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Saluto del Presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti


Sala del Mappamondo, 12 luglio 2007

Saluto la Presidente della Commissione per le politiche dell'Unione europea, Franca Bimbi. La ringrazio in particolare per aver promosso questa occasione di approfondimento che - nella contestuale ricorrenza del cinquantesimo dei Trattati di Roma e dell'Anno europeo delle pari opportunità per tutti - consente di ribadire una volta ancora come la parità e la non discriminazione siano parte integrante dei valori fondamentali e inderogabili del disegno di unificazione europea.

Saluto e ringrazio con lei i colleghi deputati che, nell'ambito di un apposito gruppo di lavoro, hanno contribuito alla realizzazione del seminario odierno; gli autorevoli oratori che introdurranno ai temi delle singole sessioni; le altre autorità presenti e tutti gli intervenuti.

Le vicende del cammino compiuto dal tema dell'uguaglianza di genere nei cinquanta anni trascorsi dai Trattati di Roma e lo stato che ne segna la fase presente esprimono in modo particolarmente significativo la condizione di incertezza in cui versa il progetto di un'unica Europa politica.

Anche in un ambito così rilevante, registriamo infatti uno scarto tra il piano della forma - quello delle dichiarazioni di intento, dei processi decisionali interni alle Istituzioni, della regolazione normativa dei fenomeni - ed il piano della sostanza: il piano cioè dei risultati conseguiti in concreto nella realizzazione di una struttura sociale coerente con le premesse ideali, sociali e culturali di quei processi.

Non vi è dubbio che l'uguaglianza di genere abbia costantemente rappresentato un punto di riferimento nelle politiche europee, ispirate al rispetto della parità tra uomini e donne in tutti i settori dell'ordinamento comunitario. Le testimonianze sono numerose e tutte nella medesima direzione.

Il Trattato istitutivo della Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam, afferma in modo chiaro ed inequivocabile che l'azione della Comunità deve tendere ad eliminare le disuguaglianze, promuovendo la parità fra uomini e donne.

La Corte di Giustizia ha a sua volta affermato che "il diritto di non essere discriminati in ragione del proprio sesso costituisce uno dei diritti fondamentali della persona umana" di cui è necessario garantire l'osservanza. Il divieto di qualsiasi forma di discriminazione, in particolare fondata sul sesso o sulle tendenze sessuali, e il dovere di garantire la parità fra uomini e donne in tutti i campi sono stati ribaditi dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza nel dicembre del 2000.

Le disposizioni sociali del Trattato CE prescrivono agli Stati membri di assicurare l'applicazione del principio dell'eguale retribuzione per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, ai lavoratori di sesso maschile e a quelli di sesso femminile. I principi generali contenuti nei trattati hanno infine informato una serie articolata di atti normativi, volti a promuovere la parità di genere nei vari settori dell'ordinamento comunitario.

Ciò nonostante - ed in questo emerge con grande evidenza la contraddizione di fondo in cui si dibatte tuttora il disegno europeo - tutti i settori della vita pubblica continuano a risentire della disparità di trattamento tra uomini e donne. Gli esempi non mancano.

Sul tema centrale del superamento delle difficoltà, a volte drammatiche, nella possibilità di conciliare lavoro e vita familiare, le donne restano le prime vittime della mancanza di armonia tra i tempi del lavoro e i tempi della vita privata. In base ai dati forniti da Eurostat, risulta che il tasso di occupazione femminile scende del 4 per cento con la nascita del primo figlio, fino a ridursi al 25 per cento in presenza di tre figli. Questi dati risultano tanto più allarmanti se si considera che l'Europa invecchia - tra l'altro - anche a causa del calo demografico.

Più in generale, nella società civile persistono corpose resistenze al conseguimento dell'uguaglianza e le dure conseguenze delle culture patriarcali pesano ancora diffusamente.

Su un altro terreno, persiste una costante sottorappresentazione delle donne in tutti i processi decisionali: per limitarsi alle Istituzioni europee, le donne costituiscono il 30 per cento dei parlamentari europei ed il 23 per cento dei commissari europei. Nelle cinquanta maggiori imprese attive sul mercato, solo il 3,8 per cento delle donne svolge ruoli di rilievo nell'ambito dei processi decisionali.

Queste cifre, evidentemente al di sotto di ogni attesa, rivelano al proprio fondo un consistente deficit di democrazia dell'Unione europea, che impone l'adozione di interventi - a livello sia comunitario sia nazionale - in grado di restituire efficacia alle politiche di genere.

Ogni politica di genere suggerisce la necessità di essere declinata all'interno di un progetto nuovo e complessivo di società, nel contesto cioè della ricerca di un nuovo modello sociale europeo, che resta a tutt'oggi il vero nodo irrisolto della questione europea ed un obiettivo non conseguito, che necessita di uno sforzo supplementare di elaborazione politica e culturale.

Per altro, proprio sul terreno delle politiche di genere può essere messa proficuamente alla prova la capacità di riavviare su basi più solide il cammino dell'Europa. Su quel terreno convergono infatti le istanze del valore del lavoro, della partecipazione democratica, della costruzione di un'identità plurale ed aperta, in grado di mettere a valore le diversità e di realizzare coesione ed inclusione.

Si tratta dunque di un orizzonte di intervento vasto e articolato, che richiede la riaffermazione dell'autonomia della politica rispetto alle dinamiche dei mercati globali - da cui anche l'Europa è profondamente segnata - recuperando la capacità di orientamento dei processi e dei mutamenti che della politica costituisce la ragione d'essere.

In questa direzione, del resto, sembra muoversi la "Tabella di marcia per la parità tra uomini e donne", presentata lo scorso anno dalla Commissione europea, che mira a rilanciare l'impulso politico complessivo dell'Unione europea e degli Stati membri con l'intento di attribuire alle politiche di genere una metodologia efficace e coerente in tutti i settori dell'ordinamento comunitario e che potrebbe rivelarsi uno strumento importante per mettere in moto un ampio processo di partecipazione dei popoli e dei cittadini.

Sono convinto che i lavori odierni apporteranno un contributo significativo al proseguimento di un percorso così rilevante, che mette in gioco non solo la dignità della donna ed il suo ruolo, ma più in generale i valori costitutivi della società del nostro tempo.

Nel rinnovare il mio saluto e la mia gratitudine a voi tutti qui presenti, cedo la parola alla Presidente della XIV Commissione della Camera dei deputati, Franca Bimbi.

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