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Strage di Capaci, Capaci (Pa), 23 maggio 1992
Una ingente carica di esplosivo viene fatta esplodere al passaggio dell'auto del giudice Giovanni Falcone e di quelle degli agenti della sua scorta. Lo scoppio, che genera un vero e proprio cratere sull'autostrada che dall'aeroporto di Punta Raisi porta alla città di Palermo, causa la morte, oltre che del giudice, anche della moglie Francesca Morvillo, magistrato, e degli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Giovanni Falcone, al tempo, è direttore dell'Ufficio Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia.
Tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, Cosa Nostra elimina i suoi due più acerrimi nemici sul versante giudiziario: i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le stragi di Capaci e di Via d'Amelio creano grande sgomento in tutto il Paese. La mafia viene percepita come una vera e propria minaccia alla democrazia.
Le istituzioni reagiscono duramente, arrestando latitanti, sequestrando e confiscando beni e ricchezze illecitamente accumulate, inasprendo la detenzione delle persone condannate per associazione a delinquere di tipo mafioso. Importante è anche la reazione della società civile che si manifesta sia mediante la costituzione di nuove associazioni di impegno civile, sia dando vita a diverse iniziative pubbliche di dibattito e di discussione che chiedono di fare luce sui fatti, di arrestare e processare in tempi rapidi i mandanti e gli esecutori delle stragi.