Disagio abitativo

Tra gli interventi volti a dare nuovo impulso alle politiche abitative adottati nel corso della XIV legislatura, si segnalano:

§      l’avvio di alcuni programmi nazionali per l’edilizia abitativa nuova e di recupero manutentivo (in attuazione della legge n. 21 del 2001);

§      le misure dirette a favorire lo sblocco degli interventi costruttivi con finalità pubbliche e a garantire maggiore efficienza e produttività agli interventi stessi;

§      l’istituzione di due nuovi Fondi rivolti al sostegno di determinate fasce sociali: il primo destinato all’attuazione di programmi finalizzati alla costruzione o al recupero di unità immobiliari destinate a locazione a canone speciale per soggetti dotati di determinati requisiti di reddito ed il secondo per favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione.

I programmi nazionali per l’edilizia abitativa

All’avvio della XIV legislatura è stata data attuazione al maggior intervento statale nel settore dell’edilizia residenziale che era stato approvato negli ultimi mesi della legislatura precedente, la legge 8 febbraio 2001, n. 21 (Misure per ridurre il disagio abitativo ed interventi per aumentare l'offerta di alloggi in locazione), attraverso l’emanazione dei relativi decreti attuativi.

 

Con tale legge sono state introdotte misure volte a finanziare alcuni programmi nazionali per la riduzione del disagio abitativo mediante interventi di edilizia residenziale pubblica rivolti a categorie sociali deboli ed alla riqualificazione delle periferie. La legge ha altresì previsto che i fondi di edilizia sovvenzionata ed agevolata, già ripartiti tra le regioni, possano essere da queste riprogrammati, per rispondere alle specifiche esigenze delle singole realtà territoriali, anche senza tenere conto dei vincoli posti da precedenti delibere del CIPE[1].

 

I tre decreti attuativi, emanati tutti in data 27 dicembre 2001[2], hanno riguardato:

§         l’avvio di un programma, "Ventimila abitazioni in affitto", destinato alla realizzazione ed al recupero di alloggi da concedere in locazione a canone convenzionato;

§         la realizzazione di un piano di edilizia residenziale per anziani, “Alloggi in affitto per gli anziani del 2000", con affitti agevolati permanenti;

§         l’avvio di “Programmi innovativi in ambito urbano”, volti alla riqualificazione di quartieri periferici o comunque degradati di comuni e città dove è più forte il disagio abitativo.

Al fine di garantire la piena realizzazione di tali programmi, sono stati successivamente adottati anche diversi decreti ministeriali[3].

I nuovi Fondi per il sostegno di determinate fasce sociali

Al fine di dare nuovo impulso alle politiche abitative, sono stati istituiti due nuovi Fondi per il sostegno di determinate fasce sociali, che si collocano accanto al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (istituito dall’art. 11 della legge n. 431 del 1998)[4].

In particolare, l’art. 3, commi 108-115, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 la (legge finanziaria 2004) ha istituito il Fondo per l’edilizia a canone speciale finalizzato all’attuazione di programmi di costruzione e recupero di unità immobiliari, con il vincolo di destinazione delle unità suddette alla locazione a canone speciale a soggetti dotati di determinati requisiti di reddito. La ripartizione annuale del Fondo per l’edilizia a canone speciale, la cui prima dotazione è pari complessivamente a 20 milioni di euro per il triennio 2004-2006, avviene, tramite DPCM, solo fra le regioni nei cui territori si trovino comuni ad alta tensione abitativa[5].

Il comma 113 della disposizione da ultimo citata definisce i requisiti di reddito dei soggetti che possono accedere alla locazione a canone speciale, prevedendo che ad essere ammessi siano i nuclei familiari il cui reddito annuo è superiore a quello massimo previsto per la concessione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma inferiore all'importo massimo determinato dalla regione nel cui territorio si trovano gli alloggi. La regione può comunque differenziare tale importo in funzione dell’andamento del mercato delle locazioni e dell’incidenza delle situazioni di disagio abitativo sul totale della popolazione residente.

Tale normativa riprende, parzialmente, i contenuti di una proposta di legge all’esame della VIII Commissione (Ambiente), AC 3004 Verro ed altri[6], recante un insieme di misure integrative della riforma attuata con la legge n. 431 del 1998, con la finalità di favorire, tra l’altro, la locazione della prima abitazione a canoni più contenuti rispetto alle quotazioni del mercato[7], sulla scia di una tendenza, rafforzata anche dall’esperienza del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, che rivaluta le politiche di locazione (piuttosto che quelle di proprietà dell’alloggio) quale più efficace strumento per favorire l’accesso all’alloggio da parte di soggetti in difficoltà rispetto alle condizioni del mercato immobiliare. Per un approfondimento delle disposizioni in materia di locazioni si veda la scheda Modiche alla normativa sulle locazioni.

 

Sui contenuti complessivi dei commi 108-115 deve segnalarsi un profilo di problematicità derivante dalla più recente giurisprudenza costituzionale relativa agli interventi speciali dello Stato (ex art. 119 Cost.) in ambiti materiali esclusi dalla competenza normativa statale. In particolare, le due sentenze n. 16 e n. 49 del 2004 sembrano considerare non compatibili con i nuovi principi del riparto materiale di competenze legislative fra Stato e regioni e del federalismo fiscale le norme che dispongono la creazione di fondi separati a gestione ministeriale con finalità “non riconducibili a materie o compiti di competenza esclusiva dello Stato” (sent. n. 16/2004).

Secondo la Corte costituzionale, infatti, non sarebbe possibile invocare il quinto comma dell’art. 119 Cost. nei casi in cui le risorse aggiuntive non abbiano quel carattere di specialità e quelle finalità di perequazione su cui è centrata la norma costituzionale. In tema di destinazione da parte dello Stato di “risorse aggiuntive”, la Corte richiede la sussistenza di almeno uno dei due requisiti:

§       ambito materiale riconducibile ad un competenza esclusiva dello Stato;

§       individuazione dei soggetti destinatari (o per lo meno non indeterminatezza dei soggetti destinatari);

La mancanza di entrambi i requisiti configurerebbe lo stanziamento di risorse aggiuntive come lesivo delle competenze regionali in quanto tali competenze ne risulterebbero indirettamente svuotate. D’altro canto tale effetto non troverebbe giustificazione nelle finalità perequative, negate dalla indeterminatezza stessa dei soggetti destinatari.

 

Con la legge finanziaria per il 2005 (art. 1, comma 111, legge 30 dicembre 2004, n. 311) è stata, invece, introdotta una normativa speciale per agevolare l’accesso alla prima casa per le giovani coppie, attraverso l’istituzione, per l’anno 2005, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per il sostegno finanziario all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale in regime di edilizia convenzionata dalle seguenti tipologie di imprese: cooperative edilizie; aziende territoriali di edilizia residenziale pubbliche (cd. ATER) ed imprese private.

La dotazione finanziaria del fondo per l’anno 2005 è stata fissata in 10 milioni di euro ed un apposito decreto interministeriale, che non è stato ancora emanato, dovrà provvedere alla fissazione dei criteri per l’accesso al fondo e dei limiti di fruizione dei benefici previsti.

 

Con l’espressione “edilizia convenzionata” si fa riferimento alla tipologia di realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica introdotta dall'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (cd. legge sulla casa) e successivamente disciplinata dall’art. 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la edificabilità dei suoli). La legge n. 865 ha previsto, per la realizzazione di interventi nelle aree comprese nei piani di zona, approvati ai sensi della legge n. 167 del 1962, la concessione da parte dei comuni o di loro consorzi del diritto di superficie per la costruzione di alloggi e dei relativi servizi urbani e sociali. La concessione è deliberata unitamente alla convenzione, da stipularsi tra ente concedente e soggetti concessionari. È prevista altresì la possibilità di cessione delle aree in proprietà. In caso di concessione del diritto di superficie, la convenzione può essere stipulata sia con privati, singoli o riuniti in cooperative, che con gli enti pubblici operanti istituzionalmente nel settore dell'edilizia residenziale pubblica. Le aree cedute in proprietà possono essere assegnate, indifferentemente, a singoli o a cooperative, a proprietà indivisa o meno, con preferenza per i proprietari delle aree espropriate.

La materia è attualmente disciplinata dagli artt. 17 e 18 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico edilizia). In particolare l’art. 17, comma 1, prevede testualmente che “nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti, il contributo afferente al permesso di costruire è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dall'articolo 18”; il successivo comma 2 dispone che il contributo per la realizzazione della prima abitazione sia pari a quanto stabilito per la corrispondente edilizia residenziale pubblica, purché sussistano i requisiti indicati dalla normativa di settore. Il comma 3 disciplina i casi in cui il contributo di costruzione non è dovuto e il successivo comma 4 prevede che relativamente agli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato il contributo di costruzione sia commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione.

 

Disposizioni aventi analoga finalità erano contenute anche nell’art. 46 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003) che - nel dettare nuove regole per l’impiego e la gestione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali[8] - ha prevedeva che la ripartizione annuale del Fondo fosse effettuata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata e che almeno il 10% delle disponibilità dovesse essere destinato a sostegno delle politiche a favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l'acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità.

La sentenza della Corte costituzionale n. 423/2004 ha, tuttavia, dichiarato l'illegittimità costituzionale della di tale vincolo di destinazione, in quanto ritenuto lesivo del sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dall’art. 119 Cost. Conseguentemente, nell’ultimo decreto con cui sono state ripartite le risorse del Fondo (DM 22 luglio 2005) non compare più lo stanziamento previsto quale contributo per la prima casa presente, invece, nel precedente DM del 1° luglio 2004 (con 173,435 milioni di euro).

 

L’art. 1, comma 598, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) prevede che, nell’ambito di una serie di disposizioni di semplificazione in materia di alienazioni di immobili di proprietà degli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP), i proventi conseguenti alle predette alienazioni vengano destinati, oltre che alla realizzazione di nuovi alloggi ed a promuovere il recupero sociale dei quartieri degradati e ad azioni in favore di famiglie in particolare stato di bisogno, anche al contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l’acquisto della prima casa.

 

Nella stessa legge finanziaria (art. 1, comma 336) è stata prevista anche l’istituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un altro Fondo avente la funzione di agevolare la concessione, da parte degli intermediari finanziari bancari e non bancari, di mutui diretti all’acquisto o costruzione della prima casa di abitazione in favore di soggetti privati in possesso di determinati requisiti[9]. Il contributo offerto ai privati si aggiunge alle ipoteche ordinarie sugli immobili e consiste nella prestazione di una “garanzia di ultima istanza” da parte del Fondo nei confronti degli stessi soggetti. In sostanza, attraverso l’istituzione di tale Fondo si mettono a disposizione risorse in favore dei soggetti privati che normalmente incontrano difficoltà nell’ottenere un mutuo per l’acquisto della prima casa.

Disposizioni specifiche a favore di determinate categorie sociali

Numerosi interventi sono stati adottati a favore di un’altra specifica categoria di destinatari, i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, attraverso in particolare la modifica della legislazione vigente relativa agli interventi di edilizia residenziale pubblica finalizzati alla realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale di cui all’art. 18 del decreto legge n. 152 del 1991.

 

L'art. 18 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152 ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato “quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizio”. Il medesimo articolo ha affidato la realizzazione degli interventi (tanto di recupero che di nuova costruzione) ai comuni, agli IACP, ad imprese di costruzione e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi. Esso ha disposto, inoltre, l’assegnazione di un finanziamento attraverso un limite di impegno di 50 miliardi di lire per l'edilizia agevolata, e un finanziamento di 900 miliardi di lire per l'edilizia sovvenzionata.

 

Tali misure, contenute sia in provvedimenti legislativi ordinari sia aventi carattere d’urgenza, sia in alcune leggi finanziarie, hanno previsto:

§         disposizioni per la realizzazione degli interventi di cui al programma straordinario volte a favorire, da una parte, lo svolgimento delle gare per la realizzazione dei lavori nel caso in cui esse siano andate deserte, dall’altro la possibilità per il concessionario di contribuire con fondi propri al finanziamento statale. Sono stati quindi disciplinati i limiti di costo applicabili alle gare di appalto e il prezzo al quale gli alloggi realizzati con il finanziamento privato possono essere ceduti agli enti locali, agli istituti autonomi case popolari o enti assimilati. È stato stabilito che i finanziamenti siano attivati comunque subordinatamente alle disponibilità esistenti - alla data di ratifica da parte del comune dell’accordo di programma – sullo stanziamento destinato alla realizzazione del programma stesso (art. 2, commi 5-8 della legge 1° agosto 2002, n. 166);

§         la rilocalizzazione del programma in altra regione, nel caso in cui la regione interessata non provveda all’attivazione degli accordi di programma entro trenta giorni dalla richiesta del soggetto proponente. A tal fine, il presidente della giunta regionale ed il sindaco del comune interessati alla nuova localizzazione, sottoscrivono un accordo di programma da ratificare entro il 31 dicembre 2007[10] (art. 4, comma 150 della legge 24 dicembre 2003, n. 350);

§         l’aumento del limite numerico degli alloggi da realizzare prevedendo, altresì, che tale modifica lasci invariato il limite volumetrico complessivo degli interventi oggetto dei programmi stessi (art. 1, comma 110, legge 30 dicembre 2004, n. 311).

 

Occorre, infine, rammentare che all’interno delle leggi finanziarie approvate nel corso della XIV legislatura (art. 61 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 4, commi 223 e 225, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; art. 1, comma 442, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), sono state introdotte anche alcune disposizioni in materia di alienazione di alloggi ai profughi. Tra di esse alcune recano l’interpretazione autentica del comma 24 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560 in materia di alienazione di alloggi pubblici realizzati per i profughi che era stato oggetto, per la sua genericità relativa all’ambito di applicazione, di oscillanti e contrastanti pronunce giurisprudenziali[11].

Ulteriori norme relative al patrimonio abitativo

Alcune norme sul patrimonio abitativo sono state introdotte anche con l’art. 5-bis del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86[12], che ha previsto, tra l’altro:

§         alcune disposizioni sulle modalità di attuazione dei piani e dei programmi di edilizia residenziale pubblica in base alle quali essi possono essere portati a compimento qualora, entro sei mesi dalla data di scadenza del piano ovvero entro la data prevista per la realizzazione del programma, siano adottati gli atti o siano iniziati i procedimenti comunque preordinati all'acquisizione delle aree o all'attuazione degli interventi;

§         una modifica dell’art. 21-bis del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244[13], relativa alla cessione in proprietà, a titolo gratuito, a coloro che ne hanno avuto formale assegnazione, degli alloggi prefabbricati realizzati con parziale ricorso a tecniche di edilizia tradizionale costruiti dallo Stato nei territori dei comuni della Campania e della Basilicata a seguito degli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Viene fatta salva la facoltà del comune cedente di determinare un prezzo di cessione commisurato agli eventuali oneri di manutenzione sostenuti[14].

§         la possibilità per i comuni, al fine di incrementare la disponibilità di alloggi da destinare ad abitazione principale, di ridurre anche al di sotto del limite minimo previsto dalla legislazione vigente, le aliquote dell'ICI stabilite per gli immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, ma nel rispetto di determinate condizioni[15].

 

Tra gli interventi volti a dare nuovo impulso alle politiche abitative sono ancora da segnalare anche quelli recanti norme di semplificazione in materia di alienazioni di immobili di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti Autonomi Case Popolari (I.A.C.P.), previsti dalla legge finanziaria del 2006 (art. 1, commi 597-600, della legge n. 266 del 2005).

Tali disposizioni prevedono una modifica delle procedure di alienazione attraverso un apposito DPCM, da emanarsi entro il 1° luglio 2006, per il quale vengono fissati anche appositi  principi, relativi in particolare alle modalità di esercizio del diritto di opzione e la destinazione dei proventi delle alienazioni (tra cui la realizzazione di nuovi alloggi ed il contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l’acquisto della prima casa).

Viene altresì previsto che, al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell'edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli beni immobili.

 

Si ricorda brevemente che le norme vigenti per l’alienazione degli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) sono quelle relative all’alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.), contenute nella legge n. 560 del 1993.

Il comma 1 dell’art. 1 della legge n. 560 dispone che sono alloggi di e.r.p. quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge n. 52 del 1976, a totale carico o con concorso o con contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge n. 60 del 1963 e successive modifiche, dallo Stato, da enti pubblici territoriali, nonché dagli IACP e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale.

Tale legge prevede inoltre che le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, formulano, su proposta degli enti proprietari, sentiti i comuni ove non proprietari, piani di vendita al fine di rendere alienabili determinati immobili nella misura massima del 75% del patrimonio abitativo vendibile nel territorio di ciascuna provincia fermo restando che gli alloggi di cui al comma 2, lett. a), possono essere venduti nella loro globalità. Trascorso tale termine, gli enti proprietari, nel rispetto dei predetti limiti, procedono alle alienazioni in favore dei soggetti aventi titolo a norma di legge. Hanno titolo all'acquisto degli alloggi gli assegnatari o i loro familiari conviventi, i quali conducano un alloggio a titolo di locazione da oltre un quinquennio e non siano in mora con il pagamento dei canoni e delle spese all'atto della presentazione della domanda di acquisto. In caso di acquisto da parte dei familiari conviventi è fatto inoltre salvo il diritto di abitazione in favore dell'assegnatario.

Il prezzo degli alloggi è invece determinato dal valore che risulta applicando un moltiplicatore pari a 100 alle rendite catastali determinate dalla Direzione generale del catasto e dei servizi tecnici erariali del Ministero delle finanze a seguito della revisione generale disposta con DM finanze del 20 gennaio 1990 (pubblicato nella G. U. n. 31 del 7 febbraio 1990), e di cui all'art. 7 del decreto legge n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, e delle successive revisioni. Al prezzo così determinato si applica la riduzione dell'1% per ogni anno di anzianità di costruzione dell'immobile, fino al limite massimo del 20%. Il pagamento del prezzo viene infine effettuato entro quindici giorni dal perfezionamento del contratto di alienazione.

 

L’art. 1 della legge finanziaria per il 2006 contempla, comma 285, ulteriori norme relative agli immobili di edilizia residenziale pubblica (in particolare, la ridefinizione dei requisiti necessari per potere diventare proprietari di case costruite da cooperative mutuatarie della Cassa depositi e prestiti o fruenti del solo contributo erariale) e, al successivo comma 285-bis, alcune norme per favorire la dismissione di immobili non adibiti ad uso abitativo attribuiti in forza di legge ad enti privati e fondazioni, non più utili al perseguimento delle esigenze istituzionali. Viene, pertanto, previsto che la cessione di tali immobili fa venire meno l'uso governativo, ovvero l'uso pubblico, e l'eventuale diritto di prelazione spettante ad enti pubblici anche in caso di rivendita, nonché gli eventuali vincoli di destinazione. Restano fermi comunque gli obblighi derivanti dalle prescrizioni urbanistiche vigenti e dagli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici.

 

Si rammentano, infine, anche alcune disposizioni recate dalla precedente legge finanziaria del 2005 (art. 1, comma 441, della legge n. 311 del 2004) che hanno previsto il trasferimento in proprietà a titolo gratuito ai Comuni, degli alloggi e delle pertinenze di proprietà dello Stato costruiti in base a disposizioni speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, anche quando gli alloggi stessi siano stati affidati ad appositi enti gestori, nell’ambito del ben più ampio programma di dismissione del patrimonio abitativo pubblico (la materia delle dismissione di immobili pubblici residenziali è però riconducibile all’ordinamento tributario e contabile dello Stato e, pertanto, si veda la scheda Cartolarizzazioni di immobili pubblici).

 

Durante la XIV legislatura sono state presentate anche alcune proposte di legge volte a favorire l’accesso alla casa di abitazione, in proprietà o in locazione, da parte delle famiglie con reddito insufficiente all’accesso al mercato immobiliare, soprattutto attraverso il recupero di alloggi con vincolo di destinazione ovvero l’erogazione diretta alle famiglie di contributi e agevolazioni per l’accesso alla prima abitazione.

Tra esse si ricordano, in particolare, l’AC 1411 Susini e l’AC 3607 Pagliarini che, insieme ad altre proposte di legge, sono confluite in un testo unificato che ha previsto, oltre ad alcune modifiche alla legge n. 431 del 1998 in materia di locazioni (si veda la scheda Modiche alla normativa sulle locazioni), anche delle integrazioni della legge n. 560 del 1993 sull’alienazione degli alloggi di e.r.p.

 

Le disposizioni del testo unificato prevedono che vengano ricompresi nell’ambito di applicazione della legge n. 560 anche gli alloggi di e.r.p. sottoposti alla tutela dei beni artistici, storici e architettonici, purché destinati ad abitazione civile e inseriti nei piani di vendita proposti dagli enti gestori ed approvati dalle regioni. Sono quindi introdotte norme con la finalità di agevolare gli enti locali nella vendita del proprio patrimonio di e.r.p., attraverso l’attribuzione della facoltà agli enti proprietari di procedere direttamente alla alienazione degli alloggi compresi nei piani di vendita e che si rendano liberi, anziché segnalarne la disponibilità al comune ai fini di una nuova assegnazione prima della loro vendita effettiva. Inoltre, viene prevista una soluzione alternativa nei casi in cui l’assegnatario non intenda acquistare l'alloggio condotto a titolo di locazione ed abbia diritto a rimanervi, in quanto titolare di reddito familiare complessivo inferiore al limite fissato dalle norme vigenti ai fini della decadenza dal diritto all'assegnazione, ovvero se ultrasessantenni o portatori di handicap. In tal caso, qualora l’assegnatario abbia preventivamente espresso il proprio consenso, l’ente proprietario può alienare l'alloggio a terzi, a condizione che venga garantita la prosecuzione della locazione in altri alloggi non compresi nei piani di vendita e preferibilmente ubicati in quartieri residenziali adiacenti.

 

Numerose altre proposte di legge assegnate alla Commissione VI finanze (AC 1923 Pepe ed altri, AC 394 Rodeghiero, AC 692 Turco ed altri , AC 3207 Sergio Rossi ed altri, AC 3269 Benvenuto ed altri) prevedevano,inoltre, misure di sostegno di carattere fiscale e creditizio a favore di alcuni nuclei familiari, quali le famiglie di nuova costituzione ovvero le giovani coppie.

 



[1] Con il termine di “edilizia residenziale pubblica” (e.r.p.) si intende quel complesso di attività dirette alla provvista di alloggi per i soggetti a basso reddito. Il termine e.r.p. è comprensivo degli interventi di edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata. Le leggi che hanno autorizzato la vendita di un certo numero di alloggi di e.r.p. - definendo anche quali soggetti potessero accedere all’acquisto, quali criteri adottare per scegliere gli alloggi da porre in vendita e con quali criteri determinare il prezzo di vendita - sono principalmente le seguenti: la legge 8 agosto 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica) e la legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica). La legge 513 del 1977 costituisce una delle prime leggi che hanno consentito agli assegnatari di acquistare l’alloggio. Essa ha avviato il finanziamento di un programma straordinario di intervento nel settore dell'e.r.p., fissando le condizioni generali sia per l’edilizia residenziale "agevolata" (dove per "agevolazioni" si devono intendere i contributi a parziale copertura del conto interesse dei mutui bancari), sia per l’edilizia "sovvenzionata" (dove per "sovvenzioni" si intende la copertura dei costi in conto capitale per la realizzazione dell’opera). La legge n. 560 del 1993 ha successivamente consentito agli enti proprietari di alloggi di e.r.p. di porre in vendita parte dei patrimonio immobiliare amministrato. La disciplina introdotta con tale legge, come modificata dalla legge 30 aprile 1999, n. 136, ha definito i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia.

[2] Pubblicati nella G.U. del 17 luglio 2002 n. 162, S.O. n. 142.

[3] DM 29 dicembre 2003, Ammissione ai finanziamenti di cui all'art. 2 del decreto ministeriale 27 dicembre 2001 dei Piani operativi regionali, trasmessi dalle regioni, nell'ambito del programma sperimentale denominato «20.000 abitazioni in affitto» (G.U: 27 maggio 2004, n. 123); DM 29 dicembre 2003, Approvazione dell'elenco finale delle proposte considerate ammissibili dalla Commissione per la valutazione e selezione delle proposte, relative al Programma sperimentale denominato «Alloggi in affitto per gli anziani degli anni 2000» di cui al decreto ministeriale 27 dicembre 2001, (G.U: 27 maggio 2004, n. 123) e DM 15 settembre 2004, Termine di scadenza per l'approvazione dei provvedimenti regionali di rimodulazione dei Piani operativi, relativi al programma sperimentale denominato «20.000 abitazioni in affitto», (G.U. 29 settembre 2004, n. 123.

[4] Durante la XIV legislature sono state, altresì, apportate alcune modifiche alla disciplina del Fondo nazionale, per le quali si veda la scheda Modifiche alla normativa sulle locazioni.

[5] Per l’individuazione dei comuni ad alta tensione abitativa si veda la scheda Proroga degli sfratti.

[6] Si ricorda che, nella seduta del 22 gennaio 2003 della VIII Commissione (Ambiente), la proposta di legge AC 3004 è stata abbinata ad altre due proposte di legge, AC 3143 (Lupi) e AC 3628 (Foti), vertenti su materia analoga e per le quali si è costituito un comitato ristretto.

[7] Come si legge nella relazione illustrativa alla pdl AC 3004, i soggetti destinatari delle risorse del Fondo sono “quei soggetti il cui reddito, essendo superiore ai limiti stabiliti dalle regioni, non consente loro di accedere agli alloggi di proprietà pubblica (IACP o enti ad essi assimilati e comunque denominati) ovvero di permanervi nel godimento e nello stesso tempo di prendere in locazione un alloggio di proprietà privata”.

[8] Istituito dall’art. 59, comma 44, della legge27 dicembre 1997, n. 449.

[9] Età non superiore a 35 anni, reddito complessivo annuo, ai fini IRPEF, inferiore a 40.000 euro, possesso di un contratto di lavoro a tempo determinato o prestazione di lavoro subordinato in base a una delle forme contrattuali previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003.

[10] Tale termine è stato introdotto dalla legge di conversione 23 febbraio 2006, n. 51, con la quale è stato convertito il decreto legge n. .273 del 2005, recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti.

[11] Attraverso tale interpretazione autentica, si è previsto che che, per la determinazione delle condizioni di vendita, incluse la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, debba farsi riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell'alloggio e non più alle condizioni di maggior favore previste. In tal modo viene superata la precedente interpretazione autentica disposta dall’art. 5, comma 2, del D.L. n. 542 del 1996, attraverso cui si prevedeva che l’alienazione degli alloggi avvenisse secondo le condizioni di miglior favore previste dall’art. 26 del D.P:R. 17 gennaio 1959, n. 2 (come sostituito dall'art. 14 della legge n. 231 del 1962), cioè ad un prezzo di cessione pari al 50% del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione stessa ovvero di assegnazione dell'alloggio, se anteriore.

[12] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 luglio 2005, n. 148, Misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio. Per il contenuto delle disposizioni recate dal decreto legge si veda la scheda Proroga degli sfratti.

[13] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 8 agosto 1995, n. 341, Misure dirette ad accelerare il completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse.

[14] Per le ulteriori disposizioni in materia di calamità naturali si veda l’apposito capitolo Gli interventi per le calamità naturali.

[15] A condizione che resti invariato il gettito totale dell'imposta comunale e previo contestuale incremento delle aliquote da applicare alle aree edificabili, anche in deroga al limite massimo previsto dalla legislazione vigente e con esclusione dei casi in cui il proprietario delle aree edificabili si impegna all'inalienabilità delle stesse nei termini e con le modalità stabiliti con regolamento comunale.