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Allegato B
Seduta n. 205 del 17/9/2007
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SALUTE
Interrogazione a risposta orale:
TURCO, D'ELIA, BELTRANDI, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il cosiddetto «pacchetto Bersani» sulle liberalizzazioni approvato con il decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006 e definitivamente convertito dalla legge n. 248 del 4 agosto 2006, prevede il via libera alla vendita dei farmaci - se non soggetti a prescrizione medica - nei supermercati e in tutti gli esercizi commerciali (esclusi gli alimentari). Unico vincolo: la presenza di un laureato in farmacia;
sono state molteplici negli ultimi dieci anni le segnalazioni al Parlamento e al Governo dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato in materia;
già nella segnalazione n. 144 dell'11 giugno 1998 l'Autorità sosteneva che l'eliminazione del monopolio delle farmacie sui medicinali senza l'obbligo di prescrizione medica e la conseguente possibilità di acquistarli anche presso altri canali, sarebbe di tutto vantaggio per il consumatore in termini di migliore servizio e di più basso prezzo, così come accade in vari Paesi europei;
inoltre, l'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato ha espresso un giudizio negativo sia sul contingentamento numerico delle farmacie sia sulla regolamentazione relativa ai vincoli di orari, turni e ferie;
in linea generale, l'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, nel corso dell'audizione parlamentare sulla riforma delle professioni dell'8 marzo 2007, ha ricordato che: «Una delle più gravi restrizioni esistenti nell'attuale disciplina delle professioni è la limitazione numerica degli accessi prevista per alcune professioni (notai e farmacisti titolari). Sarebbe opportuno affermare la regola generale per cui l'accesso ad una professione e, dunque, la possibilità di prestare i relativi servizi, sono liberi in linea di principio, salve le ipotesi in cui dimostrate esigenze di tutela di interessi generali richiedano che siano stabiliti particolari requisiti di ordine morale e/o tecnico. L'opportunità di inserire tali requisiti, ad opera del legislatore delegato e solo dopo le analisi che si stanno descrivendo, dovrebbe essere valutata alla luce di effettive e dimostrate esigenze di interesse generale, non altrimenti perseguibili»;
«a tale scopo, continua l'Autorità, si potrebbe ipotizzare la necessità di una valutazione di adeguatezza e proporzionalità che prenda in considerazione anche la cosiddetta ipotesi zero, cioè l'eventualità di non imporre, in relazione a determinati servizi, l'obbligatorietà di alcun requisito, lasciando la selezione dei professionisti migliori alle normali dinamiche di mercato e la tutela degli utenti e dei consumatori alle ordinarie regole in tema di responsabilità contrattuale. Sarebbe opportuno prendere in seria considerazione l'eventualità di eliminare tali restrizioni, la cui esistenza, come attualmente
disciplinata, non sembra funzionale alla protezione di alcun interesse generale»;
inoltre, con una segnalazione approvata il 3 agosto 2007, l'Antitrust torna ad evidenziare le difficoltà che sta incontrando la riforma del settore, sia per quanto riguarda la possibilità di aprire punti vendita di farmaci da banco da parte di società di farmacisti sia per quanto riguarda i nomi e i simboli che possono essere utilizzati in tali punti vendita;
sulla prima questione, l'Antitrust sottolinea «la necessità di chiarire in via normativa che la possibilità di aprire punti vendita di farmaci da banco vale non solo per i farmacisti ma anche per le società di farmacisti. Infatti, mentre ai singoli farmacisti è consentito di essere titolari sia di farmacie che dei nuovi esercizi (ovvero di prestare la propria attività presso entrambe le tipologie di esercizi) la stessa opportunità sembrerebbe essere preclusa alle società di farmacie. L'Autorità auspica pertanto un intervento normativo che scongiuri ogni discriminazione tra le prerogative riconosciute ai singoli farmacisti e quelle spettanti alle società di farmacie. In questo modo, le opportunità imprenditoriali offerte dalle nuove norme potrebbero essere prese in considerazione anche dalle società di farmacie con conseguenti vantaggi per il dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali nel settore, anche in termini di prezzi offerti agli utenti»;
sulla seconda questione, relativa ai nomi e ai simboli che possono essere utilizzati dai negozi che vendono farmaci da banco, la circolare del Ministero della salute 3 ottobre 2006, n. 3, all'articolo 9 (Insegna), dispone che: «In ogni caso non dovranno essere utilizzate denominazioni e simboli che possano indurre il cliente a ritenere che si tratti di una farmacia. Può essere consentito l'uso della denominazione "Parafarmacia"...»;
l'Antitrust segnala invece che: «In questo modo, si vincola ingiustificatamente la libertà di scelta economica dei farmacisti che intendano avvalersi appieno delle opportunità loro offerte dal nuovo contesto normativo. In questa fase di evoluzione del settore della vendita di farmaci SOP e OTC, i nuovi operatori, secondo l'Antitrust, devono esser messi in condizione di sfruttare le leve concorrenziali disponibili, incluse quelle relative alla promozione della propria attività tramite insegne e simboli. Gli utenti devono in sostanza sapere che in quei negozi c'è un farmacista e si vendono farmaci da banco»;
per quanto riguarda le restrizioni determinate dal contingentamento definito sulla base dell'attuale pianta organica, gli effetti sono i seguenti:
a) circa l'80 per cento dei comuni italiani, pari al 27 per cento della popolazione, ha a disposizione una sola farmacia: in questo quadro assume il rilievo di vero scandalo la presenza di comuni che, con una popolazione di 8.000, 9.000, 10.000 ed anche di 16.000 abitanti, hanno una sola farmacia;
b) circa il 37 per cento dei comuni italiani con popolazione fino a 2.000 abitanti non dispone di una farmacia;
c) nei comuni che hanno una popolazione oltre i 5.000 abitanti (complessivamente 48.317.509 abitanti pari all'83 per cento della popolazione nazionale) si ha mediamente una farmacia ogni 3.950 abitanti, mentre lo stesso rapporto calcolato sui paesi europei più vicini al nostro, per legislazione e tenore di vita (Germania, Francia, Spagna, Belgio), assume il valore di 2.770 abitanti per farmacia;
d) le nuove farmacie aperte da gennaio 2005 a giugno 2007 sono state 125; nel frattempo sono state chiuse 29 farmacie, con un rapporto di crescita complessivo pari allo 0,5 per cento;
i dati sopra riportati, che sintetizzano la distribuzione delle farmacie sul territorio, evidenziano l'estrema precarietà con cui il servizio farmaceutico
viene fornito alla popolazione italiana e, quindi, ancor di più preoccupa la missione di «Presidio sanitario» che il Ministero della salute vorrebbe assegnare a queste strutture, perché si verrebbero a privilegiare i comuni dove con ogni probabilità detti servizi sono già operati dalle ordinarie strutture sanitarie mentre i piccoli comuni sarebbero per gli interroganti come al solito sacrificati sull'altare di interessi corporativi di categoria;
con riferimento alla predeterminazione del numero delle farmacie attualmente operata dai comuni in applicazione della legge 8 novembre 1991, n. 362 e alla prerogativa per la quale, secondo l'articolo 10 della stessa legge «la titolarità delle farmacie che si rendono vacanti o di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per la metà dal comune», è accaduto che le assegnazioni di nuove farmacie negli ultimi due anni (gennaio 2005-giugno 2007) sono avvenute al 40 per cento a beneficio dei comuni (50 delle 125 complessive) mentre fino al gennaio 2005 tale rapporto era fissato all'8 per cento;
in ultima analisi, i comuni stanno facendo ricorso alla leva imprenditoriale per far fronte alle esigenze di cassa, togliendo al mercato e all'iniziativa privata le opportunità di fare impresa e, fatto ancora più grave, coprendo il Comune al tempo stesso funzioni determinanti per il rilascio di una nuova concessione (in quanto detta le regole per l'apertura di una nuova farmacia) e di beneficiario della concessione stessa;
dopo aver contestato aspramente il decreto-legge, i farmacisti titolari di farmacie private cominciano a sfruttare le opportunità offerte da una legge meno vincolante anche per la loro attività, tant'è che alcuni tra questi hanno deciso di aprire una parafarmacia;
la maggior parte delle argomentazioni giuridiche, economiche e sanitarie addotte a proposito dei farmaci da banco (SOP-OTC), ha una logica e naturale estensione agli altri comparti («A» e «C-OP»), fermo restando che il farmaco con obbligo di prescrizione deve essere commercializzato da un farmacista abilitato, l'unico a cui si può affidare il consulto al cliente-paziente;
la Commissione europea ha già esplicitato il suo indirizzo (confronta i casi di Spagna e Austria) su alcuni snodi cruciali della regolazione del sistema delle farmacie, in particolare per quanto riguarda: la pianta organica; la sovrapposizione di diritto di proprietà e diritto di esercizio; l'uniformità nazionale del prezzo al consumo per i farmaci «A» e «C-OP» (impossibilità di sconti); il margine di ricavo ex lege in fascia «A»; il margine di ricavo sugli «C-OP» che, pur libero, risente dell'assetto chiuso e corporativistico della distribuzione al dettaglio (monopsonista & monopolista assieme) -:
se la circolare del Ministero della salute, relativa ai nomi e ai simboli che possono essere utilizzati dai negozi che vendono farmaci da banco, verrà modificata come richiesto dall'Antitrust;
se le norme riguardanti il contingentamento numerico delle farmacie, la sovrapposizione di diritto di proprietà e diritto di esercizio e altri punti cruciali della regolazione del sistema delle farmacie verranno adeguati secondo gli indirizzi della Commissione europea e dell'Antitrust;
se non ritenga opportuno riformare l'articolo 10 della legge 8 novembre 1991, n. 362 la cui applicazione ha dato luogo, per gli interroganti, ad una distorsione del mercato in quanto i comuni sono allo stesso tempo concedenti e beneficiari della concessione per l'assegnazione delle nuove farmacie togliendo al mercato ed all'iniziativa privata l'opportunità di fare impresa.
(3-01218)
Interrogazioni a risposta scritta:
MIGLIORE, DIOGUARDI, CARUSO e SMERIGLIO. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 una commissione interministeriale
giustizia-salute ha proposto una riduzione del numero degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e degli internati in essi rinchiusi e la creazione di istituti specializzati idonei alla cura del malato mentale a basso regime detentivo per reati minori;
nel 2007 il Ministro della salute ha avviato un percorso di «ricerca, promozione e tutela della salute mentale» che dovrebbe concludersi con una rapporto da presentare entro il prossimo ottobre;
a seguito di numerose inchieste giornalistiche apparse sulla stampa nazionale nei mesi scorsi in merito alle condizioni di invivibilità nei 6 ospedali psichiatrici giudiziari esistenti e in virtù dell'alto numero di suicidi e di tentati suicidi avvenuti negli ultimi 2 anni, il Ministro della salute ha annunciato un provvedimento legislativo per il superamento di queste strutture, dove, peraltro, sono ancora ricoverate più di 1.000 persone;
il Ministro della giustizia ed il Ministro della salute, affermano che «il problema della condizione e dei ruoli degli ospedali psichiatrici giudiziari necessita di iniziative adeguate ad affrontare una situazione che è grave ormai da molto tempo»;
nonostante le numerose dichiarazioni dei direttori degli OPG favorevoli al superamento delle strutture che dirigono, nonostante le tante battaglie portate avanti dalle diverse associazioni, dagli stessi familiari dei pazienti, dal Forum nazionale salute mentale per bloccare drasticamente gli ingressi in OPG e per impedire la apertura di nuovi istituti in Sardegna, in Calabria e l'apertura di nuovi reparti come quello femminile a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), la situazione è comunque notevolmente peggiorata;
le sentenze della Corte costituzionale sono state disattese;
le misure di sicurezza provvisorie si traducono nella quasi totalità dei casi in ricoveri presso gli OPG con tempi indefiniti e lunghi prima della definizione della posizione giuridica dei soggetti;
piuttosto che l'affidamento ai dipartimenti di salute mentale di provenienza si preferisce la via più breve del ricovero in OPG direttamente dai territori;
si assiste ad un pericoloso e complesso stato di sovraffollamento degli istituti;
il sovraffollamento degli OPG, come ad esempio quello di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) comporta un aumento di aggressioni, di tentati suicidi, dell'uso del letto di contenzione;
la sommissione istituita dal Ministero della salute, dopo aver visitato gli OPG, sta oggi attuando la chiusura di alcuni di loro. Queste chiusure comportano nuovi gravi disagi giacché gli internati vengono «deportati» verso quegli OPG ancora in funzione;
l'OPG di Barcellona (Messina) ha assistito in pochi giorni ad un rischioso sovraffollamento, arrivando a 237 internati a fronte di 216 posti letto disponibili (oltre alla costituzione del reparto femminile); per ovviare a tale sovraffollamento la direzione ha deciso di intervenire con palliativi del tutto inadeguati come, ad esempio, la deportazione di soggetti condannati e che si trovano in queste strutture per sopraggiungimento di malattia mentale durante la detenzione in carcere. Questi interventi peggiorano ulteriormente la situazione giacché i suddetti soggetti vengono riammessi nel circuito carcerario senza adeguate perizie che possano costatare un'eventuale guarigione;
la situazione sopra esposta penalizza fortemente la qualità della vita dei pazienti che vengono sottoposti in questo modo ad una continua condizione di emarginazione, umiliazione e precarietà -:
quali provvedimenti intenda mettere in atto affinché le chiusure di tutti gli OPG vengano effettuate solo dopo aver predisposto strutture alternative e adeguate per i pazienti;
quali iniziative intenda mettere in atto onde evitare il verificarsi di trasferimenti che avvengono in maniera del tutto arbitraria e privi di un qualunque senso di umanità;
se non ritenga opportuno attivarsi per produrre una modifica legislativa che tuteli il diritto alla salute e che rispetti la dignità dei pazienti citati in premessa.
(4-04816)
MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
gli organi di informazione hanno riportato la notizia che nell'ambito del Laboratorio di Biotecnologie di Pentima a Terni - previsto dal Protocollo d'Intesa, firmato dalla Regione dell'Umbria, dall'Università di Perugia, dalla Città di Terni e dall'Isrim (Istituto Superiore di Ricerca e Formazione sui Materiali Speciali per le Tecnologie Avanzate e per l'Ambiente) - sembra sia inclusa l'apertura di un nuovo grande stabulario in grado di contenere, fra gli animali destinati alla sperimentazione, anche primati;
le notizie diffuse hanno destato viva preoccupazione non solo nell'ambito di chi ha a cuore la tutela di tutti gli esseri senzienti ma, anche e soprattutto in chi ha a cuore lo sviluppo scientifico;
il 6 settembre 2007 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che impegna gli Stati membri a superare l'uso di primati non umani a fini sperimentali, in vista della revisione della direttiva europea 86/609 che regola la sperimentazione animale;
il rapporto intitolato «la Tossicologia nel XXI secolo» elaborato dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per la «Academy of Science» statunitense, su richiesta dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente (EPA) ha sancito che: «Le valutazioni di tossicità passeranno da un sistema basato sullo studio dell'animale intero ad un sistema basato principalmente sugli studi in vitro, che usano cellule o linee cellulari, preferibilmente di origine umana, e rendono possibile l'interpretazione dei processi biologici, grazie ai progressi della tossicogenomica, bioinformatica, biologia sistemica, epigenetica e tossicologia computazionale»;
le riviste più accreditate del mondo scientifico (quali Nature, British Medical Journal, New Scientist, The Scientist, Scientific American, e per l'Italia Sapere, Biologi Italiani, eccetera), oltre a mettere in discussione il «modello animale» avevano indicato le mille nuove strade che si sarebbero aperte con i progressi della genetica e della biologia, se si fosse superato quel vecchio paradigma;
istituire oggi un nuovo impianto di ricerca con uso di animali, significa:
a) ignorare il dibattito che si è finalmente aperto sulla validità scientifica del metodo di sperimentazione animale;
b) non tenere in alcun conto il dibattito scientifico che si è finalmente aperto in riferimento alla validità ed opportunità della sperimentazione su animali;
c) non tenere in alcun conto gli sforzi degli stessi ricercatori nello sviluppare metodologie innovative che non ne fanno uso;
d) non prendere atto che recentemente il Consiglio nazionale delle ricerche USA ha riconosciuto la fallacità del metodo della vivisezione e l'urgenza di sostituirlo con i ben più scientifici metodi moderni, quali ad esempio la tossicogenomica;
e) non considerare l'opinione, il lavoro, l'indirizzo, i risultati di un numero sempre crescente di scienziati, né delle pubblicazioni scientifiche che dimostrano la fallacia del modello animale in ogni campo della ricerca;
f) non considerare la quantità di test senza uso di animali che l'ECVAM - il Centro europeo per la validazione dei metodi alternativi che opera per conto
dell'Unione europea e che ha sede proprio in Italia, a Ispra (Varese) - aggiunge periodicamente a quelli già esistenti e convalidati per quanto riguarda l'immissione in commercio di farmaci, cosmetici, conservanti alimentari, disinfettanti, pesticidi, materie plastiche, coloranti, ed altro ancora;
la ricerca scientifica ha dovuto registrare un elevato numero di gravi errori e di prolungati ritardi causati dalla ricerca sugli animali e ogni anno le industrie farmaceutiche sono costrette a ritirare dal mercato farmaci che, provenienti dalla vivisezione e testati clinicamente sull'uomo, risultano, per quest'ultimo, inutili, irreversibilmente dannosi quando non addirittura mortali;
il programma di Governo della coalizione di centrosinistra, in merito all'utilizzo di animali nella ricerca, a pagina 153 recita: «[...] in linea con la normativa ed alla luce dei più recenti studi scientifici in materia, occorre promuovere e favorire la ricerca effettuata con metodi alternativi all'utilizzo degli animali e progressivamente abolire la ricerca e la sperimentazione che ne faccia uso [...]» -:
se le suddette informazioni relative alla realizzazione di uno stabulario nel Laboratorio di Biotecnologie di Pentima a Terni corrispondano al vero;
nel caso di risposta affermativa, se il Governo non intenda intervenire con urgenza ai sensi del decreto legislativo n. 116 del 1992 affinché nella citata struttura si perseguano esclusivamente tecniche sostitutive della vivisezione.
(4-04817)
DATO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - Premesso che:
una emittente locale ha dato notizia in un dettagliato servizio televisivo che il Direttore Generale della Azienda Ospedaliera Garibaldi di Catania ha riconfermato per il terzo anno la convenzione con la società Catania Calcio S.p.A. in forza del quale i tesserati di tale società vengono affrancati dalle lunghe liste di attesa che tutti gli altri cittadini devono rispettare prima di ottenere i servizi sanitari di cui necessitano;
la inquientante notizia, emersa solo ora grazie al servizio televisivo, se confermata anche solo parzialmente nei fatti, rappresenta, prima ancora che un grave dispregio a qualsiasi principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini, un illegittimo vantaggio, pubblicitario e quindi economico, fornito da un Ente Ospedaliero ad un impresa commerciale quale la S.p.A. Catania Calcio -:
se il Ministro della salute intenda attivare opportune ispezioni che accertino previa verifica della reale esistenza della convenzione e dei termini della stessa per quanto tempo ed in quale numero siano state eluse le normali procedure di attesa da rispettare presso la Azienda Ospedaliera Garibaldi di Catania a beneficio di abbonati, tesserati o calciatori della S.p.A. Catania Calcio; se siano stati pagati regolarmente i tickets sanitari da parte degli stessi soggetti ingiustamente avvantaggiati insieme alla società cui aderiscono e se sia emerso un eventuale danno erariale da segnalare alla competente Procura della Corte dei Conti.
(4-04823)