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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa. (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2114-B) (ore 15,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa». Ricordo che nella seduta del 20 febbraio si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 2114-B sezione 1).
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2114-B)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 2114-B sezione 2), nel testo recante le ulteriori modificazioni apportate dal Senato stesso (vedi l'allegato A - A.C. 2114-B sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le ulteriori modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 2114-B sezione 4).
Avverto, inoltre, che sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione nel testo approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 2114-B sezione 5).
Avverto, infine, che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
La Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento, le seguenti proposte emendative: Misiti 6.7, in quanto non strettamente attinente all'oggetto del decreto-legge in esame, essendo volto a stabilire che, allo scadere delle concessioni idroelettriche, venga trasferito allo Stato, previo indennizzo, il ramo d'azienda relativo all'attività oggetto della concessione medesima; Bono 3-quater.2, limitatamente alla parte consequenziale, che incide sul regime di tassazione delle società cooperative; Cota 6-quater.2, limitatamente ai commi 2 e 2-ter della parte consequenziale, volti a rideterminare il finanziamento complessivo del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2007, 2008 e 2009 ed a dettare le relative disposizioni di copertura.
La Presidenza, inoltre, non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1 e 96-bis, comma 7, del regolamento, in quanto non strettamente attinente all'oggetto del decreto-legge in esame, l'emendamento Benedetti Valentini 1.32, non previamente presentato in Commissione, volto ad estendere all'anno 2007 la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2-quater, del decreto-legge n. 45 del 2005, in cui si stabilisce che, per la promozione alla qualifica di dirigente superiore del personale della Guardia di finanza e del Corpo forestale, si prescinde dal requisito dell'anzianità.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, nel dare contezza della declaratoria di inammissibilità, mi è sembrato di capire che lei abbia motivato l'inammissibilità del mio emendamento 1.32 con la mancata presentazione in Commissione.
PRESIDENTE. Ho dichiarato l'inammissibilità del suo emendamento 1.32, in quanto non strettamente attinente all'oggetto del decreto-legge in esame, ai sensi degli articoli 86, comma 1 e 96-bis, comma 7, del regolamento.
Pag. 46DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Pur non essendo d'accordo, prendo atto che non era quella la motivazione.
GIACOMO STUCCHI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, nella confusione non ho capito quale emendamento, sottoscritto da me e dall'onorevole Cota, sia stato dichiarato inammissibile.
PRESIDENTE. È stato dichiarato inammissibile l'emendamento Cota 6-quater.2, limitatamente ai commi 2 e 2-ter della parte consequenziale.
GIACOMO STUCCHI. La ringrazio.
NICOLA BONO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, intervengo solo per un chiarimento. Se non ho capito male, il mio emendamento 3-quater.2 è stato dichiarato inammissibile limitatamente alla parte successiva alla parola «conseguentemente».
PRESIDENTE. Le confermo che il suo emendamento 3-quater.2 è stato dichiarato inammissibile limitatamente alla parte consequenziale.
NICOLA BONO. La ringrazio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanetta. Ne ha facoltà.
VALTER ZANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 300 del 2006, che oggi siamo costretti a rivedere in tutta fretta, appare riconducibile a una pluralità di materie tra di loro assolutamente disgiunte, secondo la ben nota prassi dei decreti omnibus, tesi a introdurre una serie indistinta di norme, senza alcun riguardo per i requisiti costituzionalmente richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, fondamentale in tema di decreti-legge.
Ebbene, negli ultimi anni si è spesso fatto ricorso allo strumento del decreto-legge, al fine di prorogare o differire termini legislativamente previsti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, ciascun provvedimento d'urgenza disponeva una sola o più proroghe nello stesso settore o in settori affini.
A ciò si aggiunga che alcuni dei termini prorogati da disposizioni contenute nel provvedimento hanno già formato oggetto di una o più precedenti proroghe, anch'esse disposte con decreto-legge.
Il provvedimento in esame, oltretutto, contiene disposizioni eterogenee per quanto riguarda la materia, anche se per la maggior parte destinate ai comuni obiettivi di prorogare termini stabiliti con legge, prolungare l'applicazione di discipline transitorie o differire l'efficacia di alcune disposizioni legislative.
Non posso, dunque, esimermi in questa sede, onorevoli colleghi, dal sottolineare lo sconsiderato ricorso che si sta facendo, dall'inizio di questa legislatura, a un fenomeno nato alla fine degli anni Sessanta e consolidatosi nell'abnorme utilizzazione della decretazione d'urgenza con un effetto degenerativo dell'istituto noto a tutti gli operatori del settore.
Sembra ormai che questo Governo - o questo ex Governo - sia sempre più disinvolto nel ricorrere al decreto-legge, anche in mancanza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza.
Il tutto è aggravato dal fatto che, come in questo caso, spesso i decreti-legge, invece di prevedere puntuali e circoscritti interventi, costituiscono l'occasione per varare contestualmente discipline legislative disparate e non collegate da alcun nesso. È proprio riguardo all'affastellamento di norme eterogenee nello stesso decreto-legge che la Camera dei deputati si trova oggi a dover riesaminare questo decreto in termini eccessivamente stringenti, con grave oppressione del libero esercizio del diritto di emendamento spettante a ciascun parlamentare e quanto sopra a causa Pag. 47delle numerose modifiche apportate al testo nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, ove, complice il regolamento, che con la riforma del 1982 non stabilì nuovi criteri particolari circa l'ammissibilità degli emendamenti ai decreti, non esiste una norma stringente come quella di cui all'articolo 96-bis del regolamento della Camera, che attribuisce al Presidente il potere di dichiarare sic et simpliciter inammissibili gli emendamenti non strettamente attinenti alla materia del decreto-legge.
Non solo, è accaduto addirittura che modifiche proposte in questa sede siano state dichiarate inammissibili, mentre al Senato sono state senza indugio inserite nel testo, ampliandone oltremodo il contenuto, senza darci la possibilità - lo ripeto ancora - di discuterne a fondo, nel rispetto ovviamente delle nostre norme regolamentari.
Al Senato, quindi, sono state apportate ampie modifiche sul testo licenziato dalla Camera dei deputati. Orbene, colleghi, lasciatemi dire che questo è un pessimo modo di legiferare. Da una parte la Presidenza di questa Camera ha voluto esercitare in modo rigoroso il potere di dichiarare inammissibili emendamenti e articoli aggiuntivi, dall'altra, al Senato è stato possibile introdurre una robusta serie di variazioni sostanziali, mettendo infine la Camera dei deputati di fronte al fatto compiuto, senza concedere il giusto tempo per poter riesaminare una normativa complessa come quella in esame.
Ritengo, dunque, onorevoli colleghi che non si possa stravolgere tutto un complesso di norme fondamentali per il funzionamento dello Stato-apparato senza che entrambe le Camere possano esprimersi nello stesso modo, sull'identico testo, come esige tra l'altro l'articolo 70 della Costituzione. Per tutti questi motivi, che ho voluto brevemente esporvi, ribadisco la posizione da me già sostenuta in prima lettura su questo provvedimento, in sintonia con quanto dichiarerà il gruppo di Forza Italia, ed esprimo il mio voto contrario alla conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
ENRICO LA LOGGIA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO LA LOGGIA. Intervengo su un tema, peraltro noto, sul quale abbiamo già avuto occasione di intrattenerci io stesso ed altri colleghi, proprio con riferimento a questo decreto-legge. Si tratta della questione dei criteri di ammissibilità o meno degli emendamenti con riferimento alla differente disciplina esistente tra Camera e Senato.
Delle due, l'una: o l'elenco degli emendamenti inammissibili che qui è stato appena letto è esattamente corrispondente per coerenza di materia e di argomento agli emendamenti che già erano stati dichiarati inammissibili in questo ramo del Parlamento, secondo me giustamente, e che poi sono stati reintrodotti al Senato, allora va tutto bene. Tuttavia, temo che così non sia, e su questo la pregherei di darmi una risposta, magari dopo aver consultato gli uffici. Laddove fosse, come io ritengo, che taluni emendamenti introdotti dal Senato non sono più dichiarati inammissibili qui alla Camera, ci troveremmo ancora una volta con un ramo del Parlamento che ha un potere minore rispetto all'altro, cosa che non mi pare sia compatibile con il nostro ordinamento costituzionale. Dell'argomento so che si parlerà nei prossimi giorni in sede di Giunta per il regolamento, della quale mi onoro di far parte e dove ovviamente ripeterò questa argomentazione.
Intanto, restando al tema, credo che l'Assemblea abbia il diritto di sapere se vi sia stata, ancora una volta, una non coerente valutazione rispetto alla prima «espulsione» dal testo degli emendamenti dichiarati inammissibili. Mi permetto sommessamente di aggiungere che ci eravamo fatti interpreti, come si suol dire, per le vie brevi, del fatto che, laddove vi fosse stata la volontà da parte della maggioranza e Pag. 48del Governo di trasmettere il testo al Senato, avremmo probabilmente - questo era l'impegno - licenziato il provvedimento con rapidità, in maniera tale che l'altro ramo del Parlamento avrebbe potuto provvedere alla sua conversione in legge prima della scadenza, come è suo diritto e dovere.
Ho, tuttavia, la sensazione, poiché il Senato è diventato da qualche tempo off limits per la maggioranza, di difficile gestione - sappiamo bene perché -, che si voglia tentare di impedire quella conclusione, anche se sarebbe ragionevole e giusto. Vorrei, pertanto, sapere - e credo lo voglia tutta l'Assemblea - se è stata seguita una procedura non coerente e, nel caso fosse così, qual è la motivazione quantomeno formale che si possa addurre al di fuori di quest'aula per giustificare a tutta la popolazione italiana il fatto che in un caso operiamo in un modo e in un altro seguiamo una procedura diversa.
Ai sensi del regolamento della Camera, come certamente ben sanno tutti i colleghi, la Presidenza ed anche gli uffici competenti ad esaminare la questione, è prevista la possibilità di intese tra Camera e Senato su argomenti per i quali vi sono previsioni diverse nei rispettivi regolamenti.
Avremmo bisogno di avere queste informazioni e di comprendere come la Presidenza intenda procedere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, l'ammissibilità degli emendamenti è stata valutata alla stregua dei criteri previsti dal nostro regolamento: ciò che accade al Senato attiene ovviamente all'autonomia ed al regolamento dello stesso.
È evidente - ne abbiamo discusso anche ieri - che il problema sussiste. La Giunta per il regolamento è convocata per il prossimo 27 febbraio; il problema è all'attenzione del Presidente della Camera, che ha anche contattato il Presidente del Senato per arrivare ad un'armonizzazione possibile e condivisa della prassi applicativa. È, quindi, una tematica che si sta affrontando.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, ma come verrà raccontata la questione all'esterno? Vi è una giustificazione formale che renda tutti noi più coerenti sotto il profilo della sua rappresentazione all'esterno, ai cittadini italiani? Oppure dobbiamo soltanto limitarci a dire: purtroppo, il Senato ha deciso diversamente e la Camera non ha potuto fare in modo diverso? Il Governo e la maggioranza non hanno ritenuto di trasmettere il testo al Senato (era un dovere) e certamente sarebbe stato possibile, considerata la nostra disponibilità ad accelerare i tempi.
Qual è la giustificazione formale?
PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, le ho già risposto. Il problema attiene ai due diversi regolamenti della Camera e del Senato e all'autonomia di ciascuna delle due Camere.
È un problema che conosciamo da anni: non nasce oggi e già in precedenza lo abbiamo affrontato. Vi sono due possibilità: modificare il regolamento della Camera dei deputati ovvero avviare un confronto con il Senato per un'armonizzazione della prassi applicativa. Si sta lavorando su entrambi i fronti e, ovviamente, speriamo che il problema si possa affrontare nel migliore modo possibile.
MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, anche altri colleghi di altri gruppi di maggioranza hanno fatto riferimento ai lavori delle Commissioni. Le Commissioni esteri e difesa si sono riunite ed hanno proceduto all'esame in sede referente del disegno di legge di conversione del provvedimento d'urgenza che rifinanzia le missioni militari internazionali.
Conosciamo la prassi della Camera, il regolamento: discutiamo di decreti-legge, nonostante la crisi politica conseguente alle dimissioni del Governo. Tuttavia, riteniamo che vi sia un limite a tutto; est modus in rebus, dicevano gli antichi romani.Pag. 49
Vorrei soffermarmi sulla crisi politica, avvenuta - è vero - nell'altro ramo del Parlamento, collegato a noi non solo tramite gli SMS, come diceva il collega Giachetti, ma anche con le televisioni, le radio e grazie alla lettura dei numerosi giornali pubblicati nel nostro paese. Al Senato, il Governo ha registrato una sconfitta, che lo ha portato a rassegnare le dimissioni, sul voto conseguente alla presentazione di una risoluzione sulla relazione del ministro per gli affari esteri, che nel suo intervento si è occupato anche della missione in Afghanistan.
Allora, di cosa stiamo parlando, si direbbe con gergo meno arcaico? Qual è la riflessione della Presidenza della Camera sull'organizzazione dei lavori delle Commissioni, comprese quelle che stanno esaminando il decreto-legge relativo alla missione in Afghanistan, provvedimento, tra l'altro, «calendarizzato» nelle sedute dei prossimi giorni?
Capisco che si troverà un comma o un codicillo per affermare che ho torto. Però, ci troviamo in un'Assemblea politica che, insieme al Senato, è la massima rappresentazione della democrazia repubblicana e che, pertanto, non può funzionare come un ambulatorio, in cui la fila è smaltita con i numeretti. Non possiamo pensare che nelle Commissioni riunite esteri e difesa della Camera prosegua l'esame del decreto-legge relativo alla missione in Afghanistan, perché chi ha sfasciato il vaso, ieri, cerca, oggi, di incollare nuovamente i cocci. E noi siamo qui ad esaminare un provvedimento e, tra qualche ora o giorno, il decreto-legge sulle missioni militari internazionali. È politicamente inconcepibile! Certo, si troverà l'articolo del regolamento per giustificare che si può far finta di nulla, ma la realtà è quella che ho descritto.
E allora, o non vi è sincerità nei colleghi che hanno affermato di procedere nell'esame del decreto-legge in Commissione o vi è una valutazione altamente politica. Nelle prossime ore avranno luogo le consultazioni da parte del Presidente della Repubblica; il Governo è dimissionario. Il buon senso, che si troverà in tutti gli articoli del regolamento della Camera, dovrebbe indurre ad apprezzare le circostanze politiche, cosa che ha fatto persino il Presidente Prodi, con il gesto costituzionalmente corretto che ha compiuto ieri sera. Invitiamo quindi la Presidenza a svolgere una valutazione in proposito.
Faccio parte della Commissione difesa, ma non ho partecipato, insieme ai miei colleghi, per scelta, ai lavori di quel consesso. Anche i colleghi della Commissione esteri hanno abbandonato i lavori delle Commissioni riunite. È una questione «iperpolitica».
Ringrazio il Presidente per avermi concesso di intervenire sull'ordine dei lavori, intervento che è anche di natura politica, e concludo. Siamo a favore di quel decreto-legge; però, vogliamo sapere se il Governo ancora esiste (e sappiamo di no) e se vi è una maggioranza politica su quel decreto-legge. Ripeto: non siamo in un ambulatorio, ma al Parlamento della Repubblica e anche i colleghi della maggioranza, di cui comprendiamo l'attuale travaglio, debbono rispettarlo, almeno quanto noi. Se intendono rispettarlo ancora di più, compiano un atto di realismo, evitando riti un po' ridicoli.
PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, come lei stesso ha onestamente riconosciuto, la questione posta ha carattere preminentemente politico. Sul piano formale, le ricordo che, questa mattina, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, il Presidente della Camera ha chiarito la possibilità che anche le Commissioni si riunissero per esaminare i decreti-legge, in quanto atti dovuti, mentre per tutte le altre attività parlamentari vi era la necessità di raggiungere un accordo unanime tra i gruppi, previa autorizzazione della Presidenza della Camera. Così è stato chiarito, ripeto, dal Presidente Bertinotti durante la Conferenza dei presidenti di gruppo e, in base a questo schema, hanno lavorato le Commissioni da lei ricordate.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
Pag. 50PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, affidandomi alla sua saggezza e alla sua cortesia, mi permetto di chiederle di valutare bene quando affrontiamo questioni che sono già state ampiamente esaminate e alle quali si è già data risposta.
Le questioni poste dal collega La Loggia sono tutt'affatto irrilevanti; esistono e «pesano» sui lavori dell'Assemblea e la sensibilità del Presidente della Camera di convocare, anche su questo tema, la Giunta per il regolamento nei prossimi giorni è una risposta al collega La Loggia a dimostrazione che condividiamo la preoccupazione per una così evidente disparità di trattamento quando affrontiamo l'esame di un decreto-legge alla Camera o al Senato.
Su questo, quindi, la ringrazio della risposta e credo che - lo confermo - noi dovremmo affrontare l'argomento in maniera seria, collaborativa, costruttiva insieme al Senato, ma - lo ribadisco - l'argomento già esiste.
Riguardo alle considerazioni svolte dall'onorevole Gasparri, vorrei dire che, quando si interviene sull'ordine dei lavori, dovremmo «aiutarci ad intervenire»: è vero che non è necessario che un ex ministro conosca i codicilli del regolamento, ma sarebbe utile che conoscesse almeno la Costituzione!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti.
Ho dato la parola agli onorevoli La Loggia e Gasparri nella misura in cui l'onorevole La Loggia ha svolto un richiamo al regolamento pertinente al tema dei decreti-legge e quindi anche al lavoro che stiamo svolgendo in Assemblea. L'onorevole Gasparri, pur «infarcendo» il suo intervento di valutazioni di carattere politico, ha comunque posto un problema riguardante la convocazione delle Commissioni, e quindi l'ordine dei lavori, tema che peraltro era già stato posto, in modo diverso, riguardo alla convocazione delle Commissioni nella giornata di oggi.
Proseguiamo ora con gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge cosiddetto «mille proroghe» ha un percorso molto travagliato tra le due Camere. Occorre chiedersi: è una normale prassi? Certo, nulla di scandaloso se un disegno di legge torna in terza lettura da noi alla Camera, ma, in questo caso, scandalose sono le motivazioni.
Al Senato, infatti, si è verificato da parte della maggioranza un vero assalto alla diligenza nella modificazione di questo decreto in esame, con modifiche irrazionali, non condivisibili, spesso clientelari. Occorre dare una prova di ciò? Tanto per fare un esempio, nella serata del 14 febbraio è stato presentato e votato in aula al Senato un emendamento n. 1.42, che rappresenta una palese violazione al principio di meritocrazia e giustizia e così ve lo ricordo. Tale emendamento modifica quanto stato approvato dalla vostra legge finanziaria appena due mesi fa al comma 619. Nella sostanza, il comma 619 della vostra legge finanziaria si riferisce alla procedura concorsuale di reclutamento di dirigenti scolastici, bandito il 22 novembre 2004: ascolti, Presidente! A tale procedura concorsuale circa 700 candidati sono stati ammessi a seguito di provvedimento cautelare del giudice amministrativo avverso la preselezione per titoli. Tale preselezione per i concorso per dirigenti scolastici non vi è mai stata, ed è stata prevista solo nel concorso del 2004.
Non solo, sempre l'ultima legge finanziaria prevede che per il futuro venga eliminata tale norma. Ciò evidentemente per garantire, giustamente, a tutti coloro che hanno una laurea quadriennale e cinque anni di servizio di ruolo di poter dimostrare la propria attitudine a gestire una istituzione scolastica mediante prova d'esame in rispetto dei principi sanciti dalla nostra Costituzione.
L'emendamento che modifica la norma della legge finanziaria, approvato nel decreto «mille proroghe» al Senato, sovverte la meritocrazia, prevedendo - udite udite! Pag. 51- che i candidati ammessi alla procedura concorsuale con riserva vengano collocati in coda alla graduatoria di merito, pur avendo nelle prove concorsuali riportato votazioni di gran lunga superiori. È inaudito! Tale provvedimento elimina la meritocrazia e la fiducia nelle istituzioni dei candidati, che, impegnandosi fino in fondo, sono riusciti ad emergere all'interno di una procedura concorsuale articolata in ben quattro prove.
L'emendamento presentato e approvato al Senato da voi consentirà a coloro che hanno riportato nelle prove d'esame una votazione inferiore di essere nominati dirigenti scolastici, prima di coloro che hanno riportato nelle prove d'esame una votazione superiore: evviva quindi la giustizia e la meritocrazia secondo il modo in cui voi la intendete! Noi abbiamo presentato un emendamento che prevede l'abrogazione dell'articolo 1, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 300 del 2006.
Un altro punto di nostra grande opposizione è rappresentato da quanto previsto dall'articolo 6-quater, di cui noi proponiamo la soppressione. Infatti, l'articolo 6-quater, inserito nel corso dell'esame del provvedimento presso l'Assemblea del Senato, detta alcune modifiche riguardanti le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, ovverosia la legge finanziaria per il 2007.
Più in particolare, il comma 1 del citato articolo aggiuntivo prevede che la quota fissa - parliamo quindi di ticket, signor Presidente e cari colleghi - di cui alla citata lettera p), trova applicazione fino al 31 marzo 2007 e, in ogni caso, fino all'entrata in vigore delle misure o alla stipulazione dell'accordo di cui al comma 2.
Ora, fermo restando l'importo di manovra, con questo dispositivo si vuole consentire e si consente alle regioni, limitatamente alle prestazioni di assistenza specialistica e ambulatoriale, di prendere provvedimenti alternativi all'applicazione della quota fissa di 10 euro, sulla base della stima degli effetti della complessiva manovra nelle singole regioni. Ciò a differenza di quanto qualcuno ha detto l'altro ieri in Commissione affari sociali sul fatto che invece il Governo ha eliminato tale ticket. In realtà, esso si è solo trasformato, si chiama diversamente. Infatti, si è data la possibilità di optare verso altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie. Siete certamente ancora in tempo a modificare questo scempio. Non cambia nulla - lo ripeto - perché avete soltanto previsto l'applicazione da parte delle regioni del ticket di 10 euro in un'altra forma. Infatti, il ticket rimane anche se si chiama diversamente.
Inoltre, vi siete opposti al Senato ad una proroga sacrosanta, quella della cosiddetta intramoenia allargata, bocciando un nostro emendamento. Ora, cari colleghi non abbiamo assolutamente nulla in contrario all'applicazione integrale della legge n. 502 in tutte le sue formulazioni, ma per quanto riguarda l'intramoenia allargata, essa prevede che le regioni tramite le ASL e gli ospedali predispongano spazi adeguati non solo per l'attività ambulatoriale, ma anche per una riserva di un 5-10 per cento di posti letto per l'attività di ricovero in regime di intramoenia allargata. Tutto questo non è stato mai attuato in molte regioni e per molti motivi.
Ebbene, il ministro per la salute in un'audizione della nostra Commissione ha annunciato che non è disposto a dare alcuna proroga. Siamo ormai agli inizi di marzo e voglio vedere quante regioni saranno in grado di apportare modifiche alle strutture degli ospedali per predeterminare e predisporre i servizi adeguati che possano eliminare questo scempio. Il risultato è che oggi il cittadino può percorrere un doppio binario: o paga di tasca propria e ottiene quella prestazione in pochissimo tempo oppure è costretto ad aspettare un tempo lunghissimo - anche mesi - per alcuni esami ed alcune prestazioni.
Insomma, voi perdete il pelo ma non il vizio, come dice un ricorrente proverbio. Siete il Governo delle tasse, dei ticket, il Governo del «prendi senza dare». Siete un Governo senza cuore e non siete in grado di venire incontro veramente ai Pag. 52cittadini, specialmente ai più deboli. Noi, anche da questo punto di vista abbiamo presentato un emendamento che tuttavia è stato considerato irricevibile. Proponevamo, in attesa che le regioni facciano il loro dovere presso gli ospedali, una proroga dell'intramoenia fino al 31 dicembre 2009, in modo da dare il tempo per la corretta applicazione integrale della legge n. 502. Crediamo che questo non sarà possibile in due o tre mesi e ciò graverà ancora moltissimo sui cittadini che saranno ancora una volta costretti a pagare delle prestazioni di tasca propria.
E che dire poi del ticket del pronto soccorso? Voi dite che avete abolito il ticket sul «codice verde», ma siamo stati noi che qui dentro, durante la legge finanziaria - e anch'io personalmente - abbiamo gridato allo scandalo! Rimane l'imposizione assurda del ticket sul «codice bianco». Ciò vuol dire che specialmente nel fine settimana e nelle grandi città, in quelle parti del territorio dove non vi è assistenza - e noi auspichiamo che vi sia un servizio territoriale adeguato «h24» e anche la domenica -, il cittadino che avverte un dolore dovrebbe essere in grado di diagnosticarlo per evitare il ticket, perché nel caso in cui gli venisse detto che fortunatamente si tratta di una cosa banale, allora sarebbe costretto a pagare qualora non fosse ricoverato. Qui siamo veramente alla follia!
Noi abbiamo predisposto altri emendamenti per migliorare questo decreto «milleproroghe», ma sappiamo benissimo che voi siete insensibili alle tematiche sollevate perché avete timore, in questa situazione, di fare di più e di tornare ad una quarta lettura.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, quello del disegno di legge di conversione in esame, che ritorna alla Camera ampiamente modificato dal Senato, è stato un percorso che potremmo definire annunciato...! Infatti, ricordo ai colleghi che, dopo la decisione - correttamente assunta - del Presidente Bertinotti in quest'aula, il presidente Violante aveva denunciato il rischio che il Senato stravolgesse le decisioni della Camera.
Tuttavia, colleghi, non ho motivo alcuno per lamentarmi del comportamento del Senato o dei singoli senatori, i quali, in applicazione del regolamento che disciplina i propri lavori, non hanno fatto altro che svolgere il loro compito, nella sovranità di quel ramo del Parlamento. Ciò che preoccupa - spero per l'ultima volta... - è l'arroganza del passato Governo (così lo possiamo chiamare): l'arroganza di un Governo che non tiene conto, nell'altro ramo del Parlamento, della volontà espressa dalla Camera. Sebbene avesse «incassato» un forte segnale da questa Assemblea, con arroganza assolutamente degna di coloro che mancano di rispetto al Parlamento, il Governo ha riproposto ogni singolo emendamento!
Colleghi, vi invito a seguirmi con attenzione, perché, quando si parla del fenomeno in generale, non se ne comprende esattamente la portata. Come ricorderete tutti, il Presidente della Camera aveva ritenuto di espungere dal testo risultante dagli emendamenti approvati dalla I Commissione in sede referente i seguenti commi dell'articolo 6: 8-quinquies; 8-sexies; 8-septies e 8-octies. Ebbene, li troviamo riprodotti testualmente nell'articolo 6, comma 8, nell'articolo 6, comma 8-bis, nell'6-bis, nell'articolo 4, comma 4, senza alcuna modifica neppure formale!
Farò qualche altro esempio. Gli emendamenti Angelo Piazza 1.313 e 1.314, relativi alla disciplina applicabile al personale già dipendente dell'ente CONI, transitato al CONI - Servizi Spa, non furono dichiarati ammissibili - così si legge nel comunicato letto dal Presidente della Camera nella seduta del 24 gennaio 2007 - in quanto recanti disciplina di carattere sostanziale. Tutto ciò non è importante: ce li siamo ritrovati testualmente all'articolo 1, commi 6-bis e 6-ter! L'emendamento del Governo 1.503, in materia di proroga dei comandi del personale dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, era chiaramente inammissibile. Non è importante! Pag. 53Non conta quello che fa la Camera! Lo ritroviamo testualmente all'articolo 1, commi 6-quater e 6-quinquies! Gli identici emendamenti Zucchi 2.16 e 2.501 del Governo erano inammissibili per motivi veri, reali, ma non è importante: il Senato ha la capacità di reinserirli nel provvedimento aggiungendo un comma 6-bis all'articolo 1! Non è possibile esaminare l'emendamento 3.501 del Governo, volto a prorogare il termine per la fase sperimentale dell'applicazione delle norme tecniche e per la verifica sismica ed idraulica, e disciplina connessa? Basta andare al Senato: il problema viene risolto con il comma 4 dell'articolo 3! Gli articoli aggiuntivi Mazzocchi 3.010 e Tolotti 3.011 sono chiaramente ed assolutamente inammissibili per questa Camera? Basta che gli onorevoli Mazzocchi e Tolotti ricorrano ad un amico del Senato: l'identica materia diventa oggi il contenuto dell'articolo 3-ter! Il corretto ed ineccepibile - voglio dichiararlo - emendamento Burtone 6.300, relativo ad un serio problema riguardante le province di Catania, Ragusa e Siracusa, si occupa di questioni che alla Camera non possono trovare soluzione? Non è un problema: l'onorevole Burtone chiama un senatore eletto nella provincia di Catania e tutto diventa possibile: basta leggere l'articolo 3-quater, comma 2!
Potrei andare avanti facendo riferimento ad altri emendamenti; ad esempio, l'emendamento Lusetti, quello della Commissione o quello del collega Giovanelli. Tutto ciò che non è possibile realizzare in questo ramo del Parlamento diventa assolutamente possibile al Senato!
Ieri ho notato l'imbarazzo dell'onorevole Zaccaria, del relatore del provvedimento presso il Comitato per la legislazione, che ha licenziato il testo con un ineccepibile parere, suffragato da diverse condizioni che non potranno essere condivise da quest'Assemblea. Sempre ieri ho ascoltato l'onorevole Boato, che considero un uomo particolarmente intransigente per il profondo rispetto che ha delle regole parlamentari.
Non basta dire che non è la prima volta che accadono cose di questo genere, non basta dire che lo faceva il precedente Governo, così come il precedente faceva ricadere le responsabilità su quello ancora precedente.
Mi chiedo quando questo Paese diventerà normale, quando ritorneremo a vivere in una democrazia parlamentare, nella quale il Governo ha il compito di guidare l'esecutivo e il Parlamento quello di legiferare correttamente.
Mi chiedo quando finirà l'eterna emergenza che costringe i Governi a ricorrere allo strumento della decretazione d'urgenza; mi chiedo quando comprenderemo che chi veramente paga il più alto prezzo per questo modo assurdo di legiferare sono i cittadini che ci hanno eletto e che oggi non riescono più a capire a quale norma devono affidare la loro vita quotidiana. Continuiamo a prenderci in giro!
Il Governo - o, meglio, l'ex Governo - aveva dichiarato, per bocca del suo ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Chiti, che tutti i provvedimenti all'esame del Comitato per la legislazione sarebbero stati accompagnati dalla relazione sull'analisi tecnico-normativa e da quella sull'analisi di impatto della regolamentazione ma, a quasi un anno dall'inizio della legislatura, non ho mai visto un solo provvedimento accompagnato da tali importanti supporti.
Il Governo accetta un ordine del giorno con il quale si impegna a non utilizzare le deleghe inserite nei decreti e poi, come se fosse solo un problema cartaceo e non sostanziale, ci ritroviamo in questo decreto, ai commi 2 e 3 dell'articolo 1, tutto ciò che si era impegnato a non fare.
Da ultimo, vorrei richiamare la vicenda su cui si sono già soffermati altri colleghi relativa all'approvazione da parte del Senato dell'emendamento 1.42 - oggi fa parte del testo sottoposto al nostro esame -, che a mio avviso rappresenta chiaramente una violazione del principio di meritocrazia e giustizia. Con tale disposizione si modifica quanto stabilito recentemente - non due o tre anni fa - dalla legge finanziaria al comma 619.
Tale comma si riferisce alla procedura concorsuale di reclutamento dei dirigenti Pag. 54scolastici. Ebbene, a tale procedura concorsuale sono stati ammessi circa 3 mila candidati, a seguito del provvedimento cautelare del giudice amministrativo avverso la preselezione per titoli. Questa preselezione nei concorsi per dirigenti scolastici non vi è mai stata, ad esclusione del concorso del 2004.
Oggi, ci ritroviamo in una situazione folle, nel senso che coloro che sono risultati vincitori del concorso ordinario per dirigente scolastico per il loro merito si ritrovano perdenti per legge di questo Parlamento.
Se credete che questo sia un modo di legiferare, andate avanti così. Tuttavia, con la crisi che finalmente si è aperta ieri, si è visto che tale modo di legiferare non può più continuare.
Onorevoli colleghi, mi sarei aspettato una sterzata ed uno scatto di orgoglio da parte di questo ramo del Parlamento, che aveva tutto il tempo e la disponibilità dell'opposizione a modificare, a ripulire e a sistemare questo provvedimento per inviarlo nuovamente al Senato. Da parte della Camera si sarebbe trattato di un atto di grande orgoglio e di grande coraggio. Invece, si tratta di una occasione che voi avete perduto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, interveniamo sul complesso degli emendamenti perché ci illudiamo che vi sia ancora la possibilità che i colleghi della maggioranza (o della presunta maggioranza) ci ripensino.
Non è in discussione il problema di una serie di norme estranee che si aggiungono in sede di conversione del decreto-legge. Il problema non è soltanto quello di capire se sussistono i presupposti di necessità ed urgenza per l'adozione del decreto-legge e neppure quello della sostanziale innovazione relativa alle norme che concedono deleghe al Governo in merito alle quali, come già avvenuto in passato, verranno presentati ordini del giorno con i quali si impegna il Governo a non esercitarle. Abbiamo sperimentato questa procedura già in passato, ma in realtà le deleghe continuano ad essere inserite all'interno di decreti-legge al momento di approvare il disegno di legge di conversione.
In questo caso siamo andati veramente oltre perché al Senato sono state inserite o norme incostituzionali, che obiettivamente non fanno onore a chi della trasparenza e della legalità in passato ha fatto una bandiera e un manifesto della propria campagna elettorale, oppure norme che con il federalismo e con il rispetto degli statuti speciali non hanno niente a che vedere, ma che mettono a serio rischio la credibilità di società come l'ENEL nel loro ruolo nazionale ed internazionale.
Infatti, è evidente che l'assenza di una maggioranza politica e parlamentare al Senato determina scelte, in quel ramo del Parlamento, non funzionali all'interesse generale del Paese, bensì all'interesse specifico di questo o di quel senatore che in occasione di ogni provvedimento minaccia di non votarlo se ad esso non si aggancia il suo «vagoncino» ed il suo «trenino». Ormai questo non è più ammissibile perché alla fine l'uso distorto di una simile forma di confronto parlamentare «monocamerale» al Senato determina provvedimenti stravolti, che minano alle fondamenta gli interessi generali del Paese.
Cito solo due casi a titolo esemplificativo, ma credo che in questo «Zibaldone», nel quale si è trasformato il decreto «mille proroghe», ve ne siano tali e tanti che esiste soltanto l'imbarazzo della scelta. Da alcuni colleghi è stata già ricordata, ma vorrei ribadirla, l'introduzione del comma 6-sexies all'articolo 1, che riguarda il reclutamento dei dirigenti scolastici. Fate attenzione, perché credo che a tutti voi siano giunte le proteste provenienti da questi soggetti.
Non è possibile che il destinatario di un provvedimento del giudice amministrativo che lo ammette, con riserva, ad un concorso e che, in forza di questo, partecipa ad una procedura, si colloca utilmente in graduatoria e poi viene stabilizzato, attraverso una misura di carattere generale Pag. 55recata dalla legge finanziaria, con una norma successiva - la cui introduzione è stata voluta da alcuni senatori della vostra maggioranza - si trovi pretermesso, perché si opera una distinzione fittizia tra dirigenti scolastici pleno iure e riservisti.
Tale distinzione non ha alcun significato, per due ordini di ragioni. Innanzitutto, vi è un provvedimento della magistratura amministrativa che, sostanzialmente, dà ristoro della lesione degli interessi che i soggetti coinvolti hanno assunto essere stati violati; inoltre, un intervento del legislatore ne riconosce l'idoneità.
Oggi, invece, si opera una distinzione fittizia, in base alla quale i dirigenti scolastici, o coloro che hanno partecipato a questa tornata concorsuale che si ritrovano idonei o vincitori di concorso, solo perché essi sono stati riammessi in graduatoria in ragione di un provvedimento emanato dall'autorità giudiziaria, vengono collocati nella graduatoria - indipendentemente dal punteggio e dalla valutazione di merito - dopo coloro i quali lo sono pleno iure. Ciò sulla base di una interpretazione, introdotta nel provvedimento grazie all'approvazione di un emendamento presentato al Senato, che definire sconcertante ed incostituzionale è un eufemismo!
Ma ci rendiamo conto che, intanto, questi signori sono legittimati a proporre un ulteriore ricorso alla magistratura amministrativa, finendo, dunque, anche dinanzi alla Corte costituzionale? Ciò vorrà dire, oggettivamente, che la Consulta mortificherà il Parlamento, sostenendo che, in questo caso, siamo in presenza non più di leggi-provvedimento, ma di un'ulteriore categoria di leggi ad personam, approvate solo ed esclusivamente per alcune lobby sindacali della sinistra della vostra maggioranza. Tali decisioni, infatti, stravolgono le più elementari regole del diritto, nonché le basilari norme costituzionali!
In altri termini, siamo arrivati ad un livello che è obiettivamente insopportabile e intollerabile da parte di tutti, poiché ciò non offre più garanzie nel sistema dei rapporti giuridici e non rispetta più lo Stato di diritto. Vi prego di rivedere tali decisioni, poiché più passa il tempo, più stiamo andando oltre le forzature che sono state compiute, già in passato, dalla precedente maggioranza con i cosiddetti provvedimenti «mille proroghe».
Vorrei rilevare, in altri termini, che stiamo sperimentando un nuovo percorso, deciso dalla lobbistica senatoriale per poter far passare alcuni interventi, con il totale stravolgimento di qualsiasi elementare regola del diritto!
Credo, quindi, che già questa sarebbe di per sé, in linea di principio, una buona ragione per non approvare il provvedimento in esame; tuttavia, se non si vuole fare ciò, costituirebbe almeno un buon motivo per modificare tale norma, così come altre. Alcune norme, infatti, sono del tutto irrazionali, poiché violano il principio di ragionevolezza, nonché ogni principio che regola il nostro ordinamento giuridico. Dunque, se non possiamo avere la serietà al Governo, che si abbia almeno la dignità di approvare, come legislatori, regole serie!
Il secondo esempio che voglio portare - e concludo, signor Presidente - riguarda l'introduzione del comma 7-ter dell'articolo 6 del decreto-legge in esame, il quale stabilisce la non applicabilità, nelle province autonome di Trento e Bolzano, della proroga delle concessioni idroelettriche. Vorrei osservare che, anche in questo caso, si introducono norme che, al di là della conformità o meno allo statuto del Trentino-Alto Adige ed alle norme di attuazione, di cui si può discutere, scardinano l'unità del sistema dei rapporti con lo Stato nel settore dell'energia.
Ricordo, a tale riguardo, che si tratta di uno dei temi che abbiamo affrontato, anche su sollecitazione del centrosinistra, nell'ambito della riforma costituzionale che venne approvata nella passata legislatura. Infatti, quando parliamo del sistema energetico del nostro paese, non possiamo pensare, anche laddove ciò fosse teoricamente ammesso da un'interpretazione costituzionale delle norme statutarie, di cedere al principio in base al quale la gestione di tale settore, la cui tutela costituisce Pag. 56un interesse nazionale, possa essere oggetto di «spezzettamento» nelle singole regioni!
Credo che su questi temi l'Assemblea debba svolgere una riflessione supplementare, anche a costo di rinviare il provvedimento al Senato (e i tempi per rinviarlo ci sono, perché scade lunedì) e per correggere quegli aspetti, affinché si dia almeno una parvenza di dignità alla attività che noi cerchiamo di svolgere quotidianamente in quest'aula.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, parlare sul complesso delle proposte emendative presentate a questo provvedimento «mille proroghe» è fin troppo facile, anche perché bisognerebbe iniziare parlando di tutti i profili di incostituzionalità nei quali si è incappati.
L'aspetto più rilevante che mi ha colpito riguarda il comma 7-ter dell'articolo 6. Comprendo, Presidente, onorevoli colleghi, che, essendosi svolto il voto sul decreto-legge cosiddetto mille proroghe al Senato, casualmente, il giorno di San Valentino, da parte del Governo Prodi non potesse che esserci un altro atto d'amore, decisamente interessato, alla Südtirol Volkspartei, ossia alla provincia autonoma di Bolzano.
Sì, perché da noi in Alto Adige (dovete saperlo tutti) provincia e partito sono la stessa cosa. Esiste e persiste il partito-Stato, ovvero una totale e netta sovrapposizione tra un partito unico, etnico, e il potere esecutivo e legislativo locale; per la verità, anche una buona fetta di quello giudiziario, in barba all'invocata suddivisione dei poteri di «montesquieuiana» memoria.
Ad aggravare la situazione, già di per sé un unicum nel panorama politico europeo, possiamo aggiungere anche i cosiddetti quarto e quinto potere, ovvero la stampa e i mezzi televisivi, ampiamente foraggiati dalla provincia autonoma con i soldi dello Stato italiano, per fare propaganda, spesso contro lo Stato e ad esaltazione, viceversa, della provincia autonoma.
Südtirol über alles, è il motto che aleggia sinistro dalle parti del partito-Stato. Montesquieu, nel libro undicesimo dello Spirito delle leggi, nel quale tracciava appunto la teoria della separazione dei poteri, che è alla base di ogni democrazia (e non vi insegno nulla di nuovo), partiva dalla considerazione (che calza a pennello alla nostra discussione) che il potere assoluto corrompe assolutamente.
Ovviamente, vi sono vari metodi di corruzione e mi riferisco, a scanso di equivoci, a quello squisitamente politico, anche se non lo ritengo meno grave di altri.
I colleghi al Senato l'hanno chiamato «pizzo politico», ma comunque lo si chiami, l'abrogazione dell'estensione al 2020 delle concessioni idroelettriche nelle province di Trento e Bolzano, voluta dal Governo Berlusconi, con grande senso di responsabilità anche nei confronti delle direttive europee, è un esosissimo regalo di Prodi alla Südtirol Volkspartei, che al Senato, guarda caso, forte di ben tre senatori, ne determina, o sarebbe meglio dire ne determinava, la proroga, per restare in argomento, in vita. Ma abbiamo visto che, per fortuna, i ricatti non sono sufficienti.
Peccato che, come nel suo stile, Prodi faccia regali alle sue clientele sempre a danno dell'Italia e delle tasche dei cittadini italiani e speriamo che gli italiani lo abbiano capito definitivamente.
Non è un caso che alcuni autorevoli quotidiani nazionali abbiano titolato il colpo di mano energia, centrali e province autonome come un piano Rovati piccolo piccolo. Infatti, anche in questo caso, come nel piano Telecom, con una strumentale interpretazione del federalismo e con una palese lesione dell'affidamento sul piano giuridico, si rinazionalizzano, o sarebbe meglio dire, si provincializzano gli impianti idroelettrici in totale antitesi con le logiche di un mercato elettrico liberalizzato, nell'ottica di quel Südtirol über alles, cui ho accennato sopra, che è un problema dell'Italia tutta, del quale i partiti italiani responsabili, in maniera bipartisan, dovrebbero farsi carico, dimostrando un po' Pag. 57di amor di patria, un po' di senso dello Stato. Tutto ciò anche in evidente contraddizione con la politica, evidentemente fasulla, di liberalizzazioni che il Governo Prodi vorrebbe ascrivere come un suo successo. È esilarante ricordare che questo comma 7-ter è in palese contrasto anche con il cosiddetto decreto Bersani del 1999 in materia di liberalizzazione dell'energia.
L'Europa, l'Italia privatizzano e globalizzano, ma le province autonome, come vado dicendo da anni, vanno in senso diametralmente opposto: da privato a pubblico, da globale a provinciale, in attuazione della loro politica, a socialismo reale.
Manca solo che provincializzino i supermercati, sullo stile di Chávez e abbiamo veramente raggiunto il culmine.
Tutto ciò con un rilevante danno economico per le imprese elettriche interessate e anche per i cittadini azionisti che in quelle imprese quotate in borsa hanno creduto e investito i propri risparmi. Se questa disposizione «passerà», vi sarà infatti un inevitabile crollo dei titoli in Borsa e un danno non quantificabile per gli operatori che hanno contato sulla data del 2020 per la scadenza del diritto a produrre energia, accettata da Bruxelles investendo oltre 500 milioni di euro per la sicurezza di gestione degli impianti e per potenziare le centrali pulite come previsto dal Protocollo di Kyoto. Ne consegue, dopo i capolavori in politica estera combinati con il voto al Senato di ieri, che Prodi sarà riuscito ancora una volta in una specialità che gli è particolarmente propria, ovvero mettere a repentaglio la credibilità del nostro sistema sui mercati finanziari internazionali.
Mi rivolgo in particolare ai Verdi per fargli soppesare il voto che esprimeranno su questo decreto; ricordo loro, infatti, che l'abrogazione dell'estensione al 2020 cagiona danno agli impegni assunti dal Governo Berlusconi a favore di un ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili nell'ambito della strategia di lotta ai cambiamenti climatici. Per non parlare, poi, della probabile, anzi sicura, riapertura di un contenzioso con Bruxelles e, sul piano giuridico e costituzionale, con le altre regioni a statuto speciale e a statuto ordinario. Non è un caso, infatti, che i danni economici, la disparità di trattamento, la rinazionalizzazione, l'offesa all'Europa e l'incertezza del diritto sono stati evocati da tutti gli operatori del settore energetico, indignati per il ricatto vero e proprio posto in essere dal senatore Peterlini. Da quanto riferiscono i colleghi al Senato, egli, con l'arroganza tipica del potere assoluto che hanno in Alto Adige (e che solo noi ben conosciamo), ha palesemente fatto capire che se quell'emendamento non 'passava' sarebbe caduto il Governo. È caduto comunque, visto che è un cartello elettorale, e non una coalizione.
Peccato che Prodi abbocchi, considerato che la Südtirol Volkspartei non passerebbe mai col centrodestra per ragioni storiche che non sto qui ad evocare. Fa il gioco delle tre carte, un po' con noi e un po' con voi; ciò che è drammatico è che gli italiani ci caschino sempre!
Concludendo, citando un passaggio di un accorato comunicato stampa di Assoelettrica, intendo fare un appello al senso di responsabilità che un Governo ed una maggioranza - è vero che non siete più maggioranza nel paese, neanche ormai in Parlamento! - dovrebbero avere nei confronti del proprio paese: la disposizione in questione rischia di comportare l'esproprio di fatto di un importante patrimonio industriale e di una fondamentale infrastruttura nazionale. Non è un caso che il Governo Berlusconi nella sua riforma costituzionale - che con il referendum avete purtroppo affossato - aveva inteso riportare in capo allo Stato, d'accordo con la Lega, la competenza sull'energia. L'Italia ne sarebbe seriamente impoverita in favore peraltro delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche locali e, in particolare, la Sel in Alto Adige, la Set in Trentino, con l'aggravante politico che, per l'Alto Adige, entrare in possesso delle concessioni e delle fonti di produzione dell'energia elettrica ovviamente significherebbe realizzare l'indipendenza economica, e dunque politica, dallo Stato italiano vagheggiati per anni. Infatti, parliamo Pag. 58di circa 500 milioni di euro annui di produzione e tale patrimonio dell'ENEL sul mercato equivale a circa 7 mila milioni di euro.
Lo statuto ad autonomia, di contro a quanto sostiene la Südtiroler Volkspartei, non disciplina la materia energetica; lo fanno il testo unico del 1933, all'articolo 25, ed alcune norme di attuazione successive che sono un falso giuridico proprio perché dovrebbe attuare uno statuto ad autonomia che non prevede, viceversa, la materia.
L'Italia, ricapitolando, subirebbe un triplo schiaffo economico: quello dall'Europa, che aprirebbe la procedura di infrazione e la messa in mora; quello di un sostanziale disincentivo alla crescita degli investimenti all'interno del nostro paese; quello della perdita di un patrimonio energetico inestimabile: si parla del 30 per cento della produzione energetica nazionale.
Capite di cosa vi state assumendo la responsabilità? Tutto ciò per inseguire un partito che paradossalmente, senza di voi, senza la vostra stampella, non avrebbe più poteri di sostanziale ricatto. A voi la scelta, ma di questo ennesimo scempio del patrimonio nazionale del quale voi siete consapevoli - infatti, avevate dichiarato inammissibile la proposta emendativa in questione - noi renderemo consapevoli in ogni sede e con ogni mezzo anche i cittadini italiani, che già considerano il vostro Governo il peggiore della storia repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, interveniamo in questa Assemblea sul cosiddetto provvedimento «mille proroghe» in un momento del tutto particolare. Nella mattinata di ieri, nessuno pensava di potersi ritrovare, ventiquattr'ore dopo, di fronte a questa situazione. Nessuno pensava di dover discutere il decreto-legge delle mille proroghe in tale situazione politica, con un Governo dimissionario. I nodi che conoscevamo da molti mesi e che molte volte abbiamo ricordato in questa Assemblea sono venuti al pettine in maniera veloce e repentina, nelle ultime ore. Oggi ci troviamo a discutere la conversione in legge di un decreto-legge che è dovuta, ma lo facciamo con un Governo dimissionario. Abbiamo visto le espressioni e le emozioni e abbiamo ascoltato le affermazioni rese ieri dai colleghi di una maggioranza che maggioranza non è più e che, oggettivamente, è allo sbando.
Ieri, nessuno pensava che ci saremmo trovati, oggi, in questa Assemblea, in questa situazione. Ci vengono in mente le parole tante volte rinfacciate all'opposizione, che in questa sede molte volte ha detto di trovarsi di fronte a una maggioranza in difficoltà, incapace di trovare un accordo sui temi importanti della politica italiana. Ci ricordiamo quante volte ci è stato rinfacciato, in questa Assemblea, che le elezioni sono state vinte da Prodi, che la maggioranza è stata ottenuta, che c'erano i numeri per governare, che il Governo sarebbe durato cinque anni, che sarebbe stata data stabilità al paese e che questa coalizione sarebbe riuscita, per tutta la legislatura, a mantenere in piedi il Governo italiano. Questo periodo è durato poco, è durato il tempo di carnevale.
Sarà quel che sarà, nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Certo è che siamo di fronte ad un Governo a termine e noi siamo qui a discutere su un provvedimento che potrebbe essere, magari, l'ultimo provvedimento di questo Esecutivo. Lo facciamo dopo che, per tante volte in questa Assemblea, su provvedimenti di questo tipo è stata posta la questione di fiducia. Da parte nostra, è sempre stato detto che la tendenza è quella di non considerare in maniera eguale i due rami del Parlamento. Molto spesso, in questa Assemblea giungevano provvedimenti «blindati» dal Senato, sui quali il Governo poneva la questione di fiducia. Noi denunciavamo la circostanza di trovarci di fronte ad un esproprio delle competenze di questa Assemblea, delle Commissioni e dei deputati.Pag. 59
Lo stesso accade anche con questo provvedimento. Abbiamo visto, infatti, che tante proposte emendative, che non erano state inserite in prima lettura alla Camera, sono state inserite al Senato. Questo è stato permesso da modalità di applicazione diverse. Perciò, siamo ancora di fronte a due modi diversi di operare da parte dei due rami del Parlamento, tali per cui la Camera dei deputati e i suoi componenti hanno quasi una minore potestà legislativa, una minore possibilità di incidere sui provvedimenti. Abbiamo ascoltato l'onorevole Giudice che ha illustrato puntigliosamente tutti i commi che, ad uno ad uno, puntualmente, sono stati inseriti al Senato e che non si sarebbero potuti inserire in questo ramo del Parlamento. Perciò, in questa Assemblea è tornato un provvedimento molto modificato, a causa di tutti gli emendamenti che l'onorevole Giudice ha, con precisione, illustrato nel corso del suo intervento.
Mi soffermerò soltanto su alcuni aspetti di questo provvedimento. Ad esempio, voglio soffermarmi sull'articolo 3-quater, comma 2, relativo al differimento dei termini per il versamento dei tributi nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, colpite dal sisma del 1990.
In sostanza, qualcuno non ha versato i tributi dovuti, a seguito del sisma del 1990, nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa. Ci sono stati dei differimenti di termini per permettere il pagamento di tali tributi ed è stata tagliata l'entità dei tributi dovuti, che precedentemente era del 10 per cento (quindi, con uno sconto del 90 per cento), mentre oggi, con il comma 2 dell'articolo 3-quater, disponiamo il differimento al 31 dicembre 2007 del pagamento di tali tributi, sia pure innalzando la percentuale di quanto dovuto dal 10 al 30 per cento.
Se sottoponessimo questo elemento alla media dei contribuenti italiani, rispetto ai quali questo Governo, da quando si è insediato, in questi otto-nove mesi, non ha fatto altro che imporre nuove gabelle, nuovi adempimenti e nuove tasse, farebbe riflettere il fatto che c'è qualcuno che può pagare il 10 per cento dei tributi, innalzato ora al 30 per cento, relativi al 1990.
Vi sono, inoltre, norme sul patto di stabilità (articolo 6, commi 8-sexies, 8-septies e 8-octies). Il patto di stabilità segue la ratio secondo la quale i comuni, i municipi e le amministrazioni comunali che non lo rispettano, perché non sono in grado di gestire al meglio le risorse e i propri conti, subiscono delle conseguenze, tra le quali il blocco delle assunzioni di personale.
Noi abbiamo sempre prestato molta attenzione a questa tematica. Il collega Garavaglia, nelle scorse settimane, nella Commissione di sua competenza, ha presentato un'interrogazione per sapere dal ministero competente quali sono i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità nel triennio precedente. Il ministro competente ha risposto che non sa chi non ha rispettato il patto di stabilità. La vicenda si è conclusa lì, ma occorre ragionare.
Come possiamo pensare di bloccare, per esempio, l'assunzione di personale nei comuni che non rispettano il patto di stabilità, se non sappiamo quali sono e se il ministero competente non fa un controllo ed una verifica sui comuni che non rispettano il patto e che, quindi, non possono assumere nuovo personale? È paradossale! È irrazionale! Non è possibile che il Governo imponga determinate restrizioni a chi non rispetta il patto di stabilità per poi scoprire che il Governo stesso non sa chi non lo rispetta.
Quindi, ci viene da pensare che, magari, vi sono amministrazioni che rispettano il patto di stabilità, stando attente a come spendono i soldi, a dove li investono e alla differenza tra investirli nella spesa corrente o per investimenti, facendo anche dei sacrifici per riuscire a rispettare determinati parametri, e che, però, ve ne sono altre che i sacrifici non li fanno e che non vengono comunque penalizzate, perché non si sa quali sono e, quindi non succede loro assolutamente nulla. È un metodo iniquo rispetto a quei comuni che, Pag. 60razionalmente e con politiche di gestione delle risorse adeguate, cercano di rispettare il patto di stabilità.
Un altro aspetto riguarda l'articolo 6-quater relativo ai ticket, inserito anche questo al Senato. Sembra che ci stiamo prendendo in giro. Il Governo, con la finanziaria, ha introdotto due tipi di ticket, quello da 25 euro sulle prestazioni ambulatoriali e quello da 10 euro sulle visite specialistiche.
Provengo dal Trentino, ossia da una provincia autonoma, che ha competenza primaria in materia di sanità. Nel momento in cui sono stati introdotti i ticket, con decorrenza 1o gennaio 2007, chiaramente è iniziata la protesta della popolazione, che ci è venuta a dire: ma come, siamo una provincia autonoma, ricca, si spendono male i soldi della sanità trentina e il Governo ci mette anche i ticket? Vi è stata anche una grande polemica politica nel nostro territorio, in gran parte ad opera della Lega Nord, a seguito della quale i ticket da 10 euro nella nostra provincia sono stati, per il momento, revocati.
I ticket da 10 euro sono cancellati a decorrere dal 31 marzo 2007, però alle regioni è attribuita la competenza di stabilire in quale modo reperire le risorse che sarebbero state reperite con i 10 euro dei ticket. Allora, se prima la responsabilità politica di imporre nuovi ticket, nuovi balzelli, in questo caso sulla sanità, era del Governo, perché, in virtù della finanziaria, anche le regioni a statuto ordinario che non volevano applicare i ticket, o che comunque non erano d'accordo, avrebbero dovuto farlo, perché era un'imposizione della legge finanziaria, oggi invece il Governo dice: no, no, i ticket non ci sono più (quindi così ci si sgrava, magari, anche della responsabilità politica di dire che i ticket li ha introdotti il Governo Prodi), ma tu regione devi andare a reperire, con forme alternative, i fondi necessari che sarebbero stati reperiti con i ticket.
Dunque, nasce una partita di giro in cui la responsabilità politica passa dal Governo, che aveva imposto i ticket, alle regioni, che dovranno studiare qualche altra modalità per reperire le risorse e magari lo dovranno fare con nuove imposte e con nuove tasse. Ciò accadrà facendo ricadere la responsabilità politica sulle regioni e non sul Governo centrale. Quindi, si tratta di una partita gestita, anche a nostro modo di vedere, non in modo ottimale, che scarica la responsabilità politica dell'introduzione di nuove tasse dal Governo alle regioni e che sgrava in parte quella nomea, che ormai ha acquistato il Governo Prodi, di essere un Governo che ha imposto nuove tasse. Dunque, il Governo dice: non li imponiamo più noi i 10 euro; tu regione fai quello che credi, però cerca di reperire queste risorse. Ciò, francamente, ci pare una partita di giro poco riguardosa nei confronti di quelle regioni che dovranno reperire i fondi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,20)
MAURIZIO FUGATTI. Altro aspetto che vogliamo rilevare di questo provvedimento è quello che riguarda - ed è anche attuale - gli interventi nel settore avicolo, in materia di imposte, di contributi e di differimento di termini di contributi. La storia dell'aviaria la conosciamo: vi dovevano essere milioni di morti, un paio di anni fa, vi doveva essere una pandemia, vi dovevano essere decine di milioni di morti addirittura nella stessa Europa. Dopodiché abbiamo constatato che, a parte la morte di qualche cigno e di qualche anatra, nulla è accaduto. La realtà è che il sistema di informazione, i mass media ed il giornalismo in generale hanno messo in ginocchio un settore, che solo negli ultimi mesi sta lentamente riprendendosi. Quindi, alcuni provvedimenti contenuti all'interno del decreto-legge riguardavano le facilitazioni concesse a tale settore.
Ora però sappiamo - è notizia di questi giorni - che sono stati riscontrati nuovi focolai di influenza aviaria in Russia ed in altre zone dell'Europa dell'est. Se si è stati attenti alle notizie pubblicate dagli organi di informazione negli ultimi giorni, Pag. 61si riscontra che non ci si discosta molto da ciò che accadeva tempo addietro, ossia si comincia un'altra volta a lanciare l'allarme. Crediamo che da parte degli enti competenti, per quello che si può fare - in questo caso potrebbe essere anche il Governo, un Governo che non c'è più -, si debba dare un segnale su come si utilizzano le parole, stando attenti alle notizie che si forniscono all'opinione pubblica, perché il rischio è che si metta seriamente in ginocchio, un'altra volta, un settore che, lo ripeto, in questi ultimi mesi si sta comunque riprendendo, anche grazie a provvedimenti contenuti all'interno di questo decreto-legge, che differiscono il tempo di pagamento di determinate tasse e di determinati contributi.
Un altro aspetto che desideriamo sottolineare e che è presente in questo provvedimento riguarda - visto che stiamo parlando del settore avicolo - il benessere degli animali, all'articolo 6, commi 8-novies ed 8-decies, con riferimento alla protezione degli animali negli allevamenti.
Ho letto la relazione e ad un certo punto in essa si evidenzia che il 30 maggio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alla protezione dei polli allevati per la produzione di carne. La proposta è volta a stabilire norme specifiche per la protezione dei polli negli allevamenti, dal momento che tale comparto risulta essere il sistema di allevamento più intensivo all'interno dell'Unione europea.
Quindi, in questo caso si mette in discussione il fatto che all'interno di allevamenti italiani ci sia una densità eccessiva degli animali per metro quadro.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO FUGATTI. Il problema potrebbe anche esistere, però inserirlo all'interno del tema del benessere degli animali ci pare alquanto paradossale. Infatti, molte volte, per determinati animali - ad esempio, quelli che vengono sgozzati durante i riti islamici - il benessere e la loro protezione non vengono presi in considerazione; invece, quando si tratta di allevamenti di industrie in settori importanti, si guardano aspetti che, a volte, potrebbero creare danni molto ingenti al settore stesso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo in sede di conversione del decreto-legge n. 300 del 28 dicembre 2006 e siamo in terza lettura. Sappiamo tutti cosa è successo in questo ramo del Parlamento durante la prima lettura. Abbiamo assistito all'enorme falcidia di emendamenti, tra l'altro su questioni assolutamente serie e fondate poste non soltanto dall'opposizione, ma anche dai colleghi della maggioranza. Eppure ci siamo trovati di fronte ad una scelta della Presidenza della Camera, che allora non condividemmo e criticammo e che continuiamo ancora oggi a non condividere e a criticare.
Abbiamo l'impressione che molto spesso scelte di questo genere siano dettate oltre che da motivazioni fondate, di merito o di metodo, anche da motivazioni di natura politica e questo ci preoccupa alquanto. Ci preoccupa soprattutto per il vulnus al nostro sistema costituzionale - che, di fatto, oggi si trova di fronte ad un bicameralismo non più perfetto ma imperfetto - ma anche dal punto vista politico, perché in questo ramo del Parlamento continuano ad esserci una serie di parlamentari assolutamente dimezzati dal punto di vista della propria capacità politica, con una serie di difficoltà anche a rappresentare le giuste motivazioni e le logiche dei territori di appartenenza, mentre sembra che i colleghi del Senato abbiano una maggiore possibilità di manovra. Queste sono alcune questioni che abbiamo ripetuto tante volte, ma che non ci stancheremo mai di riproporre.
È evidente, Presidente, che lei si debba far carico di rappresentare al Presidente della Camera tali questioni, perché le abbiamo riscontrate sin qui anche se, Pag. 62obiettivamente, non sappiamo se le ritroveremo domani. Oggi non sappiamo a che titolo siamo in quest'aula a portare avanti i nostri ragionamenti. Mi rendo conto che la conversione dei decreti-legge è un atto dovuto, ma è innegabile che ci troviamo di fronte ad una crisi politica e di Governo. Oggi di fronte a noi non c'è più un Governo nella pienezza dei propri poteri e delle proprie possibilità, ma ci sono un Esecutivo dimissionato e, soprattutto, una maggioranza impropria e inconsistente.
Fatta questa premessa, per andare nel merito del provvedimento, già quando il decreto fu presentato rilevammo una serie di incongruità. Per esempio, rilevammo alcune incongruità nel merito riguardanti alcuni settori importanti dell'economia italiana (attività produttive, agricoltura, pesca). Ci rendemmo conto anche di alcune intrinseche povertà del provvedimento stesso ed offrimmo alla maggioranza e al Governo, prima in Commissione poi in Assemblea, la possibilità di intervenire in alcuni settori (mi riferisco, ad esempio, soprattutto alle questioni che riguardavano la previdenza agricola, i regimi speciali IVA, specie nel settore della pesca). Eppure quelle sollecitazioni non hanno trovato risposta in prima lettura.
Alcune di queste sollecitazioni non hanno trovato risposta neanche al Senato, mentre poi ci troviamo, ad esempio, nel settore dell'IVA del settore ittico a delle ripetute e reiterate dichiarazioni sulle agenzie di stampa da parte degli autorevoli membri dell'ex Governo Prodi; mi riferisco, ad esempio, al decaduto ministro all'agricoltura, Paolo De Castro, che nel merito di tali questioni sostiene di aver risolto i problemi, anche se non si sa come, perché in effetti, mancando un presupposto giuridico e un provvedimento che sia legge dello Stato evidentemente si trova nella difficoltà o nell'impossibilità di procedere.
Per andare ancora avanti, rilevo che il provvedimento non ci ha lasciato assolutamente convinti su un'altra serie di questioni. Ad esempio, notiamo il comma 3 dell'articolo 2, quello che per intenderci riguarda il differimento dei termini per quanto riguarda i contributi ed i tributi nel settore avicolo, a delle quantificazioni assolutamente insufficienti. In prima lettura noi avevamo rilevato questo aspetto e tra l'altro rilievi di questo genere erano stati posti in essere non soltanto nella commissione di merito, cioè in Commissione agricoltura, ma anche in Commissione bilancio. Orbene, ci troviamo di fronte ad una presa d'atto del Senato di queste quantificazioni insufficienti, tant'è che la quantificazione delle prima lettura è stata di per sé variata non dal punto di vista quantitativo, cioè della posta in bilancio, ma è stata aggiunta una significazione diversa, nel senso che il termine «quantificazione» è stato modificato in «valutazione». Questa ci sembra una maniera di procedere e di legiferare impropria, tanto è vero che nello stesso provvedimento - ve ne siete accorti anche voi - avete inserito un comma 3-bis, un correttivo che rappresenta una sorta di norma di salvaguardia, nel senso che, qualora la posta in bilancio dovesse dimostrarsi insufficiente, scatterebbe la norma di salvaguardia e di adeguamento.
Ho voluto fare un esempio così specifico non per annoiare l'Assemblea, ma per dimostrare che ancora una volta ci troviamo di fronte ad un sistema di legiferazione confuso e contraddittorio, che non va assolutamente. Questo avviene perché non volete assolutamente ascoltare gli stimoli provenienti dall'Assemblea e dai parlamentari. Sono delle questioni che non richiedono una politica ideologicizzata, ma delle logiche di buon senso. Su questi argomenti sarebbe facilissimo intendersi e trovare un accordo, con voi ciò non è assolutamente possibile, perché avete deciso di continuare ad andare avanti senza ascoltare le ragioni provenienti dai singoli parlamentari e dall'Assemblea.
Sempre nello stesso provvedimento ci siamo trovati, ad esempio, di fronte a delle norme, che avete inserito nel comma 5-quater, che riguardano l'adeguamento delle norme statutarie in materia di consorzi agrari, ma che sono assolutamente insufficienti e contraddittorie. Tra l'altro questa materia dei consorzi agrari non ci Pag. 63trova per nulla convinti, di fatto un comparto assolutamente delicato e importante nel settore dell'economia agricola per legge è stato regalato al sistema della cooperazione nazionale, perché evidentemente, avendo in Italia un «piccolo» sistema di cooperazione, bisognava fare ad esso un regalo aggiuntivo. Certamente si tratta di un settore a voi caro, perché traete da esso direttamente o indirettamente dei mezzi di sussistenza!
Caro Presidente, ecco che allora avete avuto la necessità di inserire delle norme nel decreto-legge, ma anche in questo caso siete stati incompleti, tanto che con le nostre proposte abbiamo tentato di migliorare il vostro percorso legislativo. Non ci siamo riusciti, ma tenteremo ancora di farlo anche con appositi ordini del giorno, che stiamo preparando e che presenteremo all'uopo.
Per andare ancora avanti, mi riferisco al comma 5-ter, che tratta il risarcimento diretto per i sinistri che coinvolgono le macchine agricole. Questa norma, che era stata proposta da noi non soltanto in quest'Aula del Parlamento e nella Commissione agricoltura, ma anche in altre Commissioni, è stata dichiarata inammissibile: ecco però che per incanto, quasi per magia, ritorna e rivive diventando parte integrante di questo provvedimento soltanto perché al Senato si è di fronte ad una maggiore disponibilità.
Noi, di fronte a questi scherzetti, non intendiamo più starci! Di fronte a questa metodica, alziamo alta la nostra voce e la nostra protesta, perché non si può più andare avanti in questo modo!
Per quanto riguarda il provvedimento, vi sono altre incongruenze da rilevare: siete intervenuti a gamba tesa, inserendo una serie di norme che modificano di fatto alcuni punti importanti della legge finanziaria; orbene, questo provvedimento ha tenuto impegnati a lavorare un migliaio di parlamentari nei due rami del Parlamento per circa due mesi e chissà quanti consiglieri parlamentari per settimane e mesi, mentre adesso dopo nemmeno una settimana se ne propongono delle modifiche: infatti nel provvedimento vengono inserite delle norme che, di fatto, cambiano ed integrano la legge finanziaria.
Si tratta di norme aggiuntive che snaturano il concetto stesso di decreto «milleproroghe». Non è più un decreto «milleproroghe», ma, oltre che una mini-finanziaria, è diventato anche una sorta di provvedimento omnibus, perché avete agganciato altri convogli che non hanno niente a che vedere con la natura dello stesso.
Capisco la ratio di un provvedimento che viene definito «milleproroghe»: per sua stessa natura - lo dice il termine - il «milleproroghe» è quel decreto che, seppur costituito da materie eterogenee, ha sua ratio: quella di spostare in avanti termini scaduti o che stanno per scadere.
Vi sono invece delle norme che voi avete inserito e che non hanno niente a che vedere con il concetto stesso di proroga dei termini. Allora, dite che si tratta di un provvedimento omnibus e ci attrezzeremo in maniera assolutamente diversa!
Come se ciò non bastasse, avete attribuito al Governo - questo è l'aspetto più grave della tecnica di legiferazione anche dal punto di vista costituzionale, oltre che una grave scorrettezza dal punto vista politico - la facoltà di intervenire mediante lo strumento della delega su capitoli estremamente importanti per il nostro paese.
È un vizio antico del vostro recente, ma ormai scaduto Governo, come abbiamo già denunziato più volte relativamente ad analoghi decreti, a tal punto che ci si è dovuti inventare, non so secondo quale logica e quale valenza (una valenza sicuramente importante dal punto di vista politico, ma sicuramente debole da quello normativo) un ordine del giorno concordato, addirittura proposto, sollecitato, dal presidente della I Commissione affari costituzionali, l'onorevole Violante. Così come in altre occasioni, abbiano dovuto in sostanza inventarci degli ordini del giorno, che raccomandavano al Governo di non esercitare il potere di delega previsto in predetti provvedimenti.Pag. 64
Pertanto, di fronte ad errori ed atteggiamenti siffatti, che, si erano verificati anche precedentemente, ci aspettavamo che il vizio ed il peccato non si ripetesse, ma il lupo evidentemente perde il pelo, non il vizio e voi lo avete fatto ancora una volta! Allora, da parte nostra vi sono tante motivazioni per non essere convinti della bontà di questo provvedimento.
Abbiamo presentato alcuni emendamenti e cercheremo di portarli avanti, nel tentativo di migliorare il testo, anche se ci rendiamo conto che lo stesso di per sé non è migliorabile.
Si tratta di un testo semplicemente da respingere e rimandare al mittente. Ma, grazie a Dio, ieri, giorno delle Ceneri, primo giorno di Quaresima, il paese si è liberato del fastidioso Governo Prodi e di questa maggioranza! Stiamo assistendo ad una nuova fase della politica, al di là delle alchimie, dei tentativi e delle compravendite da mercato delle vacche che state tentando in questo momento: come è apparso su tutti i giornali (ne parla la stampa, ne parlano i giornalisti, gli operatori politici) addirittura autorevoli esponenti della vostra stessa maggioranza legittimano questo mercato delle vacche!
Tuttavia, sono convinto, al di là di quello che riuscirete a fare, dei riti parlamentari che si potranno consumare negli ultimi giorni della settimana o nella prossima, che, di fatto, i cittadini italiani si sono resi conto che è accaduto quello che noi avevamo ampiamente previsto già in campagna elettorale!
Voi non siete in grado di andare da nessuna parte con la vostra maggioranza. State portando il paese sull'orlo del baratro, se non addirittura dentro il baratro stesso. Gli italiani già lo sanno. Le percentuali di consenso odierne per i partiti politici della vostra maggioranza e per il vostro ex premier sono ridotte al lumicino. Ciò che è accaduto ieri al Senato non è che un momento della vostra crisi intrinseca dovuta alle vostre contraddizioni. Il paese ha percepito tutto ciò e non aspetta altro che il primo momento utile per mandarvi a casa. Vi manderà a casa alle prossime elezioni amministrative; vi manderà a casa nei prossimi turni elettorali.
Proprio per la fede nella democrazia e nella libertà di cui tanto vi riempite la bocca, che avete sempre propugnato, quando riempivate le piazze con i vostri girotondi, con le vostre feste e talvolta anche con le vostre minacce e con quegli interventi «pesanti» e fastidiosi che hanno creato problemi di ordine pubblico (senza riferirmi ai tragici fatti che potevano accadere e che sono stati sventati grazie all'opera meritoria di polizia e magistratura nelle ultime settimane) abbiate oggi un sussulto di serietà, di dignità e dimettetevi.
Invitiamo il Presidente della Repubblica a sciogliere le Camere e presentiamoci, oggi, di fronte al corpo elettorale per costituire una nuova maggioranza, che riesca veramente a governare il nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, cercherò di svolgere un intervento sul merito senza farmi prendere dalla tentazione di commentare la crisi di Governo, anche se qualche considerazione al riguardo la farò ugualmente.
Mi limiterò ad intervenire su due articoli, in primo luogo sul 6-bis, che riguarda il mantenimento dei residui per le province istituende di Monza, di Fermo e di Barletta. Siamo arrivati all'inserimento di questo articolo grazie all'intervento incisivo del gruppo della Lega Nord Padania. Durante l'esame della legge finanziaria il centrosinistra ha provato ad eliminare l'istituzione di queste province con motivazioni, secondo noi, alquanto dubbie. In particolare, per la provincia di Monza, che è la realtà che conosco meglio, si tratta di un iter politico che ha coinvolto le amministrazioni, i comuni, da vent'anni ad oggi. Arrivare ora, al termine dell'iter dicendo che non si sarebbe fatto più nulla, al di là dell'affronto verso i cittadini, sarebbe stato particolarmente scorretto dal punto di vista istituzionale.Pag. 65
Ci siamo opposti; abbiamo presentato un emendamento che, fortunatamente, è passato. Sembrava che la questione fosse risolta. Invece, ci si riprova con un'altra via, quella di prosciugare le risorse delle istituende province, eliminando i 34 miliardi che servivano per istituirle veramente.
Anche questo atto è assolutamente scorretto sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista sostanziale. È stata data una motivazione tecnica, cioè i residui non erano più riportabili e quindi dovevano essere eliminati, perché non erano stati impegnati entro due anni. Facciamo finta che ciò vada bene dal punto di vista puramente tecnico-amministrativo e che non vi siano stati nel passato innumerevoli esempi di residui «riportati a nuovo». Però, qualcosa non quadra, proprio dal punto di vista logico.
Innanzitutto, siamo di fronte a enti inesistenti, cioè in fase di costituzione: come fa, quindi, un ente in fase di costituzione ad impegnare risorse se un'entità terza, il Governo, non gli ha ancora detto se può o non può partire? È evidente che in tale situazione il termine dei due anni non ha senso. La logica di tale norma amministrativa è che il residuo scompare qualora un ente esistente non lo impegni: e fino a qui ci siamo, è logico e va bene. Su questo punto però stiamo parlando di entità, le province, che non esistono ancora: come fa un ente che ancora non esiste ad impegnare risorse se ancora non ha da parte di un'altra entità, il Governo, il placet per partire? È una vera follia.
Oltretutto, nell'essere una follia, è un esempio di quella riforma subdola della Costituzione che è stata fatta, e di cui non si tiene conto fino in fondo, relativamente al trasferimento di competenze in materia di bilancio dal Parlamento al Governo. È un tema che si sta affrontando all'interno dell'ipotesi di modifica della legge di bilancio - parlo di «ipotesi» perché adesso non si sa più che cosa accadrà - che ha un suo interesse e una sua validità.
Di fatto, la Costituzione parla chiaro: la legge di bilancio è prerogativa del Parlamento, sono i parlamentari che stabiliscono come ripartire ed utilizzare le risorse. Invece, per tutta una serie di motivi, che sostanzialmente fanno capo all'abuso del maxiemendamento abbinato all'uso della questione di fiducia per l'approvazione della legge finanziaria, vi è una esautorazione totale delle prerogative del Parlamento, un trasferimento della competenza legislativa più importante, che è quella dell'approvazione di bilancio, in capo al Governo, che decide come vuole. Fin qui, potremmo forse pensare che sia un fatto efficiente anche dal punto di vista dell'organizzazione. Il problema è che non è neppure il Governo in quanto tale, ma sono le segreterie di partito.
Di fatto, abbiamo la trasformazione della nostra Costituzione da parlamentare, non a presidenziale, bensì ad oligarchica. Vi sono le oligarchie, le segreterie di partito che decidono come ripartire le risorse, con l'uso enorme del maxiemendamento, della questione di fiducia e dei decreti-legge, altro tema che, se avremo tempo, affronteremo: di fatto, il Parlamento diviene un simpatico convivio dove ci si trova, si discute, si parla, ma dove non si decide nulla, perché le decisioni sono prese altrove.
Tornando al merito del provvedimento, fortunatamente è stato inserito l'articolo in esame che prevede il salvataggio delle risorse e quindi delle istituende province: e fin qui potremmo anche essere d'accordo, pur con le perplessità che abbiamo prima detto.
Riguardo all'articolo 6, comma 8-sexies, che è «allucinante» dal nostro punto di vista - il collega Fugatti ha già anticipato il tema, ma veramente siamo al colmo dei colmi! -, dove si dice che i comuni, ovverosia «gli enti che non abbiano rispettato per l'anno 2006 le regole del patto di stabilità», possono disapplicare la sanzione, quindi nel 2007 assumere tranquillamente personale. Qualcuno ci dovrebbe spiegare la logica di una norma simile, che, secondo noi, è puramente «demenziale». Perché è demenziale?
Ebbene, abbiamo chiesto al Governo i dati sul triennio precedente, cioè su quanti comuni non abbiano rispettato il patto di Pag. 66stabilità e poi tra questi quanti hanno invece rispettato la sanzione, cioè non hanno assunto personale. La risposta «pazzesca» è che vi sono un determinato numero di comuni - non ricordo se 250 o 300, comunque non tanti - che hanno dichiarato di non aver rispettato il patto: l'hanno «dichiarato», quindi si tratta di un dato che non è certo! È un'ipotesi basata sulle autodichiarazioni dei comuni. Allora, noi qui onestamente ci spaventiamo: lo Stato non ha alcun controllo dei circa 8.100 comuni che vi sono in Italia, non sa nulla di quello che succede! Sta bene.
Seconda parte della questione: quanti di questi non hanno rispettato la sanzione e quindi non hanno assunto nuovo personale? È anche logico che, se un comune è spendaccione, è necessario porre un vincolo per non sprecare ancora di più. Ebbene, nella contabilità dello Stato questo dato non esiste. Quindi, non si dà alcun segnale di rigore, alla faccia delle chiacchiere che spesso vengono profuse ampiamente dagli ex ministri dell'ex Governo Prodi sul rigore e sul contenimento della spesa pubblica. Infatti, non c'è alcun controllo su chi effettivamente ha rispettato la sanzione.
Mi spiegate che cosa andate a dire ai vostri sindaci e ai i vostri amministratori, senza contare chi la pensa diversamente da voi? Nel caso in cui essi hanno rispettato il patto ed hanno compiuto sacrifici anche in termini politici - perché contenere la spesa è un sacrificio e va giustificato -, hanno dovuto alzare l'addizionale IRPEF e l'ICI per far quadrare i conti e rispettare il patto di stabilità, cosa andrete a dire se poi la sanzione che c'è non vale, nel senso che ognuno è libero di fare come vuole perché non controlla nessuno? È veramente un modo di governare la spesa pubblica che non ha alcuna logica e che è fuori dalla grazia di Dio.
Faccio un esempio concreto per capire come questo modo di gestire le risorse pubbliche ha portato e sta portando il paese Italia al baratro e sostanzialmente alla bancarotta. Io ho la fortuna di amministrare un comune di quasi seimila abitanti con trenta dipendenti. Quando ho iniziato nel 1999 erano trentasette. Sette in meno sono tanti, perché sette su trenta è una bella cifra. Ebbene, non c'è un cittadino che se ne sia accorto. E fin qui tutto va bene; il problema è che sono andato a vedere enti di dimensione analoga in altre zone del paese, in particolare nel centrosud, i quali hanno generalmente 130 dipendenti. Allora, qui pongo una prima domanda: che cosa fanno quei cento dipendenti in più? Onestamente, da sindaco e da amministratore, farei fatica a trovare anche un'organizzazione logistica nel piazzare cento persone che non fanno niente a che creano dei problemi.
Seconda domanda: quanto costano e chi paga? Quanto costano è facile calcolarlo; facendo un conto della serva, da 30 mila a 50 mila euro l'anno, in media 50 mila a testa all'anno. Sono 4 milioni di euro all'anno che quel comune appartenente a questa finzione giuridica che è lo Stato italiano ha in più. Si tratta di 4 milioni di euro di spese pubbliche in più, 8 miliardi di vecchie lire all'anno. Ad un sindaco che governa uno di questi enti con cento dipendenti più del normale, ho chiesto cosa ne pensasse; mi ha risposto che diversamente quei dipendenti in più starebbero in mezzo alla strada. Se prendessimo per buona questa affermazione e se quelle cento persone dovessero essere assunte necessariamente perché altrimenti starebbero in mezzo alla strada, a casa mia questo sarebbe un intervento di carattere sociale. Quindi, stiamo trasferendo risorse a scopo sociale; si tratta di un sussidio!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,50)
MASSIMO GARAVAGLIA. Ebbene se prendiamo per buono questo ragionamento, dovremmo tenerne conto nella contabilità del trasferimento delle risorse di carattere sociale di questo strano paese. Potremmo anche accettare, come Lega Nord, che in altre parti d'Italia per fare le stesse cose ci vogliano cento persone in Pag. 67più, e facciamo finta che vada bene, perché magari l'efficienza di queste trenta persone è molto superiore a quella delle 130. Sappiamo benissimo che non è vero.
Tuttavia, anche in un'ottica di solidarietà, potremmo anche accettare il ragionamento che è una necessità, in quanto altrimenti quelle persone starebbero in mezzo alla strada. Accettiamo tutto questo, ma chiediamo che si faccia una contabilità di carattere sociale e che se ne tenga conto. Ciò vuol dire che in relazione alla spesa sociale di queste regioni con abnorme surplus di personale, occorrerebbe computare i trasferimenti non in relazione all'efficienza o come macchina statale.
Chiediamo allora che venga considerato non efficiente quel comune che presenta personale sopra la media, che in relazione a questo si consideri la spesa sociale che si effettua e che essa venga computata come tale.
A questo punto, poi, redistribuiamo la spesa sociale su tutto il paese in maniera corretta, depurandola di tale surplus (il ragionamento potrebbe apparire un po' capzioso ma, probabilmente, non lo è tanto). Altrimenti, davvero si fa fatica a giustificare i nostri sindaci, i quali debbono continuare a fare sacrifici di fronte a sperequazioni così grandi e devastanti! Quattro milioni di euro per un comune solo! Ma quanti saranno i comuni in questa situazione? Non ho ancora avuto tempo di presentare un'interrogazione al riguardo in Commissione bilancio, ma il tema sarà sicuramente oggetto di uno dei prossimi atti di sindacato ispettivo che presenteremo (quando ci sarà il nuovo Governo, vedremo a chi rivolgerla), perché ci interessa conoscere il numero delle amministrazione con surplus di personale.
Se si intervenisse su questi aspetti, potremmo sperare in un futuro migliore per tutto il paese. Invece, cosa si fa? Cosa fa il Governo Prodi, con il ministro Padoa Schioppa, paladino del rigore e del contenimento della spesa pubblica? Aggiunge un bel comma 8-sexies all'articolo 6 e annuncia: Attenzione, anche se non hai rispettato il patto di stabilità, bravo! Assumi pure, e chi se ne frega!
Ma il segnale che si dà al paese è devastante: da un lato, si approva una legge finanziaria da 34 miliardi di euro quando, in realtà, prima dei dati fiscali, ne bastavano dieci (adesso, conosciuti i dati delle entrate fiscali, sappiamo che non serviva, come si suole dire, neanche un tubo di ferro e che, di conseguenza, si poteva anche non fare la finanziaria); dall'altro, i 20 miliardi di euro incamerati in più rispetto a quelli che erano necessari (sempre avendo riguardo ai dati precedenti al boom delle entrate fiscali) non vengono utilizzati per il benessere, per rilanciare il paese, ma vengono ripartiti tra gli ex ministeri degli ex ministri per elargire prebende di dubbia utilità, che non genereranno ricchezza nel paese, che non produrranno PIL, che non creeranno un futuro per i nostri figli e per i nostri nipoti! È questo l'assurdo! È questo il motivo principale per il quale il Governo Prodi è stato giustamente battuto! Vedremo cosa verrà fuori, ma un nuovo Governo del centrosinistra sicuramente volerà, come si dice dalle mie parti, con le ali e le orecchie molto più basse!
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MASSIMO GARAVAGLIA. Mi avvio a concludere, signor Presidente.
L'effetto delle disposizioni, dei provvedimenti che avete approvato ha portato il paese al livello di spesa del 48,5 per cento del PIL: un vero disastro, un record storico del quale i cittadini si ricorderanno sicuramente alle prossime elezioni! Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, desidero segnalare una questione che, pur sembrando particolare, si inserisce nell'ambito generale delle «stravaganze» Pag. 68legislative (ormai, devo dirlo). Nel caso specifico, si tratta della «condanna a morte», da parte del Parlamento, di un settore produttivo che, con il suo indotto, dà lavoro a duecentomila lavoratori: la pellicceria italiana, vale a dire gli allevamenti italiani di animali da pelliccia.
In teoria, la normativa in esame dovrebbe concernere la proroga di termini. Da questo punto di vista, credo siamo tutti d'accordo sul fatto che, per prorogare un termine, deve essere stabilito una scadenza relativa a qualche adempimento. Invece, come sapete, nel corso della prima lettura del provvedimento alla Camera, è stato approvato dalla Commissione un emendamento che non si limita a prorogare il termine riguardante gli allevatori in parola, ma inserisce nell'ordinamento, ex novo, tutta una serie di adempimenti onerosi non contemplati dalla normativa europea, operativi esclusivamente in Italia e, di conseguenza, tali da mettere fuori mercato i nostri produttori e da costringerci ad approvvigionarci di animali da pelliccia presso produttori di altri paesi europei che non sopportano oneri analoghi.
Non è che la Camera abbia, per così dire, dormito: la Commissione agricoltura si è accorta subito di quanto stava accadendo - devo dargliene atto - e, all'unanimità, ha trovato, con i produttori, una soluzione che, da una parte, abbreviava un termine e, quindi, rendeva più velocemente realizzabili alcune ristrutturazioni e, dall'altra, «cassava» quella parte della predetta disposizione (che non stava né in cielo né in terra) con la quale venivano introdotti i nuovi ed impegnativi adempimenti.
Purtroppo, quando il testo è giunto all'esame dell'Assemblea, la Presidenza ha dichiarato inammissibile l'emendamento predisposto dalla Commissione agricoltura, avallato dalla Commissione affari costituzionali, sul quale era stata trovata la suddetta intesa.
A questo punto, devo dire, con grande sorpresa e con grande sconcerto che il Senato con un emendamento non inserisce il compromesso raggiunto alla Camera, non si fa carico della riflessione avvenuta in Commissione agricoltura, ma riesuma il testo originario della I Commissione. Quindi, nel testo oggi al nostro esame, ritroviamo la norma innovativa che, attraverso un provvedimento di proroga termini, prevede adempimenti onerosi per i produttori, come se tutto il dibattito e l'approfondimento svolto alla Camera non fosse servito a nulla.
Di fronte ad una situazione del genere, bisogna essere sconcertati, in primo luogo dal punto di vista normativo. Infatti, mi sono permesso di parlare con gli organi competenti del Senato e, prima che l'emendamento fosse votato, ho posto loro il seguente quesito: come potete rendere ammissibile un emendamento di proroga termini se non vi è un termine da prorogare? Questo emendamento stabilisce semplicemente che, sulla base della normativa italiana, i produttori sono costretti a determinati adempimenti. Dov'è il termine? L'unica cosa che mi hanno saputo rispondere è che la Commissione è sovrana e che, nonostante si rilevasse l'anomalia di tale proposta emendativa, non se la sono sentita di intervenire.
Dunque, come sottolineato da vari colleghi, alla Camera dei deputati valgono norme assolutamente restrittive, che non consentono di fare politica perché, anche quando si trovano intese, la Presidenza poi dichiara inammissibili le relative proposte emendative. Al contrario, in nell'altro ramo del Parlamento, quello che qui è impossibile diventa possibile. In tal modo si distruggono i produttori italiani.
L'imbroglio è derivato dal fatto che chi al Senato ha sostenuto quell'emendamento lo ha fatto affermando che era quello sul quale era stata trovata l'intesa alla Camera, mentre si trattava della proposta emendativa originaria che tutti eravamo d'accordo nel cancellare.
Per cancellare l'obbrobrio del Senato, ho presentato un emendamento che mi auguro sia approvato. Se così non fosse, ho preannuncio la presentazione di un ordine del giorno - certo, indirizzato ad un Governo che in questo momento non c'è - che impegna l'Esecutivo a ristabilire una situazione fisiologica in grado di conPag. 69sentire a tutto il comparto degli animali da pelliccia in Italia di non chiudere i battenti, ristabilendo dunque ciò che la Camera non ha potuto realizzare, nonostante si fosse raggiunto un accordo in proposito.
Quindi, invito i colleghi ad esprimere un voto favorevole sul mio emendamento. Ciò servirebbe da lezione al Senato, affinché capisca che non può fare tutto quello che gli pare, in quanto esiste anche una Camera dei deputati che ha eguali diritti e doveri nei confronti del paese e che non può essere svuotata delle sue competenze!
Quindi, raccomando l'approvazione del mio emendamento e qualora venisse respinto, mi auguro che tutti i colleghi vorranno sostenere l'ordine del giorno, di cui preannuncio la presentazione, perché al più presto possibile si cancelli quell'errore che avrebbe conseguenze molto gravi su tutto il nostro apparato produttivo e, in particolare, sulla produzione delle pellicce che, come abbiamo sempre detto, salva l'economia italiana perché è fantasia, perché è moda, perché è made in Italy, perché è qualificazione, perché è qualcosa di veramente utile per il nostro paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, le riflessioni espresse negli interventi che questo pomeriggio ho potuto ascoltare in Assemblea, riguardanti il complesso degli emendamenti presentati alle modifiche apportate al Senato, forniscono degli spunti per alcune riflessioni su una situazione generale che, sicuramente, non è semplice né riguardo alla forma né riguardo alla procedura.
Il collega Garavaglia ha fatto bene ad osservare che, in fin dei conti, l'ente rappresenta l'istituzione più vicina al cittadino, quella che risente di più di condizioni non certo agevoli e dell'immediata reazione del cittadino che chiede allo Stato, al Governo, al Parlamento di legiferare in forma semplice, comprensibile e trasparente.
Quindi, anche a me vengono in mente le parole d'ordine pronunziate dalla maggioranza all'inizio di questa legislatura; con toni più o meno accesi si rinfacciava alla minoranza che Prodi aveva vinto le elezioni, che l'Italia intera sarebbe stata riformata e che le procedure sarebbero state semplificate.
Il ministro Padoa Schioppa diceva che si sarebbe recuperata l'evasione fiscale e che la programmazione economica e finanziaria avrebbe favorito rigore e contenimento della spesa pubblica; per non parlare poi delle liberalizzazioni e di tanti altri argomenti che dall'inizio della legislatura sono stati affrontati di volta in volta in Assemblea.
La maggioranza che avrebbe dovuto essere coesa, compatta e che avrebbe dovuto governare per cinque anni ininterrottamente e senza incidenti di percorso, oggi, purtroppo, deve fare i conti con una verifica interna per poter andare avanti.
Come dicevano in precedenza i colleghi Garavaglia e Fugatti, dobbiamo cercare, nell'ambito degli interventi sul complesso degli emendamenti, di entrare nel merito delle questioni. Di conseguenza, anch'io voglio subito rilevare come le scelte che sono partite dal basso, attraverso battaglie politiche e referendum popolari - come quelli per rivendicare l'autonomia di alcuni territori, o quelli per costituire nuove province (Monza ne è un esempio) - vengano rimesse in discussione grazie alla cancellazione delle necessarie risorse finanziarie: la gatta frettolosa fa i gattini ciechi, quindi i provvedimenti d'urgenza e di proroga, anziché risolvere i problemi, a volte li complicano.
Personalmente condivido le tante questioni evidenziate negli interventi dei colleghi dell'opposizione che mi hanno preceduto e faccio mie anche le considerazioni svolte in sede di esame sulla sussistenza dei requisiti costituzionali.
Voglio ricordare che nel precedente dibattito alla Camera era stata posta la questione dei criteri in base ai quali valutare l'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti-legge che, invece, al Senato sono interpretati in senso meno restrittivo.Pag. 70
Siamo di fronte ad un provvedimento sul quale si è già ampiamente discusso in sede parlamentare e l'opposizione ha già messo in luce ciò che non va bene, che non serve al cittadino e che non favorisce le amministrazioni locali.
Quindi, questa definizione di «mille proroghe» - affibbiata al decreto-legge in via di conversione dal dibattito politico - rimanda, per analogia e per assonanza, alla figura di un insetto, come ha ricordato qualcuno, al Senato, nei giorni scorsi: il «millepiedi»! O meglio, vista la logica con cui si è elaborato il provvedimento in esame, forse sarebbe meglio parlare di un «mille mani»: mille mani libere del Governo, per intervenire in settori di maggiore interesse. Mille mani libere che, però, si sono ingarbugliate su sé stesse!
Detto ciò, in questa fase relativa alla discussione sul complesso delle proposte emendative presentate, voglio evidenziare come, ancora una volta, su tutti i provvedimenti e sul lavoro complessivo della Camera dei deputati vi sia, sempre e comunque, un equivoco di fondo. Mi riferisco al fatto di non dare o di non aver dato segnali concreti per riformare e modificare questa struttura complessa, che sicuramente non agevola il lavoro.
Le riforme possono certamente migliorare una situazione in cui, tutte le volte, bisogna rincorrere le questioni con provvedimenti d'urgenza e di proroga per far sì che alcune norme non decadono o per garantire un obbligo che, comunque, lo Stato ha nei confronti di tante persone e di numerose categorie.
Con gli attuali sistemi, amministrare lo Stato, gli enti locali, le regioni, le province ed i comuni non è semplice. Vorrei segnalare che gli enti locali stanno predisponendo (o lo hanno già fatto in queste settimane) i bilanci di previsione per il 2007. Già con fatica hanno dovuto attendere le norme stabilite dalla legge finanziaria; inoltre, vediamo bene con quale fatica i sindaci ed i presidenti di provincia chiudono in equilibrio gli esercizi finanziari. Lo fanno, tuttavia, riducendo i servizi ed aumentando le imposte: alla fine, insomma, si mettono sempre le mani in tasca ai cittadini!
Si tratta, comunque, di un sistema complesso, che tende a svalutare le autonomie locali, nonché quei principi di sussidiarietà e di autogoverno di cui tutti si riempiono ogni giorno la bocca, per poi deviare verso, e comunque sempre, una deriva centralista! Ciò non fa certo onore ad un paese che non può stare unito - desidero ribadirlo, così come ho già fatto in altre occasioni - solo per gli appelli del Presidente della Repubblica! Il paese, infatti, deve rimanere unito, valorizzando le differenze, senza dimenticare le identità locali.
Vorrei evidenziare che, all'interno del decreto-legge in esame, sono state introdotte disposizioni relative anche a materie ad esso estranee. I provvedimenti d'urgenza recanti proroghe di termini sono stati, in passato, oggetto di dubbi di costituzionalità, i quali, tuttavia, appaiono ormai superati dall'esistenza di molteplici precedenti: ricordo come il giudizio espresso dal Comitato per la legislazione sia stato particolarmente severo.
Oggi, pertanto, come detto inizialmente, ci si trova dinanzi ad una situazione rispetto alla quale sono auspicabili cambiamenti di rotta, da realizzarsi con le riforme, che eviterebbero di correre ogni volta il rischio della paralisi totale. Ciò, infatti, non agevola per nulla l'espletamento del mandato cui noi parlamentari siamo stati chiamati.
Segnalo che, al Senato della Repubblica, sono state introdotte disposizioni fortemente peggiorative sia del testo originario, sia di quello licenziato dalla Camera dei deputati. Ricordo, per quanto concerne gli enti locali, la cancellazione delle sanzioni previste dal patto di stabilità interno. Ci troviamo di fronte, quindi, ad un nuovo provvedimento, il quale risulta essere fortemente modificato un'altra volta.
Sappiamo tutti che, attraverso il conferimento di deleghe al Governo, il Parlamento viene sostanzialmente svuotato di numerose sue funzioni. Aveva ragione il Pag. 71collega Stucchi, intervenuto in sede di discussione sulle linee generali del provvedimento, quando ha affermato che: fatta la legge, trovata la delega; fatta la legge, trovata la proroga!
Non è questo il modo corretto di procedere e di legiferare! Infatti, con provvedimenti di questo tipo, con le modifiche apportate dal Senato e, ora, con le proposte emendative presentate non stiamo certamente dando un segnale positivo a tutti i nostri cittadini. C'è sicuramente bisogno di una svolta ed occorre riformare il paese.
Vorrei adesso soffermarmi su alcune di queste modifiche.
Il comma 6 dell'articolo 1 modifica le disposizioni recentemente dettate dalla legge finanziaria per il 2007 in materia di reclutamento dei dirigenti scolastici (l'hanno già ricordato in tanti) e di procedura transitoria delle nomine. In particolare, fissa il termine del 31 dicembre 2007 per l'emanazione del regolamento che definirà nuove procedure concorsuali e specifica che, ai fini della prevista nomina di alcune categorie di candidati al corso concorso ordinario del 2004, i candidati ammessi di diritto alla fase di formazione del medesimo concorso sono anteposti ai candidati ammessi con riserva, a seguito di provvedimenti cautelari in sede giurisdizionale o amministrativa. Anche qui abbiamo qualcosa da dire e con le proposte emendative presentate cerchiamo di correggere questa rotta.
Il comma 2, aggiunto all'articolo 3-quater, differisce al 31 dicembre 2007 il termine previsto dall'articolo 9, comma 17, della legge finanziaria per il 2003, entro il quale i soggetti interessati dal sisma del 1990, che ha colpito le province di Catania, Ragusa e Siracusa, possono provvedere ai versamenti non ancora effettuati per definire la propria posizione tributaria e contributiva relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, disposizione che interviene, inoltre, sull'entità del versamento, da effettuare ai fini di tale definizione, come già ricordato molto bene dall'onorevole Caparini ieri.
Ci riserveremo, come gruppo della Lega, nelle sedi successive, di trattare, punto per punto, con attenzione, i singoli emendamenti. Non stiamo certo vedendo un provvedimento in senso federalista, con il quale si andranno a tagliare tasse alle regioni. E dite alle regioni di abolire i ticket! Le regioni dove vanno a prendere i soldi? Nelle tasche dei cittadini?
Valgono per me tutte quelle considerazioni fatte, in materia specifica, dai colleghi della minoranza che mi hanno preceduto.
Il gruppo della Lega Nord, lo sostengo da sempre, non ha atteggiamenti preconcetti, ma si impegna a far sentire la propria voce. Si impegna, in modo particolare, a far sentire la voce del nord, pur sapendo che, magari, non troverà ascolto, perché l'idea madre del Governo dimostrata fino a ieri, dimostrata fino ad oggi con tutti i relativi provvedimenti, è quella di rafforzare comunque il centro.
Al contrario, Presidente, intendiamo valorizzare la periferia e penso che il segnale evidente sulla voglia di sostenere fortemente l'autonomia provinciale sia stato dato in più occasioni in quest'Assemblea: sostenere la periferia e soprattutto quel nord Italia ai cui destini è legato il futuro dell'intero paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, mi ricollego a ciò che ha osservato il collega Bodega che mi ha appena preceduto. Ha parlato della Padania e di una serie di disparità di trattamento tra zone diverse del paese. Credo che all'interno di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, disparità territoriali ve ne siano molte. Tuttavia, cercherò di spiegare la ratio delle proposte emendative sicuramente migliorative che abbiamo presentato e che saranno sottoposte all'attenzione dei colleghi.
Il provvedimento al nostro esame contiene non soltanto la proroga dei termini, ma anche disposizioni di delegazione legislativa. Tale delegazione legislativa, inserita Pag. 72nel disegno di legge di conversione durante l'esame al Senato, è una cosa grave. L'abbiamo detto in mille salse, anche in sede di discussione sulle linee generali, ricordando anche l'iniziativa del presidente Violante attraverso una lettera indirizzata al Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, sulla questione delle deleghe, sulla disparità di trattamento, sull'impossibilità di effettuare determinate operazioni emendative alla Camera, cosa che, invece, è concessa al Senato. Ma soprattutto ricordo che esiste una disposizione recata dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 che fa divieto di introdurre norme recanti deleghe legislative nei decreti-legge; è vero però che vi sono precedenti in senso contrario. Però, è altrettanto vero che, se negli anni passati vi è stato un malcostume diffuso ed una violazione palese delle norme in vigore, ciò non deve costituire una scusante né può essere accettato e neppure può giustificarsi osservando che anche gli altri lo hanno fatto. Il cambiamento di rotta tanto promesso dal vecchio Governo Prodi era anche basato su dichiarazioni del tipo: noi saremo diversi; noi faremo interventi diversi, rispettando le normative in vigore. Constato, invece, che, quando serve, si ignorano le normative o si finge di non conoscerle e quindi si violano tranquillamente senza, problemi con la propria coscienza personale o politica (non so quale delle due prevalga in questi casi).
Quindi, le deleghe recate sono relative: l'una, ai correttivi al decreto legislativo sul Corpo nazionale dei vigili del fuoco; l'altra, molto, molto più delicata (che sicuramente necessiterebbe di una discussione in Parlamento), alla Convenzione di Oviedo. Quanto a quest'ultima, ricordo che concerne i diritti dell'uomo e la biomedicina e ricordo altresì che esiste un protocollo addizionale alla convenzione medesima. Sono temi molto delicati perché si tratta di proteggere la dignità e l'identità degli esseri umani e di garantire il rispetto della vita; si tratta di decidere sul genoma umano e sono, quindi, questioni la cui definizione non mi sembra possa in alcun modo essere attribuita, tramite una delega, così tranquillamente al Governo (che, quindi, deciderà su tali questioni con un decreto legislativo).
Ritengo che il Parlamento meriti rispetto e meriti quindi di poter discutere appieno tematiche così delicate senza in ipotesi doversi limitare solamente ad esprimere un parere in sede di Commissioni competenti. Ebbene, noi siamo in questa sede per fare altro, probabilmente proprio per discutere tematiche così importanti, che appartengono alla coscienza dei nostri cittadini. Noi, infatti, in quanto loro rappresentanti in quest'aula, dobbiamo essere in grado di portare all'interno dei nostri lavori le loro istanze, le istanze che quotidianamente recepiamo parlando con loro.
Dobbiamo discutere delle percezioni e dei desiderata reali della gente comune. Dico gente «comune», ma si tratta poi di chi, per così dire, tira la carretta, fa crescere questo paese, si alza presto la mattina per permettere a questo paese di avere anche un incremento del PIL. Quest'ultimo infatti, si incrementa non solo con disposizioni contenute in una legge finanziaria, ma anche se vi sono cittadini che credono nel paese e imprese che vi credono, gente che ha voglia di sacrificarsi e di lavorare. Quindi, da tale punto di vista, stiamo perdendo un'occasione.
Poi, vi è sempre la possibilità che il Governo non eserciti questa delega; però, quanto fatto al Senato in violazione della legge n. 400 del 1988 è sicuramente cosa grave e crea, come dicevamo anche qualche giorno fa, una disparità tra il ruolo di deputato e quello di senatore. Noi riteniamo invece che, essendo il nostro un sistema di bicameralismo perfetto, non vi possano essere tali disparità.
Venendo al merito del provvedimento ed ai correttivi ed alle integrazioni apportati al Senato, ci rendiamo conto che oltre alla questione delle deleghe esistono e sono inserite nel testo tutta una serie di misure che hanno poco a che fare con la proroga di termini. Alcuni di quelli che comunque possono essere ricondotti, se vogliamo, ad un discorso di proroga di Pag. 73termini, sono interventi che nuocciono all'interesse stesso del paese e dei cittadini.
Se andiamo a vedere, ad esempio, la proroga del regime transitorio in materia di norme tecniche per le costruzioni (articolo 3, comma 4-bis), ci troviamo di fronte ad un esempio grave, gravissimo, di disapplicazione, se vogliamo definirla così. Vi è, infatti, una proroga per l'entrata in vigore delle nuove normative e quindi una disapplicazione di nuove normative che sono molto più ferree, molto più attuali, rispetto a quelle precedenti del 1971, che invece si autorizza ancora ad utilizzare per più di un anno.
Quando noi abbiamo a che fare con provvedimenti varati negli anni passati o nei mesi passati (faccio solo questo esempio, ce ne sarebbero tantissimi altri) che finalmente stabiliscono delle disposizioni certe su come devono essere realizzate le costruzioni, magari per questioni legate ai terremoti, quindi disposizioni antisismiche, che tengono conto degli elementi strutturali delle costruzioni che devono essere realizzate, e viene emanato un decreto ministeriale che recepisce tutto ciò, sulla base delle conoscenze oggi presenti per prevenire determinati fenomeni, e poi si dice che lo stesso decreto ministeriale può essere accantonato perché nel frattempo, per un po' di mesi, possono valere ancora le norme in vigore datate 1971, ebbene, non si rende un buon servizio. In questo modo, infatti, non si dà ai cittadini maggiore sicurezza, maggiore certezza, si favorisce qualcuno forse, anzi sicuramente, ma non si traccia una linea d'azione che vada nella direzione di garantire maggiore sicurezza ai cittadini.
Questo è solamente uno degli elementi di questo decreto-legge che lasciano perplessi, allibiti, lasciatemi utilizzare questi termini, perché, veramente, leggendo le modifiche introdotte dal Senato verrebbe voglia di tornare al testo originale e rimandare questo provvedimento all'altro ramo del Parlamento, e magari chiedere giustificazione ai nostri colleghi senatori del perché sono state inserite tali modifiche. Ma questo non lo possiamo fare, dobbiamo rispetto anche all'altra Camera.
Passiamo allora ad un'altra questione: ricordo - ero presente in quest'aula alla fine degli anni Novanta - che si discusse una proposta di legge a favore del comune di Sotto il Monte Giovanni XXIII per lo stanziamento, in previsione della beatificazione di papa Giovanni XXIII, di 10 miliardi di lire di allora. Quella proposta di legge venne bloccata (governava il centrosinistra naturalmente in quel periodo, fino al 2001), perché qualcuno pretese che, se si approvava la proposta di legge relativa a Sotto il Monte Giovanni XXIII, si doveva approvare anche una proposta di legge simile, che stanziava un importo pari, per il comune di Pietrelcina. Cosa è successo? Noi ci troviamo oggi a discutere l'articolo 3-bis, in cui vengono riproposti interventi a favore del comune di Pietrelcina.
Nel comune di Sotto il Monte Giovanni XXIII, i 10 miliardi che sono arrivati nel 2001-2002 sono stati spesi per migliorare l'accoglienza dei fedeli, per migliorare le infrastrutture, per realizzare opere, insomma, che servono anche al turismo religioso che si svolge in quella località. Nel comune di Pietrelcina, questi soldi sono stati assegnati, evidentemente sono stati spesi, e non sono stati sufficienti.
Ricordo che i provvedimenti vennero approvati contemporaneamente in sede legislativa dalle competenti Commissioni di Camera e Senato. Ebbene: la legge che riguardava Pietrelcina stanziava ulteriori fondi, rispetto ai 10 miliardi previsti all'inizio per entrambi i comuni.
Oggi, però, diamo un ulteriore premio a chi non è stato in grado di utilizzare al meglio quei fondi, a chi, magari, ha appaltato opere per un milione o due milioni di euro e che, alla fine, sono costate tre, quattro o cinque milioni di euro, senza controllare nulla. Gli diamo un ulteriore premio, perché prevediamo che, per gli anni 2007, 2008 e 2009, quel comune debba ricevere ancora un milione e mezzo di euro l'anno!
Non voglio porre la situazione a livello di una competizione tra figure religiose più o meno amate. Non è sicuramente questo il problema, però, credo che, di Pag. 74fronte a un atteggiamento di questo tipo, viene premiato chi non è stato in grado di gestire al meglio i fondi pubblici e di realizzare quelle opere cui i fondi erano finalizzati. Invece, il comune che, giustamente, come il comune di Sotto il Monte San Giovanni XXIII, ha avuto la sua quota e ha fatto tutto quello che doveva fare, non viene neanche tenuto in considerazione.
Io non chiedo soldi per il comune di Sotto il Monte San Giovanni XXIII - sia chiaro -, però voglio evidenziare che, in quella zona, tutto ciò che serviva è stato fatto con i soldi stanziati, mentre, in altre zone, non solo non è stato fatto quello che si doveva fare, ma si chiedono ulteriori finanziamenti, in parole povere, di altri 9 miliardi di lire. Praticamente, si tratta di una cifra doppia rispetto alle previsioni iniziali e, magari, ci troveremo nel 2009 a dire che bisogna dare altri due o tre milioni di euro l'anno per altri tre anni, sempre al comune di Pietrelcina, perché le opere non sono ultimate. Non sarebbe una novità.
Per carità, esistono opere nel nostro paese i cui tempi di realizzazione sono biblici e, da questo punto di vista, non ci scandalizzeremmo molto. Ormai, siamo abituati a tutto, anche se non lo accettiamo. Possiamo sapere e verificare l'esistenza di certe situazioni, ma non rinunceremo mai a batterci contro questo malcostume e a denunciarlo, perché, forse, siamo nati per questo. Siamo nati anche per difendere gli interessi dei cittadini, a prescindere da dove essi siano collocati.
Se i cittadini di Pietrelcina non ricevono i fondi pubblici stanziati dal Governo, che in gran parte provengono dalla Padania - ma questo poco importa a chi gestisce le casse a Roma -, per noi è importante, comunque, dare risposte ai cittadini. Se questi interventi non vengono realizzati e i soldi vengono sprecati, chi ha pagato si arrabbia due volte.
Un'altra questione importante credo sia quella sollevata dalla collega Biancofiore, relativamente all'articolo 6, comma 7-ter, sulla situazione legata alla non applicabilità alle province di Trento e Bolzano della proroga per le concessioni idroelettriche.
Ritengo che si debba fare un discorso di uguaglianza e di parità. È vero che esistono delle autonomie speciali, che, spesso, vengono anche invidiate, perché, sicuramente, chi vive nelle regioni a statuto speciale gode di un'autonomia che permette di dare risposte più rapide e migliori ai propri cittadini. Però, a volte, bisogna anche cercare di trovare un filo conduttore che non penalizzi troppo chi risiede in altre zone del paese.
Pertanto, secondo me, dobbiamo riflettere se questa può essere una concessione eccessiva o se, invece, come qualcuno ha denunciato in quest'aula, è una concessione estorta.
PRESIDENTE. La prego...
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, mi avvio a concludere.
Bisogna capire se ciò è stato ottenuto grazie ad una posizione particolare, all'interno della maggioranza, che permette ai rappresentanti di un partito di essere determinanti per la sopravvivenza stessa del Governo - cosa che ormai non è più -, oppure per garantire, spesso, il numero legale all'interno di quell'aula.
Ci sarebbero tante altre questioni di cui parlare, signor Presidente. Interverrò sugli emendamenti successivamente, con la speranza che almeno alcuni vengano recepiti, ben conoscendo le difficoltà del momento politico in cui ci troviamo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo della Lega Nord esprimerà un secondo voto contrario su questo provvedimento, per una serie di ragioni. Le prime che vorrei evidenziare sono certamente di carattere politico, in quanto questo provvedimento è figlio di una precisa linea politica seguita dal Governo, anzi, meglio, è figlio della mancanza Pag. 75di una linea politica del Governo. Infatti, quando si vara un provvedimento cosiddetto «mille proroghe», che reca norme su materie così eterogenee quali quelle contenute in questo decreto-legge, con disposizioni che, oltretutto, spostano termini anche con riferimento ad altri capitoli (è il caso, ad esempio, della riapertura dei termini in tema di misure contro l'usura ed antiracket), ciò significa che il Governo non ha elaborato, su tali materie, una linea politica e non ha fatto proposte chiare ed univoche.
Qualcuno potrebbe obiettare che i provvedimenti «mille proroghe» sono sempre esistiti. È vero, ma non si ricorda un Governo che, come questo, abbia, per così dire, navigato nell'incertezza più assoluta; si veda il provvedimento approvato questa mattina; si veda il provvedimento che giungerà in aula prossimamente, sulle liberalizzazioni. Tale incertezza assoluta l'abbiamo rilevata riguardo a molte materie importanti, ad esempio in politica economica: oggi vi sarebbe bisogno di una linea chiara, per ridurre la spesa pubblica e favorire lo sviluppo; invece, la legge finanziaria ed anche altri provvedimenti vanno nella direzione contraria. La manovra non riduce la spesa pubblica, ma l'aumenta e, nel caso di specie, aumenta la spesa inutile, quella dello Stato e dell'assistenzialismo, senza varare alcuna misura concreta per lo sviluppo, anzi, mettendo in campo una politica di inasprimento della pressione fiscale senza precedenti.
Anche con riferimento alla politica estera sono emerse contraddizioni all'interno della maggioranza: non da ultimo, sulla base militare di Vicenza il Presidente del Consiglio si affrettava a garantire il rispetto degli accordi internazionali mentre altri ministri sconfessavano la politica del premier, affermando che, invece, bisognerebbe tenere in proposito un referendum. Insomma, questo ex Governo, che dice tutto e il contrario di tutto su altri argomenti presenti nel dibattito politico di questi giorni, ovvero sui Pacs e sui Dico, ci fa assistere a litigi riportati dai giornali e dalla televisione. Oltretutto, si pone al centro dell'attenzione una materia che non mi sembra così importante rispetto a tutte le altre priorità del paese.
Proprio per tali motivi il provvedimento di proroga termini viene visto come un altro tassello non da inserire in un puzzle, ma da buttare in un quadro assolutamente indefinito. Inoltre, questo provvedimento presenta anche altri aspetti da noi ritenuti assolutamente negativi. Basti pensare a quelli collegati all'iter parlamentare di questo disegno di legge. Nello scorso passaggio alle Camere vi è stata, in proposito, una decisione senza precedenti, presa dal Presidente della Camera, che ha «strozzato» il dibattito parlamentare ed ha impedito di correggere, anche in senso migliorativo, il provvedimento stesso. Infatti, è stata dichiarata inammissibile una serie di emendamenti e tale decisione ha comportato che talune disposizioni correttive non siano state inserite nel dibattito parlamentare. Si tratta di disposizioni giuste, come ad esempio quella che avevamo proposto per prorogare il termine volto a consentire la messa in regola rispetto alle norme relative alle quote latte. Le esigenze dei nostri agricoltori sicuramente avrebbero meritato attenzione da parte del Parlamento. Tuttavia, tale emendamento non è stato accolto, al contrario di altri, sicuramente più discutibili, che puntualmente sono stati dichiarati ammissibili nonostante la «ghigliottina» del vaglio di ammissibilità calata dal Presidente della Camera.
Siamo pertanto contrari anche alle modalità con cui si è svolto il dibattito parlamentare. Lo affermiamo anche nella prospettiva che la Camera venga sempre maggiormente esautorata dal suo ruolo e dalla sua funzione nei confronti di un ex Governo che presenta tutti i propri provvedimenti «blindati» facendoli approvare a colpi di fiducia ed anche di fronte al fatto che al Senato alcune cose sono consentite, come hanno ricordato in aula il presidente della I Commissione ed altri onorevoli colleghi, in quanto nell'altro ramo del Parlamento il regolamento viene interpretato in modo estensivo, mentre alla Camera lo stesso non può esser fatto. Pag. 76In tal modo, la Camera dei deputati, che dovrebbe essere la Camera politica, si trasforma in una Camera di ratifica; al contrario, il Senato, che in un sistema bicamerale dovrebbe essere una Camera a carattere riflessivo, diventa il ramo del Parlamento dove si formano i provvedimenti: difatti, siamo qui, per la seconda volta, a discutere il provvedimento emendato.
Siamo fermamente contrari, inoltre, a che la decisione del Governo e del Presidente contribuisca a dare un'ulteriore «mazzata» alla costituzione della nuova provincia. La Lega si è sempre battuta per la costituzione della provincia di Monza, ritenendo che la realizzazione di questa entità territoriale al nord fosse rappresentativa delle istanze, vere e concrete, di autonomia provenienti dal territorio, che hanno portato finalmente all'approvazione della relativa legge istitutiva. Si tratta di istanze di carattere socio-culturale, legate all'identità di un territorio, ed anche di carattere socio-economico. L'istituzione della provincia di Monza è stata, quindi, deliberata con libero voto da parte del Parlamento, dopo che era stata attivata tutta la procedura a livello di enti locali; invece, questo Governo vuole impedire l'attuazione di una legge approvata dal Parlamento.
Questo, infatti, è il senso di non voler prorogare le disposizioni che consentono l'attuazione concreta e l'insediamento degli organismi di una nuova provincia. Vorrei anche evidenziare come vi sia una sostanziale differenza tra il modo di operare dei commissari e quello degli enti locali. Questi ultimi, quando non si riesce a spendere entro la fine dell'anno i fondi, adottano una delibera generica di impegno e trovano il modo per poter impegnare tali fondi. Un commissario, invece, questo non lo può fare. Allora, è doppiamente insensata la decisione che è stata assunta di non consentire la proroga per l'attuazione di questi adempimenti. Questa decisione, lungi dall'essere di carattere tecnico, è di carattere politico. Voi siete contro l'istituzione della provincia di Monza e volete in ogni modo impedirla. Quindi, per l'ennesima volta, date la dimostrazione di voler soffocare l'identità dei territori e di voler portare avanti una politica che è l'esatto contrario del federalismo. Ogni spazio che voi trovate per poter riaffermare il centralismo lo utilizzate sistematicamente e l'abbiamo visto anche con il decreto-legge al nostro esame.
Un'altra istanza della Lega è la proroga al 31 luglio 2007 della possibilità per i soggetti colpiti dall'alluvione del novembre 1994 di definire in via automatica la propria posizione tributaria relativamente agli anni 1995, 1996 e 1997, versando il 10 per cento delle somme ancora dovute, analogamente a quanto già previsto dalla scorsa finanziaria per gli abitanti di Catania, Ragusa e Siracusa, colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990. Tale possibilità fu introdotta, grazie all'impegno della Lega a favore dei cittadini e delle imprese del Piemonte colpiti dall'alluvione straordinaria e distruttiva del 1994, dalla legge finanziaria 2004.
Tali agevolazioni tributarie, insieme al decreto ministeriale che permette la rideterminazione dei contributi sui mutui richiesti dalle imprese alluvionate secondo i danni effettivi subiti, hanno dato nuove possibilità alle nostre imprese piemontesi, tuttora provate finanziariamente a causa degli alti mutui che sono state costrette a contrarre per salvare le proprie attività economiche distrutte dalle alluvioni.
Per questi motivi ed altri ancora la Lega Nord ribadisce che voterà contro la conversione in legge di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Lei, signor Presidente, stamattina ha ritenuto di «rampognare» un membro del suo gruppo in riferimento a delle allocuzioni che aveva fatto riguardo al Presidente della Camera. Credo che lei abbia ben adempiuto al suo dovere, ma credo altresì che il Presidente della Camera debba conquistare il rispetto di quest'aula non per l'autorità, ma per l'autorevolezza del suo comportamento.Pag. 77
Io credo che il perito industriale, quando ha detto a tutti che avrebbe dovuto partecipare alla manifestazione di Vicenza e che non ci andava proprio perché era Presidente di questa Assemblea, in quel momento usava evidentemente la sua autorità, non certo la sua autorevolezza perché, se come egli stesso ha detto, non era coerente con la sua carica palesarsi di parte all'interno di una manifestazione, i cui frutti sono stati raccolti da tutta l'Italia ieri, non solo non doveva andarci, ma non doveva neanche fare quella dichiarazione.
Su questo decreto-legge mi limiterò a fare delle prospettazioni di carattere formale, perché il gruppo al quale mi onoro di appartenere con numerosi esponenti ha già provveduto ad enucleare i punti di maggior interesse sostanziale e quindi i motivi per cui il nostro gruppo voterà in maniera contraria rispetto all'approvazione. Il primo è che, quando si tratta di «mille proroghe», vuol dire che vi sono mille provvedimenti che vanno a scadenza, e la scadenza non è una cosa che piove dal cielo, ma è prevista già dal momento iniziale. Orbene, due sono le ipotesi: occorre verificare, quando si stabilisce la scadenza, se vi sia un apparato legislativo e amministrativo idoneo a supportare la scadenza, ovvero, una volta fissate le scadenze, se sia intervenuto un fattore di negligenza da parte degli uffici in maniera tale da dover bloccare questi iter e rendere necessaria la proroga della scadenza. Credo che il Governo avrebbe fatto bene a provvedere, in primo luogo, a far funzionare l'apparato dello Stato, in secondo luogo, ove l'apparato dello Stato non funzionasse, a chiedere una per una le proroghe man mano che giungevano a scadenza.
La seconda osservazione che faccio è data dal principio amici sunt magistri sed magis vera amica est veritas, laddove il termine magistri indica la prassi che questa Camera pone in essere assieme alle altre istituzioni dello Stato, mentre la veritas è la legge e la Costituzione. Per il caso che ci occupa, sottolineo - lo ricordo volentieri - che siamo qui, a causa della caduta del Governo Prodi, in una situazione di emergenza prevista dalla Costituzione.
Il Titolo I della Parte II della Costituzione parla del Parlamento, la Sezione II, in particolare, parla della formazione delle leggi, l'articolo 77 parla, nello specifico, del decreto-legge. In questo articolo si stabilisce che il Governo adotta sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge. Indubbiamente siamo qui per convertire in legge un decreto-legge che il Governo ha adottato sotto la sua responsabilità in casi straordinari ed urgenti. Nel il Titolo II della Parte II della Costituzione, quello che parla del Presidente della Repubblica, all'articolo 87 si legge altresì che il Presidente della Repubblica emana i decreti aventi valore di legge. Ciò significa che il Presidente ha l'onere di verificare la formalità dell'atto, cioè se il Governo ha emesso un provvedimento sul presupposto dell'urgenza, e, verificata la formalità dell'atto, ha il mero onere di promulgarlo.
In realtà, nel provvedimento che ci stiamo affannando ad esaminare ed, eventualmente, ad approvare o a respingere, è scritto che il Presidente della Repubblica, visti gli articoli 87 e 77 della Costituzione, ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di provvedere alla proroga di termini previsti da disposizioni legislative (...), su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri (...) emana il seguente decreto-legge (...).
Ciò significa che siamo in una situazione di sovrapposizione di poteri. Il Presidente della Repubblica sta provvedendo a verificare la sussistenza o meno del requisito dell'urgenza, compito che non mi pare la Costituzione attribuisca al Presidente della Repubblica. Quindi, credo che questo provvedimento si ponga del tutto al di fuori del meccanismo costituzionale, perché la Costituzione prevede che l'urgenza debba essere valutata dal Governo e non dal Presidente della Repubblica. Capisco bene che tutto ciò non servirà assolutamente a nulla, perché vi è una prassi e perché è evidente che conteranno alla fine i voti, ma credo si capisca anche che Pag. 78è interesse di tutti fare in modo che la principale legge dello Stato, la legge su cui lo Stato si fonda, cioè la Costituzione, sia da tutti rispettata, soprattutto dal Capo dello Stato.
Vorrei svolgere un'altra argomentazione sempre in tema di forma: noi per decenni abbiamo avuto il vizio di reiterare decreti-legge. Ad esempio, se si avvertiva la necessità di costruire un ponte, si approvava un decreto-legge, si bandivano gare di appalto e si costruiva il ponte e poi, dopo tre o quattro anni, dopo continue reiterazioni, si arrivava alla conversione del decreto-legge.
È chiaro che, così facendo, ci si trovava di fronte ad una fictio, nel senso che il Governo o il Presidente della Repubblica continuavano a reiterare provvedimenti d'urgenza che avevano valore di legge. Ma una volta ultimata l'opera, la Camera poteva decidere che non era urgente non procedere alla conversione e far demolire il manufatto? Il risultato era che, alla fine, si costringeva la Camera ad adottare i provvedimenti varati dal Governo, perché ormai avevano avuto completa attuazione.
Al riguardo è chiaramente intervenuta la Corte costituzionale, dicendo che era necessario evitare il principio della reiterazione. Tuttavia, penso che l'assetto costituzionale di questo Stato debba essere ripensato da tutti. La nostra Assemblea è l'unica istituzione che discende direttamente dal voto popolare e, quindi, è quella che più immediatamente ha le caratteristiche rispondenti ai criteri di democrazia. Quindi, credo non debba essere sottoposta gerarchicamente a nessun altro potere dello Stato. Al massimo, può essere giustapposta ad altri poteri dello Stato, ma anche su questo nutro dei dubbi. Certo è che la Corte costituzionale non è né può essere considerata un'istituzione sovrapposta a quest'Assemblea. Deve essere chiaro e credo che ce lo stiamo dimenticando!
La Corte costituzionale ormai sta esorbitando dalle sue attribuzioni originarie: il suo compito è quello di dichiarare costituzionale o meno una legge, ma non certo quello di accogliere con motivazione certe disposizioni con finalità normative (in realtà, anche la Corte costituzionale ammette dei provvedimenti che hanno vigore e forza di legge).
Noi ci troviamo di fronte ad una situazione molto particolare, vale a dire a dei provvedimenti che stanno per scadere, ma non siamo in una situazione normale del Parlamento; non siamo di fronte ad un atto di guerra, per cui diventa tutto improrogabile! Siamo di fronte ad una situazione particolare: mi pare che il Governo Prodi sia caduto. Se così è, e così è per fortuna, il Parlamento è impegnato a fare altre cose, anche importanti, quali ad esempio cercare di costruire o demolire una maggioranza al fine di capire se la legislatura abbia un futuro o se si debba andare, come mi auguro, immediatamente alle elezioni.
Visto che la Corte costituzionale non emana norme giuridiche, il Governo potrà reiterare il provvedimento ed avremo molto più tempo per valutare ogni singola questione con la dovuta attenzione contenuta in un provvedimento estremamente eterogeneo che deve essere vagliato attentamente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Onorevole Presidente, l'intervento pronunciato il 20 febbraio dal collega del mio gruppo parlamentare, onorevole D'Agrò, sottolineava come la continua azione di differimento dei termini metta i cittadini in condizione di non poter contare sulla certezza del diritto e affievolisca la stessa efficacia vincolante delle norme e la loro autorevolezza e abitui, aggiungo io, i cittadini a contare sui differimenti dei termini per utilizzarli anche al fine di legittimare o consolidare atteggiamenti di furbizia e di aggiramento delle norme, con pregiudizio complessivo della certezza, della stabilità e della efficacia delle norme stesse.
Il collega D'Agrò sottolineava, inoltre, la difformità della linea assunta dal Senato rispetto alla Camera nella valutazione degli emendamenti presentati al provvedimento. Pag. 79Anche ciò incide sulla coerenza complessiva della norma.
Un altro elemento che genera perplessità è la disposizione introdotta al Senato in materia di concessioni per le centrali idroelettriche delle province autonome di Trento e Bolzano. Se pensiamo all'esigenza di affrontare e - ce lo auguriamo in prospettiva - di superare gli squilibri e le irrazionalità che presenta la riforma federale varata con la legge costituzionale del 2001, la cosiddetta riforma del Titolo V (con tutti i conflitti di attribuzione, i rallentamenti e le incertezze giuridiche che ha determinato) e, quindi, alla necessità di giungere ad un miglioramento, ad un riequilibrio del disposto della norma, non possiamo non constatare come il provvedimento in esame si sottragga ad una logica di armonizzazione delle politiche energetiche, che deve ritenersi una priorità per tutte le forze politiche, soprattutto in una fase in cui sono poste sfide dalle esigenze energetiche, in particolare per il nostro paese con i suoi problemi cronici legati alla carenza di fonti proprie di approvvigionamento, all'assenza del nucleare e alla forte dipendenza dall'importazione di oli combustibili.
Tali sfide appaiono in questo contesto particolarmente impegnative per il nostro paese, ma il problema è ormai di carattere generale, e richiedono, anche in sede internazionale, la capacità di scelte nuove e coraggiose e una complessiva riorganizzazione del sistema di reperimento e distribuzione. Come giustamente rilevava l'onorevole D'Agrò, ci è sembrata una sorta di captatio benevolentiae verso le ragioni delle forze autonomiste, visti anche i numeri scarsi su cui si regge - anzi da ieri potrei dire si reggeva - l'Esecutivo tuttora in carica. Sappiamo quanto le forze marginali rivestano, in una fase di questo tipo, utilità marginale per la sopravvivenza del Governo.
Inutile ora scendere nel merito di emendamenti dichiarati inammissibili dalla Presidenza della Camera. Basti dire che nel corso dell'esame del provvedimento ci si è discostati da quello spirito originario con il quale inizialmente sembrava che la nuova legislatura volesse affrontare questo tipo di normative, innovando nella metodologia, nella struttura, nelle tipologie di utilizzazione, nelle modalità.
Mi associo alla valutazione del collega D'Agrò, secondo la quale, in seguito all'esame al Senato la predetta normativa, già epurata alla Camera di molte proposte emendative dichiarate inammissibili, ha registrato un complessivo peggioramento qualitativo, per non parlare poi della sgradevole sorpresa di aver dovuto constatare il diverso trattamento riservato al Senato agli emendamenti di maggioranza e di opposizione già dichiarati inammissibili: sono stati considerati in senso più favorevole quelli governativi, mentre quelli dell'opposizione non sono stati praticamente presi in considerazione.
Insomma, tutto l'andamento procedurale riguardante il provvedimento in esame ha disatteso un po' le speranze e le impostazioni iniziali assunte qui alla Camera e ci ha riservato una deludente sorpresa in merito al provvedimento stesso (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici-Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Incostante. Ne ha facoltà.
MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con molta attenzione gli interventi che si sono succeduti fino ad ora e che vanno da questioni concernenti i decreti-legge di proroga dei termini, alla decretazione d'urgenza, ad altre di merito relative ad alcuni emendamenti, a quelle sollevate sul funzionamento di Camera e Senato, relativamente all'ammissibilità o meno degli emendamenti, e quindi al tema che è stato richiamato, anche qui in quest'aula, dal presidente della I Commissione, Luciano Violante, a nome di tutta la Commissione.
Vorrei perciò entrare nel merito di tali osservazioni. Riguardo alla prima questione sui precedenti decreti-legge relativi Pag. 80alle proroghe dei termini, certo, qualche collega ha detto che, se vi è stato un malcostume, non è il caso di perpetuarlo. Credo che più che di malcostume si tratti di interrogarsi tutti su come funziona il Parlamento, sui regolamenti, sulle modalità di funzionamento delle Commissioni, sugli iter procedurali certi che riusciamo a garantire all'Assemblea. E forse si tratta di una questione su cui dovremmo interrogarci tutti, se vogliamo che questo Parlamento, quest'assemblea e lo stesso Senato, possa avere celerità e certezza nel suo procedimento e non rincorrere sempre, come necessariamente avviene, e come è avvenuto anche per il Governo precedente e per quelli passati, l'urgenza della decretazione e i provvedimenti in tempi che, talvolta, non riusciamo neppure a garantire.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 18,03).
MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Vorrei ricordare qui che, relativamente all'urgenza, di cui si disponeva in alcuni casi e in settori affini, peraltro, a talune materie cui si riferisce lo stesso provvedimento oggi all'esame, vi sono stati diversi precedenti.
Ricordo, in particolare per quanto riguarda la XIV legislatura, i decreti legge n. 411 del 2001, proroghe e differimenti dei termini, n. 236 del 2002, n. 147 del 2006, relativo a disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, n. 355 del 2003, ancora la proroga dei termini e disposizioni urgenti ordinamentali, n. 266 del 2004, concernente la proroga di termini previsti da disposizioni legislative, n. 314 del 2004, relativo alla proroga e al differimento dei termini delle disposizioni legislative ancora - come vediamo, due anche nello stesso anno - e n. 273 del 2005, la proroga dei termini, nonché le conseguenti disposizioni urgenti.
Nel corso di questa legislatura è stato adottato il decreto-legge n. 173 del 2006 ed esaminiamo ora questo provvedimento.
Vorrei anche sottolineare che alcuni dei termini prorogati dal provvedimento in esame hanno formato oggetto di una o più delle precedenti proroghe, anch'esse disposte da decreto-legge. Quindi, da questo punto di vista, cari colleghi, per non voler tornare sempre al gioco dei ruoli tra maggioranza e opposizione, in quest'ultimo caso dimenticando le responsabilità, direi che forse dovremmo interrogarci tutti sul modo di funzionare del Parlamento e dei suoi regolamenti e sulle diversità tra Camera e Senato.
Si tratta di una questione che l'onorevole Violante ha posto ed io vorrei ritornare sul tema. L'onorevole Violante ha usato parole importanti: ha parlato del bicameralismo imperfetto e addirittura asimmetrico che rischia di profilarsi tra Camera e Senato - con particolare riferimento alla Camera - per quanto riguarda la rappresentanza degli interessi ed i valori del territorio. Qui mi riferisco soprattutto alla seconda obiezione che è stata sollevata, quella cioè relativa alla dichiarazione da parte della Presidenza di quest'Assemblea, nel rispetto del suo regolamento, di inammissibilità di molti emendamenti, poi approvati al Senato.
Dobbiamo dare atto di questo rilievo che è stato sollevato in quest'aula, dal Presidente Violante a nome di tutta la Commissione; si tratta di un problema politico, istituzionale e costituzionale che ci si è permessi di avanzare perché esso attiene non soltanto all'espressione e alla rappresentanza degli interessi, esprimendosi quindi nell'emendabilità dei decreti-legge, ma credo anche all'ammissibilità delle interrogazioni e delle interpellanze.
È chiaro ed evidente che, da questo punto di vista, Camera e Senato e le rispettive Presidenze e, dal punto di vista politico, non solo la maggioranza ma anche l'opposizione, dovrebbero porsi il tema di armonizzare - per quanto possibile - le disposizioni regolamentari relative ai due rami del Parlamento. Altrimenti si pone in ogni modo, indipendentemente dai numeri del Senato e della Camera, il problema politico non secondario che naturalmente riguarda la rappresentanza e la funzione di una delle Camere. Quindi, credo che questo sia un tema di cui tutti Pag. 81siamo titolari, indipendentemente dall'appartenenza alla maggioranza o all'opposizione, al fine di porre in modo serio la questione per poter per l'appunto superare quello che è stato definito un bicameralismo imperfetto.
Allora, mi chiedo, cari colleghi - e questo non per recitare la parte della maggioranza -, da quanto tempo non si riflette su questo e per quanto tempo anche chi ha avuto responsabilità di Governo non si è posto tale problema che - lo ripeto - non riguarda la differenza dei numeri di questa maggioranza tra Camera e Senato, bensì la necessità di armonizzare i regolamenti che attengono ad alcuni procedimenti relativi sia alla Camera, sia al Senato.
Il presidente Violante si è posto più di un interrogativo da questo punto di vista, cioè in che termini possiamo costruire percorsi legislativi certi e rapidi per risolvere sempre il problema della decretazione d'urgenza; come possiamo dal punto di vista della Camera e del Senato cercare di costruire percorsi e modifiche regolamentari adeguati. Si è chiesto che il Presidente della Camera se ne faccia interprete, come immagino se ne sia fatta interprete la Presidenza del Senato.
Tale questione è stata sottoposta anche da parte di autorevoli rappresentanti di questa maggioranza e credo sia stata condivisa da tutti i colleghi. Tuttavia, è evidente, cari colleghi, che non è una questione di semplice soluzione sulla quale va applicata la buona volontà della maggioranza e dell'opposizione e sulla quale è altrettanto evidente che non si può invocare la possibilità della soluzione in pochi giorni, visto che non si è riusciti nemmeno negli anni precedenti.
Credo che il tema, segnalato da molti colleghi nei loro interventi, non vada sottovalutato; anzi, tutti dovremmo applicarci, anche in occasione dell'esame di futuri provvedimenti, per fare in modo che non si riproduca, indipendentemente dal tema della decretazione d'urgenza, la rimarcata disparità tra Camera e Senato.
Desidero aggiungere qualche considerazione relativa al merito del provvedimento. Cosa potrebbe accadere, concretamente, se il decreto-legge non fosse convertito in legge? Come in tante altre occasioni, bisogna guardare agli interessi concreti della vita pubblica, produttiva e sociale del nostro paese (alla quale tutti dovremmo riservare adeguata attenzione).
Una delle prime questioni relative al merito del provvedimento riguarda le conseguenze che si verificherebbero, in caso di mancata conversione, ad esempio, per le case di riposo: non sarebbe possibile riammettere in servizio pensionati con contratti a tempo determinato per prestazioni aggiuntive presso le aziende sanitarie, le residenze assistenziali, le case di ricovero e gli istituti di cura a carattere scientifico, al fine di garantire la continuità assistenziale e fronteggiare l'emergenza nel settore infermieristico e tecnico. Comprenderete bene che si ha a che fare con questioni molto delicate per la vita della collettività e del paese: la mancata conversione del decreto-legge porterebbe produrre, negli indicati casi, la lesione di interessi sociali molto consistenti.
Un'altra questione riguarda le assunzioni nel Corpo dei vigili del fuoco. Sappiamo, perché ne abbiamo parlato anche in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria, quale importantissima funzione svolga, nel nostro paese, il predetto Corpo; sappiamo, altresì, che dovremmo investire più risorse in tale settore. Ebbene, le assunzioni nei vigili del fuoco verrebbero rinviate se non fosse prorogata la validità delle graduatorie dei concorsi scadute il 31 dicembre 2006, che consentono l'assunzione di personale nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco (così come previsto dalla legge finanziaria). Credo che la questione specifica ci veda tutti molto attenti; sappiamo che è quanto mai necessario intervenire al più presto, anche con decretazione d'urgenza.
Un'altra questione che desidero sottolineare riguarda i tanti laureati che devono sostenere gli esami di Stato per accedere alle professioni di dottore agronomo e forestale, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, ingegnere e psicologo (vedete quanti giovani sono Pag. 82interessati al provvedimento?). Se non lo convertissimo in legge, coloro i quali hanno conseguito la laurea secondo l'ordinamento previgente alla riforma recata dal regolamento di cui al decreto del ministro dell'università, della ricerca scientifica e tecnologica del 3 novembre 1999, n. 509, non potrebbero, senza la proroga appositamente prevista, sostenere gli esami di Stato.
Ancora, gli agricoltori potrebbero perdere molti benefici, tra i quali: la possibilità di rateizzare i debiti contributivi ed i versamenti tributari per le aziende in crisi del settore agricolo (del tema specifico si occupano alcuni ordini del giorno; ordini del giorno al riguardo sono stati presentati già in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria); la possibilità di completare pratiche relative alla denuncia dei pozzi; la possibilità di iscriversi per tempo nel registro dei fertilizzanti o dei fabbricanti di fertilizzanti. Credo che tutti, sul territorio italiano, siamo interessati a dare agli agricoltori la possibilità di usufruire dei predetti benefici.
Ricordo inoltre la difficoltà e la perdita di diritti per gli alberghi in materia di costruzioni, di opere infrastrutturali e di lavori in edilizia per l'adeguamento degli impianti delle strutture ricettive, in particolare per quanto riguarda le prescrizioni antincendio. Tra l'altro, rilevo l'importanza delle progettazioni preliminari delle opere di viabilità per quanto riguarda il percorso Italia-Francia, che appaiono necessarie per consentire la realizzazione delle opere sul tratto ferroviario Cuneo-Breil-Ventimiglia.
Se non ci fosse la proroga dell'efficacia degli accordi perfezionati in ordine alle indennità da corrispondere ai soggetti coinvolti nei procedimenti di esproprio, non si potrebbe consentire la prosecuzione di tali opere.
Inoltre, verrebbe meno la possibilità di conseguire risparmi della spesa pubblica dell'amministrazione se, non convertendo questo decreto-legge, non si prevedesse la proroga delle operazione di ricognizione e di riordino delle commissioni, dei comitati e di altri organismi collegiali operanti nell'ambito della pubblica amministrazione.
Anche in questa sede spesso abbiamo disquisito sul taglio alla spesa pubblica e su alcuni aspetti di buona amministrazione che potrebbero consentire il taglio di diversi comitati e commissioni istituiti anche in altre legislature.
In conclusione, ritengo che da parte nostra vi sia l'obbligo di convertire questo decreto-legge per non nuocere a tanti interessi sociali ed economici del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
Avverto che sono stati ritirati dal presentatore gli emendamenti Franco Russo 1.30, 3.30, 6.30 e Dis. 1.10.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia fa proprio l'emendamento Franco Russo 1.30.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prego, onorevole Amici, esprima pure il parere della Commissione sugli emendamenti presentati.
SESA AMICI, Relatore. Per agevolare i lavori dell'Assemblea, intendo svolgere una breve premessa.
Trattandosi della terza lettura del provvedimento, il lavoro del Comitato dei nove è stato innanzitutto quello di tener conto della situazione politica determinatasi al Senato a seguito della presentazione di emendamenti ritenuti inammissibili dalla Presidenza della Camera. Non è un caso, infatti, che molti degli emendamenti presentati dai colleghi dell'opposizione sono soppressivi proprio degli articoli trasmessi dal Senato.
Pertanto, il nostro lavoro non può in questo momento dar conto anche di una Pag. 83serie di elementi di ragionevolezza, compreso ad esempio l'emendamento del collega Franco Russo che riproponeva una delle condizioni proposte dal Comitato per la legislazione relativamente alla questione delle deleghe legislative in un decreto di proroga termini.
Del resto, lo stesso sottosegretario D'Andrea, in sede di discussione sulle linee generali, aveva dichiarato la disponibilità del Governo ad accettare un ordine del giorno relativo al non esercizio della delega. Ciò testimonia la difficoltà e la discrasia che anche l'onorevole Incostante ha richiamato rispetto alla questione delle inammissibilità.
Alla luce di tale premessa, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, su tutti gli emendamenti presentati, compresi quelli fatti propri dal gruppo di Forza Italia.
PRESIDENTE. Il Governo?
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Ove, dunque, i presentatori non comunichino il ritiro delle rispettive proposte emendative, per le quali vi è un invito in tal senso, la Presidenza le porrà in votazione.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Benedetti Valentini 1.33.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relatrice, con molto garbo, nella sostanza ci liquida su tutto il fronte, avendo espresso parere contrario nei confronti di ogni tentativo di emendare il provvedimento in oggetto.
Dell'egregio lavoro svolto dal collega Franco Russo abbiamo dato atto in più circostanze; nella sua particolare veste egli aveva presentato emendamenti che, peraltro, si è premurato di ritirare lasciando, dopo averla innalzata, la bandiera dei principi sul campo.
La situazione è quella che è; i nostri emendamenti non possono che essere mantenuti e, usando estrema sintesi, osservo che i colleghi saranno in grado di giudicare se si tratta di proposte emendative - compreso il mio emendamento, s'intende - aventi carattere ostruzionistico. Essi devono solamente rispondere ad alcune domande. È corretto affermare che, seppur in presenza di una crisi di governo (come sappiamo, l'Esecutivo in questi casi può occuparsi esclusivamente dell'ordinaria amministrazione), è lecito e previsto riunirsi straordinariamente, in particolare a causa di decreti-legge in scadenza, anche se la questione cambia nella sostanza? Infatti, non stiamo trattando di un elegante gioco di forma, quando provvedimenti di tipo decretale contengono prolungamenti di delega o, addirittura, appropriazioni, autoconferimenti di delega da parte dell'Esecutivo. Si tratta di un gioco di parole o di un importante quesito di carattere politico-istituzionale? Non si vuole riproporre la questione che pure, giustamente, tanti colleghi hanno sottolineato stamattina: essi sostenevano che è abbastanza allucinante trattare di questi argomenti avendo come referente un Governo deposto.
In ogni caso, la cosa più importante è che noi siamo in presenza di un emendamento attraverso cui il sottoscritto, confortato da tanti colleghi, chiede che vengano soppresse parti rilevanti del provvedimento attraverso cui, in presenza di questa situazione politica, si attribuisce una delega ad un Governo che al momento non c'é. Dunque, si sta attribuendo una delega ad un Governo che «sarà»; in pratica stiamo assistendo, lo ripeto, ad un autoconferimento di delega: questa cosa dovrebbe essere straordinaria, eccezionale.
Senza abusare della ormai non più scandalosa parola vulnus - ormai i vulnera sono diventati ferite, ormai quotidiane, al costato costituzionale, per le quali nessuno più si scandalizza -, questa è la mia prima fondamentale osservazione. Pag. 84Quindi, mantengo l'emendamento e, tra l'altro, il Parlamento mostrerebbe la sua dignità istituzionale se i singoli parlamentari si esimessero dal chiedere al Governo di non esercitare la delega: tutto questo sarebbe ridicolo e non capisco come un cittadino di comune buon senso possa condividere una tale scelta.
Accantonata per un istante tale questione istituzionale che pur mi sembra di grande rilievo, cerco di andare alla sostanza poiché, come sempre, mi rapporto ai cittadini che hanno degli interessi legittimi, la materia nobile di tutto questo nostro conversare, cercando di «infiorettare» relativamente alle questioni politico-istituzionali.
Vi faccio solamente due esempi: riguardo all'emendamento successivo Boscetto 1.2 - riguardante il comma 4-bis, una delle norme di cui chiedo la soppressione - non si è mancato di prevedere che, in deroga a quanto previsto dal decreto-legge n. 220 del 2004, per la promozione a dirigente superiore le norme si applicano soltanto alle promozioni da conferire con decorrenza successiva al 31 dicembre 2010. Di questo ci si è preoccupati, poiché si vede che interessava particolarmente alla maggioranza.
MARCO BOATO. Interessava anche a voi!
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Contemporaneamente, dopo tre letture parlamentari, dobbiamo spiegare ad una categoria di portatori di interessi legittimi, che ha accuratamente consultato tutti i gruppi, nessuno escluso, perché l'emendamento Benedetti Valentini 1.32 sia dichiarato non ammissibile quando si tratta di personale dirigente del Corpo forestale dello Stato, che per difetto della pubblica amministrazione viene buttato fuori dalla possibilità di essere valutato per l'avanzamento a cui ha diritto; ciò, perché una norma che non avrebbe comportato alcuna spesa, alcun onere economico affermava soltanto di rimetterli in termine. Si tratta di un termine che non essi, ma la pubblica amministrazione ha fatto scadere! Il mio emendamento, infatti, contemplava non soltanto l'anno 2006, ma anche il 2007!
Andateglielo a spiegare, a questi cittadini! C'erano emendamenti in tal senso, presentati non solo da me, che sto all'opposizione, ma anche da colleghi appartenenti al gruppo Verdi o facenti parte della Commissione agricoltura: si trattava, quindi, di proposte emendative della maggioranza.
Seconda questione...
PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini, concluda.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Ho quasi finito, Presidente!
Ricordo che non meno di sei o sette colleghi hanno denunciato, giustamente, lo sconcio della disposizione relativa ai dirigenti scolastici. Ebbene, glielo volete spiegare a queste centinaia di persone? Queste, giustamente, ci avvertono che, con una norma, non possiamo sovvertire...
PRESIDENTE. La prego di concludere...!
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...una graduatoria e non possiamo gettare nel nulla una pronuncia della magistratura! Si tratta di lavoratori, colleghi della maggioranza...
PRESIDENTE. Grazie...
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...di cui state cancellando i diritti!
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Benedetti Valentini!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quello presentato dal collega Benedetti Valentini è un emendamento omnibus, perché interessa una serie di norme; dalla decisione che verrà assunta su di esso, inoltre, deriverà una serie di assorbimenti di altre proposte Pag. 85emendative. Pertanto, bisogna spendere qualche parola per spiegare qual è stata la logica che abbiamo seguito nella nostra attività emendativa.
Noi, infatti, abbiamo cercato di far risaltare quelli che, a nostro avviso, erano gli errori commessi dal Senato nell'impostazione normativa e nella scelta delle norme di sostanza, nella speranza (che ritenevamo fondata) che il provvedimento in esame potesse tornare all'altro ramo del Parlamento. Abbiamo lavorato velocemente, quindi, perché ritenevamo che il Governo avesse il desiderio di verificare alcune situazioni e di tornare rapidamente al Senato, al fine di lasciare a quel ramo del Parlamento l'ultima decisione su nostre proposte emendative che consideravamo sostanziali.
Ricordo che quando tutti - maggioranza ed opposizione - abbiamo condotto la nostra battaglia affinché il conferimento di deleghe non venisse inserito all'interno del testo di un disegno di legge di conversione, ritenevamo che - a seguito di quella giornata che continuo a definire «storica», nella quale numerosi emendamenti sono stati dichiarati inammissibili dal Presidente della Camera - bisognasse tenere duro e far tornare il provvedimento al Senato. Nel fare ciò, occorreva sopprimere i due commi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, aggiunti dal Senato della Repubblica in sede di esame del presente provvedimento, recanti deleghe al Governo.
Non siamo riusciti farlo e ciò è un vero peccato. Rammento che abbiamo presentato insieme un ordine del giorno che impegna il Governo a non esercitare tali deleghe; il sottosegretario D'Andrea ha già espresso la propria disponibilità, e questo è meglio che niente! Tuttavia, ci troviamo, come sempre, ad agire in una condizione di necessità e di urgenza ed a dover convertire decreti-legge, senza però avere la possibilità di influire seriamente.
Il collega Giovanardi ha già denunciato il «caso» di una proposta emendativa presentata in questa sede, modificata al meglio con l'intervento della Commissione agricoltura, sottoposta all'esame dell'Assemblea della Camera e giustamente dichiarata inammissibile dalla Presidenza per estraneità di materia. Ebbene, ricordo che il testo di tale emendamento è stato approvato dal Senato nella prima versione, quella non corretta e non concordata: in altri termini, si trattava della peggiore formulazione possibile!
In questo caso, non vi è soltanto la differenza tra regolamenti, ma manca addirittura il collegamento tra parlamentari! Bisogna intenderci, quindi. Reputo necessario costituzionalizzare la materia dell'emendabilità dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Sappiamo quanto sia difficile modificare i regolamenti di Camera e Senato. Sappiamo che la modifica del regolamento del Senato, su questo punto, porterà via tantissimo tempo. Probabilmente, è il caso di scrivere nella Costituzione, laddove si parla delle caratteristiche dei decreti-legge, anche quali sono i termini degli emendamenti da inserire nei disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Dico ciò per spiegare come alcune di queste proposte emendative siano fondamentali. Critichiamo il comma 1, perché l'originaria formulazione della norma inserita nel decreto-legge era chiara. Invece, la formulazione giunta dopo il passaggio al Senato è molto oscura e soprattutto perde la logica di fondo, per ampliare, in modo ingiustificato, il contesto dei beneficiari.
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto...
GABRIELE BOSCETTO. Quando critichiamo il comma 4-bis, lo facciamo non per esprimere qualcosa di negativo nei confronti della formazione dei dirigenti superiori di polizia, ma perché nessuno sa spiegare come mai...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Boscetto...
GABRIELE BOSCETTO. Sto per concludere, Presidente. Nessuno sa spiegare come mai, dicevo, il termine del 31 dicembre 2007, relativamente ai corsi per alti dirigenti di polizia, sia rimasto il medesimo.
Pag. 86PRESIDENTE. La sua richiesta è molto chiara.
GABRIELE BOSCETTO. Non mi soffermo su altre norme.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, esaminiamo la prima di una serie di proposte emendative che ci permetteranno di sottolineare nuovamente le diverse questioni legate ai contenuti di questo provvedimento che non possono passare inosservate.
In modo particolare, l'emendamento del collega Benedetti Valentini, sicuramente, è complesso e necessario, ma, ahimè - mi perdoni il collega -, non è sufficiente, nel senso che, qualora dovesse essere approvato, sarebbe necessario approvare diverse altre proposte emendative, al fine di ripulire completamente il testo da disposizioni che non possono trovare la nostra condivisione.
In ogni caso, le questioni evidenziate dall'onorevole Benedetti Valentini sono sicuramente importanti e fondamentali per rendere accettabile il contenuto di questo disegno di legge di conversione che ci apprestiamo - vi apprestate - ad approvare nelle prossime ore o nei prossimi giorni, vedremo.
Questo decreto-legge, come ricordavano i colleghi Boscetto e Benedetti Valentini, contiene anche le famose disposizioni di delegazione legislativa. Avete dovuto cambiare anche il titolo del decreto-legge, poiché, al Senato, sono state inserite deleghe al Governo, senza ben sapere quale sarà il Governo che dovrà esercitare tali deleghe (sicuramente non il Governo cui si era pensato, quando, al Senato, sono state apportate queste modifiche).
Credo sia necessario tornare al testo originario adottato dal Governo e giunto alle Camere. Si trattava di un testo sobrio, che affrontava alcuni problemi e che, in ogni caso, li risolveva. Infatti, se è vero che quella riguardante le proroghe è una questione che deve essere affrontata con molto raziocinio ed attenzione, è altrettanto vero che, in alcune situazioni, lo strumento della proroga può essere condivisibile. Non lo è, quando l'eccezione diventa regola, perché non si offre un buon esempio e perché si approvano leggi senza tener conto delle modalità e della tempistica della loro attenzione, della loro entrata in vigore e dell'eventuale emanazione di strumenti normativi ad esse collegati.
Quando non si è in grado di programmare l'arco temporale necessario per la completa attuazione e l'entrata in vigore della norma, probabilmente, si commette un grave errore che il legislatore non dovrebbe commettere o che dovrebbe commettere solo in pochi casi.
Allora, quando si riflette sui decreti cosiddetti mille proroghe - e questa definizione rivela che gli errori non sono pochi, ma molti -, bisogna riflettere sulle modalità di legiferare che tutti noi seguiamo; è necessario infatti individuare strumenti migliori, più attuali, più concreti e più credibili, per permettere, per l'appunto, di non avere problemi e di non dover tornare successivamente, con provvedimenti di questo tipo, su questioni che erano già state oggetto di discussione all'interno di questa Assemblea.
Ciò, anche per evitare polemiche; altrimenti, è naturale che ad ogni proroga concessa corrispondano delle polemiche perché vi sono pressioni che giungono da una parte e dall'altra, da tutta una serie di soggetti - siano essi istituzionali, economici o di altro tipo - che hanno gli stessi interessi. Ma questi soggetti sono persone che in primo luogo non hanno avuto la capacità o la volontà di rispettare le scadenze temporali previste dalle norme conosciute: le leggi, infatti, vengono pubblicate in Gazzetta Ufficiale...
PRESIDENTE. Deve concludere...
GIACOMO STUCCHI. Le scadenze sono a conoscenza di tutti, ma si giunge al mancato rispetto di queste scadenze. Ritengo che, come osservavo nel mio intervento Pag. 87in fase di discussione sulle linee generali, si tratti, oltre che di una questione di etica politica, anche, molto più semplicemente, di una questione di educazione civica.