Politiche per la competitività

Nel nuovo scenario iper-competitivo dell’economia globale emerge in modo pressante la necessità di politiche di sviluppo che consentano al nostro sistema produttivo di ricollocarsi adeguatamente nei nuovi assetti internazionali.

La crescita di competitività del Paese è stata quindi un tema centrale di tutti i documenti di programmazione economico-finanziaria approvati nel corso della legislatura, in diretta connessione con gli obiettivi di sviluppo e di creazione di impieghi fissati dall’Unione europea a Lisbona.

A questo riguardo è stata più volte sottolineata la crescente interdipendenza tra i vari fattori economici e giuridico-istituzionali nonché l’esigenza di utilizzare strumenti in grado di garantire l’organizzazione di un mercato realmente aperto e competitivo basato sulla conoscenza, lo sviluppo industriale e la sempre più estesa diffusione e diversificazione del settore dei servizi.

In questo senso sono stati ricondotti al tema della competitività anche alcuni dei principali interventi legislativi realizzati nel corso della legislatura, quali la riforma del mercato del lavoro, del diritto societario e della scuola.

Più specificamente, le azioni volte al recupero di competitività del sistema produttivo si sono poste obiettivi quali il sostegno alla ricerca e all’innovazione, il consolidamento dei sistemi locali e la crescita dimensionale delle imprese, la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, la liberalizzazione dei mercati dei servizi, la riforma del settore energetico, lo sviluppo dei mercati dei capitali di rischio, la semplificazione amministrativa, la razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali.

Si tratta di questioni che solo in parte rientrano nelle competenze della Commissione attività produttive e possono quindi essere trattate in questa sede.

Ciò vale anche per il complesso delle misure contenute nel Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (cdpacchetto per la competitività”), presentato dal Governo nel marzo 2005 e composto da:

§      un decreto legge (D.L. 14 marzo 2005, n. 35, recante Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80);

§      un disegno di legge (A.C. 5736, ”Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, che è stato approvato dalla Camera, con modificazioni, il 5 luglio 2005, e quindi trasmesso al Senato (A.S. 3533), che non ne ha però concluso l’esame.

D’altra parte, molti degli interventi di competenza della Commissione attività produttive recati dal pacchetto per la competitività sono trattati in altri capitoli di questo dossier, essendosi ritenuto prevalente l’aspetto contenutistico rispetto alla finalità generale sottesa agli interventi stessi.

In questa sede si tratterà quindi solo dei profili attinenti alla razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali e di quelli relativi alla promozione della crescita dimensionale delle imprese.

Razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali

L’articolo 11 del DL n. 35/05 ha disposto l’istituzione del Fondo per il finanziamento degli interventi per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato (v. scheda Competitività - Orientamenti UE per le imprese in crisi).

Il DL ha altresì stabilito in 35 milioni di euro per l’anno 2005 la dotazione finanziaria del Fondo, ed ha inoltre previsto l’istituzione di un apposito Comitato tecnico, nominato con DPCM, al quale sono affidate le attività di coordinamento e di monitoraggio degli interventi consentiti dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato finalizzati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in crisi. Il Comitato opera sulla base degli indirizzi formulati dalle Amministrazioni competenti, le quali si avvalgono per la valutazione ed attuazione degli interventi stessi delle strutture di Sviluppo Italia spa[1], in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Le modalità attuative delle predette disposizioni saranno dettate dal Cipe.

Si ricorda inoltre, per contiguità di materia, che il citato DL 35/05, all’articolo 2, ha introdotto numerose novelle alla legge fallimentare (RD 16 marzo 1942, n. 267), dettando le prime disposizioni urgenti finalizzate, in particolare, alla modifica dell’istituto della revocatoria e delle procedure di concordato preventivo (v. scheda La novella alla legge fallimentare). Il Disegno di legge di conversione ha quindi conferito una delega al governo per la riforma organica delle procedure concorsuali di cui al medesimo R.D. n. 267/1942 (v. capitolo La riforma delle procedure concorsuali).

La delega è stata attuata con il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.

Il premio di concentrazione a favore delle pmi e delle microimprese

Nel nuovo scenario dell’economia globale, il recupero di quote di mercato del nostro sistema produttivo appare perseguibile in primo luogo attraverso l’attuazione di politiche di sviluppo che sappiano condurre da una strategia difensiva, fondata sul mero ripristino della competitività dei costi, ad una strategia di attacco, rivolta alla qualità e all’innovazione e finalizzata al radicamento diretto delle nostre PMI sui mercati di sbocco. Per raggiungere tale obiettivo è necessario tuttavia risolvere i problemi strutturali dell’economia italiana, tra i quali in primo luogo la dimensione limitata delle aziende, che impedisce la nascita di grossi gruppi capaci di affrontare con successo la concorrenza internazionale.

In questa prospettiva si collocano le misure finalizzate a favorire l’aggregazione tra imprese che sono contenute nell’articolo 9 del DL 35/05, il quale ha introdotto, tal fine, un credito di imposta a favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese che partecipino a processi di concentrazione (Per un approfondimento si rinvia alla scheda Competitività - Premio di concentrazione).

La nozione di “concentrazione” rilevante ai fini dell’’attribuzione del credito d’imposta – utilizzabile, quest’ultimo, esclusivamente in compensazione e pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relative alle operazioni di concentrazione - è stata successivamente estesa ad altre fattispecie, espressamente indicate dalla legge finanziaria per il 2006 (art. 1 comma 418 L.266/05).

Un "premio di concentrazione" in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese è stato previsto anche dall’art. 2 del DL 17 giugno 2005, n. 106, recante disposizioni urgenti in materia di entrate, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156.

All’agevolazione, che ricalca quelle introdotte dal DL 35/05, sono applicabili le norme sul premio di concentrazione previste dal quest’ultimo provvedimento, rispetto al quale il decreto-legge 106/05 non riprende le disposizioni relative alla definizione di “concentrazione”, prevedendo, inoltre, un calcolo del premio su basi e con metodo diverso.

Le condizioni al cui rispetto è subordinata l’attribuzione del contributo sono le seguenti:

a)        il processo di concentrazione/aggregazione deve essere completato, avuto riguardo agli effetti civili, entro i ventiquattro mesi successivi alla data in cui interviene l'approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato UE. Ciò implica la subordinazione dell’operatività del premio al parere favorevole della Commissione UE, a cui dovrà essere notificato il provvedimento[2];

b)        le imprese che partecipano al processo di concentrazione ovvero di aggregazione, comunque operato, devono rientrare nella definizione comunitaria di microimpresa e di piccola impresa di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE;

c)        tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione o di aggregazione devono avere esercitato attività omogenee nei due precedenti periodi d’imposta alla data in cui è ultimato il processo stesso.



[1]     La società Sviluppo Italia Spa è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 1/1999, con funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti. A tal fine, il D.Lgs. istitutivo prevedeva il conferimento in Sviluppo Italia o, comunque, l’acquisto da parte di essa, delle partecipazioni azionarie delle società che svolgevano le attività ad essa attribuite.

      A seguito del D.Lgs. n. 3/2000, che ha previsto la possibilità per la società di operare tramite propri rami di azienda, il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia Spa, nel gennaio 2000, ha deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia.

      Sviluppo Italia Spa, controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, detiene attualmente un portafoglio di partecipazioni costituito da circa 170 società. Le partecipazioni industriali riguardano prevalentemente i settori agroalimentare e turistico, ma sono presenti anche nei comparti manifatturiero, alta tecnologia e terziario.

      Per realizzare la propria missione istituzionale la società si avvale di un sistema integrato di strumenti finanziari e normativi.

      In particolare, Sviluppo Italia continua a gestire le leggi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite: l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore della IG (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”); la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione e lo sviluppo di attività imprenditoriali della SPI; il settore turistico della INSUD; le attività finanziarie di ITAINVEST; gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra.

[2]     Si ricorda che l'articolo 88, paragrafo 3, del trattato UE disciplina il trattamento dei nuovi aiuti di Stato. In particolare, i nuovi aiuti sono oggetto di un obbligo di notifica preliminare che consenta un controllo a priori. Gli Stati membri sono infatti tenuti a comunicare alla Commissione i progetti diretti ad istituire (o a modificare) aiuti. In conseguenza di tale obbligo, gli Stati non possono dare esecuzione alle misure progettate prima di aver ricevuto l'autorizzazione della Commissione.