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Seguito della discussione dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005 (A.C. 1253); Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006 (A.C. 1254) (ore 16,47).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1254)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, quella di oggi è stata una giornata importante.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18)
ALBERTO GIORGETTI. Il dibattito sul disegno di legge finanziaria si preannuncia molto intenso. Infatti, si apre una fase molto delicata nella quale anche le disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato hanno un ruolo importante (che noi vogliamo ribadire in questa sede).
Innanzitutto, Alleanza Nazionale vuole denunciare un clima complessivo che non condividiamo e che respingiamo. In particolare, il Governo si presenta ancora oggi, in questa sede, per ribadire con forza alcuni pregiudizi nei confronti del Governo precedente e per offrire una visione complessiva della contabilità pubblica che, per noi, è assolutamente inaccettabile.
Mi rivolgo ai colleghi della Commissione bilancio, anche al suo presidente, ed a tutti i gruppi, per invitarli a riflettere. Siamo all'inizio di un percorso che sarà sicuramente complesso. Nelle Commissioni parlamentari daremo vita ad un dibattito molto approfondito, ma non mi pare, colleghi - lo dico con grande chiarezza -, che vi siano le condizioni per svolgere un lavoro proficuo. I messaggi che il ministro dell'economia e delle finanze ha dato oggi sono sostanzialmente negativi e, in alcuni passaggi, quasi intimidatori: si va dal tema della valutazione della disonestà intellettuale, al richiamo al settimo comandamento - «non rubare» -, e ad altre amenità simili, dopo che lo stesso Padoa Schioppa si era presentato, all'inizio della legislatura, precisando che il suo ruolo sarebbe stato sostanzialmente tecnico e poco politico, molto attento all'elemento fondamentale del rigore della spesa pubblica.
In questo assestamento del bilancio troviamo smentiti i primi passaggi affermati dal Governo sia in sede di audizione del ministro dell'economia per il suo insediamento, sia nel DPEF.
Ricordo a me stesso e a tutti i colleghi come in sede di DPEF si sia più volte affermata la necessità di andare verso un percorso di trasparenza della contabilità pubblica e di immaginare un percorso virtuoso di tenuta complessiva dei conti pubblici, che qui non riscontriamo. Non lo riscontriamo nelle stesse affermazioni del sottosegretario Sartor per quel che riguarda anche la sua onestà intellettuale, nel momento in cui afferma che l'emendamento presentato all'assestamento nonPag. 52recupera pienamente l'andamento complessivo dell'aumento del gettito e delle entrate.
C'è una situazione legata alle valutazioni della commissione Faini che è palesemente irreale. La commissione ha parlato di una condizione complessiva di gravità dei conti pubblici, smentita poi dai fatti, con una correzione dello 0,1 per cento, ampiamente amplificata nel primo decreto Bersani, di controllo della spesa pubblica e ripresa dalle stesse dichiarazioni che sono state rese sia oggi in Commissione, per quel che riguarda la nota di aggiornamento al DPEF, sia dal ministro Padoa Schioppa.
Sostanzialmente si dice, da una parte, che abbiamo la necessità del rigore dei conti pubblici, e, dall'altra, che puntiamo allo sviluppo. Allora, ci sono due filosofie contrastanti, due visioni della politica economica. Una filosofia è quella dell'opposizione, allora maggioranza, che avrebbe costruito una legge finanziaria dell'ordine di 15-20 miliardi di euro, legata al controllo della spesa pubblica, volta ad evitare l'aumento della pressione fiscale e a mettere il sistema produttivo italiano nelle condizioni di agganciare un percorso di ripresa, che si sta cominciando a toccare con mano, di cui, fra l'altro, la sinistra oggi in quest'aula va ad arrogarsi il merito, legata alle entrate tributarie. Anche su questo, cari colleghi, non prendiamoci in giro. Pensare che nei primi sei-otto mesi di attività, l'aumento delle entrate del bilancio pubblico sia merito di questo Governo, che si è insediato a giugno, appare veramente eccessivo.
In questo quadro, è evidente che ci sono due filosofie che si scontrano: chi vuole ragionare sui 15-20 miliardi, senza toccare le tasche dei cittadini, e chi, invece, vuole effettuare un'operazione complessa, come l'attuale maggioranza, con un percorso di distribuzione del reddito, di incentivazione di alcuni settori dell'economia, che non sono stati mai produttivi in questi anni e che non hanno trainato l'economia; si vuole colpire il ceto medio e il mondo delle partite IVA, definiti ancora oggi in quest'aula da parte del ministro come evasori ed elusori fiscali.
Sono a confronto due modelli, che vanno a scontrarsi, su questioni che riguardano la concretezza. Oggi c'è stato un richiamo da parte del ministro Chiti ad una disponibilità da parte della maggioranza a un confronto vero sulla finanziaria, purché le proposte siano all'interno della cornice complessiva impostata dal Governo.
Cari colleghi, dobbiamo essere chiari. Noi sicuramente voteremo contro questo assestamento di bilancio, perché è intriso di poca trasparenza nei confronti dei conti pubblici e di una visione demagogica ed ideologica dell'attività svolta dal Governo di centrodestra.
Se si supera questa fase, siamo disponibili a un vero confronto parlamentare, in Commissione e in aula, per contribuire a migliorare una legge finanziaria determinante per lo sviluppo del paese. Se il clima non è questo, ovviamente ognuno di noi svolgerà il proprio ruolo e avremo la possibilità politica non solo della presentazione di emendamenti in aula, ma anche di rivolgerci all'opinione pubblica per ribadire con forza che la strada intrapresa dal Governo di centrosinistra riporta il tema dell'innalzamento della pressione fiscale, che va a colpire indistintamente i cittadini, sia per la pressione degli enti locali, sia per le scelte legate alle aliquote di una redistribuzione complessiva della pressione fiscale, che penalizza il ceto medio (in particolare, i redditi da 28 mila euro per gli autonomi e dai 40 mila euro per le famiglie).
Complessivamente, si tratta di un passo indietro rispetto a ciò che era stato fatto negli anni scorsi, ovvero - ne siamo certi -, il risultato di maggiore adesione verso l'autoliquidazione, verso un percorso diverso nel rapporto tra cittadino, Stato e amministrazione centrale e finanziaria, che si è ottenuto grazie all'atteggiamento responsabile da parte del Governo di centrodestra.
Il Governo di centrodestra, infatti, ha dichiarato con chiarezza che non avrebbe messo le mani nelle tasche dei cittadini,Pag. 53che avrebbe creato le condizioni affinché la pressione fiscale diminuisse progressivamente, che avrebbe lavorato, a fronte di una ripresa complessiva del prodotto interno lordo del paese, per far sì che vi fosse una maggiore adesione alle politiche governative e che avrebbe iniziato, infine, a compiere passi significativi verso la realizzazione del federalismo fiscale.
Tutto ciò, invece, viene oggi negato, poiché vi è un ritorno alla logica dell'aumento sostanzialmente indiscriminato delle imposte; sono contemplati, inoltre, cinquantasei interventi per procurare entrate aggiuntive; vi è, infine, un indebolimento totale del percorso finalizzato al controllo rigoroso della spesa pubblica, cari colleghi. Infatti, avete annunciato sia al momento dell'insediamento del Governo, sia in sede di presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria, la necessità di armonizzare i capitoli di spesa del bilancio dello Stato e di rendere trasparente il costo di un Esecutivo che, dal punto di vista del numero delle poltrone, risulta essere particolarmente consistente (poiché si tratta del più consistente della storia repubblicana).
Tutto quanto è stato precedentemente realizzato, quindi, è stato vanificato: non si tiene conto delle maggiori entrate effettivamente riscosse, se non all'interno della Nota di aggiornamento al DPEF; non si riscontra alcuna misura significativa per abbassare l'intervento così pesante complessivamente previsto dal disegno di legge finanziaria; si va a sbandierare tronfiamente, come ha fatto oggi il ministro Padoa Schioppa, la potenzialità di vessazione, nei confronti dei cittadini, di un Governo che è in grado di varare, in poco tempo, interventi per acquisire entrate assolutamente significative, dell'ordine di decine di miliardi di euro.
Crediamo che ciò non rappresenti un merito e che non metta il paese nelle condizioni più adatte per agganciare correttamente la ripresa economica: anzi, tali manovre determineranno, complessivamente, un rallentamento della crescita del prodotto interno lordo.
Riteniamo, altresì, che interventi di questo tipo vadano ad «ingessare» anche il mercato del lavoro, poiché l'innalzamento delle aliquote contributive vanificherà progressivamente anche gli effetti positivi prodotti dalla legge Biagi. Essa, infatti, ha dimostrato, anche in termini di occupazione, di non creare esclusivamente lavoro temporaneo, ma di mettere le imprese in condizione di stipulare rapporti di lavoro a tempo indeterminato, aumentando, quindi, il tasso di occupazione complessiva nel paese.
Come dicevo, dunque, si confrontano due diverse impostazioni, e noi vi sfideremo su questi argomenti. Vi sfideremo su questioni concrete, che riprenderemo in sede di esame del disegno di legge finanziaria. Mi riferisco al trattamento di fine rapporto (TFR), una posta «virtuale» che rappresenta, comunque, un debito.
PRESIDENTE. Onorevole Alberto Giorgetti, la prego di concludere!
ALBERTO GIORGETTI. Concludo rapidamente, Presidente. Vi sfideremo anche sul tema dello sviluppo, che è semplicemente accennato, ma senza che la manovra determini effetti veramente propulsivi nei confronti del sistema economico.
Vi affronteremo anche sul tema del rigore finanziario, poiché voi avete abbandonato tale impostazione, come è possibile riscontrare esaminando le proposte emendative presentate al disegno di legge sull'assestamento di bilancio.
Il quarto tema sul quale vi sfideremo, infine, è rappresentato dal federalismo, vale a dire dai veri percorsi da intraprendere per valorizzare, nell'ambito di una logica di solidarietà nazionale, un territorio che, oggi, merita una nuova fase di sviluppo.
Per tutti questi motivi, quindi, preannuncio il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale sul provvedimento recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2006. Il dibattito, tuttavia, riprenderà puntualmente sia nelle aule parlamentari, sia presso l'opinione pubblica in occasionePag. 54dell'esame del prossimo disegno di legge finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nardi. Ne ha facoltà.
MASSIMO NARDI. Signor Presidente, nell'annunciare il voto contrario del mio gruppo sul provvedimento in esame, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Onorevole Nardi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i provvedimenti dei quali ci occupiamo nella seduta odierna riguardano lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura di ogni ciclo dell'anno finanziario di riferimento, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati conseguiti nei comparti di competenza, mettendo in risalto le varie componenti economiche dell'esercizio medesimo.
Purtroppo, la situazione generale che emerge dalla documentazione che abbiamo esaminato, e della quale abbiamo ampiamente discusso in sede di Commissione, è parsa, da subito, tutt'altro che rassicurante. In particolare, per ciò che riguarda la finanza pubblica italiana, con riferimento all'azione svolta nella passata legislatura, si rileva che il deficit della pubblica amministrazione ha subito un deterioramento dall'anno 2000 all'anno 2005, segnando un raddoppio del deficit stesso sia in rapporto al prodotto interno lordo, sia in valore assoluto.
Andiamo per ordine. L'avanzo primario - ovverosia il risultato differenziale calcolato con riferimento ai conti pubblici depurato degli interessi passivi - è sceso dal 4,3 per cento del PIL allo 0,5 di fine periodo, mentre il saldo di parte corrente è passato da un avanzo pari all'1,3 ad un disavanzo dello 0,5 per cento del PIL.
Le spese correnti al netto degli interessi sono cresciute in rapporto al PIL, passando dal 37,3 a circa il 40 per cento, e in valore assoluto sono cresciute di oltre il 27 per cento, mentre il disavanzo di cassa ha mostrato un trend crescente con un netto incremento nell'anno 2005, comportando un aumento del debito pubblico, che è passato dal 103,8 per cento nel 2004 al 106,4 per cento nel 2005 in termini di PIL.
Ma il dato più eloquente per comprendere gli andamenti «strutturali» della nostra finanza pubblica è rappresentato sicuramente dal fatto che l'avanzo primario corretto per il ciclo economico in Italia è passato dal 3,5 per cento del PIL nel 2000 all'1,2 per cento del PIL nel 2005, con un deterioramento di 2,4 punti di PIL.
A questo proposito appare utile sottolineare che nell'area dei paesi dell'euro - investita da analoghi andamenti macroeconomici - il peggioramento è stato mediamente di solo 0,9 punti di PIL.
In Francia e in Germania, paesi con problemi di finanza pubblica simili ai nostri, il deterioramento dell'avanzo primario corretto per il ciclo è stato ben inferiore.
Se si valutano, infatti, i dati del bilancio al netto del ciclo e delle misure aventi effetti temporanei, sulla base delle valutazioni della Commissione europea, il deficit italiano si colloca nel 2005 al 4,6 per cento del PIL rispetto al 3,5 della Germania e al 3,7 della Francia.
L'analisi a volte impietosa di tali dati, che non possono esser soggetti ad interpretazioni di parte, anche perché confermati da autorevoli fonti europee ed internazionali, vuole semplicemente richiamare l'attenzione su problemi seri che, se conosciuti ed affrontati tempestivamente con grande senso di responsabilità, possono essere risolti correggendo l'attuale trend negativo.Pag. 55
Ma, forse, continuare ad insistere su certe questioni, quando ancora oggi questa opposizione continua a ribadire che durante il periodo in cui erano sfortunatamente al Governo tutto andava bene, sembra uno sforzo che possiamo risparmiarci.
La verità è che oggi l'unica tassa che colpisce veramente tutti gli italiani e che ci è stata regalata gratis e senza nemmeno che lo chiedessimo è la tassa di successione ereditata dal precedente Governo, che ha lasciato il paese in una condizione di gran lunga peggiore rispetto ad ogni nostra più pessimistica aspettativa.
Negli ultimi anni è sempre aumentato il livello di spesa, ma sono diminuite le entrate.
Il Governo Berlusconi non poteva far altro che adottare misure tampone, ricorrendo a manovre non strutturali di finanza straordinaria o, meglio, creativa, che hanno di fatto provocato un tracollo della situazione precedente e la totale ingovernabilità dei conti pubblici.
Ma di Creatore ne conosciamo uno solo, che ha saputo fare cose meravigliose, mentre chi pensava di poterlo imitare è stato capace solo di creare un'infinita serie di ministri dell'economia, partendo da un prototipo (il ministro Tremonti) per ritornare, dopo diverse creazioni venute male, allo stesso originario difettoso prototipo.
Ma qual è stata la politica fiscale di questo periodo che è da dimenticare? Condoni fiscali, condoni contributivi, condoni edilizi. Misure che hanno solo portato entrate occasionali, lasciando l'andamento fisiologico della finanza pubblica al suo trend negativo. Come non accorgersi di un errore di impostazione, se vogliamo, di presunzione, del programma del Governo Berlusconi, ovverossia quello di prevedere una crescita economica robusta e prolungata per il nostro paese, alla quale avrebbe fatto seguito uno spontaneo incremento delle entrate?
Che la crescita economica si fosse arenata anche a causa di eventi imprevedibili, come il dilagare del terrorismo, la concorrenza cinese, la sopravvalutazione dell'euro e, da ultimo, l'impennata dei prezzi del petrolio, era chiaro e sotto gli occhi di tutti. In buona sostanza, il precedente Governo ha preso atto, senza scomporsi più di tanto, della generale ritrosia da parte dei contribuenti al rispetto dei più elementari principi della legislazione fiscale e si è impegnato in operazioni contabili dubbie e di varia natura che, fino alla primavera del 2005, hanno permesso all'Esecutivo di nascondere l'effettivo stato dei conti pubblici e di liquidare come infondati gli allarmi lanciati dagli economisti e dagli osservatori di settori europei ed internazionali. Per fortuna, il paese ha saputo reagire relegando al ruolo di oppositori i responsabili di tale situazione ed ha premiato un nuovo Governo, serio e responsabile, che, senza tanti slogan ed effetti speciali, sta iniziando a proporre soluzioni concrete per riportare l'Italia al pari con le grandi nazioni europee.
Grazie a questo ritrovato clima di operosità, il nostro Governo ha potuto presentare in Commissione bilancio un emendamento volto a rivedere le previsioni relative alle entrate tributarie, evidenziando una dinamica del gettito per l'anno 2006 superiore a quello stimato.
In particolare, l'analisi riferita agli specifici tributi interessati dal maggior gettito fiscale ha evidenziato il carattere prevalentemente strutturale dello stesso. Per essere più precisi, si è ritenuto che, per gli anni 2007 e seguenti, si possa proiettare un maggior gettito tributario per circa 5 miliardi all'anno e l'inclusione di tale importo ha determinato, quindi, una riduzione dell'entità della manovra necessaria per conseguire l'obiettivo indicato per il 2007 nel DPEF per pari ammontare.
Da queste considerazioni emerge una straordinaria analogia tra lo stato di finanza pubblica all'inizio degli anni novanta e le condizioni in cui ci troviamo oggi, con l'aggravante dettata dalla maggiore urgenza di risanamento, di cui necessitano i nostri conti. Un'urgenza che è rappresentata da una più ridotta crescita potenziale degli stessi e dal progressivo invecchiamento della popolazione.
Di fronte a tale scenario, abbiamo preso atto delle difficoltà con cui l'attuale maggioranza dovrà confrontarsi.Pag. 56
Per tale motivo, ci accingiamo a proporre alcune soluzioni per rilanciare il nostro paese e lo facciamo con precisi obiettivi: rientrare nei parametri europei; ammortizzare gli effetti della sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea riguardante la detraibilità IVA; ridare più ossigeno alle classi di reddito più basse e svantaggiate, ridistribuendo in maniera più equa le risorse; ridare slancio alle imprese ed ai lavoratori con i benefici derivanti dalla riduzione del cuneo fiscale; rinnovare i contratti nel pubblico impiego e combattere il precariato.
Solo con queste misure si potrà ricostruire un reale legame di fiducia tra i cittadini e le istituzioni che, con tutta evidenza, è stato duramente compromesso dalle scelte compiute durante la scorsa legislatura.
Se non si ricostruisce un clima di fiducia tra la gente e chi governa, se non si trovano soluzioni condivise per aumentare il benessere del paese, rischiamo di riaprire conflitti sociali che questo Governo non può permettersi.
Continuiamo ad ascoltare ogni giorno i cittadini; siamo in mezzo a loro per capirne le esigenze e ci sforziamo di proporre tutte quelle soluzioni concrete che riteniamo indispensabili per ridare speranza al nostro paese e un futuro migliore ai nostri figli.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Peretti, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Signor Presidente, preannunzio l'espressione del voto favorevole dell'Ulivo sul provvedimento in esame per le motivazioni illustrate nel precedente intervento.
Vorrei aggiungere solo un'osservazione che, in seguito al dibattito ascoltato con estremo interesse, mi corre l'obbligo di sottoporre alla vostra attenzione.
Nell'esaminare il provvedimento precedente all'ordine del giorno, ci siamo posti di fronte ad una situazione che ci ha visto nel ruolo di attori passivi. Il rendiconto, infatti, al di là delle accentuazioni di lettura, al di là delle letture politiche che si possono dare dello stesso, è la fotografia di una situazione riferita ad un esercizio finanziario che è stato già gestito.
Potrebbe esservi quindi del dissenso sulla lettura, ma non sui dati di fatto.
Diverso è questo provvedimento nei confronti del quale esprimiamo un voto favorevole, che è un provvedimento in cui comunque la politica del nuovo Governo si vede perché al suo interno vi sono spazi per esprimere alcuni indirizzi.
Vorrei aggiungere una riflessione, Presidente e colleghi. Alcuni colleghi molto preparati già in Commissione avevano svolto attente osservazioni su questo tema, anticipando peraltro le argomentazioni su cui ci troveremo a confrontarci durante la discussione sulla legge finanziaria, in cui si profilano grandi sperequazioni e misure difficilmente condivisibili, perché rivolte a depauperare strati del paese non ritenuti sufficienti a riattivare l'economia dell'Italia.
Credo che valga la pena di soffermarsi su alcuni dati, proprio perché, come ho detto precedentemente, i numeri in fondo fanno riflettere, in quanto algidi ma, in alcuni casi, incontrovertibili.
Siamo in un paese in cui sono registrate 65 mila barche di consistenti dimensioni (oltre i dodici metri), sono censiti 875 mila immobili di lusso e sono vendute ogni anno 9 mila auto di lusso. Siamo in un paese in cui il 10 per cento delle famiglie detiene il 40 per cento della ricchezza del paese, mentre il 10 per cento di quelle più povere detiene lo 0,3 per cento di tale ricchezza. È un dato incontrovertibile e che può anche andar bene: non va bene il fatto che una grossa e consistente parte della principale fonte di ricchezza del nostro paese sia dovuta all'evasione fiscale.
Dunque, l'impresa che riesce ad evadere nel nostro paese (e vi è il 25 per cento della ricchezza prodotta dal paese che è frutto di evasione) è scorretta sul mercato, detiene un 20 per cento in più diPag. 57ricchezza rispetto al proprio concorrente. Ebbene, questo è uno degli elementi che rende il collante del sistema paese difficile da considerare come elemento propositivo per il rilancio complessivo dell'economia.
Credo quindi che i primi passi nei confronti dell'evasione fiscale siano una delle colonne portanti per rimettere insieme il sistema paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. In questo provvedimento si evidenzia un forte incremento delle entrate fiscali e almeno questo è innegabile. Ebbene, anche uno studentello di economia sa benissimo che i provvedimenti di politica economica producono i loro effetti nell'arco di uno o due anni, anzi generalmente due anni dopo la loro approvazione.
Non è certo quindi per la bella faccia di Prodi e per il cambio di maggioranza che adesso abbiamo una maggiore entrata, ma è il frutto di una chiara politica fiscale, che mirava ad una cosa molto semplice: restituire fiducia al tessuto produttivo del paese, dare l'idea che si potesse avere una tassazione equa, pagare il giusto per servizi giusti.
Ebbene, tutto questo adesso viene tranquillamente rovesciato. È facile adottare una legge finanziaria di 30 miliardi di euro di tasse, perché di questo parliamo (sui 33,4 miliardi previsti, 30 di essi sono costituiti da tasse): è facile, ma è anche stupido perché ciò comporterà almeno tre effetti da subito, e che già nelle prossime settimane avremo modo di testare.
Innanzitutto, vi sarà un freno allo sviluppo, proprio adesso che stiamo iniziando ad uscire da un ciclo negativo! Bersani su Il Sole 24 ore di questa mattina si è arrampicato sugli specchi per tentare di spiegare come il centrosinistra intenda aiutare le piccole e medie imprese. Andatelo a spiegare ai piccoli imprenditori che si vedranno togliere il 50 per cento del trattamento di fine rapporto! L'altro giorno un imprenditore del mio paese mi ha detto una cosa semplice, ma efficace. Egli mi ha detto: quasi quasi io mi accordo con i miei dipendenti, li licenzio tutti, do loro il TFR e li riassumo il giorno dopo; questo perché non mi fido dell'INPS!
Chi si fida dell'INPS? Come potremo garantire ai nostri lavoratori del nord che, quando andranno in pensione, avranno ancora i soldi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)? Se non si mette mano seriamente al problema delle pensioni - non mi riferisco soltanto a quelle di anzianità, alle pensioni di chi ha lavorato, ma anche a quelle dei falsi invalidi e alle pensioni e ai prepensionamenti della FIAT - allora l'INPS andrà sicuramente a «carte quarantotto» e togliendo i soldi ai nostri lavoratori per finanziare opere pubbliche avremo compiuto una azione assolutamente stupida e cattiva. I lavoratori privati che finanziano opere pubbliche: siamo davvero al paradosso!
Tuttavia, questo non è il solo dramma che si sta compiendo: c'è anche una grave azione contro gli enti locali. Tagliare le risorse per gli enti locali in questo modo, infatti, comporta un rischio per questi ultimi, come ha detto molto bene il sindaco Moratti, l'altro giorno. Chi è stato virtuoso, chi, fino ad ora, ha tirato la cinghia, chi ha rispettato il patto di stabilità non beneficerà dei sistemi premianti tanto sbandierati e promessi nel corso della campagna elettorale, ma sarà penalizzato un'altra volta. Quindi, è sempre la stessa storia: pagano i privati, paga il settore privato e paga il settore pubblico, ma soltanto al nord, solo laddove si tira la cinghia. Ebbene, la Lega nord è stanca di questa politica e la combatterà con tutte le sue forze (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.