Iniziative in materia di grazia e amnistia

Nel corso della XIV legislatura le Camere hanno esaminato alcuni provvedimenti relativi agli strumenti di clemenza previsti dall’ordinamento – la grazia, l’amnistia e l’indulto – senza tuttavia giungere all’approvazione di nessuno di essi, ad eccezione della L. 207/2003, relativa alla sospensione condizionata della pena (il cosiddetto “indultino”).

L’esame di tali provvedimenti si inserisce nel dibattito apertosi negli ultimi anni in materia, anche in relazione alle parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II nella sua visita al Parlamento italiano il 14 novembre 2002.

 

In questo capitolo verranno esaminate le proposte concernenti l’attuazione dell’art. 87 Cost., sulla concessione della grazia, e la modifica dell’art. 87 Cost. relativa la legge di concessione dell’amnistia e dell’indulto.

Per quanto riguarda la L. 207/2003, si rinvia alla scheda Sospensione dell’esecuzione della pena.

Si rinvia alla scheda Grazia e amnistia – La concessione della grazia per una ricostruzione della disciplina e della procedura di concessione della grazia, nonché degli orientamenti dottrinari anteriori alla pronunzia della Corte costituzionale (v. infra) sul relativo conflitto di attribuzioni.

L’attuazione dell’art. 87 Cost. sulla concessione della grazia

L’istituto della grazia, il cui potere di concessione è attribuito al Presidente della Repubblica dall’art. 87, co. 11°, Cost., è stata oggetto della proposta di legge A.C. 4237, presentata dall’on. Boato e sottoscritta da deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche[1].

La proposta di legge ha avuto un iter travagliato, che si è concluso con il suo rigetto da parte dell’Assemblea della Camera.

 

Il testo originale della proposta è volto a dare attuazione all’art. 87 Cost. abrogando le vigenti disposizioni procedurali in materia, recate dall’art. 681 del codice di procedura penale, e sostituendoli con una nuova disciplina. Il principio alla base della riforma è quello secondo cui spetta esclusivamente al Presidente della Repubblica il potere di iniziativa e di decisione in materia di grazia, potere che – nella prassi – il Capo dello Stato ha in passato condiviso con il ministro della giustizia.

I principali elementi innovativi che la proposta di legge mira ad introdurre sono i seguenti:

§      il Presidente della Repubblica concede la grazia anche in assenza di proposta;

§      il decreto presidenziale di grazia è controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri in luogo del ministro della giustizia;

§      le informazioni necessarie ai fini dell’esercizio del potere presidenziale sono raccolte dal ministro della giustizia su richiesta del Capo dello Stato, e a questi trasmesse in via riservata.

 

Nel corso dell’esame in sede referente presso la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera, il testo originario della proposta di legge è stato profondamente cambiato, pur mantenendo fermi alcuni dei motivi ispiratori, tra cui la centralità del ruolo del Presidente della Repubblica.

Innanzitutto, sul piano sistematico si è ricondotto la disciplina della materia nell’ambito del procedimento penale codificato, modificando l’art. 681 c.p.p. (mentre la proposta Boato prevedeva la sua abrogazione e sostituzione con una norma speciale).

In conseguenza della reviviscenza dell’art. 681, viene ristabilita una serie di passaggi procedurali connessi alla grazia, tra cui la presentazione della richiesta da parte del condannato, condizione assente nel testo della proposta originaria.

Viene, inoltre, ripristinata la controfirma del Ministro della giustizia, in quanto la Commissione ha ritenuto la controfirma del Presidente del Consiglio in radicale contraddizione con il dettato costituzionale. Infatti, l’art. 89, primo comma, Cost., richiede, ai fini della validità degli atti presidenziali, la controfirma del ministro proponente (e per gli atti sostanzialmente presidenziali, il termine “proponente” è stato sempre inteso come “competente”). La controfirma del Presidente del Consiglio dei ministri è bensì prevista, dal secondo comma dello stesso art. 89, per gli atti legislativi e per “gli altri [atti] indicati dalla legge”, ma in aggiunta (e non in sostituzione) a quella del ministro competente per materia[2].

Rimane l’affermazione del potere del Presidente della Repubblica, ma mentre il testo originale prevedeva espressamente che il Capo dello Stato “concede la grazia e commuta le pene, anche in assenza di domanda e proposta”, il nuovo testo dispone genericamente un potere di iniziativa autonomo del Presidente della Repubblica, sufficiente ad avviare il procedimento della concessione della grazia. Procedimento che viene rinnovato rispetto a quello del vigente art. 681 c.p.p. semplificandolo e rendendolo più celere.

 

Al momento del passaggio in Assemblea, sono emerse forti contrarietà al provvedimento nel suo complesso che hanno portato all’approvazione di alcuni emendamenti che ne hanno radicalmente mutato il contenuto, tanto da spingere alcuni dei presentatori della proposta di legge a ritirare la propria firma.

In particolare, tale cambiamento è il risultato del combinato disposto di due proposte emendative: l’una volta a riaffermare il potere di proposta del ministro della giustizia, l’altra che elimina la possibilità di iniziativa del Presidente della Repubblica.

Infine, l’Assemblea ha respinto l’articolo unico della proposta di legge che quindi, come da prassi, è stata considerata respinta nel suo complesso (Camera dei deputati, seduta 440 del 17 marzo 2004).

La riforma dell’art. 89 Cost. nel progetto di revisione costituzionale

Lo stesso giorno in cui la Camera respingeva la proposta di legge di attuazione dell’art. 87 Cost., veniva approvato l’art. 24 del disegno di legge di riforma della parte II della Costituzione, in quel momento in corso di esame in prima lettura al Senato (A.S. 2544, A.C. 4862; sul disegno di legge, v. capitolo Riforma dell’ordinamento della Repubblica).

L’art. 24 (corrispondente all’art. 21 del testo originale) nel riformulare l’art. 89 Cost., annovera la concessione della grazia tra gli atti presidenziali per i quali non è richiesta né la proposta, né la controfirma ministeriale, accanto ad altri atti quali i messaggi alle Camere, lo scioglimento della Camera dei deputati e gli atti di nomina (dei senatori a vita, dei giudici costituzionali ecc.)

Successivamente, la Camera dei deputati ha respinto l’art. 24 (seduta del 12 ottobre 2004) ripristinando il contenuto vigente dell’art. 89 Cost. che prevede la controfirma di tutti gli atti presidenziali. Il dibattito che ha preceduto il voto si è concentrato proprio sul potere di concessione della grazia e alcuni degli oratori intervenuti hanno espresso la loro perplessità nella soppressione della controfirma ministeriale sui provvedimenti di grazia.

Il conflitto di attribuzioni tra il Presidente della Repubblica e il ministro della giustizia

Le vicende parlamentari sopra sommariamente descritte sono da leggersi anche in connessione con il conflitto che ha visto opposti il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e il ministro della giustizia Roberto Castelli sul caso della concessione della grazia a Adriano Sofri e Ovidio Bompressi, condannati per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi compiuto a Milano nel 1972.

Il Presidente della Repubblica, dopo aver esaminato la documentazione risultante dall’istruttoria relativa alla domanda di grazia presentata da Bompressi, nel novembre 2004 comunicava al ministro della giustizia la propria determinazione di concedere la grazia e lo invitava a predisporre il relativo decreto.

In seguito al diniego opposto dal Guardasigilli, che ha ritenuto la richiesta non condivisibile “né sotto il profilo costituzionale, né nel merito”, atteso che la Costituzione porrebbe in capo al Ministro della giustizia la responsabilità di formulare la proposta di grazia, il Capo dello Stato ha promosso un ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

La Corte costituzionale ha accolto il ricorso del Presidente della Repubblica e ha dichiarato che il ministro della giustizia non può impedire la prosecuzione del procedimento per la concessione della grazia. La Corte ha perciò annullato la lettera del Ministro della giustizia del 24 novembre del 2004 (Sentenza 3 – 18 maggio 2006, n. 200).

La modifica dell’art. 79 Cost. in materia di amnistia e indulto

La I Commissione (Affari costituzionali) della Camera ha approvato, nell’ottobre 2002, la proposta di legge costituzionale A.C. 2750 (on. Boato ed altri, sottoscritta da esponenti di quasi tutte le forze politiche) volta a modificare il primo comma dell’articolo 79 Cost.

Tale disposizione, nella riformulazione operata nel 1992, stabilisce che l’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La modifica proposta prevede, invece, che le leggi in questione debbano essere approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera (senza fissare una maggioranza qualificata per l’approvazione di ciascun articolo), atteso che – secondo l’opinione dei proponenti - l’introduzione di un quorum così elevato ha di fatto impedito l’approvazione, dal 1992 ad oggi, di leggi di amnistia o di indulto, nonostante la presentazione di numerose proposte di legge in tal senso.

L’attuale formulazione dell’art. 79 Cost. risulta dalla sostituzione dell’articolo originario operata dall’art. 1 della L.Cost. 1/1992[3]. Il testo dell’articolo approvato dal Costituente e in vigore fino al 21 marzo 1992 era il seguente: “L’amnistia e l’indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere. Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione”[4].

 

La proposta di legge – esaminata congiuntamente alla pdl A.C. 456 (on. Cento) volta a ripristinare l’originario procedimento costituzionale – è stata approvata senza modifiche dalla I Commissione (Affari costituzionali) della Camera il 31 ottobre 2002.

Tuttavia, l’iter parlamentare si è presto interrotto – si è registrata, infatti, una sola seduta dell’Assemblea plenaria[5], in cui si è svolta la discussione generale – a causa del mancato accordo tra le forze politiche sull’opportunità di abbassare il quorum. In particolare, le argomentazioni di coloro che sono stati contrari alla riforma dell’art. 79 Cost. si sono incentrate sulla considerazione dell’attualità dei motivi che avevano portato nel 1992 ad innalzare il quorum: l’esigenza, in primo luogo, di limitare il frequente ricorso a provvedimenti di amnistia e indulto (venti tra il 1948 e il 1991) e, inoltre, l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, con l’introduzione nell’ordinamento di riti alternativi, la cui efficacia sarebbe stata notevolmente affievolita dall’aspettativa di imminenti provvedimenti di clemenza.



[1]     Successivamente all’inizio dell’esame in sede referente, alla proposta di legge A.C. 4237 è stata abbinata quella, dal contenuto analogo, di iniziativa dell’on. Perrotta (A.C. 4590).

[2]     Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’art. 5, co. 1, lett. d), della L. 400/1988, il Presidente del Consiglio dei ministri controfirma:

§       gli atti di promulgazione delle leggi;

§       ogni atto per il quale è intervenuta deliberazione del Consiglio dei ministri;

§       gli atti che hanno valore o forza di legge;

§       insieme con il ministro proponente, gli altri atti indicati dalla legge.

[3]     Legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1, Revisione dell’art. 79 della Costituzione in materia di concessione di amnistia e indulto.

[4]     La Costituzione prevede inoltre che la legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione (art. 79, co. 2°); l’amnistia e l’indulto non possono, tuttavia, applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge (articolo 79, terzo comma).

[5]     Il 18 novembre 2002.