Il settore portuale

Il quadro normativo

Nella XIV legislatura, il settore portuale è stato oggetto di particolare attenzione, in quanto settore produttivo coinvolto in un processo sempre più ampio di liberalizzazione e privatizzazione a livello nazionale ed internazionale.

La legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante “Riordino della legislazione in materia portuale” - che reca la normativa tuttora vigente nel settore - ha innovato il precedente modello organizzativo, basato su porti interamente pubblici – non più rispondente alle esigenze dell'industria del trasporto marittimo e intermodale e della portualità in generale - introducendo al suo posto il modello denominato “landlord port authority”, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali - che sono affidate al soggetto pubblico, in particolare alle Autorità portuali (v. scheda Le Autorità portuali) - e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, che sono affidate a privati, fermo restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.

Successivamente, la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione ha significativamente mutato il quadro delle competenze istituzionali in materia portuale. In particolare, il nuovo dettato dell'articolo 117 della Costituzione ha incluso i “porti e le grandi reti di trasporto e di navigazione” tra le materie di legislazione concorrente dello Stato e delle regioni, nel contempo riservando alla legislazione esclusiva dello Stato la disciplina di materie oggettivamente connesse a queste ultime, quali la sicurezza, le dogane e la tutela dell'ambiente; sono altresì riservati alla competenza statale gli ambiti materiali dell'ordinamento e organizzazione degli enti pubblici nazionali, nel cui ambito vanno annoverate le Autorità portuali. Il nuovo articolo 118, a sua volta, ha sancito il principio di sussidiarietà (verticale ed orizzontale), conferendo nuovo rilievo alle autonomie territoriali e ai privati (v. capitolo Rapporti Stato – autonomie territoriali).

L’indagine conoscitiva sull’assetto del settore portuale

L’attenzione del Parlamento sul settore portuale si è concentrata essenzialmente sul ruolo delle Autorità portuali, sull’attuazione della legge 84/1994, sui finanziamenti al sistema portuale e alle autorità portuali. Tali problematiche sono state oggetto di approfondimento in varie sedi parlamentari (in particolare nell’ambito del disegno di legge S. 2757, di riforma della legislazione in materia portuale, di atti di sindacato ispettivo e di documenti di indirizzo) oltre a costituire i temi di un’articolata indagine conoscitiva sull'assetto del settore portuale svolta dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati e conclusa con l’approvazione di un documento conclusivo (DOC XVII, n. 16).

L’indagine è nata dall’esigenza di conoscere meglio le problematiche connesse al settore portuale e di elaborare un quadro completo delle principali questioni e criticità emerse durante i dieci anni di attuazione della legge 28 gennaio 1994, n. 84.

Nel corso dell’indagine l’attenzione si è concentrata sui seguenti profili:

Ø      natura “nodale” del porto, inteso come un nodo fondamentale della rete dei trasporti in quanto interfaccia intermodale tra trasporto marittimo e trasporti stradali, ferroviari ed aerei, per il trasporto di persone e merci. Il documento conclusivo evidenzia come il porto non possa essere considerato in modo avulso dal sistema infrastrutturale e debba rispondere alle esigenze di traffico delle merci e di persone. Per evitare che le frizioni nei passaggi intermodali determinino rallentamenti nel trasporto, con conseguenze in termini di costi, e quindi di competitività complessiva è necessario che i porti siano adeguatamente collegati con il territorio circostante. I porti sono poi visti come un elemento essenziale in un progetto di riequilibrio intermodale nel trasporto delle merci: lo spostamento dei traffici dalla gomma al mare è indispensabile per non frenare la crescita economica e per garantire adeguati livelli di sicurezza stradale e di sostenibilità ambientale;

Ø      natura integrata del sistema di trasporto: in tale ambito si inseriscono le “autostrade del mare” ossia il trasporto effettuato su più percorsi, in parte “tracciati” (tratte terrestri) ed in parte “non tracciati” (tratte marittime), in una logica di trasporto in grado di offrire una maggiore competitività rispetto alla sola modalità terrestre congestionata e ormai vicina al punto di saturazione.  Nel corso dell’indagine conoscitiva è emerso che tale modalità di trasporto risponde alla domanda di una moderna logistica in cui il flusso di trasporto si snodi senza soluzione di continuità per tutto il percorso. Il programma europeo “Autostrade del Mare” (Motorways of the Sea)[1] infatti si fonda su una logica di sistema integrato di trasporti, attraverso il quale l’accrescimento dell'efficacia e della competitività della modalità di trasporto combinata strada-mare avviene compatibilmente alla tutela dell'ambiente ed al decongestionamento delle strade, in un'ottica di sviluppo eco-sostenibile. A livello nazionale sono state adottati  diversi interventi per dare attuazione al progetto comunitario delle Motorways of the Sea. Tra questi vanno ricordati in particolare - oltre all'istituzione della società Rete Autostrade Mediterranee (RAM)[2], - i finanziamenti per la riqualificazione e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali disposti con le leggi n. 413 del 1998 e n. 166 del 2002 (v. scheda Le Autorità portuali), gli incentivi all'autotrasporto per il trasferimento di traffico dal tutto-strada al combinato strada-mare con l'introduzione del cosiddetto Ecobonus (legge n. 265 del 2002) ed il potenziamento degli impianti e della piattaforme logistiche portuali disposto con la legge obiettivo (v. capitolo La legge obiettivo);

Ø       ruolo delle Autorità portuali e procedura di nomina dei presidenti delle Autorità (v. capitolo Le Autorità portuali);

Ø      autonomia finanziaria delle Autorità portuali, investimenti nel settore portuale e regime fiscale (v. capitolo Le Autorità portuali);

Ø      pianificazione portuale e aspetti connessi alla gestione del territorio nella direzione di un sempre maggiore snellimento nelle procedure, nella certezza dei tempi e nell’integrazione tra porti e città: secondo quanto emerso nell’indagine, la programmazione del sistema portuale, sulla base degli indirizzi e degli obiettivi nazionali, diventa centrale in una logica di pianificazione integrata territoriale e di programmazione negoziata con tutte le realtà produttive, del trasporto e della logistica, anche alla luce delle competenze concorrenti delle regioni dettate dall’articolo 117 della Costituzione;

Ø      disciplina del lavoro portuale: particolare attenzione è stata posta alle questioni inerenti la prestazione dei servizi portuali e la disciplina del lavoro, al fine di assicurare che siano garantiti adeguati standard di affidabilità ed efficienza delle prestazioni e delle maestranze ivi impiegate, garantendone la coerenza con la disciplina comunitaria in materia. La legge n. 84 del 1994 ha infatti fortemente innovato la disciplina e l'assetto del mercato, nella direzione di una maggiore liberalizzazione e privatizzazione dell'industria portuale;

Ø      interventi per assicurare un elevato livello sicurezza nei porti dal punto di vista della safety e della security. Nel coso dell’indagine è stato chiarito come per “sicurezza” in ambito portuale si intenda tradizionalmente la tutela dell'incolumità delle persone in caso di incidenti sul mare o nei porti, nonché la prevenzione degli incidenti tipicamente connessi alle attività portuali e alla navigazione (safety). Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, la nozione di sicurezza si è estesa fino a comprendere anche la prevenzione contro gli atti terroristici (security), tanto più importante in quanto la progressiva apertura dei mercati internazionali e l'innovazione tecnologica hanno trasformato i porti in snodi fondamentali del sistema mondiale dei trasporti e dei traffici. In particolare, il tema della security in ambito portuale ha acquisito rilevanza concreta con l'emanazione del codice ISPS (International Ship and Port Facility Security) dell'IMO (International Marittime Organization), che stabilisce misure di security da adottarsi sulle navi in navigazione internazionale.

Dall’indagine conoscitiva è emersa l’esigenza di un aggiornamento e non di una modifica complessiva della legge 84/1994, vista la positiva impostazione generale della stessa e la necessità di adeguare il tessuto normativo alle nuove esigenze del settore con particolare riferimento alla crescente globalizzazione ed alla più marcata integrazione comunitaria dei traffici via mare: da qui l’opportunità di interventi volti ad un effettivo rilancio del settore - con il coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti - per riuscire a rispondere al meglio alle nuove sfide connesse al ruolo che l’economia marittima in generale - e in particolare lo sviluppo dei traffici portuali – possono svolgere nel contesto nazionale ed internazionale.

Presupposto fondamentale, da più parti evidenziato nel corso dell'indagine, è quello di considerare l'insieme dei porti italiani come ”sistema” per poter essere efficacemente competitivi su scala mondiale, individuando la struttura portuale quale rete e non quale singolo elemento di un complesso di realtà distribuite sul territorio. In tale contesto, quindi, occorre promuovere – sempre secondo le conclusioni del documento - ogni forma di sinergia e di cooperazione tra i diversi ruoli istituzionali, amministrativi, economici e sociali che concorrono allo sviluppo ed alla vita del porto, al suo interno ed all'esterno, ivi comprese le realtà locali, accanto alla definizione di procedure snelle, efficaci e competitive rispetto agli altri porti europei e mondiali.  

Il documento conclusivo evidenzia inoltre l’esigenza di una maggiore specializzazione dei porti italiani, distinguendo quelli la cui attività è focalizzata in traffico merci da quelli la cui attività si concentra sul traffico passeggeri, e valutando la possibilità di una maggiore differenziazione dei modelli gestionali a fronte di una tripartizione di ruoli tra porti di transhipment[3], porti a scalo diretto e porti feeder regionali. In tale modo, si potrebbe puntare sulle diverse peculiarità facendo in modo che tutte possano concorrere allo sviluppo del sistema portuale italiano nell'ambito di una più complessiva strategia nazionale volta ad elevare il livello di competitività al fine di rispondere più efficacemente alle sempre maggiori sfide del mercato globalizzato.



[1]     Si tratta di un programma inserito - durante il semestre di Presidente italiana dell'Unione europea nel programma Quick start che è il cardine dell'Iniziativa europea per la crescita (adottata dal Consiglio europeo il 5 dicembre 2003) che si propone lo sviluppo delle reti transeuropee del trasporto, dell'energia e delle telecomunicazioni (Trans-European Networks, TEN). Nell'ambito dei trasporti il programma individua 29 progetti prioritari per la realizzazione di altrettante reti transeuropee destinate a costituire le fondamentali direttrici di traffico (cosiddetti corridoi) all'interno dell'Unione europea e in raccordo con gli Stati confinanti. Nell'ambito del programma Quick start è stato previsto il collegamento di alcuni dei grandi corridoi europei del trasporto ai principali porti del nostro Paese, ponendo le premesse per un recupero di centralità dei porti italiani e sud-europei.

[2]     Rete Autostrade Mediterranee S.p.A. è la società creata da Sviluppo Italia nel marzo 2004 che opera in base a una convenzione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per attuare il programma Autostrade del Mare. Rete Autostrade Mediterranee pianifica e coordina gli interventi legati alle Autostrade del Mare, favorendo lo sviluppo di nuovi accordi bilaterali e multilaterali tra l’Italia e i paesi partner del Mediterraneo e individuando risorse finanziarie comunitarie da destinare ai progetti nazionali.

[3]     Uno schema di trasporto che consiste in un complesso di procedure relative al trasferimento (sbarco/reimbarco) di contenitori dalle grandi navi portacontainers (o navi madri) su battelli di dimensioni minori definiti navi feeder. Con questi sistemi, dai grandi porti internazionali (detti hub transhipment) caratterizzati da retroterra continentale (come i porti di Rotterdam, New York o Singapore) è possibile trasferire le merci o sui treni, mediante i percorsi dei landbridges, o sulle reti di navi feeder verso porti che servono retroterra o hinterland regionali.