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Comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (ore 10,05).
(Intervento del ministro della giustizia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro della giustizia, senatore Clemente Mastella.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Grazie. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel dare conto al Parlamento, massima espressione della sovranità popolare, delle vicende che hanno riguardato l'amministrazione della giustizia nell'anno appena concluso e prima di delineare i tratti principali dei progetti di riforma che mi accingo a presentare in un prossimo Consiglio dei ministri, sento forte l'esigenza di richiamare e fare mio il monito rivolto dal Capo dello Stato nel suo messaggio di fine anno. Un confronto politico, caratterizzato da toni suscettibili che si sovrappongono al merito dei problemi e delle soluzioni che abbiamo il dovere di progettare ed adottare nell'interesse degli italiani, rischia di produrre una crisi irreversibile nel rapporto tra cittadini e istituzioni.
Tale monito, che condivido totalmente, bene si presta, in verità, all'applicazione nel settore della giustizia. Non è, infatti, soltanto la politica a ricevere un giudizio negativo da parte dei nostri concittadini. Il sistema giudiziario è tra quelli verso i quali il livello di fiducia e di affidamento delle persone è sceso, negli ultimi anni, in modo più significativo e continua a produrre nell'opinione pubblica segni di insofferenza e di incomprensione. Ciò che mi preoccupa di più è proprio l'insoddisfazione che i cittadini traggono dal rapporto con il sistema giustizia, una sensazione diffusa, anche se poco misurabile, che purtuttavia è sotto gli occhi di ciascuno di noi. Secondo alcune ricerche, i tre quarti delle persone che ogni giorno varcano la soglia degli uffici giudiziari ne escono con sentimenti di impotenza, se non di vera e propria rabbia, capaci di favorire la progressiva presa di distanza dei cittadini non solo dalla giustizia, ma, più in generale, dallo Stato e dalle istituzioni repubblicane. Certo, questa crisi di Pag. 3fiducia tra il cittadino e la giustizia è stato talvolta accentuata proprio dall'insufficiente qualità del confronto politico. Troppo spesso il recente passato è stato caratterizzato da toni gridati che anche in materia di giustizia hanno reso assai difficile il percorso virtuoso indicatoci, con tanta autorevolezza, dal Capo dello Stato.
Per quanto mi riguarda, la centralità del sistema giustizia, vero pilastro dell'ordinamento democratico per la difesa dei diritti individuali e la sicurezza dei cittadini, la sua straordinaria importanza per la competitività economica del paese, la sua rilevanza strategica per dare nuovo slancio alla costruzione di un'Europa vicina ai bisogni di ogni cittadino dell'Unione, costituiscono altrettanti elementi che mi fanno sentire vincolato ad un metodo di confronto pacato ed aperto, attento esclusivamente al merito dei problemi, delle proposte e delle possibili, eventuali, soluzioni.
Tengo a ribadirlo: la giustizia è tema di tale importanza, snodo istituzionale di tale delicatezza, che la sua riduzione a semplice occasione per marcare una discontinuità con il recente passato contrasta profondamente con la mia cultura, il mio modo di fare politica e di concepire la vita delle istituzioni. Ritengo auspicabile, quindi, che il percorso del disegno di legge che il Governo si accinge a presentare possa registrare non solo il positivo concorso di tutto il Parlamento, nella ricerca di riforme largamente condivise, ma anche l'apertura al contributo di idee e proposte da parte delle istituzioni e di tutti gli attori del sistema giustizia.
Voglio anche dire con forza, poi, che la «stella polare» della mia azione di governo non sono associazioni o gruppi professionali, pur autorevoli ed influenti, bensì i cittadini. Questo è il mio parametro di riferimento: le persone in carne ed ossa, con il loro quotidiano e pressante bisogno di una giustizia rinnovata ed efficace, autonoma ed indipendente nell'esercizio di tutte le sue funzioni, credibile, perché responsabile della qualità del servizio offerto al paese. Verso di loro, verso i cittadini, sento il dovere di un'iniziativa riformatrice che intendo sostenere con coerenza dinanzi al Parlamento, in adempimento dei compiti affidati dall'articolo 110 della Costituzione e nel pieno rispetto del programma con il quale ci siamo presentati, come maggioranza, di fronte agli elettori.
Sono convinto che l'insoddisfazione montante tra gli utenti e gli stessi protagonisti del mondo giudiziario si può arginare soltanto con progetti complessivi e coerenti che incidano sugli aspetti problematici del sistema giustizia che pesano di più sulla collettività, in primo luogo i tempi, di cui la gente non comprende la continua dilatazione, e che incidono negativamente su utilità e pertinenza di ogni decisione giudiziaria, anche di quella più giusta. Una sentenza che arriva dopo anni ed anni, anche quando è emessa in modo giusto, finisce per svilire il senso della giustizia, perché rimane fondamentalmente ingiusta. Poi, vi sono i costi, non solo legati all'esborso di denaro necessario per l'accesso alla giustizia, ma anche, e forse soprattutto, al negativo impatto su individui e società che i ritardi e la denegata giustizia producono. Infine, vi è la stessa certezza del diritto, sovente messa in discussione, anche di recente, dall'intreccio tra mediatizzazione troppo spinta, negli ultimi tempi, e taluni comportamenti dei singoli attori di questo mondo. Fronteggiare tale crisi di affidabilità della giustizia non è solo una priorità per il Governo - del resto enunziata, anche di recente, dal Presidente del Consiglio - ma un'urgenza ed una sfida per tutta la classe dirigente del paese, una vera e propria questione nazionale.
Nell'esporre sinteticamente quanto nel corso del 2006 si è verificato nell'amministrazione della giustizia, limiterò il mio discorso ad alcuni snodi ed elementi essenziali rinviando per il resto a più completo e complesso documento, che sarà poi proposto alla vostra attenzione, corredato di dati statistici di maggior dettaglio. Tali dati non sono certo ancora sufficienti, nonostante i ripetuti annunci del precedente Governo, a rispondere all'esigenza di disporre di strumenti di misura e di conoscenza Pag. 4idonei a consentire una valutazione esatta delle performance complessive e di settore del sistema giudiziario. Dotare l'amministrazione di affidabili strumenti di rilevazione statistica è un campo nel quale impegnare con decisione in futuro - io credo - l'azione dell'intero Governo nella sua collegialità.
È noto che il Parlamento ha provveduto ad adottare, su mia proposta, un provvedimento di parziale sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario, sostenuta dal Governo precedente. Sono noti, altresì, i conflitti e le tensioni laceranti che quella riforma aveva prodotto nel tessuto istituzionale, mettendo a rischio i principi fondamentali di autonomia e di indipendenza della magistratura. Il 2006 è, dunque, profondamente segnato da un radicale cambiamento di rotta (ha riportato, probabilmente, un po' di serietà) nel progetto complessivo di giustizia affermato dal nostro Governo.
L'intervento del Parlamento ha rappresentato, a mio avviso, un atto di grande responsabilità che se, da un lato, ha realizzato un utile sintesi, seppur non perfetta, sostenuta da un largo consenso politico (più al Senato di quanto si è verificato alla Camera), dall'altro rende ora necessaria un'ulteriore, urgente iniziativa legislativa, di cui darò meglio conto nella seconda parte di questo mio intervento. Del metodo auspicabile in questo prossimo percorso e delle mie convinzioni circa i veri aventi diritto di un servizio giustizia efficiente e moderno ho già detto, e sono i cittadini, le persone: tento di delineare un umanesimo giudiziario; questo è il mio tentativo, spero d'intesa con la grande volontà del Parlamento.
L'anno appena trascorso ha segnato una svolta nelle politiche penitenziarie a seguito dell'approvazione del provvedimento d'indulto, che s'innesta in un contesto di iniziative finalizzate alla umanizzazione della pena. Il mantenimento stabile del livello della popolazione detenuta in circa 39 mila unità, a mesi ormai dal prodursi degli effetti dell'indulto, il rilancio delle aree educative con l'introduzione di un nuovo modello di trattamento, le iniziative in favore della detenzione sociale - dalle misure per le detenute madri, all'opera di recupero di tossicodipendenti -, sono state tutte attività che hanno caratterizzato positivamente l'anno appena trascorso ristabilendo condizioni di legalità nella fase di esecuzione della pena.
L'anno 2006 ha visto, inoltre, sensibili iniziative nel settore del lavoro e della sanità in ambito penitenziario. Si sono consolidate, infatti, le attività ammesse ai benefici della legge Smuraglia, che offre sgravi fiscali alle aziende che offrono lavoro ai detenuti, e si registrano significative esperienze di formazione lavorativa. Pur in un contesto critico di finanza pubblica, è stata poi introdotta la cartella clinica informatizzata che consentirà in breve di conoscere in modo completo le esigenze sanitarie della popolazione detenuta, per una sempre migliore razionalizzazione degli interventi.
Accanto a queste iniziative, va pure segnalato il piano di interventi per la ristrutturazione e per l'ampliamento di alcuni importanti strutture penitenziarie, che consentirà l'incremento della capienza detentiva ed il miglioramento delle condizioni di vita all'interno delle carceri (si tratta, come ho già avuto modo di dire di fronte alle Commissioni giustizia di Camera e Senato, prima di Natale, di circa millecinquecento unità).
Per quanto riguarda la giustizia civile, i dati statistici riferiti al 2005 e al dato tendenziale annuale rilevato a giugno 2006, indicano un costante aumento della domanda di giustizia. Le cause iscritte nel 2005 sono state 4.330.305, a fronte di 4.252.875 del 2004. La capacità di risposta del sistema a tale aumento reagisce secondo un tasso d'incremento pari al 2 per cento annuo, in linea con l'evoluzione registrata nel quinquennio. Il numero di procedimenti definiti è stato nel 2005 pari a 4.207.469, allorché nel 2004 era stato pari a 4.097.990. Le previsioni per il 2006, sulla base del dato del primo semestre 2006, non si discostano in modo significativo da quanto finora osservato, con un aumento di procedimenti esauriti presso le Pag. 5corti di appello e i giudici di pace ed un sostanziale equilibrio del dato per tribunali e tribunali per i minorenni.
Il dato da sottolineare per comprendere la ineludibilità e l'assoluta urgenza di scelte deflattive forti è che, nonostante il lieve andamento crescente, il numero dei procedimenti definiti ha continuato a mantenersi, come nel 2004, al di sotto del numero dei nuovi iscritti con conseguente crescita del contenzioso arretrato.
Il numero dei procedimenti pendenti sfiora dunque i cinque milioni, in area prossima al numero annuale sia dei procedimenti iscritti che di quelli definiti. Tali dati vanno interpretati in relazione a quelli relativi alla durata prevedibile dei processi iscritti nel 2005 (cosiddetti «tempi di giacenza»), nei quali si registra, con poche eccezioni, un peggioramento da un anno all'altro che può ormai essere definito cronico: trenta mesi di giacenza media attesa per un processo di cognizione ordinaria iscritto al 2005 in primo grado a Roma (ma addirittura 52 a Messina) o 44 paesi su scala nazionale per la definizione di un analogo processo in appello, rappresentano indici di durata indegni di un paese civile ai quali non possiamo rassegnarci.
Nonostante la quasi generalizzata diminuzione dei procedimenti iscritti al 2005 - mi riferisco alla giustizia penale - rispetto al 2004, tanto presso le procure della Repubblica (meno 2 per cento contro autori noti e 8 contro quelli ignoti) che presso i tribunali (meno 10 per cento per il rito collegiale e meno 1 per cento per quello monocratico) e giudici di pace (meno 9 per cento) con un unico dato in controtendenza relativo alle corti di appello (più 8,7 per cento), la giacenza media in giorni nelle varie tipologie d'ufficio non registra variazioni di rilievo (ad esempio da 619 a 622 giorni per il dibattimento collegiale in tribunale).
La variazione più alta attiene al dibattimento presso il giudice di pace, la cui giacenza passa da 225 giorni nel 2004 a 285 giorni nel 2005. Notevole poi la variabilità tra le giacenze dei singoli uffici, secondo territorialità e dimensione. Nel caso delle corti d'appello, ad esempio, si passa dai 230 ai 250 giorni per le corti di Palermo o di Potenza, ai 1200 giorni per quelle di Ancona o Venezia, a fronte di una media nazionale pari a 622 giorni.
Anche nel settore penale gli indici disponibili indicano dunque la necessità di interventi urgenti - e sottolineo «urgenti» - per garantire il principio costituzionale di ragionevole durata del processo.
Le iniziative del Governo per una giustizia più rapida al servizio del cittadino devono essere dunque messe all'opera con il sostegno di una grande volontà parlamentare.
Ho impegnato fin dal mio insediamento, per quanto mi riguarda, tutte le strutture ministeriali e apposite commissioni in vista di un profondo intervento riformatore sull'ordinamento giudiziario e sulle diverse discipline processuali e sostanziali. L'urgenza e la gravità dei problemi innanzi descritti necessita di risposte altrettanto urgenti e di un vero e proprio piano straordinario per la giustizia.
È necessario in primo luogo l'impegno del Governo sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, consentita dalla legge di sospensione già approvata dalla maggioranza e con il consenso di una parte dell'opposizione.
Il relativo disegno di legge va rapidamente licenziato, cosa che mi appresto a fare in uno dei prossimi Consiglio dei ministri e va assunto l'impegno di tutte le forze politiche della maggioranza di consentirne l'approvazione, così come stabilito, entro il 31 luglio di quest'anno.
Vanno quindi adottate immediate riforme volte alla semplificazione ed all'accelerazione dei processi civili e penali, riforme che devono essere peraltro compatibili con una prospettiva di più lungo periodo, in quanto preparatorie dei successivi interventi di sistema che risulteranno dai lavori delle commissioni ministeriali da me costituite.
Alcuni di questi interventi non necessitano di impegni finanziari aggiuntivi. Altri interventi straordinari, invece, pure assolutamente necessari per recuperare Pag. 6con rapidità livelli accettabili di efficienza, dovranno essere accompagnati a regime dagli opportuni aggiustamenti di bilancio.
Gli interventi che propongo a questa Assemblea, e che proporrò al Parlamento in itinere, riguardano dunque i seguenti temi: ordinamento giudiziario, processo civile e processo penale, misure di organizzazione e razionalizzazione della macchina giudiziaria, correzione delle cosiddette «norme ad personam».
Il vecchio sistema ordinamentale e la stessa riforma immaginata con la legge del 2005 non tengono in conto la condivisa consapevolezza che il sistema di valutazioni dei magistrati non è più adeguato. La professionalità del magistrato non può più essere affermata solo per presunzioni e soltanto in occasione di passaggi di qualifica troppo distanziati nel tempo.
Allo stesso modo, il bizantino sistema di concorsi previsto dalla riforma sospesa dal Parlamento non valorizzava adeguatamente l'attività dei magistrati, basando la progressione su esami e titoli teorici e formali, spesso non conferenti con l'attività concreta svolta nella giurisdizione.
Al contrario, il mio tentativo di riforma - spero riforma - punta ad un magistrato più preparato, perché reclutato nel migliore dei modi, scelto negli incarichi successivi perché migliore per le funzioni da attribuire: in altri termini, la previsione di un continuo controllo sulla professionalità e la scelta per gli incarichi direttivi dell'uomo giusto - si dice così - al posto giusto. Pertanto, sarà previsto un sistema di selezione più efficace, in cui per accedere alla magistratura non basterà soltanto la laurea ed un concorso teorico. Si tratterà di un concorso di secondo grado e un corso-concorso, in cui, ad una prima selezione teorica, farà seguito un corso ed una selezione finale teorico-pratica. Saranno previsti momenti ravvicinati (ogni quattro anni) di valutazione dell'attività dei magistrati, anche con conseguenze di rilievo economico e di carriera nel caso di riscontrata inadeguatezza.
L'analisi delle capacità organizzative e dell'attitudine agli incarichi direttivi dovrà essere l'elemento costante della valutazione periodica, da riprendere ed approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta, ad esempio, per il conferimento di un incarico direttivo. L'esercizio delle funzioni direttive, poi, sarà caratterizzato da un maggior controllo di professionalità e di gestione, con limiti di tempo ben definiti (quattro anni rinnovabili una sola volta). La carriera resta unica. Alla marcata separazione tra funzioni giudicanti e requirenti deve sostituirsi un sistema di distinzione delle funzioni, in cui il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa viene consentito, ma resta però subordinato alla frequenza di un corso di qualificazione professionale e ad un giudizio di idoneità specifica, con limiti di incompatibilità a livello distrettuale.
La Scuola della magistratura si occuperà soltanto della formazione iniziale e continua dei magistrati, senza alcuna invasione di campo e di competenze con il CSM, unico organo prescritto, per la verità, che potrà procedere alla valutazione dei magistrati. L'assetto ordinamentale che vi propongo, poi, per la maggiore attività valutativa richiesta, dovrà essere accompagnato da una riforma del CSM, in cui i componenti siano aumentati a trenta perché si ritiene che questo elemento possa determinare una maggiore e più efficace propulsione sia sul piano amministrativo che su quello di natura giurisprudenziale.
Per quanto riguarda il processo civile, ogni processo dovrà pervenire a decisione definitiva entro un termine prestabilito sulla base della giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo per i procedimenti dello stesso tipo. La durata di un processo ordinario di media complessità non dovrà oltrepassare i cinque anni nei tre gradi di giudizio (due anni in primo grado, due anni in appello e un anno in Cassazione). L'obiettivo è quello di ottimizzare e rendere prevedibile per le parti la durata del processo, in linea con le più recenti raccomandazioni del Consiglio d'Europa. Viene allo scopo istituita un'udienza di programmazione dei tempi del processo, già introdotta con successo, Pag. 7per la verità da non molto, nel sistema francese, nel corso della quale il giudice terzo stabilirà, nel contraddittorio delle parti, un vero e proprio calendario del procedimento. Saranno imposti termini vincolanti, garantiti da apposite preclusioni e non prorogabili se non in caso, come accade spesso, di gravi e giustificati motivi. Sono attribuiti al giudice, che riceverà la qualifica di responsabile del procedimento, poteri officiosi che consentano il governo del processo. In caso, quindi - l'obiezione al riguardo mi pare corretta, l'interrogativo che serpeggia può essere molto forte -, di mancato rispetto del termine massimo di ragionevole durata, il magistrato dovrà tempestivamente informare il dirigente del suo ufficio, che avrà l'obbligo di prendere ogni necessaria iniziativa, sia essa di carattere organizzativo o anche disciplinare.
La valorizzazione del ruolo conciliativo del giudice nella prima fase del procedimento, accompagnata dalla previsione di sanzioni processuali a carico della parte che abbia, senza giusti motivi, rifiutato la proposta conciliativa avanzata dalla controparte o proposta dal giudice, si muove pure nel senso della responsabilizzazione di tutte le parti di fronte alla domanda di giustizia.
Sarà inoltre alleggerito il peso delle questioni di competenza - che affliggono molto l'itinerario perverso nella lungaggine dei tempi -, prevedendo un procedimento semplificato in luogo del farraginoso meccanismo del regolamento di competenza. Se si considera che solo nel 2005 sono pervenute alla Corte di cassazione 2.243 ricorsi per regolamento di competenza su una sopravvenienza totale di 29.975 ricorsi, si possono facilmente cogliere i riflessi positivi che, anche sul versante più generale della deflazione dei carichi e dei flussi, tale misura potrebbe, a mio giudizio, garantire.
Sono poi previsti altri interventi sul processo, tesi a ridurne la durata. Tra questi, ricordo: lo snellimento del sistema delle notifiche; l'aumento della competenza per valore del giudice di pace; la semplificazione del regime delle nullità processuali, attraverso la riduzione delle relative ipotesi di rafforzamento degli strumenti di sanatoria degli atti processuali nulli; la modifica degli articoli 181 e 309 del Codice di rito, in modo che l'assenza delle parti in udienza determini immediatamente la cancellazione della causa dal ruolo al fine di ovviare ad una delle cause più frequenti di allungamento dei processi; l'introduzione del procedimento sommario non cautelare per consentire la definizione della controversia attraverso una procedura semplificata e veloce; la trasformazione dell'appello da gravame devolutivo, che consente una nuova delibazione sulla fondatezza della domanda, a mezzo di impugnazione per motivi chiusi e specifici, come peraltro da tempo auspicato dalla migliore dottrina. In tal modo, oggetto dell'appello diventerebbe la sentenza di primo grado, eventualmente viziata, come attualmente accade nel giudizio di Cassazione.
Si contempla inoltre la razionalizzazione dei meccanismi di liquidazione delle spese processuali, che attualmente è strettamente correlata - stranamente - alla durata, anche se eccessiva, del processo. Il meccanismo di liquidazione dovrebbe invece essere sganciato dalla durata del processo ed, anzi, dovrebbe prevedere incentivi in caso di minore durata, valorizzando così l'impegno e la qualità professionale degli avvocati.
Onorevoli colleghi, per la verità sono anche convinto della necessità di una sostanziale riduzione dei termini di sospensione del processo nel periodo feriale, che attualmente decorrono dal 1o agosto al 15 settembre e che con la riforma - che spero sia approvata - sarà ridotto di un terzo perché andranno dal 1 al 31 agosto. Quindi, non si arriverà più al 15 settembre, quando tradizionalmente riaprivano le strutture giudiziarie. Nella situazione di gravi crisi fin qui descritta, non è accettabile che i tribunali e le corti italiane non apprestino ordinario servizio di udienza per ben 45 giorni.
Come si è visto, gli interventi normativi (mi riferisco al processo penale) sono non solo necessari, ma indifferibili. Sarà mio Pag. 8impegno preciso, per quanto possibile, affrontare anche nel processo penale il problema dell'efficienza e della durata ragionevole del processo. Anche in questo caso, per cogliere una metafora sportiva particolarmente efficace, bisogna evitare che qualcuno «faccia melina» nel gioco processuale, sperando di lucrare una pronuncia sulla prescrizione. Allo stesso senso vanno responsabilizzati anche in questo ambito magistrati, avvocati, periti e personale amministrativo per garantire che il processo penale abbia un termine massimo ben preciso (cinque anni per tre gradi di giudizio) che non può essere superato, fatta eccezione per quei processi di particolare complessità legati all'accertamento di fatti connessi alla criminalità organizzata o al terrorismo.
Intendo inoltre proporre l'approvazione di un provvedimento legislativo, già elaborato dai miei uffici, che preveda anche nel settore penale la necessaria ed efficace programmazione dei tempi del processo. Tale intervento, nel rispetto degli standard imposti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, è volto, sotto un primo profilo, alla massima garanzia dei diritti delle parti. Voglio dire a chi potrebbe sollevare obiezioni al riguardo, che con la procedura più veloce non vi è mai l'eliminazione delle garanzie processuali. Anzi, queste ultime devono essere elevate per tutto quanto riguarda gli elementi di immunità e garanzia riferiti soprattutto alla parte di natura forense. Quindi, tale intervento legislativo si muove nel rispetto degli standard europei. Esso è volto, da un lato, a garanzia di tutte le parti e, dall'altro, ad assicurare la soddisfazione della legittima pretesa punitiva dello Stato, baluardo della libera convivenza civile.
In questa ottica intendo poi rivedere il regime delle nullità, che non incidano mai sulle garanzie di difesa. Vi è infatti la costante preoccupazione che tutto questo possa incidere sul regime delle garanzie rendendole meno forti, meno robuste e meno determinate. Quindi, si introdurranno preclusioni temporali più rigide nella loro proponibilità. Ciò eviterà di far regredire il processo ponendo nel nulla attività complesse e costose, innalzando al tempo stesso l'effettività del complessivo sistema delle garanzie. Analogamente, la disciplina delle questioni di competenza deve contemplare rigide preclusioni temporali e l'immediata ricorribilità in Cassazione, in modo da pervenire sul punto ad una rapida e definitiva decisione.
Intendo, poi, adempiere ad un preciso impegno di programma riguardante la profonda riforma della disciplina della prescrizione introdotta dalla legge cosiddetta ex Cirielli. Il cuore dell'intervento deve ancorare il termine finale della prescrizione ad un momento precedente alla formazione del giudicato, evitando la moria dei processi, scoraggiando impugnazioni meramente dilatorie, incentivando il ricorso ai riti alternativi.
Va precisato che tale intervento potrà riequilibrare il vigente sistema di inappellabilità della sentenza e di assoluzione da parte del pubblico ministero, pur attualmente sottoposto al vaglio di costituzionalità (mi riferisco alla legge Pecorella).
Per quanto riguarda i riti alternativi, all'effetto di spinta indotto dalla certezza della conclusione del processo in tempi ragionevoli, vanno affiancate preclusioni temporali al patteggiamento; un patteggiamento ammesso in grado di appello costituisce uno spreco di risorse non giustificato, sicché alla parziale rinuncia dello Stato, alla pena deve corrispondere, effettivamente, un recupero di risorse e di efficienza dell'intero sistema.
È allo studio, inoltre, la possibilità dell'allargamento del patteggiamento delle pene, pur non condizionalmente sospese, per le quali l'imputato abbia titolo per l'affidamento in prova al servizio sociale.
Tale strumento, del quale stiamo verificando il possibile impatto quantitativo, consentirebbe di unificare nella fase preliminare del processo, con evidenti effetti deflattivi, per la verità, le decisioni relative alla pena da irrogare e alla sua futura esecuzione.
L'intervento, che proporrò in una delle prossime riunioni del Consigli dei ministri, Pag. 9comporta altre importanti disposizioni, quali la riforma delle impugnazioni delle misure cautelari, l'archiviazione dei procedimenti per fatti di particolare tenuità.
È stato inoltre avviato un tavolo tecnico per la razionalizzazione, il coordinamento e la modernizzazione delle leggi in materia antimafia. Il gruppo di lavoro, coordinato dall'ufficio legislativo del Ministero della giustizia, si compone di magistrati, di altre articolazioni del dicastero, nonché di tecnici appartenenti al Ministero dell'interno, della difesa, dell'economia delle finanze, di magistrati della procura nazionale antimafia, di esperti del dipartimento della Polizia di Stato, della DIA e dei Comandi Generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.
Il programma prevede la redazione, in tempi brevi, di un disegno di legge delega che, oltre a coordinare la normativa esistente, vada ad incidere, con profonde innovazioni, in materia di: previsioni del codice penale e di procedura penale e delle connesse leggi speciali, in chiave di accresciuta efficienza della complessiva risposta repressiva al fenomeno mafioso (in accordo sinergico con le commissioni ministeriali già insediate e con la stessa Commissione parlamentare antimafia); misure di prevenzione, con particolare riguardo a quelle di carattere patrimoniale in modo da rendere più agevole e veloce il procedimento che porta alla confisca di beni delle cosche mafiose, da migliorare la gestione degli stessi beni durante il tempo del procedimento, da disciplinare, migliorandola, anche la fase della destinazione finale dei beni stessi; misure di contrasto alle infiltrazioni mafiose nei settori dell'economia, dei lavori pubblici e della pubblica amministrazione; miglioramento ed aggiornamento delle norme atte a prevenire il riciclaggio, con particolare riferimento al «tracciamento» dei movimenti dei flussi di denaro; accrescimento del sistema di prevenzione e di controllo in materia di gare pubbliche; rivisitazione normativa in materia di certificazione antimafia; predisposizione di regole costituzionalmente compatibili in materia di elettorato passivo.
Passo ora - e mi avvio più o meno rapidamente alla conclusione - a parlare della giustizia minorile.
Devo dire che la questione si è aperta. Qualcuno, in Francia, mutua esperienze diverse, ritenendo che la soglia di punibilità debba cadere; nel programma di uno dei candidati che si presenta per le prossime presidenziali francesi viene avviata una discussione, che considero più o meno dottrinaria, in ordine a questa soglia di punibilità. L'abbassamento della soglia di età della responsabilità penale (credo ne abbia fatto cenno anche il presidente Pisicchio, in un suo recente intervento), pur presente, come ipotesi, nel dibattito politico, non solo italiano, non mi sembra una ricetta efficace per combattere la delinquenza minorile: dico questo non per un aspetto vanaglorioso o surrogatorio di un dibattito estremamente sereno che pure è giusto che ci sia.
Nei paesi in cui questa soluzione è stata adottata, le evidenze statistiche non ne hanno dimostrato la pertinenza. La deterrenza che si immaginava, in realtà, non si è verificata. Per cui, anzi, si è elevato il tasso, purtroppo, di fenomeno criminale di devianza minorile.
Altri strumenti di carattere socio-educativo mi paiono più congrui rispetto ai bisogni di prevenzione speciale e culturalmente più vicini alla nostra tradizione giuridica e alle migliori prassi dei nostri uffici giudiziari, peraltro, anche in sintonia con sentenze, più meno recenti, o, comunque, nella traiettoria di sentenze emesse dalla Corte costituzionale.
In sintonia con i sistemi di giustizia minorile, con le politiche giovanile dei paesi dell'UE e coerentemente con gli orientamenti del Governo di razionalizzazione e di innovazione della pubblica amministrazione, sarà istituito un centro per la ricerca, la formazione e l'innovazione del dipartimento giustizia minorile. Il centro garantirà la razionalizzazione di risorse umane ed economiche, si occuperà di sviluppare la ricerca finalizzata ad azioni innovative ed interventi di qualità in area tecnico-operativa, sostenendo e rafforzando le competenze degli operatori Pag. 10che lavorano in ambito minorile e la cooperazione a livello nazionale, europeo ed internazionale.
Parallelamente, ritengo che vada diffusa la strategia della mediazione penale, fortemente sostenuta dalle istanze europee. Sarà costituita, poi, una commissione incaricata di proporre una complessiva riforma ordinamentale, nella prospettiva di riunire, in unico organo, tutte le competenze che attengono alla persona, al minore ed alla famiglia. Una diversa commissione studierà in particolare l'organizzazione del sistema penitenziario minorile.
Sono tutti interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Di particolare rilievo è la realizzazione dell'ufficio per il processo, inteso come struttura amministrativa di supporto all'attività giudiziaria. La piena attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata richiede una nuova metodologia di organizzazione del lavoro del personale dell'amministrazione giudiziaria, che già fa tanto in condizioni di grande difficoltà. Ieri, mi sono permesso di telefonare, avendo letto su un quotidiano a larga diffusione i ringraziamenti rivolti al direttore, anzi alla direttora di cancelleria del tribunale di Genova per il lavoro che svolge tra incredibili difficoltà. È un lavoro per il quale, come Stato e come Amministrazione della giustizia, dobbiamo essere grati a lei come a tanti altri che operano in condizioni non di pienezza di regime di un'organizzazione che riesce a far emergere da ognuno le proprie capacità e competenze.
Il nuovo modello organizzativo proposto è inteso come contenitore flessibile delle diverse professionalità dell'amministrazione, idoneo a rispondere alle esigenze di ammodernamento attraverso lo sviluppo della collaborazione e delle sinergie possibili, il migliore utilizzo delle risorse umane e degli strumenti analitici, statistici ed informatici, la disseminazione di sperimentazioni diffuse sul territorio, la circolazione delle migliori esperienze e pratiche professionali.
Il disegno di legge su «Costituzione dell'ufficio per il processo e riordino dell'inquadramento del personale dell'amministrazione giudiziaria», sviluppato in un'ottica di dialogo con gli operatori del settore e di concertazione con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, si propone come intervento normativo quadro di definizione dei principi generali della riorganizzazione. L'ufficio per il processo garantisce il compimento, debitamente monitorato, delle attività correlate all'attività giurisdizionale, consentendo anche l'occasione, senza oneri per l'amministrazione, di svolgimento presso di esso di attività di tirocinio legale da parte di giovani che vi intendono partecipare.
L'istituzione dell'ufficio per il processo è accompagnata da uno specifico percorso di valorizzazione del personale, di ridefinizione delle mansioni, di ricollocazione nei rispettivi inquadramenti, anche in relazione al forte impulso che viene impresso al processo telematico.
A questo proposito, devo dire che siamo arrivati ad un punto cruciale che ci consentirà il passaggio, al tempo stesso, dal supporto cartaceo al collegamento in rete, per arrivare - appunto - al processo telematico.
L'informatizzazione degli uffici giudiziari può realizzare un salto di qualità mettendo a frutto la sperimentazione di progetti che sono stati condotti, sino ad oggi, dal Ministero negli uffici giudiziari. La nostra intenzione è di far divenire le esperienze virtuose, condotte in molti uffici da punte di eccellenza, in realtà di nicchia, a quotidianità di tutti gli uffici. La prima dimostrazione di ciò che è stata la partenza, nello scorso dicembre, del decreto ingiuntivo telematico con valore legale presso il tribunale di Milano. È nostra intenzione, adesso, che venga esteso in tutte le altre sedi. L'obiettivo è di realizzare, entro il 2010, decreti ingiuntivi, notifiche ai legali, processo previdenziale e processo esecutivo in via telematica e con valore legale in tutti gli uffici giudiziari.
La realtà più complessa ed articolata del processo penale non ha, per ora, consentito la diffusione così ampia del processo telematico, ma sono in corso sperimentazioni, in particolare per la dematerializzazione Pag. 11e facile consultazione degli atti depositati, ai sensi dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale, per la realizzazione della banca dati delle misure cautelari, per il sistema informativo dell'esecuzione penale e per il sistema informativo delle misure di prevenzione personali e reali (beni confiscati alla criminalità organizzata).
La riforma organizzativa è, altresì, diretta alla semplificazione delle attività di pagamento di contributi, diritti e spese processuali ed alla razionalizzazione della gestione delle somme confluenti nei depositi giudiziari. Tutto ciò nel quadro di uno sforzo più generale che la mia amministrazione sta assicurando per il contenimento e la razionalizzazione delle spese.
In particolare, sul tema delle intercettazioni telefoniche appare ineludibile una concorde azione del Governo - e spero del Parlamento - per modificare sostanzialmente le prestazioni obbligatorie dei gestori di telefonia e correggere, anche per il passato, evidenti distorsioni nei meccanismi e risultati di spesa. La spesa per le intercettazioni telefoniche e ambientali, infatti, è elevatissima. Nel quadriennio 2003-2006, il costo globale è stato di circa 1 miliardo e 300 mila euro e, in tale somma, non è compreso il costo delle trascrizioni. Tali costi sono il risultato di una gestione non centralizzata e del tutto irrazionale, assolutamente non governata, nello scorso quinquennio, dall'amministrazione centrale. I contratti di nolo degli apparati su base circoscrizionale registrano un'altissima variazione dei costi da sede a sede (il ventaglio di costi va da 1 a 18). Inoltre, dovrà essere rivista la base di costo fissato con i gestori di telefonia obbligati per legge a fornire la prestazione.
Nel disegno di legge in discussione presso la Commissione giustizia della Camera è prevista una radicale trasformazione del sistema, privilegiando la riduzione dei centri di ascolto e l'acquisto degli apparati anche con il sistema della locazione finanziaria. I centri di intercettazione saranno istituiti su base distrettuale in numero di 26 strutture rispetto alle 166 che esistono attualmente. Da qui, evidentemente giunge l'inflazione che porta a questa cifra esagerata. Voglio chiarire che, ogni qual volta si tocca il tema delle intercettazioni, sembra che si intervenga per dire che non si voglia compiere investigazioni; anzi, in realtà, proprio per garantire un'investigazione più corretta, seria e serena, bisogna che ci sia una disponibilità di risorse che non sia quella per la quale ho illustrato in questo momento una particolarità che mi sembra francamente eccessiva.
Il costo per spese di investimento, cablaggio, misure di sicurezza dei locali, postazioni informatiche, acquisto di software, manutenzione è stimato in 19.292.500 euro. All'evidenza è possibile un enorme recupero di risorse (da oltre 300 a circa 20 milioni per anno). Ma ciò che mi sembra cruciale è che vengono pienamente tutelati la sovranità ed il pieno controllo dell'autorità giudiziaria sul dato investigativo, garantendo concretamente l'accessibilità ad uno strumento di indagine insostituibile nelle indagini più complesse e delicate.
L'efficacia delle nuove norme processuali e organizzative si confronterà, però, con uno spaventoso arretrato, per il quale vanno realizzati interventi straordinari di abbattimento. Per il civile, è possibile procedere con meccanismi di stralcio per la rapida evasione di tutte quelle cause rimaste prive di sufficiente trattazione probatoria che abbiano superato o stiano per superare gli standard di ragionevole durata determinati dalla giurisprudenza della Corte europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo. Questa misura straordinaria necessita, per raggiungere rapidamente gli obiettivi di azzeramento dell'arretrato, del reclutamento e della retribuzione di magistrati onorari in ragione di ogni sentenza prodotta. Solo così si garantisce che la retribuzione sia direttamente collegata al risultato, evitando, al contempo, future rivendicazioni di stabilizzazione.Pag. 12
Per i processi penali, invece, l'unica misura allo stato possibile è una norma transitoria che consenta l'applicazione del patteggiamento per reati coperti da indulto con una deroga agli attuali sbarramenti temporali. Si impongono, inoltre, in coerenza con gli impegni di programma, le modifiche radicali agli interventi normativi cosiddetti ad personam, in primo luogo in materia di falso in bilancio.
Onorevoli colleghi, signor Presidente, questo è il progetto che ho in mente - e spero che non sia soltanto nella mia mente - per riannodare, in tempi rapidi, il rapporto di fiducia tra giustizia e cittadini, con l'apporto e la correlazione tra maggioranza e opposizione. Ogni singolo intervento mi sembra coerente con un disegno globale della giurisdizione fedele al dettato costituzionale ed insieme innovativo quanto a strutture processuali, modelli ordinamentali e forme di organizzazione dell'attività amministrativa.
Processi più rapidi giovano a tutti i soggetti coinvolti, trasformando garanzie scritte sulla carta in tutela effettiva della persona (peraltro, una giustizia che si muove con ritardo crea problemi all'economia ed allo sviluppo), giovano all'intero paese, del quale la giustizia costituisce un fattore essenziale di sicurezza e di competitività.
Tra il progetto e la sua solidificazione in norma, sono essenziali - questa è la ragione della mia presenza - il ruolo del Parlamento ed un aperto dibattito con la società civile.
Tra la norma e la sua applicazione concreta esistono, però, talvolta, lo spessore di resistenze psicologiche ed il peso di radicate abitudini professionali, del tipo: chi te lo fa fare? È impossibile! È un'impresa disperata!
La decisiva importanza della giustizia per la democrazia impone a tutti noi un impegno coerente e coeso.
Tale è il mio impegno. Spero anche che sia l'impegno del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, La Rosa nel Pugno, Verdi e Popolari-Udeur).