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Discussione del disegno di legge: S. 1449 - Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari (Approvato dal Senato) (A.C. 2567) (ore 10,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2567)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Tenaglia, ha facoltà di svolgere la relazione.
LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto legislativo n. 25 del 2006 ha innovato profondamente la normativa riguardante i consigli giudiziari presso le corti d'appello e ha istituito il consiglio direttivo presso la Corte di cassazione.
A fronte di tale intervento legislativo, non è seguita l'adozione della normativa necessaria per disciplinare le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali per il rinnovo dei consigli giudiziari rinnovati e del consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, che sarebbe dovuto avvenire alla scadenza dei vecchi consigli giudiziari, prevista per l'aprile scorso. Tale fattore ha reso necessaria l'adozione del decreto-legge in esame, che si compone di due articoli. Il primo, quello che ci interessa - mentre il secondo riguarda l'entrata in vigore del decreto-legge stesso -, prevede, Pag. 3al primo comma, la proroga dei componenti dei consigli giudiziari in carica, che continueranno a svolgere le proprie funzioni sino alla proclamazione dei nuovi eletti. Si tratta di una proroga collegata alla funzione: i soggetti menzionati si devono intendere prorogati, quindi, per tutto il periodo di proroga, con la possibilità, per i consigli giudiziari stessi, di utilizzare, ove necessario, i meccanismi di sostituzione previsti dalla legge anteriormente vigente.
Il secondo comma prevede che la data delle elezioni del consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari rinnovati sia fissata nel mese di aprile 2008, in conformità con quanto previsto in passato per i vecchi consigli giudiziari. È questo il contenuto del disegno di legge di conversione e, ripeto, il decreto-legge relativo si è reso necessario per l'impossibilità di addivenire alla nuova elezione.
Il termine di proroga appare congruo, sia per la necessità di individuare i meccanismi elettorali, anche con riferimento alla componente dell'avvocatura, sia per quanto riguarda la necessità di adottare e mettere in moto le procedure per la nuova elezione nelle singole corti d'appello.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con gli ultimi provvedimenti il consiglio giudiziario ha subito profonde trasformazioni nella sua composizione; è stato, poi, costituito ex novo il consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, che in precedenza non esisteva. Non solo: la composizione del consiglio prevede, fra l'altro, anche membri laici, come i rappresentanti dei giudici di pace. Ciò ha comportato una rivisitazione, che non è stata ancora completata, dei meccanismi elettorali relativi alla nuova struttura dei consigli giudiziari. Tali meccanismi di rivisitazione hanno formato oggetto di un disegno di legge del Governo, ma sono stati di elaborazione non facile. Di conseguenza, il rinvio di un anno è giustificato non soltanto dall'approvazione della legge relativa al sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura e, soprattutto, del nuovo organismo presso la Corte di cassazione, ma anche per l'attività necessaria a rendere possibile l'elezione di questi organismi.
La proroga di un anno è senz'altro sufficiente per tale attività e senza di essa ci sarebbe stato un vuoto legislativo, con una forte incidenza sull'intero apparato della giustizia, essendo i consigli giudiziari chiamati ad esprimere pareri in vari settori dell'attività magistratuale. Se non fosse stata stabilita tale proroga si sarebbe verificato un vuoto legislativo anche per la cosiddetta «azienda giustizia».
Tale vuoto legislativo si sarebbe determinato a causa della cessazione delle funzioni dei precedenti consigli e della non ancora avvenuta costituzione dei nuovi. Si tratta di un vuoto di potere che sarebbe stato estremamente pregiudizievole per l'intero apparato di giustizia. Tutto ciò ha giustificato l'adozione del decreto-legge.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà.
BRUNO CESARIO. Signor Presidente, il disegno di legge in esame prevede la conversione in legge del decreto-legge n. 36 del 2007, recante disposizioni urgenti in materia di consigli giudiziari. Vi è la straordinaria necessità ed anche una certa urgenza di prorogare sino alla proclamazione dei nuovi eletti la scadenza del mandato di tali organismi, perché si è creata una situazione di difficoltà, a causa della mancata definizione delle nuove regole. La proroga, quindi, si è resa necessaria in ragione della mancata approvazione di regole per il rinnovo dei suddetti organi, fissato per il 1o aprile del 2007.
Il decreto-legge è composto da due articoli, di cui il primo, relativo al consiglio direttivo della Corte di cassazione, fa riferimento al decreto legislativo n. 25 del 2006, e configura tale organo come interno alla Corte stessa e quale corrispondente ai consigli giudiziari presso le corti d'appello. Il rinnovo dei componenti di tale organo è previsto ogni quattro anni. Il consiglio Pag. 4direttivo è composto da tre membri di diritto, da un magistrato che esercita funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che esercita funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitano effettive funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che esercita effettive funzioni requirenti di legittimità e da un professore ordinario di università in materie giuridiche.
Il provvedimento in esame si limita a stabilire la data delle elezioni del consiglio direttivo di nuova costituzione della Corte di cassazione e quella per il rinnovo dei consigli giudiziari presso le corti d'appello. Il decreto-legge dispone, inoltre, che i componenti dei consigli giudiziari in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge continuino a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti. Si tratta pertanto di un provvedimento necessario, che fa chiarezza e supera anche una fase di confusione creatasi in questo momento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, come ricordava il relatore, il decreto legislativo n. 25 del 2006, che ha per oggetto l'istituzione del consiglio direttivo della Corte di cassazione e la nuova disciplina dei consigli giudiziari, è entrato in vigore il 3 maggio del 2006. Ciò significa che il Governo avrebbe avuto un anno di tempo per poter scrivere le norme necessarie per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo delle cariche.
A mio avviso, la logica del rinvio non è un buon sistema da adottare, soprattutto laddove, come peraltro si ricordava, un provvedimento preveda grandi cambiamenti e grandi innovazioni. Temo che la logica del rinvio in materia di giustizia non riguardi solo un provvedimento, per la verità non di larghissimo respiro, ma finisca per coinvolgere norme di maggiore importanza, considerato che la sospensione dell'entrata in vigore di alcuni decreti legislativi sull'ordinamento giudiziario è prevista sino al luglio prossimo. Credo proprio che non sarà mai possibile per il prossimo mese di luglio completare tutti i passaggi parlamentari necessari. Da questo punto di vista, ritengo che vi sia un ritardo poco giustificabile, se si considera che si dovevano scrivere soltanto le norme relative alle elezioni.
Vorrei aggiungere però che il significato politico di questo rinvio è di particolare rilievo, perché le novità relative soprattutto ai consigli giudiziari prevedevano un allargamento nel senso della partecipazione dell'avvocatura e del mondo dell'università ai consigli giudiziari, che avrebbe significato dare, mantenendo l'autonomia della magistratura, anche un senso di grande rinnovamento, con la partecipazione della cultura e dell'avvocatura alla vita dei nostri tribunali. Il rinvio, a questo punto, significa, ammesso che fra un anno si vari la nuova normativa, escludere almeno per un anno l'avvocatura e il mondo della cultura dai consigli giudiziari.
Peraltro, si pone un problema al riguardo, che mi sembra non sia stato affrontato, almeno non lo ho ascoltato esporre dal relatore, ed è l'attuale vigenza della normativa rispetto alla durata dei consigli giudiziari: l'articolo 13 del decreto legislativo n. 25 del 2006 prevede che i consigli giudiziari restino in carica per quattro anni. Nessuna norma transitoria ha risolto la questione se i suddetti quattro anni comincino a decorrere con i nuovi consigli giudiziari oppure, essendo una norma self executing, ossia una norma che si applica in questo momento e non incontra limiti, non finisca per incidere anche sui consigli giudiziari esistenti. Lo pongo come problema, ma ritengo che dovremmo domandarci se effettivamente la ricordata norma, essendo vigente e non incontrando limiti, non sia applicabile anche agli attuali consigli giudiziari.
Tratto ora di un altro aspetto, e concludo rapidamente. Ritengo che non si giustifichi il decreto-legge, perlomeno per quanto riguarda il consiglio direttivo della Cassazione. Il decreto-legge, ovviamente, richiede necessità ed urgenza. Mi pare sia difficile sostenere che fissare un termine per l'elezione del consiglio direttivo della Pag. 5Cassazione, che è organo nuovo e per il quale non era previsto alcun tempo specifico per l'elezione, comporti la necessità e l'urgenza di prevedere con decreto-legge un termine che varrà a distanza di un anno da oggi. Quindi, quello che ho testé menzionato è un altro degli aspetti critici di questo provvedimento che il Parlamento non può trascurare di esaminare. È per questo motivo che la posizione di Forza Italia è critica rispetto al provvedimento in esame, anche se ovviamente si rende conto che, superato il problema della proroga automatica, nel senso della vigenza della nuova normativa, per quattro anni, qualcosa il Governo doveva fare. È una critica sul piano politico, per non aver provveduto tempestivamente ad intervenire, rendendo possibile il nuovo ordinamento giudiziario rispetto al quale, peraltro, questo stesso Governo non ha ritenuto che vi fosse alcunché da cambiare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente anche il nostro gruppo è critico sul decreto-legge n. 36 del 30 marzo 2007, che denota un certo fallimento di questo Governo, che deve ricorrere alla decretazione d'urgenza, ovviamente senza che ricorrano i presupposti dell'articolo 77 della nostra Costituzione - ho letto e riletto il suddetto articolo e, non c'è niente da fare, la nostra Costituzione non avrebbe permesso, in questo caso, il ricorso alla decretazione d'urgenza - perché d'urgente non c'era niente. C'erano i tempi necessari e sufficienti per varare una legge ordinaria, c'erano i tempi per far svolgere al potere legislativo, che è il Parlamento, i propri compiti, i propri doveri. Ci troviamo di fronte ad un Governo, ad un Ministro della giustizia che si interessa di tantissime cose fuorché di giustizia (forse gli è stato attribuito tale incarico apposta, affinché non tratti i problemi della giustizia).
Dalla lettura dei giornali (quotidiani e settimanali) di questi mesi emerge un Ministro della giustizia che si occupa di tutto e, forse, di più tranne che dei problemi della giustizia.
Forse, se il Ministro si fosse dedicato a presentare in Parlamento, tramite una legge ordinaria, un complesso di regole per il rinnovo dei consigli giudiziari, ovviamente non saremmo stati qui ad affermare queste cose. Non è assolutamente vero che, non approvando il decreto-legge in esame, si creerebbe un vuoto istituzionale o un pregiudizio per il sistema di autogoverno della magistratura e per il funzionamento dell'istituzione giudiziaria!
Si tratta della solita manfrina, portata avanti dal nostro Governo per cercare di bypassare gli ostacoli. Dunque, l'Esecutivo compie una corsa ad ostacoli, poiché, ovviamente, vorrebbe bypassare le consultazioni, le elezioni, la piazza, le critiche, gli scioperi, finendo ogni volta nel pantano.
Aver fissato nella prima domenica e nel successivo lunedì del mese di aprile del 2008 la data delle elezioni di cui al comma 2 dell'articolo 1 offende l'intelligenza di tutti i parlamentari, perché significa che esse si svolgeranno a distanza di un anno; con ciò vorrei sottolineare proprio il profilo di incostituzionalità dovuto al mancato rispetto dell'articolo 77 della Costituzione.
Lo stesso relatore ha cercato, con parole sintetiche e chiare, di stendere un velo pietoso in ordine a tale aspetto; egli ha sicuramente un'intelligenza politica tale da capire che non si tratta di una cosa seria e corretta, ma, nonostante ciò, ha dovuto difenderla, pur con eleganza, cercando di dedicargli meno tempo possibile e di andare avanti con la speranza di risolvere qualcosa.
Vorrei adesso rivolgermi al collega Palomba del gruppo dell'Italia dei valori, invitandolo a rivedere il testo della Costituzione italiana; egli ha sostenuto, durante la discussione sulle questioni pregiudiziali presentate al provvedimento in esame, che il Presidente della Repubblica controlla, in maniera seria e corretta, tutti i decreti e, pertanto, la presentazione della questione pregiudiziale a tale decreto-legge avrebbe costituito un'offesa nei confronti del Presidente stesso.Pag. 6
Il collega fa parte di un gruppo politico che, da sempre, dimostra di non conoscere le leggi e gli ordinamenti e lo stesso suo leader ha ampiamente dimostrato, quando svolgeva la funzione di giudice togato, di non conoscere le regole della giustizia con la «G» maiuscola.
Spetta, infatti, solo al Governo la decretazione d'urgenza ed il Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, ha altri compiti, non quello di affermare se un decreto sia urgente oppure no: in claris non fit interpretatio. L'urgenza di un decreto deve essere oggetto di valutazione solo del Governo, mentre il Presidente della Repubblica svolge altri compiti.
Si intende difendere in questa sede tout court un decreto-legge, pur sapendo che difettano i connotati della democrazia, poiché, con il provvedimento in esame, si mettono in dubbio i principi fondanti della nostra Costituzione e, quindi, la stessa democrazia.
Noi esprimiamo, pertanto, un forte ed alto «no» alla conversione in legge del decreto-legge in esame, il quale non avrebbe dovuto essere presentato, mentre doveva essere proposto un progetto di legge ordinaria.
D'altronde, tale disciplina normativa è in attuazione del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, ma non tutti i consigli giudiziari risultano in scadenza. Il collega Pecorella ha ben sottolineato la questione, ancora in sospeso, di come collocare la durata quadriennale. Tutto ciò, ovviamente, denota, e - termino - l'immobilismo di questo Governo, che, secondo noi, è tenuto sotto scacco da certi magistrati, da una certa magistratura che, ripeto, non è un potere, ma un insieme di organismi che devono funzionare, applicando le nostre leggi.
Abbiamo perduto un'occasione importante per dare una boccata di democrazia ai consigli giudiziari presso le corti d'appello ed al consiglio direttivo della Corte di cassazione. Si poteva inserire la cultura, l'avvocatura, i laici; tali organi potevano essere gestiti meglio e più correttamente per controllare questo organismo impazzito, la nostra giustizia (o somma ingiustizia, come qualcuno è solito dire), che sta facendo impazzire l'Italia, dove si portano avanti questioni meramente politicizzate e non si risolvono, invece, alla base le necessità, i bisogni del Paese che vengono bypassati da logiche di interesse di parte o partitocratiche, se così vogliamo dire.
Concludo, signor Presidente, risottolineando quanto affermato all'inizio: come gruppo siamo fortemente contrari nella sostanza, nel merito e nella forma alla conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di consigli giudiziari, che dimostra e risottolinea l'immobilismo e l'incapacità di questa maggioranza di governare anche gli elementi base della democrazia quali sono le elezioni democratiche.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, vorrei, in primo luogo, richiamare l'intervento esauriente del relatore. Il motivo per cui il gruppo dei Verdi esprimerà voto favorevole sulla conversione in legge di questo decreto-legge è abbastanza ovvio. Non vi sono dubbi, proprio per le motivazioni espresse dal collega Tenaglia e dal rappresentante del Governo, sull'assoluta urgenza di adottare un decreto-legge per prorogare la durata dei consigli giudiziari, considerato che la mancanza di una disciplina attuativa ha finito per impedire il concreto svolgimento delle operazioni elettorali entro il 1o aprile.
La necessità di far proseguire l'attività dei consigli giudiziari già in carica si lega a motivazioni particolarmente rilevanti, dovendosi ricordare che tali organi sono chiamati a svolgere funzioni di carattere amministrativo e organizzativo, assolutamente necessarie e indispensabili (parliamo tanto di efficienza della giustizia!) per regolare il funzionamento dell'organizzazione giudiziaria.
D'altro canto, la scelta del periodo di proroga di un anno non solo è ragionevole ma, altresì, obbligata, perché si deve tener conto dei tempi tecnici per una definitiva approvazione delle nuove norme che dovranno Pag. 7disciplinare il procedimento per la costituzione dell'ufficio elettorale, la procedura riguardante le eventuali contestazioni e i possibili reclami, nonché le caratteristiche delle schede elettorali.
Al mio partito preme - credo, infatti, che sia un dato di grande novità - precostituire la possibilità della partecipazione effettiva dell'avvocatura e di componenti del mondo della cultura, con la presenza di professori universitari nei consigli giudiziari. È una riforma importante e innovativa.
Pertanto, attraverso le norme contenute nel decreto-legge, si è posto saggiamente rimedio al pericolo di vuoto derivante dalla cessazione dalla carica dei consigli giudiziari (in scadenza il 1o aprile 2007), che avrebbe rischiato di pregiudicare gravemente o, peggio ancora, di paralizzare l'attività giudiziaria.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento, esprimendo sin da ora l'orientamento favorevole del gruppo dei Verdi sulla conversione in legge del decreto-legge n. 36 del 2007.
PRESIDENTE. Onorevole Balducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'intervento garbato e acuto del collega Barani mi induce a riprendere una considerazione da me svolta, a nome dell'Unione, in sede di discussione sulla questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal centrodestra sul provvedimento d'urgenza in esame.
In modo particolare, mi riferisco alla questione relativa al ruolo del Presidente della Repubblica nell'emanazione dei decreti-legge: è un ruolo pregnante ed essenziale. Il Governo, infatti, non decide da solo di adottare un decreto-legge. Se quest'ultimo non presenta i requisiti di straordinaria necessità e urgenza, previsti dall'articolo 77 della Costituzione, il Presidente della Repubblica non lo emana.
Vorrei ricordare un solo caso: alcuni gruppi politici presentarono delle richieste affinché, in materia di sospensione delle norme sull'ordinamento giudiziario, si procedesse mediante decreto-legge; il Presidente della Repubblica giudicò non opportuno il ricorso a tale strumento per la mancanza dei suddetti requisiti di straordinaria necessità ed urgenza.
Dobbiamo, pertanto, esprimere il nostro rispetto al Capo dello Stato per le decisioni che assume, nel momento in cui è chiamato a svolgere una delle sue pregnanti prerogative, vale a dire la valutazione dell'esistenza dei presupposti di costituzionalità per l'emanazione di un decreto-legge.
Nel merito, è difficile riscontrare una situazione più necessitata ed urgente di questa. Il rappresentante del Governo ha ragione: non si può lasciare un vuoto, né normativo né amministrativo, nel funzionamento di organi così delicati come i consigli giudiziari, chiamati a regolamentare non tanto l'esercizio della giurisdizione (che è di pertinenza di ciascun magistrato e di ciascun organo giudiziario individuale o collegiale), quanto l'organizzazione del funzionamento dell'attività giudiziaria. I consigli giudiziari sono, infatti, chiamati a regolare importanti funzioni, come, ad esempio, la formazione delle tabelle che determinano l'assegnazione di ciascun magistrato alle specifiche funzioni.
Nel preambolo del decreto-legge sono richiamate le ragioni per cui è stato varato questo provvedimento: il mancato svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei consigli giudiziari e del consiglio direttivo della Corte di cassazione per l'assenza di una normativa di riferimento. Il Governo ha, quindi, agito benissimo, scegliendo il doppio binario: la legge ordinaria, al fine di approvare le norme necessarie per disciplinare l'elezione di organi così delicati e, parallelamente, un decreto-legge, per disciplinare il periodo intercorrente Pag. 8tra la scadenza degli organi attualmente in carica e la data di svolgimento delle nuove elezioni.
Pertanto, il Governo ha agito responsabilmente, scegliendo di non lasciare alcun vuoto in organi e funzioni di rilevanza costituzionale di così straordinaria importanza.
Vorrei contestare un altro argomento, vale a dire che il provvedimento in discussione contenga un rinvio ad un termine incerto. Il termine non è affatto incerto, in quanto viene posta una data precisa, e non è neppure incongruo, in quanto rispecchia il tempo necessario per l'approvazione del disegno di legge ordinaria sulla disciplina delle norme elettorali, l'elezione degli organi e l'espletamento delle azioni ed operazioni necessarie per gestirle concretamente. Pertanto, tale termine, di meno di un anno, non solo è certo, ma è anche congruo per consentire successivamente di rimettere in funzione sia i consigli giudiziari sia il consiglio direttivo della Corte di cassazione.
Infine, vorrei far presente che il Governo non si è ispirato alla logica del «tanto peggio, tanto meglio». Tale sembra, al contrario, l'atteggiamento dell'opposizione quando afferma che il Governo si sarebbe dovuto disinteressare di una situazione talmente delicata da non poter ricadere sotto la sua responsabilità.
Pertanto, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, confermo l'apprezzamento nei confronti del Governo per la condotta tenuta e preannunzio il nostro voto favorevole sul disegno di legge di conversione in esame.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, una delle questioni più interessanti nel dibattito politico e costituzionale è sempre stata quella relativa alla presenza dei requisiti di necessità e d'urgenza nell'ambito dell'adozione dei decreti-legge.
Sono consapevole che il dibattito ed il confronto si svolge soprattutto in termini politici e, proprio per tale motivo, ritengo sia doveroso segnalare che se, effettivamente, come sostenuto dai colleghi della maggioranza, i requisiti di necessità e d'urgenza sono rinvenibili nel provvedimento in discussione, ciò è da ricondurre all'inerzia o addirittura alla malafede del Governo. Affermo ciò in quanto il provvedimento che ha istituito e riformato il consiglio direttivo della Corte di cassazione e i consigli giudiziari locali è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 maggio del 2006. Il Governo si è insediato dopo non molto tempo. Il Ministro della giustizia, già in carica tra l'altro, ha avuto tutto il tempo di provvedere in materia di disciplina elettorale del consiglio direttivo e dei consigli giudiziari.
Molti converranno con me sul fatto che, per intervenire in una materia quale quella elettorale in questo ambito, siano sufficienti anche pochi articoli. Il ministro competente avrebbe potuto presentare subito un testo, qualora avesse scelto la strada del provvedimento ordinario, oppure lo avrebbe potuto fare successivamente mediante un provvedimento d'urgenza.
Chiedo, sotto il profilo politico, come mai l'inerzia e la malafede del Governo in questo ritardo venga considerata motivo di necessità ed urgenza, ai sensi dell'articolo 77 della Carta costituzionale, e altrettanto non avvenga in relazione, ad esempio, all'adozione di un provvedimento di disciplina elettorale, posto che vi era circa un anno di tempo. Quindi, ecco il punto: se il Governo avesse voluto, avrebbe potuto creare le condizioni e i presupposti per svolgere le elezioni per il rinnovo dei consigli giudiziari e l'istituzione del nuovo consiglio direttivo o con il procedimento legislativo ordinario, o con lo strumento legislativo eccezionale.
L'affermazione politica che il Governo è in malafede non è priva di riscontro, e mi limito esclusivamente a citare gli aspetti relativi a questo provvedimento. Infatti, se esaminassimo quanto sta accadendo al Senato in relazione alla riforma varata dalla Casa delle libertà sull'ordinamento giudiziario, vedremmo che non soltanto di malafede si tratta, ma che nelle Pag. 9iniziative che vi si stanno sviluppando è scritto lapidariamente il conflitto profondo di un centrosinistra che vuole ritornare al passato.
Cito il resoconto stenografico della seduta del Senato della Repubblica del 19 settembre 2006; interviene il ministro Mastella: «Scarse, e per così dire non di rilievo ideologico, sono le modifiche proposte in relazione al decreto legislativo n. 25 del 2006» - approvato dal centrodestra e come ricordato entrato in vigore nel maggio del 2006 - «concernente i consigli giudiziari e l'istituzione del consiglio direttivo della Cassazione. Si tratta, onorevoli senatori, di puntualizzazioni in ordine al coordinamento normativo e di qualche correzione di semplice dettaglio».
Se il ministro avesse rispettato tale affermazione, molto probabilmente sarebbe stato diverso anche l'atteggiamento del centrodestra, in particolare di Alleanza Nazionale, nei confronti del provvedimento in esame. Avremmo potuto, magari malvolentieri, accettare la proroga riguardante i consigli giudiziari in questo momento istituiti, confidando nelle parole del ministro con la speranza che, successivamente, si sarebbero perfettamente svolte le elezioni nel rispetto delle disposizioni del provvedimento varato dal Governo di centrodestra.
La malafede, onorevoli colleghi, è evidente in altri due provvedimenti. Il primo, per «salvarsi l'anima » - se mi è permesso usare questa espressione - è stato presentato il 19 aprile 2007 e reca la «Disciplina delle operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione e ai consigli giudiziari presso le corti d'appello». È composto da sette articoli, poche paginette, che secondo me un qualsiasi funzionario direttivo del ministero avrebbe potuto comporre forse in una settimana, non di più, mutuandole, tra l'altro, da esperienze analoghe.
Ma la questione più grave - di qui la comprovata malafede del Governo - deriva dalla manovra posta in essere con un altro provvedimento depositato al Senato della Repubblica: la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.S. 1447) che interviene proprio sul provvedimento votato e approvato dal Governo di centrodestra in questa materia e lo «fa a pezzi» eliminandone parti importantissime. Modifica, tanto per citare alcuni esempi, l'articolo 7 del provvedimento in vigore sulle competenze del consiglio direttivo della Corte di cassazione, di cui viene rivista la lettera b) del comma 1 relativa alla formulazione, da parte di quel consiglio direttivo, di «pareri sulle attività dei magistrati sotto il profilo della laboriosità, della diligenza, della preparazione, della capacità tecnico-professionale, dell'equilibrio nel senso delle funzioni, nei casi previsti da disposizioni di legge o di regolamento e da disposizioni generali del Consiglio superiore della magistratura o da richiesta dello stesso Consiglio». Ma soprattutto interviene su quell'inciso importante nel confronto relativo al Consiglio direttivo e alla sua istituzione, che prevedeva l'acquisizione di motivate e dettagliate valutazioni del Consiglio nazionale forense.
In altre parole, attraverso queste valutazioni fondamentali dell'atteggiamento dei magistrati si era creato un confronto - perché no, anche competitivo - sul piano delle valutazioni, che prevedeva il coinvolgimento del Consiglio nazionale forense e, quindi, dell'avvocatura. Tale previsione è stata completamente eliminata, così come è stata modificata la composizione dei consigli direttivi, eliminando la figura del vicepresidente, che sarebbe spettata a un membro cosiddetto non togato (in questo caso, poteva essere uno di quei membri che, poco fa, una collega ha richiamato, non appartenenti al mondo togato). Tutto questo viene proditoriamente cancellato, così come vengono cancellate ulteriori lettere dell'articolo 7 attualmente vigente, come quella relativa all'esercizio, da parte del consiglio direttivo, della vigilanza sul comportamento dei magistrati, e alla possibilità, qualora nell'esercizio della vigilanza si avesse notizia di fatti suscettibili di valutazioni in sede disciplinare, di farne rapporto al Ministero della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione.Pag. 10
È stata abrogata anche la parte relativa alla vigilanza sull'andamento degli uffici! Il consiglio direttivo, così come i consigli giudiziari a livello territoriale, aveva fra i propri scopi profondi quello di occuparsi della gestione burocratico-amministrativa degli uffici, con un elemento, anche in questo caso, di dialogo e di confronto tra la magistratura togata e chi - mondo forense o universitario - a titoli diversi partecipa, diciamo così, impropriamente, alla gestione dell'amministrazione della giustizia in termini semplicemente di organizzazione degli uffici. Anche questa parte è stata abrogata.
Ho citato soltanto alcuni esempi - potrei riportarne altri - a dimostrazione di quella che ho definito la malafede del Ministro della giustizia, che ha smentito se stesso, dopo avere fatto quelle affermazioni al Senato, presentando un provvedimento in aperto conflitto con quello attualmente vigente. Quindi, non è vero che questa operazione viene fatta, come dire, ingenuamente, solo per il ritardo in relazione alla disciplina del sistema elettorale. Tanto è vero che un'altra modifica, molto significativa, è quella sulle modalità di elezione del consiglio direttivo e dei consigli giudiziari, perché da un sistema sostanzialmente di ispirazione maggioritaria si passa, con la modifica presentata attualmente al Senato, ad un sistema sostanzialmente di tipo proporzionale.
Lascio giudicare a chi ci ascolta se il ministro abbia tenuto fede alla dichiarazione che ho testualmente letto, in buona sostanza, di volere operare semplici puntualizzazioni in ordine al coordinamento normativo e qualche correzione di semplice dettaglio, o se, in verità, abbia portato a termine, con questo provvedimento, un disegno completamente diverso rispetto a quello che ho indicato: fare volontariamente slittare il sistema elettorale relativo al consiglio direttivo che si deve insediare in Corte di cassazione e ai consigli giudiziari riformati, in modo da avere il tempo per stravolgere, con le modifiche all'ordinamento giudiziario, anche questo provvedimento e fare in modo, quindi, che si voti nel 2008, non per istituire il consiglio direttivo e i consigli giudiziari secondo il disegno prospettato dal centrodestra, ma in modo diametralmente opposto.
Non so come vogliamo definire queste situazioni; non so se sussistano i requisiti di necessità e urgenza previsti dall'articolo 77 della nostra Carta costituzionale. Ho paura che tale comportamento faccia parte di una prassi antica. Si tratta di una prassi propria di una politica che non tiene fede ai patti (soprattutto, alla responsabilità assunta da un ministro parlando di fronte al Senato della Repubblica) e di una maggioranza che si nutre molto spesso di illusioni e che utilizza, come in questo caso, lo strumento della bugia, anche al cospetto - e la cosa mi meraviglia - del Presidente della Repubblica, perché immagino che gli uffici presidenziali, nel valutare il testo, abbiano fatto riferimento al tempo trascorso e alla mancanza di un provvedimento di disciplina del sistema elettorale. Ciò rientra sicuramente nelle prerogative del Capo dello Stato, ma non spetta invece alle forze di opposizione in Assemblea, che hanno il dovere di denunciare tale manovra e quindi di alzare il livello dello scontro in termini politici.
L'ordinamento giudiziario da noi proposto, che magari poteva essere suscettibile di alcune correzioni, portava ad un radicale cambiamento dell'organizzazione della giustizia, dove i concetti di laboriosità, di efficienza, di capacità, di professionalità venivano giudicati non togliendoli ai giudici naturali che sono gli appartenenti all'ordine giudiziario, ma facendo in modo che le valutazioni fossero, non dico condizionate, ma svolte tenendo conto anche degli orientamenti degli altri operatori della giustizia, che sono stati estromessi, se non per una minima presenza che è stata reintrodotta dalla proposta presentata al Senato, rispetto a quella che era stata la previsione, se mi permettete, la filosofia del provvedimento varato dal Governo di centrodestra.
Non credo siano cose da poco. Credo che rappresentino ancora una volta in Pag. 11modo emblematico la differenza con cui si affrontano i temi della giustizia tra il centrodestra e il centrosinistra. Vogliamo modernizzare il Paese, vorremmo arrivare, pur sapendo che forse non avremo i voti sufficienti per farlo, addirittura a una separazione delle carriere per il giusto processo tra il ruolo dell'accusa e il ruolo giudicante. Vorremmo arrivare a un'organizzazione della giustizia dove l'efficienza non è gestita soltanto e unicamente dalla magistratura all'interno dei suoi consessi ma deriva da un confronto leale e aperto con gli operatori della giustizia; vorremmo arrivare ad un sistema moderno dove anche le caste si mettono in discussione. È un aspetto su cui Alleanza Nazionale apre il confronto politico con le forze della maggioranza, ma se tale confronto si misura dall'atteggiamento e dai comportamenti che il Ministro della giustizia in carica continua a tenere, come ha fatto in questa occasione, ho paura che esso sarà estremamente difficile.
Ad ogni buon conto - e chiudo, signor Presidente - ribadiamo il nostro voto contrario al provvedimento in esame che, come ho detto, è motivato non soltanto da ragioni di carattere costituzionale, ma ancor di più da forti resistenze di carattere politico che dimostrano l'incapacità ma soprattutto la malafede di un ministro che parla in un modo e dietro le spalle si comporta in modo del tutto diverso (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2567)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Tenaglia, e il rappresentante del Governo, sottosegretario Scotti, rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle 12 con lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo.
La seduta, sospesa alle 11,30, è ripresa alle 12.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI