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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3256-A)
PRESIDENTE. Il deputato Forlani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/106.
ALESSANDRO FORLANI. Onorevole Presidente, l'ordine del giorno a mia firma riguarda gli eventi calamitosi che hanno investito il territorio nazionale negli ultimi decenni e, quindi, si preoccupa di sollecitare il Governo ad adottare i provvedimenti necessari per portare a compimento i processi di ricostruzione e di superamento dell'emergenza determinatasi in quei territori.
Si tratta di popolazioni duramente colpite e di aree che, in seguito ad alluvioni ed eventi sismici, hanno registrato una fase di depressione, di regressione economica, spesso di crisi occupazionale, di crisi produttiva, di gravi pregiudizi di carattere infrastrutturale.
In questi anni, siamo intervenuti in soccorso di queste popolazioni con vari provvedimenti legislativi e con iniziative volte a superare l'emergenza ma, purtroppo, gran parte dei programmi avviati con tali provvedimenti non sono stati portati a compimento e sono rimasti inattuati.
In particolare, già negli scorsi anni ero stato presentatore di emendamenti nella commissione Bilancio riguardanti la crisi sismica che investì i territori dell'Umbria e delle Marche nel settembre, ottobre 1997 e vorrei, in questa sede, quella degli ordini del giorno, l'unica consentitaci in virtù della posizione della questione di fiducia, sollecitare l'attenzione del Governo e dei colleghi proprio su quella crisi.
Si tratta di una vicenda, quella del terremoto verificatosi nelle Marche e in Umbria, emblematica di come, a volte, vengono affrontati questi processi e queste crisi nel nostro Paese. È una di quelle opere di ricostruzione che vengono indicate come modello per il legislatore e per gli amministratori di ricostruzione equilibrata, completa e attenta, in cui si sia palesata la capacità delle autorità di portare a termine gli impegni assunti.
Sicuramente io non posso che dare atto, tanto al Parlamento che ai Governi nazionali che si sono succeduti e anche al governo regionale, di avere in larga misura realizzato le opere necessarie per consentire il rilancio e la ripresa economico-produttiva di quei territori e per consentire l'equo ristoro alle popolazioni colpite, ma non bisogna pensare che un'attenta ricostruzione, un'opera meritoria portata avanti sia stata esaustiva dell'intera emergenza, di tutti gli interventi richiesti dalle conseguenze del grave evento che si era verificato.
Molto c'è ancora da fare; ancora si rivelano necessari stanziamenti e supporti governativi, in particolare sul fronte delle infrastrutture, delle opere pubbliche, degli edifici monumentali e di culto, della tenuta idrogeologica del suolo. Si tratta della cosiddetta «busta pesante», per cui i cittadini e gli imprenditori, i cui oneri fiscali e contributivi erano stati sospesi in virtù dell'emergenza che si era determinata, saranno prima o poi chiamati a restituire. Naturalmente quando ciò avverrà comporterà un grande disagio per questi cittadini, per questi produttori che già erano stati fortemente colpiti nelle loro potenzialità.
Si richiederebbe, infatti, di procedere non soltanto a continue dilazioni che, alla fine, come tutte le cose, hanno una loro conclusione, ma di trovare una forma di sanatoria, quantomeno parziale, di queste obbligazioni...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
ALESSANDRO FORLANI. ...per i problemi delle seconde case, degli anticipatari e vari altri rimasti.
Per questo motivo, richiedo che il mio ordine del giorno n. 9/3256/106, che si occupa di questa emergenza, venga accolto dal Governo.
PRESIDENTE. La deputata Pelino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/65.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'ordine del giorno a mia firma n. 9/3256/65, intendo ancora una volta rimarcare che è un dovere, per noi, avversare la manovra finanziaria di questo Governo. Tale manovra, infatti, disattendendo le linee programmatiche dell'Unione, non è certamente favorevole all'occupazione, al lavoro e alle donne. Essa è di carattere modestamente espansivo e non è riduttiva del disavanzo pubblico.
Come imprenditrice, rilevo che - nell'anno dedicato alle pari opportunità dall'Unione europea - il Governo, nella finanziaria 2008, taglia i fondi per la legge 10 aprile 1991, n. 125 (che finanzia progetti per l'occupazione femminile, le cui disposizioni hanno lo scopo di favorire l'occupazione femminile e di realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro) e congela la legge 25 febbraio 1992, n. 215 recante «Azioni positive per l'imprenditoria femminile».
Il Governo, pertanto, dovrebbe provvedere a stanziare, con ulteriori provvedimenti, risorse per lo sviluppo dell'occupazione e dell'imprenditoria femminile, soprattutto per quella svantaggiata del Mezzogiorno, che dev'essere incentivata poiché - a ragione - costituisce una risorsa fondamentale per lo sviluppo delle piccole e medie imprese e per la crescita occupazionale delle donne nel nostro Paese.
Un altro punto di rilevante importanza è quello sottolineato dal mio collega Fabbri, affinché, dall'anno 2008, si dispongano convenzioni con gli enti locali, per l'attuazione di politiche del lavoro volte a stabilizzare l'occupazione dei lavoratori ASU (attività socialmente utili), i quali, da almeno tre anni, sono stati a disposizione dei comuni, nonché di quei lavoratori che, con convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 10, comma 3, possono godere degli stessi benefici e incentivi dei lavoratori socialmente utili (LSU) e in più, la facoltà, per i comuni, di derogare ai patti di stabilità per la spesa del personale, per assunzioni in pianta organica a tempo indeterminato per le categorie A e B e a tempo determinato per le categorie C e D, il tutto facendo ricorso a procedure selettive.
PRESIDENTE. Il deputato Della Vedova ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/343.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, prendo la parola per illustrare l'ordine del giorno 9/3256/343 a mia firma, sul quale vorrei - se possibile - richiamare una breve e cortese attenzione da parte del sottosegretario.
In questa fase, così come nella discussione sulle linee generali del disegno di legge finanziaria, molto ci si è occupati e molto ci si occupa, comprensibilmente, della crisi che ruota attorno ai mutui per l'acquisto delle prime case. Non sto parlando, naturalmente, della vicenda dei mutui subprime americani, ma delle difficoltà - più volte richiamate, anche in quest'aula, nella discussione avvenuta ieri - di molte famiglie a far fronte all'onere del mutuo.
Tralascio un'analisi più complessiva del fenomeno e la necessità di affrontarlo in modo razionale e non emotivo. Desidero tuttavia ricordare che si tratta di famiglie che hanno acquistato una casa. Non si tratta, necessariamente, di un passo così pacifico: magari, in un momento particolare, una decina di anni fa, spesso si è compiuto un passo che forse non era appropriato, scegliendo un tasso di interesse variabile, che allora era più conveniente di quello fisso (insomma, sono tutte cose conosciamo).Pag. 15
Un'ulteriore considerazione: credo che, se davvero da parte del Governo vi fosse una reale preoccupazione rispetto ai costi legati all'accensione di un mutuo per l'acquisto della prima casa, il primo pensiero dovrebbe essere, quanto meno, quello di cancellare l'imposta sostitutiva che grava sull'accensione del mutuo per la prima casa.
Tale imposta, paradossalmente, colpisce solo chi acquista la casa contraendo un mutuo e non chi la acquista pagandola in contanti (teoricamente, perché la maggior parte dell'acquisto di case avviene con l'accensione di un mutuo).
Tuttavia, il tema dell'ordine del giorno in discussione - che auspico che il Governo voglia accettare - è quello del legame tra l'aumento del costo del mutuo e gli indici che misurano l'aumento dei prezzi.
Sappiamo che gli indici dei prezzi al consumo (che sono tre, sono armonizzati con quelli degli altri Paesi europei e consentono all'ISTAT di fornire all'EUROSTAT un dato omogeneo con quello di tali Paesi, per definire l'inflazione a livello dell'Unione europea) non considerano gli aggravi di costo relativi ai mutui per l'acquisto della prima casa, perché il prezzo di tale acquisto non rientra nel paniere dei prezzi al consumo, ma viene considerato un investimento. Pertanto, non viene computato nel paniere di beni di cui si tiene conto per determinare l'inflazione.
Ciò ha creato una serie di discrepanze per moltissime famiglie tra l'inflazione percepita, che tiene naturalmente conto dell'aumento della rata mensile del mutuo e quella, peraltro correttamente misurata dall'ISTAT, secondo gli indici armonizzati.
Proprio per evitare che tale discrepanza dia luogo a interminabili discussioni e contenzioso, come quello cui assistiamo spessissimo nei dibattiti e talk show televisivi, dedicati alla politica e a questi temi, l'ordine del giorno in discussione chiede al Governo di invitare l'ISTAT ad inserire, in sede di elaborazione del prossimo programma statistico nazionale, un quarto indice di prezzi al consumo che includa le spese sostenute per l'abitazione principale, con particolare riferimento agli interessi passivi dei mutui contratti per l'acquisto degli immobili.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, Presidente. Tale indice, comunque, non sarebbe quello armonizzato, ufficiale, ma è un indice che viene utilizzato in altri Paesi, come la Gran Bretagna e l'Irlanda.
Credo che sarebbe importante che l'ISTAT lo rilevasse, in quanto potrebbe fare chiarezza. Naturalmente il Governo deve mantenere saldo il fatto che l'inflazione a cui fare riferimento, in tutti i contesti, contrattuali e non solo, rimane quella prevista e armonizzata con gli altri indici dell'Unione europea.
PRESIDENTE. La deputata Ceccacci Rubino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/351.
FIORELLA CECCACCI RUBINO. Signor Presidente, come ho evidenziato nel mio ordine del giorno n. 9/3256/351, il papillomavirus umano HPV è responsabile della quasi totalità dei casi di tumore al collo dell'utero, che colpisce ogni anno in Italia tremilacinquecento donne e rappresenta la seconda causa di morte della popolazione femminile con milleottocento decessi l'anno, dopo il tumore al seno.
Parliamo quindi di cinque decessi al giorno, di cui, cosa che ritengo molto grave, non si sa quasi nulla al punto che, in alcune regioni (soprattutto, in particolare, in quelle del sud) solo il 30 per cento delle donne beneficiano di programmi pubblici di screening.
Per questo motivo, ritengo che la norma nel disegno di legge finanziaria 2008 che stanzia un contributo finanziario alle regioni e alle province autonome, finalizzato ad agevolare la diffusione della vaccinazione HPV, sia ampiamente insufficiente, in quanto limitata alle dodicenni escludendo dalla vaccinazione gratuita una fascia di età più ampia (si pensi ad esempio alle tredicenni).Pag. 16
Chiedo quindi al Governo di impegnarsi affinché anche altre fasce di età, in particolare quelle di età puberale ed adolescenziale (che sono invece oggi di fatto discriminate, considerando gli alti costi) vengano coinvolte nell'offerta gratuita del vaccino e di prevedere delle campagne informative, partendo proprio dalle scuole, perché questo virus è spesso trasmesso in età adolescenziale attraverso i primi rapporti sessuali E un intervento preventivo, a partire da queste fasce di età, risulta essere importante per evitare che la malattia venga contratta. Un esempio lodevole viene dalla campagna informativa promossa quest'anno dalla Società italiana di ginecologia, che ha coinvolto oltre cinquemila studenti e settantadue fra licei e istituti superiori.
Concludo dicendo che i milioni di euro sprecati per la campagna pubblicitaria «Pane, amore e sanità» forse sarebbero stati meglio impiegati, meglio spesi per campagne di prevenzione di questo genere. Forse il Governo avrebbe meno da rimproverarsi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. La deputata D'Ippolito Vitale ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/356.
IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, l'ordine del giorno n. 9/3256/356 da me presentato sollecita il Governo a valutare la possibilità di favorire le imprese «rosa» con forme di microcredito a basso tasso di interesse. Ritengo tale ordine del giorno particolarmente significativo, ed auspico sinceramente il positivo apprezzamento del Governo e dell'Assemblea.
Ritengo altresì che il nostro Paese non riuscirà ad affrontare le serie sfide economiche e sociali che ha di fronte senza le regioni meridionali. A parte l'utilizzo dei fondi europei, le cui complesse procedure creano non poche preoccupazioni, sarebbe stato perciò necessario porre lo sviluppo del Mezzogiorno al centro dell'attenzione del Governo a partire dalla legge finanziaria in esame, che purtroppo, come del resto è stato denunciato a chiare note da Confindustria, sottrae risorse prima dedicate al sud, mentre misure già decise da tempo tardano ad entrare in vigore o vengono sistematicamente rinviate.
La differita operatività dei crediti d'imposta per gli investimenti, le zone franche urbane estese a tutte le aree degradate del Paese senza una precisa scansione di criteri di priorità, il riutilizzo delle risorse della legge n. 488 del 1992 sugli incentivi solo in parte destinata al sud definiscono un quadro tendenziale che delinea un più ridotto impegno finanziario del Governo per il sud, che non lascia complessivamente soddisfatti. Non sfugge però l'impegno, che voglio accogliere con fiducia, dei Ministeri dell'economia e finanze e dello sviluppo economico a garanzia del fatto che i fondi della cosiddetta legge Visco-sud saranno sbloccati anche retroattivamente su investimenti compiuti nel 2007 nel caso in cui il parere atteso dalla Commissione europea risulti positivo; e pare che lo sarà.
Con queste premesse si coglie lo spirito dell'ordine del giorno presentato, che individua, secondo un dato di coscienza collettiva diffuso ed in coerenza con il disposto dell'articolo 51 della Costituzione, nelle donne una risorsa aggiuntiva per il mercato del lavoro, indispensabile al suo riequilibrio oltre che allo sviluppo del Paese e, nel Paese, delle aree più deboli come il Mezzogiorno. Del resto lo dimostra la particolare vitalità delle donne nel settore dell'impresa e proprio al sud, nonostante un contesto socioeconomico di particolare difficoltà.
In questa ottica si è ritenuto di proporre all'attenzione del Governo la possibilità di valutare l'opportunità di attivarsi per creare condizioni adeguate a sostenere, con forme di microcredito che prevedano bassi tassi di interesse e tempi congrui di restituzione delle risorse, le donne che vogliono fare impresa. Sarebbe una misura di carattere generale che, di fatto, risulterebbe più significativa proprio al sud, dove si registra il più alto tasso di crescita di imprese «rosa». Spero che il Governo raccolga il senso profondo dell'ordinePag. 17 del giorno proposto e, naturalmente, auspico l'ampio consenso dei colleghi di tutte le forze politiche rappresentate in Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Giudice ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Giacomoni n. 9/3256/366, di cui è cofirmatario.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, interverrò fondamentalmente sull'ordine del giorno Baldelli n. 9/3256/345 relativo alla funzione pubblica.
Nel terzo maxiemendamento presentato dal Governo, su cui questa notte abbiamo votato la questione di fiducia, al comma 561 era previsto che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la funzione pubblica, per effettuare tutta l'attività legata e connessa alle varie procedure di stabilizzazione del personale precario previsti dai vari commi della finanziaria, si potesse avvalere di una serie di 20 unità di personale di altre pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto dall'articolo 17, commi 14 e 17, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
Ricorderà, sia lei Presidente sia il Governo, che questo comma non ha superato il vaglio di ammissibilità e, quindi, è stato dichiarato inammissibile dalla Presidenza. Con l'ordine del giorno in esame, prendendo atto di questa inammissibilità ma rendendoci conto che è essenziale che la Presidenza del Consiglio, Dipartimento per la funzione pubblica, effettui il monitoraggio e il coordinamento di quanto previsto da questi vari commi, impegniamo il Governo a fornire il supporto necessario alla Presidenza del Consiglio, Dipartimento per la funzione pubblica, affinché questi controlli possano essere effettuati.
Signor Presidente, signori del Governo, l'anno scorso noi abbiamo assistito ad una legge finanziaria per una grossa parte, all'incirca per il 50 per cento, assolutamente virtuale, perché non sono stati applicati e non sono state rispettate tutte le norme che prevedevano un continuo monitoraggio e una continua informazione nei confronti del Parlamento di ciò che i commi della finanziaria prevedevano. Una raccomandazione complessiva che io rivolgo al Governo è quella di dare questa volta, con questa finanziaria corposa, una puntuale risposta a tutto quello che la finanziaria comporta in termini di informativa nei confronti del Parlamento.
Nei vari articoli, nei vari commi che ci accingiamo o quanto meno vi accingete ad approvare, sono previste moltissime norme che prevedono una puntuale informativa nei confronti del Parlamento da parte del Governo. Mi auguro che questa volta, al contrario della precedente finanziaria, il Governo sia in questo suo compito puntuale, informando il Parlamento. Credo che al Parlamento, caro Presidente, oltre che legiferare, spetta il compito di verificare che si applichi ciò che legifera.
Quello in esame è un ordine del giorno specifico che tiene conto di quella parte non ammissibile in relazione ad un tema sensibile e delicato quale quello del precariato, e con il quale si rivolge un invito al Governo a rispondere puntualmente a tutto quanto previsto come informativa al Parlamento. Solo così potremo ridare dignità a questo ramo del Parlamento, che il continuo ricorso alla questione di fiducia ha ormai ridotto solo a sede che non fa altro che prendere atto anziché legiferare, cosa che sarebbe suo compito fondamentale.
PRESIDENTE. Il deputato Verro ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Zorzato n. 9/3256/393, di cui è cofirmatario.
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, credo che in questa finanziaria ci siano due grandi assenti: l'interesse dei cittadini e una guida autorevole del Ministro dell'economia e delle finanze. Certo, il Ministro dell'economia e delle finanze è stato presente sia in Commissione, dove ha tenuto un paio di lezioni forse più di filosofia che non di economia, sia in aula dove si è distinto più per l'interesse ad una buona lettura che non alla manovra finanziaria vera e propria.Pag. 18
Ha consentito, tutto sommato, una sorta di corsa all'oro, una serie di risorse sprecate. Il Ministro Padoa Schioppa, in qualità di spettatore inerte, ha addirittura dichiarato che le prospettive di crescita in questo Paese potrebbero peggiorare, guardandosi bene dall'assumere le responsabilità che gli competono come guida di un Dicastero importante come quello dell'economia, vale a dire di indicare una direzione utile per lo sviluppo e, soprattutto, di richiamare autorevolmente i propri colleghi a non sprecare risorse.
Ricordavo prima come sia assente l'interesse dei cittadini e lo sia anche in presenza di norme buone e condivisibili come quella in tema di esclusione del pagamento del canone RAI per gli anziani ultra settantacinquenni a basso reddito. È una norma che approviamo e condividiamo in pieno. Tuttavia, Presidente, riteniamo francamente sconcertante la previsione di una sanzione per la violazione dei criteri di accesso all'agevolazione prevista tra i 500 e i 2 mila euro per ogni annualità. Mi sembra una sanzione assolutamente spropositata rispetto alle capacità economiche dei soggetti interessati, poiché rischiamo che un anziano che abbia un reddito di 517 euro al mese, invece di 516, 46, perda da una a quattro mensilità.
Per questo motivo il nostro ordine del giorno Zorzato n. 9/3256/393 impegna il Governo, in sede di emanazione del decreto attuativo, a valutare le numerose implicazioni problematiche, alcune delle quali sono state da me richiamate, al fine di non indurre un ulteriore sconcerto nei cittadini e sollevare reazioni da parte degli utenti.
Ritengo che tale ordine del giorno, firmato anche da tanti miei colleghi, sia assolutamente di buon senso e mi auguro che il Governo e la maggioranza vogliano condividerlo.
PRESIDENTE. Il deputato Fallica ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/328.
GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, il nostro ordine del giorno, di cui sono il primo firmatario, riguarda il solito problema delle isole minori.
Una volta parliamo di sanità, una volta parliamo di scuola, una volta parliamo di occupazione, ma l'argomento principale, che contraddistingue sempre la negatività in cui versano i cittadini delle isole minori, soprattutto le isole minori della Sicilia, certamente sono i trasporti, soprattutto quelli marittimi, in quanto gli unici due aeroporti che si trovano a Pantelleria e a Lampedusa non riescono, anche per i costi, a sopperire al traffico dei cittadini di tali isole.
La settimana scorsa ho presentato la mia ennesima interrogazione alla Commissione trasporti nella quale lamentavo, attraverso l'amministrazione di Lampedusa, l'ennesimo fermo tecnico della nave che espleta il trasporto merci e passeggeri da Porto Empedocle a Lampedusa e lo stesso potrei dire di quanto avviene sulle isole Eolie o sulle isole Egadi. Purtroppo, il trasporto marittimo è bloccato dal non intervento dello Stato sulle società di navigazione, in testa la Tirrenia, da cui dipende la Siremar, la quale anch'essa, trovandosi senza fondi, non è nelle condizioni di fare investimenti per il varo di nuove motonavi. Di conseguenza, abbiamo motonavi che risalgono agli anni Settanta, motonavi che risalgono a 25 o 30 anni fa, che non sono nemmeno nelle condizioni di effettuare un giorno di cantieraggio, per cui, ogni tre giorni devono fermarsi nei diversi porti di attracco per problemi tecnici.
Con il disegno di legge finanziaria per il 2008 noi attendevamo con tanta speranza la possibilità che venissero realizzati gli investimenti che già più volte sono stati promessi a quei cittadini.
Evitando di parlare del problema del turismo, l'unica risorsa di tali isole, mi soffermo soprattutto sugli inenarrabili disagi che i tutti i cittadini sono costretti ogni giorno ad affrontare, a causa delle condizioni meteorologiche e di distanza, non solo i bambini o coloro che devono recarsi a lavorare. Ogni giorno gli studentiPag. 19delle scuole superiori sono costretti a prendere mezzi navali per potersi spostare da un'isola a un'altra.
L'augurio che esprimo, insieme ad altri parlamentari siciliani, è quello che venga prestata un'ulteriore attenzione verso queste isole, ma vedo che le nostre parole rimangono vane e inascoltate. L'unica cosa che chiedo ai rappresentanti del Governo - signor Presidente - se mi ascoltassero, vedo che c'è un assembramento...
PRESIDENTE. Lei ha ragione, ma, come può immaginare, si tratta di una discussione che attiene allo svolgimento dei lavori. Naturalmente invito tutti a evitare di ricorrere a modalità che possano disturbare il deputato che interviene. Mi rivolgo ai rappresentanti del Governo, come ho già detto, eviterei che si determinassero assembramenti che nuocciano all'ordinato sviluppo del dibattito. Lei ha ragione ad avanzare una protesta e vorrei che venisse accolta. Spero così di averle consentito di svolgere suo intervento.
GIUSEPPE FALLICA. Grazie Presidente, la mia non era una protesta ma una sottolineatura nei confronti del Governo affinché mi ascoltasse su questo argomento, che puntualmente vengo a riproporre.
Mi auguro che si ponga attenzione al mio ordine del giorno e che venga accolto favorevolmente. Esso consentirebbe di affrontare i problemi delle isole minori che in questo momento riguardano soprattutto la società madre, la Tirrenia, che dal disegno di legge finanziaria che stiamo discutendo non mi risulta abbia ricevuto alcun finanziamento o, se lo avesse ricevuto, esso sarebbe di importo minimo. Tale società dispone di una vecchia flotta che assolutamente non consente più alla popolazione delle isole minori di potersi spostare.
Vorrei poi affrontare l'argomento del periodo stagionale e dei turisti che devono affrontare grandi disagi.
PRESIDENTE. Deputato Fallica, concluda.
GIUSEPPE FALLICA. Concludo, Presidente. Come fa il turismo a costituire la punta di diamante per le risorse di queste isole? Chiedo, pertanto, che il Governo accetti il mio ordine del giorno.
PRESIDENTE. Il deputato Tassone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/100.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei rapidamente illustrare il mio ordine del giorno svolgendo qualche valutazione di carattere generale.
Esso attiene alla politica infrastrutturale nel Mezzogiorno, con particolare riferimento alla Calabria. Non vi è dubbio, come abbiamo rilevato anche in altre occasioni, che non vi sia alcun disegno politico e alcuna strategia per l'intermodalità dei trasporti e il trasferimento del trasporto merci via mare o via ferro.
C'è una approssimazione di carattere generale, che abbiamo ravvisato anche all'interno della manovra economico-finanziaria presentata dal Governo. Il riferimento alla Calabria è molto preciso e puntuale, signor Presidente, perché si riferisce all'impegno profuso a suo tempo nella passata legislatura, per quanto riguarda l'ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria. Inoltre, si riferisce anche all'ammodernamento - e soprattutto alla ristrutturazione - della SS 106, in una visione intermodale di collegamento dei trasporti, soprattutto tra nord e sud.
Abbiamo potuto rilevare anche in questo periodo di tempo, il grande scontro che esiste all'interno dell'amministrazione tra Ferrovie Spa e il Governo. Tra l'altro, in questo Governo, non sappiamo chi è il titolare della gestione trasporti, non sappiamo - l'ho detto più volte - se sia il Ministro Di Pietro o il Ministro Bianchi. C'è una grande confusione e una grande incertezza, che ricade profondamente in termini incisivi, molto forti e preoccupanti anche sulla attività e l'impegno della Ferrovie Spa nel nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda i servizi generali e universali, su cui certamente ci sono delle poste nel bilancio e nella manovra economico-finanziaria,Pag. 20ma che per noi sono insufficienti.
Inoltre, vi è il problema del porto di Gioia Tauro. In questa sede, ne voglio parlare, in quanto nel mio ordine del giorno faccio riferimento anche ad una presenza molto forte e pervasiva della criminalità organizzata. Non vi è dubbio che alcuni momenti infrastrutturali e alcuni servizi vengano condizionati dalla criminalità organizzata. Pensare che il Presidente del Consiglio dei ministri a suo tempo, quando ci fu il delitto Fortugno, venne in Calabria e disse che quella era una terra a lui molto cara e «diletta». Purtroppo, non abbiamo ravvisato una coerenza di comportamenti rispetto alle dichiarazioni e vi è un dato molto preoccupante di disattenzione nei confronti della Calabria, da parte di questo nostro Governo.
Concludo, signor Presidente, ricordando una vicenda molto brutta, che riguarda la Scuola superiore della magistratura. Ovviamente, non vi faccio riferimento nel mio ordine del giorno, ma si riferisce a questo concetto di disattenzione del Governo nei confronti anche della regione Calabria. Vi era stato un ordine del giorno presentato dall'onorevole Misiti, sottoscritto anche da molti di noi, che è stato ovviamente dichiarato non ammissibile, ma ritengo che ci sia stata una svista. Tale ordine del giorno andava anche in direzione di un risparmio di risorse economiche, laddove la «iniziativa» del Ministro Mastella - che, con una sua decisione monocratica, trasferisce la Scuola di magistratura dalla Calabria a Ceppaloni o a Benevento - non credo dia dei risparmi e soprattutto non è un dato funzionale rispetto ai problemi del Mezzogiorno e il servizio che tale scuola dovrebbe svolgere.
Signor Presidente, mi auguro che il mio ordine del giorno abbia l'attenzione da parte del Governo, aspettiamo ovviamente il parere del Governo stesso, con una valutazione di insieme che porti alla sua accettazione. Le dico subito che non credo moltissimo negli ordini del giorno, ma questa è l'occasione soprattutto per discutere e dibattere. Se il Governo cogliesse questa occasione dicendo qualche parola in più, sarebbe molto importante e significativo anche per dare dignità e forza al ruolo del Parlamento.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non mi stupisco mai di nulla, però voglio sottolineare come sia possibile che lasciamo spazio per l'illustrazione degli ordini del giorno e il Governo sistematicamente, mentre tali ordini del giorno vengono illustrati, dal signor Tizio e dal signor Caio, stimabilissime persone e rappresentanti della Repubblica come chi siede ai banchi del Governo, stia discutendo di un altro ordine del giorno che non ha nulla a che fare con l'illustrazione in corso.
Quindi, si può anche abolire questa fase procedurale, se il Governo ritiene di dare una valutazione esclusivamente sul dispositivo a prescindere dall'illustrazione, che invece dovrebbe servire - così dice il regolamento e in ciò dovrebbe consistere il rispetto nei confronti dell'Assemblea parlamentare - al rappresentante del Governo di aver chiaro, anche al di là della formulazione scritta, quali siano gli intendimenti positivi della vicenda.
Da due anni non è possibile discutere le proposte emendative, non è nemmeno possibile illustrare gli ordini del giorno...
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Almeno mentre viene rivolta una perorazione, affinché il Governo sia nelle condizioni di ascoltare, sarebbe almeno buon gusto evitare di contraddirla! Rinnovo l'invito affinché si determini una condizione per cui gli interventi vengano ascoltati dall'Assemblea e dal Governo.
La deputata Armosino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/395.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, con questa finanziariaPag. 21 e con l'istituzione delle società di intermediazione immobiliare quotate, è stata introdotta una tassazione diversa e di maggior favore per gli investimenti del settore immobiliare che si rivolgano appunto al mercato delle immobiliari quotate. È stata prevista in tal caso una tassazione del 20 per cento. Sono state introdotte altresì, in questa finanziaria, delle misure volte - così è stato detto - a favorire l'immissione sul mercato delle locazioni di immobili, attraverso attività di defiscalizzazione, segnatamente per quanto concerne l'ICI, per patrimoni che vengano concessi in locazione per 25 anni. Noi non riteniamo che questa serie di misure sia adeguata a rispondere alla richiesta di abitazioni che viene censita ed indicata nel nostro Paese. Pensiamo che anche il privato debba intervenire sul mercato, ma il privato è disincentivato dal dare in locazione gli immobili, posto che, come è a tutti noto, il reddito delle locazioni va ad incidere sulla tassazione personale e quindi si attesta mediamente al 40 per cento. Il Viceministro Visco - e tutto il Governo - annunciano di voler mettere mano alla revisione della tassazione delle rendite finanziarie, spostando l'attenzione - così dice - dalla pressione fiscale inferiore sulle rendite a beneficio di quelle sui redditi da lavoro.
Noi pensiamo che prima di queste misure, ma comunque contestualmente ad esse, non possa non essere presa in considerazione la tassazione separata delle rendite da locazione in misura del 20 per cento, per evitare un nero, che esiste, e per consentire che vi siano investimenti volti all'acquisto di case da immettere sul mercato delle locazioni.
Il segnale che ci avete dato è stato estremamente negativo in questo senso. Anche gli emendamenti volti a tassare al 20 per cento le nuove locazioni afferenti a nuove costruzioni, e quindi non ancora esistenti e in assoluta assenza di perdite eventuali di gettito, sono stati respinti. Chissà se, in un momento meno impegnativo, quale quello degli ordini del giorno, un principio, ancorché di valenza generale, questo Governo sia in grado di assumerlo!
PRESIDENTE. Il deputato Garagnani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/318.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno ho inteso porre al Governo, assieme ai colleghi del gruppo di Forza Italia che lo hanno sottoscritto, un problema particolarmente pressante ed incisivo, soprattutto con riferimento alla finanziaria, ma anche alla recente sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee, che impone agli Stati membri di adottare un atteggiamento effettivamente pluralista in merito al problema della libertà di educazione e della parità scolastica. Mi pare che questa sentenza sia incisiva ed emblematica, nel momento in cui ci accingiamo a definire le principali manovre finanziarie nei vari settori in cui si articola la vita del nostro Stato, proprio perché veniamo da un monopolio statale nel settore della pubblica istruzione, su cui ci misuriamo anche in questi giorni sulla base di dati, di cifre, di poste di bilancio particolarmente significative e che di fatto ha dietro di sé ormai risultati non eccessivamente brillanti.
Mi riferisco alle varie statistiche, ai diversi dati provenienti dalle varie organizzazioni internazionali che denotano che il risultato medio della professionalità e del livello di cultura dello studente italiano non è eccessivamente brillante o almeno non è adeguato al risultato di altri Paesi dell'Unione europea in cui, invece, la popolazione studentesca, nel risultato finale, ha conseguito medie molto più alte della nostra. Il problema non è tanto, a questo punto, il livello della qualità degli studi, ma rendere effettivo quel diritto di libertà di educazione, quel diritto alla parità scolastica presente in tutti gli Stati dell'Unione europea e significativo di un livello di libertà che, come in altri settori, quali quello sociale ed economico, deve potersi manifestare anche nel campo dell'istruzione. Ciò soprattutto in presenza di una realtà ormai vecchia, obsoleta e superata quale quella italiana in cui tale monopolio statale, ancorato ad alcuni pregiudizi ancora ideologici, in realtà non reggePag. 22più il passo con i tempi e con una società particolarmente evoluta come quella italiana, che richiede allo Stato, non il disinteresse in merito alle politiche scolastiche, ma un coordinamento che non sia l'imposizione di un modello predeterminato.
Soltanto dalla competizione di vari modelli formativi in grado di offrire alle famiglie ed allo studente diverse opzioni all'interno di un quadro di regole comuni definito - questo sì - dallo Stato si potrà avere un miglioramento, un'elevazione del livello degli studi e soprattutto si potrà offrire, in una sana competizione, la possibilità alle giovani generazioni di crescere culturalmente e di acquisire anche esperienze particolari e di misurarsi per acquisire alcune competenze di cui la nostra società necessita. Questo è lo scopo dell'ordine del giorno a mia firma che partendo dalla considerazione che la legge 10 marzo 2000, n. 62 (che ha definito, in termini generici il sistema pubblico integrato dell'istruzione e ha disciplinato in modo, se si vuole un po' ristretto, il rapporto fra scuola paritaria e statale) debba essere rivista, sia per elementari esigenze di giustizia, di una libertà di educazione (che credo - lo riaffermo in questa sede - manca nella scuola italiana, con i risultati negativi che osserviamo tutti i giorni), sia anche per collegarsi ad una nuova e significativa sentenza della Corte di giustizia europea. Quest'ultima ha infatti riconosciuto ad una famiglia tedesca il diritto di vedersi attribuiti determinati benefici, non solo giuridici, ma anche economici e fiscali in merito alla possibilità di scegliere un determinato tipo di educazione adatto alla propria cultura, alla propria mentalità ed alla propria dimensione culturale.
A fronte di ciò, credo che il mio ordine del giorno ponga il problema di cambiare la legislazione attuale, ma non lo faccia ex abrupto, dall'oggi al domani...
PRESIDENTE. Deputato Garagnani, concluda.
FABIO GARAGNANI. ...bensì affrontando, in modo significativo, tappa per tappa, un mutamento dell'orientamento scolastico del nostro Paese...
PRESIDENTE. Deputato Garagnani deve concludere.
FABIO GARAGNANI. ...al fine, non solo di recepire la predetta sentenza della Corte di Giustizia europea, ma anche di porsi al passo con i tempi, che richiedono tale novità.
PRESIDENTE. Il deputato Fasolino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/340.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente ho presentato questo ordine del giorno per cercare di porre fine ad una profonda ingiustizia che colpisce le aziende italiane che hanno lavorato in Libia, hanno esportato il buon nome del nostro Paese ed ora si ritrovano praticamente sul lastrico, come imprese e come famiglie, in quanto il Governo libico non ha riconosciuto i loro crediti e pertanto le ha portate al dissesto.
Si tratta di somme notevoli definite in ben 642 milioni di euro, senza contare la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, previsti nelle stesse sentenze delle corti libiche che si sono occupate dell'argomento.
Nel mese di novembre del 2002 il Governo italiano ha anche operato una ricognizione di tali crediti insieme con l'Azienda libico-italiana (ALI) e con la banca italo-araba UBAE. Si tratta quindi di crediti per di più certificati dallo Stato, dall'Azienda libico-italiana (ALI) e dalla banca UBAE. A tal punto qualcosa si è mosso, poiché il Governo precedentemente in carica ha attivato un canale con il Governo libico, il quale si è dichiarato disponibile ad offrire 281 milioni di euro per una chiusura forfetaria del contenzioso. Ma, siccome l'ammontare del credito netto è pari a 642 milioni di euro oltre agli interessi passivi e alla rivalutazione monetaria, la cifra offerta è sembrata una elemosina che non avrebbe rimesso in sesto le aziende così duramente colpite.Pag. 23
Allora, la preghiera rivolta al Governo italiano è che quest'ultimo possa attivare immediatamente una iniziativa con l'Esecutivo libico, forte anche delle trattative in corso per aiuti reciproci, forniture e sostegno alla nazione africana. Oppure, meglio ancora il Governo potrebbe stanziare un fondo che, anche attraverso una corresponsione annuale per periodi di cinque o dieci anni ristori le aziende di quanto hanno in credito salvo potersi rivalere successivamente con le autorità libiche.
Chiedo quindi che il Governo non sia disattento nei confronti di tale questione, perché coinvolge le imprese, il buon nome dell'Italia, nonché le famiglie dei dirigenti e degli operai di quelle imprese che hanno lavorato in Libia in questi anni e che ora si ritrovano praticamente sul lastrico.
PRESIDENTE. Il deputato Laurini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/368.
GIANCARLO LAURINI. Grazie, signor Presidente. Il disegno di legge finanziaria introduce l'azione risarcitoria collettiva - meglio nota come class action per la sua provenienza d'oltreatlantico - la quale costituisce uno strumento certamente molto diffuso, soprattutto negli Stati Uniti d'America. Il suo trapianto nel nostro sistema è certamente importante, in quanto si pone nel senso della tutela dei consumatori, ma indubbiamente ne va valutato attentamente l'impatto, soprattutto per evitare che dall'essere uno strumento di tutela dei consumatori, diventi anche uno strumento a rischio per le imprese. Evidentemente non parliamo soltanto delle grandi imprese, delle multinazionali cui ci si riferisce sempre con grande effetto mediatico quando si parla di class action: sono certamente molte - centinaia, migliaia - le imprese che possono trovarsi investite dall'esercizio di questo tipo di azione.
Allora, qual è il problema che ho affrontato nell'ordine del giorno che sottopongo all'attenzione dell'Assemblea e del Governo? Il problema è quello della efficacia temporale: non per quanto attiene all'entrata in vigore della legge, e quindi all'utilizzazione della class action, fissata in sei mesi dalla sua approvazione, ma relativamente ai fatti, agli atti, agli eventi, ai rapporti ai quali la class action può essere applicata. La confusione nasce dal fatto che non è possibile che un'azione sia retroattiva. Certamente la class action, così come introdotta, non può essere retroattiva. Il problema è che bisogna avere ben chiaro il concetto che la class action è uno strumento processuale, una norma di rito che entra in vigore dal giorno in cui è stabilito che entri in vigore e che possa essere esperita. Il problema è individuare gli atti, le fattispecie, i negozi, i rapporti ai quali ci si può riferire agendo con una class action. Ed il problema sorge proprio riguardo a tale punto perché, non essendo stabilita una limitazione dell'oggetto della class action, la stessa evidentemente potrà applicarsi a fatti, controversie e rapporti già preesistenti, insorti precedentemente all'entrata in vigore della legge e per i quali non si è ancora verificata la prescrizione.
È importantissimo pertanto che il Governo si faccia carico di monitorare immediatamente, nelle prossime settimane, la portata del problema e utilizzare uno strumento (eventualmente la decretazione d'urgenza), un provvedimento legislativo che possa limitare il ricorso all'azione risarcitoria collettiva a fatti, eventi, rapporti giuridici, controversie che insorgano successivamente all'entrata in vigore della legge istitutiva. Purtroppo, per la fretta con la quale questo istituto è stato inserito nella finanziaria, e la sua conferma nel maxiemendamento governativo, non si è tenuto conto delle osservazioni che pur sono emerse nel dibattito in Commissione bilancio; osservazioni e riflessioni che erano state fatte ad hoc sulla class action anche innanzi alla Commissione giustizia di questa Camera. Non averne tenuto conto, per la fretta, per la volontà di introdurre comunque nel nostro sistema tale azione risarcitoria collettiva - che, lo ripeto, ha certamente una finalità condivisibile e che tutti condividiamo ma che, come ogni innesto di istituti nati e, quindi,Pag. 24provenienti da aree geografiche, ambienti, ordinamenti giuridici profondamente diversi dal nostro (certamente non è il solo perché altri ne abbiamo avuti) - comporta grande difficoltà per la dottrina e la giurisprudenza...
PRESIDENTE. La invito a concludere
GIANCARLO LAURINI. ...e pertanto è assolutamente indispensabile che il Governo si impegni per rimediare a tale omissione nella disciplina così introdotta dal maxiemendamento.
PRESIDENTE. Il deputato Campa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/339.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, colleghi parlamentari, rappresentanti del Governo. Dai rappresentanti del Governo vorrei un attimo di attenzione, considerato che illustro un ordine del giorno sul quale dovrebbero dare il loro contributo - mi auguro, il loro assenso - anche per realizzare un fatto di giustizia nel nostro Paese. Va premesso che nell'ambito delle misure per il rilancio dell'efficienza scolastica purtroppo non si è tenuto conto della necessità di formare una dirigenza scolastica adeguata alle nuove sfide che la società e l'economia rivolgono alla scuola.
È sotto gli occhi di tutti questa carenza ed è sotto gli occhi di tutti l'importanza che la dirigenza scolastica dovrebbe avere per un funzionamento ordinato - e non solo ordinato - delle nostre scuole. In particolare, si sono conclusi tutti i concorsi ordinari banditi da tempo. Tuttavia, per quanto riguarda i concorsi riservati a coloro che avevano già ottenuto un anno o più di presidenza a livello temporaneo, si registrano dei ritardi per la loro conclusione. Parlo in particolare per il mio Veneto, ma interessati a questo problema sono anche il Friuli e la Sicilia.
Le cause di questo ritardo, signor Presidente, colleghi parlamentari, ma soprattutto rappresentanti del Governo, che vi vedo impegnati in una sana discussione su altri argomenti, e non vi passa per la mente di ascoltare chi sta parlando in questo momento, tanto che io mi fermo un attimo, sperando che il Presidente richiami l'attenzione dei tre sottosegretari, che conosco per la loro capacità di sintesi...
PRESIDENTE. Ho già invitato ripetutamente il Governo a non produrre degli elementi di disturbo, invece che di ascolto.
CESARE CAMPA. Sì può anche sospendere, così magari tutti parlano a titolo personale e il ruolo dell'Assemblea viene qualche maniera anche valorizzato...
PRESIDENTE. Avendo rinnovato l'invito al Governo ad ascoltare gli interventi, la prego di proseguire.
CESARE CAMPA. La ringrazio, signor Presidente, so che lei tiene molto al ruolo dei parlamentari, e di questo le sono grato. Dunque, questo problema è particolarmente sentito nel Veneto, ma non è assente nel Friuli e nella Sicilia. Potrebbe esserci anche una penalizzazione per i nostri presidi incaricati, perché questo ritardo nell'espletamento dei concorsi riservati non è certo imputabile ai presidi o ai concorrenti, ma è solo imputabile al cattivo funzionamento del Ministero della pubblica istruzione.
Se consentissimo che, in assenza di espletamento di concorso riservato, possa esserci un provvedimento sull'interregionalità, che consente ad altre persone qualificate, che hanno vinto il concorso in altre regioni, di passare nelle regioni contermini, creeremmo veramente un grave danno per i concorrenti che hanno partecipato al concorso, stanno attendendo il risultato e si vedrebbero scavalcati da altri delle regioni contermini.
Dunque, credo che quello proposto sia un atto di giustizia - quasi un atto dovuto - da parte di un'amministrazione statale che non è stata capace di rispettare i tempi, scaricando questa sua incapacità sulle spalle dei concorrenti, che nulla hanno a poter opporre se non il fatto di aver sostenuto concorsi e di essere ancoraPag. 25penalizzati (avendo, peraltro, perso un anno, perché hanno fatto un anno come supplenti, e questo anno non potrebbe nemmeno essere riconosciuto).
L'ordine del giorno in esame contiene dunque una proposta di buon senso. Mi auguro - ringrazio i rappresentanti del Governo, che adesso stanno prestando un po' di attenzione - venga adottato un provvedimento, signor sottosegretario, in cui deve essere esplicitato che l'interregionalità, nel ruolo della dirigenza scolastica, deve intendersi come possibilità di accedere al posto in altre regioni solo se ci sono posti eventualmente vacanti dopo la nomina di tutti coloro che sono stati inseriti nelle graduatorie di merito regionali a seguito di concorso ordinario riservato. Quindi, non può essere assolutamente dato accesso all'interregionalità, per esempio, nel caso del Friuli, della Sicilia e soprattutto del Veneto. Mi auguro che da questo punto di vista si possa avere non quell'attenzione dovuta che dovrebbe esserci sempre, ma quella particolare attenzione per risolvere un problema...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CESARE CAMPA. ...che penalizzerebbe questi nostri servitori dello Stato, che tanto fanno e potrebbero fare nell'interesse della nostra gioventù e della nostra scuola. Ringrazio il Governo, perché so che questa volta sarà veramente attento.
PRESIDENTE. La deputata Mondello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/125.
GABRIELLA MONDELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare l'ordine del giorno n. 9/3256/125, da me presentato. Tale ordine del giorno rientra nella mia linea di impegno, che porto avanti sin dalla precedente legislatura. Nel nostro Paese - come tutti sanno - vi è un estremo bisogno di infrastrutture, e sinceramente mi sembra che ultimamente le infrastrutture, sia le più grandi, che costituiscono veramente un'estrema necessità per il nostro Paese, sia quelle di portata minore, abbiano segnato il passo.
Emerge da tutto il Paese una richiesta ed una necessità di miglioramento della viabilità. Nella passata legislatura nel levante della Liguria, nella zona compresa tra Genova e La Spezia, sono stati effettuati degli interventi molto validi, in accordo con la provincia di Genova, che ha diverso colore politico (a dimostrazione del fatto che le opere di primaria necessità dovrebbero essere realizzate con l'accordo di tutti, e senza distinzione di colore politico), e, grazie al Governo Berlusconi, sono state realizzate svariate opere, che hanno eliminato situazioni di criticità e hanno permesso di migliorare notevolmente la circolazione su strade estremamente trafficate.
Proprio per questo ho presentato l'ordine del giorno in esame, il quale riguarda l'allargamento della strada provinciale n. 586, che presenta una strozzatura che andrebbe assolutamente eliminata, perché da essa si dipartono due strade provinciali, la n. 586 verso Piacenza, e la n. 26 bis Valmogliana verso Parma.
Si tratta, quindi, di una struttura viaria di carattere interregionale che riveste la massima importanza. Infatti, negli anni scorsi molti lavori di allargamento su questa strada sono stati effettuati - come dicevo - grazie a vari contributi, in particolare dello Stato e della provincia di Genova, ma ora bisogna proseguire questo impegno, affinché non resti monco. Pertanto, mi rivolgo al Governo perché, con una cifra non troppo elevata, si pongano almeno le basi per iniziare questo intervento, che è veramente atteso da tutta la popolazione.
PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/226.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, francamente osservo che il Governo è distratto oppure è totalmente impegnato in altre vicende, invece che ascoltare con attenzione quanto viene affermato, e tuttoPag. 26ciò certamente non ci riempie né di soddisfazione né di entusiasmo. Tuttavia, ritengo che anche i suoi rappresentanti ascoltino - quando ciò accade - con qualche sofferenza, come se tale ascolto costituisse una sorta di triste rito, pressoché inutile, considerato che comunque tutto ciò che doveva essere deliberato è stato deciso, e certamente non rappresenta il frutto del dibattito interno a quest'Aula, come pure sarebbe necessario e doveroso.
Ho chiesto di intervenire perché l'ordine del giorno che ho presentato insieme a numerosi colleghi, il n. 9/3256/226, rappresenta il nostro tentativo di richiamare con forza l'attenzione del Governo sui problemi che attanagliano il Mezzogiorno (anche se non nutro molte speranze, considerato che è arrivato un solo Ministro, l'onorevole Bindi, ma mi rivolgo ai sottosegretari presenti, Grandi, Sartor e D'Andrea, i quali quantomeno potranno riferire ai loro danti causa, Ministri di settore).
Si ha la precisa sensazione che il Mezzogiorno sia stato totalmente dimenticato - e le isole ancora di più - da questo Governo che, evidentemente, tra i propri obbiettivi ha quello di danneggiare non solo una serie di categorie di lavoratori o di imprenditori del nostro Paese, ma intere aree territoriali. Pertanto, l'avere immaginato - e poi, purtroppo, realizzato - di non poter più contare sul credito d'imposta, non avere più svolto un'azione incisiva (come avevamo iniziato a fare nel precedente Governo Berlusconi) nel settore delle infrastrutture e dei servizi - ciò che manca al Mezzogiorno del nostro Paese per essere realmente competitivo, non soltanto con le restanti regioni italiane, ma anche con i mercati europei e internazionali - è una responsabilità molto grave. L'avere cancellato dall'agenda delle priorità o, addirittura, aver dichiarato che non verrà mai realizzato il ponte sullo Stretto di Messina è stata un'ulteriore, grave mancanza di attenzione e - direi di più - una vera e propria penalizzazione nei confronti del Mezzogiorno e delle isole.
Pertanto, l'ordine del giorno a mia prima firma n. 9/3256/226 è volto ad impegnare il Governo a rivedere l'impostazione della propria politica di bilancio, riducendo la dinamica della spesa corrente e la pressione fiscale, ma, soprattutto, reintroducendo il credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno e incrementando le spese per le infrastrutture, specie nel sud e nelle isole, riconsiderando anche, in tale contesto, la scelta improvvida di non realizzare il ponte sullo Stretto di Messina.
So che le mie parole resteranno al vento, ma quanto meno resteranno agli atti di questa Assemblea, perché si possa dire che da parte di qualcuno, di un partito, dell'opposizione, nel contesto storico in cui oggi si trova il nostro Paese, vi è chi ancora sollecita, e con forza, tale impegno.
Mi auguro, signor Presidente, che almeno una risposta (fosse anche verbale e non scritta), un segno di attenzione, anche nel non accogliere questo ordine del giorno, ma sottoponendolo al voto dell'Assemblea, possa arrivare da parte del Governo. Non ci crediamo molto, speriamo di essere smentiti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Pedrizzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/238.
RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, chi ha esperienza di lavori parlamentari sa bene quale valore attribuire agli ordini del giorno, eppure molti di noi questa mattina stanno intervenendo. Ciò sta a significare l'esigenza di aprire un minimo di dibattito, nel corso di una sessione di bilancio che si chiude con ben tre questioni di fiducia.
Farò riferimento all'ordine del giorno Angeli n. 9/3256/247, di cui sono cofirmatario, e all'ordine del giorno Contento n. 9/3256/220, al quale intendo aggiungere la mia firma. Il primo riguarda il trattamento fiscale della famiglia. Purtroppo, ancora oggi, chi è sposato e ha figli paga più tasse di chi non è sposato e non ha figli. Pertanto, è la famiglia naturale fondata sul matrimonio la grande cenerentola,Pag. 27 la vera penalizzata e l'autentica discriminata nella nostra società. Ciò accade, perché l'esigenza di garantire l'equità orizzontale non è tenuta presente come quella di assicurare l'equità verticale. Infatti, le aliquote cambiano esclusivamente in base al reddito percepito dal singolo, e non anche in base al numero dei componenti della famiglia. Ma un sistema fiscale che voglia essere giusto non può preoccuparsi di realizzare solamente l'equità verticale; deve pensare ad attuare, altresì, quella orizzontale, facendo sì che, a parità di reddito, chi ha figli da allevare ed educare non paghi le stesse tasse di chi non ha figli e deve, dunque, mantenere solo se stesso.
Appare perciò essenziale, nel definire gli interventi di politica fiscale, l'attribuzione di centralità e soggettività alla famiglia, soprattutto in presenza di figli. A tal fine dovrebbe essere ripresa l'impostazione, che era già contenuta nella legge delega del Governo Berlusconi per la riforma del sistema fiscale, diretta a prevedere una particolare attenzione per la condizione familiare del contribuente.
Gli interventi potrebbero muoversi lungo le linee delle deduzioni e quindi della soglia esente, e potrebbero essere modulati in base ai carichi di famiglia. Si potrebbero, inoltre, e sarebbe preferibile, battere strade decisamente nuove, con un primo modulo di applicazione del meccanismo del quoziente familiare o del BIF (basic income familiare). Il primo mira a restituire la par condicio alla famiglia monoreddito rispetto a quella con due redditi, dividendo la somma dei redditi percepiti da tutti i membri del nucleo familiare per un coefficiente ad hoc, in modo da riconoscere effettivamente i carichi familiari. Il secondo, invece, consiste nel dedurre dall'imponibile il minimo vitale indispensabile per il mantenimento di ogni familiare a carico; soltanto sulla quota rimanente di reddito percepito si stabilisce l'aliquota, e quindi l'imposta dovuta. È evidente che un'efficace soluzione di tali problematiche presuppone che si sia disponibili ad andare oltre la realtà di un sistema IRPEF basato sulla tassazione individuale e che si condivida l'impostazione di investire sull'intero nucleo familiare. Invito i rappresentanti del Governo a prestare attenzione a questo ordine del giorno, anche perché questa posizione è condivisa da alcuni membri del Governo stesso.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Contento n. 9/3256/220, relativo all'azione collettiva, è fuori di dubbio che l'introduzione di strumenti di tutela analoghi alla class action incontri ostacoli nell'incoerenza di alcune caratteristiche di tali azioni, sviluppatesi in un sistema di common law come quello nordamericano, con alcuni principi giuridici, anche costituzionali, tipici di un ordinamento di civil law, qual è quello nazionale. In particolare, la class action, come disciplinata nel maxiemendamento, rischia di porsi in conflitto con i principi affermati negli articoli 111 - il giusto processo - e 24 - il diritto individuale alla tutela giurisdizionale - della Costituzione, nonché con quelli tipici del diritto processuale desumibili dagli articoli 81 e 100 del codice di procedura civile (divieto di agire in giudizio per la tutela di diritti altrui o di interessi non propri). Si determinerebbe, altresì, un contrasto con il principio espresso dall'articolo 2909 del codice civile, secondo cui la sentenza fa stato esclusivamente tra le parti, atteso che la disciplina della class action prevede l'efficacia della sentenza su soggetti che non abbiano preso parte al processo.
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
RICCARDO PEDRIZZI. Concludo, Signor Presidente. Invitiamo dunque il Governo ad una riflessione e ad un monitoraggio di quello che succederà dopo l'introduzione di questa nuova normativa. È solamente una richiesta di monitoraggio, e quindi chiedo l'orientamento favorevole.
PRESIDENTE. Il deputato Compagnon ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/112.
Pag. 28
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anch'io intendo illustrare l'ordine del giorno a mia firma, a fronte di un dibattito che non c'è stato sulla finanziaria. Ci rimane questa possibilità, e per questo mi auguro che il Governo guardi con la dovuta attenzione a ciò che abbiamo presentato. L'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo recita testualmente: «Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà».
A fronte di svariati interventi che, non solo questo, ma tutti i Governi si impegnano a realizzare rispetto alle situazioni di disagio, certamente la condizione di vedovanza è totalmente trascurata dallo Stato e lo è stata anche, dal mio punto di vista, in passato. Pertanto, è importante parlare anche di questo.
Peraltro, in questi giorni in quest'Aula, da più parti e in tutti i modi, si è parlato di aiuti alla famiglia. Quest'ultima, certamente, non scompare con la morte del coniuge, ma anzi necessita di maggiore impegno, attenzione e sicurezza. Sono milioni le persone e le famiglie che, in questo Paese, si trovano in una situazione di estrema difficoltà e molte di queste lo sono in quanto colpite da morte precoce del coniuge. Tali famiglie vivono al limite della soglia di povertà e, quindi, si aggiungono ai milioni di situazioni, purtroppo delicate, che già vivono tale disagio.
Pertanto, il mio ordine del giorno n. 9/3256/112 vuole impegnare Governo ad adottare opportune iniziative normative, soprattutto cercando di non penalizzare, con un'imposizione fiscale elevata, la categoria debole delle famiglie vedove, al fine anche di scoraggiare quel fenomeno (che ha rappresentato un motivo di grande confronto anche in questo Parlamento) del lavoro nero. Tale fenomeno si aggiunge - come abbiamo visto nel Protocollo sul welfare - a quell'altra piaga che è la precarietà. Tutti quanti ci siamo detti che precarietà, lavoro nero e quant'altro vanno affrontati: non prestare attenzione a situazioni come queste (e ve ne erano anche altre) significa anche incentivare il lavoro nero.
Inoltre, il mio ordine del giorno n. 9/3256/112 vuole impegnare, soprattutto, il Governo a tutelare fortemente i minori rimasti orfani, che rappresentano situazioni ancora più delicate nel disagio.
Questo non è un ordine del giorno di spesa, né di parte, ma di indirizzo che richiama ad un'attenzione vera su un problema che, purtroppo, per una serie di motivi, non viene preso nella giusta considerazione. Mi auguro che questo ordine del giorno, come tanti altri che vengono presentati dall'opposizione, almeno oggi siano guardati con il dovuto rispetto.
In passato, infatti, a fronte delle innumerevoli questioni di fiducia che sono state poste, durante l'esame degli ordini del giorno (che era, ed è, l'unica discussione rimasta, soprattutto per l'opposizione), abbiamo notato una disattenzione grave e cronica da parte del Governo rispetto ai contenuti dei nostri ordini del giorno, salvo poi ricredersi e fare marcia indietro allorché veniva richiamato che determinati ordini del giorno erano anche il frutto della trasversalità nelle Commissioni.
In una situazione come la discussione del disegno di legge finanziaria, che rappresenta il momento più alto per impostare, cercare di risolvere o, quanto meno, indirizzare alla soluzione dei problemi del Paese, mi auguro che questi ordini del giorno (i quali, ripeto, non sono di spesa, né di parte, ma prima di tutto di responsabilità e buonsenso) trovino l'accoglimento da parte del Governo.
PRESIDENTE. La deputata Germontani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/211.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il mioPag. 29ordine del giorno n. 9/3256/211, perché ritengo che il grande assente, in questa finanziaria, siano le politiche di pari opportunità e gli interventi finanziari ad esse rivolti.
Ciò è strano, perché nel momento in cui, addirittura a livello mondiale, è stato coniato il termine «womenomics» per descrivere il ruolo sempre più importante delle donne nella vita, nella società e nell'economia, in Italia - nonostante i moniti dello stesso Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha sottolineato l'importanza di individuare interventi che consentano di favorire l'accesso delle donne al mondo del lavoro - siamo in grande, grande ritardo, che fa diventare la questione femminile di estrema importanza, come fosse una sorta di patologia cronica in qualche modo assimilabile alla cosiddetta questione meridionale.
Parliamo di alcuni punti fondamentali, per esempio il differenziale retributivo tra uomini e donne: le differenze tra i salari maschili e quelli femminili interessano tutti i settori, le professioni e le aree geografiche del Paese.
Nel settore privato questo gap si traduce, in media, in circa 3 mila 800 euro all'anno in meno, nella busta paga di una lavoratrice dipendente a tempo indeterminato, e in circa 10 mila per una lavoratrice autonoma.
Le pari opportunità, tra l'altro, ormai ricevono un ampio consenso trasversale. Una volta superate le contrapposizioni ideologiche, le pari opportunità si sono affermate come parte integrante dei diritti civili e delle libertà individuali. Ci sono, però, ancora ostacoli forti che impediscono il raggiungimento di un'effettiva parità tra i sessi.
Soffermandoci sulla pubblica amministrazione - perché il mio ordine del giorno riguarda soprattutto ciò -, dai dati diffusi dal Ministero delle riforme e delle innovazioni nella pubblica amministrazione è evidente che la presenza femminile nelle pubbliche amministrazioni è numericamente prevalente tra il personale non dirigente - e mi auguro che il Governo ci ascolti perché se illustriamo gli ordini del giorno è anche al fine di farli riprendere in considerazione e riesaminare - mentre tra i dirigenti di seconda fascia vi è una presenza femminile del 33 per cento, fino ad arrivare al 19 per cento tra i dirigenti di prima fascia.
La ridotta presenza femminile tra le posizioni più elevate della pubblica amministrazione è un dato negativo, che dimostra la scarsa volontà o addirittura la totale assenza della dovuta sensibilità politica in questa materia.
Inoltre, secondo i dati forniti, gli incarichi dirigenziali di prima e seconda fascia di cui al comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono stati conferiti, fino ad oggi, per l'88 per cento a persone di sesso maschile, che non appartengono ai ruoli della pubblica amministrazione.
Pertanto, con l'ordine del giorno in discussione chiediamo un segnale da parte del Governo, che quest'ultimo si impegni a valutare la possibilità di affidare incarichi di funzioni dirigenziali di prima e seconda fascia, conferiti anche a persone estranee ai ruoli della pubblica amministrazione, tenendo conto di quanto stabilito dall'articolo 51 della Costituzione che afferma il principio delle pari opportunità tra uomini e donne. Ricordo che la modifica dell'articolo 51 è stata approvata dall'intero Parlamento, quasi all'unanimità: diamo il segnale di volerla veramente attuare!
Inoltre, signor Presidente, vorrei spendere ancora due parole, se mi consente, per illustrare un altro ordine del giorno a cui ho apposto anche la mia firma, il n. 9/3256/233, che in qualche modo è collegato perché riguarda la situazione di insicurezza in cui versano i tribunali italiani.
Ricordiamo il caso eclatante del tribunale di Reggio Emilia, ove un cittadino albanese durante il giudizio di separazione personale ha sparato e ucciso la moglie e il cognato. Questo è solo l'ultimo esempio di collasso.
Pertanto, chiediamo che il Governo si impegni ad adottare provvedimenti urgenti, volti anche a modificare il decretoPag. 30ministeriale del 28 ottobre 1993, soprattutto perché i procuratori generali non possono costituire da soli una rappresentanza generale del Paese, rispetto alle esigenze della sicurezza. Pertanto, visto il perdurare di questa situazione, chiediamo un potenziamento delle necessarie dotazioni di sicurezza, quali metal detector, telecamere a circuito chiuso e...
PRESIDENTE. Per favore, deve concludere.
MARIA IDA GERMONTANI. Concludo, Presidente. Vorrei solo ricordare che gli avvocati matrimonialisti chiedono da tempo che le forze dell'ordine assistano anche ai giudizi in materia familiare.
PRESIDENTE. Il deputato Martinello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/94.
LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, il mio intervento affronta il problema dei rifiuti nel mondo agricolo. Come gruppo UDC avevamo presentato un emendamento volto a modificare l'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, in realtà, avrebbe potuto permettere al mondo agricolo di affrontare in modo migliore il problema dello smaltimento dei rifiuti prodotto dalle aziende agricole.
Visto che non è stato possibile discuterlo durante l'esame del disegno di legge finanziaria per la posizione della questione di fiducia, ho tentato di trasformare tale emendamento in un ordine del giorno che va in questa direzione. Abbiamo il problema che, a partire dal 29 aprile 2006, tutti coloro che trasportano in conto proprio rifiuti prodotti dalla propria azienda agricola devono iscriversi all'Albo nazionale gestori ambientali - sezioni regionali, anche per piccole quantità: si parla di 30 chilogrammi, e 30 chilogrammi sono nulla per un'azienda agricola. Ricordo che, per esempio, anche il concime può essere considerato un rifiuto speciale e, quindi, chi oggi trasporta concime agricolo deve seguire certe procedure.
Quali sono le procedure che prevede questo decreto legislativo? Il pagamento di 168 euro di tasse di concessione governativa una tantum, un pagamento di cinquanta euro ogni anno di diritto a domanda di iscrizione, un obbligo di iscrizione alla Camera di commercio, un obbligo di utilizzare macchine e mezzi rispettosi delle norme in materia di trasporto e sicurezza, un obbligo di rispettare norme in materia di trasporto dei rifiuti esibendo una targa con sfondo giallo e la scritta rossa con una «r», obbligo di usare i contenitori a norma. Si immagini, signor Presidente, che per assurdo un trasporto di un sacco vuoto di concime dal terreno alla sede della propria azienda potrebbe essere considerato un trasporto di rifiuti speciale, e quindi assoggettato all'iscrizione all'albo suddetto.
Quello che si chiede - e ci potrebbe essere il pericolo, se l'ordine del giorno non fosse accolto, di uno scorretto smaltimento di questi rifiuti agricoli, per una oggettiva impossibilità economica di rispettare le norme da parte degli agricoltori - è un'esenzione per le piccole aziende agricole dall'assoggettamento all'obbligo dell'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali. Questo sarebbe l'ideale e la proposta era in questo senso: per le aziende agricole esentare tutti i rifiuti trasportati in conto proprio, fino a una modica quantità di circa 30 chilogrammi al giorno; ciò comporterebbe un grande favore, un grande aiuto a queste aziende ma soprattutto a tutto il settore agricolo, che oggi è pesantemente interessato da problemi relativi sia ai prezzi dei prodotti sia a un'eccessiva burocrazia, che obbliga chiaramente tutte le aziende agricole a instaurare un meccanismo amministrativo non indifferente, pesante, burocratico, penalizzando il settore.
Concludo ribadendo che l'ordine del giorno va nella direzione di sollecitare il Governo a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative finalizzate ad agevolare le imprese agricole che trasportano rifiuti pericolosi in quantità non superiore a 30 chilogrammi o litri al giorno, prevedendo l'esonero dall'iscrizionePag. 31all'Albo dei gestori ambientali. Questo è il contenuto dell'ordine del giorno: penso che si tratti di una proposta che possa essere accolta dal Governo, per aiutare un settore che, come ricordavo prima, è fortemente in difficoltà.
PRESIDENTE. Il deputato Leoluca Orlando ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/3256/28.
LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, intervengo brevemente.
Con l'ordine del giorno a mia firma n. 9/3256/28 si richiama la coerenza rispetto a scelte formulate dallo stesso Governo. Siamo in tema di riforma dei tribunali e delle procure militari, e voglio ricordare che, nel settembre 2007, il Governo ha presentato una proposta di legge che prevede la costruzione di tre tribunali e procure militari a Milano, Roma e Napoli e l'eventualità di due sezioni. Nella procedura anomala di inserire nella legge finanziaria norme di carattere ordinamentale, questa previsione di una possibile istituzione di sezioni è saltata.
L'invito rivolto al Governo è di esaminare le ragioni di spesa, ma anche al tempo stesso di funzionalità di lasciare senza sezioni realtà fortemente periferiche, in particolare realtà - cito quella della Sicilia - che sono sede del Comando interregionale della guardia di finanza, del Comando sud dell'Arma dei carabinieri e dei Comandi della Marina militare.
Confido nell'accoglimento dell'invito al Governo ad essere coerente con la sua stessa proposta del settembre 2007, nonostante la strettoia imposta dall'introduzione nella legge finanziaria di disposizioni ordinamentali.
PRESIDENTE. Il deputato Menia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/35.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, chiedo al Governo attenzione verso l'ordine del giorno che ho presentato, che si riferisce ad una serie di questioni che afferiscono alla caduta del confine tra Italia e Slovenia. Tra pochi giorni, il prossimo 21 dicembre, cadranno anche fisicamente le barriere di confine tra Italia e Slovenia. Oltre alle questioni nobili di unificazione dell'Unione europea, della quale tutti siamo felici, ve ne sono però altre che afferiscono a problemi economici, soprattutto per determinate categorie, e riflessi sul mondo del lavoro che sono obiettivi e facilmente visibili.
Questa finanziaria, a partire dal 1o gennaio, cancella le dotazioni di zona franca di Trieste e Gorizia per ciò che riguarda i carburanti. Il fatto che mancherà proprio il confine fisico, e quindi lo spazio fisico sarà tranquillamente...
Vedo che c'è una grande attenzione verso quello che dico. C'è una disattenzione totale...
PRESIDENTE. Ha ragione, ha ragione. Chiedo scusa. Scusate, francamente credo che sia ragionevole che chi interviene pretenda un ascolto e, quindi, bisogna consentire che questo avvenga nelle forme compatibili naturalmente anche con la fatica di una continuità di lavori d'Assemblea, ma per esempio evitando forme clamorose.
ROBERTO MENIA. Il disinteresse manifestato sulla questione dal Governo è rilevabile. La finanziaria quest'anno cancella l'agevolazione sui carburanti di zona franca per Trieste e per Gorizia. Nelle due province è stimata la perdita di qualche centinaia di posti lavoro soprattutto in questo settore. Una situazione analoga si verifica anche per i tabacchi.
Noi abbiamo sulla fascia confinaria una ventina di case da gioco e cioè un continuo flusso che non sarà più interrotto nemmeno dal passaggio fisico della sbarra, perché prima c'era il doganiere al quale dicevi che cosa dovevi andare a fare. Si aprono, quindi, una serie di problematiche notevoli in termini proprio di flusso di denaro italiano che andrà in Slovenia non trovando più alcuna barriera. Questo succede per la questione del carburante e della benzina. È paradossale che in questa finanziaria, mentre viene salvaguardata...
PRESIDENTE. Mi scusi. Rinnovo l'invito ad evitare conversazioni che siano di troppo disturbo. Grazie.
ROBERTO MENIA. Grazie, Signor Presidente.
Dicevo, mentre viene salvaguardata la condizione di zona franca in Val d'Aosta, perché evidentemente pesa il voto di un senatore valdostano, quando non c'è differenziale sostanzialmente tra Italia e Francia in termini di prezzi, nella parte orientale accade che la benzina e il gasolio in Slovenia costa un terzo di meno di quello che costa in Italia, i tabacchi da un terzo alla metà. La caduta del confine provoca un flusso continuo di soldi italiani che vanno oltre confine. Questa situazione è palese, però non vi è alcuna soluzione.
Ci sono poi altre questioni, a cui prima facevo riferimento, come il caso delle case da gioco. Ci sono una ventina di case da gioco subito oltre confine, ma oggi non si passerà neppure più il confine. Io non ho simpatia per i casinò, ma mi chiedo retoricamente se non sarebbe logico concedere al Friuli Venezia Giulia una deroga al principio nazionale che vieta i casinò per la condizione oggettiva di soldi italiani che vengono «buttati» oltre confine.
Poi ci sono questioni ancora più importanti, come quella della portualità, per esempio, della realizzazione del corridoio 5, della doverosa realizzazione della tratta Trieste-Divaccia, come del collegamento fra Trieste e Capodistria per dare un immediato sbocco ad est per i traffici che arrivano sul porto di Trieste, per non trovarsi nella condizione di avere un porto a quindici chilometri di distanza che fa concorrenza a quello di Trieste e che paradossalmente è in grado, se non si realizza questa tratta, di rafforzare una condizione di concorrenza, vista la pratica delle tariffe in dumping, e così via. È una situazione che fa male ad una città che teoricamente dovrebbe essere nella condizione geopolitica di vincere le sfide del mercato e le sfide dell'apertura europea, ma che ha problemi infrastrutturali che ne frenano la crescita.
Il mio ordine del giorno, quindi, pone una serie di questioni, quella dei tabacchi, quella delle benzine, quella dei casinò, quella delle tratte intermodali, quella delle infrastrutture e chiede al Governo di verificare la possibilità di creare un pacchetto di norme che vengano incontro alle esigenze da me sollecitate.
Ringrazio il Governo per l'attenzione che ha dimostrato di non darmi.
PRESIDENTE. Il deputato Lupi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/413.
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, illustro il mio ordine del giorno n. 9/3256/413 avente un contenuto che ritengo sia di interesse non solo di tutto il Parlamento, ma dello stesso Paese.
Questo ordine del giorno è stato sottoscritto, oltre che da me, dagli amici e compagni, come si diceva una volta ma non so se sia un ricordo oppure sia ancora un'identità, Albonetti, Sposetti e da tanti altri, primo fra tutti l'onorevole Iannone, il quale ha presentato anche un progetto di legge.
Con esso viene fatta la richiesta, da parte di più soggetti, sia politici, sia della società civile, sia opinion leader, di rendere strutturale la misura del 5 per mille. Conosciamo tutti il 5 per mille e conosciamo anche la discussione svoltasi sia in Senato sia alla Camera dei deputati riguardante l'aumento della copertura del tetto. Nel testo pervenuto dal Senato il tetto per il 2009 era solo di 100 milioni di euro, con il maxiemendamento il Governo lo ha portato a 380 milioni di euro per il 2009, permettendo, quindi, una copertura anche per le dichiarazioni dei redditi 2008.
Conosciamo anche il risultato che tale significativo esercizio della libertà abbia dato a tutti i cittadini italiani, risultato che è andato oltre qualsiasi aspettativa: 15-16 milioni di contribuenti hanno deciso, avvalendosi della misura del 5 per mille, di destinare una quota delle proprie tasse direttamente ai soggetti dagli stessi ritenuti più rispondenti ai bisogni della società.Pag. 33Addirittura, i primi dati della dichiarazione 2007 rilevano che circa 15 milioni e 800 mila cittadini hanno esercitato la facoltà del 5 per mille nella dichiarazione dei redditi.
Si tratta, quindi, di capire se questa è una misura che tutti condividiamo quale attuazione concreta della sussidiarietà fiscale. Ritengo sia necessario che ogni anno, anche sull'area della fiscalità, quando si avvicina il momento dell'esame del disegno di legge finanziaria, ci confrontassimo tra Parlamento e Governo per decidere da una parte la copertura e dall'altra se reinserirla o meno.
Credo sia giusto che tale misura diventi strutturale, che sia prevista non con un emendamento al disegno di legge finanziaria, bensì da una legge che possa essere approvata dalla Camera e dal Senato. A questo riguardo c'è una proposta di legge bipartisan che al Senato ha come primo firmatario il collega Benvenuto e alla Camera l'onorevole Jannone. Ritengo che tale proposta sia una grande occasione per giudicare questa esperienza, eventualmente intervenendo con correttivi migliorativi. Certamente non può essere tolta la grande intuizione del 5 per mille, cioè la possibilità di scelta che è data direttamente ai cittadini di indicare, addirittura attraverso il codice fiscale, a chi erogare la propria quota di tasse.
Questo è il contenuto del mio ordine del giorno. Ci sono poi altri ordini del giorno presentati da colleghi sullo stesso tema, come quello dell'onorevole Angelino Alfano, il n. 9/3256/412, con il quale si chiede anche di verificare i soggetti che abbiano diritto ad usufruire del 5 per mille e, in particolare, la possibilità di inserire tra questi anche le fondazioni, oltre agli enti di ricerca e alle ONLUS.
Da ultimo, signor Presidente, e mi rivolgo al Governo e in particolare ai rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, visto quale sia il risultato dell'esercizio della libertà da parte dei cittadini, è necessario che le somme che essi hanno deciso di erogare lo siano effettivamente. Non sono state ancora erogate le somme del 5 per mille relative all'anno 2006 e ancora stiamo aspettando quelle del 2007, in quest'ultimo caso giustamente perché si stanno vagliando le destinazioni e le risorse.
PRESIDENTE. Deputato Lupi, concluda.
MAURIZIO ENZO LUPI. Concludo, Presidente. Se si considera il 5 per mille un fondamentale principio di sussidiarietà fiscale non lo si può lasciare da parte, ma occorre che le risorse arrivino effettivamente ai soggetti a cui i cittadini hanno scelto di destinarle.
PRESIDENTE. Il deputato Marras ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/394.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, signori membri del Governo, il mio ordine del giorno potrebbe anche essere accettato.
Spero, insieme ad altri colleghi, di non dover solo collezionare i miei ordini del giorno, ma, al contrario, che essi si traducano in azioni concrete, anche perché quello a cui faccio riferimento in esso è assolutamente in sintonia con quanto affermato ieri dal collega Fitto a proposito della questione meridionale.
Mi riferisco al problema del trasporto merci, in particolare per la Sardegna e per le isole minori. Nel 2001 tale questione venne inserita nella prima legge finanziaria del Governo Berlusconi, relatore di quel provvedimento era l'onorevole Gianfranco Conte. Con essa si compì un grande sforzo, stanziando una cifra di circa 45 milioni di euro per il successivo triennio. Inoltre, essa interessava il trasporto ferroviario, aereo e marittimo e interveniva con una modalità assolutamente nuova presso le imprese sarde. Oggi vedo che tutto ciò è cambiato.
L'ex articolo 61, prima del maxiemendamento, commi dal 14 al 16, parla di trasporto combinato esclusivamente - purtroppo - per le ferrovie. La situazione della mia isola è assolutamente diversa; essa vive una condizione per la quale, oltrePag. 34a disporre di ferrovie che ci penalizzano per i mezzi ormai obsoleti (e pertanto estremamente onerosi), si devono affrontare anche difficoltà di percorrenza. Tali difficoltà fanno sì, ad esempio, che le merci in viaggio tra Cagliari e Olbia impieghino anche otto ore per giungere a destinazione. Vorrei capirne le difficoltà e il costo per riuscire a dare la possibilità agli imprenditori sardi di essere concorrenziali oltremare.
Il previsto intervento del Governo, a cui comunque si affiancava l'intervento della regione per 15 milioni di euro, sanciva una compartecipazione importante. Gli imprenditori sardi, in tal modo, avrebbero potuto concorrere a pari merito con i loro colleghi del nord portando il proprio prodotto fuori dalla Sardegna senza dover affrontare costi aggiuntivi. Credo che le mie motivazioni siano valide e che di esse si debba assolutamente tener conto, anche perché il ritardo di sviluppo del Mezzogiorno passa anche per i trasporti, che affrontano innumerevoli difficoltà.
Sempre a proposito dell'ex articolo 61 si prevede un gran numero di interventi, a cui (per carità) sono estremamente favorevole: dieci milioni di euro per le Ferrovie della Calabria Srl, per le Ferrovie Appulo Lucane Srl e per le Ferrovie del sud-est Srl. Tali interventi vanno benissimo: se però si pensasse di potere supplire alle necessità del sistema ferroviario esclusivamente con 20 milioni di euro per l'anno in corso e addirittura con 15 milioni di euro per il 2008, credo che si stia compiendo uno sforzo inutile, perché tali cifre non vanno a coprire alcun tipo di possibilità e rappresentano un mero palliativo per alcune regioni.
Quindi, credo e spero che l'ordine del giorno venga assolutamente accettato e non accolto come raccomandazione. Spero, inoltre, che il Governo svolga realmente una forte riflessione sul ritardo di sviluppo e inizi a dare un segnale, come peraltro hanno chiesto molti colleghi nella giornata di oggi, partendo purtroppo dall'eliminato credito di imposta.
PRESIDENTE. Deputato Marras, dovrebbe concludere.
GIOVANNI MARRAS. Concludo, signor Presidente. Ciò dovrebbe farvi pensare alle reali difficoltà, ma anche al fatto che la Sardegna realmente si trova in quella condizione ed è l'unica grande isola lontanissima dalle isole minori, che erano previste nella famosa proposta emendativa che ho citato in premessa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Mancuso ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/207.
GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, la fiducia approvata ieri sera ha spazzato via tutte le proposte emendative, quindi anche la possibilità di discutere argomenti non marginali nella nostra società. Spesso in quest'Aula si parla dei più disparati argomenti, ma troppa poca attenzione viene attribuita ai temi animalisti.
Con il mio ordine del giorno, desidero richiamare il Governo sulla possibilità di organizzare un sistema di erogazione di prestazioni di medicina veterinaria di base, erogate in regime di convenzione. Esiste nel nostro Paese un patrimonio di 6.500 strutture sanitarie medico-veterinarie private non gravanti sulle casse dello Stato, che consentirebbero un impiego razionale delle risorse economiche esistenti.
Si tratterebbe di affiancare tale rete privata alla già buona rete pubblica che, a causa della mancanza di fondi necessari, si sta lentamente, ma inesorabilmente, ritirando e non potrebbe certo farsi carico di ulteriori funzioni, dovendo già occuparsi dei controlli sugli allevamenti dei vari tipi di animali e sui prodotti di origine animale, anello finale di intere filiere agro-zootecniche molto importanti, che finiscono poi nel piatto del consumatore.
In particolare, ricorrendo alla dotazione economica della legge n. 281 del 1991, che non tutte le regioni hanno diligentemente attuato (ci sono addirittura regioni che per dieci anni consecutivi nonPag. 35hanno fatto alcuna richiesta), abbiamo fondi messi a bilancio da comuni e province e, anche con il ricavato delle sanzioni comminate per punire il maltrattamento di animali, si potrebbe disporre di risorse economiche adeguate per tale genere di attività. Basterebbe ricordare che, oltre ai circa 15 milioni di cani e gatti presenti nelle case degli italiani, esistono anche circa cinquecentomila cani randagi ed un numero imprecisato di gatti liberi all'interno di colonie feline. L'obiettivo futuro e finale dovrebbe essere l'eliminazione dei canili, che sono stati troppo spesso utilizzati come fine e non come mezzo per combattere il randagismo e che in alcuni casi sono anche diventati un business, che assorbe risorse economiche dei comuni. Tali risorse potrebbero essere meglio impiegate per i compiti di istituto della sanità pubblica. Penso, per esempio, alle sterilizzazioni degli animali che non appartengono a nessuno, all'identificazione mediante microchip, al completamento dell'anagrafe canina e alla realizzazione di quella felina.
PRESIDENTE. Il deputato Zeller ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/249.
KARL ZELLER. Signor Presidente, il mio ordine del giorno, n. 9/3256/249, ha per oggetto l'ippodromo di Maia, dichiarato con delibera del commissario UNIRE del 26 gennaio 2006 come unico ippodromo italiano di rilevanza nazionale per il settore ostacolistico. L'impianto vanta una secolare tradizione. Infatti, unico nel suo genere, l'ippodromo è ubicato al centro di Merano e, ben prima della belle epoque, a Merano era già attivo un ippodromo sui quali tracciati si misuravano i migliori cavalieri della Mitteleuropa. Fu questo l'inizio di un costante miglioramento delle strutture e, dopo la grande guerra, l'ippodromo fu ristrutturato una prima volta negli anni Trenta, con la realizzazione di un impianto ippico per gli ostacoli e una nuova lotteria da affiancare a quella automobilistica di Tripoli. Fu così che nel 1935 si inaugurò un nuovo ippodromo, che lanciò il suo gran premio, abbinato alla più antica lotteria d'Italia. Ideato dal colonnello Pollio, progettato dall'architetto Paolo Vietti Violi, uno dei più famosi architetti dell'epoca, Maia costituì un gioiello di architettura moderna, vale a dire del razionalismo del tempo.
Da quel momento iniziava tuttavia un lento e costante degrado, in quanto negli ultimi settant'anni non sono stati effettuati interventi organici di risanamento. La struttura necessita quindi di un radicale intervento di ristrutturazione, al fine di adeguarla alle mutate esigenze del pubblico e di renderla maggiormente fruibile per i cittadini e per i turisti.
In tale quadro verrà inserito anche un centro di incremento per la razza dei cavalli aveglinesi e verrà creato un polo del cavallo, di valenza non solo provinciale, ma anche nazionale ed internazionale. La provincia autonoma di Bolzano e il comune di Merano, proprietario dell'impianto, hanno da tempo manifestato l'intenzione di intervenire, a patto che anche l'UNIRE svolga la sua parte.
Nell'anno 2000 fu concordato un programma di investimenti, ma purtroppo gli impegni presi non vennero onorati. I fondi dell'investimento per l'anno 2000 sono stati sbloccati solo recentemente, grazie all'intervento del commissario Melzi, ma non basteranno per una ristrutturazione completa dell'impianto. Il 1o agosto di quest'anno il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha firmato un protocollo di intesa con la provincia di Bolzano, l'UNIRE ed il comune, al fine di rilanciare l'ippodromo. Nella predetta convenzione, il Ministro si è impegnato a reperire i fondi necessari per poter finanziare la quota-parte statale, mentre la residua parte dell'impegno, pari complessivamente a 25 milioni di euro, resta a carico del comune di Merano e della provincia autonoma di Bolzano.
Per consentire al Ministero di far fronte al predetto impegno, durante l'esame della legge finanziaria in Commissione bilancio è stato approvato, in accoglimento di una nostra richiesta, un emendamento del relatore Michele Ventura -Pag. 36che ringrazio di cuore - con il quale la tabella C, voce Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, legge n. 549 del 1995, è stata incrementata di 2,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.
Auspico quindi che il Governo voglia assumere l'impegno formale di destinare i predetti maggiori fondi stanziati nella tabella C, tramite l'UNIRE, al comune di Merano, con il vincolo di impegnarli per i lavori di ristrutturazione e di rilancio dell'ippodromo di Merano-Maia.
PRESIDENTE. Il deputato Cicu ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/416.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, Voglio denunciare ancora una volta l'assenza di una politica economica per il Mezzogiorno e per le isole da parte di questo Governo.
Il disegno di legge finanziaria ha disposto l'abbandono del credito d'imposta relativo al 2007. La Confindustria, in questo periodo, ha chiesto che il tema del Mezzogiorno venga posto al centro della discussione, del confronto e della politica di questo Governo.
Vi è una superficialità, un'assenza, una dimenticanza enorme che deve essere immediatamente compensata, specialmente riguardo agli imprenditori, che costituiscono la fascia di produttività che regge le sorti, ancora, di questo Paese e che non può essere esclusa, soprattutto se si considera che la precedente legge finanziaria di questo Governo aveva proiettato su questa finanziaria la possibilità di un'attivazione di risorse che avrebbero dovuto in qualche modo supplire ad una totale carenza di politica economica per il Mezzogiorno.
Passiamo alla Sardegna: essa vive i limiti e i vincoli di un piano paesaggistico regionale che ha fatto registrare un calo di attività lavorativa di 20 mila persone solo nell'ultimo anno e tasse che impongono continuamente ai piccoli e medi imprenditori l'impossibilità di vivere un momento di concorrenzialità.
Abbiamo parlato di continuità territoriale che soffre, in maniera forte, una situazione che non consente in alcun modo di poter arrivare in Italia, soprattutto con le merci, figuriamoci in Europa o ad un sistema globalizzato! È chiaro ed evidente che vogliamo porre tutto ciò come richiamo in quest'Aula, in maniera forte e seria, soprattutto per i colleghi sardi che fanno parte della maggioranza e che, mi sembra, non riflettano, in maniera seria, attivandosi e partecipando a sostenere un processo che raggiunga qualche risposta. Mancano, infatti, le risposte per una comunità - quella sarda - che vive un emergenza totale e nelle istituzioni: abbiamo constatato quale sia stato l'esito di quanto disposto dall'articolo 104 della legge finanziaria per il 2007 relativo alle entrate per la Sardegna dal 2013 al 2021. Si tratta di una situazione, non solo virtuale, ma di una vera e propria truffa perché è chiaro che l'impianto dell'attuale finanziaria per la regione Sardegna poggia le basi su risorse inesistenti che inevitabilmente, non essendoci, non potranno produrre alcun effetto di riscontro e di ritorno per un'intera comunità che guarda con speranza, invece alla possibilità di vivere uno sviluppo economico con le stesse opportunità degli altri. È chiaro che non possiamo parlare irlandese, ma vorremmo farlo, dato che in quel contesto si concretizzano, invece, modelli veri e compiuti, che realizzano condizioni importanti ed efficaci per le isole, che possono dare risultati che noi non abbiamo. È chiaro ed evidente che questo Governo non potrà certamente realizzare tali risultati con un ordine del giorno, pertanto non chiedo elemosine, né alcun sostegno per l'ordine del giorno al nostro esame: è chiaro tuttavia che esso è un'opportunità - l'unica vera opportunità - per poter levare la voce, in quest'Aula, in rappresentanza di un milione e mezzo di cittadini sardi che si sentono abbandonati da questa politica, da questo Governo e da una situazione che non è più possibile tollerare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Boscetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/348.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo illustrerò l'ordine del giorno n. 9/3256/348 a mia firma, concernente la normativa in materia di comunità montane contenuta nel provvedimento in esame. Devo anzitutto ricordare come le obiezioni della minoranza, in occasione della discussione sulla nuova struttura delle comunità montane, furono, in primis, di costituzionalità. Abbiamo affermato che la materia delle comunità montane è di competenza delle regioni - una competenza residuale esclusiva - e quindi non si poteva intervenire con una norma prevista dal disegno di legge finanziaria. Il Governo ha obiettato che, trattandosi di logiche di eliminazione di una parte dei costi, la materia era di competenza statale, tuttavia, su nostra sollecitazione, il Governo si è posto il problema e attraverso un emendamento della Commissione ha cambiato la primigenia impostazione facendo sì che le regioni abbiano diretta competenza nella regolamentazione delle comunità montane. È rimasto il dubbio sulla costituzionalità perché, laddove si debba fare economia (per semplificare i concetti), affermare che permane la competenza dello Stato in quanto si parla di una riduzione di trasferimenti che può e deve influire su organismi di determinati enti quali le comunità montane è un aspetto ancora molto dubbio.
Tuttavia, la nuova formulazione ha sensibilmente migliorato il testo iniziale, in quanto ha lasciato alle regioni la possibilità di armonizzare al meglio le nuove comunità montane, non ha posto limiti altimetrici né per quanto concerne la composizione dei consigli delle comunità medesime ed ha eliminato anche qualche altro limite (per esempio quello del numero minimo di sette comuni per costituire una comunità montana) previsto - come dicevo - nel testo iniziale. Rimane tuttavia una norma secondo la quale, se le regioni non approveranno i propri provvedimenti legislativi di riordino entro sei mesi, rientreranno in vigore tutti quei limiti gravosi cui accennavo in precedenza: dai limiti altimetrici, a quelli relativi alla composizione dei consigli ed alla esclusione di determinati comuni secondo alcune caratteristiche che considero iugulatorie e comunque non del tutto armonizzate o armonizzabili, così come iugulatori sono gli altri criteri negativi (altimetrie e composizione dei consigli) dei quali parlavo. Non vorrei che anche le regioni che ottemperino nel termine di sei mesi, finiscano per sottostare ai criteri residuali previsti in caso di inadempimento ed articolino quindi i propri provvedimenti legislativi tenendo conto di tali criteri, che invece sono rintracciabili ed utilizzabili solo nel momento dell'inadempienza da parte delle regioni in termini di non approvazione della legge regionale.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GABRIELE BOSCETTO. Quindi, questo ordine del giorno è volto a chiedere al Governo di tener conto di tali impostazioni, nell'ambito di una valutazione discutibile sul piano costituzionale anche di questa norma residuale, facendo comunque chiarezza e permettendo alle regioni di scegliere secondo la propria buona discrezionalità.
PRESIDENTE. Il deputato Gianfranco Conte ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/338.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, devo naturalmente esprimere in questa sede tutta la mia insoddisfazione per l'approccio del Governo alla soluzione di un problema che abbiamo discusso in più parti nel disegno di legge finanziaria. Mi riferisco alla questione delle esattorie. Come è ben noto, durante il Governo Berlusconi è stato avviato un processo che ha portato ad incrementare l'efficienza del comparto della riscossione, attraverso la costituzione di una società che ha sostituito il precedente sistema affidato alle banche, il quale aveva segnato molti puntiPag. 38a proprio sfavore, soprattutto sotto il profilo del conflitto di interesse delle stesse banche nei confronti dei contribuenti. Attualmente, tutte le norme inserite nel disegno di legge finanziaria puntano ad una semplificazione delle procedure di riscossione, ma creano un disallineamento abbastanza singolare fra le opportunità che vengono offerte al soggetto che si occupa della riscossione - attraverso la società Equitalia - e le esattorie che invece seguono la riscossione dei tributi a livello comunale. In un intervento riportato da Il Sole 24 Ore si metteva in evidenza tale conflitto di competenza fra Equitalia e le società partecipate dai comuni. Peraltro, in un passaggio dell'articolato del disegno di legge finanziaria, fu anche previsto che l'affidamento della riscossione avvenisse attraverso bandi di gara, in modo da dividere l'accertamento dalla riscossione. Sembra che il Governo ci abbia ripensato ed ha mantenuto questo disallineamento, per cui le società di riscossione che fanno capo agli enti locali devono riferirsi ad una normativa ormai lontanissima nel tempo (che risale agli anni Trenta), mentre rimangono in essere tutte le facilitazioni concesse alla società Equitalia.
La stessa ANCI è intervenuta e ha chiesto se non fosse necessario, proprio per il predetto disallineamento e per l'incapacità che avranno gli enti locali a procedere alla riscossione dei tributi propri, addirittura coprire questa norma che è stata inserita nella finanziaria. Mi pare che la risposta del Governo sia del tipo: non vogliamo mantenere un processo di riscossione conservatore, vogliamo procedere invece sulla strada della competizione. Si tratta di una competizione che non è garantita e, infatti, sono in questa sede a sollevare la questione che verrà sicuramente affrontata dalla Corte di giustizia europea, perché le norme inserite non hanno ragionevolezza e, soprattutto, non garantiscono un livello di concorrenza che metta, in sostanza, le società di riscossione degli enti locali in una competizione che sia all'insegna di regole certe con la società esattrice a livello nazionale.
Credo che questo tema - mi rivolgo, se i colleghi me lo consentono, al sottosegretario Grandi - non possa essere considerato di poco conto. Abbiamo più volte segnalato, anche nel corso della finanziaria, i temi che costringeranno il Governo a intervenire, anche attraverso delle correzioni che sono previste nel prossimo provvedimento di fine anno. Ritengo che il Governo abbia sottovalutato queste problematiche e, ove accettasse questo ordine del giorno come una semplice raccomandazione, evidentemente non terrebbe conto dell'importanza dell'ordine del giorno medesimo e manterrebbe un profilo esso stesso conservatore rispetto a un problema che riguarda complessivamente tutta la comunità e gli enti locali. Invito, pertanto, il Governo a ripensare la sua posizione in merito a tale questione ed a comprendere le ragioni degli enti locali e della finanza pubblica.
PRESIDENTE. Il deputato Bruno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/349.
DONATO BRUNO. Signor Presidente, l'ordine del giorno che reca la mia firma, insieme a quella di colleghi della I Commissione, fa riferimento alla chiara insoddisfazione da parte dei firmatari in riferimento alla mancata considerazione, da parte di questo Governo, delle esigenze connesse alla tutela dell'ordine pubblico. Ci riferiamo al comparto sicurezza. Ci si potrà dire che, da ultimo, proprio in «zona Cesarini», come si dice, che il Governo ha avuto un ravvedimento e ha ritenuto di offrire una sorta di argent de poche, proprio perché ritiene di aver soddisfatto le giuste lagnanze e richieste avanzate dai nostri rappresentanti delle forze dell'ordine. Però, qualche giorno prima, i sindacati di polizia e carabinieri hanno chiesto incontri a tutte le forze politiche, durante i quali hanno messo a nudo le loro legittime rivendicazioni, che erano state già oggetto di incontro e di discussione con il Governo. Il Governo aveva dato assicurazione, come è sua abitudine, però, sempre come è sua abitudine, nonPag. 39ha rispettato gli impegni assunti. Uno degli esempi, che mi ha colpito particolarmente e che i colleghi e il Governo - che, come al solito, è impegnato in altre vicende, atteso che il comparto sicurezza è fuori dalla logica e dalla considerazione attenta da parte del Governo stesso - è che coloro che sono impegnati nei lavori quotidiani - ad esempio, per un pedinamento o per una manifestazione - e quindi prolungano l'orario di lavoro, si vedono riconosciuti il lavoro straordinario con una decurtazione del 10 per cento: quindi, nel caso di specie, vi è non un aumento, come normalmente può avvenire, ma una decurtazione.
Credo che ciò sia un fatto molto grave. È grave se lo si considera nella sua entità; diventa normale, per questo Governo, atteso che non ha mai dimostrato una attenzione particolare per i nostri soldati, per i nostri militari e per le nostre forze dell'ordine. Credo che mai come in questa finanziaria il Governo abbia voluto dare uno schiaffo a coloro che ogni giorno ci garantiscono - e garantiscono l'intero Paese - dalle aggressioni che provengono dall'interno e anche dall'esterno. Credo che sia ora di dire basta! È ora che questo Governo riconsideri, in qualche modo, la questione. Capisco che i bilanci devono quadrare; capisco che a volte si vogliano far cadere a pioggia maggiori disponibilità a favore di categorie più vicine a questo Governo; capisco anche che da questo Governo le forze dell'ordine vengono ritenute lontane. Però credo che ciò sia un errore, perché il Paese chiede che al comparto sicurezza venga data l'attenzione dovuta e chiede che ad esso siano attribuiti quei mezzi minimi che gli possano consentire di svolgere quel lavoro duro che noi pretendiamo che svolga. Poi, quando il Governo e il Parlamento devono dare risposte in merito, non sono in condizione di darle. Che il Governo in questa finanziaria abbia maltrattato le nostre forze dell'ordine - forse soprattutto a motivo di una politica della sinistra, quella estrema, che non vede di buon occhio le stesse forze dell'ordine - è un dato ormai inconfutabile; lo si vede in ogni passaggio e in ogni provvedimento legislativo. Il nostro cruccio è che sia il Parlamento ad essere insensibile a tale problema. La nostra parte politica intende rappresentare tale cruccio con questo ordine del giorno e chiede al Governo, almeno per la parte conclusiva dello stesso ordine del giorno, di porre in futuro la dovuta attenzione, con riferimento...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DONATO BRUNO. ...sia alle sostanze di cui le forze dell'ordine hanno necessità, ma anche a un aumento dell'organico. Mi auguro che questo ordine del giorno possa essere considerato dal Governo e accettato.
PRESIDENTE. Il deputato Brusco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/396.
FRANCESCO BRUSCO. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/3256/396 mira a porre rimedio ad una palese ingiustizia nei confronti dei comuni colpiti dall'evento sismico del 31 marzo 1982 che non hanno mai ricevuto la dovuta attenzione da tutti i governi che si sono succeduti nel tempo. Mi riferisco a 43 comuni ricadenti nella regione Basilicata, Campania e Calabria. Essi sono stati individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 aprile 1982. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, prima dei semafori ci sono le case; le prime case che aspettano di essere rese agibili. L'arredo viene dopo la casa. Mi verrebbe da dire, signor Presidente, che a giorni è Natale. Ridiamo la capanna a coloro ai quali gliela tolse la natura, venticinque anni fa.
PRESIDENTE. Il deputato Testoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/388.
PIERO TESTONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno parte da un assunto che credo sia condivisibile non soltanto dai parlamentari dell'opposizione, anche se è stato sottoPag. 40scritto esclusivamente da parlamentari che fanno parte dell'opposizione. Esso parte da una considerazione, ossia che nel corso del 2007 - volontariamente o involontariamente - le entrate fiscali sono cresciute di oltre un punto percentuale rispetto al prodotto interno lordo.
Si tratta di circa 15 miliardi di euro; tuttavia, il Governo ha utilizzato quello che nel gergo comune è stato chiamato «tesoretto», ovverosia l'extragettito, per cercare di recuperare parte del consenso che aveva dilapidato proprio per i motivi opposti, cioè per l'alta pressione fiscale imposta a tutti i contribuenti. La dissipazione, a nostro avviso, è avvenuta attraverso mille rivoli. Per fare un esempio, nel primo decreto sul «tesoretto», emanato a luglio (decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81), il Governo ha destinato addirittura il 75 per cento delle maggiori entrate al finanziamento di progetti di investimento che non aveva invece previsto nella precedente legge finanziaria. Dunque, ai cittadini contribuenti, a tutti i cittadini, non sono andate che briciole delle maggiori tasse pagate.
È arrivato il momento - è questo il senso dell'ordine del giorno da me presentato - di restituire parte di quanto incassato. Tuttavia, un emendamento al testo del provvedimento in esame ha fatto sì che l'eventuale maggiore gettito fiscale prodotto nei prossimi mesi, durante il prossimo anno (il 2008) debba essere utilizzato, oltre che per la riduzione del deficit, per ridurre il prelievo fiscale a carico dei lavoratori dipendenti. Si tratta di un'iniziativa valida, ma a nostro avviso sul filo della costituzionalità. In tal modo sembra che esistano due categorie di lavoratori: una sorta di serie A, dove si collocano i lavoratori dipendenti, i quali hanno diritto all'eventuale sconto tributario in busta paga; una serie B, che invece non ha diritto allo stesso trattamento. Vi è dunque una parte protetta, cui naturalmente va il massimo del rispetto, e una parte meno protetta, nei confronti della quale sembra che questo rispetto non debba essere riconosciuto.
Al di là delle sentenze della Corte costituzionale in materia di equiparazione fiscale di tutti i lavoratori di fronte alle aliquote, con il mio ordine del giorno si vuole dare certezza tributaria a tutti i contribuenti. Sappiamo bene che durante il prossimo anno molto difficilmente si potranno realizzare «tesoretti» di alcun tipo, quindi sarà difficile sostenere la propaganda che rappresenta il successo economico dell'attuale Governo, semmai dovuto a trend internazionali e non alla politica economica nazionale.
Tuttavia, in vista di un forte rallentamento dell'economia, i mancati extragettiti non devono impedirci di svolgere delle battaglie di principio. Si tratta di un punto dirimente: lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.
Per tali ragioni, riteniamo giusto che tutti i contribuenti siano uguali davanti al fisco e che occorra estendere gli eventuali alleggerimenti fiscali a tutti i lavoratori, sia quelli dipendenti, sia quelli non dipendenti.
Questo, a nostro avviso, è un vero problema di equità, che non riguarda lo spalleggiamento di questa o di quella categoria, bensì il dovere dell'equità fiscale di fronte a tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Giancarlo Giorgetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/50.
GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, intervengo per illustrare l'ordine del giorno n. 9/3256/50, in materia di trattamento tributario dei pensionati universitari. Ritengo che il ragionamento debba partire dalla Costituzione della Repubblica italiana che, all'articolo 34, prevede, tra l'altro, che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, e che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
L'ordine del giorno riprende temi relativi ad alcuni emendamenti presentatiPag. 41durante l'esame in Parlamento di diversi provvedimenti, come il decreto-legge fiscale ed il disegno di legge finanziaria. Tali emendamenti sono stati presentati, ma non sono stati discussi con il dovuto approfondimento.
Mi rivolgo in particolare al sottosegretario per l'economia e le finanze, Grandi, qui presente, per spiegare questo tipo di problema.
I pensionati universitari possono essere gestiti da organizzazioni private o pubbliche; possono essere di proprietà di università private o pubbliche. Ciò che non deve cambiare è il trattamento tributario che li riguarda, perché, signor sottosegretario, anche se il pensionato universitario è di proprietà di un'università privata, viene gestito dagli istituti per il diritto allo studio con criteri di tipo pubblicistico, che fanno esattamente riferimento all'applicazione dei principi stabiliti dall'articolo 34 della Costituzione.
Per tale motivo, i citati pensionati universitari gestiscono il diritto allo studio avendo come riferimento, appunto, i capaci e i meritevoli, in relazione al reddito familiare e al rendimento scolastico. Peccato che oggi la nostra legislazione, purtroppo, non consideri ciò e dia la possibilità, quindi, di trattare, sotto il profilo dell'imposta comunale sugli immobili, i pensionati universitari di questa specie esattamente come se fossero degli alberghi, con un trattamento tributario assolutamente iniquo, infondato e contro i principi stabiliti dalla Costituzione.
Sui pensionati universitari gravano tasse di tipo locale stratosferiche (commisurate come se fossero degli alberghi di lusso), e ciò induce a traslare l'onere che grava su di essi sugli studenti, capaci e meritevoli per i profili di rendimento scolastico e di reddito, che, invece, dovrebbero essere agevolati, in base ai principi costituzionali. Per questo motivo, in più occasioni ho presentato emendamenti tesi a superare tale situazione.
Mi dispiace moltissimo che il Governo non abbia potuto dedicare la necessaria attenzione a questo problema, perché ritengo che sia una delle questioni che fa la differenza rispetto a un atteggiamento che non si rivolge in modo indiscriminato a chiunque, ma - lo ribadisco - agli studenti capaci e meritevoli, come stabilisce l'articolo 34 della Costituzione.
Spero che il mio ordine del giorno n. 9/3256/50 abbia migliore fortuna, se qualcuno del Governo avrà la compiacenza di leggerlo con attenzione e di approfondirlo come la materia richiede, merita ed esige (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. L'onorevole Valducci ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Milanato n. 9/3256/371, di cui è cofirmatario.
MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno Milanato n. 9/3256/371 illustra nel suo dispositivo uno dei problemi maggiori di questa legge finanziaria (peraltro analogo ad una delle problematiche maggiori della precedente legge finanziaria presentata dal Governo Prodi), cioè quello legato ad un andamento della spesa corrente non controllato, che sicuramente ha contribuito a peggiorare i conti pubblici.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 12,40)
MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, illustri membri del Governo, se la precedente legge finanziaria ha dato anche un piccolo contributo a un non peggioramento dei conti pubblici (contribuendo, però, al peggioramento di quelli delle nostre famiglie italiane), la legge finanziaria che in questi giorni avete sottoposto alla discussione e al voto del Parlamento non solo peggiora enormemente i conti pubblici (aumentando, in questo senso, il deficit pubblico), ma peggiora ulteriormente i conti delle nostre famiglie. Esse, infatti, hanno una grandissima difficoltà non solo ad affrontare le cosiddette spese in beni voluttuari, ma anche quelle in beni primari per la propria sopravvivenza.Pag. 42
Nel frattempo, la spesa corrente dei conti pubblici aumenta in modo drammatico, con un tasso di incremento a due cifre. In questa legge finanziaria non vi è stato alcun vero segnale per ridurre drasticamente tale spesa. Si è pensato di ridurre in parte gli oneri dei cosiddetti costi della politica in alcuni enti locali, nei comuni e nelle province, senza svolgere una riflessione seria e profonda sui costi della politica a livello nazionale ed affrontare, non dalla prossima legislatura e dal prossimo Governo, ma da quello attuale, il problema del numero dei Ministri e dei sottosegretari, che dà il segno di come l'attuale Governo non possa dare alcuna lezione seria per affrontare una vera riduzione della spesa corrente.
L'ordine del giorno in esame impegna il Governo ad intraprendere azioni decisive e importanti sul tema del Mezzogiorno, affrontando le questioni delle infrastrutture e dello stato della sicurezza e sui temi legati alla necessità di dare un maggiore potere di acquisto alle nostre famiglie, attraverso la riduzione della pressione fiscale e attraverso un'apertura ad una vera liberalizzazione e ad un'adeguata competitività soprattutto nel mercato dei servizi, in particolare quelli pubblici locali. Mi auguro che da parte del Governo ci sia l'accettazione di questo ordine del giorno, al fine di creare le premesse per affrontare in modo serio la situazione drammatica dei conti pubblici e dei conti delle famiglie italiane.
Il Governo è andato contro l'andamento demografico e contro gli andamenti statistici anche sul tema delle riforme previdenziali, per cui da una situazione di vent'anni fa, in cui c'era una vita media attesa di circa 62 anni e un accesso alla pensione alla stessa età, oggi ci ritroviamo con una aspettativa media prevista di 82 anni per le donne e 78 anni per gli uomini e con una riduzione dell'età pensionabile dai 60 anni previsti dalla riforma Maroni ai 58 anni previsti dalla riforma sul welfare che l'attuale Governo ha varato.
In questo modo, un ulteriore grave onere viene addossato sulle spalle dei nostri figli e dei nostri nipoti e sulle nuove generazioni da parte di un Governo che da un lato, in modo demagogico, si fa portatore della bandiera della lotta alla precarietà e della problematica dei nostri giovani, ma che dall'altro non svolge alcuna azione vera ed efficace per dare una speranza ai giovani stessi.
PRESIDENTE. L'onorevole Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/345.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno di cui sono primo firmatario ripercorre, nella premessa, l'iter di questa legge finanziaria, su cui purtroppo ci troviamo a discutere soltanto nella fase degli ordini del giorno, perché, come tutti sappiamo, sono state poste tre questioni di fiducia e si è di fatto privata l'Assemblea della possibilità di intervenire sul testo e di discutere nel merito tutta la manovra.
È evidente che alcune tappe sono significative: il fatto che anche quest'anno, come lo scorso anno peraltro, il testo della manovra sia stato consegnato in ritardo al Parlamento rispetto al termine del 30 settembre previsto dalla legge; il progressivo aumentare del numero degli articoli, che da 97, come era inizialmente al Senato, si è poi trasformato in 151 nel testo trasmesso alla Camera, e successivamente, nel testo della Commissione, in 213, alcuni dei quali di decine di commi, anche oltre cento.
Questo modo di procedere è stato confermato anche dall'andamento della seduta di ieri, al quale ovviamente non si fa riferimento nella premessa dell'ordine del giorno, perché gli ordini del giorno sono stati consegnati nel termine fissato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, alle ore 13 di ieri. Tuttavia, se fosse stato possibile ci sarebbe stato anche il capitolo di ieri sera, piuttosto discutibile, triste e che offre la cifra politica del comportamento del Governo e della maggioranza durante l'esame del disegno di legge finanziaria.
Ci sono state numerose interruzioni, in occasione dei tre maxiemendamenti suiPag. 43quali è stata posta la questione di fiducia, per rettifiche e correzioni che hanno dovuto essere esaminate dalla Commissione bilancio su fraintendimenti, errori di stampa o questioni di natura economica e di copertura, presenti e poi scomparse, o scomparse e poi presenti.
Pertanto, i lavori su questa legge finanziaria sono stati affrontati in modo convulso e caotico, con correzioni anche in fase di trasferimento del testo dalla Commissione all'Assemblea, che non sono certo addebitabili agli uffici, ma, evidentemente, al modo di procedere curioso, strano e quasi isterico della maggioranza stessa all'interno dei lavori della Commissione, dando luogo a sospensioni oltremodo prolungate, con riprese ed accelerazioni e con un iter che, per forza di cose, diventa frettoloso e, quindi, superficiale.
Ebbene, questo modo di procedere è abbinato al fatto che il Governo ha sostanzialmente disatteso un altissimo richiamo istituzionale, che non voglio citare esplicitamente in questa sede per non strumentalizzarlo né farvi riferimento in forma diretta. Tuttavia, quando ci si appella al Governo, affinché esso non ponga la questione di fiducia (specie su un unico articolo da 1.400 commi, come è accaduto lo scorso anno), il fatto che, invece, questa venga posta su tre maxiemendamenti (che, complessivamente, riprendono i 1.192 commi con cui la finanziaria è uscita dalla Commissione), mi sembra - come giustamente rilevato dal presidente del gruppo di Forza Italia, onorevole Vito - sia un passaggio di stile che, sostanzialmente, si rivela una foglia di fico rispetto al richiamo istituzionale formulato.
Pertanto, il dispositivo del mio ordine del giorno n. 9/3256/345 vuole impegnare finalmente il Governo ad affrontare in maniera chiara, con una posizione precisa, la questione del superamento di questo modo di svolgere la sessione di bilancio e a valutare, in maniera serena e seria, la possibilità di utilizzare più propriamente la facoltà costituzionale che il Governo ha di porre la questione di fiducia sulla manovra finanziaria.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SIMONE BALDELLI. Mi auguro che, in questo senso, l'accoglimento - che sarebbe importante - del mio ordine del giorno n. 9/3256/345, possa effettivamente segnare una svolta.
PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/246.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, cari colleghi, prendo la parola per illustrare il mio ordine del giorno n. 9/3256/246, con il quale si puntualizza la necessità di lavorare per il recupero - in modo particolare nelle grandi aree metropolitane - delle periferie e per superare, quindi, una fase, che abbiamo attraversato in questi decenni, in modo particolare dalla fine del secondo dopoguerra ai giorni nostri, di espansione disordinata delle grandi città, di consumo del territorio, di sovrapposizione di cubature che, talvolta, hanno assunto sembianze mostruose e che hanno, finanche, meritato interventi di demolizione, almeno in alcune delle nostre maggiori città italiane.
Questa tendenza è dura a morire, anche di fronte all'evidenza - ahimé - di un calo demografico costante, di cui i sindaci delle maggiori città italiane non si sono fatti carico, forse in assenza di idonei strumenti di sostegno da parte del Governo nazionale.
Tuttavia, esiste un problema, ormai evidente, che attiene alla qualità della vita e che non può essere considerato una sorta di ideogramma: è un'esigenza reale che, fortunatamente, si stratifica e si manifesta ad ogni latitudine geografica, anche sotto l'impulso di altri Paesi occidentali, che giungono a porre l'attenzione sul benessere individuale prima di noi.
Non è una questione di destra o di sinistra, non attiene ad una sorta di monopolio culturale che vi è stato e vi è ancora, soprattutto in Italia, di queste tematiche da parte di una certa fazione ecologista collocata prevalentemente a sinistra, nella geografia politica.Pag. 44
È una questione trasversale e ritengo che, in quanto tale, si debba anticiparla, se possibile, e dobbiamo farcene carico. Le periferie delle grandi città rappresentano un problema che si riflette su fenomeni sociali evidenti. Tante e troppe volte, sia negli enti locali sia all'interno del Parlamento della Repubblica, abbiamo ascoltato interventi dotti, purtroppo postumi, tesi ad approfondire le cause dei fenomeni di illegalità diffusa, insicurezza, scarso controllo del territorio, degrado urbano e degrado morale.
Pertanto, la questione della riqualificazione ambientale e urbanistica delle periferie delle grandi città non può entrare in campo solo di fronte all'emergenza, come capita spesso e volentieri in Italia, ma deve essere anticipata da provvedimenti legislativi ed adeguati finanziamenti.
Da tale punto di vista, non abbiamo riscontrato un'iniziativa importante da parte del Governo Prodi. Per questo motivo, per il secondo anno consecutivo, Alleanza Nazionale intende sottolineare questa necessità mediante l'ordine del giorno in discussione, già presentato in occasione dell'esame della scorsa legge finanziaria quando, purtroppo, ha avuto scarsi risultati. Lo ripresentiamo sperando che questa volta il Governo possa accettarlo, farsene carico, trasformandolo in atti amministrativi concreti.
La riqualificazione delle periferie è una questione di carattere culturale, perché attiene all'equità, alla giustizia sociale e alla tutela delle fasce più deboli della popolazione; è una questione di carattere ambientale perché attiene al diritto ad una migliore qualità della vita, ad un livello di benessere che non si conosce nelle grandi periferie; è un problema anche di tecnologie e nuovi strumenti con cui affrontare i problemi dell'inurbamento.
Inoltre, vorrei dire un'ultima cosa: abbiamo proposto che vi sia una volontà più evidente da parte delle istituzioni a lavorare per la sostituzione edilizia, cioè per la demolizione e ricostruzione, con tutti gli strumenti di sostegno che questa operazione può e deve meritare.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Agrò ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3256/114.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, non è mio costume presentare ordini del giorno, conoscendo perfettamente quale fine facciano e, in qualche misura, sapendo che costituiscono un forte limite all'attività del Parlamento, in quanto si perde nel tempo senza alcun tipo di risultato e con grave decadimento del ruolo che qui svolgiamo.
Tuttavia, mi consenta di farlo in questa occasione, ritenendo di sottoporre al Governo una questione estremamente delicata che in periferia vede un contenzioso tra l'INPS e le residenze sanitarie per anziani, per quanto concerne il divieto di intermediazione di manodopera per queste realtà.
Con il dispositivo, chiedo di poter escludere le case di cura e le residenze per anziani, sia pubbliche sia private, dal divieto di intermediazione di manodopera, recependo peraltro l'orientamento più volte espresso in materia sia dalla giurisprudenza sia dal Ministero del lavoro.
Il divieto proveniva dalla legge 23 ottobre 1960, n. 1369, che stabiliva per gli imprenditori, comprese le aziende di Stato e gli enti pubblici, il divieto di affidare in appalto o subappalto l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore.
È peraltro intervenuto, a seguito di controversie, come ho detto poc'anzi, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che con la circolare n. 44, datata 1o agosto 2002, ha stabilito che è inapplicabile tale divieto agli enti pubblici che esercitano attività non economiche e prive di contenuto imprenditoriale. Di fatto, nonostante questa circolare, continua ad esserci un contenzioso che vede penalizzate le RSA e le case di cura. Sappiamo che si tratta di un dato delicato, che può avere anche ripercussioni notevoli per quanto concerne le rette che vengono pagate dalle famiglie.Pag. 45
Chiedo quindi al Governo, indipendentemente dal valore che assumono gli ordini del giorno, che in questa occasione non soltanto dia il suo assenso, ma prenda cura e coscienza del problema che ho sottoposto.
PRESIDENTE. L'onorevole Lisi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/3256/415.
UGO LISI. Signor Presidente, condivido naturalmente ciò che ha detto nella sua illustrazione il collega D'Agrò. A che cosa servono questi ordini del giorno? Sono ormai sei o sette anni che mi onoro di essere in Assemblea per Alleanza Nazionale, e non abbiamo mai visto essere attuati, soprattutto con questo Governo, gli ordini del giorno o quello che noi auspichiamo. Però quanto proposto deve rimanere agli atti, perché la sensibilità del sottoscritto e di Alleanza Nazionale su alcuni temi fondamentali, come le non autosufficienze e il mondo dei diversamente abili in generale, non può rimanere sicuramente sotto silenzio.
Sarà una battaglia fatta anche fuori dall'aula, ma il gruppo e tutto il partito di Alleanza Nazionale non si può esimere dal sottolineare alcune situazioni. Ecco perché ho presentato, come primo firmatario, l'ordine del giorno 9/3256/415, e chiedo al Governo di impegnarsi non solo con spot («articoli-spot», «emendamenti-spot», «commi-spot» nel caso in esame del primo maxiemendamento alla legge finanziaria) sulle non autosufficienze.
Abbiamo parlato moltissimo, abbiamo stanziato dei fondi; il Governo ha stanziato 100 milioni di euro nel 2006. Abbiamo presentato quest'anno un emendamento, che è stato approvato nella Commissione di merito, la XII (Affari sociali), relativamente ad altri 100 milioni: puntualmente in bilancio è stato letteralmente accantonato, non si è discusso, è stato tolto. Ricordo a me stesso e a tutti coloro che ci ascoltano, non solo i colleghi parlamentari, che ci vorrebbero circa 4 miliardi e 200 milioni l'anno per le non autosufficienze.
Ricordo cosa hanno fatto Livia Turco e Rosy Bindi in Commissione affari sociali nei cinque anni di Governo di centrodestra, gli attacchi che hanno mosso al Governo di centrodestra affermando che, qualora avessero vinto, avrebbe sistemato le cose per le persone non autosufficienti. Si è visto che cosa si è fatto: «norme-spot», solo e soltanto qualche dichiarazione, magari in qualche trasmissione televisiva. Rispetto alle dichiarazioni, rispetto alle promesse sulle politiche sociali il Governo, puntualmente, è venuto meno. Ecco le motivazioni che mi portano alla richiesta di impegno, non solo di mettere davvero dei denari, «denari veri» che sono 4 miliardi e 200 milioni di euro in favore delle non autosufficienze, ma anche di approvare una legislazione che giace da tempo in Commissione affari sociali.
L'ordine del giorno Moffa n. 9/3256/234, che ho presentato come cofirmatario insieme a tutti gli altri componenti di Alleanza Nazionale della Commissione affari sociali, fa seguito a quanto previsto nell'articolo 105-bis della legge finanziaria (prima del maxiemendamento ahimé), cioè l'istituzione del Fondo per la mobilità dei disabili: altro «articolo-annuncio», spot, solo questo.
Si tratta infatti di rinnovare il parco ferroviario, in maniera tale da far accedere i diversamente abili assistiti dalle associazioni nazionali di volontariato, e si stanziano solo e soltanto 5 milioni di euro per il 2008 e 3 milioni per il 2009: altra politica dell'annuncio, solo e soltanto spot perché con 5 milioni, me lo insegnate, non si può rinnovare un intero parco ferroviario che possa andare incontro alle esigenze dei diversamente abili. Anche con quest'ultimo ordine del giorno gli onorevoli Moffa, Lisi e tutti gli altri componenti della Commissione affari sociali per il gruppo di Alleanza Nazionale chiedono un serio e tempestivo intervento al Governo.
Basta con gli annunci perché vi sono milioni di persone, diversamente abili e non autosufficienti, che attendono delle risposte dal Governo. Non più tardi di qualche sera fa, non certo una persona di Alleanza Nazionale ma il segretario generalePag. 46 della CISL, Bonanni, ha affermato che dal prossimo gennaio il suo sindacato farà le barricate se non si provvederà alla soluzione dei problemi delle persone non autosufficienti.
Vogliamo vedere anche Bonanni, tutti gli altri e soprattutto voi membri di questo «Governo dell'annuncio», non del fare ma solo e soltanto del promettere, cosa realmente compierete.
PRESIDENTE. Essendosi cancellati i successivi iscritti appartenenti al gruppo di Forza Italia, sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno.
Avverto che è in distribuzione un'errata corrige relativa agli ordini del giorno Burtone n. 9/3256/85, Maderloni n. 9/3256/88, Carra n. 9/3256/127 e Baratella n. 9/3256/252.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 14 con l'espressione dei pareri sugli ordini del giorno da parte del Governo.
La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 14,05.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI