Gli interventi per le calamita’ naturali

Gli interventi d’urgenza per le calamità naturali

L’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente colpiti da disastri naturali. Come risulta da rilevamenti effettuati dalla Commissione europea, il numero di tali eventi, ben 36 di grandi dimensioni negli ultimi cinquant’anni, è superiore al doppio della media degli stessi calcolata nel resto dei Paesi comunitari, pari a 16[1]. Tra questi, ben 15 eventi sono stati causati da alluvioni o gravissimi fenomeno franosi e, nel solo 2003[2], si sono registrati ben 6 terremoti di magnitudo superiore a 4,2.

Queste cifre riguardano solo gli eventi principali, che hanno provocato decine di morti, ma un altro dato caratteristico della situazione italiana è rappresentato anche dalla diffusione enorme di eventi minori, che interessano praticamente tutto il territorio nazionale. Ciò emerge chiaramente dai dati presentati nell’Annuario dei dati ambientali 2004 pubblicato dall’Agenzia Nazionale per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), secondo cui la stima dei danni derivanti da fenomeni alluvionali negli ultimi 15 anni si attesta oltre gli 11 miliardi di euro[3].

Per far fronte a tali emergenze ambientali derivanti da eventi sismici, avversità atmosferiche di qualsiasi natura, quali fenomeni alluvionali, con conseguenti movimenti franosi o dissesti idrogeologici, trombe d’aria, eccezionali ondate di maltempo, eventi meteomarini, eccezionali precipitazioni nevose, gravi fenomeni eruttivi, siccità ed incendi boschivi, ed altre tipologie di emergenze (crolli di edifici) verificatesi nel Nord, Centro e Sud Italia, il Governo ha dichiarato, nel corso della XIV legislatura, circa trecento stati di emergenza, più volte anche prorogati a causa della grave situazione determinatesi nei territori colpiti.

Inoltre, con l’art. 94, comma 4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003) sono state ricomprese tra le calamità naturali anche le ceneri vulcaniche.

 

Giova ricordare che, al verificarsi delle calamità naturali, la normativa vigente prevede l’attivazione di mezzi di intervento straordinari grazie soprattutto all’art. 5 della legge n. 225 del 1992, che dispone che il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, deliberi lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.

Viene quindi disposto che per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla predetta dichiarazione, si provveda, nel quadro delle competenze attribuite a regioni, province e comuni, anche a mezzo di ordinanze d’urgenza in deroga ad ogni disposizione vigente[4]. Tale previsione di poteri straordinari è stata ovviamente indispensabile per potere effettuare gli interventi. Si pensi alle complesse normative sugli appalti pubblici, o alle discipline sul rapporto di lavoro, il cui scrupoloso rispetto avrebbe impedito – in molti casi – ogni intervento, mettendo a rischio la vita e i beni dei cittadini .

Si ricorda che con le ordinanze di urgenza possono anche essere mobilitate risorse finanziarie, a valere su un apposito Fondo (il Fondo per la protezione civile, alimentato annualmente con la legge finanziaria). Per i finanziamenti disposti dalle leggi finanziarie emanate nel corso della XIV legislatura si veda la scheda Calamità naturali - I finanziamenti.

Superata la fase di prima emergenza, cui si fa fronte con le ordinanze che seguono alla dichiarazione dello stato di emergenza, il Governo sulla base dell’accertamento dell’effettiva entità dei danni, di solito provvede anche mediante decreti legge attraverso i quali provvede a destinare nuove risorse finanziarie per fronteggiare le esigenze nel frattempo accertate, connesse alla prosecuzione degli interventi e all’opera di ricostruzione nei territori colpiti.

Ulteriori disposizioni volte ad integrare le somme stanziate dai provvedimenti d’urgenza, nonché a definire misure di carattere organizzativo, possono essere disposte anche con provvedimenti legislativi ordinari, oppure essere inserite durante l’approvazione dell’annuale legge finanziaria, che costituisce lo strumento normativo ordinario per la concessione di ulteriori finanziamenti sulla base della rimodulazione delle somme iscritte in bilancio.

 

Per alcune delle calamità naturali verificatesi nel corso del 2002 e nei primi mesi del 2003 (eruzione vulcanica in Sicilia orientale, terremoto a Campobasso e Foggia, alluvioni nel nord Italia del novembre 2002, ulteriori alluvioni del gennaio 2003 nel centro-sud), successivamente all’attivazione dei meccanismi previsti dalla legislazione vigente per gli interventi di soccorso e prima assistenza, il Governo ha anche emanato lo specifico decreto legge del 7 febbraio 2003, n. 15[5]. Sono state previste, prevalentemente, misure di carattere finanziario finalizzate a far fronte – con stanziamenti aggiuntivi rispetto a quelli già precedentemente disposti – agli interventi urgenti nei territori colpiti da calamità naturali, destinando limiti di impegno per 58 milioni di euro a decorrere dal 2003 e 10 milioni a decorrere dal 2004, di cui una parte, non inferiore al sessanta per cento, ad alcune delle calamità accadute nel corso dell’anno 2002 e del 2003 ed espressamente richiamate (attraverso il rinvio ai DDPPCCMM di dichiarazione dello stato di emergenza).

Il sisma del Molise e Puglia del 31 ottobre 2002

Durante la XIV legislatura si è verificato anche un grave evento sismico che ha colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia il 31 ottobre 2002. Il Governo ha provveduto ad emanare, subito dopo la dichiarazione dello stato di emergenza più volte prorogato, uno specifico decreto legge – decreto legge 4 novembre 2002, n. 245[6] - recante una serie di misure atte a fronteggiare non solo l’emergenza venutasi a creare a seguito del verificarsi degli eventi sismici nelle regioni Molise (Campobasso) e Puglia (Foggia), ma anche in alcune zone della Sicilia (Catania).

 

Quanto alle misure indirizzate alle aree circoscritte delle tre province interessate, il decreto si caratterizza in particolare per la attribuzione di funzioni di coordinamento di tutti gli interventi al Commissario delegato, individuato nel Capo del Dipartimento della protezione civile, cui vengono affidati anche poteri di ordinanza in deroga alla normativa vigente. Viene inoltre disposta la sospensione di una serie di termini di prescrizione, decadenza, per l’adempimento di obblighi di natura tributaria e relativi a processi esecutivi e agli obblighi di leva. Infine, viene disposto uno stanziamento di complessivi 60 milioni di euro per l’anno 2002 e 10 milioni per l’anno 2003, a carico del Fondo per la Protezione civile. Al fine di assicurare la piena e soprattutto l’immediata operatività delle disposizioni recate dal decreto legge è stata quindi emanata anche una serie di ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Si ricorda che anche all’interno della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (finanziaria 2005), è stato inserito (art. 1, comma 203), tra l’altro, un vincolo di destinazione pari ad almeno il 5 %, per ciascuno degli anni dal 2005 al 2007, per la realizzazione del piano di ricostruzione del Comune di San Giuliano di Puglia, nell’ambito di una spesa annua complessiva quindicennale di 58,5 milioni di euro.

Inoltre, anche nel decreto legge 31 marzo 2005, n. 44[7]è stata prevista (art. 1-decies) l’istituzione, per l'anno 2005, di un fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per la compensazione delle minori entrate derivanti agli enti locali dagli eventi sismici del 31 ottobre 2002, con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2005.

Il terremoto del 31 ottobre 2002 ha provocato anche il crollo della scuola elementare “Francesco Iovine” di San Giuliano di Puglia. La drammaticità dell’evento ha richiesto non solo l’emanazione di ulteriori disposizioni destinate unicamente al Comune di San Giuliano contenute all’interno di ordinanze di carattere generale, ma ha portato anche all’adozione di misure di carattere più generale finalizzate a mettere in sicurezza gli edifici scolastici, con particolare riguardo a quelli che insistono in territori a rischio sismico.

Da qui l’approvazione dell’art. 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003) che ha previsto che, nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, possano essere ricompresi anche gli interventi straordinari di ricostruzione delle aree danneggiate da eventi calamitosi e sia inserito un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici.

Per ulteriori approfondimenti sull’attuazione del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici si veda il capitolo Norme antisismiche.

Le disposizioni contenute all’interno delle leggi finanziarie

Sono continuati anche i finanziamenti inseriti nelle annuali leggi finanziarie disposti ai fini del completamento degli interventi di ricostruzione a seguito di una serie di eventi sismici verificatesi nei decenni precedenti, tra i quali quelli del Belice del 1968, della Campania, Basilicata e Puglia del 1980-1981, delle Marche e dell’Umbria del 1987. Spesso, i contributi per la prosecuzione di tali interventi sono affiancati da vincoli di destinazione per specifiche calamità naturali.

Oltre ai rifinanziamenti, le leggi finanziarie annuali recano frequentemente anche disposizioni con agevolazioni di carattere fiscale, quali proroghe relative ad esenzioni da imposte e tasse per gli atti relativi alla ricostruzione delle aree colpite da calamità naturali, oppure, come nell’ultima legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 142), l’esclusione dalla disciplina relativa al patto di stabilità[8] delle spese correnti e in conto capitale sostenute dalle regioni e dagli enti locali per calamità naturali - per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza - e delle spese sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazioni di stato di emergenza.

Per l’entità dei finanziamenti disposti con le legge finanziarie approvate nel corso della XIV legislatura si veda la scheda Calamità naturali -I finanziamenti.

La modifica della normativa vigente sugli interventi d’urgenza

Nel corso della XIV legislatura si è anche intervenuti, oltre che con provvedimenti finalizzati a contrastare le singole calamità vericatesi nel quinquennio e quelle antecendenti, anche con norme che hanno modificato la normativa generale vigente ricordata all’inizio del capitolo.

Dapprima l’art. 3 del decreto legge 4 novembre 2002, n. 245[9] ha introdotto un nuovo potere straordinario.

Qualora si verifichino casi di eccezionali gravità (da valutarsi in relazione al “rischio di compromissione dell’integrità della vita”), il Presidente del Consiglio dei Ministri, anche prima della dichiarazione dello stato di emergenza (prevista finora come condizione preliminare dalla legge n. 225) e quindi prima delle riunione e della deliberazione del Consiglio dei Ministri, può attribuire i poteri straordinari di ordinanza ad un suo delegato. Ciò consente di anticipare gli interventi in deroga alle norme vigenti anche rispetto alla prima riunione del Consiglio dei Ministri, e quindi di operare efficacemente immediatamente dopo il verificarsi dell’evento.

 

Successivamente è stato anche istituito un Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio disposto con l’art. 32-bis del decreto legge n. 269 del 2003[10], con una dotazione di complessiva di 273,49 milioni di euro per il triennio 2003-2005, destinato a contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico, ma anche a far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d’arte. Con successive ordinanze  del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2004, n. 3362 e del 17 settembre 2004, n. 3376 sono state determinate le modalità di attivazione del citato Fondo. Con una serie di DPCM indirizzati agli enti beneficiari[11], sono stati quindi individuati gli interventi da realizzare e le risorse da assegnare nell'ambito delle disponibilità del fondo.

Le modalità di attivazione del Fondo, nonché la quota da assegnare a ciascuna regione per il 2004, sono state quindi determinate con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3362 dell’8 luglio 2004[12], mentre per la ripartizione tra le regioni dei finanziamenti per il 2005 è stata emanata l’ordinanza n. 3505 del 9 marzo 2006[13].

Si ricorda, inoltre, che è stata prevista anche l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, di un Fondo per i contributi agli enti locali per eventi eccezionali e situazioni contingenti [14], finanziato per un importo pari a 258.000 euro per ciascuno degli anni del triennio 2004-2006 (art. 6-bis del decreto legge 29 marzo 2004, n. 80)[15].

Altre importanti novità circoscritte nel panorama della normativa in tema di prevenzione antisismica sono rappresentate dall’emanazione dell’Ordinanza del Presidente del consiglio dei ministri 20 marzo 2003, n. 3274 recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” e dalle nuove norme tecniche per le costruzioni introdotte con il DM 14 settembre 2005. Per approfondimenti ulteriori in merito a tali provvedimenti si veda il capitolo Norme antisismiche.

 

Infine è da ricordare l’istituzione, con l’art. 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), di un Fondo di garanzia finalizzato ad avviare un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati. Per la disciplina del Fondo (forme, condizioni e modalità di attuazione)[16], si rinvia ad un regolamento di delegificazione, da emanarsi entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria, adempimento cui, ad oggi, non è stata data ancora attuazione.

L’ipotesi di creare un sistema di assicurazione privata contro il rischio da calamità naturali a immobili privati con la finalità di sostituire gradualmente l’intervento statale, di natura contributiva e indennizzatoria, era stato oggetto anche di numerosi interventi nel corso della XIII legislatura, riproposti poi nella XIV (art. 46 dell’AC 4489-A, disegno di legge finanziaria per il 2004, testo approvato dalla V Commissione Bilancio della Camera dei deputati) e di iniziative parlamentari (proposta di legge AC 3424 “Delega al Governo per l'assicurazione contro i rischi per eventi di marea nei comuni della laguna di Venezia”, il cui esame presso l’VIII Commissione della Camera non è stato concluso).

Gli incendi boschivi

Negli ultimi anni il problema degli incendi boschivi ha assunto dimensioni a dir poco drammatiche, tanto da destare un grido di preoccupato allarme a tutti i livelli. Nel decennio passato in Italia si sono, infatti, perduti, per incendi, più di 500 mila ettari di bosco, e, il rimboschimento e la ricostituzione boschiva non sono riusciti a rimediare alle recenti devastazioni.

 

Con la legge 21 novembre 2000, n. 353, Legge quadro in materia di incendi boschivi, l’Italia si è dotata di uno strumento importante nella lotta agli incendi, le cui principali disposizioni riguardano il rafforzamento del ruolo delle regioni e degli enti locali, la previsione di una articolata attività di programmazione e di coordinamento nella lotta attiva contro gli incendi tra le regioni e lo Stato, l'ampliamento tematico dei piani regionali di prevenzione e un nuovo sistema sanzionatorio. Particolare attenzione nel corpo della legge è dedicato alla eliminazione delle cause che originano i cosiddetti incendi per “interessi”, attraverso l’introduzione di particolari vincoli sulle aree percorse dal fuoco. Tuttavia questa legge risulta però ancora largamente disattesa nel nostro territorio. Secondo i dati diffusi da Legambiente[17] “Tra le amministrazioni comunali oggetto dell’indagine solo il 5% è risultato applicare pienamente la legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 2000. Soltanto un comune su cinque ha realizzato il catasto delle aree percorse dal fuoco, uno degli strumenti più importanti nella lotta ai focolai. Meno del 40% dei Comuni realizza attività di manutenzione dei boschi, di prevenzione e di avvistamento dei focolai”.

 

Nel corso della XIV legislatura, oltre ad una serie di provvedimenti adottati dal Governo con le stesse modalità previste per le altre calamità naturali per far fronte agli incendi verificatesi nel territorio boschivo nazionale, sono state apportate anche modifiche alla legge quadro n. 353 del 2000, con l’art. 4, comma 173 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) con il quale sono stati modificati i vincoli di edificabilità nei territori colpiti da incendi boschivi.

E’ stato, infatti, introdotto il divieto di qualsiasi edificazione per dieci anni su area boschiva percorsa dal fuoco nel caso in cui i comuni siano sprovvisti di piano regolatore. E’ stata, invece, consentita l’attività edilizia, per la realizzazione di edifici o di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive sui soprassuoli che sono stati percorsi dal fuoco, nel caso in cui la loro realizzazione sia stata prevista, in data anteriore all'incendio, dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data, consentendo l’edificazione anche qualora lo strumento urbanistico abbia previsto la possibilità di edificare, ma l’effettiva concessione o autorizzazione non sia stata rilasciata (al momento del verificarsi dell’incendio)[18].

La stessa legge finanziaria reca, inoltre (art. 4, commi 17 e 18) ulteriori disposizioni volte anch’esse al contrastare gli incendi boschivi attraverso l’assegnazione di nuove risorse al Corpo forestale dello Stato (CFS), oltre a quelle già stanziate dal decreto legge 19 aprile 2002 n. 68[19].

Infatti, con il citato decreto legge n. 68 erano state previsti finanziamenti a favore dell'attività svolta in tal campo dal Corpo forestale dello Stato connessa all'attività antincendi boschivi e la stipula, da parte delle Amministrazioni competenti, di convenzioni ed accordi per assicurare un efficace presidio estivo antincendio e la prosecuzione degli interventi straordinari del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, anche attraverso l'impiego dei soggetti ammessi a prestare servizio civile.

Successivamente, però, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, con il decreto legge 12 luglio 2004, n. 168[20] sono state previste (art. 6, comma 1) alcune riduzioni di autorizzazioni di spesa (0,41 milioni di euro per il 2004), tra le quali quelle della legge quadro sugli incendi boschivi.

Infine, si ricorda che, al fine di porre in essere ogni indispensabile azione di carattere preventivo in materia di lotta attiva agli incendi boschivi, nonché di garantire il funzionale espletamento di tali attività, è stato affidato al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di definire i programmi per gli interventi di spegnimento degli incendi boschivi. Inoltre, il Dipartimento per la protezione civile è stato autorizzato al compimento di attività volte a garantire l’adeguamento tecnologico e operativo della componente aerea nel settore della lotta agli incendi boschivi (art. 1, del decreto legge 31 maggio 2005, n. 90[21]).



[1] Dati elaborati sulla base delle informazioni relative alle catastrofi verificatesi dal 1950 al 1998 nei paesi dell’Unione, contenuti nel “Vademecum of civil protection in the European union”, Commissione europea, 1999.

[2] Ultimo anno di riferimento dell’Annuario APAT, disponibile per la consultazione all’indirizzo internet http://www.apat.gov.it/site/it-IT/APAT/Pubblicazioni/Annuario_dei_dati_ambientali/Documento/annuario2004.html.

[3] Il frequente e diffuso manifestarsi dei dissesti può essere imputato, per una buona parte, alla natura del nostro territorio ed a cause "naturali", anche se vanno però assumendo un peso sempre più rilevante le cause di origine antropica legate, da un lato, ai cambiamenti climatici e dall’altro ad un uso del territorio non attento alle caratteristiche ed ai delicati equilibri idrogeologici dei suoli italiani. In Italia effetti particolarmente dannosi derivano dall’abbandono di aree rurali dove non è più presente alcuna attività primaria.

[4] Rimane fermo solo il “rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico”. Il Presidente del Consiglio può anche attribuire i poteri straordinari di ordinanza ad un suo delegato.

[5] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 8 aprile 2003, n. 62, Misure urgenti per il finanziamento di interventi nei territori colpiti da calamità naturali e per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, della legge 1° agosto 2002, n. 166. Disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di emergenza ambientale.

[6] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 286. coordinato con la legge di conversione 27 dicembre 2002, n. 286, Interventi urgenti a favore delle popolazioni colpite dalle calamità naturali nelle regioni Molise, Sicilia e Puglia, nonché ulteriori disposizioni in materia di protezione civile.

[7] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art, 1 della legge 31 maggio 2005, n. 88, Disposizioni urgenti in materia di enti locali.

[8] Per un approfondimento della normativa relativa al patto di stabilità si veda il capitolo Riforma del Patto di stabilità e crescita e la specifica scheda Il Patto di stabilità e crescita

[9] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 286, Interventi urgenti a favore delle popolazioni colpite dalle calamità naturali nelle regioni Molise, Sicilia e Puglia, nonché ulteriori disposizioni in materia di protezione civile.

[10] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.

[11] DPCM 8 luglio 2004 (Liguria ed Emilia-Romagna), DPCM 28 ottobre 2004 (comune di Tolentino), DPCM 19 novembre 2004 (magistrato alle Acque di Venezia e presidente della provincia autonoma di Bolzano), DPCM 24 marzo 2005 (comuni di Ancona e Orbetello), con una serie di DPCM tutti emanati in data 6 giugno 2005 (Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Veneto, Basilicata, Abruzzo, Umbria, Toscana, provincia autonoma di Trento, Sicilia, Puglia, Piemonte, Marche, Lombardia. Da ultimo è stato emanato il DPCM 16 luglio 2005 recante Assegnazione di risorse finanziarie a valere sul Fondo di cui all'articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[12] Pubblicata nella G.U. del 16 luglio 2004, n. 165. Con tale ordinanza la Protezione civile ha ripartito i fondi per le verifiche tecniche di stabilità sismica degli edifici, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 che sono stati suddivisi in due quote: 67,5 milioni di euro alle Regioni e 32,5 milioni di euro allo Stato. La ripartizione regionale copre solo il 2004, in attesa della nuova mappa sismica per il 2005. Le modalità di ripartizione del Fondo sono state successivamente modificate con l’art.. 13 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3469 del 13 ottobre 2005 (G.U. 21 ottobre 2005, n. 246).

[13] G.U. 16 marzo 2006, n. 63.

[14] In materia di contributi erariali agli enti locali si ricorda, però, che sono intervenute due sentenze della Corte costituzionale (sentenza n. 16 del 10-16 gennaio 2004 e sentenza n. 49 del 20-29 gennaio 2004), che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale, rispettivamente, dell’articolo 25, comma 10 della legge n. 448/2001 (istituzione del Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni) e degli artt. 54 e 55 della legge n. 448/2001 (Istituzione del Fondo per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali e del Fondo per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale).

[15] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 28 maggio 2004, n. 140, Disposizioni urgenti in materia di enti locali. Proroga di termini di deleghe legislative.

[16] Il regolamento dovrà prevedere anche l’esclusione dell’intervento del Fondo per i danni prodotti a fabbricati abusivi  anche nel caso in cui, pur avendo il proprietario presentato domanda di condono, non siano stati corrisposti per intero l’oblazione e gli oneri accessori previsti dalla legge.

[17] Dossier incendi boschivi 2005 (disponibile per la consultazione all’indirizzo internet www.legambiente.com/documenti/2005/0701dossierIncendi2005/dossierincendi2005.pdf).

[18] Il testo dell’art. 10, comma 1, della legge quadro prevedeva, invece, da un lato un divieto generale di variazione di destinazione - valido 15 anni - per le zone boschive ed i pascoli i cui soprassuoli siano percorsi dal fuoco e un corrispondente divieto di costruzione - esteso per 10 anni. Dall’altro, permetteva la realizzazione di edifici o di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, prima che fossero decorsi dieci anni dall’incendio, solamente se la relativa autorizzazione o concessione era stata rilasciata in data anteriore all'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data. Una tale applicazione non aveva alcun effetto disincentivante dell’attività dolosa (finalità a cui è mirata la normativa di cui all’art. 10) dal momento che la destinazione urbanistica era precedente (e non successiva) al verificarsi dell’incendio.

[19] Convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1 della legge 18 giugno 2002, n. 118, Disposizioni urgenti per il settore zootecnico e per la lotta agli incendi boschivi.

[20] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2004, n. 191, Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica.

[21] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 luglio 2005, n. 152, Disposizioni urgenti in materia di protezione civile.