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Discussione di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche dei deputati Cicu, D'Alema e Fassino (Doc. IV, n. 9-A).
(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 9-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ho già enunciato nel corso della discussione le ragioni politiche del nostro voto contrario, ma posso ora riassumerle e, per sostenere che il nostro gruppo, DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, è garantista, ricorrerò alla parafrasi di un'espressione di un famoso socialista, Totò, con il quale potremmo affermare: garantisti si nasce, non lo si diventa, e io lo nacqui!
Nel riassumere l'intervento svolto poc'anzi, vorrei utilizzare il poco tempo a disposizione per far presenti le ragioni giuridiche del nostro voto contrario, che sono altrettanto forti.
Il giudice Forleo non ha chiesto l'utilizzazione delle intercettazioni per consentire alla procura di svolgere indagini maggiormente approfondite, ma ha già emesso una sentenza affermando che gli onorevoli D'Alema e Fassino sono complici di un piano criminoso.
Inoltre, cosa ha mai impedito alla procura di ascoltare gli onorevoli D'Alema e Fassino come persone informate sui fatti, chiedendo in quella sede se fossero intervenuti contatti di vario tipo con il dottor Giovanni Consorte in vista di quello che noi riteniamo costituisse un legittimo interesse da parte di Unipol a scalare la BNL?
Cosa impedisce oggi alla procura di convocare gli onorevoli Fassino e D'Alema? Non cito l'onorevole Cicu, perché credo che il giudice Forleo abbia commesso nei suoi confronti una «carognata». Quindi, come è evidente, l'obiettivo non consiste in una finalità di giustizia bensì è quello di completare la «pulizia etnica» delle culture politiche per affidare all'intreccio finanza-informazione il governo del Paese.
Alcuni di noi furono timidi, quindici anni fa; altri, come gli onorevoli Fassino e D'Alema, complici, quanto meno involontari, di quel massacro: nessuno di noi potrà commettere gli stessi errori nel presente.
Concludendo, signor Presidente, per far comprendere meglio quanto ho affermato, vorrei evocare un breve passaggio dell'ultimo discorso tenuto alla Camera dei deputati dall'onorevole Craxi. Affermava Bettino: «Nella vita democratica di una nazione non c'è nulla di peggio del vuoto politico. Da un mio vecchio compagno ed amico che aveva visto nella sua vita i drammi delle democrazie io ho imparato ad avere orrore del vuoto politico. Nel vuoto tutto si logora, si disgrega e si decompone. In questo senso ho sempre pensato e penso che un minuto prima chePag. 27una situazione degeneri, bisogna saper prendere una decisione, assumere una responsabilità, correre un rischio (...)».
Ebbene, onorevoli colleghi, l'ultimo minuto è giunto: la politica deve respingere l'attacco allo Stato e alla democrazia portato da gruppi di potere mediatico-giudiziario che tanto male stanno facendo all'Italia e agli italiani. Ecco perché noi voteremo «no» (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI e di deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Carta. Ne ha facoltà.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, intervengo in sede di dichiarazioni di voto, senza entrare nel merito di disquisizioni giuridiche, ma svolgendo alcune considerazioni di ordine politico. Nel 1993 mi trovavo in quest'aula, in occasione della votazione sull'autorizzazione a procedere nei confronti del deputato Craxi. Preciso che - anche se si votò a scrutinio segreto - espressi voto contrario sull'autorizzazione perché il problema che si pose allora, in un clima da corrida e di scontro politico, era l'alterazione dell'equilibrio tra le prerogative della Camera e quelle degli altri poteri.
In quell'occasione, Marco Pannella si alzò, richiamando l'attenzione sull'effetto devastante che avrebbe avuto quel voto contrario, non perché ce l'avesse con Craxi, ma per le conseguenze, che non tardarono a manifestarsi. Immediatamente, i ministri si dimisero, creando il primo vulnus alla potestà del Parlamento, trasformando in scontro politico quanto doveva inerire soltanto alla guarentigia dell'autorità di questa Camera.
Il Parlamento, anche allora messo sotto schiaffo, non seppe fare di meglio che modificare e alterare la disciplina sulle guarentigie che i costituenti avevano posto a tutela sia dell'indipendenza della magistratura sia dello stesso Parlamento, dopo un regime dittatoriale che aveva visto la magistratura veramente asservita al potere politico, sebbene non tutta, per la verità (basterebbe ricordare il coraggio dei giudici che assolsero Emilio Lussu per capire che anche allora vi era qualcuno con la schiena dritta).
Allora la domanda che si pone in questo contesto e che io vi propongo è politica. Credo, infatti, che il Parlamento debba riprendere, per mettervi mano, il discorso sulle guarentigie perché, alterate allora, oggi se ne offre o un'interpretazione o un'altra e ci si domanda se il GIP potesse o meno agire in un certo modo.
Signor Presidente, credo che la proposta avanzata dalla Giunta sia sostanzialmente equilibrata, anche se non la condivido in pieno; la posizione di Cicu è chiara come l'aria, ma anche quella degli altri. Non penso che quanto si è letto sulla stampa possa danneggiare i colleghi; però, poiché - come si dice - «giudicare è rubare il mestiere a Dio», io, nonostante abbia una grande opinione di me stesso, non mi sento adeguato per essere collocato in quella posizione apicale. Lascio quindi tale compito a chi di competenza.
Ritengo, però, signor Presidente, che questo Parlamento assuma spesso l'atteggiamento del re di Trilussa che «scocciato d'esse er primo cittadino finiva pe' regnà soprappensiero, e in certi casi succedeva spesso che se strillava \`abbasso' da lui stesso».
Credo che il Parlamento debba avere uno scatto di dignità affinchè in questo momento, in cui è sotto schiaffo per tante ragioni, porti a compimento quelle riforme che, per dare risposte adeguate, devono trovare maggioranze non ristrette, ma larghe.
Sulla proposta della Giunta esprimerò un voto a favore senza molta convinzione; credo però che sia l'unico modo per non assecondare quella deriva, peraltro avvertita anche in questi giorni, signor Presidente. Anche in questi giorni, infatti, è capitato di sentire qualcuno dire che a fronte di tali avvenimenti occorrerebbe abolire l'immunità parlamentare e, di contro, qualche altro autorevole esponente risponde che, se aboliamo quella, allora occorre reintrodurre la responsabilità civilePag. 28dei giudici. Ma così torniamo alla corrida! No, le guarentigie servono a tutelare l'autorità del Parlamento, l'indipendenza dello stesso e l'autorità e l'indipendenza assoluta dell'organo preposto alla legalità repubblicana! Ecco, signor Presidente, perché così mi conduco, e lo faccio con libertà di pensiero, perché credo che, con questo voto, ognuno dovrebbe prestare un po' di attenzione alla salvaguardia dei valori. Ogni mattina, quando mi faccio la barba, signor Presidente, vorrei avere ancora la possibilità di non dover arrossire, perché in questo clima di tutti contro tutti, in cui il Parlamento viene considerato come un luogo di malaffare...
PRESIDENTE. Deputato Carta, deve concludere.
GIORGIO CARTA. ...viene percepito - concludo, Presidente - in questa maniera, questo Parlamento deve avere la capacità di dire una parola che possa riportare la fiducia nella gente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la sostanza del problema è che la magistratura chiede di poter utilizzare, nel procedimento a carico di non parlamentari, i contenuti di conversazioni intercettate in ognuna delle quali uno degli interlocutori è un parlamentare, senza che si delinei alcun profilo - almeno in questa fase dei procedimenti - circa eventuali responsabilità dei parlamentari stessi.
La mia domanda rivolta ai colleghi che nutrono delle perplessità o che pongono temi così alti come il rapporto tra la politica e la magistratura è la seguente: con quale diritto o a quale titolo il Parlamento può negare al magistrato la possibilità di utilizzare, come prove in un procedimento verso terzi, materiali emersi in una conversazione che coinvolge dei parlamentari?
Supponiamo che fosse quella l'unica prova possibile di un reato grave commesso da un terzo ed emerso in una conversazione con uno di noi: come potremmo noi dire al magistrato di far cadere le prove del coinvolgimento o della responsabilità di un terzo solo perché c'è una persona che appartiene al Parlamento che ha diritto ad essere tutelata, trascinando nella tutela anche chi non ha titolo? Credo, pertanto che la risposta a questo problema debba essere un «sì».
Naturalmente, se la magistratura - come del resto dice, con una certa lealtà, e forse con una certa gravità di dichiarazioni, la dottoressa Forleo - riterrà profilarsi, nell'ambito di quelle conversazioni intercettate, anche una responsabilità di parlamentari, è chiaro che la materia tornerà al Parlamento, perché è chiaro che un giudizio che noi diamo oggi su un'autorizzazione a utilizzare le conversazioni intercettate non significa che la magistratura potrà rinviare a giudizio i parlamentari utilizzando le conversazioni dei parlamentari stessi in quanto tali. Valuteremo dunque la questione se si porrà.
C'è ancora un altro problema, onorevoli deputati: non sono d'accordo - lo dico con rispetto dei colleghi che hanno un'opinione diversa e al di là del merito della questione - sulla scelta che la Giunta ha fatto sulla posizione dell'onorevole D'Alema. Non sono d'accordo sulla questione della Camera di appartenenza.
Poiché, onorevoli colleghi, le prerogative di cui all'articolo 68 della Costituzione sono poste a tutela non dei parlamentari ma del Parlamento, ritengo che sia la Camera di appartenenza a dover decidere la sorte di uno dei suoi membri. Non è un privilegio, per così dire, che si accompagna all'elezione al Parlamento italiano o al Parlamento europeo. L'onorevole D'Alema ne ha il diritto e noi abbiamo il dovere di giudicare lo stesso onorevole D'Alema nella misura in cui egli è membro della nostra Camera. Questa è la difesa del Parlamento! Poi naturalmente decideremo, se verrà richiesta anche una successiva autorizzazione. Per questo motivo, mentre voteremo con due «sì» sulle altrePag. 29due proposte della Giunta, voteremo «no» su quella di dichiarare incompetente il Parlamento per quanto riguarda il caso dell'onorevole D'Alema.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, nei tre minuti che ho a disposizione vorrei dire che intanto, se dovessi scrivere un articolo su questo dibattito, scriverei: «maschere di cera non conoscono vergogna!».
Sembra un dibattito fatto tra marziani! In questi caso si tratta di un gruppo di malaffare politico, dell'alta finanza, bancario e delle compagnie assicurative, che intrigava per alterare il mercato, per ingannare gli azionisti, per fare affari colossali a dispetto delle regole che tutelano il mercato azionario.
Quello che si è svolto è un dibattito vergognoso, anche in questo momento politico. La dignità della politica non si misura con la tessera dei cinema, che abbiamo giustamente restituito, ma si misura con la volontà di ridare al Parlamento la sua funzione istituzionale!
Signor Presidente, vorrei dire questo: se D'Alema all'epoca delle intercettazioni non fosse stato deputato europeo, oggi la Camera dovrebbe ritenere irricevibile la richiesta del magistrato? D'Alema non è un imputato! Il magistrato chiede di poter utilizzare le intercettazioni perché il fatto di essere deputato oggi non impedisca ulteriori indagini e non impedisca di inquisire Consorte, i «furbetti del quartierino» e tutti coloro che si ritenevano al di sopra della legge. Rinviare la questione al Parlamento europeo significa essere complici di quel disegno perverso che è stato consumato nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Deve concludere.
TEODORO BUONTEMPO. Sto concludendo, Presidente.
Mentre per i primi due - Cicu, che mi pare abbia parlato con grande dignità, e Fassino - voterò a favore sulla proposta della Giunta, sul caso che riguarda D'Alema esprimerò un voto contrario. E vi invito a una riflessione, onorevoli colleghi...
PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.
TEODORO BUONTEMPO. Oggi, il Parlamento italiano non può impedire di acquisire quelle intercettazioni per assicurare la verità!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, noi deputati de La Rosa nel Pugno ribadiamo il convincimento che non vige soltanto per i cittadini normali e per i parlamentari l'obbligo di rispettare le leggi; esse devono essere rispettate anche dai giudici: lo stabilisce la Costituzione; noi ribadiamo tale principio e, nel giudicare la situazione oggi sottoposta alla nostra attenzione, ci ispiriamo a questo riferimento fondamentale. Riteniamo che l'ordinanza con cui si domanda l'autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni indirette di conversazioni telefoniche dei colleghi D'Alema, Fassino e Cicu sia illegittima, esorbitante, devo dire «abnorme», ricorrendo a questo termine in senso giuridico, per significare un contenuto che in un atto di questo genere non doveva essere presente. Tale contenuto sentenzia su responsabilità individuate dal GIP di Milano senza l'apporto fondamentale e costituzionalmente previsto del contraddittorio delle parti. Vi sono affermazioni, in quest'atto, che alterano anche il percorso del nostro convincimento rispetto alla responsabilità eventuale di questi nostri colleghi (oppure, delle istituzioni chiamate ad agire in ambito penale). A fronte di tale situazione, non riteniamo che la Camera possa accettare supinamente un atto che contiene una lesione così grave dei principi fondamentali: è per questo che ribadiamo la necessità di rinviare l'atto al GIP di Milano.Pag. 30
In subordine, signor Presidente, pensiamo che per i contenuti e per le modalità, a prescindere dalle responsabilità che potranno essere accertate dall'autorità giudiziaria competente senza la nostra autorizzazione (perché l'attivazione dell'azione penale avviene nel nostro ordinamento senza l'autorizzazione delle Camere, anche per i parlamentari), nei confronti dell'onorevole D'Alema vi sia la necessità di sancire l'incompetenza di questa Camera, in quanto egli, nel momento in cui è stato intercettato, era parlamentare europeo. È vero che il testo della legge n. 140 del 2003, applicativa dell'articolo 68 della Costituzione, prevede una soluzione infelice, come già ha osservato il collega Boato, frutto di un compromesso che a suo tempo avevamo già rilevato quale fattore negativo di interpretazione della norma. Riteniamo comunque che la competenza primaria sia quella della Camera di appartenenza al tempo in cui i fatti sono accaduti e solo in subordine dell'attuale Camera di appartenenza, come hanno scritto anche autorevoli giuristi sull'argomento; a nostro avviso, sussiste quindi un'incompetenza di questa Camera per quanto riguarda il caso del collega D'Alema. Inoltre, noi voteremo contro l'utilizzabilità delle intercettazioni dei colleghi Fassino e Cicu per la loro irrilevanza, ma anche per la gravissima lesione del principio di imparzialità che con l'ordinanza così formulata viene compiuta all'interno di questo procedimento giudiziario.
Pensiamo a cosa è accaduto in questi mesi con riferimento alla fuga di notizie sui verbali relativi alle intercettazioni ed al coinvolgimento di questi parlamentari - che, lo ribadisco, tra l'altro ad oggi non sono imputati - che hanno creato una pressione mediatica e dell'opinione pubblica che, anche in ordine allo svolgimento del dibattito odierno e di quello che ha avuto luogo nella Giunta per le autorizzazioni, ha determinato una forte pressione ed una difficoltà a mantenere una posizione di imparzialità, autonomia e serenità nel giudicare le situazioni.
Per tali ragioni, ribadisco il nostro voto contrario sull'utilizzabilità delle intercettazioni sia di Fassino che di Cicu, anche perché vi è un giudizio «a futura memoria» - per usare un termine forse improprio - da parte del giudice Forleo, che dice chiaramente: a parere di questa autorità giudiziaria, sarà proprio il placet del Parlamento, e via dicendo. Lo voglio ricordare ai colleghi che si orientano diversamente: la dottoressa Forleo con l'ordinanza dice chiaramente, in maniera esplicita, che utilizzerà le intercettazioni per procedere nei confronti dei due colleghi; tale possibilità non le è attribuita dalla legge ma compete al pubblico ministero, e lei si arroga poteri che non le competono.
Di fronte a tale grossolanità e rozzezza di interpretazione della norma, credo che l'unica risposta che possa dare questa Camera è quella del «no», introducendo rapidamente una nuova normativa sulla responsabilità civile dei magistrati (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania), perché non vi può essere cittadino italiano che possa agire contro le leggi senza risponderne!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fundarò. Ne ha facoltà.
MASSIMO SAVERIO ENNIO FUNDARÒ. Signor Presidente, colleghi deputati, a nome del gruppo dei Verdi preannunzio il voto favorevole su tutte le proposte che la Giunta per le autorizzazioni avanza all'Assemblea.
Vorrei anzitutto chiarire che il nostro gruppo è stato sempre sensibile ai richiami di sobrietà, rigore e affidabilità che i cittadini oggi chiedono a gran voce ai protagonisti istituzionali. Non si tratta, come pure si è sentito dire in questi giorni, di cedere alle urla della piazza: si tratta, invece, di saper distinguere quando il Parlamento è in sintonia con il Paese e quando, al contrario, rischia di prendere derive corporative ed autoreferenziali. Il caso delle intercettazioni, che riguardano due fallite scalate di soci italiani all'Antonveneta, da un lato, ed alla BNL, dall'altro, è un preciso esempio di come alla domanda di trasparenza e correttezza istituzionalePag. 31non si possa rispondere con una chiusura a riccio e con il rilancio del conflitto con la magistratura.
Il mio gruppo in passato non ha lesinato critiche a quei magistrati che, disinvoltamente e con leggerezza, hanno cercato la fama sugli organi di informazione ed il protagonismo politico ed economico. Ma non è questo il caso: se non avessimo avuto le intercettazioni telefoniche, oggi avremmo ancora la stessa direzione del nostro istituto di vigilanza, avremmo gli stessi soggetti alla guida della Banca popolare italiana e gli stessi alla guida dell'Unipol. Oggi l'autorità giudiziaria ci chiede di poter utilizzare quelle intercettazioni nei dibattimenti penali, e noi non abbiamo alcun motivo per negargli tale possibilità. Nel processo che riguarda l'Unipol, in particolare, né Piero Fassino né Massimo D'Alema sono attualmente indagati: se oggi negassimo l'autorizzazione, produrremmo un effetto processuale solamente favorevole per Giovanni Consorte e faremmo un torto alla giustizia.
Quanto alla posizione di Massimo D'Alema, credo ormai superfluo sottolineare come la tutela delle intercettazioni indirette non possa che riguardare quanti sono parlamentari al momento della conversazione: una diversa lettura della disposizione cozzerebbe contro i precedenti citati con dovizia di riferimenti dal relatore e colliderebbe con la giurisprudenza costituzionale. Non entrerò, signor Presidente, nella complessa disputa se sul deputato D'Alema sia competente o meno il Parlamento europeo, giacché si tratta di materia di cui oggi la Camera si spoglia.
Venendo poi alla posizione del deputato Cicu, pur apprezzando la sua personale disponibilità non condivido le posizioni di alcuni colleghi della Casa delle libertà, per cui si tratterebbe di una telefonata di nessuna rilevanza. Vorrei far notare che la rilevanza la giudica il giudice e non la Camera: quest'ultima può rifiutare l'autorizzazione solo nel caso di una palese e malevola elusione della norma di cui all'articolo 68, terzo comma, della Costituzione (circostanza che, con evidenza, in questo caso non si verifica).
Devo poi aggiungere che il significato di quell'intercettazione potrebbe essere tutt'altro che irrilevante se essa fosse letta unitamente alle conversazioni attualmente all'esame del Senato della Repubblica, vale a dire quelle dei senatori Comincioli e Grillo, sulle quali evidentemente non mi soffermo, perché sarà l'altro ramo del Parlamento a pronunciarsi.
Ribadisco quindi, signor Presidente, i tre voti favorevoli che il gruppo dei Verdi esprimerà, sulla restituzione degli atti per competenza per quanto riguarda Massimo D'Alema e sulla concessione dell'autorizzazione sia per l'onorevole Cicu, sia per l'onorevole Fassino.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, inizio il mio intervento dalle conclusioni, dichiarando che il gruppo cui ho l'onore di appartenere voterà in maniera coerente con le decisioni della Giunta. Si tratta del frutto di ripetute riflessioni, dibattiti e discussioni. Tale decisione è dovuta ad un motivo estremamente semplice, perché non siamo in un momento di estrema chiarezza, bensì di contrapposizione di interessi che ci vengono alla mente. Da una parte, ci viene in mente chi dice che l'ordinanza del giudice Forleo è priva di pregi e sicuramente contraria a tutta una serie di principi di diritto, e tale opinione ci trova pienamente concordi: infatti è vero che i giudici devono fare i giudici e i parlamentari devono fare i parlamentari, ma oltre a ciò vi sono delle situazioni che sono sicuramente di carattere politico e che devono essere valutate. È chiaro che siamo di fronte ad un attacco specifico che viene da parte della magistratura, per riempire le aule di giustizia.
Mi spiace che non sia presente il Governo, non perché esso debba partecipare ad un dibattito che certamente riguarda gli interna corporis di questa Camera, ma perché, se si prestasse attenzione a ciò che dice il giudice Forleo, in base ad alcuniPag. 32principi pacifici, elementari, direi quasi scolastici e forse perfino universitari, degli studi giuridici, sarebbe opportuno che il Ministro intervenisse per accertare la conoscenza tecnica e scientifica che il giudice Forleo ha del proprio lavoro. Il giudice Forleo scrive che «sarà proprio il placet del Parlamento a rendere possibile la procedibilità penale nei confronti di suoi membri». Al giudice Forleo forse sarebbe opportuno spiegare che vi è una differenza fra l'immunità e l'insindacabilità: infatti, l'immunità era condizione di procedibilità, l'insindacabilità non lo è più, a meno che non voglia ritenere che il reato di aggiotaggio sia perseguibile a querela di parte e che la querela debba essere presentata dal Parlamento! Se uno studente universitario, quando affronta l'esame di procedura penale, dicesse cose simili al professore, verrebbe bocciato irrimediabilmente.
Quindi, siamo di fronte ad una situazione molto grave e che suscita perplessità, poiché lo stesso giudice, come ha sostenuto bene il collega Buemi, ad un certo punto parla, in riferimento a determinate situazioni, di «consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata». Ci si riferisce al nostro Ministro degli esteri. I casi sono due: o il giudice crede a questa affermazione, e se il giudice la ritiene realmente vera sa che la strada principale è quella di richiedere un'imputazione coatta al pubblico ministero; oppure il giudice non crede a ciò e molto semplicemente sta svolgendo un'azione politica, infangando la figura del Ministro degli esteri. Non spetta certamente a me difendere il Ministro degli esteri, però la valutazione che questo atto, oltre ad essere un atto giudiziario, è un atto politico è una valutazione cui tutti dobbiamo attenerci, perché si tratta di un dato oggettivo.
D'altro canto, vi sono considerazioni politiche che non sono da poco perché, dopo anni di persecuzioni giudiziarie cui chi vi parla e molti componenti del movimento al quale ho l'onore di appartenere sono stati sottoposti, vedere che ciò può accadere ad altri settori di questa Camera, in cui forse vi è una preponderanza di soggetti che provengono da quella parte della società italiana e occupano spazi politici all'interno di questi partiti, è una circostanza che mi consola.
Concordo sull'esigenza, rilevata da alcuni tra coloro che mi hanno preceduto, di riscrivere, rivisitare e magari annullare ogni tipo di prerogativa dei parlamentari, alzando formalmente la bandiera bianca e dandola vinta a Le iene, per avere un sistema chiaro. Affermo ciò perché, come bene dicono il collega Vacca ed il collega Buemi, dobbiamo sapere non solo quale sia il diritto, ma soprattutto ciò che possiamo o non possiamo fare quando svolgiamo il nostro lavoro di parlamentari. Cito casi nei quali, non potendo procedere a perquisizioni domiciliari nei confronti del parlamentare, è stata compiuta una perquisizione domiciliare nei confronti della moglie, come a dire: mi limito a non entrare nei cassetti dove ci sono i calzini e le mutande del parlamentare, ma per il resto vado dappertutto. Osservo inoltre che, per sottoporre ad intercettazione un parlamentare, è molto semplice andare a vedere con chi parlava nella settimana precedente e poi sottoporre ad intercettazione telefonica tutti i suoi interlocutori. È dunque opportuna una pronuncia esplicita, magari con l'abrogazione della norma, ma almeno sapendo in maniera chiara ciò che si può fare e ciò che non si può fare.
La necessità di questa novella normativa deriva dal fatto che oggi neanche noi sappiamo esattamente quello che succede, perché questo ramo del Parlamento interpreta l'articolo 68 della Costituzione essenzialmente come una prerogativa del parlamentare. Infatti, la Giunta non si può pronunciare se non a seguito di un'istanza che può essere proposta dai giudici, come nel caso in esame, nel momento in cui si vuole andare ad utilizzare determinati dati processuali, o dal parlamentare che, sottoposto a intercettazione, avverte che stava esercitando la sua attività. Se la Giunta non viene investita espressamente, non può attivarsi d'ufficio. Ciò significa che questa Camera ritiene che l'insindacabilità sia una prerogativa del parlamentare.Pag. 33
Al contrario, il Senato ritiene sufficiente che la Giunta competente abbia la notizia dell'esistenza del processo, quindi senza alcun intervento da parte del parlamentare, perchè possa intervenire. Ciò significa che nell'altro ramo del Parlamento si tiene a valutare maggiormente come bene protetto l'integrità del numero dei parlamentari e l'integrità dell'organo, mentre alla Camera si ritiene di valutare l'integrità del soggetto.
Questo dibattito non può essere lasciato al caso, ma deve entrare di diritto in quest'aula parlamentare, e su di esso dobbiamo confrontarci e fornire una risposta in tempi brevi. Ci troviamo infatti di fronte ad una situazione molto grave della politica, in cui la delegittimazione del Parlamento è lo sport preferito degli ultimi quattro mesi e la mancanza di una risposta a tali quesiti costituisce un fatto gravissimo.
Ferme restando tutte le perplessità e le argomentazioni che ho esposto, mi inchino alla prassi di questa Camera, vale a dire che la prerogativa parlamentare non sia indisponibile dalla Camera, ma sia disponibile da parte del parlamentare stesso. Se così è, per ciò che riguarda coloro che hanno chiesto che venga concessa l'autorizzazione, poichè lo hanno chiesto, ci conformiamo al loro volere, anche se riteniamo che, forse, avrebbero potuto esprimersi in maniera diversa, e in tal caso a nostra volta ci saremmo potuti esprimere in maniera diversa.
L'ultima questione è quella relativa al deputato D'Alema.
La Costituzione ha previsto questi istituti, che sono prerogative e non privilegi, affinché i singoli parlamentari possano esperire il mandato che il popolo italiano ha conferito loro. Dunque, la possibilità per il parlamentare di poter parlare liberamente al telefono senza che nessuno possa intercettarlo è un meccanismo di salvaguardia.
PRESIDENTE. Deputato Brigandì, la prego di concludere.
MATTEO BRIGANDÌ. Concludo, signor Presidente. Tale salvaguardia non ci deve essere, nel momento in cui non si è parlamentari. Quindi, concordiamo anche con la proposta della Giunta relativa all'onorevole D'Alema (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, in sede di dichiarazione di voto mi pronuncerò sulle due posizioni non affidate alla mia relazione. Quanto alla relazione stessa, ad ulteriore motivazione del voto sulla declaratoria di incompetenza di questa Camera, rispondendo anche ad una perplessità della quale ho avuto modo di discutere con il deputato Buontempo poc'anzi, voglio ricordare ai colleghi che la proposta non è relativa alla trasmissione degli atti relativi al Parlamento europeo, bensì alla restituzione al giudice delle indagini preliminari, per quanto il giudice delle indagini preliminari vorrà fare in applicazione della norma e secondo l'interpretazione che ne abbiamo dato: sollevare un conflitto di attribuzione, se non sarà d'accordo con quella interpretazione, oppure procedere all'utilizzazione delle telefonate nel procedimento attualmente in corso e rinviare gli atti al pubblico ministero, per quanto ritenesse di competenza.
Sulle altre posizioni, credo che vada tenuto disgiunto il giudizio sulla peculiarità del provvedimento reso dal giudice delle indagini preliminari e il tipo di richiesta che viene avanzata a questa Camera. Al di là del consenso all'autorizzazione sia per quanto riguarda la telefonata del deputato Cicu, sia per quelle relative al deputato Fassino, la mia e la nostra impressione è stata che quell'ordinanza, che in certi termini è sovrabbondante rispetto alla richiesta del pubblico ministero, non abbia agevolato il percorso valutativo. Se si fosse rimasti, come ho osservato nella mia originaria relazione, alla richiesta del pubblico ministero, la stessa sarebbe stata sintetica, ma compendiosa quanto basta per motivare la richiesta stessa. Il GIP aggiunge nella sua ordinanza una serie diPag. 34considerazioni che a prima vista sono anche di difficile comprensione, in quanto inusuali nei termini fisiologici del rapporto fra pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari. Capita raramente di vedere in provvedimenti autorizzatori del giudice delle indagini preliminari riferimenti così lapidari rispetto all'individuazione di responsabilità.
Tuttavia, è altrettanto vero che né si può dire obiettivamente che il provvedimento travalichi norme procedurali, né si può dire che travalichi norme disciplinari, né si può dire che quanto di sovrabbondante è contenuto in quel provvedimento valga ad inficiare l'autorizzazione che a mio avviso deve essere concessa. Del resto, alcune delle affermazioni contenute in quel provvedimento e, in particolare, quella secondo la quale sarà proprio il Parlamento attraverso il proprio placet a determinare la procedibilità in ordine a reati, sono di tutta evidenza riferite tanto alle ipotesi di insider trading, cioè di divulgazione di informazioni riservate, che necessitano di almeno un interlocutore perché la condotta delittuosa si possa sostanziare, quanto all'aggiotaggio, rispetto al quale è di tutta evidenza che, al fine di «colorare» il quadro probatorio e di determinare in maniera importante la possibilità di costruire il quadro probatorio stesso, quelle telefonate possano essere utili.
Quanto alla posizione del collega deputato Cicu, ho ascoltato in Giunta la sua accorata richiesta di concedere l'autorizzazione, e ne sono rimasto sufficientemente impressionato, anche in considerazione della singolarità di quella posizione e della marginalità della telefonata della quale si chiede l'utilizzazione nell'ambito del generale quadro processuale. Si tratta di una perplessità che rimane. Però, come qualcuno opportunamente ha ricordato, il giudizio di rilevanza delle intercettazioni è quello che è stato espresso ai sensi dell'articolo 268, sesto comma, del codice di procedura penale nel contraddittorio delle parti.
La Camera dei deputati non è il giudice della rilevanza, ma dell'ammissibilità della richiesta alla stregua dell'insussistenza dell'unico presupposto che giustificherebbe la reiezione, ossia l'esistenza di un fumus persecutionis, che obiettivamente nel caso in esame non è dato ravvisare. Tuttavia, continuo a insistere sul fatto che proprio questo caso e, in particolare, la posizione del deputato Cicu legittimano a mio giudizio una rivisitazione di questa prerogativa. Infatti, mentre ritengo che il corpus del deputato e l'integrità dell'Assemblea siano assolutamente indisponibili, diversamente credo che non si possa prescindere dai desideri dei diretti interessati quando si valuta l'utilizzabilità di una prova rispetto alla quale gli stessi deputati intercettati, nell'interesse della giustizia, possono avere interesse all'acquisizione delle intercettazioni, anche allo scopo di chiarire meglio la loro posizione.
Ho letto con attenzione la memoria presentata alla Giunta dall'onorevole Fassino; devo dire che per essere convinto del ruolo che il deputato Fassino ha ricoperto in questa vicenda come interlocutore, non avevo personalmente bisogno di tale memoria perché il contenuto delle intercettazioni è assolutamente chiaro. Tuttavia, per troppo tempo abbiamo dimenticato che non si sta svolgendo il processo nei confronti dei parlamentari interlocutori dei terzi indagati, ma si sta espletando un procedimento a carico di indagati, nel quale le conversazioni intrattenute con i deputati sono essenziali. Anche per dare un senso alla nostra volontà di autorizzare l'utilizzo delle richiamate conversazioni voglio ricordare che, fra tutte, vi è un'intercettazione telefonica riguardante l'onorevole Fassino nella quale, in cinque pagine, è del tutto chiaro che lo stesso non fosse partecipe attivo di alcuna operazione, ma è altrettanto evidente che chi gli raccontava tali operazioni, in quella maniera, ha consegnato alla magistratura inquirente un quadro nitido di ciò che in quell'estate si andava facendo. Quindi, riguardo alle posizioni dei due parlamentari con riferimento ai quali non ho svolto la relazione, esprimeremo un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'Italia dei Valori voterà contro la proposta di dichiarare l'incompetenza con riferimento alla posizione del collega deputato D'Alema, per le ragioni che abbiamo già espresso; ossia che si tratta di una garanzia che il Parlamento deve riconoscere al parlamentare, quindi non di un privilegio personale. In questo senso vorrei dare una risposta al collega Daniele Farina, sperando che sia d'accordo con noi sulla differenza tra le garanzie, che noi riconosciamo, e i privilegi che, invece, noi non riconosciamo ad alcuno. Per quanto riguarda i colleghi Fassino e Cicu, l'Italia dei Valori voterà secondo la proposta della Giunta, vale a dire a favore delle autorizzazioni. Voglio ribadire che si tratta di una posizione esclusivamente di carattere processuale, ordinamentale e di rapporti tra istituzioni dello Stato, nel senso che non spetta a noi giudicare se un atto processuale sia rilevante o no. Noi dobbiamo soltanto prendere atto della richiesta basata sulla rilevanza e, se non vi è il fumus persecutionis, la dobbiamo concedere. Quindi, è una decisione che assumiamo per esclusivo rispetto delle regole e vorrei dirlo anche al collega Cicu, pur nella consapevolezza personale che la sua posizione, a mio giudizio, è di assoluta marginalità nel processo e presenta aspetti diversi rispetto alle altre.
Vorrei dare, infine, un'ultima risposta al collega Daniele Farina, concordando con quest'ultimo su una questione e spero che, a sua volta, egli sia d'accordo con noi su un'altra, ossia sulla differenza tra garanzie e privilegi: spero in altri termini che egli riconosca all'Italia dei Valori di essere un partito che si è sempre battuto contro ogni privilegio. Sono d'accordo con il collega Daniele Farina sul fatto che la magistratura non è infallibile; infatti, nessun'altra attività umana prevede tanti gradi di impugnazione è, quindi di riesame e di rivisitazione al pari di quella giudiziaria. Voglio sperare che egli sia d'accordo con me sul fatto che il Parlamento non può essere un grado ulteriore di impugnazione nei confronti di provvedimenti giurisdizionali.
Vi è, infine, un ultimo aspetto sul quale sono d'accordo con il collega Daniele Farina, ovvero che vi è una questione sostanziale che trascende, forse, anche quella giuridica, ovvero quella relativa al rapporto tra politica ed affari e tra partiti e finanza. Penso che il problema non sia tanto di natura giuridica, bensì di motivare se si è d'accordo sul fatto, cioè non di interessarsi della fusione delle banche, ma di prendere posizione e di gioire se una banca è acquisita da una struttura collegata. Credo che il problema, quindi, sia più rilevante sul piano etico e politico e che ad esso si debba rispondere, considerato che per molti di noi vale il principio della separazione tra politica e finanza e tra partiti ed affari, ovvero un principio già previsto nella questione morale già sollevata a suo tempo da Enrico Berlinguer...
PRESIDENTE. Deve concludere.
FEDERICO PALOMBA... e che, comunque, è un punto fondamentale nel programma del Partito democratico. Su ciò credo che il Partito democratico debba...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per annunciare la libertà di coscienza che abbiamo lasciato a tutti i deputati del gruppo dell'UDC, come tradizionalmente accade nella storia della nostra formazione politica Anche precedentemente, infatti, i partiti democratici cristiani hanno sempre, di fronte a questi casi, lasciato libero ogni deputato e fornito allo stesso gli elementi per potere valutare personalmente le situazioni, che abbiamo anche oggi di fronte. Tra l'altro ci riconosciamo pienamente nel lavoro, nella correttezza, nell'intelligenza e nell'opera che ha avutoPag. 36anche il presidente Giovanardi, non solo nel dibattito di questi giorni, ma anche nel lavoro della Giunta, quindi evito di sottolineare nuovamente la grande correttezza e sensibilità del presidente della Giunta per le autorizzazioni.
Ringrazio i colleghi relatori e coloro che sono intervenuti, in quanto con i loro interventi hanno ulteriormente, oltre al materiale fornito nelle ultime settimane e riportato all'attenzione dell'Assemblea, illustrato a tutti le ragioni per valutare i pro e i contro di una decisione - al pari delle altre - delicata e, in questo caso, anche per la circostanza particolare degli ultimi mesi, forse ancora più degna di attenzione e di riflessione; riflessione che ogni nostro collega svolgerà con grande libertà, intelligenza e criterio di giudizio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, il gruppo Sinistra democratica per il socialismo europeo voterà a favore delle proposte della Giunta per le autorizzazioni. Si tratta, infatti, di proposte che emergono da un dibattito lungo, approfondito, che ha visto i componenti della Giunta, a nostro avviso, assumere interamente le proprie responsabilità parlamentari. Ci sembra sia stato svolto un buon lavoro e approviamo le conclusioni a cui si è arrivati e che - lo sottolineiamo - non interpretano le prerogative parlamentari come privilegi, quindi per tale ragione non contribuiscono ad alimentare l'impressione di casta che è diffusa tra i cittadini e sui mezzi di informazione.
Passando, poi, al merito delle singole decisioni, il gruppo che presiedo valuta con favore la proposta che questa Camera si dichiari incompetente per la posizione di Massimo D'Alema. Quest'ultimo, infatti, ha parlato con Giovanni Consorte in due occasioni ed in entrambe non rivestiva più la carica di deputato della Repubblica italiana. La legge n. 140 del 2003, cosiddetta legge Boato, è oggetto di critiche e di rilievi di costituzionalità, su cui la Corte costituzionale - come è noto - dovrà pronunciarsi nelle prossime settimane. In ogni caso sarebbe, a nostro avviso, un po' curiosa una interpretazione che considerasse protette le conversazioni dei parlamentari in carica al momento della richiesta dell'autorizzazione e non in quello in cui le suddette conversazioni avvengono. Una ragionevole interpretazione della norma, invece, vuole che l'istituto sia posto contro il perseguimento di obiettivi non limpidi da parte di singoli magistrati contro il parlamentare.
È evidente che tale cautela può trovare fondamento quando la telefonata o la conversazione prese di mira siano del parlamentare in carica. Se invece la telefonata intercettata mira a colpire una terza persona (che casualmente diverrà deputato in un momento successivo), è evidente che, in quel momento, non può sussistere alcuna esigenza di tutela del parlamentare. Ribadisco, quindi, che il mio gruppo voterà per l'incompetenza di questa Camera, anche in conformità con i principi che si rinvengono nei precedenti parlamentari che, peraltro, sono stati già citati negli interventi dei relatori. Sarà l'autorità giudiziaria a stabilire se debba essere il Parlamento europeo a pronunciarsi.
Quanto alla posizione di Piero Fassino, voteremo a favore della proposta della Giunta: rigettarla favorirebbe soltanto Giovanni Consorte. Solo quest'ultimo, infatti (è bene ribadirlo, come ha fatto l'onorevole Vacca, poco fa), è indagato e solo con riferimento a lui è stata chiesta l'autorizzazione. Piero Fassino non risulta indagato e, a parere dello stesso relatore, risultano difficilmente ipotizzabili a suo carico elementi penalmente rilevanti. Non si può neanche affermare che l'intercettazione delle sue conversazioni sia il frutto di una manovra non limpida. È chiaro, infatti, che l'ipotesi investigativa è basata tutta su eventuali illeciti di Consorte e non di Fassino. Non c'entra nulla, pertanto, l'aggiramento dell'articolo 68 della Costituzione: è importante ricordare (perché è giusto ribadirlo, come hanno fatto altri colleghi) che il segretario dei Democratici di sinistra ha da sempre chiesto che fossePag. 37fatta piena luce sulla vicenda Unipol-BNL, che fossero eliminati gli omissis e che fosse concessa l'autorizzazione, affinché lo stesso potesse chiarire, nelle sedi opportune, il suo ruolo di assoluta correttezza.
Il medesimo ragionamento, a nostro avviso, vale per Salvatore Cicu: non ci sembra che la sua conversazione con Stefano Ricucci, nell'indagine parallela sulla scalata alla Rizzoli-Corriere della Sera, sia stata intercettata per una macchinazione nei suoi confronti. Quel che importa - e che è più importante ribadire - è che questa Camera non deve intralciare il corso della giustizia, per non dare l'impressione di orientarsi - e per non farlo concretamente - secondo criteri di corporazione e di autotutela. Del resto, anche in questo caso risulta che il collega Cicu abbia chiesto la concessione dell'autorizzazione. Signor Presidente, la Camera, con il voto favorevole alla proposta della Giunta, può mandare un segnale chiaro al Paese: certo, non l'unico passo sufficiente, ma un passo necessario e indispensabile per recuperare quel rapporto di fiducia tra cittadini, cittadine e istituzioni che è alla base di un sistema democratico forte e sano (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).