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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Gestione dei beni sequestrati dalle autorità giudiziarie - n. 2-00250)
PRESIDENTE. Il deputato Pellegrino ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bonelli n. 2-00250 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmitario.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ogni anno la magistratura pone sotto sequestro conti correnti, beni mobili ed immobili frutto di attività illecite, accumulando così ingenti risorse che diventano proprietà disponibili dello Stato.
Grazie a questi sequestri un sistema giudiziario efficiente potrebbe far entrare nelle casse dello Stato ingenti somme di denaro, presumibilmente tali da coprire in larga parte i costi di gestione del sistema giudiziario stesso e forse anche di generare un avanzo netto.
La gestione di questi patrimoni, che, in certi casi, come quella degli immobili, comporta una certa manutenzione, è in molti casi problematica. Assegni e bonifici posti sotto sequestro vengono depositati in banca, il contante in posta su un libretto giudiziario intestato al procedimento. In pratica, però, si determina, dal momento del sequestro all'incasso dello Stato, un lasso di tempo burocratico assai rischioso. Un esempio è costituito dai 621 milioni di lire sequestrati dalla magistratura italiana il 6 ottobre del 1993 da un conto svizzero e trasferiti sul conto corrente della Banca nazionale del lavoro del tribunale di Milano. Quei soldi, oggi equivalenti a 390 mila euro, si trovano ancora sul conto della banca.
Secondo Paolo Ielo, pubblico ministero nel processo di primo grado, ciò è dovuto a molteplici intoppi burocratici e, in particolare, al troppo tempo che passa tra il momento in cui si celebra un processo, il momento in cui si giunge ad una sentenza di condanna di primo grado e il momento in cui la sentenza di condanna diventa definitiva.
Secondo la testimonianza della puntata di Report del 5 novembre 2006, soltantoPag. 2pochi giorni prima della messa in onda della trasmissione gli organi competenti si sono attivati per acquisire una sentenza di confisca del 2000 di immobili per ingente valore. Dentro fascicoli depositati in archivio, sono stati rinvenuti tre libretti che contenevano complessivamente circa 23 mila euro, soldi che lo Stato avrebbe potuto incassare dieci anni fa e che, invece, per un errore di cancelleria, sono stati archiviati. Quei soldi ovviamente sono rimasti nella disponibilità di Poste italiane a lungo, fino a quando qualcuno se n'è accorto ed ha provveduto a riscuotere.
La puntata della trasmissione Report citata documenta, altresì, il caso tipo di una mazzetta di 10 mila euro. Il magistrato ha disposto che il denaro venga depositato sul libretto di deposito giudiziario infruttifero presso le Poste. La tangente viene depositata nell'ufficio postale che si trova all'interno del palazzo di giustizia di Milano. In caso di condanna definitiva, i soldi congelati diventano dello Stato, che avrebbe tutto l'interesse ad intascare denaro il più presto possibile piuttosto che lasciarli alle Poste; invece, nel caso documentato, anche se solo pochi metri separano l'ufficio postale dall'ufficio depositi giudiziari, questa somma resta a lungo alle Poste.
Vincenzo De Peppo, capo ufficio depositi giudiziari di Milano, nel corso della trasmissione, attribuisce questi ritardi ai grandi arretrati: i depositi giudiziari più vecchi potrebbero risalire a più di dieci anni fa. Si tratta, secondo il De Peppo, di milioni di euro, tanti milioni: se dovessimo sommare tutti i tribunali - concordano il De Peppo e la conduttrice Sabrina Giannini - si arriverebbe a una manovrina finanziaria, perché sicuramente nei grandi tribunali la giacenza di arretrato è analoga a quella di Milano.
I libretti giudiziari sul territorio nazionale sono circa 680 mila e hanno una giacenza media di circa 2.500 euro per libretto giudiziario; quindi, il totale dei libretti sul territorio è di un miliardo e 700 milioni di euro.
Gli uffici depositi giudiziari non sono collegati in rete con le Poste, il che rende lente, costose e macchinose molteplici operazioni, inerenti, ad esempio, al computo degli interessi maturati, necessarie a chiudere le pratiche di riscossione depositi.
Gli uffici depositi giudiziari hanno scarsissime dotazioni di personale. Quello di Milano, ad esempio, attualmente ha tre impiegati; fino a poco tempo fa c'era solo l'attuale capo ufficio, poi affiancato ad un altro operatore in part time, senza la possibilità finanziaria di ricorrere significativamente a straordinari.
Un ufficio analogo a quello dei depositi giudiziari in un'azienda privata sarebbe il motore economico e, quindi, sarebbe gestito con efficienza. In questo caso, invece, l'amministrazione pubblica sembra disinteressata ad incassare denaro già pronto per essere riscosso. Ovviamente, la Cassa depositi e prestiti, per il 30 per cento in mano alle banche private, quei soldi li usa per le proprie operazioni. Paga solamente l'1 per cento di interessi al Ministero dell'economia e delle finanze che quando ha bisogno di soldi, ovviamente, li chiede alla Cassa depositi e prestiti a tassi decisamente più elevati.
Come è noto, la giustizia italiana è stata sacrificata dal punto di vista delle spese e della gestione proprio per mancanza di fondi, consulenti, traduttori, gente che vive con queste attività. I viceprocuratori onorari hanno spesso faticato a ricevere le dovute retribuzioni. Mancano pure i soldi per le fotocopiatrici, per i toner, per l'acquisto di codici, per la carta, per le spese di benzina e manutenzione e per altro. Non avendo disponibilità monetarie il Ministero della giustizia ha contratto numerosi debiti, circa 200 milioni di euro.
Non essendo le procure collegate ad una banca dati centrale, l'ammontare del denaro congelato e depositato sui conti della Banca nazionale del lavoro o delle Poste non è noto. Verosimilmente, si tratta di diversi milioni, forse miliardi di euro.
Da tempo, dalla magistratura giunge la richiesta di rivedere la normativa in materia e si propone di istituire un'agenzia o un fondo unico che gestisca queste ricchezze.Pag. 3
Anche le automobili sotto sequestro in Italia sono milioni: si tratta di auto che restano spesso nei depositi con ingenti costi per la collettività.
Recente è la tragedia che ha visto come protagonista il signor Rocco Agostino, titolare e custode di questo deposito giudiziario: vantava crediti inevasi per 200 mila euro con le autorità giudiziarie. Lunedì 23 ottobre 2006 si è tolto la vita con un colpo di pistola alla tempia di fronte al palazzo di giustizia di Torino.
Chiediamo al Governo se non si reputi necessario rivedere l'assetto normativo relativo alla gestione dei beni mobili ed immobili, registrati e non, sequestrati dalle autorità giudiziarie, per permettere un migliore funzionamento della burocrazia giudiziaria e, più in generale, per recuperare risorse che appartengono allo Stato.
Chiediamo, altresì, quali provvedimenti si intendano assumere a questo scopo; se nella futura gestione di questo patrimonio non si ritenga di dover prioritariamente onorare i debiti maturati dal Ministero della giustizia e quali provvedimenti si intendano assumere nell'immediato a tal fine.
Chiediamo, infine, se non si reputi improrogabile una quantificazione puntuale degli importi dei depositi giudiziari e se non si stimi utile selezionare i depositi giacenti di importo più alto stabilendo, così, una priorità del lavoro a venire; se non si reputi necessario rinforzare gli uffici depositi giudiziari e creare una banca dati centralizzata delle stesse collegata alle Poste italiane.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, i problemi afferenti le somme depositate in libretti sono stati ereditati dal Ministero in assenza di qualsiasi riscontro sulla stessa entità delle somme depositate ed in assenza totale di interfaccia con le Poste o con le banche che consentisse di verificare la situazione dei depositi. Nel luglio del corrente anno, quando il Governo è riuscito a fare una revisione totale della posizione economica, i debiti riscontrati ammontavano a 256 milioni di euro e le disponibilità di cassa a circa euro 400 (non 400 mila, ma 400!).
Questa situazione, peraltro, si somma alla grave situazione determinata dalla carenza di personale: il personale è carente nella misura del 12 per cento, con alcune punte che arrivano sino al 30 per cento.
È stato disposto dal Ministero un accertamento a campione sulla situazione dei depositi giudiziari, per giungere ad una verifica complessiva dell'entità degli stessi giacimenti presso le poste e le banche e ad una stima, quindi, delle risorse necessarie per gestire l'introito. È allo studio attualmente presso il Ministero un intervento normativo volto a migliorare la gestione e la destinazione dei beni confiscati e sequestrati nel corso dei procedimenti penali. In seno alla commissione, istituita al Ministero, per il riordino della normativa sulla legislazione antimafia per pervenire al Testo unico della legislazione, si sta affrontando anche il tema della gestione dei beni confiscati e della possibile individuazione di un'agenzia nazionale per la gestione effettiva di tali beni. È inoltre in fase di elaborazione un programma informatico, che sostituisce il libretto di deposito giudiziario, modello 1, consentendo un monitoraggio costante delle somme sequestrate.
Per quanto riguarda, poi, la custodia dei veicoli sequestrati, problema che aggrava notevolmente i bilanci, è da evidenziarsi che il Ministero si fece promotore delle disposizioni inserite nella legge finanziaria del 2005, al fine di evitare un indebito prolungamento della custodia giudiziaria, prevedendo un sistema di pagamento forfettario per la liquidazione dei compensi, anche derogando alle tariffe. Con decreto ministeriale del 26 settembre 2005 sono state disciplinate le modalità per l'alienazione, anche finalizzata alla rottamazione dei veicoli in giacenza nei depositi giudiziari da moltissimi anni. Con una circolare del 15 marzo 2006 il dipartimentoPag. 4per gli affari di giustizia ha fornito chiarimenti per dare un'applicazione uniforme della normativa in tutti gli uffici giudiziari, con riferimento alla gestione dei veicoli giacenti nei depositi. Pare che questa circolare abbia raggiunto alcuni risultati e che alcuni problemi siano stati risolti.
Il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, noto come decreto Bersani, ha previsto un nuovo sistema di pagamento delle spese di giustizia, secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato, vietando quindi il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, salvo alcune eccezioni. Tale nuova normativa ha comportato delle iniziali difficoltà. A tal fine, sono state emesse dal Ministero diverse circolari illustrative e dispositive, in data 12 luglio, 28 luglio, 19 settembre, 5 ottobre, 30 ottobre 2006.
Il Ministero ha sollecitato tutti gli uffici giudiziari a far fronte con il massimo sforzo all'immediata corresponsione di tutte le spese di giustizia, con le prescritte modalità, ed ha invitato i funzionari delegati a richiedere le integrazioni di fondo necessarie. In tale contesto, il Ministero è riuscito a recuperare una dotazione straordinaria per coprire le spese fino a fine anno, di circa 5 milioni di euro. Queste ultime integrazioni dei fondi sono state già disposte a favore delle corti d'appello che ne abbiano fatto richiesta. Il Ministero dell'economia, per parte sua, ha comunicato che all'Agenzia del demanio, titolare della gestione dei beni confiscati, sarebbero (anzi, sono) state esaurite le destinazioni, nella misura del 75 per cento dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, attraverso l'acquisizione al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile, oppure con trasferimento ai comuni nel cui territorio insistono per finalità istituzionali e sociali.
Il comune può poi assegnarli a comunità, enti od organizzazioni di volontariato.
Per quanto riguarda le aziende confiscate, i criteri adottati sono nel senso che, se sussistono fondate prospettive di continuazione e di ripresa dell'attività produttiva, vengono mantenute al patrimonio dello Stato, per essere poi affidate, a titolo oneroso, ad imprese pubbliche o private o, gratuitamente, a cooperative di dipendenti dell'impresa stessa.
Per quanto riguarda il settore dei beni mobili registrati, tutta la materia è stata disciplinata dal decreto-legge n. 269 del 2003, che, in effetti, ha semplificato la gestione dei veicoli, riducendo i costi, specie quelli di custodia, e prevedendo nel procedimento la figura del custode-acquirente, da individuare per ogni provincia con procedura di evidenza pubblica, e le cui attività verranno avviate una volta definite le propedeutiche attività di aggiudicazione.
Il numero dei veicoli da gestire, per quanto comunica l'Agenzia del demanio, è enorme e vi sono delle procedure eccezionali previste dalla legge n. 326 del 2003 per la rottamazione straordinaria e per la rottamazione di più remota giacenza, attraverso anche il lavoro di commissioni miste provinciali, costituite dall'Agenzia del demanio e dalla prefettura, impostando una procedura transitoria attraverso la stipula di convenzioni-tipo tra l'Agenzia e l'operatore a livello provinciale.
Questa è la radiografia, è la fotografia della situazione. L'interpellanza chiedeva, ovviamente, come intendeva muoversi il Ministero, e le indicazioni che ho fornito, sia pure genericamente, sono nel senso che tutta la materia va rivista, considerando che, al di là dei depositi giudiziari denunziati e non riscossi, esiste anche il problema del recupero delle spese di giustizia.
Abbiamo potuto verificare, infatti, che, nel 2005, su 700 milioni di euro di spese di giustizia, lo Stato è riuscito a recuperarne solo 70 milioni, ossia il 10 per cento. Il giorno in cui riusciremo ad affrontare e a risolvere questo problema, potremmo avere risolto molti dei nostri problemi relativi all'organizzazione giudiziaria.
PRESIDENTE. Il deputato Pellegrino ha facoltà di replicare.
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TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, sicuramente sono soddisfatto della risposta, perché c'è una presa di conoscenza di questo problema.
Mi fa piacere proprio partire dall'ultima affermazione, ossia che, effettivamente, in relazione al recupero delle spese giudiziarie, visto che oggi siamo solo al 10 per cento, intervenendo in modo efficace sulla problematica dei beni confiscati, potremmo risolvere gran parte dei nostri problemi legati anche alla macchina organizzativa della giustizia.
Il dato più importante è che sia previsto dal Ministero non solo un intervento specifico, relativo al riordino del testo unico sulla mafia (che anche in Commissione bicamerale antimafia vogliamo affrontare e portare avanti) ma anche che, nell'ambito di questa discussione, la Commissione si possa occupare, in modo specifico, della problematica relativa ai beni confiscati.
Mi fa piacere aver appreso anche che sia previsto un intervento per quanto concerne il sistema informatico, che ritengo indispensabile, se vogliamo realmente augurarci una riorganizzazione di tutta la procedura legata ai beni confiscati. Lo stesso vale per la custodia dei veicoli, che costituisce un altro problema che ho posto nell'interpellanza.
Il dato di partenza è sicuramente quello della completa inadeguatezza della situazione normativa esistente. Quindi, è evidente e ovvio che dobbiamo intervenire proprio dal punto di vista legislativo per definire una normativa che consenta uno snellimento delle procedure burocratiche.
Il vero grande problema dei beni confiscati, come sappiamo, è legato soprattutto alla tempistica e ad un meccanismo burocratico enorme, che non ci consente di valutare concretamente lo stato patrimoniale dei beni confiscati.
Lei faceva riferimento anche al discorso delle aziende.
Mi preoccupa il fatto che soltanto il 34 per cento delle aziende confiscate abbia concluso l'iter di assegnazione: ciò significa che quasi il 70 per cento delle stesse non sono affatto riutilizzate. Quanto si è verificato a Napoli, proprio in questi giorni, ove è stato riscontrato che le case confiscate dalla giustizia restano ancora in mano ai camorristi, è allarmante e rende consapevoli dell'urgenza di dover intervenire. Non è possibile, infatti, che stati patrimoniali, che sono stati confiscati alla camorra, continuino ad essere utilizzati dalla stessa.
Devo rilevare che, ormai, in quasi tutti i comuni, è un'avventura ricostruire lo stato aggiornato del bene, e quindi concordo con quanto ha osservato il sottosegretario in relazione all'esigenza di rivedere il sistema informatico, creando anche un sistema di collegamento con le poste, valutando anche l'opportunità, nell'ambito della discussione normativa, di istituire un'agenzia ad hoc, che si possa occupare, in modo specifico, della gestione dei beni confiscati. È evidente, infatti, che il demanio non riesce ad assolvere questo ruolo, intervenendo concretamente nella redistribuzione, anche ai fini sociali, del bene stesso.
Mi ritengo soddisfatto per quanto il sottosegretario ha espresso in relazione alle risorse finanziarie da destinare al recupero funzionale dei beni confiscati. Molto spesso e per vari anni, i beni confiscati sono in uno stato di completo abbandono, addirittura alcuni sono completamente distrutti e, a stento, se ne conosce l'esistenza; tutto questo, chiaramente, incide nel loro riutilizzo ai fini sociali.
Un altro dato preoccupante - che non attribuisco alle Forze di polizia, che anzi dobbiamo ringraziare per il lavoro che compiono con dedizione - è che la situazione di immobilità dei beni confiscati, paradossalmente, crea una diminuzione degli stessi. Si passa dalle mille confische effettuate nel 2000-2001 alle 161 registrate nell'ottobre del 2005. La riduzione progressiva negli anni è davvero significativa e, a mio avviso, in parte, ritengo che sia dovuta alle difficoltà burocratiche.
Nell'intervenire sulla normativa esistente, sono convinto che si va a dare un supporto ulteriore alle nostre Forze di polizia al fine di procedere, con maggiorePag. 6rigore, alla confisca dei beni, oggi in mano alla criminalità. Mi auguro naturalmente che i tanti beni confiscati possano effettivamente essere utilizzati da un punto di vista sociale. Oggi, il tessuto sociale, soprattutto in determinati territori, presenta grandi difficoltà e risulta indispensabile investire di più in questo settore. Come giustamente ha detto il sottosegretario, riutilizzando le quantità ingenti dei beni confiscati, in termini anche di valutazione prettamente economica, riusciamo sicuramente a fornire al nostro paese un lavoro efficiente, proprio da un punto di vista della situazione sociale che esso presenta nel territorio.