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Si riprende la discussione del disegno di legge n. 2900.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2900)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Avverto che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'esprimere la mia soddisfazione per il fatto di vedermi riconosciuto, almeno in questa fase, tranquillamente e senza polemiche, il diritto di intervenire, esprimerò - spero in maniera chiara - le ragioni per le quali voteremo contro questo provvedimento.
Si tratta, sostanzialmente, di un provvedimento di controriforma, che non migliora né la prospettiva di organizzazione che si era prefigurata all'indomani della riforma dell'ordinamento giudiziario approvata nella precedente legislatura, né la condizione complessiva dell'organizzazione giudiziaria rebus sic stantibus, cioè con la normativa previgente ancora in vigore, atteso che la normativa oggetto della cosiddetta riforma Castelli sarebbe entrata in vigore alla fine di questo mese.Pag. 172Il tour de force, cui siamo stati sottoposti, è teso proprio ad evitare che quella riforma, frutto di scelte quantomeno armoniche, entri in vigore.
La condivisibilità nel merito è chiaramente prerogativa di ciascuno e ciascuno è quindi libero di assentire o dissentire circa la bontà di quella riforma, ma così è.
Quali sono i principi ispiratori di questo controriforma? Lo dico con serenità e voglio - non sembri paradossale - esprimere apprezzamento per l'improbo lavoro cui è stato costretto il Ministro della giustizia, cui mi lega un rapporto antico di stima e di simpatia, al di là delle opinioni politiche, e al quale va il mio apprezzamento per avere tentato quella che potremmo definire, con classica espressione paradossale, la quadratura del cerchio.
Il Ministro si è reso conto che una riforma dell'ordinamento giudiziario era indispensabile e tuttavia, costretto dalle sollecitazioni di una maggioranza variegata e variopinta, succube di sollecitazioni esterne provenienti da ordini diversi da quello politico, ha dovuto fare di necessità virtù e quindi ha tentato di conciliare l'inconciliabile, cercando di realizzare la mitica quadratura del cerchio. È un tentativo che è venuto male, perché nasceva male.
Perché era necessaria la riforma dell'ordinamento giudiziario? Perché la nostra organizzazione giudiziaria non riesce a produrre giustizia accettabile in tempi civili; perché si era creata una discrasia insanabile tra l'ordine giudiziario e il potere politico; perché, sostanzialmente, il principio classico della divisione dei poteri, almeno a partire dagli anni 1992, 1993 e 1994 in poi, nel nostro Paese era andata a pallino; perché ciascun cittadino, prima di andare in un'aula di giustizia, o perché interessato come parte offesa o come imputato in un processo penale, o prima di affrontare un giudizio civile, sempre più spesso è stato portato ad informarsi di che orientamento politico era il giudice o il tribunale che avrebbe dovuto giudicarlo.
La riforma dell'ordinamento giudiziario è stato il primo serio tentativo di prendere atto di una malattia grave che affligge il nostro sistema, che non riesce a produrre giustizia e che produce, invece, mostruosità continue: credo anche che in questi giorni se ne stia rendendo conto l'attuale maggioranza, che gioiva inopinatamente quando queste avventure toccavano altri.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SEBASTIANO NERI. Mi avvio a concludere, signor Presidente. Sono trascorsi cinque minuti?
PRESIDENTE. Le mancano 20 secondi.
SEBASTIANO NERI. Bene, concludo immediatamente. La riforma si rendeva necessaria per ripristinare in questo Paese la prospettiva concreta di avere giustizia da una magistratura terza e indipendente. Non avere innovato ci mantiene lontani dall'Europa e dai Paesi di democrazia avanzata e non aver preso atto che bisognava armonizzare il nostro ordinamento giudiziario a quello dell'Europa ci costringerà ad ulteriori ritardi. Questa controriforma rappresenta un fallimento della politica che poteva ripristinare le condizioni di agibilità politica e giudiziaria del Paese. Non è un provvedimento soddisfacente e, pertanto, preannunzio l'espressione del voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. Avviso che segnalerò a tutti gli intervenuti con uno squillo di campanello quando mancheranno 30 secondi dalla conclusione del loro intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nardi. Ne ha facoltà.
MASSIMO NARDI. Signor Presidente, signor Ministro, Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, per noi della DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, è veramente penoso venire dietro alle contorsioni legislative della maggioranza di centrosinistra; contorsioni che, avendo molto spesso un unico scopo, cioè cancellare tutto quelloPag. 173che ha compiuto il Governo precedente, portano ad inventarsi tutti i metodi e le forzature che servono per raggiungere il proprio obiettivo. Adesso, dopo questo disegno di legge, dovremo addirittura ridisegnare la mappa costituzionale. Con questo disegno di legge, infatti, avete aggiunto una nuova fonte del diritto: dopo la legge, lenta nel suo iter parlamentare, e il decreto-legge, provvedimento la cui emanazione è immediata e il cui iter parlamentare ha una certa velocità, dovendosi esaurire in 60 giorni, avete inventato un nuovo strumento legislativo, un disegno di legge - come chiamarlo? - «missilistico».
Ma si rende conto la maggioranza di centrosinistra che l'iter del disegno di legge è stato più rapido di quello accelerato del decreto-legge? L'esame e l'approvazione in Assemblea al Senato, in Commissione alla Camera ed in Assemblea alla Camera è stato compiuto, per un testo di 55 pagine, in appena 24 giorni, domeniche incluse, dal 4 al 27 luglio. Le sembra normale? Perché accade tutto ciò? Forse, perché i tempi della politica tanto intensi non vi hanno consentito di comporre un quadro dei lavori parlamentari idoneo a raggiungere lo scopo di approvare questo disegno di legge? No, il motivo non è questo. C'era tanto tempo, voi lo sapete e noi lo sappiamo.
E allora quali sono i motivi di tanta fretta? I motivi sono sostanzialmente due, e noi che siamo qui in Parlamento lo sappiamo e vogliamo dirlo agli italiani, con buona pace sua, signor Presidente Prodi.
La prima motivazione deriva dal fatto che diventa difficile organizzare i lavori quando un Ministro si chiama Mastella, e ce n'è un altro «ombra», in verità non tanto «ombra», che si chiama Di Pietro. Allora bisogna sbrigarsi, perché, altrimenti, chissà che succede alla sua maggioranza, signor Presidente. Il secondo motivo fondamentale per terminare in fretta l'iter del disegno di legge ed approvarlo, è dovuto al fatto che - noi lo sappiamo e vogliamo dirlo apertamente - sta per scadere il termine di sospensione dell'efficacia dei decreti attuativi della precedente riforma. L'efficacia di tali decreti legislativi, infatti, è stata sospesa l'anno scorso con una vostra legge, la n. 269 del 24 ottobre 2006. Poi avete dormito, per mesi e mesi. E improvvisamente vi siete svegliati: non tanto per una vera e propria volontà di fare presto, perché, a mio giudizio, più di qualcuno, nella maggioranza, sa che la riforma Castelli non era affatto da buttare; ma perché lo sciopero dei magistrati prima aleggiava e adesso incombe. Uno sciopero dei magistrati proprio non ve lo potete permettere, signor Presidente, dopo che avete «infinocchiato» mezza Italia con la vostra aureola di paladini della giustizia.
Di qui la necessità di far presto, anzi, prestissimo. E poco importa se il Parlamento non può dir nulla: esso non conta nulla. È dunque questo il rispetto che avete del Parlamento e degli italiani? Signor Presidente, a noi questo rispetto pare veramente insufficiente.
Nonostante tutti i vostri sforzi, il disegno di legge, com'è noto, ancora non piace ai magistrati, che mantengono lo stato di agitazione per una serie di motivazioni: in primo luogo, per l'accantonamento di punti importanti per un nuovo ordinamento giudiziario (fra cui l'assetto interno degli uffici di procura, l'elevazione del numero dei componenti e il sistema di elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura); in secondo luogo, perché parti della riforma (segnatamente la direzione della scuola e il rapporto fra magistrati e dirigenti amministrativi), per l'inadeguatezza delle soluzioni adottate, non offrono il necessario contributo al miglioramento dell'efficienza della giurisdizione; in terzo luogo, per l'inerzia governativa in materia, fra l'altro, di miglioramento dell'organizzazione del sistema giudiziario e di funzionalità e ragionevole durata del processo.
Quando si passa ad analizzare il contenuto del disegno di legge, la situazione, a nostro giudizio, appare anche peggiore. Per quanto concerne il merito, vogliamo sottolineare che il provvedimento è colmo di norme quantomeno incongrue. Ne evidenzio alcune.Pag. 174
In primo luogo, l'articolo 2, comma 2, stabilisce che il magistrato sia sottoposto a valutazioni di professionalità concernenti la capacità (anche la laboriosità, la diligenza e l'impegno, ma l'elemento fondamentale è la capacità); ciò detto, però, si afferma anche che la valutazione non può riguardare l'attività di interpretazione delle norme di diritto, né quella di valutazione del fatto e delle prove. Mi domando allora come si faccia a valutare tale capacità; secondo la norma, occorre valutare la preparazione giuridica e il possesso delle tecniche di argomentazione. In altri termini, applicando le norme da voi proposte, un giudice che conosce i codici a menadito ed è dotato di grande capacità di argomentazione è capace, anche se assume solo decisioni assurde ed illogiche. Complimenti! Ma chi può mai volere un teorico che non ne azzecca una? Non sarebbe stato più logico premiare chi non commette errori e penalizzare viceversa chi sbaglia le sentenze (cosa che capita spesso, signor Presidente)? Sì, sarebbe stato meglio: ma a qualche magistrato non sarebbe piaciuto. Ecco che allora voi della sinistra vi attenete ad un'interpretazione rigida delle parole, col solo scopo di nascondervi dietro ad esse.
In secondo luogo, richiamo l'articolo 5, comma 5, il quale stabilisce, fra l'altro, che il ruolo autonomo del Consiglio superiore della magistratura sia aumentato fino a 13 unità di personale. Al tempo stesso, però, il successivo comma 6 dello stesso articolo stabilisce che tali disposizioni - udite udite! - non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, né oltrepassare i limiti della dotazione finanziaria del Consiglio superiore della magistratura. Ora: se chiedo all'amministratore di una società se è in grado di assumere 13 persone senza oneri per il bilancio della sua società, sono sicuro che egli mi risponde di «no» ovviamente; se chiedo al sindaco di Roma se è in grado di assumere 13 persone senza oneri per il bilancio del comune, sono sicuro che egli mi risponde assolutamente di «no»; se, infine, chiedo al mio vicino di casa se è in grado di assumere 13 colf senza spendere un euro, anche questi, signor Presidente, mi risponde assolutamente di «no». Eppure, mi aspetto che qualche eminente esperto sia in grado di spiegare che la norma, da un punto di vista tecnico, è corretta. Sapete perché me lo aspetto? Perché lo si è già fatto: ancora una volta, si è fatto ricorso a una di quelle mille alchimie di cui è capace soltanto questo Governo. Mi chiedo: non sarebbe più giusto, invece, investire maggiormente nella giustizia, occupandosi non solo del personale del Consiglio superiore della magistratura, ma di tutti quei supporti operativi che servono alla magistratura per funzionare meglio (penso al fatto che, per i magistrati, riuscire a fare una fotocopia è spesso difficile, forse più difficile che andare a catturare qualche latitante o qualche persona di malaffare)? Sì, sarebbe stato più utile, al di là dei proclami; purtroppo, però, al di là dei proclami, non si vuol far molto.
Come vede, signor Ministro, onorevoli colleghi, i motivi per votare a favore proprio non sussistono. Perciò, in coscienza, noi del gruppo della Democrazia Cristiana per le Autonomie e del Nuovo Partito socialista invitiamo tutti i colleghi a votare contro questo disegno di legge e contro l'eclissi dell'intelligenza, ma soprattutto contro la politica del dire, ma del non fare, perché spesso questa è solo figlia di una sudditanza che non si ha il coraggio di affermare: quella che, a mio giudizio, sta coinvolgendo questo Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei iniziare questo mio intervento, ripetendo ancora la VII disposizione transitoria e finale della Costituzione della Repubblica. Essa recita testualmente: «Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell'ordinamento vigente».Pag. 175
Non mi stancherò mai di ripetere questo concetto: vi è, cioè, un testo supremo che stabilisce che l'ordinamento giudiziario, che ancora oggi esiste e che ci avviamo a sostituire, non è conforme a Costituzione.
Pertanto, oggi assumiamo una responsabilità storica ed il pagamento di un debito importante con la storia che attende da sessantasei anni: quello di costruire un ordinamento giudiziario conforme ai precetti della Costituzione, quindi alla democrazia nazionale.
Va svolta, però, una riflessione anche sul piano istituzionale, considerati i continui richiami pure dell'opposizione sul punto; mi riferisco al tanto sollevato tema del bicameralismo perfetto o imperfetto. Al riguardo, continuerò a sostenere che abbiamo bisogno di un bicameralismo oggi sicuramente intelligente, cioè di una capacità di autoregolamentazione, in forza della quale l'attenzione verso le forze nazionali ci induca a stabilire da soli quando è necessario andare avanti, quando si può tirare la corda e quando, invece, è necessario fermarsi.
Quanto al metodo, si tratta di una riforma raggiunta senza mai ricorrere alla fiducia, con un consenso ampio ed un confronto democratico rispettoso della proiezione delle forze nazionali: compete alla maggioranza, secondo il precetto costituzionale, proporre, mentre spetta alla minoranza, secondo il precetto costituzionale, vigilare e dare suggerimenti.
Si tratta di un metodo che noi oggi abbiamo voluto rinnovare secondo quanto imposto dal Costituente, ma che abbiamo visto stracciato nella legislatura precedente, nella quale vi sono stati tre passaggi di fiducia, per realizzare un ordinamento giudiziario che non è mai entrato in vigore, nonostante i cinque anni di tempo, spaccando il Paese ed incitandolo ad una lotta di vanità.
Questo atteggiamento sicuramente non giova alla giustizia, a quella giustizia che, prima di tutto per noi, è un valore sovraordinato alla coesistenza, alla convivenza civile; un insieme di regole che tutti quanti garantiamo per garantirci, ancora e sempre, una libertà: si tratta, allora, non di vanità ma di un valore importante, che vogliamo continuare a portare nel cuore per noi e per le generazioni future.
Per quanto riguarda i contenuti di questa riforma, i suddetti possono essere suddivisi in quattro punti portanti: il reclutamento, la formazione, la dirigenza e la carriera. Con riferimento al reclutamento, era tempo che i nuovi giudici fossero immediatamente messi in servizio, perché ve ne è bisogno; quanto alla formazione, era tempo che vi fosse una scuola superiore della magistratura con una formazione permanente per i giudici; in merito poi alla dirigenza, si prevede una tempistica limitata, sottoposta al vaglio del Consiglio superiore della magistratura ritrovato e rinnovato nella sua composizione anche laica, come da precetto costituzionale; infine, per quanto riguarda la carriera, noi oggi la sanciamo come necessitante di separazione di funzioni, non necessitante di separazione di carriera, appunto (e ciò non per vanità ma, ancora, per valore e per obbedienza al precetto del Costituente).
La separazione ci è negata - lo ricordo a tutti noi - dallo stesso articolo 107 della Costituzione, che stabilisce che i magistrati si distinguano tra loro solo ed esclusivamente per funzioni.
Quella stessa Costituzione però, e ciò voglio ricordarlo alla pubblica opinione e anche ai magistrati, dice che non è possibile che un potere dello Stato scioperi contro un altro potere dello Stato.
Vero è che sottesa alla materia dell'ordinamento giudiziario e della giustizia in generale, ve ne è una più ampia, più vasta, una materia - se così si può dire - che viene riassunta nel termine democrazia, vale a dire ciò che noi intendiamo nell'essere qui quotidianamente: un'ansia di riforma permanente verso un mondo più giusto, più compiuto, nella esclusiva tensione verso gli interessi dei cittadini, che sono i destinatari finali di un prodotto - quello della giustizia - che non è materia esclusiva quindi di magistrati, giudici, pubblici ministeri e avvocati, ma è semplicemente un prodotto necessitato dalla mediazionePag. 176di tecnici ed esperti per un risultato il più efficiente e giusto possibile.
Quello che ci ha animato e ci vuole contraddistinguere in questo ordinamento giudiziario è la tensione verso il meglio, che non può e non deve tradursi in una ammiccamento contro coscienza alla pubblica opinione. Non è possibile, colleghi, che ci lasciamo abbindolare dalle sensibilità quotidiane, perdendo di vista il domani. Il domani degli innovatori seri, attenti e senza retorica, che appartiene alla pazienza e all'impegno quotidiano che vogliono e debbono essere la nostra cifra, un esempio anche di rigore, morigeratezza e sobrietà.
Non vogliamo e non possiamo permettere che sia un vuoto demagogismo a inficiare le riflessioni di quest'Assemblea, che attende dal 1941 - ordinamento Grandi - una legge che faccia la storia. Ciò che serve è il pensiero che ci ha ispirato; ciò che abbiamo tenuta alta è la buona fede, la pazienza, lo studio, l'impegno. Oggi ci accingiamo a varare una legge che fa la storia, la mettiamo a disposizione della Nazione, speriamo e pensiamo di averla ben servita e siamo qui, a disposizione, per verificare il funzionamento di queste leggi e per vedere, nel progresso costante della democrazia, quelle che saranno le necessità di modificazione.
È inevitabile che nella democrazia non vi siano questioni definite, che vi sia sempre qualche scontento. Ciò che occorre tener presente è l'interesse generale quindi ancora e sempre i destinatari finali della materia giustizia, cioè i cittadini, nel rispetto di un precetto costituzionale che è stato stabilito e scritto con il sangue dei nostri padri, nel rispetto e nella concordia dei poteri dello Stato che tra loro, armonicamente, possono finalmente produrre un progresso sociale al quale noi supremamente ci ispiriamo.
Per tale motivo ringrazio ancora il Governo, il Ministro della giustizia, tutti i colleghi della Commissione giustizia, la relatrice e il presidente per l'ampio lavoro svolto, un lavoro paziente e continuo, al quale con entusiasmo non ci siamo sottratti e che oggi siamo orgogliosi di salutare in quest'aula.
Per tali motivi, noi Popolari-Udeur voteremo a favore della riforma dell'ordinamento giudiziario (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Balducci. Ne ha facoltà
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, la Camera si appresta a votare, e spero ad approvare, una riforma che si è caratterizzata, sia nel corso del dibattito al Senato sia in quello svoltosi in quest'aula e in Commissione, per il dichiarato - dichiarato, lo ripeto - obiettivo di modernizzare il sistema giustizia ponendo al centro i bisogni dei cittadini.
Il Ministro della giustizia, Mastella, e tutta la maggioranza parlamentare hanno con forza - e qui vediamo la presenza degli autorevoli esponenti del Governo - sostenuto le ragioni di una riforma che non è stata concepita conflittualmente, ma al contrario per dare corpo a un disegno riformatore complessivo, ispirato alla realizzazione di un sistema moderno, efficiente, compiutamente garantista e senza proclami demagogici.
Si tratta di una riforma che, sicuramente, paga dei prezzi. Sono d'accordo con chi oggi ha sostenuto che si tratta di una riforma che noi abbiamo ereditato, un'eredità del centrodestra. Noi dobbiamo ringraziare non solo il Ministro Mastella, ma anche le Commissioni giustizia, del Senato e della Camera, il Parlamento tutto che ha cercato e tentato, e lo farà con forza, di portare a conclusione una riforma dell'ordinamento giudiziario richiesta da tanti anni. Ricordo, a me stessa e a tutti, che la vecchia normativa sull'ordinamento giudiziario risale ad ancor prima dell'introduzione della Costituzione. La critica che mi sento di fare, ma senza posizioni preconcette, al centrodestra è che, nonostante il metodo fosse giusto perché tuttiPag. 177attendevamo una riforma, il merito non lo era. La riforma operata dal centrodestra - lo sappiamo tutti e lo sanno i colleghi dell'UDC che spesso si sono posti in posizione diversa - è stata voluta, spesso a colpi di maggioranza e di voti di fiducia. Ritengo, pertanto, che un valore importante di questa decisione, quindi del disegno di legge in esame, che sicuramente verrà approvato stasera, è che non abbiamo fatto ricorso al voto di fiducia utilizzato invece dal centrodestra.
Siamo di fronte a un testo, l'ho detto anche prima, che è stato rimodulato al Senato in modo da tener conto anche dei diversi orientamenti espressi nel corso del dibattito. Sappiamo tutti e lo abbiamo detto tutti quanti che il compito svolto della Camera, purtroppo, per questo bicameralismo imperfetto e per una legge elettorale sicuramente non voluta dal centrosinistra, è stato ristretto. Ciò nonostante, per una lealtà dell'Unione al suo programma abbiamo collaborato all'approvazione del disegno di legge in esame che, se sarà approvato, sarà un punto importante di inizio di riforme serie del sistema giustizia.
I cittadini sono stanchi di attendere le vere riforme del sistema giustizia. Il Ministro Mastella ha più volte detto qual è il problema del sistema giustizia e l'ha detto anche il nostro Presidente del Consiglio: i tempi lunghi della giustizia. Il cittadino attende sicurezza, certezza e garanzie e, sicuramente, con la riforma dell'ordinamento giudiziario, con i suoi limiti, ma che non sono attribuibili al centrosinistra, vi sarà un primo passaggio per le vere riforme. Si tratterà di riforme condivise che vedranno il cittadino più vicino al Parlamento, cosa che, forse, nel passato si è sentito poco specialmente quando certe leggi non sono state fatte per i cittadini, ma forse per taluno.
Oggi la destra giustamente - per carità, ognuno fa il suo gioco - sventola la bandiera della separazione delle carriere. Essa per taluni è un totem, per altri un tabù. Cerca di farsi interprete del garantismo, sicuramente però non l'ha saputo praticare. Nella scorsa legislatura il centrodestra aveva una maggioranza che era molto superiore alla nostra. Non l'ha fatta, non l'ha voluta o potuta fare. La risposta è una, sicuramente la nostra. Credo, pertanto, che sia assolutamente ingeneroso l'attacco rivolto oggi alla Camera come istituzione. Ribadisco tale concetto non solo come responsabile del mio partito per quello che riguarda la giustizia, ma, credo, in nome e per conto di tutto il Parlamento, che esso non è assolutamente assoggettato né alla magistratura, né a nessun altro. Il Parlamento è autonomo nelle sue decisioni e nelle sue determinazioni, così detta la Costituzione e nessuno ci può accusare di assoggettamenti a quello o quell'altro.
Il dibattito svoltosi in Assemblea è stato forse condizionato dai tempi ristretti, ma né l'Assemblea, né la Commissione giustizia - ringrazio non solo il presidente Pisicchio, ma tutti coloro e primi fra tutti i funzionari, che ci hanno dato una straordinaria mano per poter lavorare nel poco tempo a nostra disposizione - e, comunque, nessuno di noi si è sottratto al proprio compito.
L'opposizione ha riconosciuto questo in Commissione giustizia e anche nel corso di un dibattito, che credo sia stato comunque equilibrato e nel quale ognuno ha potuto esprimere il proprio pensiero. Ritengo che la discussione sia stata vera, effettiva e senza reticenze. Ciascuno di noi ha avuto la piena libertà di manifestare le osservazioni, anche critiche, ad un testo che, lo ripeto, è molto complesso.
Nel corso della discussione sono stati approfonditi tutti i punti essenziali della riforma e credo siano emerse anche alcune qualità di questo complesso intervento normativo, che non si annunciava tra i più facili, considerata la quantità dei temi trattati e la delicatezza - insisto su tale punto - del bilanciamento degli interessi in gioco. Sia ben chiaro che una riforma dell'ordinamento giudiziario così complessa come questa, non potrà in assoluto accontentare tutti; vi sarà sempre qualche scontento, ma bisogna avere il coraggio di dire che quella in esame èPag. 178comunque la riforma migliore dell'ordinamento giudiziario, varata a Costituzione invariata, che potevamo realizzare.
La politica deve agire con senso di responsabilità. Caro Presidente del Consiglio e cari Ministri, dobbiamo tutti adoperarci per far cessare il clima di ostilità nel pianeta giustizia, ormai ostaggio da troppo tempo di programmi di guerra e di scioperi, non solo dei magistrati, ma anche degli avvocati e delle due categorie insieme. Occorre sempre tener presente che l'interesse vero è quello dei cittadini, ovvero quello, che non mi stancherò mai di ribadire, che i processi si celebrino in tempi certi, con le garanzie, ma che la giustizia finalmente funzioni. Bisogna superare le diffidenze che si sono fatte largo tra avvocati, magistrati e mondo della politica, riaprendo finalmente - insisto su tale punto - i canali del dialogo e della mutua comprensione.
Vorrei comunque ribadire che il disegno di legge in discussione non rappresenta un regalo per alcuno. Si tratta di un provvedimento che noi riteniamo accettabile. Ringrazio anche il sottosegretario che, con riferimento ad alcuni ordini del giorno che ritenevamo importanti, che riguardano una partecipazione più effettiva dell'avvocatura, i concorsi e gli incarichi extragiudiziari dei magistrati, ci ha dato una risposta positiva facendosi carico di trasmettere raccomandazioni che sicuramente il Ministro qui presente rispetterà.
In conclusione, noi dobbiamo guardare oltre; la riforma dell'ordinamento giudiziario deve essere un primo passaggio alle riforme vere ...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLA BALDUCCI. ... siamo in attesa delle vere riforme che il Paese attende.
Vorrei aggiungere che domani, successivamente all'approvazione di questo testo normativo, presenteremo una proposta di legge che contempli la possibilità di prorogare l'attuazione della riforma dell'ordinamento giudiziario di un termine maggiore di un anno. Se il centrodestra concorderà, saremo lieti anche del fatto che tale proposta possa essere approvata in Commissione in sede legislativa.
Per tutti questi motivi, annuncio e confermo il nostro voto favorevole al disegno di legge che ci stiamo accingendo a votare (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevole Presidente del Consiglio, intervenendo in rappresentanza del gruppo parlamentare dei Comunisti Italiani, in sede di dichiarazione di voto, intendiamo ribadire come votare a favore del testo in esame significhi innanzitutto conseguire un'ineludibile priorità del Governo di centrosinistra, ovvero il superamento della riforma dell'ordinamento giudiziario varata dal precedente Governo di centrodestra, scongiurandone così, definitivamente, l'entrata in vigore.
Non ci stancheremo mai di ribadire che la cosiddetta legge Castelli è caratterizzata da una profonda dissonanza con il quadro costituzionale e da un intento incomprensibilmente punitivo nei confronti della magistratura, dunque da eliminare immediatamente, senza consentirne l'entrata in vigore neppure per poche ore.
Peraltro, la riforma dell'ordinamento giudiziario, incidendo sul grado di efficienza del servizio giustizia, dunque sul grado di effettività della tutela dei diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini, rappresenta uno dei nodi fondamentali che il nostro Paese che deve affrontare al fine di far fronte alle accertate disfunzioni del sistema continuamente lamentate dai cittadini stessi.
Ciò premesso, rileviamo allora come il testo oggi in votazione sia uno dei primi seri tentativi di porre le basi, attraverso l'introduzione di rilevanti disposizioni normative, per un'adeguata riforma dell'ordinamento giudiziario. Tutto ciò in virtù di un testo che, approvato all'esito di unPag. 179percorso parlamentare senza ricorrere allo strumento della fiducia, appare il frutto di una sintesi delle differenti sensibilità manifestatesi nel Paese e recepite con particolare attenzione e puntualità dal Parlamento italiano nelle fasi consultive prodromiche all'intervento legislativo.
Come già osservato, il testo in votazione è chiaramente migliorabile e perfettibile, ed una volta entrato in vigore, dopo un periodo di sperimentazione, potrà essere rivisto ed eventualmente migliorato. Valutiamo, intanto, positivamente che sia stato abbandonato definitivamente l'incostituzionale e defatigante sistema di concorsi per esame previsto dalla riforma Castelli, così come riteniamo siano state introdotte forme ragionevoli di valutazione periodica e progressiva della professionalità dei magistrati, garantendo a tale fine la centralità del ruolo del Consiglio superiore della magistratura e sancendo rilevanti sfavorevoli conseguenze in caso di reiterato esito negativo a più valutazioni della professionalità.
Tralasciando in questa sede ulteriori aspetti interessanti della riforma analizzati in sede di discussione sulle linee generali, è un dato accertato che essa rechi, quale immediato vantaggio, sia quello fondamentale di eliminare immediatamente gli aspetti più illegittimi e presumibilmente più incostituzionali della precedente riforma Castelli, sia quello di fornire una regolamentazione, di carattere più possibile organico, dei profili più critici di una materia, quale quella dell'ordinamento giudiziario, nevralgica e strategica per il nostro Paese e per ogni Paese democratico.
Ribadiamo come il testo in votazione debba senz'altro considerarsi perfettibile e migliorabile, ma è un dato di fatto che, per la prima volta, soprattutto dopo le turbolente vicissitudini della precedente legislatura, venga finalmente introdotto nell'ordinamento italiano una effettiva e valida riforma del sistema giudiziario, senza minare in alcun modo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura così come costituzionalmente previsto, senza disperdersi nella tutela di interessi corporativi e, nel contempo, senza smantellare un sistema giudiziario unanimemente valutabile come assai valido nei suoi principi.
Si tratta, allora, di una riforma che, come detto, potrà senz'altro essere migliorata, ma che allo stato, una volta divenuta legge a seguito della tempestiva approvazione da parte della Camera dei deputati, oltre agli aspetti positivi poc'anzi richiamati, darà conto al Paese dell'effettivo assolvimento di uno dei più importanti impegni assunti nei confronti degli elettori in campagna elettorale.
Per tutte queste ragioni, il gruppo parlamentare dei Comunisti italiani esprimerà il proprio voto favorevole sul disegno di legge in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani, L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro della giustizia, colleghi della maggioranza e dell'opposizione, il nostro obiettivo non è certo quello di mettere in crisi il Governo che sosteniamo lealmente, ma per il quale vogliamo fare uno sforzo di chiarezza, perché gli amici migliori sono quelli che parlano chiaro.
Stiamo vivendo una fase che non nasce oggi, ma è nata nella precedente legislatura, quando il Governo di centrodestra e la sua maggioranza, seppure attraverso un lungo percorso, imposero una modifica dell'ordinamento contro l'opinione ripetutamente espressa dell'opposizione e ponendo, infine, con il voto di fiducia, una chiusura totale rispetto alle sollecitazioni che venivano dalla parte più collaborativa, anche dell'opposizione.
Lo avevamo detto già allora: quel meccanismo perverso che si sarebbe innescato avrebbe portato, per fasi successive, ad una continua modifica di uno dei principali strumenti che riguardano la regolazione del vivere civile, cioè la giustizia nel nostro Paese.
Abbiamo avuto la «fortuna», purtroppo, di vivere oggi la stessa situazione:Pag. 180seppure con meccanismi leggermente diversi, la maggioranza di centrosinistra e il Governo si presentano in quest'aula parlamentare in una condizione di blindatura, che non riteniamo giusta, perché è necessario - come, d'altra parte, abbiamo ribadito in altre occasioni - ricercare una convergenza ampia, di maggioranza e opposizione, su leggi fondamentali del nostro Paese.
Non possiamo sottoporre leggi di tale portata ad una continua schizofrenia e ad una continua destabilizzazione. A dimostrazione di quanto ciò sia vero, cito semplicemente una dichiarazione del capo dell'opposizione di centrodestra, l'onorevole Berlusconi, riportata alle 20,28 dall'Ansa: «Un'altra delle nostre riforme che si cancellano, ma torneremo a governare e cambieremo queste leggi». Questa maledizione si perpetua: pensiamo che non si possa andare avanti così. Il nostro Paese, il nostro sistema, i nostri ordinamenti - quello della giustizia, ma anche quello della scuola ed altri - hanno bisogno di stabilità, di modifiche realizzate con un consenso ampio e di tempi per consolidare le modifiche stesse: non bastano sei mesi per consolidare modifiche di questa portata.
Lo stato della giustizia nel nostro Paese è in una situazione particolarmente grave: 10 milioni di processi, circa dieci anni per arrivare alle sentenze definitive, una situazione di inefficienza generalizzata, della quale, in primo luogo, è responsabile il legislatore (ma lo sono anche gli altri operatori della giustizia, siano essi avvocati o magistrati). In particolare, richiamiamo l'attenzione dei magistrati, non perché assumiamo particolari atteggiamenti di critica, ma perché riteniamo che l'apporto dei magistrati nella formazione delle leggi del nostro Paese - in particolare quelle sulla giustizia - sia determinante.
È necessario, quindi, mettere in campo un nuovo atteggiamento, non certamente quello che abbiamo dovuto vivere e sopportare anche in queste settimane: dichiarazioni di sciopero, dimissioni di giunte di rappresentanza, astensioni dal lavoro. Non è così che si rispetta il lavoro del legislatore, che ha bisogno di serenità e di collaborazione.
Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, riteniamo che l'Italia debba entrare in Europa anche per quanto riguarda il settore della giustizia. Non rinunciamo, quindi, alla nostra battaglia di lungo periodo per l'affermazione di un principio fondamentale previsto nell'articolo 111 della nostra Costituzione: la separazione delle carriere tra il giudice - terzo, autonomo e imparziale - e il pubblico ministero, che oggi vivono la stessa esperienza, percorrono la stessa carriera e vivono negli stessi ambienti.
Al contempo, la separazione delle carriere realizza una parità tra accusa e difesa che non si realizza fino a quando il giudice percorre la stessa carriera del pubblico ministero. La parità tra accusa e difesa non deve essere soltanto formale, ma sostanziale. La percezione del cittadino rispetto alla terzietà del giudice non può essere soltanto sostanziale, ma deve apparire anche tale, perché è anche attraverso i simboli che la giustizia è in grado di consentire la realizzazione di obiettivi importanti.
Manteniamo, quindi, l'obiettivo della separazione delle carriere; ma abbiamo anche accettato, con spirito collaborativo, di valutare le proposte avanzate dal Governo e dalla maggioranza in termini di separazione delle funzioni. Dobbiamo dire la verità: siamo rimasti piuttosto delusi. L'obiettivo contenuto nel programma dell'Unione - ossia «rigorosa ed efficace separazione delle funzioni» - a nostro avviso non si realizza. Non basta dichiararlo! La possibilità attribuita a pubblici ministeri e giudici di cambiare continuamente funzione - per quattro volte nella loro vita - è sicuramente un fatto che confonde i cittadini e non realizza questa rigorosa separazione delle funzioni.
Vi è anche, però, un elemento minimo di garanzia: la mancata previsione della sottoposizione di colui che vuole fare il magistrato ad una valutazione psico-attitudinale.Pag. 181
Tutti coloro che si avviano a importanti esperienze di lavoro - e non solo - vengono sottoposti ad una valutazione psico attitudinale. Non si capisce perché chi fa il magistrato, compito delicatissimo nella società e nell'amministrazione della giustizia, non debba essere sottoposto a questa valutazione.
Vi sono poi altre questioni, signor Presidente del Consiglio. Mi rivolgo a lei, in particolare, perché a lei spetta la responsabilità massima e perché con lei abbiamo sempre interloquito. Noi riteniamo che debbano essere prese in considerazione altre questioni, e ci rammarichiamo che non siano stati accolti i nostri emendamenti al riguardo.
Riteniamo che la giustizia non sia costituita soltanto dal magistrato o dalla norma, ma che sia anche organizzazione. Il fatto di non aver previsto un'adeguata figura professionale che sovrintenda all'organizzazione e all'efficienza del sistema della giustizia, attraverso una professionalità specifica, è un errore. Ciò vale, in particolare, per quanto riguarda i tribunali, che sono la trincea, la frontiera lungo la quale si sviluppa l'azione della giustizia, in primo luogo dal punto di vista della qualità.
Quindi, il manager dei tribunali rimane ancora oggi, nonostante l'approvazione di questo provvedimento, un obiettivo che deve essere perseguito con determinazione.
Abbiamo registrato, con particolare rincrescimento, l'esclusione della rappresentanza dell'avvocatura dai consigli giudiziari. Non è possibile effettuare una valutazione dei magistrati senza l'apporto critico, ma credo anche leale, di una parte importante di coloro che sviluppano l'azione giudiziaria, cioè gli avvocati della difesa e delle parti civili. Questi ultimi sono gli altri protagonisti della terna costituita dal giudice, terzo e imparziale, dall'accusa e dalla difesa.
Signor Presidente del Consiglio, signor Ministro, di fronte a questa esclusione noi speriamo soltanto che si possa arrivare rapidamente a un cambiamento. Questa esclusione è ingiusta; pensiamo che non sia giusto che 170 mila lavoratori del settore, gli avvocati, siano esclusi dalla partecipazione a una valutazione che rappresenta anche un punto importante nello sviluppo delle carriere dei magistrati.
In conclusione, signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Ministro, ribadiamo la nostra lealtà a questo Governo, ma nello stesso tempo non possiamo essere soddisfatti di quanto è stato fatto. Abbiamo concorso nella maniera più leale possibile ai cambiamenti del testo di questo provvedimento, che oggi sarà approvato da questa maggioranza, ma non possiamo garantire il nostro assenso. Per lealtà a questo Governo, noi socialisti e radicali della Rosa nel Pugno ci asterremo, ma con questa astensione vogliamo ribadire la necessità di modifiche che non possono tardare.
L'Italia deve entrare in Europa; non pensiamo che l'Europa possa venire in Italia. In materia di giustizia, abbiamo bisogno di imparare dall'Europa più democratica e più storicamente consolidata dal punto di vista dei principi. Speriamo che presto anche l'Italia si avvii lungo questo percorso (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e di deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, colleghe e colleghi, l'Italia dei Valori, nell'annunciare il proprio voto favorevole, ha ben presente che la posta in gioco intorno all'ordinamento giudiziario è enorme, perché riguarda la qualità stessa della magistratura e della giustizia. Costruire l'ordinamento giudiziario, cioè l'organizzazione della magistratura, significa scegliere se si vuole un magistrato indipendente ed autonomo, nel quadro di un potere giudiziario come potere diffuso, ovvero un magistrato gerarchizzato, afflitto da burocratismo, legato da dipendenze interne ed esterne, controllato affinché non possa svolgere ilPag. 182suo ruolo con piena libertà. Di questa diversa concezione del magistrato si è avuta conferma anche nel dibattito di questi giorni, che ha visto l'Unione presidiare i valori costituzionali e l'opposizione cercare di conquistare spazi per una magistratura che noi valutiamo meno indipendente ed autonoma, e sarà facile dimostrarlo.
D'altra parte, questa partita è in corso negli ultimi decenni, da quando il ruolo della magistratura si è fatto penetrante all'interno di santuari che si sentivano o volevano essere intoccabili. Da quando, cioè, nella sua azione di controllo di legalità e della stretta osservanza della legge, la magistratura ha inciso sul potere, compreso quello economico, lo scontro si è fatto più aspro, fino ad attingere agli stessi fondamenti costituzionali dell'autonomia e dell'indipendenza, derivanti da una Carta costituzionale che ha voluto la magistratura uno dei poteri dello Stato, ma da esso indipendente, per poter affermare la legge in maniera uguale nei confronti di tutti i cittadini e di tutti i poteri.
Se vi è una cosa che i cittadini temono di più questa è una giustizia collegata al potere di turno, perché verrebbe loro sottratta la certezza delle regole e dell'indipendenza di chi deve farle applicare.
Pertanto la partita dell'ordinamento giudiziario è importante perché si tratta di definire e difendere i contorni costituzionali della magistratura, stando rigorosamente attenti a che non venga imbrigliata o imbavagliata la funzione giudiziaria, magari in nome di un primato della politica su tutto e su tutti, per cui chi vince le elezioni sbanca e può fare tutto, rispondendone solo ai cittadini; e di tale aspetto è espressione il cambio delle regole in corsa quando esse sono sgradite: si tratta di storia recente.
La riforma Castelli prediligeva un magistrato burocrate e competitivo, impegnato a fare concorsi per progredire in carriera, sottraendo così tempo al lavoro giudiziario, portato ad essere conformista nella giurisprudenza, gerarchizzato soprattutto nell'ufficio del pubblico ministero, ed infine stretto in una morsa di tagliole disciplinari non sempre precise, quando non lesive del diritto costituzionale di espressione del pensiero; tale riforma comportava, altresì, una ridotta funzione del Consiglio superiore della magistratura ed un più penetrante potere del Ministro della giustizia. Insomma, si trattava di una stretta vigorosa, funzionale al controllo interno attraverso i capi ed esterno in quanto incidente sulla prerogativa di autonomia garantita dal CSM.
Si potrebbe dire: controllarne pochi per potere meglio controllare tutti.
Non dobbiamo dimenticare i diversi rilievi formulati con un messaggio del Presidente della Repubblica sui diversi punti ove più evidente era la ferita ai principi costituzionali.
L'Unione ha voluto ribaltare nel suo programma di Governo questa concezione riduttiva della giurisdizione, proponendo agli italiani una diversa figura di magistrato, veramente indipendente nel quadro dell'autonomia garantita dalla Costituzione. L'Unione ha dovuto lottare con il tempo per evitare che entrassero in vigore i decreti delegati che avrebbero significato un grave arretramento nei principi costituzionali, dando luogo ad una magistratura meno indipendente e meno autonoma; ed il Governo, nel limitato tempo a disposizione, senza sconvolgerne del tutto l'impianto, si è messo a riscrivere un testo che almeno evitasse ai cittadini i più macroscopici rischi della riforma Castelli.
È il Governo ad aver scritto il testo, non l'associazione dei magistrati come malevolmente, ma del tutto erroneamente, qualcuno ha sostenuto, tanto che la magistratura aveva in un primo tempo indetto uno sciopero, poi rientrato per ragioni di sensibilità e senso di responsabilità istituzionale.
È noto che il gruppo dell'Italia dei Valori chiese da subito, fin dall'insediamento del Governo, che con decreto-legge l'ordinamento giudiziario Castelli venisse abrogato, o comunque sospeso per un tempo assai più congruo per una sua riscrittura dalle fondamenta.
Così purtroppo non è stato, e pensiamo che un rilevante motivo di ciò sia daPag. 183ricercarsi nella priorità che fu data all'indulto, che quantomeno ritardò nel tempo la modifica dell'ordinamento Castelli e costrinse ad una rincorsa affannosa.
Ma ciò detto, non vi è dubbio che il testo che ci accingiamo a votare è positivo, al contrario di quello che entrerebbe in vigore il 1o agosto, perché ne elimina i più vistosi rischi per le guarentigie costituzionali.
Affermiamo ciò, pur sapendo che qualche perfezionamento è ancora necessario, sia che esso venga successivamente apportato ad alcune parti del provvedimento oggi sottoposte alla nostra attenzione, sia che riguardi altre questioni non affrontate, come la revisione del regime di eccessiva gerarchizzazione degli uffici della procura, una migliore disciplina sostanziale e procedurale della responsabilità disciplinare e, infine, una rivisitazione del rapporto tra magistrato capo dell'ufficio e dirigente amministrativo.
L'opposizione ha aperto un fuoco di sbarramento per evitare che la riforma in esame sia approvata. Ciò si capisce, perché essa contraddice la figura alterata e sbiadita di magistrati e di giustizia che si voleva con la riforma Castelli. Tuttavia, intendo soffermarmi brevemente su alcuni degli argomenti da essa usati per confutare i contenuti del provvedimento.
Abbiamo sentito contestare l'autoreferenzialità della magistratura, che in questa riforma verrebbe esaltata, ma sia chiaro cosa significa ciò: il contrario della autoreferenzialità è l'eteroreferenzialità che invece si voleva proprio con la riforma Castelli; ciò significa che si vorrebbe che la magistratura fosse controllata da un potere esterno ad essa, e che i giudici magari emanassero sentenze sotto pressione di altri, forse anche di potenti, perché condizionati nelle carriere.
È esattamente ciò che la Costituzione non vuole: autonomia o governo autonomo della magistratura significa che nessun altro può interferire nell'organizzazione autonoma della magistratura voluta dalla Costituzione all'articolo 104. Pertanto, abbiamo negato la presenza di elementi esterni all'autogoverno nella sede di valutazione dei magistrati che l'opposizione pretenderebbe, perché crediamo veramente nella Costituzione, per tacere del fatto che il giudice, valutato positivamente o negativamente da un avvocato, si dovrebbe astenere nelle cause in cui egli esercita la difesa.
Altro tema sollevato da più parti è la separazione delle carriere: ora è noto che l'Italia dei Valori la contrasta vigorosamente in quanto anticamera della sottoposizione del pubblico ministero gerarchizzato al controllo dell'Esecutivo, con tutte le conseguenze nefaste in ordine al forte rischio del venir meno del dettato costituzionale sull'obbligatorietà dell'azione penale. In poche parole, sarebbe il potere politico di turno a decidere quali reati e chi perseguire, alla faccia del principio di uguaglianza, ma, comunque, la separazione delle carriere non porterebbe alcun concreto risultato in ordine alla funzionalità della giustizia. Siamo sicuri che è preferibile un pubblico ministero solo accusatore, che non partecipa alla cultura della giurisdizione - soggezione solo alla legge e non solo alla mentalità accusatoria a tutti i costi -, magari trascurando di accertare gli elementi a discarico dell'indagato come previsto dall'articolo 358 del codice di procedura penale concepibile proprio nell'ottica dell'unicità della carriera? Siamo sicuri che l'esasperata separazione delle funzioni sia utile all'esercizio della giurisdizione?
Nella mia lunga esperienza ho visto solitamente i giudici decidere con piena autonomia di giudizio dai pubblici ministeri e, tra i migliori magistrati che ho conosciuto, vi erano quelli che avevano ricoperto diversi ruoli giudiziari, che arricchivano le complessive conoscenze ed erano utili nello svolgimento della funzione. Né abbiamo creduto alla favoletta che qualcuno ci ha raccontato per cercare di fuorviarci, dicendoci che, con il passaggio di funzioni, dalla requirente alla giudicante e viceversa, una persona sarebbe giudicata più volte dallo stesso magistrato. Sappiamo che ciò non è possibile, perché esiste la regola dell'incompatibilità, a penaPag. 184di nullità. Perciò, riteniamo che, con la disciplina della separazione delle funzioni, prevista con il testo all'esame, si è raggiunto il limite estremo oltre il quale si perviene alla sostanziale separazione delle carriere che giudichiamo incostituzionale, oltre che seriamente dannosa per la stessa funzionalità della giustizia.
Così pure esprimiamo un giudizio positivo sui rigorosi meccanismi di accesso e di valutazione della professionalità dei magistrati, il cui rigore smentisce quanti maliziosamente ci accusano di volere un magistrato fannullone, impreparato e irresponsabile. Siano tranquilli: abbiamo a cuore più di loro i diritti dei cittadini.
Respingiamo, quindi, le acrobazie ed i funambolismi svolti dall'opposizione e non ci facciamo distogliere dal disegnare una magistratura pienamente fedele al dettato costituzionale, con un magistrato che svolge le sue funzioni libero da blandizie e da minacce, che pone la maestà della legge e della sua funzione al servizio dei cittadini senza timori e riverenze verso nessuno, proprio come lo vuole e lo esalta la Costituzione voluta dai nostri padri fondatori, tuttora miracolo e spettacolo di democrazia e di civiltà. L'Italia dei Valori ne difenderà sempre l'impareggiabile valore (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Ministro, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, con il voto che ci apprestiamo ad esprimere tra poco, il centrosinistra onorerà uno degli impegni più importanti tra quelli assunti con gli elettori quando, poco più di un anno fa, si candidò al Governo del Paese: superare e modificare radicalmente la riforma dell'ordinamento giudiziario, voluta dal Governo Berlusconi e siglata dall'allora Ministro Castelli. Nel programma dell'Unione era scritto a chiare lettere che andavano rimossi tutti gli aspetti del nuovo ordinamento in stridente contrasto con i principi costituzionali, perché - scrivevamo allora - l'ordinamento giudiziario approvato dal centrodestra definisce una figura di magistrato non in linea con l'autonomia e l'indipendenza della magistratura come prevede il dettato costituzionale e incide negativamente sulla celerità ed efficienza della giustizia, senza offrire nel contempo quelle garanzie necessarie per dare al nostro Paese una giustizia realmente uguale per tutti.
Questo è l'impegno che assumemmo con gli elettori e stasera quell'impegno verrà onorato. La normativa prodotta dal centrodestra era, per molti aspetti, confusa, farraginosa, animata prevalentemente da un'ossessione e da una volontà punitiva nei confronti della magistratura. La sua approvazione fu ugualmente caotica: tre voti di fiducia - perché era difficile, anche su questo punto, tenere unita una pur così ampia maggioranza - e un rinvio alle Camere per incostituzionalità da parte del Capo dello Stato. Una vera catastrofe.
La politica del Governo Berlusconi in materia di giustizia, è da tutti ricordata, ancora oggi, come totalmente ignara dei veri problemi dei cittadini comuni, di quelle persone che ogni giorno devono fare i conti con un sistema che non funziona, con processi che durano all'infinito e con disfunzioni di ogni tipo. Per ben cinque anni, colleghi del centrodestra, avete scelto di non occuparvi dei semplici cittadini, ma di dedicare tutte le vostre energie a produrre leggi ad personam, di cui potessero usufruire solo pochi privilegiati, e a colpire la magistratura. Una vera ossessione. Noto, ad esempio, che oggi tornate a denunciare un potere eccessivo delle associazioni dei magistrati, ma proprio voi imponeste, nella scorsa legislatura, una modifica del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura, sostenendo che così si sarebbe liberato l'organo di autogoverno dei giudici dal potere correntizio. Avete, dunque, fallito anche su questo aspetto, se voi, per primi, affermate che non è cambiato nulla.Pag. 185
Oggi, finalmente, si volta pagina, approvando una legge certamente più efficace, più equilibrata e più rigorosa, come è giusto che sia una vera riforma, pensata affinché la giustizia torni a funzionare. Stasera, approveremo un testo che proviene dal Senato, frutto di un lavoro attento dei colleghi senatori, che ha portato a rilevanti modifiche la stessa positiva proposta del Governo. Gli emendamenti approvati a Palazzo Madama hanno reso il testo ancora più equilibrato, più rigoroso e maggiormente garantista, dal punto di vista dei cittadini italiani. Si parla della disciplina dell'accesso alla magistratura, dei nuovi criteri di valutazione della professionalità - perché noi vogliamo magistrati preparati e laboriosi - del superamento di ogni automatismo nella carriera, della nuova scuola di formazione della magistratura. Si realizza, altresì, un punto importante del programma dell'Unione, che diceva essere necessaria un'efficace e rigorosa separazione di funzioni tra magistratura giudicante e magistratura inquirente. D'altronde, ciò è quanto prescrive l'articolo 107 della Costituzione, quando afferma con chiarezza che «I magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni». Facciamo esattamente ciò, quando stabiliamo per legge, ad esempio, che non sarà più possibile - tranne particolari e rare eccezioni - cambiare funzione, da giudice a pubblico ministero e viceversa, rimanendo nella stessa regione e che per cambiare regione serva una preparazione particolare e una verifica stringente.
Ho ascoltato colleghi dell'opposizione tornare a sostenere che ciò non basta e che ci vorrebbe una vera separazione delle carriere. La mia domanda è: perché non avete fatto voi la separazione delle carriere? Eppure avete governato per cinque anni; avevate una maggioranza parlamentare amplissima, con un vantaggio di cento deputati e di cinquanta senatori e, con il tempo di un'intera legislatura, potevate apportare tutte le modifiche costituzionali e legislative necessarie ad introdurre, nell'ordinamento italiano, il modello della separazione delle carriere, quel modello che oggi la Costituzione italiana non prevede, giacché prevede che i magistrati si distinguono tra loro soltanto per funzioni. Evidentemente nemmeno voi ne eravate convinti! Infatti, la cosiddetta legge Castelli si muoveva anch'essa - come fa questa nostra riforma - dentro lo schema della separazione delle funzioni. Non avendo voi la convinzione di andare oltre, avete tentato una separazione non di diritto, ma di fatto, producendo, però, un pasticcio ingovernabile, con procedure ingessate e farraginose. Noi, invece, preferiamo il modello della Costituzione italiana. Al pubblico ministero come avvocato dell'accusa, preferiamo la fisionomia di un magistrato, che abbia il compito di raccogliere anche elementi di prova a favore dell'indagato.
Non ci piace, cioè, un corpo separato di pubblici ministeri come super-poliziotti. I cittadini italiani sarebbero meno garantiti nelle loro libertà e nei loro diritti civili. Queste, signor Presidente, sono le mie convinzioni e quelle del gruppo della Sinistra Democratica, che in questo momento ho l'onore di rappresentare. Si tratta di una buona legge, di una riforma efficace, che merita, per tali ragioni, l'approvazione della Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Presidente Prodi, Ministro Mastella, nel ribadire, da parte del gruppo della Lega Nord Padania, l'assoluta contrarietà a questo provvedimento, richiamandoci a quelli che sono i motivi già espressi durante la discussione sulle linee generali, sfruttiamo la diretta televisiva - se pure, come orario, è abbastanza tardi - per spiegare ai cittadini tali motivi, le ragioni di questa assoluta contrarietà.
Voi, durante la campagna elettorale, lo avevate promesso e, purtroppo, avete azzeratoPag. 186completamente quella che era una riforma importantissima per la giustizia, cioè quella che portava il nome del Ministro della Lega Nord Padania, Castelli. Avete azzerato tale riforma perché, sostanzialmente, non siete in grado di creare, ma siete solo ed esclusivamente in grado di distruggere: lo avete dimostrato con altre controriforme che, purtroppo, si sono viste in queste aule parlamentari. La riforma Castelli tendeva a creare una magistratura più vicina ai cittadini, più preparata, fatta di veri professionisti, veramente imparziale, terza, meno politicizzata. Tuttavia, purtroppo, in questo Paese è abbastanza chiaro che le riforme sono scomode, fanno paura a quei magistrati politicizzati, che rispondono al nome dell'Associazione nazionale magistrati; le riforme che avevamo fatto sono scomode per quelle posizioni di rendita, che ci sono anche all'interno della magistratura.
Dunque, perché la nostra assoluta e netta contrarietà? La riforma Castelli, che voi adesso state azzerando, probabilmente aveva in qualche modo due colpe originali: la prima era quella di voler annullare dei privilegi inaccettabili che, tuttora, permangono per i magistrati; la seconda è stata quella di aver fatto una riforma - con la precedente maggioranza e il precedente Governo - dialogando con tutti e ascoltando tutti. Era una riforma che andava a favore dei cittadini e non di una casta come quella della magistratura. Voi, questa sera, purtroppo, state tutelando una casta, che è quella della magistratura e che possiede, ripeto, privilegi inaccettabili, perfino inconcepibili! Il fatto di non aver voluto inserire il principio di un test psico-attitudinale per l'accesso alla magistratura la dice veramente lunga su come volete tutelare questa, ripeto, casta di magistrati, che si pongono a questo punto al di sopra della legge. Infatti, tali test psico-attitudinali si fanno, sono richiesti, anche per accedere ad un semplice concorso pubblico; perché non per i magistrati?
I magistrati e i pubblici ministeri hanno un potere enorme nel Paese, quasi di vita o di morte nei confronti dei cittadini e non ne rispondono assolutamente! Ci sono casi allucinanti di magistrati che si sono svegliati una mattina e hanno inquisito e messo in carcere persone - che poi si sono dimostrate assolutamente innocenti - e il magistrato che ha attivato tale procedura personalmente non ha pagato assolutamente nulla, per aver fatto un errore clamoroso che ha rovinato, magari, la vita di un cittadino.
Voi state difendendo questa casta! La riforma Castelli aveva un unico faro, quello della tutela dei cittadini, cercando veramente giustizia. Tuttavia, evidentemente, dava fastidio a qualcuno. Si tratta, lo ripeto, del Palazzo dei marescialli, dell'Associazione nazionale magistrati, che hanno sempre osteggiato uno dei punti politici che la Lega Nord Padania ha sempre cercato di portare avanti, cioè l'elezione diretta da parte del popolo dei pubblici ministeri. Questa costituirebbe una vera riforma per una giustizia vera e giusta all'interno del Paese. Pertanto, capiamo benissimo la mancanza di confronto con l'opposizione da parte vostra, pur sapendo che la Lega Nord Padania, quando si parla di riforme non ha posizioni precostituite e assolutamente non erige un muro, purché si tratti di riforme scritte e votate dal Parlamento, non di riforme o controriforme, come questa, scritte al di fuori di quest'aula.
Capiamo benissimo le ragioni della minaccia di sciopero da parte della magistratura e, successivamente, la marcia indietro da parte dei magistrati, perché magari vi erano alcuni punti da aggiustare durante la fase dell'iter del provvedimento al Senato, come avete sicuramente fatto. Allora, come è possibile per un partito come la Lega Nord Padania - che della libertà, dell'uguaglianza e della giustizia vera ha fatto una delle proprie bandiere - accettare un provvedimento che non tutela assolutamente i cittadini, ma è volto solo ed esclusivamente a consolidare un potere e una posizione di rendita da parte dei magistrati? Questo non lo possiamo fare. Capiamo che, in qualche modo, questa maggioranza - lo abbiamo constatato anche per l'assenza di dibattito da partePag. 187vostra nei nostri confronti - sia in qualche modo schiava del sistema giudiziario, ma non lo possiamo assolutamente accettare. Quindi, gridiamo forte ai nostri elettori e a tutto il Paese che voi state legalizzando un colpo di Stato da parte della magistratura contro la politica, i cittadini e la giustizia.
Questi sono i motivi che ci portano a votare in maniera convinta contro il provvedimento in discussione. Ministro Mastella, non avete fatto assolutamente nulla per dare un segnale di avvicinamento della giustizia ai cittadini, anzi li avete allontanati da essa. Uno dei primi provvedimenti è stata la legge in materia di indulto. Le ricordo, secondo i dati statistici forniti dal suo Ministero, che sono stati scarcerati circa 22 o 23 mila detenuti e quasi 6 mila sono già rientrati in carcere. Si tratta di un vero e proprio fallimento, non solo per la giustizia, ma anche da parte dello Stato.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. L'indulto è del Parlamento, non del Governo.
GIANLUCA PINI. Voi non avete fatto nulla, ripeto, per avvicinare i cittadini alla giustizia per far loro credere che, in qualche modo, in Italia esiste una giustizia e non solo le leggi. Nulla! Anzi, il primo provvedimento che avete approvato, appena insediati è stato quello di togliere le targhe all'interno dei tribunali recanti la scritta che la giustizia è amministrata in nome del popolo.
Infatti, voi volete che la giustizia sia amministrata pro domo vostra e pro domo ANM. Per tali ragioni, il gruppo Lega Nord Padania voterà convintamente contro questa controriforma (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge Mastella di modifica delle norme sull'ordinamento giudiziario, che il Governo, purtroppo, ha imposto a questo ramo del Parlamento, rappresenta un dannosissimo arretramento sulla strada della riforma ordinamentale, che abbiamo avviato nella precedente legislatura, nel corso della quale, lo ricordo, al dibattito parlamentare sono stati dedicati più di tre anni, con ben sei passaggi da un ramo all'altro del Parlamento.
ROLANDO NANNICINI. Eravate divisi!
ERMINIA MAZZONI. Il testo che oggi dobbiamo votare in quest'aula risponde ad esigenze parziali e non offre garanzie di superamento di quelle carenze endemiche del sistema della giustizia. Con la disciplina che si intende introdurre si vanificano gli obiettivi fondamentali della riforma e soprattutto si tradisce l'indicazione costituzionale che vuole una magistratura indipendente, imparziale e terza e una giustizia come servizio efficiente ed efficace per il cittadino.
Il gruppo dell'UDC esprime una netta contrarietà rispetto al ritorno, alla promiscuità ed alla confusione della funzione giudicante con quella requirente, non condivide il criterio poco meritocratico ed autoreferenziale di valutazione per la progressione di carriera, nutre forti perplessità sulla riduzione del periodo di formazione degli uditori tirocinanti e sulle modalità di svolgimento semplificate dell'aggiornamento professionale, che non è più obbligatorio né tantomeno vincolante. Ritiene grave, anzi gravissima, la decisione di ridurre il numero dei componenti laici nei consigli giudiziari e di ripristinare una funzione de minimis per gli avvocati. Su questo punto il silenzio del Governo è un fatto gravissimo ed è la conferma che questo Esecutivo divide la società in caste e ne privilegia una a discapito dell'altra.
Il gruppo dell'UDC è fortemente preoccupato dell'indirizzo del Governo in questa materia perché ciò incide sul sistema generale delle garanzie costituzionali: scompare, signor Ministro, per il metodo che è stato utilizzato e per il merito della proposta, il costituzionale bilanciamento tra i poteri dello Stato e la separazione deiPag. 188poteri dello Stato viene travolta, così come viene travolta la separazione tra giudice e pubblico ministero.
La posizione del gruppo dell'UDC, ampiamente motivata nel corso dei pur brevi lavori che si sono svolti in questi pochi giorni in Commissione e in Assemblea è stata, come sempre, rispettosa delle regole che dovrebbero governare i rapporti all'interno del Parlamento, mentre quella del Governo, purtroppo, è ancora una volta pericolosamente indifferente alle più elementari regole della seria democrazia partecipativa.
Questa controriforma non risponde alla domanda di giustizia che i cittadini rivolgono allo Stato da molto tempo ed è la definizione normativa del principio che questo Esecutivo governa in nome di una sola parte del popolo italiano. Ciò che questa maggioranza sta per approvare sembra più un contratto di categoria scritto da un sindacato che una riforma ordinamentale di una delle funzioni essenziali dello Stato. Non vi è traccia di misure atte a risolvere le questioni legate ai tempi del processo, alla discrezionalità dell'azione penale, alla responsabilità dell'attività giudiziaria, alla ricerca e all'accertamento della verità, alla composizione dei conflitti sociali.
La riforma da noi approvata aveva individuato strumenti per dare alla giustizia maggiore professionalità e competenza, per ristabilire il perimetro della responsabilità della funzione giudiziaria, per garantire la piena attuazione dei principi dell'indipendenza della magistratura, dell'imparzialità e della terzietà del giudice e della parità delle parti. Avevamo previsto la separazione delle funzioni, per costruire l'impalcatura necessaria a realizzare finalmente il giusto processo. La sua iniziativa, signor Ministro, non ha la dignità di una proposta, interpretando purtroppo - lo dico con rammarico - la prassi politica ormai invalsa in questi anni di affermarsi attraverso la negazione nell'altro, attraverso la contrapposizione e lo scontro frontale.
Signor Ministro, il cittadino le chiede di rispondere dell'insostenibile distanza che c'è tra l'offesa che subisce e la reazione punitiva dello Stato, le domanda perché i delinquenti che attentano quotidianamente alla sua sicurezza restano impuniti, mentre risorse umane e finanziarie vengono impegnate in maxi-costruzioni accusatorie da prima pagina che spesso si risolvono nel nulla. Il cittadino le chiede di sapere perché il magistrato, colui che dovrebbe garantire il rispetto della legge, se sbaglia resta al suo posto. Il cittadino, signor Ministro, vuole sapere perché viene lasciato solo e privo di tutela quando affronta il mercato e viene sopraffatto dalla regola del più forte.
Lei, signor Ministro, con la sua maggioranza si mostra indifferente a tutto questo ciò, impegnato com'è, forse, a risolvere la sua personale contesa con il suo collega Di Pietro e a sopravvivere nella giungla della sua coalizione. Questo testo purtroppo è la sua sfida personale, non è la sfida nei confronti dell'ingiustizia istituzionalizzata. Signor Ministro l'abbiamo detto in tutti i modi in quest'aula, abbiamo tentato pure attraverso un indecoroso monologo di rappresentare le questioni di merito che ci portavano ad invitarla ad un altro passaggio di riflessione.
Lei, con la sua ostinazione, purtroppo ci ha costretti a questo voto contrario. Noi, sin dall'inizio, abbiamo dimostrato la disponibilità a lavorare per l'eventuale miglioramento della riforma ordinamentale, perché crediamo che la giustizia, questo grande malato, abbia bisogno di un intervento serio, che sia frutto di una larga partecipazione.
Invece, lei ci ha chiuso la porta; ha voluto combattere la sua sfida, portando in aula questo provvedimento con questo metodo che non è sicuramente democratico.
L'ho detto oggi e lo ripeto: sarebbe stata preferibile la posizione della questione di fiducia; sarebbe stato più dignitoso per voi, per la sua maggioranza e per noi come opposizione, ma avete preferito umiliare non tanto noi, ma i componenti della vostra maggioranza con questi lavori forzati.Pag. 189
Oggi noi, purtroppo, ci vediamo costretti a votare contro questo disegno di legge, che non posso chiamare riforma, perché continueremo sempre e comunque a lavorare a favore del cittadino e degli interessi del cittadino (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cogodi. Ne ha facoltà.
LUIGI COGODI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, con riferimento al provvedimento in discussione abbiamo già motivato, nel corso del serrato confronto che si è sviluppato in Commissione ed in Assemblea, le ragioni della nostra sostanziale condivisione.
Ciò perché riteniamo che il provvedimento contenga importanti innovazioni in materia di ordinamento giudiziario, che noi consideriamo utili soprattutto in ragione del miglior funzionamento del servizio giustizia, innanzitutto in favore dei cittadini.
La nostra condivisione è perciò motivata: non è affatto imposta; non è derivata da alcuna pressione esterna; non è frutto di alcuna dettatura e meno che mai di alcuna dittatura, che taluno possa solo pensare di imporci.
L'approvazione definitiva di questa normativa consentirà, invece, di sistemare in archivio almeno gli elementi più devastanti della controriforma Castelli, di quella normativa, tutta imperniata sulla pazza idea di infliggere un duro colpo, se non un colpo mortale, ai valori costituzionali di autonomia e di indipendenza della magistratura, di obbligatorietà dell'azione penale, della legge uguale per tutti, della comune cultura della giurisdizione, della professionalità e della responsabilità del giudice.
Ciò detto, per amore di verità, risulta altrettanto vero che molti e impegnativi sono ancora i passi da compiere per garantire ai cittadini un sistema giustizia più adeguato ai valori costituzionali e di piena rispondenza ai reali bisogni sociali.
Noi pensiamo ad un servizio giustizia che costituisca un autentico bene comune di tutte le persone e di tutte le comunità.
Pensiamo che i valori costituzionali del giusto processo, della sua ragionevole durata, del giudice terzo e delle condizioni di parità nel contraddittorio tra le parti avranno senso compiuto solo quando saranno rivendicati e concretamente realizzati in favore di tutti i cittadini, e non solamente in favore di chi ritiene di essere più cittadino degli altri, per esempio perché dispone di mezzi copiosi per la sua difesa, anche ad oltranza. Capita, talvolta!
Ecco perché urge una più rigorosa messa a punto di tutta la normativa di riferimento in materia di ordinamento giudiziario: una messa a punto di funzionalità e di efficacia, di capacità e di responsabilità, di rispondenza piena ai valori alti e alla missione civile che anima l'intero contesto della normativa costituzionale.
Esiste una scuola di pensiero, secondo me del tutto erronea, che tende a considerare l'ordinamento giudiziario come un ambito esclusivo, una sorta di «maso chiuso» entro cui si definiscono lo status di magistrati ed il relativo sistema di garanzie dei soli magistrati ordinari. È anche così, ma non è solo così. Fra l'ordinamento giudiziario, così come prefigurato negli articoli da 101 a 109 della Costituzione, e l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, di cui all'articolo 110, corre una strettissima relazione, un vincolo inscindibile. Risulta perciò abbastanza sconcertante l'evidente scompenso che caratterizza anche in questa fase le iniziative troppo spesso autoreferenziali delle diverse parti in causa: giudici, avvocati, ministri e persino legislatori preferiscono trattare i temi del potere del giudice versus il potere della politica e viceversa, anziché trattare innanzi tutto dei poteri e dei doveri della politica rispetto al buon andamento del giustizia ed ai buoni diritti dei cittadini.
Sullo stato della giustizia in Italia il Censis ha recentemente certificato l'assolutoPag. 190giudizio negativo di oltre il 90 per cento dei cittadini italiani, che non è relativo o frutto dell'andamento delle vicende degli ultimi mesi, ma si fonda su una vicenda di molti anni. Mentre molto si discute, e a ragione, dell'effettività, della certezza della pena e della sua funzione anche rieducativa, accade nel frattempo che non vi è più neppure minima certezza di quello che legittima la pena, cioè del processo, della sua durata e della sua conclusione. È risultato da notizie di stampa nei giorni scorsi che una causa civile, presso un tribunale del Sud d'Italia, concernente la contesa sull'attribuzione di un fabbricato, è trattata ormai da 57 anni: senza lo scalone quella causa potrebbe andare benissimo in pensione!
Quello è un tribunale come tanti altri in Italia, dove ogni magistrato ha in carico in un anno non meno di millecinquecento procedimenti, dei quali riesce a definirne meno di un terzo, che è una grande quantità, mentre gli altri due terzi vanno ad accrescere il monte dell'arretrato del quale è impossibile pensare ad una definizione in tempi ragionevoli. Mentre si attacca da più parti la legge sull'indulto, esistono procuratori della Repubblica in Italia che si ritengono necessitati ad emettere direttive chiaramente nervose, che individuano come soluzione al sovraccarico dei processi alcuni singolari istituti, quali l'archiviazione generosa e l'adozione dei criteri di priorità tali da comportare sicuramente la maturazione dei termini di prescrizione per molteplici reati. Peraltro, in luogo di un'amnistia impropria, qual è questa, selettiva e discriminatoria anche per territorio, dovremo convenire che è sicuramente preferibile porre mano quanto prima, con sano realismo, ad una norma per un'amnistia vera, definita e garantita nell'interesse generale del buon andamento della giustizia.
L'ordinamento giudiziario definisce, com'è noto, lo status dei magistrati ordinari, che ad oggi dovrebbero assommare ad 8.928, a fronte di oltre 10.000 attualmente previsti in organico, ma ad esercitare funzioni giurisdizionali, solo accanto alla magistratura ordinaria, siede da anni un numero altrettanto corposo di magistrati onorari 3.315 giudici di pace a fronte di un organico di 4.700, e quasi 4.000 ulteriori giudici onorari: è un autentico esercito di precari della giustizia, notoriamente sottopagati rispetto anche al più usuale degli impieghi pubblici, senza adeguati diritti previdenziali, colpiti tutti, ma soprattutto le donne, nelle più elementari tutele assicurative, esposti, la gran parte, ad un'assoluta incertezza sulle proprie prospettive di lavoro e di vita.
Vi è un ulteriore elemento che più di ogni altro appare ingiusto, per molti versi anche offensivo, per ogni e qualsiasi verso comunque intollerabile.
Così come esistono due Italie dell'economia e delle dotazioni infrastrutturali, allo stesso modo esistono anche due Italie della giustizia. I dati più recenti indicano, infatti, che la durata media dei processi di cognizione in primo grado, in tutto il Nord del Paese, si aggira intorno ai 500 giorni; al Sud e nelle isole tale durata media è di oltre mille giorni, ossia più del doppio. Insomma, talora la giustizia veste ancora l'ermellino; talora adotta la pelle del leopardo. Ed è evidente che un maggior danno per il Sud è un danno per tutto il Paese, di conseguenza anche per il Nord.
È anche vero che le cosiddette sedi disagiate sono poco ambite dai magistrati e dai funzionari; ma il senso dell'azione di un Governo democratico è proprio quello di contrastare le iniquità e di affrontare e rimuovere le cause del disagio sociale, non semplicemente quello di censire e prendere atto delle difficoltà e delle iniquità esistenti.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUIGI COGODI. Non ho parlato di altri aspetti, di cui pure bisognerebbe parlare. In conclusione, affermo solo un altro semplice concetto. È vero che la legge modificativa dell'ordinamento giudiziario non è, né deve essere, per sua natura, la legge dell'organizzazione complessiva del servizio giustizia; ma è anche vero che la migliore coerenza costituzionale della legge sull'ordinamento giudiziario deve esserePag. 191non un fatto a sé e neppure una parte indifferente rispetto al progetto complessivo di riordino democratico, di funzionalità e di efficienza del servizio giustizia, poiché è questo che i cittadini attendono ed hanno diritto di avere.
PRESIDENTE. Deve concludere.
LUIGI COGODI. Per tali ragioni, preannunzio il voto favorevole del gruppo... del partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, a differenza del collega che mi ha preceduto, io so bene per conto di chi parlo: parlo per il partito al quale appartengo, Alleanza Nazionale.
Prima di entrare nel merito, prima cioè di preannunziare il voto contrario, anzi, di più, la non partecipazione al voto dei deputati di Alleanza Nazionale sul disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, desidero ricordare, anche per i nottambuli che ci guardano da casa, che i banchi di Alleanza Nazionale sono volutamente vuoti. Lo sono, come ha dichiarato poche ore fa in aula l'onorevole La Russa, perché il gruppo di Alleanza Nazionale ha voluto abbandonare l'aula in segno di protesta verso la maggioranza di Governo, che non solo ha voluto escludere gli avvocati italiani dai consigli giudiziari, quasi fossero intrusi o appestati, ma non ha neanche voluto dare una risposta sulle ragioni di questa inspiegabile esclusione.
Lei, infatti, Presidente Prodi, non ha voluto rispondere sulle motivazioni di una scelta tanto arbitraria e ingiustificata. Peraltro, Presidente Prodi, lei che segna tutto, prenda nota del fatto che la richiesta di chiarimenti era stata avanzata - certamente con garbo, ma anche con fermezza - non solo dall'onorevole La Russa a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, ma anche da alcuni autorevoli esponenti della sua stessa maggioranza, che richiedevano chiarezza, ad esempio dall'onorevole Mellano; o dall'onorevole Gerardo Bianco, un parlamentare che ha onorato questa Camera e che avrebbe meritato un trattamento di maggior rispetto della sua storia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
La verità è che lei, Presidente Prodi, non poteva rispondere, altrimenti avrebbe dovuto riconoscere che tutto è derivato da quella manifesta, chiara ed evidente avversione che la sua maggioranza ha verso la classe forense italiana, quegli avvocati verso i quali Alleanza Nazionale ha voluto, invece, esprimere un gesto di solidarietà, abbandonando l'aula.
D'altro canto, cosa potevamo aspettarci da parte di una maggioranza che ha voluto varare in tre giorni quella riforma abrogativa della legge Castelli che la Casa delle libertà, la casa della serietà, per tre anni ha inteso sottoporre al vaglio dei due rami del Parlamento?
Gli esponenti della maggioranza dicono off the record naturalmente, in gran silenzio e in gran segreto: è vero, la legga fa schifo - questo è il termine usato dai colleghi della vostra maggioranza -, ma noi non possiamo tornare al Senato. Lo sa bene il Guardasigilli, quando al Senato ha dovuto dire che non avrebbe più fatto esprimere al Governo pareri su questa disposizione di legge e si sarebbe rimesso all'aula. Non potevate tornare al Senato, perché al Senato non avreste più avuto voti. Complimenti, un bel modo di ragionare!
Per tali ragioni, più il tempo passa e più considero giusta ed opportuna la decisione del gruppo di Alleanza Nazionale non solo di non votare, ma di non partecipare al voto, per prendere sempre più le distanze da questa cosiddetta controriforma.
Nel merito, la riforma è pessima: quindi, non solo bocciamo il metodo, ma anche il merito. Si tratta di una riforma dettata per tutelare, tra l'altro, gli interessi di pochi magistrati, questo è il paradosso. Voi ve ne siete infischiati della stragrandePag. 192maggioranza dei magistrati italiani, quei magistrati operosi che lavorano tra mille difficoltà e che pensano non alle associazioni, ai convegni e alle riunioni, ma solo a lavorare e ad amministrare la giustizia per tutelare gli interessi dei cittadini.
Il disegno di legge al nostro esame, che solo voi vi accingete a votare, sostituendo quasi del tutto la legge Castelli, lede palesemente il principio della certezza del diritto; lede, cioè, quel bisogno di mantenere una ragionevole, tendenziale stabilità del quadro normativo complessivo, un quadro invece da voi sempre più sottoposto ad uno stress continuo, causato dall'uso congiunturale o occasionalistico degli strumenti di normazione.
Sappiamo tutti poi - è evidente ed è scritto sui muri - che questo disegno di legge ristabilisce una certa situazione, in completo spregio dell'articolo 111 della Costituzione - articolo del giusto processo, varato, guarda caso, nella XIII legislatura, prima che gli italiani vi mandassero a casa per poi, purtroppo, farvi ritornare per pochi voti -, che prevede quella omogeneità ed unicità di funzioni che la legge della Casa delle libertà se non altro aveva attenuato.
Si tratta di un disegno di legge che aumenta il potere del Consiglio superiore della magistratura, attribuendo allo stesso una discrezionalità enorme, attribuendo al CSM, signor Presidente, un potere ancora più marcato rispetto alla situazione precedente alla riforma Castelli.
In tal modo, attraverso la legge ordinaria, viene vanificata una norma costituzionale.
Si potrebbe obiettare che non si può, che si dovrebbero utilizzare i meccanismi dell'articolo 138: ma non fa niente, va bene così «madama la marchesa»! Poco importa che l'articolo 105 della Costituzione, che attribuiva al CSM il compito di effettuare o meno le promozioni dei magistrati, sia una norma costituzionale! Ma poi i magistrati chi li promuove? È semplice.
I magistrati vengono promossi automaticamente, visto che le qualifiche verso cui i magistrati stessi dovrebbero essere promossi con tale provvedimento non esistono più: a suffit direbbe Sarkozy.
Ve ne è abbastanza e a sufficienza per far capire a voi della Camera e a chi ci ascolta (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)... (fate un corso di lingue se non conoscete il francese)!
GIANCLAUDIO BRESSA. Sei tu che non lo conosci ed hai una pronuncia da buzzurro!
GIUSEPPE CONSOLO... il motivo per cui il gruppo di Alleanza Nazionale ha abbandonato l'aula e non voterà tale disegno di legge.
Concludo, stando nei tempi che noi siamo abituati a rispettare. Si tratta di una legge di convenienza, voluta per accontentare interessi politici di parte e non certo per fare l'interesse unico che Alleanza Nazionale conosce: l'interesse degli italiani!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, signori del Governo, avete portato avanti in questo ramo del Parlamento un testo che eravate consapevoli di non poter modificare. Il testo del Senato era intoccabile e non perché fosse perfetto, tutt'altro. Si tratta di un testo zeppo di errori che avrebbe richiesto radicali correzioni, tra l'altro sarebbe stato necessario ripristinare il test psico-attitudinale per chi affronta il concorso per diventare magistrato. Il primo requisito di chi decide della vita degli altri deve essere l'equilibrio mentale.
Vi avevamo offerto di rinviare l'entrata in vigore della riforma Castelli per il tempo necessario, ma avete avuto paura di tornare al Senato. Fortunosamente, era stato approvato, per un solo voto, quel disegno di legge. Avete umiliato così la Camera dei deputati e soprattutto la vostra maggioranza, che avete condannato al silenzio in aula per tutto il corso del dibattito. Ma avete umiliato il Parlamento tutto, perché il testo di questo provvedimento è stato scritto nei suoi principi ispiratori dall'associazione nazionale magistrati.Pag. 193
La magistratura militante si proponeva due obiettivi: far sì che alle correnti fosse restituito tutto il potere nell'assegnazione degli incarichi direttivi e ciò avete fatto, attraverso dei criteri elastici e incontrollabili per valutare la professionalità dei magistrati. Avere sostituito al criterio sicuro dell'anonimato dei concorsi, il criterio insicuro e inaffidabile della valutazione di persone di cui si conosce l'appartenenza a questa o a quell'altra corrente. Alla meritocrazia avete sostituito la partitocrazia delle correnti.
L'altro obiettivo che si proponeva l'associazione nazionale magistrati era mantenere l'unità della corporazione della magistratura, perché in tale circostanza sta il potere della magistratura. Ciò è stato compiuto facendo tabula rasa della separazione delle funzioni tra pubblico ministero e giudici. Così si è perso un valore fondamentale che è la terzietà del giudice. La nostra battaglia per la separazione delle funzioni ha e ha sempre avuto questo unico significato. Solo un pubblico ministero, che non abbia nulla in comune con il giudice, garantisce che il giudice sia equidistante dalle due parti. Il che significa il riconoscimento pieno del ruolo della difesa e che il pubblico ministero è parte quanto è parte il difensore. Ebbene, per mantenere l'unità di questa corporazione avete rinunciato a tale valore che è proprio di ogni democrazia liberale.
Siete riusciti nel vostro intento con la forza dei numeri, ma non con l'autorità della ragione. Ci siete riusciti a danno dei diritti di libertà del cittadino. Perciò lasciamo solo a voi la responsabilità di approvare una legge veramente ingiusta, in particolare, sotto il profilo della terzietà del giudice e dell'indipendenza di ogni singolo magistrato, che sarà in balia della appartenenza a questa o quell'altra corrente. Per queste ragioni lasciamo a voi la responsabilità di decidere di fare entrare in vigore il provvedimento in esame. Noi non parteciperemo al voto (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Lega Nord Padania e del deputato Consolo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo e colleghi, il gruppo dell'Ulivo voterà a favore del provvedimento in discussione.
C'è chi ritiene che l'assetto che abbiamo ereditato dal passato non vada toccato e che sia, senz'altro, uno dei migliori al mondo invidiatoci dagli altri Paesi. Tuttavia, i suoi limiti sono sotto agli occhi di tutti. Il primo, certamente quello che interessa più da vicino i cittadini, è la cattiva qualità del servizio che rende. I dati sull'eccessiva durata dei procedimenti sono ormai stranoti e la cattiva qualità del servizio si riflette sul basso tasso di fiducia nei confronti del nostro sistema giudiziario. Non è vero che, rispetto agli altri Paesi, i magistrati in Italia siano troppo pochi, anche se è vero che sono mal distribuiti. Così come non è vero che in Italia si spende troppo poco per la giustizia, anche se ciò non vuol dire che si spenda sempre bene. Le ragioni di questo stato di cose non vanno attribuite solo alla magistratura: anche gli avvocati hanno le loro responsabilità, specie in campo civile.
Il punto più caldo della nostra giustizia resta, comunque, il rapporto con la politica. Non è un mistero per nessuno che, in passato, c'è stato chi ha visto, nell'opera della magistratura interventista, l'occasione per riformare l'Italia e gli italiani. Non è, inoltre, un mistero per nessuno che l'atteggiamento del centrodestra sia stato caratterizzato da grande opportunismo. Prima Berlusconi ha cercato di accattivarsi la magistratura e soltanto quando questa strada è apparsa infruttuosa ha cambiato strategia ed ha iniziato ad attaccare sistematicamente i magistrati, specie quelli che lo indagavano, accusandoli di politicizzazione e cioè di parzialità nei suoi confronti. In questo contesto, le riforme o sono state agitate come possibili ritorsioni verso decisioni non gradite oPag. 194hanno consistito in misure molto limitate, intese a risolvere i guai giudiziari dell'ex Presidente del Consiglio.
Come è noto, noi abbiamo avversato molto nettamente la riforma voluta dal centrodestra. Tale riforma aveva l'obiettivo di ripristinare i controlli di merito di tipo gerarchico-burocratico, le cui disfunzioni sono già state segnalate a suo tempo e che, per certi aspetti, ha inciso su quell'autonomia ed indipendenza voluta dalla Costituzione, aspetti che, come ricorderete, hanno determinato i messaggi correttivi del Capo dello Stato.
Si è trattato di una riforma che, invece di riportare serenità ed ordine, ha accentuato conflitti e lacerazioni. Noi, sia chiaro, non riteniamo che l'assetto che abbiamo ereditato dal passato sia intoccabile e che ogni innovazione sia un attentato ai principi fondamentali della nostra Costituzione, ma, come ha osservato Valerio Onida dopo la discussione al Senato, assistendo agli scontri parlamentari di questi giorni, non si aveva l'impressione che fossero davvero in gioco questioni essenziali, ma piuttosto, da un lato, temi secondari ed interessi di categoria e, dall'altro, ragioni di conflitto che riflettono, più che i problemi reali, i problemi del malessere del sistema politico.
Non si può certo dire che il contrasto - lo avete constatato anche nella discussione al Senato - sui limiti territoriali dell'incompatibilità nel passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa o il contrasto sull'opportunità della presenza nei consigli giudiziari di membri esterni anche dell'ordine forense - in linea di principio, a mio giudizio, si tratta di una presenza e di una opportunità non negabili - siano temi tali da meritare contrapposizioni frontali e scelte di campo assolute. Nel confuso dibattito rischiano di restare fuori o di giocare un ruolo secondario proprio le preoccupazioni di chi ha a cuore il buon funzionamento del sistema giudiziario. Noi, colleghi, abbiamo voluto fare nostre queste preoccupazioni, che sono le preoccupazioni degli italiani. Approvando la riforma in discussione noi onoriamo un impegno assunto davanti agli elettori.
Vogliamo assicurare la salvaguardia della piena indipendenza dell'ordine giudiziario e dei suoi membri dal potere politico nei processi di selezione, di nomina e di carriera. Vogliamo assicurare, inoltre, la fondamentale unità del corpo giudiziario, pur attenendoci al criterio di una più rigida distinzione tra funzione inquirente e giudicante. Resta naturalmente da affrontare il rapporto tra il potere giurisdizionale e lo Stato e il problema di assicurare l'efficienza della macchina giudiziaria, con l'obiettivo di rimediare al vizio di fondo del nostro sistema: l'eccessiva durata dei processi. Ma per far questo, colleghi, non possiamo rimanere intrappolati in un dibattito ideologico sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, tema importantissimo, che non può essere ridotto ad un totem né a un tabù, ma che non è cruciale per le sorti della giustizia.
La separazione, di per sé, poco influirebbe nell'immediato rendimento del sistema giudiziario e discuterne presuppone un respiro culturale e un clima politico che oggi in Italia non vi sono. Agitarlo serve, invece, solo a soffiare sul fuoco dello scontro tra poteri, politico e giudiziario, che infuria dagli anni di Tangentopoli e serve a non affrontare il problema scomodo dell'efficienza. Parlare di efficienza significa parlare di produttività, di managerialità, di garanzie sostanziali e non formali, ed anche di lealtà processuale, colleghi, nonché di privilegi da cancellare e di riforme scomode e poco visibili mediaticamente. Basti considerare che oltre il 70 per cento dei tribunali sono sottodimensionati nel Paese. Significa prendere atto di ciò che il governatore della Banca d'Italia ha ricordato, ossia che l'efficienza della giustizia, con riferimento, in particolare, alla ragionevole durata dei processi, è essenziale per la crescita economica del Paese, perché il confronto tra l'Italia e il resto del mondo è impietoso. Significa assumersi la responsabilità politica di compiere scelte riformatrici il più possibile condivise, senza rimanere ostaggio di questa o di quella categoria, come noi abbiamo cercato di fare. SignificaPag. 195dimostrare che siamo credibili, come cerchiamo di fare onorando gli impegni assunti davanti agli elettori.
Vi è da augurarsi che, chiuso lo scontro, almeno per ora, ci si metta al lavoro per attuare quelle misure concrete che sono necessarie: l'ufficio del giudice, la riforma del codice di procedura penale, ma anche una buona organizzazione degli uffici e una buona scelta di coloro che sono chiamati a dirigerli. E ancora, la promozione urgente delle norme stralciate, a cominciare da quella sull'ordinamento della magistratura militare e di quelle misure concrete che servono ad avere, in senso non retorico, una giustizia migliore e che il centrosinistra, i colleghi al Governo e la sua maggioranza, sono impegnati a realizzare (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
MARIO PEPE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, chiedo il controllo delle tessere di votazione (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Invito i deputati segretari a procedere al controllo delle tessere di votazione. (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).
Prendo atto che i deputati segretari hanno completato il controllo.