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Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 16,17).
(Situazione di sovraffollamento nel carcere di Trento - nn. 2-00006 e 3-00006)
PRESIDENTE. Avverto che l'interpellanza Boato n. 2-00006 e l'interrogazione Elia n. 3-00006, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni sezione 1).
L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00006.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, l'interpellanza in trattazione è stata da me presentata il 25 maggio 2006 ed è stata pubblicata nel resoconto del 30 maggio. Essa riguardava due questioni: una specifica, attinente alla casa circondariale di Trento (comunemente, carcerePag. 4di Trento), ed una, di carattere più generale, relativa agli orientamenti del Governo rispetto alla prospettiva di un provvedimento di clemenza (amnistia e/o indulto). Poiché, nel frattempo (sono passati alcuni mesi), questo secondo aspetto è già stato affrontato, almeno per la parte concernente l'indulto, con un provvedimento che è stato approvato a larga maggioranza dal Parlamento, mi limiterò ad illustrare, nella seduta odierna, le questioni riguardanti la casa circondariale di Trento.
Riguardo a questo aspetto specifico, la mia interpellanza traeva origine dal fatto che, il 24 maggio 2006 (un giorno prima della presentazione dell'atto), i tre quotidiani trentini, l'Adige, il Trentino e il Corriere del Trentino, avevano pubblicato alcuni articoli relativi alla drammatica situazione del carcere di Trento, che aveva portato anche alla realizzazione da parte dei detenuti, in modo del tutto pacifico e non violento - civilissimo, devo dire -, di uno sciopero della fame. La protesta dei detenuti aveva ad oggetto sia la situazione di sovraffollamento, aspetto riguardante, in generale, tutte le carceri italiane, sia, e soprattutto, il carattere fatiscente della struttura, nonché una serie di problemi gravissimi relativi al suo funzionamento.
Questi problemi incidono e incidevano, in particolare, sulla condizione dei detenuti che erano protagonisti di questa protesta pacifica, non violenta, conclusasi alcuni giorni dopo anche a seguito dell'interessamento di alcuni parlamentari, tra i quali il deputato che sta parlando in questo momento. Tuttavia, questi problemi incidono, altresì, sulla condizione degli agenti di polizia penitenziaria e degli altri operatori penitenziari, oltreché sulla stessa amministrazione e direzione del carcere. Come ho già detto, nel frattempo è intervenuto il provvedimento di indulto che, anche per quanto riguarda il carcere di Trento, ha ridotto notevolmente il numero dei detenuti. Prima di tale provvedimento, infatti, si era arrivati addirittura a 170 detenuti a fronte di una capienza teorica di 100 detenuti mentre, immediatamente dopo la sua applicazione, si era scesi al numero di 50. Attualmente, il numero dei detenuti nel carcere di Trento è arrivato a 70. Si tratta, comunque, di una dimensione enormemente inferiore, rispetto ai precedenti 170, anche se è prevedibile che sia destinata ad aumentare.
A parte l'aspetto del sovraffollamento, nulla è cambiato, invece, quanto alla condizione strutturale della casa circondariale di Trento, definita unanimemente in questi articoli di giornale - ma ho potuto constatarlo più volte de visu io stesso - come fatiscente, dopo la presentazione dell'interpellanza, mi sono anche rivolto direttamente sia al provveditore di Padova sia ai rappresentanti del Governo per attirare la loro attenzione su questa situazione. A seguito di tutto questo ho appreso - e ne devo dare atto - che è stato effettuato uno stanziamento di circa 150 mila euro, finalizzato a realizzare nuove docce nell'istituto. Per quanto ritengo di sapere al riguardo, essendomi informato, siamo ancora nella fase istruttoria e preparatoria, nulla ancora essendo stato realizzato sul piano operativo. Tutto questo, comunque, dipende dalle procedure che fanno capo al provveditorato di Padova.
Il carcere di Trento - come tutti sanno - è destinato alla chiusura, per essere sostituito da un nuovo istituto che sarà realizzato in località Spini di Gardolo, sempre nel comune di Trento ma in periferia. L'attuale carcere, invece, è localizzato in prossimità del centro storico ed è contiguo all'attuale palazzo di giustizia. I lavori per la realizzazione del nuovo carcere stanno per iniziare e dovrebbero concludersi tra circa cinque anni, cioè nel 2011. Bisogna tener conto anche del tempo necessario per l'allestimento e l'arredamento. Mi si dice, in base a prassi riguardanti altre nuove carceri, che possono trascorrere anche altri due o tre anni, se non si provvede fin d'ora a programmare tempestivamente questo aspetto, che è conditio sine qua non per rendere agibile il nuovo carcere - quando ci sarà - senza ulteriori ritardi. Intanto, per il 2008 è previsto - vorrei attirare l'attenzione del rappresentante del Governo su questo aspetto - l'inizio dei lavori per la realizzazione del nuovo polo giudiziario, chePag. 5dovrebbe essere completato nel 2012. Ricordo questo aspetto perché, nel frattempo, l'attuale carcere, che gli è contiguo, dovrebbe lasciare a favore del polo giudiziario tutta la parte esterna all'edificio principale, ubicata ovviamente all'interno delle mura del carcere, nella quale attualmente si trovano la caserma, il bar e la mensa degli agenti della polizia penitenziaria, il parcheggio, l'ufficio di ragioneria, l'ufficio di segreteria, il nucleo traduzione, gli archivi e il magazzino.
Che cosa accadrà, dunque, dell'attuale carcere di Trento, signor rappresentante del Governo, nei prossimi cinque o sette anni prima che sia completato e reso agibile, anche con l'arredamento, come detto, il nuovo carcere di Spini di Gardolo? Non è immaginabile che, per un periodo così lungo di tempo - numerosi anni - resti una situazione di tale degrado. La soluzione, almeno temporanea, del problema del sovraffollamento, che - come ripeto - riguarda tutte le carceri italiane ma anche quello di Trento, deve essere concepita come una precondizione per affrontare i problemi già esistenti e denunciati o rilevati nella mia interpellanza. In astratto, credo si possano porre tre alternative che sottopongo all'attenzione del Governo e dei colleghi. La prima ipotesi è quella della chiusura totale dell'attuale carcere di Trento, che pone, però, problemi non soltanto per i detenuti ma anche per gli agenti, per gli operatori e per la stessa magistratura, ovviamente laddove i detenuti fossero dislocati in carceri di altre città.
La seconda ipotesi - sempre in astratto - è di lasciare la situazione immutata, aspettando la costruzione del nuovo carcere, fra cinque, sei o sette anni. Credo che ciò sarebbe irresponsabile, considerata la condizione di degrado e l'imminenza del problema degli spazi da lasciare per i lavori del polo giudiziario.
La terza ipotesi che prospetto al Governo potrebbe consistere nel chiudere parte del carcere, riducendo il numero dei detenuti e prevedendo il trasferimento delle attività sopra elencate, che dovranno far posto alle esigenze del polo giudiziario. Tuttavia, il problema è come e dove trasferire tali attività, ovviamente sempre in relazione ad un carcere che per cinque, sei o sette anni continuerà ad operare, sebbene parzialmente, come io suggerisco.
Ho prospettato, dunque, tre ipotesi in astratto. Tuttavia, è evidente che le prime due - la chiusura totale ovvero lasciare tutto così com'è - sono francamente irrealistiche. Forse, l'ipotesi più realistica è la terza, ma la sua realizzazione deve essere programmata e attuata tenendo conto sia della situazione del carcere e di chi vi opera, oltre che ovviamente dei detenuti, sia dei lavori programmati concernenti il polo giudiziario.
Signor rappresentante del Governo, nei giorni scorsi (mi sembra giovedì 14 settembre), a Trento, si è tenuta una riunione per affrontare questi problemi alla quale hanno partecipato il provveditore di Padova, il dottor Bocchino, un tecnico del Ministero della giustizia (credo si tratti dell'ingegner Cavallo) ed alcuni tecnici della provincia autonoma di Trento, tra cui l'ingegner Alessandro Zanon, essendo la provincia autonoma di Trento, sulla base di un accordo con lo Stato, diretta protagonista per quanto riguarda sia la costruzione del nuovo carcere sia i lavori del polo giudiziario.
È evidente, tuttavia, che a fianco dei problemi tecnici - finora irrisolti - si pongono problemi decisionali e di responsabilità politica, in particolare del Ministero della giustizia, per quanto concerne le questioni che ho prima indicato. È necessario che tali questioni non vengano per così dire - lo dico fra virgolette - lasciate marcire, ma siano, invece, affrontate tempestivamente, con soluzioni adeguate, praticabili e corrispondenti alle esigenze di tutti i soggetti interessati: i detenuti, gli agenti, gli operatori penitenziari, la stessa magistratura, l'amministratore del carcere. Infatti, di fronte ad una situazione così grave di degrado della struttura esistente e alla prospettiva positiva ma lontana (si tratta di attendere cinque, sei o sette anni) dell'entrata in funzione di un nuovo carcere, vi è un arco temporale che richiede comunque un intervento direttoPag. 6da parte dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia.
Ringrazio il sottosegretario e i colleghi per la loro attenzione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere all'interpellanza Boato n. 2-00006 e all'interrogazione D'Elia n. 3-00006.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevoli parlamentari, onorevole Boato, la situazione denunziata con gli atti di sindacato ispettivo presentati corrisponde ad una realtà constatata dagli uffici, tant'è vero che il carcere di Trento, sin dal 2001, è stato destinato alla dismissione ed è stata prevista la costruzione di un altro istituto penitenziario i cui lavori risulterebbero appaltati nel 2006 ed i cui tempi di realizzazione sono quelli che l'interrogante ha esattamente individuato.
Un carcere definito dai nostri uffici non adeguato poiché il sistema elettrico, l'illuminazione, la qualità dei pavimenti, delle scale e degli impianti non sono a norma di legge, non può svolgere la propria funzione. Riteniamo che un arco temporale di dieci o dodici anni dal momento in cui viene constatata una realtà e la necessità di sostituire l'istituto attualmente esistente sia insopportabile.
Ovviamente, appena la situazione è stata denunciata, il Governo è intervenuto attraverso uno stanziamento straordinario di 150 mila euro per la ristrutturazione dei locali docce. Dopo tale stanziamento, per la realizzazione di tale intervento saranno necessari tempi burocratici per la presentazione di progetti, per l'individuazione della ditta e così via; pertanto, non tutto potrà essere realizzato celermente.
Nell'interrogazione sono denunciate anche altre situazioni interne al carcere: i costi di formazione per i detenuti; l'insufficienza della guardia medica; il fatto che il servizio di odontoiatria sia stato dismesso per un periodo, anche se pare che ora possa essere reintrodotto a seguito della disponibilità in tal senso da parte di un sanitario.
Indubbiamente, vi è una situazione di vetustà e di fatiscenza in ordine alla quale è difficile fornire risposte. La nostra risposta, con riferimento ai diversi punti enunciati nell'atto di sindacato ispettivo, è molto articolata - per tale motivo la lascerò agli atti - e cercherà di evidenziare le iniziative che si stanno adottando in ordine all'informazione, alla guardia medica e alla presenza degli infermieri che, in effetti, sono solo tre, dei quali solo uno è ministeriale e copre le 36 ore settimanali, mentre gli altri due - una suora e un laico - sono esterni alla struttura e sono presenti solo 13 ore settimanali.
Per quanto riguarda la guardia medica, il servizio viene assicurato ogni giorno per 15 ore e, nei giorni festivi, per 24 ore. Tuttavia, il sanitario incaricato garantisce la sua presenza solo per 18 ore settimanali, quindi solo tre giorni alla settimana esclusi i festivi.
Per quanto concerne il problema del riconoscimento del diritto del detenuto ad usufruire dei colloqui telefonici con i congiunti - con particolare riferimento ai detenuti stranieri -, si è potuto verificare che tale problema non sussiste in quanto, quando si tratta di autorizzare il cittadino straniero che si trova in carcere, occorre verificare il destinatario della telefonata. Quindi, qualora non vi fosse certezza sul destinatario individuato, bisogna attivare le autorità consolari per svolgere l'accertamento.
Inoltre, sono stati avviati e sono tuttora in essere progetti per garantire la formazione e l'istruzione secondaria attraverso convenzioni stipulate con istituti statali e privati. In particolare, è stato istituito un corso di istruzione secondaria per geometri, frequentato all'inizio soltanto da pochissimi detenuti, ma che ora conta 32 detenuti suddivisi nelle prime tre classi del corso di studi.
È stata anche stipulata una convenzione con l'università popolare trentina, che sta realizzando alcuni corsi di informatica avanzata. Così come si è dato inizio ad un laboratorio di assemblaggio con una cooperativa che sta garantendo la partecipazionePag. 7globale di 50 unità. Tali unità sono simbolicamente retribuite, nel senso che ai detenuti viene corrisposta per le attività prestate la cifra di due euro ad ora.
È stata avviata anche un'attività teatrale e c'è una biblioteca con 4 mila volumi: questi sono i dati strutturali. Però, tutto ciò è all'interno di una struttura fatiscente.
Prendo atto delle indicazioni fornite dall'onorevole Boato e delle tre ipotesi da lui prospettate. Anche io, come rappresentante del Governo, ritengo che le prime due ipotesi siano totalmente da scartare. Rimane la terza ipotesi, ossia quella di limitare la capienza carceraria a ciò che è possibile e concentrare gli sforzi sulla parte del carcere che ancora può essere recuperata, sia pure provvisoriamente, in modo da evitare di tenere in piedi una struttura che, così com'è, richiederebbe interventi impossibili da realizzare se non con la sua sostituzione.
Mi farò carico di prospettare agli uffici competenti la situazione denunziata ed anche le tre ipotesi proposte dall'onorevole Boato per cercare di dare, con tempestività, risposte ad un problema reale che non può sicuramente attendere alcuni anni per la sua soluzione.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00006.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo per il modo propositivo e positivo con cui ha interloquito non solo in merito ai problemi da me sollevati nel testo dell'interpellanza, che come ho detto risale alla fine del maggio scorso - e tra poco interverrà il collega D'Elia che ha presentato, nello stesso periodo, un'interrogazione sul medesimo argomento - ma anche sulle problematiche ulteriori che mi sono permesso di prospettare in quest'aula. Ovviamente, la mia insoddisfazione, se c'è, riguarda la realtà della struttura carceraria; non c'è infatti insoddisfazione riguardo al modo con cui il rappresentante del Governo si è confrontato con le questioni da me prospettate. Ripeto, da questo punto di vista lo ringrazio e lo prego, come del resto ha già preannunciato, di farsi carico dell'ulteriore prosecuzione del dialogo istituzionale.
Non solo da parte mia, infatti, ma anche da parte del Governo, poco fa, è stata dichiarata la vetustà e la fatiscenza della casa circondariale di Trento, che è stata anche dichiarata inadeguata e non più a norma in riferimento al decreto legislativo n. 626 del 1994. Lei ha citato anche una serie di aspetti specifici e tecnici riguardanti l'elettricità, l'illuminazione, la qualità dei pavimenti, delle scale e degli impianti. Io stesso avevo ricordato, e lei lo ha detto puntualmente riferendosi al gennaio 2001, che per i suddetti motivi tale istituto è stato inserito in un elenco di edifici da dismettere perché non più adeguato in base alla legge vigente ad esercitare le proprie funzioni: con ciò si dice già tutto quanto andava detto in termini generali. Le do atto, signor rappresentante del Governo, della sua dichiarazione assolutamente coerente e complementare con il testo della mia interpellanza e con l'illustrazione che mi sono permesso di fare poco fa.
La paradossalità della situazione emerge dal fatto che dopo un elenco così dettagliato e drammatico - non voglio enfatizzare i toni, ma è così per i detenuti, per gli agenti, per gli operatori e gli amministratori del carcere - si dice che sono stati stanziati 150 mila euro per realizzare le nuove docce. Si tratta di un fatto positivo, l'ho anche ricordato, ma lei capisce meglio di me - del resto, lei stesso l'ha detto - che il tipo di intervento, soprattutto la sua dimensione finanziaria, è sproporzionato rispetto alla quantità di problemi esistenti.
Lei ha elencato sommariamente una serie di attività che si svolgono all'interno del carcere. Credo che queste attività siano positive e meritorie. Anche in una struttura fatiscente, di degrado e di grande difficoltà, nell'amministrazione, tra gli operatori interni e tra le associazioni e lePag. 8istituzioni che dall'esterno si interessano del carcere (scolastiche, di volontariato, di solidarietà) c'è una serie di iniziative positive. Credo che lei abbia fatto bene a ricordarlo, seppure in modo sommario.
Mi associo al riconoscimento della positività di tali iniziative, ma - lo ripeto - il contenitore, ossia la struttura, si trova nella situazione che lei stesso ha ricordato. Ho sottolineato più volte - e debbo dire che anche lei poco fa lo ha detto - che, se si arriva a riconoscere che un carcere non è più adeguato - ciò è avvenuto nel 2001 - e vi è un arco temporale di 10-12 anni per trovare un'alternativa, questo è un tempo insopportabile. Mi pare che anche lei lo abbia detto e le do atto della lealtà di questo giudizio.
Pertanto, se posso permettermi di sollecitare ulteriormente l'attenzione del Governo in questa replica positiva di interlocuzione - la sede parlamentare e il sindacato ispettivo servono proprio a questo -, bisogna tempestivamente affrontare quel tipo di problemi, di cui forse gli uffici non l'hanno messa direttamente a conoscenza, ma che sono reali.
Questo carcere dovrà chiudere, ma rimarrà aperto ancora parecchi anni. Nel frattempo, verrà sottratta una parte consistente dell'ambito della sua operatività, perché saranno eseguiti i lavori per il polo giudiziario. Le lascio immaginare cosa succederà nel carcere mentre, a fianco, ci saranno lavori di quella dimensione, e, quindi, anche la situazione di disagio in cui tutti si troveranno nel periodo di tempo (due o tre anni) di compresenza delle due dimensioni: un carcere vecchio che deve chiudere, ma che non chiude, e un polo giudiziario che viene destrutturato e per il quale si fanno lavori continui. Bisogna trovare una soluzione e non lasciare marcire questa situazione.
Le tre ipotesi che avevo prospettato erano astratte e lei stesso - la ringrazio di questo - ha ritenuto di convenire con me che le prime due (chiusura totale oppure lasciare tutto com'è) sono ipotesi puramente di scuola e astratte. Bisogna intervenire con realismo, ma anche con tempestività, sull'unico aspetto che può essere praticabile, ossia quello di ridurre la capienza del carcere e intervenire affinché esso sia vivibile almeno in questo arco di tempo. Se posso permettermi nuovamente di sollecitare l'attenzione su questo aspetto, non si può aspettare che nel 2011 sia pronta la struttura edilizia del nuovo carcere per risolvere i problemi dell'arredamento, degli allestimenti, eccetera, ma anche questa dimensione va affrontata in anticipo, in modo che i tempi siano ridotti. La ringrazio dell'attenzione.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Elia ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00006.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, anche io ringrazio il sottosegretario Li Gotti per la serietà con cui ci ha prospettato la situazione, che corrisponde realmente ai contenuti della mia interrogazione e di quella dell'onorevole Boato. Da questo punto di vista sono soddisfatto proprio della serietà con cui lei non ha tentato di giustificare, ma ha rappresentato la realtà, che - concordo con il collega Boato -, quella sì, è assolutamente insoddisfacente.
C'è un punto, semmai, della mia interrogazione al quale non so se lei abbia risposto in maniera esatta oppure se anche su questo aspetto ha rimandato al testo, che lascio agli atti.
In realtà, chiedevo se fosse vero che i cittadini stranieri detenuti nel carcere di Trento non potessero effettuare da un mese telefonate non tanto per la verifica dei destinatari delle telefonate, quanto per la rottura del sistema di registrazione che era fuori uso da un mese. Non so se su questo lei vorrà dirmi qualcosa anche al di fuori dell'interrogazione. Mi chiedo cosa sarebbe successo se non ci fosse stato l'indulto (a Trento da 170 si è passati a 70 detenuti): come si sarebbe protratta quella situazione? Quei detenuti vivono una pena supplementare (che viene inflitta a persone già private della propria libertà), consistente nel fatto di dover vivere in strutture così degradate e di essere sottopostePag. 9ad uno stato di detenzione che offende la dignità umana. In questi mesi, dopo l'approvazione dell'indulto, ho potuto verificare in giro per alcune carceri che l'indulto ha riportato, non dico ad una situazione di legalità - lei anche per il carcere di Trento ci conferma che ci troviamo oggi al di fuori della legge, per quel che riguarda quella struttura, almeno dal 2001 - ma stiamo tornando ad una situazione di normalità, non soltanto per la condizione dei detenuti, ma anche per la condizione di chi in carcere in qualche modo è «semidetenuto», nel senso che vi lavora, che esce la sera per andare a casa e ci ritorna l'indomani, come gli agenti polizia penitenziaria o tutto il personale amministrativo.
La condizione di normalità che ci ha concesso l'indulto va utilizzata per cercare di fare ciò che non è stato fatto per molti anni. Mi riferisco soprattutto alle condizioni di detenzione, ma più in generale al fatto che oggi è possibile, anche con l'applicazione della sola legge esistente, la legge Gozzini, evitare che tra un anno o due ci si trovi nelle condizioni degradanti in cui versavano le carceri italiane da almeno quindici anni. Non è responsabilità di questo Governo né di quello precedente, ma di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni. Applicare la legge Gozzini consente di mantenere un equilibrio che può essere gestito. Molti sono gli attori che devono partecipare a questo processo tra interno ed esterno. Tanti ne entrano perché commettono reati, ma tanti ne escono perché sono ammessi alle misure alternative. Concludo dicendo, signor sottosegretario - non è il caso di Trento e l'ha ben illustrato il collega Boato -, che credo che vada rivisto il piano di edilizia penitenziaria. Ritengo che le carceri debbano rimanere nel tessuto urbano della città, nel centro storico, non considerandole quindi un corpo estraneo alla comunità, anzi, considerandole un problema di cui la comunità si deve far carico.
Le carceri costruite in periferia, in campagna, spesso corrispondono ad un abbandono del detenuto e di chi opera nel carcere e credo che il piano già stanziato, che prevede un miliardo di euro, potrebbe essere utilizzato per ristrutturare le carceri piuttosto che per costruirne di nuove, anche per evitare che si ripeta ciò che è accaduto a Parma...
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole D'Elia.
SERGIO D'ELIA. ...dove da sei anni c'è un nuovo carcere da buttare via perché vi piove dentro. Queste sono le carceri nuove: congelatori d'inverno e forni crematori d'estate! Ma su questo avremo occasione di discutere.