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Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,46).
(Questioni relative ai pregressi rapporti tra la Siemens A. G. e le società italiane IRI, STET Spa e Italtel Spa - n. 2-00281)
PRESIDENTE. L'onorevole Biancofiore ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00281 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, premetto che, recentemente, il Presidente del Consiglio in carica, nel corso della seduta della Camera del 28 settembre scorso, chiamato a riferire, suo malgrado, sulla gravissima intromissione (peraltro mai chiarita, e che, in altri paesi, si sarebbe pagata con le immediate dimissioni del Governo) di una Presidenza del Consiglio che, dapprima, rivelò al mercato gli affari riservati di una società quale Telecom Italia, quotata in borsa e da lui stesso avviata verso la privatizzazione e, in seguito, spintasi ad entrare direttamente, con un piano artigianale redatto, pare, dal consigliere economico - si sospetta con consulenti di una nota banca d'affari per la quale lavorava lo stesso Prodi - nel piatto degli affari privati e quotati di detta società, ha avuto l'ardire di vantarsi di essere stato (cito un virgolettato) «l'artefice, da presidente dell'IRI, negli anni Novanta, dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa». Tra questi, oltre a Cirio e Telecom, i cui esiti sono noti a tutti, si trova - ed auspico che il Presidente del Consiglio in persona ce lo voglia confermare o meno - anche il fiore all'occhiello del settore manifatturiero della telefonia dell'epoca - e ci risiamo! -, ovvero Italtel, oggetto della mia interpellanza.
Società, quest'ultima, che sarebbe stata in grado di competere e sbaragliare colossi come l'americana T&T o la svedese Ericsson nell'innovazione tecnologica per la telefonia e le telecomunicazioni e che solo dalla STET, riconducibile appunto al gruppo IRI, oggi guarda caso Telecom Italia, riceveva commesse pari a circa mille miliardi di lire l'anno. Un'azienda che dava lavoro a 15 mila lavoratori superspecializzati, sparsi nel mondo a realizzare installazioni di reti portanti, sistemi di commutazione e centraline digitali universali per la gestione e la messa in opera di servizi avanzati di telecomunicazione e che oggi è, viceversa, storia di ordinario declino italiano con un insediamento fantasma a Carini, in provincia di Palermo, e a Castelletto (Settimo Milanese) e con una forza dipendenti pari ormai a scarse, scarsissime duemila anime.
Da questa ennesima privatizzazione fallita, riteniamo si evinca peraltro la conferma che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia una dipendenza da gioco con telefoni, telefonini e cavi telefonici. Non stupisce nemmeno che anche in questo caso, che consistette nella svendita, che poi argomenteremo, del 50 per cento di Italtel alla tedesca Siemens AG, la banca d'affari incaricata della vicenda fu la stessa che ritroviamo nel caso Tronchetti Provera versus Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero la stessa della quale l'attuale Presidente è stato consulente per anni. Quel che differisce, però, è che nella vicenda Italtel venne totalmente meno quella invocazione alla salvaguardia della italianità auspicata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel caso Telecom e criticata, viceversa, in passato, all'epoca delle tentate scalate bancarie.
Il caso Siemens-Italtel-STET, e di conseguenza IRI, a nostro parere, necessita però molto di più di un dettagliato chiarimento che spero il Governo voglia fornire a questa Assemblea ai fini della salvaguardia stessa della democrazia, in quanto direttamente collegato ad un'inchiestaPag. 22internazionale per corruzione per la quale ai primi di dicembre vi sono stati in Germania otto arresti eccellenti di persone indagate dei reati di associazione per delinquere ed appropriazione indebita in relazione alla costituzione, da parte della detta società, di fondi neri extracontabili finalizzati alla commissione, appunto, dei reati di corruzione sulla base della scoperta, da parte della procura della Repubblica di Bolzano, di un conto presso la Raiffeisen-Landesbank di Innsbruck, rifornito da Keil von Jagemann, alto funzionario della Siemens, sul quale tra il 1995 e il 1999 sarebbero transitati 340 e 150 milioni di marchi, pari a circa 80 milioni di euro (parliamo di cifre che superano la maxitangente Enimont).
Ciò che inquieta, in particolare, è che da questi fondi neri di Innsbruck, come riportato dagli organi di stampa - cito Panorama del 2 novembre del 2006 - vennero versati 10 milioni di marchi alla Goldman Sachs, cioè alla stessa banca alla quale la Siemens e l'IRI affidarono il lavoro ufficiale per la cessione di Italtel. Non si capisce, dunque, perché, se non per intuizione, senza un normale pagamento dietro fattura. C'è da chiedersi, appunto, come mai. Si tratta di un'ulteriore domanda che rivolgo al Governo in carica e che ritengo debba trovare una spiegazione negli allora vertici delle aziende pubbliche coinvolte.
La stampa in questa mia interpellanza ha un ruolo fondamentale, sebbene quella italiana, a differenza di quella estera, curiosamente abbia dato fino ad oggi parziale rilievo ad un'inchiesta che sta occupando le prime pagine dei più importanti quotidiani tedeschi, ad esempio, la Sueddeutsche Zeitung, e che vede impiegate un numero impressionante di procure e di pubblici ministeri. Sempre dalla stampa, e cito Muro contro muro, che è un quotidiano on line di Lorenzo Sani per il Giorno, La Nazione e Il Resto del Carlino, si apprende che, come risulta dalla documentazione dell'istituto bancario austriaco acquisito dalla procura di Bolzano, da quel conto austriaco tra il 1995 e il 1999 parte dei circa 80 milioni di euro fu trasferita a Londra, per poi finire in Nigeria nelle tasche di alcuni ministri e generali di allora. Non è però del tutto chiaro se questi personaggi fossero dei veri destinatari dei fondi oppure se fungessero soltanto da prestanome per poi far tornare i soldi in Italia.
La procura della Repubblica di Bolzano sospetta, inoltre, che i fondi neri individuati presso l'istituto di credito di Innsbruck siano stati utilizzati dalla Siemens, tra l'altro anche per corrompere funzionari italiani delle società a capitale pubblico (IRI-STET-Italtel) che tra il 1994 ed il 1999 hanno realizzato, con più operazioni societarie, un gruppo europeo di telecomunicazioni con la Siemens AG di Monaco di Baviera, e che un alto funzionario del Ministero delle telecomunicazioni abbia svolto in tale contesto un'attività di mediazione di natura corruttiva tra la Siemens AG e le dette società italiane a capitale pubblico.
Tale ipotesi della procura della Repubblica di Bolzano ha già trovato un riscontro significativo, in quanto è stato accertato che tale ex funzionario ha in effetti conseguito, nella primavera del 1995, dalla Siemens per la sua attività di «mediazione» - ed è il caso di metterlo tra virgolette! -, attraverso i detti fondi neri di Innsbruck, un importo di denaro pari a ben 10 milioni di marchi (equivalente, cioè, a circa 10 miliardi di vecchie lire).
Peraltro, il soggetto che si è «interposto» tra la Siemens e lo stesso ex alto funzionario nel passaggio del detto importo di denaro è un personaggio descritto nelle cronache, che risulta aver definito la propria posizione patteggiando, per il reato di riciclaggio, una pena di anni uno e mesi dieci di reclusione, come da sentenza, già definitiva, del GUP presso il tribunale di Bolzano dell'ottobre del 2004, per avere, come si legge testualmente in sentenza, «in particolare, in relazione ad una somma di denaro di 10 milioni di marchi tedeschi conseguita dal coindagato ex funzionario della Telefonia di Stato quale prezzo per lo svolgimento di una attività di mediazione di natura corruttiva svolta per conto della società tedesca Siemens AGPag. 23nei confronti degli organi gestionali della società italiana a capitale pubblico STET Spa, riconducibile al gruppo IRI per la realizzazione di un gruppo europeo di telecomunicazioni, compiuto operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa della somma di denaro».
Ne converrete che appare ragionevole, pertanto, ritenere che, se colui che ha svolto il ruolo di «mediatore» in una vicenda corruttiva, ha conseguito l'importo di denaro di 10 miliardi di vecchie lire, coloro che avevano poteri gestionali all'interno delle ricordate società a capitale pubblico, e che hanno deciso le operazioni societarie con la Siemens, abbiano potuto conseguire profitti per importi decisamente superiori.
Vi è da aggiungere, con premessa di ovvietà, che un'operazione societaria di tale importanza (per l'acquisto del 50 per cento di Italtel, infatti, la Siemens risulta aver pagato in contanti ben mille miliardi di lire), avvenuta nella primavera del 1994, e precisamente il 12 maggio di quell'anno, non può non avere avuto il «beneplacito» dell'ente controllante IRI.
Risulta quanto meno curioso, inoltre, che nelle dette operazioni societarie sembri aver avuto un ruolo anche la banca d'affari Goldman Sachs, che all'epoca dei fatti era certa intrattenere rapporti di consulenza con la società ASE. Lascerò al Governo, ovviamente, il compito di indicare quali siano gli amministratori delegati di tale società.
Alla luce delle premesse, immagino che lo stesso Governo sia interessato ad aprire uno squarcio di luce su questa vicenda, la quale ancora una volta vede, tragicamente, non solo la svendita di parte del patrimonio italiano - che, per stessa ammissione della Siemens, sarebbe stato pagato decisamente di più dagli altri concorrenti -, ma anche una privatizzazione fallita, una perdita di credibilità internazionale ed un'ombra di discredito su altissimi manager italiani dell'epoca che riteniamo importante, se possibile, fugare.
Pertanto, i sottoscritti hanno ritenuto di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri ed il ministro della giustizia per sapere, in primo luogo, chi fossero, all'epoca dei fatti, il presidente dell'IRI controllante, il presidente della STET ed il presidente di Italtel.
Si chiede di conoscere, in secondo luogo, quali operazioni societarie furono decise e poste in essere, tra il 1994 ed il 1999, tra la Siemens AG di Monaco di Baviera e le società italiane a capitale pubblico IRI, STET Spa e Italtel Spa, nell'ambito del piano di realizzazione di un «gruppo europeo di telecomunicazioni».
Vorremmo sapere, in terzo luogo, quale ruolo abbia svolto nella decisione ed esecuzione delle dette operazioni societarie l'allora presidente dell'IRI e successivamente Presidente del Consiglio pro tempore.
Chiediamo, in quarto luogo, se l'allora presidente dell'IRI conosca o abbia mai avuto rapporti con il suddetto ex alto funzionario della telefonia di Stato.
Vogliamo sapere, in quinto luogo, chi fossero, all'epoca dei fatti, e precisamente in data 12 maggio 1994, il presidente della banca Goldman Sachs e il legale rappresentante della società ASE, che della prima era consulente.
Domandiamo, inoltre, quale ruolo abbia rivestito, nella decisione ed esecuzione delle dette operazioni societarie, la banca d'affari Goldman Sachs.
Chiediamo, ancora, quali consulenze abbia fatturato alla citata Goldman Sachs, nel detto arco di tempo 1994-1999, la società ASE.
Vorremmo sapere, infine, se risponda al vero quanto riportato da alcuni quotidiani (cito di nuovo Panorama, il Sole 24 Ore e Libero), vale a dire che in un rapporto riservato della Siemens, come emergerebbe dalle indagini, si manifestava soddisfazione nell'aver concluso l'affare con gli italiani (maggio 1994), sottolineando la preoccupazione in merito all'elezione alla Presidenza del Consiglio dei ministri di Silvio Berlusconi, il quale, insieme a Mediobanca, avrebbe potutoPag. 24rimuovere l'allora presidente dell'IRI. In tal caso, si leggerebbe nel rapporto, come appunto riportato dalla stampa, «gli altri concorrenti avrebbero potuto migliorare l'offerta» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ricardo Franco Levi, ha facoltà di rispondere.
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Rispondo all'interpellanza urgente degli onorevoli Biancofiore, Bondi ed Elio Vito, augurandomi in premessa che essi possano apprezzare il fatto che si risponde immediatamente all'interpellanza da essi presentata nonostante la complessità dell'atto ed il tempo estremamente breve per l'istruttoria, essendo arrivata l'interpellanza stessa nella tarda serata del 12 dicembre ed avendo questo consentito solo poche ore di lavoro per la raccolta della documentazione e la relativa rielaborazione. Ci riserviamo pertanto, nella prossima seduta dedicata alle interpellanze urgenti, di completare l'informazione che potrò dare in questa sede, integrando tutti gli altri elementi.
Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bolzano ha fornito le seguenti informazioni. In primo luogo, ha comunicato che presso il suo ufficio è stato iscritto al n. 2080/04 del registro generale delle notizie di reato un procedimento penale a carico di Parrella Giuseppe ed altre otto persone per i reati di cui agli articoli 317, 319, 648-bis e 648-ter del codice penale.
Le indagini hanno ad oggetto, in particolare, il conseguimento, nel maggio del 1995, da parte del suddetto Parrella Giuseppe, ex direttore generale dell'azienda di Stato per i servizi telefonici, residente a Bolzano, già coinvolto e condannato nel passato in processi cosiddetti di «mani pulite», di una somma di denaro pari a circa 10 milioni di marchi tedeschi (equivalenti a 10 miliardi di lire dell'epoca).
Le complesse ed articolate indagini hanno permesso di appurare che detta somma di denaro è stata corrisposta a Parrella Giuseppe dalla Siemens AG di Monaco di Baviera, utilizzando fondi extracontabili costituiti su due conti aperti presso un altro istituto di credito, la Raiffeisen-Landesbank di Innsbruck, sui quali, tra il 1994 e il 1999, sono risultati transitare fondi per circa 150 milioni di marchi.
L'importo di 10 milioni di marchi corrisposto al Parrella è stato fatto transitare da Innsbruck, attraverso Guernsay, a Londra, e successivamente in Italia, venendo impiegato - ovvero, riciclato - in diverse attività finanziarie riconducibili al Parrella per mezzo di persone di sua fiducia.
In separati procedimenti penali, trattati sempre dalla procura di Bolzano, sono state, ad oggi, condannate complessivamente cinque persone che hanno aiutato il Parrella a far transitare o a reinvestire il denaro illecito, reati di cui agli articoli 648-bis e ter del codice penale.
Nel contesto di questi procedimenti a carico delle persone di fiducia del Parrella, la procura di Bolzano ha recuperato alle casse dell'erario un importo complessivo pari a circa 3,5 milioni di euro. In particolare, tale Gaetano Filippozzi, che ha agito quale prestanome, figurando quale titolare delle società e dei conti sui quali, come detto, prima a Guernsay e poi a Londra, sono transitati 110 milioni di marchi destinati a Parrella, ha definito la propria posizione - come peraltro ricordava l'interpellanza - con sentenza di patteggiamento ad anni uno e mesi dieci di reclusione, corrispondendo all'erario la somma di 100 mila euro a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell'articolo 62, punto 6, del codice penale, ammettendo di aver riciclato denari provenienti da «un'attività di mediazione di natura corruttiva» svolta da Giuseppe Parrella tra la Siemens AG e la STET per la realizzazione di un gruppo europeo di telecomunicazioni.
La procura di Bolzano ha poi comunicato che «le indagini sino ad oggiPag. 25compiute fanno ipotizzare che Parrella Giuseppe abbia conseguito il detto importo di denaro per avere agevolato la Siemens AG nell'acquisto di una quota della società Italtel, all'epoca controllata dalla STET, e mirano pertanto ad accertare se coloro che all'epoca dei fatti avevano poteri decisionali rispetto al perfezionamento del detto accordo abbiano a loro volta conseguito illecite azioni di denaro dalla Siemens AG e se rispetto a tali denari, siano stati commessi fatti di riciclaggio».
Il suindicato ufficio requirente ha, infine, fatto presente che, allo stato, non vi è prova alcuna che i dirigenti dell'epoca delle telecomunicazioni italiane abbiano percepito, in relazione al predetto affare, somme illecite di denaro. Le indagini, tuttavia, sono ancora in corso.
In merito alle ulteriori richieste formulate dagli onorevoli Biancofiore, Bondi e Elio Vito e ribadendo l'impegno ad integrare le informazioni in occasione della prossima seduta dedicata allo svolgimento di interpellanze urgenti, faccio presente che l'operazione in oggetto è stata perfezionata nella primavera del 1994 e che, comunque, la decisione in merito rientra e rientrava nell'esclusiva sfera di valutazione e di decisione - dati i rapporti esistenti all'interno del gruppo IRI - della società interessata (Italtel) e della sua controllante STET Spa, società quotata in borsa. La capogruppo IRI Spa è stata oggetto esclusivamente di una informativa.
Mi riservo comunque di completare le informazioni nella prossima occasione.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla collega Biancofiore, vorrei precisare che è possibile integrare la risposta in una prossima seduta soltanto se i colleghi presentano una nuova interpellanza, non identica a quella in esame, vertente sullo stesso argomento.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, prima di lasciare la parola alla collega Biancofiore per la replica, vorrei evidenziare che in questo caso siamo di fronte ad una fattispecie del tutto diversa, in quanto è lo stesso Governo che chiede di avere più tempo per completare la sua risposta, preannunciando che ciò potrà avvenire già nella prossima seduta. Noi siamo assolutamente d'accordo e forniamo dunque la nostra disponibilità in merito.
PRESIDENTE. Ovviamente, il problema è soltanto formale. Siamo tutti d'accordo nel consentire al Governo di integrare la sua risposta; tuttavia non vi sono precedenti di una risposta alla stessa interpellanza fornita in una diversa seduta. Quindi, ciò sarà possibile se i colleghi presenteranno per la prossima seduta uno strumento di sindacato ispettivo sullo stesso argomento. In ogni caso, vi sarà poi il modo di chiarire questo aspetto tecnico.
La deputata Biancofiore ha facoltà di replicare.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, evidentemente non mi posso ritenere soddisfatta, anche perché - come dichiarato dal sottosegretario Levi - il Governo non ha avuto modo di approfondire la questione in oggetto, che è assai delicata. Ricordo, comunque, al sottosegretario che abbiamo seguito il regolamento della Camera ed il Governo si sarebbe conseguentemente dovuto adeguare.
Ciò che più rileva e che mi lascia totalmente insoddisfatta, a parte il casus di proporre un'altra interpellanza urgente e dare il tempo al Governo di approfondire la situazione ampiamente delicata, è il fatto che il sottosegretario Levi abbia spostato l'asse del discorso sulla decisione della procura della Repubblica di Bolzano, che io stessa ho citato. Egli ha ripercorso quanto da me espresso, senza minimamente rispondere ad alcuna delle domande da me poste, anche la più semplice tra queste, ovvero chi fossePag. 26all'epoca dei fatti, nel 1994, il presidente dell'IRI.
A differenza di quanto detto dal sottosegretario, l'IRI era, comunque, l'ente controllante, anche se oggetto di un'informativa (fatto di cui mi permetto di dubitare), e doveva dare il beneplacito ad una così ampia privatizzazione e vendita nei confronti di una società straniera, ed anche questo ritengo sia agli atti della procura della Repubblica di Bolzano. È gravissimo, signor sottosegretario, che si ribadisca, in questo rapporto, il timore che l'avvento al Governo di Silvio Berlusconi avrebbe potuto rimuovere l'allora presidente dell'IRI (che, anche se lei non l'ha citato, tutti sappiamo chi fosse) che era stato richiamato alla guida dell'IRI e che doveva assolutamente dare - lo ripeto - il beneplacito all'operazione.
Apprezzo il fatto che vi riserviate di rispondere ma sottolineo, ancora una volta, che non è stata data una sola risposta alle mie domande assolutamente precise. Agli occhi degli italiani ciò dimostra che in Italia vi è una nube che dovrebbe diradarsi prima o poi, costituita dall'eccessiva vicinanza tra un certo modo di intendere la politica e gli affari italiani, soprattutto relativamente a privatizzazioni che sono state un autentico fallimento, non ultima quella della Telecom (che, come tutti sappiamo, sta morendo sotto i debiti) ed altre già ricordate, tra cui la Cirio, che non sono positive per un'Italia democratica e che, soprattutto, deve avere credibilità agli occhi dei capitali internazionali e delle istituzioni internazionali (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).