Il Capo V della legge 112 /2004
- sostanzialmente confluito nel Titolo III, Capo IV, del testo unico della
radiotelevisione, di cui al d.lgs. 177/2005
– individua il regime giuridico da
applicare nella fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale
sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La conversione in tecnica
digitale)[1]
Nell’ambito del Capo V, l’articolo 22 assegna all’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni il compito di definire il programma di attuazione del piano
nazionale di assegnazione delle frequenze (radiofoniche e televisive) in
tecnica digitale.
L’articolo
23 reca un’articolata disciplina relativa alla “fase transitoria”, volta
all’avvio delle trasmissioni televisive
in tecnica digitale, prevedendo in particolare che fino all’attuazione del
piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo
attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale, in
possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente per ottenere
l’autorizzazione alla sperimentazione,
possano effettuarla – anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi
già diffusi in tecnica analogica – fino alla completa conversione delle reti;
tale sperimentazione può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica; i medesimi
soggetti possono altresì richiedere le licenze e le autorizzazioni per avviare
le trasmissioni in tecnica digitale
terrestre [2].
A tale proposito, occorre ricordare come la disposizione
preveda che:
-
la licenza
di operatore di rete televisiva può essere rilasciata, su domanda, ai
soggetti che esercitano legittimamente l’attività in virtù del titolo
concessorio o “per il generale assentimento di cui al comma 1”, qualora
dimostrino di aver raggiunto una copertura
non inferiore al 50 per cento della popolazione o del bacino locale;
-
tutte le
frequenze destinate al servizio di radiodiffusione concorrono
promiscuamente allo svolgimento dell’attività trasmissiva in tecnica analogica
ed in tecnica digitale, e pertanto sono abrogate le norme vigenti che riservano
tre canali alla sola sperimentazione digitale.
L’articolo
24 prevede una specifica disciplina per l’avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale, dettando
princìpi e criteri direttivi per un successivo regolamento dell’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni ed autorizzando il Ministro delle
comunicazioni a stabilire un programma con cui sono individuate specifiche
misure di sostegno.
L’articolo 25 disciplina
le modalità per accelerare ed
agevolare la conversione alla
trasmissione in tecnica digitale. Nell’ambito di tale disciplina, si
ricorda in particolare quanto segue:
§
è stata prevista l’attivazione, a decorrere dal
31 dicembre 2003, di reti televisive digitali terrestri, con un’offerta di
programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali (comma
1);
§
in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo è stato posto l’obbligo di realizzare almeno due
blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio
nazionale che raggiunga il 50% della
popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70% entro
il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione,
di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di
ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la
completa conversione alla tecnica digitale[3] (comma 2);
§
all’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni è stato attribuito il compito di verificare l’effettivo sviluppo del
digitale terrestre e della rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle
modalità previste dalla legge (comma 3).
In particolare, l’Autorità è stata chiamata ad effettuare un esame dell’offerta
complessiva dei programmi televisivi digitali terrestri, entro il 30 aprile 2004, allo
scopo di accertare:
a)
la quota di popolazione raggiunta dalle reti
digitali terrestri (che non doveva essere inferiore al 50%, come già
accennato);
b)
la presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi accessibili;
c)
l’effettiva offerta al pubblico sulle reti
digitali anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche.
L’Autorità era tenuta ad inviare, entro trenta giorni dalla
data di completamento della verifica, una relazione
al Governo e al Parlamento in merito all’accertamento effettuato (comma 4). Nel caso in cui, a seguito di
tale accertamento, l’Autorità avesse verificato l’assenza delle condizioni
previste per l’ampliamento del pluralismo, la legge autorizzava espressamente
la medesima Autorità ad adottare i
provvedimenti “deconcentrativi” indicati dal comma 7 dell’art. 2 della L.
249/1997[4].
L’Autorità ha provveduto a tali adempimenti, presentando la
relazione prevista entro i termini stabiliti (DOC. XXVII,
n. 14). Con tale relazione si è dato conto dell’accertamento positivo relativo alle condizioni poste dalla
legge. Al contempo, l’Autorità ha segnalato le azioni positive ancora
necessarie affinché “l’avvio promettente della televisione digitale terrestre
si tramuti in un reale cambiamento del grado di concorrenzialità del mercato
televisivo ed in un effettivo ampliamento del pluralismo culturale, politico ed
informativo”.
Per quanto concerne la diffusione della televisione digitale
terrestre, si ricorda che l’art. 25, co. 6, ha previsto l’intervento di un
regolamento governativo, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della legge, per definire gli incentivi
all’acquisto e alla locazione finanziaria necessari per favorire la diffusione
nelle famiglie italiane di apparecchi utilizzabili per la ricezione di segnali
televisivi in tecnica digitale.
Il regolamento in questione non è stato ancora adottato, in
quanto strettamente connesso all’effettivo sviluppo del processo di
privatizzazione della RAI. Infatti, il medesimo articolo 25 ha stabilito che il
regolamento debba disporre nei limiti della copertura finanziaria prevista a
tale scopo dalla legge e possa essere attuato ovvero modificato o integrato
solo successivamente alla riscossione dei proventi derivanti dall’alienazione
della partecipazione dello Stato nella RAI Spa. Si ricorda che l’art. 21, co. 7
della legge ha disposto che quota parte dei proventi derivanti dalle operazioni
di collocamento sul mercato di azioni ordinarie della RAI siano destinanti per
il 25% al finanziamento degli incentivi di cui all’articolo ora in esame (sullo stato del processo di privatizzazione
della RAI, v. scheda Il servizio pubblico radiotelevisivo).
Ulteriori disposizioni dell’articolo 25 riguardano:
§
l’applicazione del limite antitrust relativo
al numero complessivo di programmi irradiabili da uno stesso soggetto fino alla
completa attuazione del piano di assegnazione delle frequenze televisive in
tecnica digitale terrestre limite fissato al 20% e calcolato sul numero
complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati in ambito
nazionale su frequenze terrestri indifferentemente
in tecnica analogica o in tecnica digitale (comma 8).
I programmi televisivi irradiati in tecnica digitale possono
concorrere a formare la base di calcolo ove raggiungano una copertura pari al
50 per cento della popolazione. Al fine del rispetto del limite del 20 per
cento non sono computati i programmi che costituiscono la replica simultanea di
programmi irradiati in tecnica analogica (commi 8 e 9). Per la società
concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo i programmi
irradiati in tecnica digitale avvalendosi della riserva di blocchi di
diffusione non concorrono al raggiungimento del limite antitrust sopra descritto (comma 10);
§
la possibilità di prolungare – da parte del Ministero delle comunicazioni – il termine di validità delle concessioni e
delle autorizzazioni per le trasmissioni in tecnica analogica sino alla
scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle
trasmissioni in tecnica digitale (vedi scheda Sistema
radiotelevisivo – La conversione in tecnica digitale), subordinatamente
alla presenza delle condizioni di effettivo ampliamento dell’offerta e del
pluralismo (comma 11).
§
una disciplina “transitoria”, che fa salvo il
regime della licenza individuale (in
luogo del regime dell’autorizzazione previsto dall’articolo 5 della legge) per
l’attività di operatore di rete fino alla scadenza del termine previsto dalla
legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale
(comma 12).
Appare utile ricordare brevemente che il testo dell’articolo
25, e in particolare dei commi 1-4 (che costituiscono anche il presupposto
della disciplina recata dai successivi commi, in particolare 8-11), è stato
oggetto di numerose modifiche e riformulazioni nel corso dell’iter parlamentare, specie dopo il rinvio alle Camere del testo
originariamente approvato, ai sensi
dell’art. 74 Cost., da parte del
Presidente della Repubblica, avvenuto il 15 dicembre 2003 (DOC. I, n. 5). Una delle questioni
segnalate con il messaggio che accompagnava tale rinvio[5]
riguardava la cessazione del regime transitorio previsto dalla legge n.
249/1997 ed il rapporto della nuova disciplina transitoria per la conversione
dalla tecnica analogica alla tecnica digitale con la giurisprudenza costituzionale, in particolare con la sentenza n. 466/2002: tale
sentenza stabiliva la necessaria fissazione di un termine finale certo e non
prorogabile, che comunque non oltrepassasse il 31 dicembre 2003[6],
per la definitiva cessazione del “regime transitorio” (con gli effetti previsti
dalla normativa allora vigente per le emittenti eccedenti i limiti anti-trust, vale a dire, la trasmissione dei
programmi irradiati da tali emittenti esclusivamente via satellite o via cavo,
nonché la realizzazione da parte della RAI della terza rete senza pubblicità) [7].
In relazione alla data indicata, la Corte costituzionale precisava, in motivazione, che essa “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui all’art. 3, comma 7 della legge n. 249 del 1997” e che “…la presente decisione, concernente le trasmissioni radiotelevisive in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.
Il messaggio di rinvio del Capo dello Stato, nel richiamare i principali contenuti della sentenza n. 466 e del regime transitorio previsto dalla legge n. 249/97, evidenziava in particolare come la Corte avesse osservato da un lato che la situazione di fatto esistente “non garantisce l’attuazione del principio del pluralismo informativo esterno – che costituisce uno degli “imperativi” ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale”, e come, dall’altro, l’ultima considerazione in diritto precisasse che la decisione, concernente le trasmissioni televisive in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, “non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.
Pertanto, il messaggio concludeva, su questo punto, che “per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante da tale espansione” (si intende, della tecnica di trasmissione digitale terrestre).
Sulla base di tali premesse, nel messaggio si lamentava, da un lato, che il termine assegnato all’Autorità per la verifica[8] si traduceva, di fatto, nella proroga di un anno del termine fissato dalla Corte costituzionale e, dall’altro, si rilevava la mancanza di indicazioni precise in ordine al tipo ed agli effetti dei provvedimenti successivi all’eventuale esito negativo dell’accertamento (relativo alle condizioni “minime” che avrebbero dovuto garantire il pluralismo), e dunque, ai poteri dell’Autorità conseguenti all’accertamento[9].
Ancora con specifico riferimento alla questione del termine, riprendendo
un passaggio del considerato in diritto della sentenza n. 466/2002, il Capo
dello Stato osservava che “il 1° gennaio 2004 può essere considerato come il dies a quo non di un nuovo regime
transitorio, ma dell’attuazione delle predette modalità di cessazione del
regime medesimo, che devono essere determinate dal Parlamento entro il 31
dicembre 2003. Si rende, inoltre, necessario indicare il dies ad quem e, cioè, il termine di tale fase di attuazione”. Tale
osservazione appare connessa a quel passaggio introduttivo, di carattere più
generale, nel quale si segnala che per poter giudicare superabile il limite
temporale fissato nel dispositivo della sentenza, deve necessariamente
ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del
pluralismo derivante dall’espansione della tecnica digitale terrestre.
Occorre infine ricordare che, a seguito della sentenza della
Corte costituzionale n. 466/2002, è stato adottato il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352, recante “Disposizioni
urgenti concernenti modalità di definitiva cessazione del regime transitorio
della legge 31 luglio 1997, n. 249” (convertito con modificazioni dalla legge
24 febbraio 2004, n. 43), il quale ha in parte ripreso, in parte anticipato
alcune norme dell’art. 25 della legge n. 112.
Con tale decreto sono stati infatti previsti adempimenti
dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni finalizzati a verificare
l’effettivo ampliamento delle offerte televisive e del pluralismo attraverso
nuove reti digitali terrestri, sulla base di alcuni parametri ivi indicati
(confluiti nell’art. 25 della legge n. 112 ); sono stati previsti termini più
ravvicinati (rispetto al testo nella versione rinviata alle Camere dal Capo
dello Stato), entro cui doveva
intervenire l’accertamento; si è poi precisato quali provvedimenti
poteva adottare l’Autorità al termine della verifica; è stata, infine,
introdotta una disposizione che esplicitamente consentiva alle reti
“eccedentarie” di proseguire nell’esercizio dell’attività, e alla RAI di avvalersi
di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti “fino alla data di adozione
delle deliberazioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” [10].
Alla disciplina recata dall’art. 1, commi 1 e 2 del DL 352/2003,
come risultante a seguito dell’approvazione della legge di conversione, è stata
uniformata la formulazione dell’articolo
25 della legge n. 112, e in particolare, delle norme di cui ai commi 3 e 4, laddove sono stati
previsti tempi e criteri dell’accertamento, da parte dell’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni, sull’offerta dei programmi televisivi digitali
terrestri .
[1] La scadenza è individuata dalla normativa vigente nel 31 dicembre 2008.
[2] Ciò, nei limiti e nei termini previsti dal
regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale,
adottato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n.
435/01/CONS, che si fonda sulla legge n. 66/2001 (di conversione del DL n.
5/2001). Al fine della realizzazione delle reti digitali sono consentiti i
trasferimenti di impianti e rami d’azienda tra soggetti che esercitano
legittimamente l’attività televisiva in ambito nazionale e locale.
[3] Nella fase di transizione al digitale la
società concessionaria deve assicurare, comunque, la trasmissione di tre programmi
televisivi in tecnica analogica in chiaro e, nei tempi e nei modi
sopradescritti, di tre programmi televisivi in tecnica digitale in chiaro. Il
comma 5 è stato poi integrato con l’ulteriore compito per la concessionaria di
attuare “condizioni di effettivo pluralismo territoriale, in particolare
ripartendo in modo equilibrato, anche in proporzione al numero di abbonati,
l’ideazione, la realizzazione e la produzione di programmi con diffusione in
ambito nazionale tra i centri di produzione e le sedi regionali”.
[4] Si ricorda che tale ultima disposizione
attribuisce appunto all’Autorità il potere di adottare i provvedimenti
necessari per eliminare o impedire il formarsi di posizioni dominanti (di cui
al co. 1 dell’attuale art. 7) o comunque lesive del pluralismo, anche
attraverso la dismissione di aziende o di rami d’azienda, da effettuarsi entro
un termine congruo e comunque non superiore a dodici mesi.
[5] Il
messaggio faceva direttamente riferimento alla disciplina transitoria prevista
dall’articolo 25 dell’AC 310 e abb.-D, richiamando in particolare i commi 1, 2
e 3 dell’articolo, che definivano appunto termini e modalità per verificare
l’ampliamento dell’offerta di programmi e del pluralismo nel sistema televisivo.
[6] Tale termine, come evidenziato dalla
medesima sentenza, è stato ricavato dalla valutazione di congruità tecnica dei
tempi di passaggio al regime definitivo effettuata dalla Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 346/01/CONS (intervenuta sulla base dell’art. 3, commi 6
e 7 della legge n. 249). L'Autorità aveva indicato la data del 31 dicembre 2003
quale termine ritenuto sufficiente per le semplici operazioni di trasferimento
delle reti analogiche eccedenti, tanto in chiaro che in forma codificata; la
Corte ha ritenuto congruo tale termine “a prescindere dal raggiungimento della
prevista quota di "famiglie digitali", che rimane indipendente dalle
operazioni tecniche di trasferimento verso sistemi alternativi a quello
analogico su frequenze terrestri”. In proposito si ricorda che la delibera
citata prevedeva altresì la possibilità che il termine fosse posticipato dalla
stessa Autorità (con decisione da adottare entro il 31 gennaio 2003), in
relazione alla verifica della quota di famiglie digitali (che avrebbero dovuto
essere almeno il 35%) effettivamente presenti alla data del 31 dicembre 2002.
L’Autorità, nell’ambito della Relazione annuale sull’attività svolta presentata
alle Camere nel luglio 2003 , ha precisato che, a seguito dell’intervento della
sentenza della Corte costituzionale n. 466 del 2002, non si riteneva più
necessario portare a termine la verifica dell’effettiva quota di famiglie
digitali al 31 dicembre 2002, cui era subordinata la possibilità di anticipare,
posticipare o confermare il termine già indicato dalla delibera n.
346/2001/CONS, e confermato dalla sentenza della Consulta.
[7] Più specificamente, tali effetti erano
dovuti alla L. 249/1997, i cui limiti “anticoncentrazione” erano stati
stabiliti a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 420/94
(v. scheda Sistema radiotelevisivo – Giurisprudenza costituzionale)
[8]
Si ricorda che il testo oggetto di
rinvio da parte del Presidente della Repubblica (v. AC 310-D) prevedeva che
l’Autorità procedesse alla verifica “entro i dodici mesi successivi al 31
dicembre 2003”.
[9] Il testo oggetto di rinvio (AC 310-D) prevedeva che, a seguito dell’accertamento, l’Autorità invia una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari ed “eventualmente formula proposte di interventi diretti a favorire l’ulteriore incremento dell’offerta di programmi televisivi digitali terrestri e dell’accesso ai medesimi”
[10] In particolare l’articolo 1 del decreto legge
ha previsto la scadenza del 30 aprile 2004 per lo svolgimento da parte
dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dell’esame della complessiva
offerta dei programmi televisivi digitali terrestri allo scopo di accertare
contestualmente la sussistenza delle condizioni richieste, “anche tenendo conto
delle tendenze in atto nel mercato”, nonché il termine di trenta giorni per
l’invio, da parte dell’Autorità, della relazione al Governo ed alle competenti
Commissioni parlamentari nella quale dar conto dell'accertamento effettuato;
“ove l'Autorità accerti che non si siano verificate le predette condizioni,
adotta i provvedimenti indicati dal comma 7 dell'articolo 2 della legge 31
luglio 1997, n. 249”. Il comma 3 ha poi previsto che “fino alla data di
adozione delle deliberazioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,
è consentito alle emittenti che superino i limiti di cui ai commi 6, 7 e 11
dell'articolo 3 della legge 31 luglio 1997, n. 249, di proseguire l'esercizio
delle reti eccedenti tali limiti e alla società concessionaria del servizio
pubblico radiotelevisivo di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le
proprie reti televisive analogiche e digitali”.