La legge obiettivo

Le nuove procedure per le opere strategiche

Il nuovo quadro normativo delineato dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 e dal relativo provvedimento di attuazione costituito dal decreto legislativo 1° agosto 2002, n. 190 (come successivamente integrato e modificato dai decreti legislativi n. 9/2005 e n. 189/2005) si propone di definire una disciplina speciale per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale.

 

Occorre inoltre sottolineare che, nell’esercizio della delega conferita dall’art. 25 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) per il recepimento delle direttive quadro in materia di appalti (2004/17/CE e 2004/18/CE), il Governo, nel riscrivere l’intera legge Merloni (v. capitolo La riforma della “legge Merloni”) ha provveduto, ai fini di un coordinamento delle norme esistenti per la creazione di un testo unico degli appalti, a trasporre nel cd. “codice dei contratti pubblici” (decreto legislativo n. 163 del 2006) (in particolare nella Parte II, Titolo III, Capo IV, comprendente gli articoli 161-194) anche la disciplina speciale prevista per le cd. opere strategiche dal d.lgs. n. 190/2002 (di cui è prevista l’abrogazione da parte dell’art. 256 del citato codice). Si rinvia, in proposito, alla scheda Il codice dei contratti pubblici.

 

Le principali finalità perseguite dalla disciplina speciale delle opere strategiche sono:

§         la programmazione annuale degli interventi;

§         l’accelerazione delle procedure amministrative;

§         l’incentivazione dell’afflusso di capitali privati.

 

Il nuovo regime normativo introdotto poggia su una programmazione annuale, affidata al Governo (ma, comunque, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni) delle cd. infrastrutture strategiche da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.

 

Si ricorda, in proposito, che tale finalità è stata integrata dall'art. 4, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004), secondo cui le deleghe contenute nella legge obiettivo (e dunque i programmi volti alla realizzazione di infrastrutture ed insediamenti strategici produttivi) devono servire anche ad assicurare l’«efficienza funzionale ed operativa e l'ottimizzazione dei costi di gestione dei complessi immobiliari sedi delle istituzioni dei presidi centrali e la sicurezza strategica dello Stato e delle opere la cui rilevanza culturale trascende i confini nazionali».

 

L’art. 1 della legge n. 443 del 2001 prevede, infatti, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate[1] predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Pertanto, lo stesso Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del DPEF.

Si ricorda che, in sede di prima applicazione, il programma delle infrastrutture strategiche (PIS) è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121.

Negli anni successivi il DPEF, presentato al Parlamento, ha indicato gli elenchi di opere rientranti nel PIS ed ammessi, pertanto, alla disciplina speciale.

Sullo stato della programmazione e della relativa attuazione si veda la scheda Legge obiettivo – Il Programma infrastrutture strategiche.

 

Dal punto di vista delle procedure amministrative, le maggiori novità sono state introdotte dall’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 (riprodotto dall’art. 165 del cd. codice appalti) che, in conformità alle previsioni della legge delega, ha provveduto allo snellimento e all’accelerazione delle procedure di autorizzazione che precedono la realizzazione di un'opera (iter di progettazione, localizzazione e valutazione d’impatto ambientale).

Rispetto all’ordinario iter autorizzatorio previsto dalla legge quadro sui lavori pubblici n. 109 del 1994 (riscritta dal codice appalti), la normativa speciale per le cd. grandi opere prevede - tra l’altro - che sia anticipato alla fase della progettazione preliminare (anziché a quella della progettazione definitiva) il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA), di intesa Stato-Regioni sulla localizzazione dell’opera e l'individuazione di un esatto limite di spesa, comprensivo, eventualmente, delle misure compensative dell'impatto territoriale a favore delle comunità locali. Vengono previsti, inoltre, tempi massimi per le varie fasi della progettazione (la cui approvazione viene affidata al CIPE, che svolge un ruolo centrale nell’ambito delle procedure previste per le opere strategiche) e modificata la disciplina della conferenza di servizi (cfr. artt. 165-168 del codice appalti).

 

Per quanto riguarda l’aspetto finanziario della nuova disciplina, questa ha principalmente l’intento – attraverso le modifiche del quadro normativo – di favorire l’afflusso di capitali privati al finanziamento delle grandi opere pubbliche.

Al conseguimento di tale finalità sono da connettere le modifiche della disciplina del project financing contenuta negli artt. 37-bis, 37-ter e 37-quater della legge n. 109 del 1994 (v. capitolo La riforma della legge Merloni e la scheda Il project financing), le modifiche alla normativa sulle concessioni, nonché l’introduzione di una disciplina del contraente generale, fra i cui requisiti si indica “l’assunzione dell’onere relativo all’anticipazione temporale del finanziamento necessario alla realizzazione dell’opera in tutto o in parte”. A seguito di tale finalità generale, il decreto legislativo n. 190/2002 ha previsto una serie di disposizioni relative al finanziamento delle opere (si segnalano, in particolare, quelle contenute agli articoli 7-9, ora riprodotti dagli articoli 174-176 del codice appalti).

La citata introduzione nel sistema italiano della disciplina giuridica della figura del general contractor come soggetto che può intervenire nella realizzazione di lavori pubblici rappresenta uno dei punti maggiormente caratterizzanti la delega recata dalla legge n. 443 del 2001 e attuata con il d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190.

Alla disciplina normativa di tale figura si è provveduto infatti con l’articolo 9 del d.lgs. n. 190 (ora trasposto nell’art. 176 del codice appalti), in conformità ai principi direttivi contenuti nella legge 443.

Sono stati quindi delineati i requisiti del contraente generale: si tratta di un soggetto che deve essere dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere, nonché di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria, in quanto è a lui che viene attribuito il compito di eseguire l’opera con qualsiasi mezzo e di provvedere al prefinanziamento – in tutto o in parte – dell’opera da realizzare.

La maggior parte dei compiti affidati al general contractor inerenti all’opera pubblica, non sono solo quelli di esecuzione, ma anche quelli prodromici, tipici della stazione appaltante (vale a dire quelli di progettazione ed espropriazione delle aree) e di direzione dei lavori.

Inoltre, il prezzo viene pagato al contraente generale in tutto o in parte dopo l’ultimazione dei lavori, sicché sul contraente grava anche il prefinanziamento dell’opera da realizzare. Il sistema italiano, invece, esclude la possibilità di affidare allo stesso la gestione dell’opera realizzata (concessione), che può invece essere affidata – una volta conclusa l’opera – ma a soggetto diverso dal general contractor.

Per quando riguarda poi l’esecuzione dei lavori il contraente generale, assumendo l’impegno di «esecuzione con qualsiasi mezzo» ha maggiore libertà rispetto al concessionario, infatti può eseguire i lavori direttamente, ovvero affidandoli in tutto o in parte a soggetti terzi.

Con il decreto legislativo 10 gennaio 2005, n. 9 è stato poi istituito un sistema di qualificazione dei contraenti generali delle opere strategiche e di preminente interesse nazionale, distinto dal sistema di qualificazione delle imprese meramente esecutrici di lavori pubblici.

Per ulteriori approfondimenti sulle nuove norme introdotte nell’ordinamento nazionale in materia di affidamento al contraente generale si veda la scheda Legge obiettivo - La disciplina del contraente generale.

Il finanziamento delle grandi opere

L’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 prevede che all’interno del DPEF sia inserito annualmente il programma delle opere strategiche con l’indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione e che, successivamente, il Governo indichi nel disegno di legge finanziaria “le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili”.

 

I finanziamenti recati annualmente con legge finanziaria non rappresentano, dunque, la copertura dell’intero fabbisogno per la realizzazione del programma, né con essi si esaurisce il quadro delle risorse impiegabili, poiché nel programma possono essere inserite opere che si trovano a differenti stadi (sia di progettazione sia di finanziamento). Come specificato dalla disposizione citata, i finanziamenti recati in finanziaria sono (o possono essere) integrativi rispetto a risorse già precedentemente stanziate, o a finanziamenti comunitari o a finanziamenti privati.

 

Le risorse aggiuntive per l’attuazione del PIS sono state principalmente stanziate dall’art. 13, comma 1, della legge n. 166 del 2002 (cd. collegato infrastrutturale alla manovra finanziaria), successivamente integrate soprattutto dalla tabella 1 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nonché dall’art. 1, comma 78, della legge n. 266/2005 (finanziaria per il 2006), per un importo complessivo di circa 13,5 miliardi di euro. Per un esame dettagliato delle risorse assegnate al PIS si veda la scheda Legge obiettivo - Il Programma infrastrutture strategiche.

Infrastrutture S.p.A.

Accanto ai finanziamenti citati, l’articolo 8 del decreto legge n. 63 del 15 aprile 2002[2], ha cercato di sostenere il finanziamento del PIS attraverso la creazione di una struttura finanziaria dedicata, la Infrastrutture S.p.A.

Tale articolo 8, infatti, ha consentito alla Cassa depositi e prestiti di costituire un’apposita società finanziaria per azioni (Infrastrutture S.p.A., appunto) sottoposta alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze, al fine di favorire, attraverso la concessione di finanziamenti e la prestazione di garanzie, la realizzazione di infrastrutture e di grandi opere pubbliche e investimenti a sostegno dello sviluppo economico.

La costituzione è avvenuta in data 9 dicembre 2002, tuttavia l’art. 1, commi 79-83, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006) ha successivamente disposto la fusione per incorporazione della Infrastrutture S.p.A. nella Cassa depositi e prestiti S.p.A.

 

Sul rapporto fra Infrastrutture S.p.A. e modalità di finanziamento delle opere ferroviarie della TAV, ai sensi dell’art. 75 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria per l’anno 2003), si ricorda, quanto affermato dall’On. Cicolani, relatore sulla tabella 10 e sulle parti ad essa relative del disegno di legge finanziaria 2006:

“Un’altra norma che può essere trascurabile quanto agli effetti concreti, ma che non lo è sotto molti altri punti di vista, è quella che dispone la fusione per incorporazione di Infrastrutture S.p.A (ISPA), nella Cassa depositi e prestiti S.p.A.. Si tratta di un fatto scarsamente rilevante quanto agli effetti pratici, quantomeno per ciò che interessa la nostra Commissione, perché viene salvato il finanziamento del Sistema alta velocità/alta capacità, che era finanziato attraverso ISPA sulla base dell’articolo 75 della legge n. 289 del 27 dicembre 2002, la legge finanziaria per il 2003. E` questo un passaggio importante, perché ad Infrastrutture S.p.A. era stato attribuito, con una certa enfasi, un determinato ruolo che resta importante, ma che ora verrà svolto dalla Cassa depositi e prestiti. Con il comma 79 si esauriscono i dubbi che in questa Commissione erano stati posti sulla possibilità che proprio attraverso ISPA si ripetesse quanto accaduto con l’IRI; viene dunque a cessare la ragione di queste riflessioni e di queste preoccupazioni.

 

Si ricorda, infine, come elemento che probabilmente ha sorretto la decisione del Governo in merito ad Infrastrutture S.p.A., la decisione EUROSTAT del 23 maggio 2005 che ha affermato la natura comunque pubblica del debito contratto da ISPA per finanziare l’alta velocità.

Altri provvedimenti

Nel corso della XIV legislatura all’emanazione delle norme principali volte a delineare la disciplina speciale per le opere strategiche, recate dalla legge obiettivo e dal relativo decreto delegato, hanno fatto seguito numerosi provvedimenti dalle varie finalità, dall’attuazione delle disposizioni di rango primario, all’estensione del regime speciale a particolari categorie di opere.

Un’importante intervento è stato attuato, ad esempio, con l’art. 5, commi 1-11, del decreto legge n. 35 del 2005[3] (cd. decreto competitività), le cui disposizioni si trovano ora trasposte nell’art. 194 del nuovo codice degli appalti recato dal codice appalti.

L’articolo citato contiene - tra le altre- una serie di disposizioni attraverso le quali, da una parte, il CIPE destina una quota del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS)[4] al finanziamento di interventi che, in coerenza con le priorità strategiche e i criteri di selezione previsti dalla programmazione comunitaria per le aree urbane, consentano di riqualificare e migliorare la dotazione di infrastrutture materiali e immateriali delle città e delle aree metropolitane, accrescendone le potenzialità competitive. Altre disposizioni dello stesso decreto hanno assoggettato alla disciplina speciale prevista per le opere strategiche le opere e i lavori previsti nell’ambito delle concessioni autostradali già assentite e la cui realizzazione o il cui completamento sono indispensabili per lo sviluppo economico del Paese, nonché alcuni interventi di riqualificazione della dotazione infrastrutturale delle aree urbane.

In merito a quest’ultimo aspetto si ricorda, altresì, che l’art. 11 del cd. ddl competitività, che tuttavia non ha concluso il proprio iter[5], prevedeva una serie di disposizioni intitolate “Legge obiettivo per le città” e recanti una disciplina procedurale volta a definire l’attuazione di interventi di riqualificazione in ambiti urbani e territoriali di area vasta, strategici e di preminente interesse nazionale attraverso l’approvazione di piani presentati dai Comuni, al fine di aumentare le potenzialità competitive a livello nazionale ed internazionale degli ambiti stessi.

Si ricorda, inoltre, l’art. 6 del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7[6] che ha ampliato i poteri dei commissari straordinari previsti dall’art. 13 del decreto legge n. 67 del 1997, con la finalità principale – evidenziata nella relazione illustrativa del ddl di conversione - di rilanciare lo strumento del Commissario per accelerare le opere comprese nel regime speciale di cui alla legge obiettivo.



[1] Per quanto riguarda la previsione normativa di tale intesa (secondo le modifiche alla legge n. 443 introdotte dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 166 del 2002), si ricorda che sul valore di essa è stato fondata dalla Corte costituzionale la valutazione di legittimità costituzionale della legge n. 443 (sentenza n. 303 del 2003). V. la scheda La legge obiettivo – Giurisprudenza costituzionale.

[2] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 15 Giugno 2002.

[3] Recante Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, pubblicato nella G.U. 16 marzo 2005, n. 62 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80.

[4] Istituito dall’art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003).

[5] AS 3533 (www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=14&id=142295), approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati (AC 5736) nella seduta del 5 luglio 2005.

[6] Convertito, con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005.