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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Presunte violazioni di legge all'interno del Centro di permanenza temporanea di Pian del Lago - Caltanissetta - n. 2-00207)
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00207 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, il 21 ottobre dalle pagine del quotidiano la Repubblica abbiamo appreso la denuncia di un gruppo di immigrati - undici in totale - trattenuti nel centro di permanenza temporanea di Caltanissetta, in merito ad una fuga di immigrati da quel centro. Non era quello l'unico elemento importante contenuto nella denuncia che ha destato scandalo, ma anche una serie di dichiarazioni in merito a situazioni molto gravi, a loro avviso, avvenute all'interno di questo centro.
Intanto, secondo i denuncianti, la fuga sarebbe avvenuta a pagamento, con alcuni connazionali collocati all'esterno che aspettavano i fuggitivi per aiutarli a scappare nella totale indifferenza da parte delle forze dell'ordine. Gli immigrati hanno anche parlato delle difficoltà e del malfunzionamento del centro per quanto riguarda alcuni diritti elementari. In particolare, hanno denunciato vessazioni e discriminazioni da parte degli operatori avvenute sulla base della tonalità della pelle tra gruppi di immigrati africani differenti, oltre alla maggiorazione nei prezzi dei generi di consumo, al pagamento dei farmaci e a difficoltà di accesso alle cure mediche.
Pertanto, intendiamo rivolgere al sottosegretario le seguenti domande. Perché esiste la coesistenza fra gli spazi destinati ai richiedenti asilo e quelli adibiti a CPT? Quali sono le convenzioni vigenti tra il ministero e le associazioni di gestione dei centri, in particolare di quello in oggetto? Quali sono le modalità con cui vengono assunti i mediatori linguistici e culturali, ovvero gli interpreti, che a giudizio dei denuncianti hanno aiutato gli immigrati a fuggire? Perché i denuncianti sono stati fermati arbitrariamente dalla polizia ed interrogati in luoghi a ciò non preposti?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, vorrei subito dire all'onorevole Frias che la sollecitudine con cui ha raccolto la denuncia dei fatti emersa sul quotidiano è la stessa con cui il Ministero dell'interno ha reagito di fronte alle stesse informazioni.
Infatti, a seguito degli avvenimenti rappresentati, il Ministero dell'interno ha disposto un'inchiesta amministrativa sulla gestione di quel centro.
Dalle testimonianze riportate nell'articolo di giornale da cui ha preso le mosse la vicenda, sembrano emergere, soprattutto, discriminazioni ai danni di immigrati centroafricani da parte di immigrati di altri paesi e, in taluni casi, degli stessi operatori del centro, soprattutto mediatori culturali e traduttori. Debbo dire, però, che già ad una prima verifica, l'associazione di volontariato, la cooperativa AlbatrosPag. 641973, che gestisce il centro di Caltanissetta, ha respinto con fermezza come false le accuse.
Il prefetto di Caltanissetta, con decreto del 23 ottobre scorso, ha istituito un'apposita commissione ispettiva per effettuare una verifica straordinaria sulla cooperativa Albatros 1973, anche per la gestione dei campi di accoglienza ubicati nella contrada denominata Pian del Lago. La predetta commissione ha già iniziato i propri lavori di verifica amministrativo-contabile relativi alla predetta gestione, con particolare riferimento a quanto lamentato dagli ex ospiti del centro di accoglienza.
Il centro di accoglienza di Caltanissetta è stato istituito ai sensi della legge n. 563 del 1995, la cosiddetta legge Puglia, ed ha come finalità istituzionale quella di fornire un primo soccorso allo straniero irregolare, rinvenuto e/o sbarcato clandestinamente sul territorio nazionale, per un arco temporale limitato all'adozione del provvedimento, che ne legittimi la permanenza sul territorio nazionale ovvero ne disponga l'allontanamento. Per tale ragione, gli ospiti dei centri di accoglienza possono allontanarsi dalla struttura, previa autorizzazione delle forze dell'ordine, e sono quindi sottoposti, logicamente, ad un regime di trattenimento diverso da quello di chi è ospite nei centri di permanenza temporanea e di assistenza che, essendo destinatario di provvedimento di espulsione, non può lasciare spontaneamente la struttura e deve essere obbligatoriamente rintracciato dalla polizia.
Aggiungo che il centro è stato inserito nel programma di visite, che ricordavo prima, programmato dalla commissione presieduta dall'ambasciatore De Mistura, che ha visitato tutte le strutture di accoglienza localizzate in Sicilia e, successivamente ai fatti raccontati dal quotidiano, si è recato con la commissione anche a Caltanissetta. Siamo in attesa di conoscere la relazione sui risultati di quanto complessivamente riscontrato, anche ai fini (è questo l'obiettivo che ci eravamo dati) dell'elaborazione di possibili strategie future riguardanti il sistema complessivo dei centri per gli immigrati.
L'organizzazione di tutta la struttura di accoglienza insiste su un'area di 70 mila metri quadrati nella zona periferica di Caltanissetta, ove è in funzione, dal 10 agosto 2000, il centro di permanenza temporanea e di assistenza, con novantasei posti, e, dal 2 dicembre 2003, il centro di accoglienza, inizialmente di centocinquanta posti e, dall'ottobre 2005, di trecentodieci posti.
In applicazione di quanto disposto dal decreto del ministro dell'interno del 9 aprile 2006, vengono utilizzate, dal 21 giugno 2006, le strutture del centro di accoglienza come centro di identificazione, in attesa del completamento dei lavori di realizzazione di un apposito centro di identificazione e nella considerazione che tale ubicazione consente di realizzare la massima sinergia, anche in relazione all'interesse dell'immigrato stesso.
La presenza di locali adibiti a centro di identificazione per richiedenti asilo nello spazio della struttura destinata a centro di accoglienza è specificamente prevista dal comma 3 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2004. L'accesso ai centri avviene da una strada provinciale. All'interno, le aree dedicate al CDA e quelle del CPTA sono separate, anche grazie ad una recinzione oscurata, con autonomi servizi di vigilanza e di assistenza.
Preciso che i richiedenti asilo sono ospitati, inizialmente, nel centro di accoglienza, fino alla formalizzazione dell'istanza di asilo e, successivamente, trattenuti nel centro di identificazione. Gli stessi, durante il trattenimento nel centro di identificazione, hanno la possibilità, come dicevo, di allontanarsi.
Il funzionamento di ciascuna delle due autonome strutture è regolato dalle rispettive convenzioni, stipulate in conformità ed in attuazione delle direttive del Ministero dell'interno. Ho già avuto modo di dire, rispondendo ad un'interrogazione, sempre a firma dell'onorevole Frias, che, ove la Presidenza della Camera richiedessePag. 65al Ministero dell'interno il testo delle convenzioni, siamo pronti a metterlo a disposizione.
Come già detto, il centro è attualmente gestito dalla cooperativa sociale Albatros 1973 (con sede in Caltanissetta e con contratto fino al 31 dicembre 2006), alle cui dipendenze prestano servizio mediatori culturali ed interpreti messi a disposizione dallo stesso ente gestore.
Tale attività è attuata sulla base di quanto previsto nelle apposite linee guida per la gestione dei centri, che sanciscono l'obbligo di rispettare i diritti inalienabili delle persone ospitate, a qualunque etnia, cultura o confessione esse appartengano. La selezione degli operatori è curata direttamente da due dirigenti della medesima cooperativa e da uno psicologo, che valuta le caratteristiche del candidato in relazione alle attitudini umane e relazionali ed alla capacità di risoluzione dei problemi. I mediatori devono essere di madrelingua, con preferenza per coloro che hanno effettuato un corso di mediazione culturale, mentre, per gli interpreti, è requisito essenziale il possesso della laurea nella lingua richiesta. In entrambi casi, è comunque richiesta la conoscenza di almeno due lingue parlate.
In ordine alle circostanze relative agli interrogatori di cittadini extracomunitari riportati dalla stampa, sono tuttora in corso indagini di polizia giudiziaria, delegate dalla procura della Repubblica presso il locale tribunale e coperte da segreto istruttorio. Non risulta effettuato alcun fermo da parte del personale della squadra mobile della questura di Caltanissetta nei confronti dei medesimi cittadini, che sono stati rintracciati, invece, al fine di essere ascoltati per informazioni nell'ambito delle indagini. L'escussione dei medesimi, secondo quanto dichiarato dagli ufficiali di polizia giudiziaria, è avvenuta in un clima di assoluta serenità. In ogni caso, la procura della Repubblica di Caltanissetta non ha individuato ipotesi di reato nei confronti della cooperativa Albatros 1973.
Del gruppo dei dieci superstiti del naufragio avvenuto nel canale di Sicilia nella giornata del 19 agosto scorso, ospitati, a partire dal 5 ottobre scorso, presso la struttura di accoglienza gestita dall'associazione Acuarinto, due persone di nazionalità somala hanno presentato istanza di asilo, mentre i rimanenti otto, tutti di nazionalità eritrea, sono titolari di permesso di soggiorno per protezione umanitaria. L'associazione che li ha in carico gestisce l'accoglienza di 55 tra richiedenti asilo, rifugiati o soggetti titolari di protezione umanitaria attraverso due distinti progetti finanziati dal fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo e con il cofinanziamento del comune di Agrigento, soggetto promotore.
Nell'espletamento di tale attività, l'associazione, che dispone di locali messi a disposizione gratuitamente dall'azienda sanitaria locale di Agrigento n. 1 e di quattro appartamenti in città, destinati a gruppi familiari e ad altre categorie particolari di utenti, nell'ultimo triennio, ha assistito 197 persone nel 2004, 231 nel 2005 e 158 alla data del 26 ottobre 2006. Il progetto prevede l'alfabetizzazione nella lingua italiana e l'orientamento socio-assistenziale, che fornisce una prima consulenza su aspetti giuridico-legali, atti amministrativi, orientamento e supporto per l'inserimento lavorativo e per la ricerca di opportunità alloggiative. Sono previste anche l'assistenza e l'informazione sulla normativa italiana ed europea in materia di asilo.
Comunico che, dopo i colloqui sostenuti con gli operatori addetti, è emersa la volontà di tutti i dieci ospiti di essere trasferiti in una località lontana dal mare, la cui vista genera loro, verosimilmente in quanto scampati ad un naufragio, ricordi e sensazioni sgraditi per via della tragedia sofferta. In accoglimento di tale istanza, gli ospiti sono stati avviati verso altri centri. Ribadisco - l'ho detto anche prima - che al Governo sta a cuore la tutela dell'integrità ed anche della salute psicofisica degli ospiti dei centri, secondo i dettami della nostra Costituzione: ed è ferma intenzione verificare il pieno rispetto di essi all'interno di ogni struttura.
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di replicare.
MERCEDES LOURDES FRIAS. Vorrei ringraziare la sottosegretaria Lucidi per la sua risposta così esaustiva. Penso che la vicenda di cui si è fatto portavoce il giornale la Repubblica ci dia l'occasione per riflettere sulla natura stessa di questa risposta alle difficoltà di ingresso regolari in Italia: l'esistenza dei CPT, che sono i terminali della politica migratoria, quei non-luoghi in cui non vi è uno status giuridico per le persone che vi finiscono, che hanno una contraddizione nella stessa denominazione «permanenza temporanea». Se non sbaglio il termine «permanenza» indica una stabilità, mentre «temporaneo» indica una condizione di sospensione, come sono sospesi il diritto e la vita delle persone che finiscono in questi luoghi. Parlo di risposte sbagliate perché, come diceva bene la sottosegretaria Lucidi, delle undici persone che hanno fatto questa denuncia dieci erano superstiti di un naufragio (una di quelle stragi consumatesi nel Mediterraneo a cui abbiamo assistito questa estate) e hanno avuto il riconoscimento dello status di rifugiati e la protezione umanitaria. Ciò vuol dire che si trattava di persone che fuggivano da situazioni di persecuzione, e per loro fortuna sono state tra i pochi ad avere la possibilità di vedersi riconoscere quello status, forse proprio a causa della tragedia che si portavano dietro.
Ci sono tanti altri che non subiscono per loro fortuna la stessa sorte, nel senso che non devono assistere alla morte di mogli, figli, parenti, amici, persone con le quali hanno viaggiato e vissuto per anni. Che fine fanno queste persone? Finiscono in questi luoghi di trattenimento, di limitazione della libertà, tanto per usare un eufemismo. Non so in che rapporto stia con la coscienza di un paese civile il fatto che esistano questi luoghi dove le persone finiscono per quello che sono e non per quello che fanno. La presenza in territorio italiano senza titolo di soggiorno è una violazione amministrativa e non un reato, ma allora perché si deve venire privati della propria libertà per questo motivo? Penso che la risposta cerchi di andare incontro a quella che si ritiene la percezione dei cittadini, magari per rispondere agli istinti forcaioli di una parte della popolazione alla ricerca di capri espiatori, istinti che partono dallo sciovinismo del benessere per cui «quello che arriva» è qualcuno che mi porta via qualcosa. La responsabilità delle istituzioni, del Governo e del Parlamento è quella di rispondere ad istinti di quel livello? Io penso che noi siamo chiamati a fare altro, per questo la risposta deve essere un'altra. Credo che nessuno si sogni di chiedere porte aperte per tutti, però, dal momento che decidiamo delle regole queste devono essere rispettate.
Il problema è che in Italia non si entra regolarmente, questa è la realtà. Le leggi di fatto impediscono l'ingresso regolare. L'unico strumento disponibile è quel retaggio ipocrita che ci portiamo dietro dal 1990 con la legge Martelli, il decreto flussi, che come tutti sappiamo serve a sanare situazioni di persone che sono già nel territorio. Affrontiamo invece le cose per come sono in realtà, cercando di dare giustizia anche nella situazione attuale. Abbiamo una legge basata su rigore e integrazione, come affermano coloro che l'hanno approvata. L'integrazione è sempre più precaria, come abbiamo sentito anche nello svolgimento dell'interpellanza dell'onorevole Bucchino, per una serie di difficoltà che si presentano sempre di fronte a persone che comunque contribuiscono alla ricchezza di questo paese attraverso una serie di atti che bisogna sempre ricordare, perché sembra che gli immigrati siano soltanto dei consumatori. Siamo anche produttori. Come ha ricordato il presidente Violante qualche tempo fa, noi immigrati produciamo l'8 per cento del PIL di questo paese. Non si hanno le risposte corrispondenti a questa piena integrazione economica, però la parte repressiva della legge è stata florida e molto attiva e ci sono sistematicamente altre proposte per proseguire in tal senso.
C'è un aspetto della sua risposta, sottosegretaria, cui vorrei replicare sottoPag. 67tono, perché non vorrei essere fraintesa. La questione che le discriminazioni avvengono tra immigrati, tra immigrati ed interpreti, che, comunque, sono immigrati, pone altre problematiche, perché si pensa che, in definitiva, si tratti di un loro problema. Questa è la risposta che sistematicamente le istituzioni forniscono: è un loro problema.
Ma che potere ha un immigrato di discriminare un altro, se si trovano nella stessa condizione o se c'è qualcuno che fa l'operatore? In base a cosa può discriminare un altro? Credo che questa risposta non soddisfi il problema che abbiamo posto e che è alla base di tutto questo.
Il problema rimane l'esistenza stessa di questi centri come risposta alla presenza irregolare o clandestina sul territorio, che è un prodotto dell'assenza di normativa in questo senso e che è molto funzionale a tutta un'economia sommersa della quale si è doppiamente vittima, perché si è in condizione di clandestinità e perché si è ulteriormente sfruttati ed allontanati dalla possibilità di utilizzare i servizi degli organi sociali, predisposti per tutti.
Vorrei concludere il mio intervento leggendo la dichiarazione di un ispettore di polizia riportata in un libro intitolato Lager italiani di Marco Rovelli, che raccoglie le testimonianze di chi è passato attraverso un CPT. Vorrei che tutti noi ascoltassimo le parole di questo ispettore di polizia: «Nessuno sapeva di aver vinto un concorso per fare il guardiano ad un lager. Facciamo i guardiani di povera gente».