per materie determinate e con l’indicazione dei tempi, non superiori a sei mesi, e dei principi e criteri direttivi, ad adottare decreti con valore di legge regionale, previo parere vincolante della competente Commissione legislativa della Assemblea regionale siciliana.

 

Nell’attuazione del diritto dell’Unione europea si conferma la tendenza della legislazione regionale a strutturarsi, come già avviene a livello statale, in modo articolato e complesso. Appare emblematica la scelta compiuta dalla Regione Sicilia e l’opzione di quattro Regioni per lo strumento della legge comunitaria, che in parte attua direttamente il diritto comunitario ed in parte può demandarne l’attuazione a regolamenti della Giunta, in una cornice di principio e procedurale ben definita legislativamente. La relazione di accompagnamento al disegno di legge comunitaria potrebbe costituire un utile strumento di informazione per i Consigli regionali. Appare da sottolineare anche l’opzione per l’istituzione di apposite sessioni comunitarie, che implicano un’organizzazione dei lavori consiliari improntata a criteri di previa definizione dei tempi di discussione; in questa chiave,  la disposizione del nuovo Statuto del Piemonte, che demanda al Presidente del Consiglio regionale la potestà di fissare in anticipo il giorno e l’ora della votazione finale della legge comunitaria, secondo quanto disciplinato dal Regolamento, potrebbe aprire una frontiera di sicuro interesse.

 

Infine, si ricorda che è stata approvata la prima legge comunitaria regionale dalla Regione Friuli, in attuazione della ricordata legge n. 10 del 2004. Si tratta della legge regionale 6 maggio 2005, n. 11, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione delle direttive 2001/42/CE, 2003/4/CE e 2003/78/CE (Legge comunitaria 2004).

Essa dà attuazione a direttive contenute anche nelle leggi comunitarie nazionali. Al riguardo, si sottolinea che la normativa regionale è destinata a prevalere su quella nazionale, in virtù del disposto degli articoli 11, comma 4, 13, comma 2, e 16, comma 8, della legge statale n. 11 del 2005, in relazione ai poteri statali sostitutivi.

La legge in esame, inoltre, provvede ad attuare direttamente la normativa comunitaria, senza autorizzare la Giunta ad intervenire con regolamenti, a differenza di quanto accade sul versante nazionale e di quanto previsto dalla legge regionale n. 10 del 2004. Quest’ultima contiene altre potenzialità, che non risultano utilizzate dalla legge comunitaria regionale 2004. Questa ad esempio non prevede autorizzazioni alla Giunta ad attuare direttive in via regolamentare, né contiene disposizioni modificative o abrogative di norme legislative in contrasto con gli obblighi comunitari o disposizioni ricognitive delle direttive da attuare in via amministrativa.

Da ultimo, la prima legge comunitaria regionale provvede a modificare la legge “madre”, ossia la legge n. 10 del 2004, nell’ambito del Capo IV (disposizioni finali).