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Strage di Via d'Amelio, Palermo, 19 luglio 1992
Una fiat 126 imbottita di esplosivo viene fatta scoppiare in Via Mariano d'Amelio dove il giudice Paolo Borsellino si reca a trovare la madre. Nell'attentato, insieme al magistrato, muoiono i suoi agenti di scorta: Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e una giovane poliziotta di 22 anni, Emanuela Loi.
Paolo Borsellino, al tempo, è considerato l'erede naturale di Giovanni Falcone e, con molta probabilità, è destinato ad essere nominato Procuratore Nazionale Antimafia.
Tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, Cosa Nostra elimina i suoi due più acerrimi nemici sul versante giudiziario: i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le stragi di Capaci e di Via d'Amelio creano grande sgomento in tutto il Paese. La mafia viene percepita come una vera e propria minaccia alla democrazia.
Le istituzioni reagiscono duramente, arrestando latitanti, sequestrando e confiscando beni e ricchezze illecitamente accumulate, inasprendo la detenzione delle persone condannate per associazione a delinquere di tipo mafioso. Importante è anche la reazione della società civile che si manifesta sia mediante la costituzione di nuove associazioni di impegno civile, sia dando vita a diverse iniziative pubbliche di dibattito e di discussione che chiedono di fare luce sui fatti, di arrestare e processare in tempi rapidi i mandanti e gli esecutori delle stragi.